1-2 (Gennaio-Dicembre)
L’IMMAGINE RIFLESSA
TESTI, SOCIETÀ, CULTURE
a cura di
Alvaro Barbieri, Massimo Bonafin, Rita Caprini
Edizioni dell’Orso
Alessandria
L’IMMAGINE RIFLESSA
Pubblicazione periodica semestrale
Registrazione presso il Tribunale di Alessandria
n° 430 del I Aprile 1992
ISSN 0391-2973
ISBN 978-88-6274-916-9
L’IMMAGINE RIFLESSA
TESTI, SOCIETÀ, CULTURE
SOMMARIO
Abstract - The concept of ʻheroo-poietic narrativeʼ can be extended to the set of tales, legends,
literary texts concerning the hero’s childhood, his sufferings in the early years of his life (exile,
violence, kidnapping etc.), the deeds that earn him the respect and recognition of his community
(epiphany of the hero). Within this wide narrative genre, we can include tales and texts on heroic
children belonging to different cultures, from Antiquity to the Middle Ages and beyond: the
heroic initiation constitutes an almost universal archetype, not confined to cultural, ethnic and
linguistic boundaries. The remarks here proposed are prolegomena to problems, constants,
issues emerging from an overview of this narrative typology, aspects still waiting for a deep
investigation.
La trama è unitaria non, come alcuni pensano, quando riguarda una sola persona: a quell’uno
infatti possono succedere molte e infinite cose, da alcune delle quali non si ricava nessuna unità.
Vi sono anche molte azioni di una sola persona, dalle quali non si forma nessuna azione unitaria.
Per questo motivo hanno evidentemente sbagliato tutti i poeti che hanno composto un’Eracleide,
una Teseide, o simili. Pensano che siccome Eracle è un individuo, una debba risultare anche la
trama. Omero invece come al solito si distingue e sembra aver visto bene anche su questo punto,
sia per arte o sia per natura: componendo l’Odissea, non vi mise tutti i fatti accaduti a Odisseo,
per esempio che ricevette una ferita sul Parnaso, o che si finse pazzo durante l’adunata dei
Greci, perché, dato uno di questi due fatti, l’altro non può dirsi accaduto secondo necessità o
verosimiglianza – compose invece l’Odissea intorno a un’unica azione nel senso che ho detto,
e allo stesso modo anche l’Iliade.
3. Sulle enfances delle chansons de geste, fondamentale è F. Wolfzettel, «Zur Stellung und
Bedeutung der Enfances in der altfranzösischen Epik», Zeitschrift für französische Sprache
und Literatur, 83 (1973), pp. 317-348 e 84 (1974), pp. 1-32. Altri studi di minore portata
sono J. Lods, «Le thème de l’enfance dans l’épopée française», Cahiers de civilisation
médiévale, 3 (1960), pp. 58-62; J. Baker, «The Childhood of the Epic Hero: Representation
of the Child Protagonist in the Old French Enfances Texts», in The Child in French and
Francophone Literature, N. Buford (ed.), New York, Rodopi, 2004. Infine si segnala il
seguente volume di prossima uscita: A. Ghidoni, L’eroe imberbe. Le enfances nelle
chansons de geste: poetica e morfologia di un genere epico medievale, Alessandria,
Edizioni dell’Orso, 2018.
4. In questo caso, il racconto eroo-poietico propriamente detto coincide solo con la prima
parte dell’intera narrazione.
L’archetipo dell’iniziazione dell’eroe: motivi, temi, testi 153
conquista sul campo le armi che lo renderanno celebre e viene infine rico-
nosciuto cavaliere dal sovrano.
Prima di passare oltre, si potrebbe infine far notare en passant che
l’etimologia della stessa parola greca heros, per quanto ampiamente di-
battuta, può includere – nell’ipotesi proposta da D.Q. Adams, che
ricostruisce il sostantivo indoeuropeo *yeẸr, ʻazione, impresaʼ – come tratto
essenziale e radicale la gioventù dell’eroe: «The Greek words [heros e la sua
famiglia lessicale] can now be seen as the regular outgrowth of an important
Indo-European cultural emphasis on youthful vitality»5.
5. D.Q. Adams, «Ἤϱως Αnd Ἤϱᾱ: Of Men and Heroes in Greek and Indo-European», Glotta,
65 (1987), pp. 171-178 (p. 177).
