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1. L'impresa agraria.

1.1. Il concetto di impresa


1.2. Definizione di imprenditore agricolo e IAP
1.3. Registro delle imprese.
1.4. IVA ed obblighi connessi.
1.5. Tassazione su base catastale e tassazione a bilancio.

2. Il bilancio d'impresa
2.1. Il bilancio civilistico
2.2. Lo stato patrimoniale
2.3. Il conto economico
2.4. Il rendiconto finanziario
2.5. Gli altri documenti connessi al bilancio

3. Le decisioni strategiche: gli investimenti


3.1. Il concetto di investimenti e gli strumenti decisionali
3.2. L'analisi dei flussi di cassa
3.3. Gli indicatori
3.4. Sensitivity analysis

4. Le decisioni operative e il controllo di gestione: l'analisi dei costi e il margine di


contribuzione
4.1. I costi di produzione: l'approccio tecnico-economico e l'approccio aziendalista
4.2. Categorie di costo e configurazioni di costo
4.3. Il margine di contribuzione e la definizione del livello produttivo
4.4. La struttura dei costi aziendali: fattori di flessibilità e di rigidità
1. L’impresa Agraria

1.1. Il concetto di impresa


L’articolo 2555 del Cc definisce l’azienda come “il complesso di beni organizzati dall’imprenditore
per l’esercizio dell’impresa”. L’elemento che qualifica l’impresa è quindi la destinazione dei beni
impiegati nell’esercizio dell’impresa, tra i quali figurano beni mobili, immobili e immateriali,
nonché i contratti che l’imprenditore ha stipulato e le situazioni giuridiche da essi derivanti (crediti
o debiti).
All’interno dell’economia istituzionale l’azienda è definita come un “istituto economico”, inteso
come dimensione economica di un’istituzione, ossia di una cellula elementare di cui si compone un
sistema sociale.
La finalità di un’azienda è quella di produrre un prodotto (output) mediante la trasformazione di
input attraverso le tecnologie e le forme organizzative appropriate.
Le aziende possono essere distinte, in base alle loro finalità, essenzialmente in:
 Aziende con finalità di lucro: la massimizzazione dei profitti rappresenta la finalità ultima
dell’impresa;

 Aziende senza finalità di lucro: il risultato economico non rappresenta la finalità ultima
dell’impresa, ma devono comunque sottostare al principio di economicità (la differenza tra
le entrate e le uscite deve essere maggiore o uguale a zero).
Nelle aziende, la configurazione delle strutture organizzative e lo svolgimento dei processi
produttivi devono ispirarsi a due linee guida: il principio del contemperamento degli interessi e il
principio di economicità.

Principio del contemperamento degli interessi


Principio che consta nell’adozione di strutture e processi ispirati alla logica della partecipazione e
del confronto atti al soddisfacimento delle esigenze di tutti i soggetti economici che concorrono al
processo.

Principio di economicità: autonomia e durevolezza

L'azienda per essere ordine economico di istituto deve essere duratura, deve cioè svolgersi
secondo condizioni di vita e di funzionamento tali da consentire di durare nel tempo in un ambiente
mutevole. La durabilità va al di là del permanere delle persone che in un dato momento
compongono l’azienda stessa, in quanto la continuità e lo sviluppo dì un istituto economico hanno
un valore non solo per i suoi membri attuali, ma anche per i suoi membri potenziali futuri e per la
collettività in generale.
Connesso al carattere della durabilità, vi è anche quello dell'autonomia. Non è sufficiente che
l'azienda duri nel tempo, occorre anche accertarsi che non si manifesti un sistematico ricorso a
interventi di sostegno o di copertura delle perdite da parte di altre economie. L'autonomia è, quindi,
un carattere che si accompagna necessariamente con la durabilità e che serve a qualificarla.
Estensione dell’attività
In base alle scelte economiche ed amministrative dell’impresa, essa può seguire diverse strategie di
estensione dell’attività, tra queste figurano:
• Strategia d’integrazione verticale: l’azienda si occupa di un singolo prodotto (può
coinvolgere anche più fasi di trasformazione e alterazione, come ad esempio le
aziende zootecniche che producono foraggio in azienda e trasformano il latte in
prodotti caseari).

• Strategia di diversificazione: estensione orizzontale dell’attività aziendale mediante


l’attuazione di una strategia di diversificazione della produzione (produce due o più
prodotti differenti tra loro non necessariamente correlati).

• Strategia di internazionalizzazione: consta in una estensione geografica


dell’attività.

Rapporti con il soggetto esercitante l’azione di impresa


Si parla di impresa individuale (forma individuale) quando il soggetto giuridico è una persona fisica
che risponde coi propri beni delle eventuali mancanze dell'impresa: in tal caso non c'è un'autonomia
patrimoniale dell'impresa e se questa viene dichiarata fallita, anche l'imprenditore fallisce. Sono
concettualmente simili all'impresa individuale quella familiare (formata al 51% dal capofamiglia e
al 49% dai suoi familiari, con una parentela non superiore al 2º grado) e quella coniugale (formata
solo da marito e moglie).
Se l'impresa è esercitata da una persona giuridica assume invece una veste societaria (forme
collettive), che può essere di varia natura:
• Le società di persone sono caratterizzate da un'autonomia patrimoniale imperfetta, in
cui cioè il patrimonio della società non è perfettamente distinto da quello dei soci.

