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1. Introduzione
Gli argomenti centrali del sacramento dell’unzione dicono che sono le imposizioni delle
mani, l’unzione con l’olio e la preghiera, tutto ciò si trova in Gc 5. A mo’ di esempio si
propone di cercare in un modo apparentemente molto primitivo di capire il sacramento
partendo dai testi, soprattutto dal testo in questa preghiera, Gc 5 dice che ci vuole
l’imposizione, unzione della preghiera per il sacramento dopo l’unzione. Allora leggiamo
questa preghiera per vedere che cosa viene fuori.
1
Questa è una citazione di Gc 5.
2
O non esisteva?
3
Cf. Pag. 83: In quo illud in primis ex generali Ecclesiæ consuetunide observandum est, ut, si tempus, et
infirmi conditio permitat, ante Extremam Unctionem…, questa fino a 1913 ed anche dopo. Dunque c’è
l`ordine sacramentale prima la confessione, poi l`Eucaristia, poi il soggetto si trova in stato di grazia
intimamente unito con Cristo e così ha pure la richiesta dei perdono dei peccati. In quo illud in primis ex
generali Ecclesiæ consuetunide observandum est, cioè è una consuetudine della Chiesa solo quando le
condizioni del infermo è a letto, quindi no è una conditio sine qua non, di piacere la confessione e il viatico,
è una consuetudine, quindi si po`anche cambiare. La problematica viene dopo, perciò aggiungiamo numero
5.
Nm 12, 1.9-13
1 Maria e Aronne parlarono contro Mosè a causa della donna etiope che
aveva sposata; infatti aveva sposato una Etiope. 9 L'ira del Signore si
accese contro di loro ed Egli se ne andò; 10 la nuvola si ritirò di sopra
alla tenda ed ecco Maria era lebbrosa, bianca come neve; Aronne guardò
Maria ed ecco era lebbrosa.
11 Aronne disse a Mosè: «Signor mio, non addossarci la pena del peccato
che abbiamo stoltamente commesso, 12 essa non sia come il bambino
nato morto, la cui carne è già mezzo consumata quando esce dal seno
della madre». 13 Mosè gridò al Signore: «Guariscila, Dio!».
Qui vediamo la malattia come punizione per il peccato personale, Dio punisce con la
malattia. Poi la riflessione biblica scopre un’altra cosa: ci sono degli uomini cattivi e Dio
no le punisce con la malattia, quindi i giusti soffrono, e qui già ci troviamo nel secondo
stadio:
2) Sofferenza del giusto è prova della sua fedeltà. Troviamo la prova dei grandi
patriarchi, Giobbe, ecc., Dio ci mette alla prova per far crescere la nostra fede, è
un livello di riflessione ma bisogna sempre affidarsi a Dio e ci si apre verso una
realtà altre la morte:
3) Retribuzione oltre la morte. Qui bisogna guardare verso il futuro che ci
annunciano tempi messianici sul male, la sofferenza e la malattia, gli ultimi libri
sapienziale oppure:
2 Mac 7, 9-23
Qui vediamo chiaramente come ci si riapre verso la vita eterna e la retribuzione della
eternità, un ulteriore paso in qui la guarigione è un compito del Messia:
Is 53, 4
Is 53, 12
12 Perciò̀ io gli darò̀ in premio le moltitudini, dei potenti egli farà̀ bottino,
perché́ ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli
empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori.
Dunque vediamo come in questi stadi di riflessione più semplice diventano sempre più
complessi e finiscono con l’idea del Messia che prende su di sé la sofferenza del mondo
e questa è già la soglia del NT che riprende come sempre alcune cose del AT.
Mt 8, 16-17
Quindi i segni di guarigione in quanto segni di Dio. Gesù viene vestito come medico per
i peccatori non per i santi. Abbiamo moltissimi miracoli e guarigioni nel NT che sono
segni della vittoria sul male, il miracolo non si limita al livello medicinale ma va nel piano
della fede, quindi, la vittoria della malattia completa è la prova della vittoria definitiva
sul male, sul peccato:
Mc 2, 3-12
6 Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: 7 «Perché costui
parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».
8 Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano
tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? 9 Che cosa è più̀
facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il
tuo lettuccio e cammina? 10 Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo
ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, 11 ti ordino - disse al paralitico
- alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua». 12 Quegli si alzò, prese il
suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e
lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
Gv 9, 1-3
Non c’è rapporto tra peccato personale e malattia, Dio non punisce con la malattia. C’è
però un rapporto tra peccato originale é a sofferenza. Il peccato originale viene descritto
come la causa della sofferenza e in Gesù questo peccato originale è superato. Dunque
importante per noi è considerare che Dio non punisce con la malattia.
Questi miracoli di guarigione sono segni della pasqua, del passaggio della morte alla vita,
quindi confermano l’insegnamento di Gesù e la Parola ci riportano questi insegnamenti,
perciò ci vuole la fede, perché alla fede vengono attribuite le guarigioni:
Lc 8, 43-48
43 Una donna che soffriva di emorragia da dodici anni, e che nessuno era
riuscito a guarire, 44 gli si avvicinò alle spalle e gli toccò il lembo del
mantello e subito il flusso di sangue si arrestò. 45 Gesù̀ disse: «Chi mi ha
toccato?». Mentre tutti negavano, Pietro disse: «Maestro, la folla ti stringe
da ogni parte e ti schiaccia». 46 Ma Gesù̀ disse: «Qualcuno mi ha toccato.
Ho sentito che una forza è uscita da me». 47 Allora la donna, vedendo che
non poteva rimanere nascosta, si fece avanti tremando e, gettatasi ai suoi
piedi, dichiarò davanti a tutto il popolo il motivo per cui l’aveva toccato, e
come era stata subito guarita. 48 Egli le disse: Figlia, la tua fede ti ha
salvata, va’ in « pace!».
Qui la fede indica la vicinanza anche corporale (la donna che tocca il mantello di Gesù),
in senso cristiano è sempre un rapporto personale che indica anche vicinanza, la fede
guarisce e la prova è la parola di Gesù. È questa fede, che Gesù ha il potere di guarire e
perdonare il peccato, si trasforma in due cose:
a. Gesù ha il potere di liberare anche della malattia e il peccato, quindi intercedono
per gli uomini.
b. È una azione. La vicinanza fisica, quindi Gesù guarisce non soltanto con la parola
ma accompagnando con un gesto e questo contesto esprime una vicinanza:
Mc 8, 23
23 Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo
avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese:
«Vedi qualcosa?».
Dt 7, 13
Quindi è segno di benedizione, di abbondanza. Dio benedice l’olio perché l’uomo abbia
vita. Significa anche prosperità e vita pacifica, gioia, onore, perciò:
Is 61, 1.3
1 Lo spirito del Signore Dio è su di me perché́ il Signore mi ha consacrato
con l’unzione;
3 per allietare gli afflitti di Sion, per dare loro una corona invece della
cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, canto di lode invece di un
cuore mesto.