6. A. Taylor, «The Biographical Pattern in Traditional Narrative», Journal of the Folklore
Institute, 1 (1964), pp. 114-129. Sul biographical pattern, oltre ai riferimenti bibliografici
segnalati nell’articolo di Taylor, estremamente utili possono risultare: O. Rank, Der Mythos
von der Geburt des Helden. Versuch einer psychologischen Mythendeutung, Leipzig,
Deuticke, 1909 [ed. italiana: O. Rank, Il mito della nascita dell’eroe, Milano, SugarCo,
1987]; J. Campbell, The Hero with a Thousand Faces, New York, Pantheon Books, 1949.
7. E. M. Meletinskij, Archetipi letterari, ed. italiana a cura di M. Bonafin, Macerata, eum,
154 Andrea Ghidoni
parte, «i motivi dell’iniziazione sono presenti nel folklore sin dai tempi più
antichi, ma il loro inserimento obbligatorio nella biografia dell’eroe» avviene
nel momento in cui il carattere eziologico dei racconti cosmogonici è
trasferito anche al tema della formazione individuale dell’eroe: in sostanza,
se il mito è generalmente incentrato sulle origini o sulla fondazione
dell’ordine universale, anche il mito eroico deve necessariamente attribuire
all’eroe comuni origini umane (o umanoidi). Dall’altra, «i motivi dell’infan-
zia eroica … fungono da manifestazione generale, da segno dello stesso
eroismo», ossia l’eroe è tale perché in gioventù ha attraversato determinate
esperienze che lo distinguono come eccezionale. La nascita e la formazione
sono imprescindibili meccanismi di individuazione dell’eroe (e soprattutto
della sua umanità: è la motivazione di base del culto cristiano della Madre
di Dio e di Gesù Bambino, in cui si realizza e si completa l’Incarnazione) e
il modo in cui avvengono gli esordi caratterizza la straordinarietà del fan-
ciullo8.
Secondo il modello zoologico con cui E. Pellizer descrive la formazione
dell’eroe (in particolare l’uccisore di mostri), infanzia e iniziazione «sono
collegate alla simulazione di esperienze di predazione», che da passiva
diventa, dopo la consacrazione definitiva del giovane eroe, attiva. Quando
per esempio si cerca di eliminare il bambino, lo si allontana dalla sua
famiglia e dalla vita sociale, lo si espone indifeso ad ambienti selvaggi e
ostili, lo si costringe all’esilio, «il bambino si trova così a essere facile preda
(a senso unico, preda passiva) di animali bruti e predatori per natura», oppure
– aggiungiamo noi – preda perseguitata da traditori, briganti, stranieri, se
non dai capricci di entità sovrannaturali concrete (divinità) o astratte (il
destino). Allo stesso modo, «la fase dell’iniziazione giovanile sembra
attraversare principalmente una serie di esperienze di predazione. Le varie
imprese che l’eroe deve compiere quando è arrivato alla soglia dell’adole-
scenza e la maturità (battute di caccia, lotte contro mostri e briganti, o
qualunque altra figura possibile della prova qualificante) possono forse
9. Ivi, p. 19.
10. Maugis d’Aigremont, chanson de geste, ed. a cura di Ph. Vernay, Bern, Francke, 1980.
156 Andrea Ghidoni
11. Sul significato e la funzione della violenza nei riti iniziatici si veda: A. Morinis, «The Ritual
Experience: Pain and the Transformation of Consciousness in Ordeals of Initiation», Ethos
13.2 (1985), pp. 150-174; J.-L. Siran, «Initiation: pourquoi la violence? », L’Homme 162
(2002), pp. 279-290.
12. Per i testi e le relative bibliografie si vedano: Les enfances Vivien, éd. M. Rouquier, Genève,
Droz, 1997; Tristan de Nanteuil, ed. K.V. Sinclair, Assen, Van Gorcum, 1971; R. Gam-
berini, Ruodlieb con gli epigrammi del Codex Latinus Monacensis 19486. La formazione
e le avventure del primo eroe cortese, Firenze, SISMEL/Edizioni del Galluzzo, 2003.
L’archetipo dell’iniziazione dell’eroe: motivi, temi, testi 157
(Non appena venne divorato dalle bestie il corpo / della schiava, straziato e dilaniato, / eccetto
la testa, che dalle fiere non venne toccata, / le due bestie si volsero allora verso il bambino. /
Poiché era piccolo, le bestie lo bramavano ardentemente. / Abbia Dio pietà di lui, lo salvi!)
