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L’estratto allergenico
Comunemente gli allergeni vengono distinti in allergeni“maggiori” o “minori” sulla base della
frequenza con la quale inducono sensibilizzazione. Un allergene è definito maggiore quando verso
esso è sensibilizzato oltre il 50% dei pazienti allergici e usualmente rappresenta un marker di
sensibilizzazione primaria ; al contrario gli allergeni minori sono quelli verso i quali è
sensibilizzata una percentuale di pazienti inferiore al 50% .
Gli estratti allergenici utilizzati nella diagnostica, sia in vivo sia in vitro,
difettano infine soprattutto in specificità non consentendo di discriminare
nei poli-sensibilizzati ( la gran parte della popolazione allergica) le
sensibilizzazioni multiple dalle false positività dovute alla cross reattività
verso pan-allergeni comuni a varie fonti biologiche ( alimenti, pollini,
animali, insetti, etc. ) ; ed inoltre non permettono di valutare, specie nelle
allergie alimentari, le sensibilizzazioni potenzialmente sistemiche, gravi e
fatali (orticaria, shock anafilattico ) , da quelle più lievi ( sindrome orale
allergica) dovute ad uno stesso alimento: essi indicano solo che il paziente è
sensibilizzato verso una determinata fonte allergenica, ma non ne
definiscono la natura della singola molecola allergenica responsabile.
Allergeni
Si ritiene che sia necessaria una omologia aminoacidica del 50-70% per
potersi determinare la cross-reattività ed effettivamente a lunghe sequenze
aminoacidiche altamente omologhe corrisponde un posizionamento molto
simile delle strutture secondarie (alfa eliche e beta-sheet) che costituiscono
una parte significativa della struttura terziaria.
Allergeni ricombinanti
L’era dell’allergia molecolare, iniziata nei primi anni novanta con il clonaggio
dei geni codificanti per gli allergeni più comuni, ha rivoluzionato la
diagnostica allergologica. Infatti, la disponibilità, all’interno di ciascuna
sorgente allergenica, delle sue componenti, singolarmente clonate o
comunque isolate dall’estratto di partenza, consente di dissezionare la
reattività IgE di ogni paziente, ovviando a tutte le criticità.
Negli ultimi anni sono stati caratterizzati a livello molecolare oltre 2000
allergeni. L’analisi dei database indica che le molecole allergeniche possono
appartenere a oltre 120 distinte famiglie proteiche, anche se in realtà gli
allergeni responsabili della maggior parte delle reazioni allergiche sono
ristretti a poche famiglie con un ristretto numero di funzioni biologiche.
Una diagnostica basata sugli estratti allergenici, infatti, può arrivare solo alla
identificazione della sorgente allergenica (es. allergia alla betulla, agli acari,
etc), ma non ad identificare l’entità molecolare verso cui un paziente si è
sensibilizzato.
Famiglie allergeniche
Profiline
Polcalcine
Esse sono proteine contenute nei pollini, ma non in altri tessuti delle piante e
quindi, a differenza delle profiline, non sono responsabili di SOA. Queste
proteine presentano anch’esse una alta omologia. Non è chiara la loro
funzione biologica, probabilmente controllano il livello intracellulare di calcio
durante la germinazione del polline.
Essa quindi è una vasta famiglia costituita da distinte entità, per cui la
popolazione ad essa sensibilizzata è eterogenea con una quota che riconosce
solo gli allergeni presenti nei pollini di alberi , una parte che riconosce solo
gli allergeni di tale famiglia posti nei semi, un’altra parte che riconosce
prevalentemente tali molecole nella frutta; tali allergeni sono termolabili ma
possono suscitare anche reazioni violente da mancata gastrolabilità o per la
concomitanza di altri meccanismi di assorbimento che possano venire
esaltati.
Gli allergici a prodotti ittici sono sensibili nella stragrande maggioranza dei
casi alla Tropomiosina , in minor misura alla Parvalbumina ed infine
all’Anisakis ( 20% ) secondo ben stabilite fasce di età ; anche tali famiglie
sono mutualmente esclusive .
Tra i più studiati, la dimensione del prick test e il livello di IgE specifiche
verso un allergene alimentare.
Tale approccio, però, non e sempre facilmente realizzabile, dal momento che i
livelli sono metodo dipendenti, non sempre riproducibili e notevolmente
variabili nell’ambito dei vari centri e in letteratura sono riportati dati solo per
pochi allergeni ed anche notevolmente discordanti tra loro ( per l'uovo di
gallina, i diversi centri hanno pubblicato cut-off variabili da > 0,35 sino a 14
kIU / l.); e questo è facilmente spiegabile ormai dal momento che, sulla base
di quanto detto, le IgE specifiche per un estratto intero alimentare possono
essere in parte rappresentate da anticorpi cross-reattivi , privi di qualsiasi
valenza clinica, e quindi mistificare completamente il valore clinico di tale
dosaggio.
A tal punto occorre aprire una piccola parentesi sul valore clinico e
diagnostico delle IgE totali e ribadire quanto lo Specialista Allergologo
conosce molto bene: è estremamente frequente il riscontro di IgE totali
“ normali “ o “ bassi “ nei soggetti con allergia ( vi sono recenti descrizioni in
letteratura di Report di anafilassi da allergia alimentare con IgE totali “ molto
basse “ ! ). Per il verificarsi di una reazione allergica è importante la qualità
delle IgE e non necessariamente la quantità, mentre per l’espressione clinica
è molto più importante il numero dei recettori delle IgE adesi sui mastociti,
la loro facilità a degranulare, la loro collocazione , la via di ingresso
dell’allergene , nonché la sua natura .
Per corrispondenza:
Giovanni Coniglio
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