Per questo si unge il capo del ospite, l’olio è un segno di vita. Il secondo gruppo di
significato: l’olio come elemento naturale col profumo, in senso di guarigione a causa di
una ferita:
Ez 16,9
Es 27,20
Quindi inviando i discepoli Gesù da un compito: continuare semplicemente ciò che Gesù
Qui il segno che accompagna le guarigioni è l’imposizione delle mani non l`unzione, però
il significato è uguale: Dio vicino al malato. Comunque se andiamo a vedere lo sviluppo
teologico, il Concilio di Trento5 questi testi del Vangelo soprattutto Mc 6, sono testi che
insinuano il sacramento, mentre Gc 5, 14-15 lo promulga (CF. CITAZIONE No. 1):
DH 1695
Questa unzione sacra dei malati è stata istituita come vero e proprio
sacramento del Nuovo Testamento dal Signore nostro Gesù Cristo.
4
Dunque le guarigioni raccontate implicano:
- Vicinanza e contatto fisici
- Tempo dedicato al malato
- Una comunità sorretta dalla fede comune
- Sostegno vicendevole all’interno della comunità
- Superamento della paura del contagio
5
Trento contro i protestanti voleva affermare la fede cattolica. I protestanti che dicevano ciò che la Chiesa
fa nell’unzione non è ciò che si trova nella Bibbia. Trento vuole affermare esattamente che si ritrovano in
essa.
DH 1695
Questa unzione sacra dei malati è stata istituita come vero e proprio
sacramento del Nuovo Testamento dal Signore nostro Gesù̀ Cristo.
Accennato da Marco [cf. Mc 6, 13], è stato raccomandato ai fedeli e
promulgato da Giacomo [... Gc 5,14s].
Qui vediamo i due testi che giustificano il sacramento. Inoltre il sacramento è stato
raccomandato da Gc, quindi non è mai obbligatorio. Dunque il Concilio aggiunge che la
tradizione apostolica, nella quale i testi scritturistici vanno interpretati per trovare il senso
sacramentale. La esegesi da sola non può dare il senso ma ci vuole anche la tradizione
della Chiesa, ma ciò vale per tutti i sacramenti. Poi Trento dice una cosa confortante: tra
materia e forma si trova il ministro proprio, interessante che per gli altri sacramenti del
settenario, tranne il matrimonio, viene affermato il ministro, invece per l’unzione c’è un
ministro proprio. Se c’è un ministro proprio vuol dire che c’è la possibilità di un ministro
non proprio. Se Trento dice che il sacramento viene raccomandato e promulgato da Gc 5,
14 s, dobbiamo esaminare il testo.
2.3.2. Gc 5,13-16
Il V capitolo della lettera di Gc e i versetti che ci occupano, sono situati verso la fine della
lettera di Gc, alla fine della sua lettera Gc da delle esortazioni per la vita morale, pratica
della comunità, quindi ci troviamo non in contesto dogmatico, ma in un contesto morale.
Il contesto immediato dei versetti 14 e 15 è la preghiera, quindi sembra che l’autore della
lettera di Gc ricorda qualche cosa che è già conosciuta:
(Cf. citazione 2 e 3)
13 Chi tra voi è nel dolore, preghi6 (κακοπαθεῖ τις ἐν ὑµῖν προσευχέσθω);
chi è nella gioia salmeggi (ψαλλέτω). 14 Chi è malato, chiami a sé (ἀσθενεῖ
τις ἐν ὑµῖν, προσκαλεσάσθω7) i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui,
6
Imperativo presente che indica una azione duratera e lo stesso vale per κακοπαθεῖ, una azione duratera.
7
Imperativo del aoristo che indica una azione puntuale in una situazione speciale, e questa azione puntuale
viene fatta da coloro che sono ἀσθενεi, che significa debole, malato, talmente debole, malato che non può
frettarsi un’assemblea con il presbitero, perciò che deve chiamarlo, altrimenti potrebbe andare, invece
sembra che non si può alzare. Questa esegesi viene rafforzata quando si utilizza il versetto 15 dove il malato
Adesso vediamo i versetti 14 e 15 da vicino, per questo esercizio abbiamo il testo in greco
e in latino della vulgata.
14. ἀσθενεῖ τις ἐν ὑµῖν, προσκαλεσάσθω τοὺς 14. Infirmatur quis in vobis? Inducat
πρεσβυτέρους τῆς ἐκκλησίας καὶ Presbyteros
προσευξάσθωσαν ἐπ’ αὐτὸν Ecclesiae, et
orent super eum, unguentes eum oleo,
ἀλείψαντες ἐλαίῳ ἐν τῷ ὀνόµατι τοῦ κυρίου. in nomine Domini8;
15. καὶ ἡ εὐχὴ τῆς πίστεως σώσει τὸν 15. ea oratio fidei salvabit infirmum et
κάµνοντα καὶ ἐγερεῖ αὐτὸν ὁ κύριος· allevabit eum Dominus; et si in peccatis sit,
κἂν ἁµαρτίας ᾖ πεποιηκώς, ἀφεθήσεται remittentur ei.
αὐτῷ.
13. κακοπαθεῖ τις ἐν ὑµῖν προσευχέσθω· 14. Infirmatur quis in vobis? Inducat
εὐθυµεῖ τις, ψαλλέτω· Presbyteros Ecclesiae, et orent super eum,
unguentes eum oleo, in nomine Domini;
14. ἀσθενεῖ τις ἐν ὑµῖν, προσκαλεσάσθω τοὺς
πρεσβυτέρους τῆς ἐκκλησίας καὶ 15. ea oratio fidei salvabit infirmum et
προσευξάσθωσαν ἐπ’ αὐτὸν allevabit eum Dominus; et si in peccatis sit,
remittentur ei.
ἀλείψαντες ἐλαίῳ ἐν τῷ ὀνόµατι τοῦ κυρίου.
sembra che stia al letto. Non è detto che si tratte di un moribondo, ma al tempo uno che è a letto, o costretto
di essere al letto è vicino alla morte.
8
Qui la traduzione del testo latino è diverso dal testo greco, perchè il testo greco ci dice che viene fato nel
nome del Signore la preghiera, no l’unzione, l`unzione è subordinata.
9
La preghiera della fede fatta dalla Chiesa e dai presbiteri salverà il malato, non l`olio.
10
Il Signore lo rialzerà e si ha commesso peccati li saranno perdonati. Quindi
Versetto 15:
3) La preghiera della fede fatta dai presbiteri della chiesa salverà il malato, non
l’olio.
4) Allevabit eum Dominus:lo rialzerà
5) Et si in peccatis sit, remittenentur. (questa anche subordinata) e si ha commesso
peccati li saranno perdonati,
Quindi questi 5 elementi bisogno vederli da vicino:
Poi nel versetto 14 inizia una situazione speciale con ἀσθενεῖ, non si dice più in afflizione,
non si dice più il dolore psichico, ma una malattia corporale, quindi una situazione
speciale che richiede una azione speciale, perciò l’imperativo in aoristo. La azione
speciale è la preghiera del presbitero (πρεσβυτέρους τῆς ἐκκλησίας ) che viene fatta super
eum. Sul contenuto di questa preghiera non c’è scritto nulla. Soltanto è detto che la
preghiera viene fatta su di lui, molti esegeti vedono l’idea della preghiera accompagnata
dall’imposizione delle mani di sotto fondo c’è Mc 16, 18. Quindi non è un`idea moderna
l`imposizione delle mani11. la preghiera viene fatta ἐπ’ αὐτὸν con l’imposizione delle
mani, come viene fatta la preghiera di ringraziamento sui donni eucaristici, si conferisce
qualcosa tramite preghiera, cambia qualche cosa. Lo Spirito Santo è segno di vicinanza e
comunione, vuol dire, la malattia non è la conseguenza del peccato personale, non esclude
il malato, si tocca il malato, perciò che questo gesto è importante anche oggi, nonostante
la paura e il pericolo di contagio.