Nonostante le due fiere si siano già saziate con le carni della rapitrice,
esse bramano il piccolo Maugis, proprio perché il fu petit. La piccolezza è
dunque uno dei tratti che sottolineano la natura patetica dell’eroe non ancora
formato e proprio le sue dimensioni ridotte e la sua condizione inerme
attirano l’appetito dei due predatori: la bramosia delle belve può essere
placata, più che dalla quantità di carne che offre l’animale cacciato, dalla
qualità della preda stessa (in questo caso, l’eroe bambino). Per fortuna del
neonato, la prelibatezza che lo rende preda perfetta gioca a suo favore: i due
feroci felini, che si erano spartiti pacificamente le spoglie della donna, si
scagliano ora l’uno contro l’altro per contendersi Maugis e finiscono per
uccidersi a vicenda.
L’eroe bambino è però vittima anche di altri generi di predatori: nelle
chansons de geste spesso l’eroe è scacciato dalla propria patria dalle
macchinazioni di un traditore (in Beuve de Hamptone addirittura della pro-
158 Andrea Ghidoni
pria madre), il quale usurpa il feudo o il regno che spetta alla famiglia dell’e-
roe. In Doon de Mayence (XIII secolo)13, il piccolo Doon ha appena assistito
alla violenza perpetrata dal perfido Herchembaut contro la madre; poiché il
piccolo in quel momento tiene in mano un arco, reagisce all’affronto
colpendo con l’oggetto la testa del traditore, il quale infierisce contro il
bambino (Doon de Mayence, vv. 192-215):
(Prende con entrambe le mani il bambino, lo solleva in alto, / lo scaraventa a terra, per poco
non lo ammazza. / Il bambino svenne, tanto male l’ha conciato. / Quando si riprese, recuperò
il suo arco, / si scagliò contro Herchembaut con ira e ardimento; / se quell’altro non si fosse
spostato, l’avrebbe colpito. / … / L’arco gli levò dalla mano, lo gettò via; / poi gli ha dato con
la mano un tale colpo / che il bambino crollò sul pavimento decorato. / Gli altri due bambini,
in lacrime, / prese per le braccia come un indemoniato. / Se li infilò sotto il braccio ben stretti;
/ poi tornò dal piccolo Doon, al quale Dio aveva donato / più valore e animo che agli altri due
infanti, / se lo mise sul collo come se fosse un agnellino tosato.)
13. Doon de Maience, ed. a cura di M.A. Peÿ, Paris, Vieweg, 1859.
L’archetipo dell’iniziazione dell’eroe: motivi, temi, testi 159
poi agguanta i tre fratelli inermi e si getta sulle spalle Doon come se fosse
un agnellino (agniau tonsé): la similitudine predatoria è completa.
4. Il racconto eroo-poietico, in ragione della sua presenza fin dai livelli più
arcaici e semplici delle culture umane, non può essere completamente
separato dai riti di iniziazione che caratterizzano le società tribali: racconti
e riti iniziatici sono simili da un punto di vista formale e si possono scambiare
paradigmi e patterns (gli intrecci e la sequenza rituale) che, astratti dalla
forma originaria, possono regolare il comportamento degli attanti di
entrambe le forme (personaggi del racconto o partecipanti all’azione
cerimoniale). Le tappe iniziali della biografia dell’eroe (nascita, esordi, prove
iniziatiche ecc.) sono – secondo E.M. Meletinskij – l’asse che permette la
resa in forme narrative di processi di rinnovamento e sviluppo biologici (il
cambio delle stagioni, la crescita naturale dell’individuo) e sociali (la
successione al vertice gerarchico, l’avvicendamento delle generazioni):
«Particolarmente influenti dal punto di vista della generazione di intrecci
sono i rituali come l’iniziazione, le feste stagionali di rinascita della natura,
il rito dell’uccisione dei capi-stregoni tribali in connessione con il succedersi
delle generazioni, i riti e le usanze nuziali. Tra questi riti, il principale è
l’iniziazione, legata alla rappresentazione della morte temporanea e al
rinnovamento, nonché alle prove e al cambiamento dello stato sociale: essa
è incorporata anche in altri riti»14.
Nei riti d’iniziazione intravvediamo lo stesso potenziale creativo e
combinatorio che riscontriamo nei racconti e nei testi eroo-poietici. La
funzione culturale dell’iniziazione (rituale e narrativa) può essere ben
espressa dal concetto di liminalità elaborato dall’antropologo V. Turner – a
sua volta rielaborazione del concetto di margine dei riti di passaggio di A.
Van Gennep15 –, applicato in senso proprio ai riti di passaggio ed esteso non
Liminality may perhaps be regarded as the Nay to all positive structural assertions, but as in
some sense the source of them all, and more than that, as a realm of pure possibility whence
novel configurations of ideas and relations may rise.