11
Riguardo a questo tema è interessante che il rituale postconciliare riacquista l’imposizione delle mani,
che nel rituale precedente di 1925 in poi sarà accompagnata dalla formula del esorcismo. Invece nel rituale
postconciliare l’imposizione delle mani richiede ambe due mani e contatto fisico, quest’imposizione delle
mani col contatto fisico delle mani sulla testa può essere fatta da tutti i presbiteri presenti della celebrazione
dell’unzione, quindi non per caso evoca l’imposizione delle mani durante l’ordinazione presbiterale, è un
gesto che no esprime né anche il primo luogo la preghiera per qualcuno, ma è un gesto che esprime anche
il conferimento dello Spirito Santo.
Elemento 3: v. 15: ἡ εὐχὴ τῆς πίστεως σώσει τὸν κάµνοντα la preghiera della fede
salverà il malato, non l’unzione, è una preghiera oratio fidei, fatta nello spirito della fede,
della fede proviene la guarigione, la forza e questo si rispecchia nel significato della fede
nel contesto delle guarigioni del NT. Tante volte nel NT c’è che colui che prega con fede
Nel NT σῴζειν, si trova 29 volte nel senso di guarigione, essere guarito, dunque
guarigione corporale, invece 68 volte nel senso escatologico. Passando alle lettere
apostoliche una sola volta si riferisce a guarigione corporale, invece nella lettera di Gc 5:
Gioele 3,5: Chiunque invocherà̀ il nome del Signore sarà̀ salvato. Questo brano verrà
citato spesso nella Chiesa antica, anche p. es. in: At 2,21-4,12; Rm 10,13. Dunque una
cosa conosciuta, vuol dire:
Conclusione:
Senza negare speranza nella guarigione corporale è ovvio che questo testo Gc 5,
14-15 ha prevalenza della connotazione escatologica, l’uomo si prepara tramite la
preghiera per l’unzione.
Alla salvezza eterna di cui necessariamente fa parte il perdono dei peccati12.
Se la εὐχὴ τῆς πίστεως è ascoltata:
12
Qui il perdono dei peccati è legato alla preghiera d’intercessione, la preghiera della fede non a atti di
penitenza. Questa preghiera non è una invenzione umana, ma proviene dallo Spirito.
13
Prima del III secolo abbiamo preso ciò che emerge della SS. Non vuol dire che nel I-III sec. non si
facevano l’unzione dei malati, ma si c’era.
14
Bisogna fare attenzione con summun pontificum, perchè se il malato chiede questa, il rituale di Pio V,
applica tutta un`altra ecclesiologia. Quindi la questione non è 5 o 7 croci con olio, o 2, preghiera in latino
o in italiano, ma la questione è la teologia-ecclesiologia, che cosa sta al centro: l’uomo, la comunità o la
applicazione di una materia a cui è abbinato un certo effetto. Questo sviluppo lo vedremo con il confronto
dei testi liturgici.
15
Chavasse fa notare che sanitatem si trova due volte in questo testo e lui dice che probabilmente sia meglio
di omettere. Se si omette il primo riferimento: sanitas ciò che segue: unde…, perciò Botte crede che si tratti
di uno sbaglio di lettura e invece di sanitas si legge sanitatem, quindi la santità viene chiesta, si chiede che
Dio santifichi l’uomo culto e poi che dia anche conforto a quelli che gustano dell`olio.
16
Ya dalla rubrica mette l`accento sulla guarigione, questa idea viene raforzata con il testo della preghiera.
17
Che hai dato il dono della guarigione a coloro che per il dono della tua grazie sono considerati degni
18
Significa l`acqua
19
Significa l`olio
20
Affinché l’applicazione di questi creature diventi un doppio rimedio per la guarigione e rimedio per
l’integrità, quindi ciò che si chiede è una guarigione sia corporale, sia spirituale, anche se il testo mette un
accento molto forte sulla guarigione corporale, però un effetto spirituale non è mai escluso
21
Adesso che possiamo notare che c`è già il verbo emmito.
22
Olio et acqua
23
Questa formula passa al ambiente romano-gallicano, si trova nel GeV 1537.
Qui cosa si chiede? Si chiede un rimedio contro demoni, spiriti immondi (in remedium
adversus omne daemonium, in expulsionem omnis spiritus immundi), tre volte, si chiede
altrettanto tre volte la guarigione di tutte le malate fisiche e mentali (in exstirpationem
omnis febris et frigoris et omnis imbecillitatis). Poi continua: in gratiam bonam et remissionem
peccatorum, l’importante è la salute e integrità del corpo e dello spirito, quindi una salute perfetta.
Quindi l’olio è pensato come qualche cosa di medicina per il corpo e per lo spirito, non dice nulla
su chi, quando e come viene applicato questo olio, dice soltanto unguntur vel eas percipiunt.
Poi importante per noi si chiede: in gratiam bonam et remissionem peccatorum, ci chiediamo
cosa ha che fare l’olio con la remissione dei peccati? Noi abbiamo costruito un sacramento della
remissione dei peccati quasi senza segno sacramentale, l’imposizione delle mani è diventato un
testo giuridico, quindi acquistare un gesto ci sembra difficile, l’olio viene collegato con il processo
della riconciliazione dei penitenti già da Origine, lui è egiziano, quindi viene dello stesso ambiente
che il testo. Origine afferma anche commentando Gc5, 14-15 che l’olio nell’unzione viene
utilizzato per il perdono dei peccati, il significato per noi è molto semplice, perciò abbiamo visto
tutti i testi veterotestamentaria nel suo significato del olio. Nel battessimo abbiamo una unzione
che significa la stessa cosa: spirito, nella riconciliazione viene ristabilito lo stato del uomo
postbatessimale: senza peccato, non si può riutilizzare l’acqua ma si può riutilizzare l`olio.
L`uomo per il perdono dei peccati viene riempito dello Spirito Santo quindi lo spirito maligno se
ne va, peccato non ci possono essere se entra lo Spirito Santo, quindi la consuetudini egiziana è
questa. Interessante per noi è che questa formula del Euchologium sarà ripresa poi in diversi
orazioni occidentali, è presente nel GeV ma anche in altre tante, l’idea è che emittas vim
sanationis o emittas spirito sancto poi viene accolta per l’orazione romana della
benedizione del olio fino ad oggi, e così passiamo ai formulari latini. Fino qua, secolo V,
i formulari latino ancora non esistevano.
(RUBRICA24). 381. BENEDICTIO OLEI. Ad populum in his uerbis: Istud oleum ad unguendos
infirmos. Ut autem ueneris Nobis quoque peccatoribus famulis tuis et reliqua usque ad Per
Christum Dominum nostrum. Et intras:
(TESTO). 382. Emitte, quaesumus, domine, spiritum sanctum paraclytum de caelis in hac
pinguidine olei, quam de uiride ligno producere dignatus es ad refectionem mentis et corporis. Et
tua sancta benedictio sit omni unguenti, gustanti, tangenti tutamentum corporis animae et spiritus,
ad euacuandos omnes dolores, omnem infirmitatem, omnem egritudinem mentis et corporis, unde
uncxisti sacerdotes reges et prophetas et martyres, chrisma25 tuum perfectum, a te domine,
benedictum, permanens in uisceribus nostris26: in nomine domini nostri Iesu Christi: per quem
haec omnia, domine, semper bona creas. Et cetera.
(Manda, Signore, dal cielo lo Spirito Santo Paraclito, in quest’olio che hai voluto trarre da un
verde albero per ristorare lo spirito e il corpo. La tua santa benedizione diventi, per chiunque ne
sia unto, lo beva o se lo applichi, rimedio del corpo, dell’anima e dello spirito, che scacci ogni
dolore, ogni debolezza, ogni male dello spirito e del corpo; quest’olio con cui hai unto i sacerdoti,
i re e i profeti e i martiri, l’ottimo crisma che tu hai benedetto, Signore, rimanga nelle nostre
viscere, nel nome di Gesù Cristo nostro Signore [...].)
9) GrH 333-334, ed. J. Deshusses, Fribourg 31992 (77 ORATIO IN CENA DOMINI
AD MISSAM)
333. In hoc ipso die ita conficitur chrisma in ultimo ad missa, antequam dicatur per quem
haec omnia domine semper bona cras, leuantur de ampullis quas offerunt populi, et
benedicat tam domnus papa quam omnes presbyteri.
Qui senza specificare si riutilizza il termine più antico: chrisma. Il testo seguente è più
meno lo stesso:
334. Emitte domine spiritum sanctum tuum paraclytum de caelis, in hanc pinguedinem
oliuae quam de uiridi ligno producere dignatus es ad refectionem corporis ut tua sancta
benedictione sit omni unguenti tangenti tutamentum mentis et corporis ad euacuandos
24
La rubrica specifica di più, a differenza del testo, invece di dire Istud oleum ad unguendos infirmos il
testo conserva la dicitura chrisma tuum perfectum, a te domine, benedictum, permanens in uisceribus
nostris.
25
La parola più usata per l`olio è chrisma. Quindi questa è una indicazione per sapere che il testo proviene
del ambiente romano alla fine del IV sec V.
26
Quindi la benedizione del olio è inserita nel canone dopo il Nobis quoque peccatoribus, prima la formula
per haec omnia. Ma se qualcuno chiede che alla fine del canone, preghiera eucaristica I in per haec omnia
il sacerdote congiunge le mani, la ragione è perché prima di questa formula conclusiva venivano inserite le
diverse benedizioni, importante per noi è se qualcuno adesso dice che l`eucaristia non si può toccare, non
si può inserire niente, ma partendo da questo dato vediamo come si potevano inserire altre preghiere pure
nel canone, quindi le cose non erano stabili come a volte pensiamo, quindi l`utilizzo de la preghiera chrisma,
è una orazione trattabile al inizio del V secolo, verso alla fine del IV.
Andando avanti vediamo che più concreto diventa il Gr.
27
L`anamnesis c’è già nel canone eucaristico, perciò no aveva bisogno di chiarificare. Così segue bene la
parte d’intercezioni. Questa epiclesi introdottivi è dell’effetto dell`unzione proviene dallo Spirito Santo non
dal loro, poi si vede come prima della benedizione l`olio ha un effetto medicinale al corpo e anche per la
mente: ad refectionem mentis et corporis, prima della benedizione: de uiride ligno producere dignatus es
ad refectionem mentis et corporis.
Quindi effetti mediciali per mente e corpo prima della benedizione dopo l`epiclesi diventa un rimedio per
il corpo e l`anima: tutamentum corporis animae et spiritus. ad euacuandos omnes dolores, omnem
infirmitatem, omnem egritudinem mentis et corporis. Vediamo il documento di Euchologium Serapionis
che menziona anima, corporis et Spiritus, non solo l’idea di fondo, ma il testo di fondo ha molto di più
senso:
Dunque abbiamo:
GeV Gr
382. Emitte, quaesumus, domine, spiritum sanctum 334. Emitte domine spiritum sanctum tuum
paraclytum de caelis in hac pinguidine olei, quam paraclytum de caelis, in hanc pinguedinem oliuae
de uiride ligno producere dignatus es ad quam de uiridi ligno producere dignatus es ad
refectionem mentis et corporis. Et tua sancta refectionem corporis ut tua sancta benedictione sit
benedictio sit omni unguenti, gustanti, tangenti omni unguenti tangenti tutamentum mentis et
tutamentum corporis animae et spiritus, ad corporis ad euacuandos omnes dolores, omnesque
euacuandos omnes dolores, omnem infirmitatem, infirmitates, omnem aegritudinem corporis, unde
omnem egritudinem mentis et corporis, unde unxisti sacerdotes, reges, prophetas, et martyres,
uncxisti sacerdotes reges et prophetas et martyres, chrisma tuum perfectum domine a te benedictum
chrisma tuum perfectum, a te domine, benedictum, permanens in visceribus nostris, in nomne domini
permanens in uisceribus nostris: in nomine domini nostri iesu christi. Per quem haec omnia domine.
nostri Iesu Christi: per quem haec omnia, domine,
semper bona creas. Et cetera.
Citazione 11:
Dalla lettera di Papa Innocenzo I a Decenzio, vescovo di Gubbio (PL XX, 559B-561A; DH
216)
Sane quoniam de hoc, sicuti de coeteris, consulere voluit dilectio tua, adiecit
etiam filius meus Coelestinus diaconus in epistola sua, esse a tua dilectione
positum illud, quod in beati apostoli Jacobi epistola conscriptum est: “Si
infirmus aliquis in vobis est, vocet presbyteros, et orent super eum, ungentes
eum oleo in nomine Domini, et oratio fidei salvabit laborantem et suscitabit
illum dominus, et si peccatum fecit, remittet ei”.
(Dato che hai voluto consultarci su ciò come anche su altre cose, mio figlio, il
diacono Celestino ha aggiunto nella sua lettera, che hai messo in questione ciò
che è scritto nella lettera del beato apostolo Giacomo: [Gc 5,14-15].
Non c’è dubbio che ciò28 si debba intendere e comprendere riguardo ai fedeli
malati che possono essere unti con l’olio santo del crisma che è consacrato dal
vescovo ed è permesso usarne non solo ai sacerdoti, ma anche a tutti i cristiani,
per fare l’unzione nelle loro necessità personali, o in quelle dei loro cari. D’altra
parte, quella aggiunta ci sembra superflua: ci si chiede se il vescovo possa ciò
che è certamente permesso ai presbiteri. Infatti il motivo per cui si parla dei
“presbiteri” è che i vescovi, impediti da altre occupazioni, non possono recarsi
presso tutti i malati. Tuttavia, se un vescovo ne ha la possibilità, e se ritiene che
qualcuno meriti di essere visitato da lui, lo può benedire e applicargli il crisma
senza esitazione, colui che fa il crisma. Però, non si può versarlo sui penitenti,
perché appartiene ai sacramenti. Infatti, come pensare che si possa concederne
uno di questa specie a colui al quale si negano gli altri sacramenti?)
Analisi:
Adesso bisogna trovare le domande di Decenzio, altrimenti non si capisce la risposta.