Liminality is the realm of primitive hypothesis, where there is a certain freedom to juggle with
the factors of existence. As in the works of Rabelais, there is a promiscuous intermingling and
juxtaposing of the categories of event, experience and knowledge, with a pedagogic intention.
16. V. Turner, «Betwixt and Between: The Liminal Period in Rites de Passage», in V. Turner,
The Forest of Symbols: Aspects of Ndembu Ritual, Ithaca, Cornell Univ. Press, 1967, pp.
93-111 (p. 97; p. 106) [ed. italiana: V. Turner, La foresta dei simboli: aspetti del rituale
Ndembu, Brescia, Morcelliana, 1976].
L’archetipo dell’iniziazione dell’eroe: motivi, temi, testi 161
17. A. Brelich, Paides e Parthenoi, Roma, Editori Riuniti, 2013 [19691], p. 383.
162 Andrea Ghidoni
(Ella disse: «È il temibile Bocan, / che arde notte e dì incessantemente, / da là viene lo zolfo
puzzolente e amaro; / come arde, il mare si abbassa. / È la dritta via per l’inferno, senza
dubbio».)
(Maugis prese allora, senza perdere tempo, / un’irta pelle d’orso che aveva scuoiato; / se ne
fece una veste tagliata su misura / che lo copriva tutto fino alle caviglie. / Si riposò tutto il
giorno, fino a notte. / Il mattino all’alba / Maugis fu vestito con l’abito, / gli fu data una visiera,
venne armato di tutto punto; / con un bruno cuoio di bove venne sfregato; / code di volpe ha
legate attorno, / e da ciascuna parte si drizzavano due corna. / Quando il suo abito fu chiuso
e allacciato, / sembra un diavolo cacciato dall’inferno. / Baudris, il suo maestro, gli ha portato
il gancio di ferro. / Con sé portò la sua spada, si comportò da esperto.)
L’archetipo dell’iniziazione dell’eroe: motivi, temi, testi 163
(Il serpente era molto grande e di enormi dimensioni : / mai si vide un animale così spaventoso,
/ e se ne stava arrotolato su se stesso in un crepaccio. / Quando vide avvicinarsi Maugis, ha
sollevato la testa / che era grande, spaventosa e smisurata. / Il serpente pensò che fosse un
diavolo quando vide l’aspetto (di Maugis); / perciò chinò il capo, perché l’aveva riconosciuto.)
(Su un’alta roccia è salito e si è messo in piedi / a causa delle tante bestie velenose che c’erano,
/ e teneva il gancio di ferro e sguainato il brando. / Tutta la notte stette così e non si sedette
nemmeno un po’, / non chiuse mai occhio e non si riposò, / e dovette patire la fame, quel vassallo
combattivo. / Lo tormentano una gran fame e una gran sete, / ma non sarebbe uscito da là
neppure per tutto l’oro d’Oriente: / dovette starsene lì imprigionato, non c’era altra possibilità.)
19. Il concetto di epica come super-genre è stato formulato da R. Martin («Epic as Genre», in
A Companion to Ancient Epic, a cura di J. Foley, Malden, Blackwell, 2005, pp. 9-19):
l’epica, più che un genere universale con regole sue proprie, è piuttosto un super-genere
che raccoglie elementi (frammenti, intrecci, personaggi, miti, segni) di altri generi narrativi
o lirici; è al tempo stesso un testo marcato all’interno della cultura in cui sorge e inclusivo.
20. In Enfances Vivien, i genitori adottivi affidano al giovane eroe un cospicua somma di denaro
e mercanzia da far fruttare al mercato, ma Vivien, mosso dalla proprio propensione
cavalleresca, dilapida i beni in acquisti folli (almeno secondo la logica borghese), pagando
prezzi esagerati per un cavallo, un falcone e cani da caccia: è evidente la traccia di motivi
comici novellistici. In Ruodlieb invece la scena in cui il rex impartisce all’eroe lezioni di
retto comportamento in situazioni molto specifiche richiama motivi fiabeschi, nei quali il
protagonista riceve consigli oscuri che troveranno spiegazione e la loro utilità nel prosieguo
del racconto.