Inseguito alla citazione di Gc , 5, 15: se qualcuno è malato chiami i presbiteri,
Decenzio fa una domanda: chi sono i malati? I fedeli? O anche coloro che erano
anche esclusi del tempio? O forse i catecumeni? Poi chi è malato chiami i
presbiteri? Chiede Decenzio: ah si deve chiamare i presbiteri, quindi sono esclusi
i vescovi.
La risposta di Innocenzo: Non c’è dubbio che ciò29 si debba intendere e comprendere
riguardo ai fedeli malati, quindi i malati di cui parla Gc 5, 15 sono i fedeli non i
catecumeni e non i penitenti pubblici perchè questi sono scomunicati
temporaneamente.
Dice Innocenzo: l’olio appartiene ai sacramenti, il testo latino adesso è
importante: quia genus est sacramenti. In questo contesto il Papa afferma che
possono applicare l’olio i presbiteri e anche tutti i cristiani, i malati stessi e anche
28
Che ha scritto Gc.
29
Che ha scritto Gc.
Punti importanti:
Il malato è un ammalato corpora-corporalmente, di fede. Ma cosa significa un
malato di fede? Di solito Beda utilizza Fides, per la vita dell’anima, o per la vita
di grazia, quindi il malato di fede può essere semplicemente colui che ha peccato,
dunque si danno dei consigli sia all`infermi sia ai peccatori, ai malati di fede. Che
cosa devono fare questi malati? Devono chiamare gli anziani: quo maiorem
sustinuit plagam plurimorum eo se adiutorio et hoc seniorum, quindi devono chiamare
gli anziani, devono aiutarsi attraverso molti degli anziani (qui si insiste sul
plurale). Poi lui capisce presbiterorum già in senso etimologico: anziani, persona
con più esperienza. Gli anziani non sono presbiteri, quindi si pensa alle persone
che hanno una esperienza perciò aggiunge l’ultima riga: neque enim sine confessione
emendationis peccata queunt dimitti. Devono avere la necessaria esperienza per dare i
consigli, ciò che ai giovani è impossibile.
Nel secondo capo verso Beda cita Innocenzo I che permette l’uso del olio, è
importante soltanto che sia consacrato e benedetto dal vescovo, quindi Beda vuole
che si rispetti Innocenzo, solo questi laici che ungono devono essere gli anziani
quelli che hanno esperienza,
poi interpreta in nomine domini e lo riferisce alla preghiera di benedizione e poi in
secondo luogo ha l’invocazione del nome del Signore sul malato: nomen domini super
eum
30
Mc 6, 12-13.
31
Può ungere un presbitero e questa unzione è accompagnata da una oratio, da una preghiera.
32
Teologo della corte di Carlo Magno, Carlo Magno le aveva affidato la diocesi.
33
Monaco storico francese che ha fatto questa rielaborazione intorno all`anno 1000, quindi 200 anni dopo
Teodoro, quindi si separiamo più meno questi testi siamo intorno all`anno 1000 e troviamo nel canone 21.
Queste Statuta risalgono a un sinodo celebrato in Borgogna, siamo alla prima metà del
IX sec.
In questa citazione è interessante il passaggio del concetto sacramento, Innocenzo I dice
è sacramento, l’olio appartiene ai sacramenti, e perciò non si deve dare ai penitenti,
mentre qui citando Innocenzo I si cambia il concetto perché l’olio è specie di sacramento
nessuno lo deve toccare se non il sacerdote. Quindi per Innocenzo I è chiaro che tutti laici
posso applicare l’olio, mentre un paio di secoli dopo, all’inizio del IX secolo il sacramento
diventa sempre una cosa di più riservata al sacerdote, quindi solo lui lo può utilizzare,
solo lui che lo può applicare. Poi nel tempo che segue la monizione che riguarda
all’unzione degli infermi vengono sempre più collegate con la riconciliazione del
moribondo, per esempio:
19) ERARDO DI TOURS (858), Capitula, ed. J. P. Migne (PL 121), 765-766
XXI. Ut in infirmitate positi absque dilatione reconcilientur, et viaticum viventes
accipiant, et benedictione sacrati olei non careant.
Siamo nel 858, nella seconda metà del IX secolo.
I malati sono da riconciliarsi senza indulgere, e ancora in vita devono ricevere il viatico
e poi anche l’unzione, la cosa importante in questo canone è che devono ricevere il viatico
quando ancora sono in vita, si puntava contro l`uso de mettere l`ostia in bocca del morto,
34
Quindi si un sacerdote va in viaggio deve portare con se l`olio e l`eucaristia.
35
Canone per l’uso del olio.
36
Cita per intero il canone di Carlo Magno (cf. Citazione 14).
37
Questa seconda parte è una citazione a Innocenzo I.
38
ricorda ciò che si deve fare al malato.
39
Quindi si chiamano i presbiteri per rinnovare le confessioni durante tutta la vita si erano confessati
secondo il sistema tariffato e adesso ultima volta prima della morte.
40
Se sottolinea ipsis presbiteris, per due cose:
a Se c’è già il presbitero deve amministrare il viatico
b Fino al IX secolo c’erano i laici che portavano l`olio.
Quindi l’idea del ministro estraordinario della comunione, che porta la comunione al malato non è una
novità dopo il CVII, esiste durante tutto il I millennio, poi le cose passano sempre di più nelle mani dei
sacerdoti come pasa la applicazione del olio nelle mani del sacerdote, quasi contemporaneamente passa
anche l` azione di portare la comunione eucaristica al malato.
Nel numero 21 inizia con le considerazioni che noi chiameremmo pastorali prima della
descrizione del rito. (cf. analisi nel foglio)
Aggiunta: commotus. La commozione medioevale non corrisponde alla commozione nostra,
l’uomo medioevale con queste espressioni anche corporali, l’espressione del luto, fanno parte
della vita normale, non basta dire la malattia mi commuove, ma anche bisogna piangere, se non
si fa non è commozione perciò che si fanno quest`indicazioni nei testi medioevali.
Si deve aver presente le tre menzioni dei testimoni e la loro funzione.
a. Accompagnare
b. Testimoniare che voleva la penitenza e consci di accettare la penitenza42
c. Chiamare al sacerdote
41
Dal 789 teologo di corte di Carlo Magno, nel 798 Carlo Magno gli affida la diocesi di Orleans.
42
Dobbiamo avere presente che il problema della penitenza non è aspettata durante la vita, la penitenza
tariffata l`idea che anche un altro può aspettare la penitenza, solo che si aspettano questi anni di penitenza
per forza, altrimenti i peccati non vengono perdonati se lui si confessa nel momento della morte riceve
necessariamente altri anni di penitenza, questi anni di penitenza per forza vanno aspettati, quindi beato lui
se aveva questi fideiussoribus, questi testimoni-assistenti, che si davano il conto ad aspettare la penitenza
di lui, se non ci sono deve aspettare questa penitenza dopo della morte, e quindi nasce l`idea del purgatorio.