166 Andrea Ghidoni
Certes, si l’on s’en tient à une perspective formelle, [les sequels et les prequels] paraissent
simplement emprunter des directions opposées: les sequels prolongent le récit vers son aval,
les prequels vers son amont. En termes de dynamique narrative cependant, il faut bien voir
qu’ils n’opèrent pas de la même manière: les sequels profitent de la lancée d’une histoire alors
que les prequels, pour leur part, accomplissent une opération curieuse qui va, et pas seulement
dans le sens chronologique du terme, à contre-courant du récit. Indépendamment du jugement
esthétique que l’on pose sur les suites, il reste concevable que la frontière tracée par le
dénouement soit franchie, voire transgressée par un récit ultérieur; par contre l’idée même de
«continuation vers l’amont» a quelque chose d’étrange, comme si c’était moins un interdit qu’un
impensé qui se voyait ainsi remis en question. … Manifestement, la pulsion de récit s’exerce
… plus volontiers vers l’aval, comme si le fil narratif était noué (ou coupé) à son terme, mais
non à son amorce; comme si le point de butée terminal était plus arbitraire, ou fragile, que le
point de départ.
(l’uno fondato su una figura storica25, l’altro su una figura mitica26) sui
generis in quanto di natura divina, ma la cui peculiarità comune è proprio la
commistione di tratti umani (tra cui la nascita e la mortalità) e divini (commi-
stione legata nel cristianesimo al dogma dell’Incarnazione, nell’induismo
alla teoria degli avatāra). Lo sviluppo della loro biografia umana ci permette
di includerli in questa rassegna sul tema della gioventù eroica.
Entrambi questi personaggi vengono delineati principalmente in testi che
inquadrano le loro gesta maggiori (i Vangeli, da una parte, e il Mahābhārata
e la Bhagavadgītā, dall’altra) e che vengono canonizzati come testi sacri.
Successivamente vengono composti testi che raccolgono le tradizioni (infar-
cite di elementi popolareggianti) sull’infanzia di questi due eroi: l’insieme
dei Vangeli dell’Infanzia di Gesù e lo Harivaṃśa (ʻgenealogia di Hariʼ,
epiteto di Krishna). In entrambi questi testi, i giovani Gesù e Krishna si ren-
dono protagonisti di exploits che mettono in luce la loro natura sovrumana,
operano miracoli (episodi che sollecitano la pietà popolare), si mostrano
sprezzanti nei confronti di chi li sottovaluta, suscitando ammirazione e
sgomento nelle loro rispettive comunità e nei genitori (reali o adottivi),
esprimono implacabilmente il proprio potere anche in forme violente. Vi è
uno scarto notevole con le gesta compiute in età matura: proprio l’apoditticità
delle azioni di Gesù Bambino, prive di misericordia e proprie di un
castigatore, lo pone in contrasto con la sua versione adulta; invece Krishna,
di cui si ricordano azioni dello stesso tenore anche in fase adulta, si allontana
dall’immagine tradizionale di guerriero e precettore, in quei racconti viene
25. Per i testi e la bibliografia si veda: I Vangeli apocrifi, a cura di M. Craveri, Torino, Einaudi,
2014. Per un commento approfondito della cultura alla base dei Vangeli dell’Infanzia si
può utilizzare: Ph. Vielhauer, Geschichte der urchristlichen Literatur: Einleitung in das
Neue Testament, die Apokryphen und die Apostolischen Väter, New York-Berlin, W. De
Gruyter, 1975, pp. 665-679.
26. Per i testi, la bibliografia e un commento approfondito si veda in particolare: A. Couture,
L’enfance de Krishna, Paris, Éditions du Cerf et Presses de l’Université Laval, 1991.
Altrettanto utili possono risultare: Ch. Vaudeville, «Aspects du mythe de Kṛṣṇa-Gopāla
dans l’Inde Ancienne», in Melanges d’Indianisme à la Memoire de Louis Renou, Paris,
Editions Boccard, 1968, pp. 737-761; C.S.T. White, «Kṛṣṇa as Divine Child», History of
Religions, 10 (1970), pp. 156-177; B. Preciado-Solis, The Krsna Cycle in the Puranas:
Themes and Motifs in a Heroic Saga, Delhi, Motilal Banarsidass, 1984; N. Hein, «A
Revolution in Kṛṣṇaism: The Cult of Gopāla», History of Religions, 25 (1986), pp. 296-
317.
170 Andrea Ghidoni
Le storie dell’infanzia devono rappresentare Gesù fanciullo già come il potente taumaturgo e
grande maestro che sarà in futuro, come un essere divino. Tale tendenza introduce nella
rappresentazione non soltanto pie leggende, ma anche motivi della biografia del theios aner ed
elementi mitici. È evidente che i racconti non spingono il proprio orizzonte temporale oltre i
dodici anni di età, escludendo quindi gli anni dell’adolescenza e della prima maturità; l’idea di
sviluppo non ha alcuno spazio nella rappresentazione di un essere divino.