Quindi il sacerdote indicava la penitenza a questi fideiussoribus.
misto)
Manoscritto compilato a Magonza verso il 950, poi introdotto a Roma, sembra che sia
stato in uso in tutto il mondo occidentale, però guardando questi testi sottolinea un’altra
volta che il PRG non è un libro per la celebrazione, ma un libro per l’istruzione del clero,
quindi ha un carattere fortemente catechetico per insegnare al clero le cose più importanti,
perciò nel Pontificale non si limita soltanto ai riti per il vescovo e poi ciò che si trova
dentro spesso non è la descrizione di una celebrazione, è una raccolta di possibilità come
si può fare se si vuole fare con o senza, così sono da capire anche le rubriche medioevali,
sono descrizioni di possibilità celebrative, non sono leggi assolute come le rubriche post
tridentine. Quindi colui che è alla base del pontificale istruisce il clero e deve fare delle
scelte perché nel pontificale c’è di tutto. Troviamo qui un Ordo ad unguendum infirmum
nella sezione CXLIII.
Numero 27: da qui in poi sono stati aggiunti altri rituali d’unzioni diversi, soprattutto del
primo tipo.
43
Confirmare dopo la comunione si riferisce alla comunione al calice, al sangue di Cristo. Erano i diaconi
che dovevano confermare per dire che il sangue di Cristo o semplicemente il modo di dire dimolti riti
medioevali.
44
Cluny fondato nel 910. Rheinau abbazia imperiale fondata nel 778, poi diventerà un monastero
dipendente di Cluny.
45
L’orazione per la visita all`infermo 1388.
46
Troviamo un modello nel PRG.
47
Ringraziamento della guarigione
!¡ A sinistra nella recensione breve i salmi penitenziali, litanie e Padre nostro, le due
orazioni mancano, perché facevano parte già del ordo precedente che si trova nella
recensione breve. Precede l`ordo ad communicandum infirmum è di questo fanno parte i
salmi penitenziali, Padre nostro, le due orazioni, e quindi in questo ordo non li ripetono.
Numero 2: le due orazioni: Omnipotens sempiterne Deus…; Domine Deus, qui per …, è
quella classica del IX sec.
Numero 4: della recensione lunga: c’è un po`di confusione. In 5 manoscritti della
recensione lunga si è mantenuta l’imposizione delle mani accompagnata da questo testo
al numero 5 è di carattere apotropaico, questo testo del numero 5 entra poi nel rituale
romano del 1614, nel testo chiaramente si trova l’idea dell’imposizione delle mani, invece
negli altri manoscritti del PRG è stata tolta l’imposizione delle mani, è rimasto il testo ma
adesso accompagna la preghiera d`unzione della testa. Quindi la recensione breve cerca,
in un modo forse non appropriato, di snellire ancora di più la celebrazione, deputando
l’imposizione delle mani non tanto importante, rimane il testo e si avvina alla prima
funzione: alla testa. Cosi si abbreviano i riti, invece dei far un’imposizione delle mani e
poi l’unzione della testa con la formula, ci si limita a far l’unzione della testa con questa
formula. È così con la recensione breve entra poi nel rituale post tridentino, la formula
rimane ma, l´imposizione delle mani non c’è più.
48
il termine adoratio è riservato alla croce, la venerazione si fa per l`eucarestia. Ancora san Tomasso si
esprime in questo modo. Adoratio per la croce, la veneratio per l`eucaristía: tantum ergo sacramentum
veneremur…,
49
man mano il magistero agiunge una sua parola al riguardo
Quindi il vescovo insiste che il presbitero stesso doveva portare il viatico al infermo, al
moribondo. Vuol dire che spesso non facevano. Dal punto di vista della mentalità siamo
in un ambiente dove la gente s’interessa molto della materia, bisogna avere in casa come
protezione, quindi il pane eucaristico, la comunione eucaristica non era più una cosa da
mangiare, oppure di fare ciò che Cristo ci ha comandato, ma era un rito del presbitero nel
produrre la cosa sacra. La cosa sacra è la cosa che si vuole guardare che si sei fortunato
porti anche a casa. Questa cosa sacra è destinata a essere mangiata. Il Cristiano semplice
diceva: perché devo mangiare la comunione, se la mangio non esiste più. Tali solleciti
durante tutto il medioevo sono mono frequenti, il sacerdote in viaggio dovevano portare
con sé l’eucaristia e dal IX sec anche l’olio. Per esempio, citazione 24:
24) Statuta S. Bonifacii (compilati inizio sec. IX), (Mansi 12), 385
4. Ut presbyteri sine s. chrismate et oleo benedicto et salubri eucharistia alicubi non
proficiscantur. Sed ubicumque vel fortitudo requisiti fuerint, ad officium suum statim
inveniantur parati in reddendo debito.
Quindi se il prete va in viaggio porti con sé l’eucaristia, può capitare che la chiedano. Si
doveva sollecitare pure che l’olio era conservato nelle chiese, il vescovo de Valenzia, per
esempio, nel 1255 scopre che l’olio no è conservato nella maggioranza delle sue chiese,
e perciò molti fedeli muoiono senza l`unzione, i presbiteri semplicemente non vedevano
il senso.
Un Sinodo in Svezia nel1325 in un canone stabilisce che ogni sacerdote che viene chiamato da
qualcuno ad amministrare il battesimo oppure l’unzione e non ci va deve pagare 3 marchi al
vescovo e 3 marchia colui che è malato, quindi la pena è da pagar, vuol dire che i presbiteri spesso
non ci andavano.
Pagare l’unzione? Il sacramento dell’unzione costava troppo. La venta dei sacramenti era sempre
considerata simonia e perciò vietato, ufficialmente era anche vietato di chiedere una specie di
pagamento in vivere, per esempio, IX sec, Garibaldo di Liegi nel suo Capitolare lui minacciava
con la soppressione dei presbiteri che si facciano pagare i sacramenti, cf. citazione 25:
50
Che per la Chiesa è considerata un secondo battesimo, perciò si fa una volta soltanto.
Sviluppo dogmatico
Le due scuole si situano nel XIII sec.
Scuola francescana
S. Bonaventura51 riflette sull’effetto dell`unzione, la formula dice:
l`unzione toglie il peccato attuale veniale, abbiamo il peccato originale, mortale, veniale,
il peccato originale è perdonato nel battesimo, il peccato mortale è perdonato nella
penitenza riconciliazione, il peccato veniale è perdonato con le opere buone che faciamo
nella nostra vita.
Ma adesso il moribondo ha un problema, non può fare più opere buone, come riesce a
farsi perdonare? Quindi il peccato veniale non si può, l`unica possibilità è l`unzione,
allora l`unzione perdona il peccato veniale al moribondo che non può più fare altre opere,
però bisogna aspettare fino al momento in qui il moribondo non può più peccare perchè
l`unzione si fa soltanto una volta, perciò conclude Buonaventura: l`unzione è da rifiutare
a qui non sta morendo, poi dopo di lui D. Scotus spiega le conseguenze dicendo: il
sacramento dell`unzione è solo per colui che non può più peccare e quindi deve essere
privo di sensi, la seconda conseguenza di quest`idea: un effetto corporale ad memori…,
si vede che manca un po` di logica, che cosa facciamo con l`effetto corporale? La scuola
francescana non ci da risposta. Un po`più equilibrata è la scuola domenicana.
Scuola domenicana
Anche Alberto Magno parte dalla riflessione sul sacramento ex et unctio, al quale
attribuisce un effetto duplice. Alberto Magno dice:
a. L’unzione può avere un effetto corporale quando giova all’anima, quindi quando
è per bene dell’anima può avere effetto di guarigione corporale;
b. L’unzione toglie le reliquie peccati. Per sapere che cosa sono questi, la risposta
c’è la da san Tomasso.
San Tomasso riprende le idee di Alberto Magno e concretizza, attribuisce anche a lui
51
Dipende di che il rito ufficiale di penitenza e riconciliazione di qualsiasi forma è per il peccato mortale.
2.4.2.4. Il magistero
Qualche vescovo ci dice qualcosa nel suo capitolare, troviamo la sistematizzazione da
parte dai teologi e il magistero non si mischia tanto. Tra gli enunciati del magistero, forse
il più conosciuto è il decreto pro armenis del Concilio di Firenze. Quindi siamo già nel
XV secolo. Il magistero si mischia soltanto quando si tratta di difendere una prassi della
chiesa contro altre dottrine, il primo caso è il decreto pro armenis in qui si stabilisce che
cosa è cattolico e quelli dal di fuori che vogliono accettare la fede cattolica, questa è la
ragione, in qualche modo dell’unzione.
Il decreto pro armenis non è una definizione dogmatica, ma gode di grande stima nei
tempi seguenti. Il testo è:
Concilio di Firenze (1439)
DH 1324: «Quinto sacramento è l’estrema unzione, la cui materia è l’olio
d’oliva benedetto dal vescovo. Questo sacramento deve essere amministrato
solo a un infermo di cui si teme la morte; egli deve essere unto in queste
parti: sugli occhi per la vista, sulle orecchie per l’udito, sulle narici per
l’odorato, sulla bocca per il gusto e la parola, sulle mani per il tatto, sui
piedi per il movimento, sui reni per il piacere che lì risiede.
La forma del sacramento è questa: ‘Per questa unzione e per la sua piissima
misericordia, il Signore ti perdoni tutto ciò che hai commesso con la vista’,
52
La loro idea era quella del XVI sec di sottolineare l`interiorità, il contributo proprio, contro un
automatismo.
Si dichiara anche (nel testo di Giacomo) che questa unzione non deve essere fatta né
ai malati, né a tutti i malati, come ce lo insegna la Tradizione della chiesa, ma
soltanto a coloro il cui stato è così pericoloso che sembrano giunti al termine della
loro vita. Ecco perché la si chiama, a giusto titolo (merito), l’estrema unzione, e il
sacramento di coloro che se vanno, perché è fatto solo per coloro che sono in agonia,
alle prese con la morte, e per coloro che partono verso il Signore in una ma niera
salutare.
Qui si riprendono le idee di san Tomasso. Tutto ciò che è nello schema è in corsivo, non
è stato approvato dai Padri conciliari, è stato approvato dai vescovi, quindi il Concilio ha
tolto il riferimento al moribondo, ha tolto l’idea che a giusto titolo si chiama estrema
unzione, quindi viene fuori il testo seguente:
28) CONCILIO DI TRENTO, Sessione XIV, 25 nov. 1551, Dottrina sul
sacramento dell’estrema unzione, cap. 3, DH 1698
[...]
Si dichiara anche che questa unzione deve essere fatta ai malati, specialmente
(praesertim) a coloro il cui stato è così pericoloso che sembrano giunti al termine
della loro vita: per questo si chiama il sacramento di coloro che se vanno.
Ma se
guariranno, essi potranno ancora giovarsi dell’aiuto di questo sacramento, quando
versassero un’altra volta in pericolo di vita.
[...]
Nello steso testo manca ciò che nel testo precedente era in corsivo. È stato tolto l’ultima
idea dello schema, è stato fato soltanto per coloro che sono agonia quasi nella morte, ed
è stato agiunto: Ma se guariranno, essi potranno ancora giovarsi dell’aiuto di questo
sacramento…, quindi il Concilio di Trento dichiara ripetibile l’unzione.
53
Quindi già il Concilio di Trento non ha problema per chiamare a questo sacrametno unzione degli infermi,
[...]
Nam et ostenditur illic [Gc 5,14-15], proprios huius sacramenti ministros esse
Ecclesiae presbyteros [can. 4], quo nomine eo loco non aetate seniores aut primores
in populo intelligendi veniunt, sed aut episcopi aut sacerdotes ab ipsis rite ordinati
[...].
I presbiteri di Gc 5, 14, non sono anziani, ma vescovi e presbiteri ordinati, questi sono
ministri propri, il Concilio sicuramente aveva una ragione forte per dire propri, per tutti
gli altri sacramenti si parla di ministri per i sacramenti, quindi se ci sono ministri propri,
niente vieta che secondo il giudizio della chiesa ci possono essere anche ministri
estraordinari, per di più, il sacramento più grandi.
Il confezionamento del sacramento dell’unzione dipende della preghiera del vescovo
sull’olio, quindi possibile che un ministro straordinario porta l’olio al malato, non sarebbe
una novità, ma in continuità con la storia, dipende però della decisione della chiesa. Il
Concilio di Trento non ha chiuso questa possibilità, parlando del ministro proprio.
Per quanto riguarda all’effetto del sacramento si ripete san Tomasso:
• Cap. 2 (DH 1696): L’effetto del sacramento è:
Þ La grazia dello Spirito Santo. L`effetto spirituale, non si esclude la possibilità di
guarigione, il sacramento:
• Lava i peccati, se ve ne fossero ancora da espiare
• e toglie ciò̀ che resta del peccato (si salva l`idea dei peccati reliquias
abstergit),
• solleva [alleviat] e rafforza [confirmat] l’anima del malato
• e qualche volta, se ciò può giovare alla salvezza dell’anima, [il malato]
riacquista la salute del corpo.
Quindi se ci sono i peccati, unzione, Dio ti perdona nel sacramento dell’unzione. Quindi
non è necessario di far precedere la confessione sacramentale, l’unzione lava i peccati se
ci sono ancora da espiare.
Concludendo, Trento difende la sacramentalità e l`uso della chiesa contro i protestanti,
però qual era il problema vero dei protestanti? Loro non negavano l`unzione come rito
salutem, Agostino diceva: il sacramento è segno visibile di una realtà invisibile, i
protestanti riconoscono la sacramentalità del rito, il loro problema è: se la chiesa dice:
una celebrazione sacramentum, ciò vuol dire che la celebrazione è soggetto al potere
legislativo della chiesa, e questo potere legislativo della chiesa per secoli c`era, soprattutto
per quanto riguarda al matrimonio. I protestanti in fondo lottavano contro questa
esagerazione di legislazione, le disposizioni, regolamenti sempre di più, quindi il loro
punto di aggancio non è la celebrazione santa, non è il sacramento come segno visibile di
una realtà invisibile, ma la pratica della chiesa che cerca di legiferare sul sacramento.
Trento poi rimani nel ambito delle idee degli effetti spirituali, però con l’idea della
Per questo punto cf. analisi del testo al inizio del corso
Non troviamo niente riguardo al problema della formula. È la riforma post conciliare che
deve risolvere questo problema, così abbiamo ai lavori preparativi del nuovo rituale.
54
Il concilio non ha voluto entrare in una discussione teologica.
55
si esprime di un modo negativo dicendo che il sacramento non è…,
56
il primo schema parlava ancora di malati gravi, adesso rispettano si dice: per indebolimento fisico…, la
cosa interessante è che questa metodologia viene subito dopo ignorata.
57
Si utilizza subito il nuovo termino. Quindi SC 73 apre la porta e subito dopo si attraversa con il numero
74.
58
Questo rito continuato nel Rituale romano del 1614 non esisteva, anche se si celebrava la confessione e
le altre funzioni, non esisteva il rito continuato e quindi si doveva ripetere, si celebrava la confessione
dall’inizio alla fine e poi nuovamente l’unzione dall`inizio alla fine e il viatico, quindi si avevano 3 riti
iniziali e 3 riti finali e così via. Qui per la prima volta si riprende ciò che abbiamo visto nel rito medioevale,
si crea del rito continuato.
59
Qui sta dietro pure l’idea che abbiamo trovato nel PRC anche nel Rituale del 1614, di ungere dove il
dolore è più forte, quindi di ungere qualche parte del corpo che ha qualcosa a che fare con la malattia,
quindi si abbandona l`idea di ungere i 5 sensi e si imposta l`azione dell`unzione come unzione di tutto il
corpo e soprattutto li dove il dolore è più grande.
Quindi il soggetto è il fedele con la malattia pericolosa, l`idea di pericolo di morte di cui
ancora parla SC è persa. Per quanto riguarda la reiterabilità si può reiterare il sacramento
se il fedele guarisce oppure se questa malattia diventa più grave. Poi ancora un problema
da risolvere: la riforma dell’unzione toccava due cose che si ritengono centrali per la
celebrazione di un sacramento: formula e materia. Si chiedeva l’uso di un altro oleo, non
soltanto di oliva. Dato questo tocca alla sostanza del sacramento la Congregazione per la
dotrina della fede, contemporaneamente disponeva che era da preparare una costituzione
apostolica, cambiamenti di questo genere devono essere spiegati e decretati da una
costituzione apostolica. Questa constituzione e da preparare una commisione mista sotto
la presidenza della Dottrina della fede.
Così dopo tutte queste difficoltà il 17 novembre 1972 si presentava finalmente il rituale,
insieme alla Costituzione apostolica. Questo rituale porta il titolo: Ordo unctionis
infirmorum eorumque pastoralis curæ.
Si riordinano materia, forma e numero dell`unzioni. Tutti questi elementi dovevano essere
presenti al momento del rito della santa unzione, alla fine dell’adattamento.
Continua la Costituzione:
2.5.2.3.I Praenotanda
Una volta analizzato le praenotanda, diamo uno sguardo al rito ordinario dell’unzione:
2.5.2.4.Il rito ordinario dell’unzione degli infermi (Cap. II, 1)
(pag. 30ss nel
rituale) (praenontanda 64-79).
Nelle praenotanda abbiamo visto le idee teologiche, con tutte le questioni che ci sono,
adesso vediamo come il rituale è riuscito o non a tradurre in prassi queste idee. Lo schema
rituale corrisponde allo schema rituale di tutte le celebrazioni liturgiche:
Ci vogliono riti iniziali che
fanno già ponte prima della
celebrazione alla celebrazione
liturgica, quindi bisogna
vedere in che senso sono riti di
ponte, dalla celebrazione
liturgica alla vita che viene
dopo la celebrazione. Ma la
messa vale per tutte e due
celebrazioni. Se i riti di ponti
sono stati fati male tutta la
celebrazione non funziona,
diventa una omelia con
qualche rito, o una catechesi con l’unzione. Al centro, come in tutte le celebrazioni, si
trova una liturgia della Parola e la liturgia sacramentale, alla fine i riti conclusivi.
Prima di questo capitolo De prae paratione celebrationis, guardiamo il numero 65: ad
infirmi confessionem…, se si vuole confessare e se la confessione è necessaria, prima si
fa, sono due cose diverse, abbiamo visto le ragioni storiche perché l`unzione sta legata
alla celebrazione penitenza-riconciliazione quando diventa il sacramento del moribondo,
60
Rispecchia il percorso biblico del significato nella storia della salvezza.
L’ultimo elemento è:
3.1.2.4. La formula del viatico
La formula stessa. siamo al no. 112: Sacerdos ad infirmum accedit, eique, la formula
recitata corrisponde alla formula del sacerdote al interno della messa. Questa formula in
modo diverso si trova in molti fonti nel XIV e XV sec soprattutto nei rituali dell`Italia
settentrionale, la formula recita: Corpus Chisti ipse te…,
Il prossimo passo che dobbiamo fare è:
3.2. La raccomandazione del moribondo
Il rito che prima si chiamava recomendationes aniame, adesso diventa la
raccomandazione del moribondo che si fa prima o durante il processo, non è più
l’affidamento dell’anima a Dio, ma è significa il manifestare del moribondo la solidarietà
della comunità. Cf. OUI 138: caritas erga proximun urget.., questo è anche l
collegamento con il primo capitolo del rituale: la visita al infermo, sia la visita sia la visita
al moribondo sono compiti della comunità cristiana. Se vogliamo parlare di ministri in
questa liturgia dell`ordo commendationes morientium, non sono necessariamente i
sacerdoti o i diaconi, ma la comunità cristiana che si deve occupare del membro che sta
per morire, abbiamo visto già al riguardo il no. 142. Quindi la pasqua del cristiano non è
una pasqua isolata, ma una pasqua celebrata insieme con la comunità cristiana, sono
queste a livello pastorali le indicazioni ampliamente non percepiti, questo dovrebbe
essere centrali a livello di chiesa e al interno dei progetti pastorali.
Scendiamo alla storia per quando riguarda alla racomandatio anime, e quindi troviamo le
prime testimonianze:
61
Questa orazione sembra essere l`unica orazione romana della morte, che conclude anche la celebrazione
della morte. L`idea che qui sta dietro è che la morte viene celebrata come viene celerbato il battesimo,
questa celerbazione della morte segue il responsorio, Subvenite, il salmo e tutto finisce con l`orazione Deus,
apud quem..,
Deus apud quem omnia morientia vivunt, cui non peréunt moriendo corpora nostra,
sed mutantur in melius62, te supplices deprecamur: ut suscipi iubeas animam famuli
tui illius per manus sanctorum angelorum, deducendam in sinu amici tui patriarchae
Abrahae63, resuscitandam in diae novissimi magni iudicii: et si quid de regione mortali
tibi contrarium contraxit fallente diabolo, tua pietate ablue indulgendo. Per. (GeV 1627
– GeRh 1331)
Quindi niente di preoccupazione per la sorte dell’anima, ma l’idea è un’idea della fiducia,
il corpo nostro, il nostro essere è sempre nelle mani di Dio. Di paura non troviamo niente,
l’allusione al perdono dei peccati sembra quasi secondario, se qualche cosa, c`è il peccato
tua pietate ablue, come sicurezza, non ci vuole qualche cosa che l`uomo deve fare dopo
la morte per arrivare il paradiso, ma certamente dopo la morte cristiana viene portato al
paradiso, se qualcosa c`è viene lavato lì, tutte le altre idee del purgatorio, penitenze dopo
la morte, il viaggio dell`anima pericoloso perciò bisogna del rafforzamento, entrano
tardivamente. Dunque questo testo rispecchia un po`l’idea ancora del IV e V secolo che
i cristiani avevano della morte.
Allora cosa ci presenta il rituale del 1972 riguardo a questa celebrazione della morte:
62
Cambia il nostro essere in qualche cosa di migliore
63
Quest`è l`idea originaria romana del cristiano della morte, il passagio portato dalla fiducia, un passagio
a qualcosa che è meglio dello stato nostro.