• Le società di capitali sono dei soggetti giuridici che godono di autonomia patrimoniale
perfetta (il patrimonio della società è distinto da quello dei soci). Se una società di
capitali fallisce, i creditori possono attingere solo dal patrimonio della società. Il
patrimonio dei soci non viene intaccato.

• Le società cooperative rappresentano una particolare forma societaria, le cui peculiarità


sono connesse allo scopo mutualistico che perseguono.

Condizioni di equilibrio
Le condizioni di equilibrio che consentono all'azienda di durare nel tempo e di mantenere una
situazione di relativa autonomia:
• Equilibrio economico: è la differenza tra consumo e ripristino della ricchezza.

• Equilibrio patrimoniale: accumulo e mantenimento della ricchezza patrimoniale.


• Equilibrio finanziario: bilanciamento delle fonti tra finanziamenti e impieghi (nel
lungo periodo).

• Equilibrio monetario: capacità aziendale di far fronte ai pagamenti nel breve periodo.

L’insieme di questi elementi di equilibrio può essere raggiunto dall’azienda mediante:


• Acquisto dei fattori della produzione e relativa gestione;
• Mantenimento di un elevato standard di efficienza;
• Innovazioni (determinano un cambiamento dell’assetto produttivo dell’azienda);
• Competenze e conoscenze;
• Remunerazione adeguata dei fattori della produzione;
• Cessione di beni o servizi;

1.2. L’imprenditore agricolo

Per la legge italiana l'imprenditore agricolo è colui che svolge un'attività d'impresa agricola, ovvero
un'attività d'impresa elencata dall'art. 2135 del Codice Civile e sostituita dall’articolo I del D.lgs.
228/01. Ossia:
"E' imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo,
selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura
e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo
biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano
o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette
alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che
abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o
dall'allevamento di animali, nonché' le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante
l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate
nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del
patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi
quando utilizzano per lo svolgimento delle attività […] prevalentemente prodotti dei soci, ovvero
forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo
biologico.”

Attività essenziali
Si parla di attività essenziali in presenza di coltivazione del fondo, allevamento di animali e
selvicoltura. L'essenzialità è dovuta al fatto che in assenza questo tipo di attività non si può parlare
di imprenditore agricolo.
Il secondo comma dell'art. 2135 del codice civile italiano specifica che queste attività sono le
attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo
stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le
acque dolci, salmastre o marine. Un individuo non è considerato imprenditore agricolo qualora
compia in forma esclusiva una o più fasi non necessarie di un ciclo biologico (ex: allevamento di
cavalli).

Coltivazione del fondo


La più frequente delle attività agricole è la coltivazione del fondo, da considerare non più come
l'attività nel campo, ma ormai come coltivazione, o meglio cura delle piante nel loro ciclo
biologico, non necessariamente per intero.

Selvicoltura
La selvicoltura, ovvero la cura dei boschi è, oggi più di ieri, un'attività di notevole importanza. Oltre
all'importanza economica della selvicoltura per la produzione di assortimenti legnosi e
secondariamente di funghi, tartufi ed altri prodotti del sottobosco, le aree forestali hanno una grande
importanza nella stabilizzazione dei versanti e nella prevenzione del dissesto idrogeologico, senza
contare la crescente importanza che al giorno d'oggi viene data all'aspetto paesaggistico. 

Allevamento
Si intende allevamento la cura di almeno una fase biologica di un animale; non sarà imprenditore
agricolo pertanto chi importa animali nutrendoli per breve tempo al solo scopo di rivenderli. A
maggior ragione non lo sarà il cacciatore.

Attività connesse
L'imprenditore può essere definito agricolo anche qualora eserciti attività agricole connesse, ovvero
quelle attività esercitate dallo stesso imprenditore, dirette alla manipolazione, alla trasformazione,
alla conservazione, alla commercializzazione e alla valorizzazione dei prodotti ottenuti dalle
attività essenziali.
Le attività connesse hanno dei requisiti, in particolare quello della connessione con l'attività
principale agricola, in mancanza della quale sarebbero attività essenzialmente di natura
commerciale o industriale. La connessione, ovvero il legame di relazione ed interdipendenza,
comporta che l'attività connessa, sia secondaria e derivi da quella agricola principale.
Altri requisiti individuati in dottrina sono l'unisoggettività dell'imprenditore, che deve essere lo
stesso soggetto, e l'uniaziendalità dell'impresa, che si deve avvalere degli stessi mezzi e strumenti
impiegati per l'attività principale.
Ulteriore aggiunta è rappresentata dal comma 423 della Legge 266/2005, per cui:
“La produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali effettuate dagli
imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del
codice civile e si considerano produttive di reddito agrario.”
Sono inoltre contemplate le attività di produzione di prodotti chimici (distillati) e biocarburanti.
Tipologie di Imprenditore Agricolo
Sul piano soggettivo, l’imprenditore agricolo si può distinguere tra imprenditore agricolo
professionale, coltivatore diretto.

Imprenditore Agricolo a Titolo Principale


Con l’emanazione della legge 233/90, la tutela previdenziale è stata estesa anche agli imprenditori
agricoli che, per le notevoli estensioni dei terreni posseduti e per il fabbisogno di giornate
lavorative, non potevano essere inquadrati come Coltivatori diretti. Pertanto a decorrere dall’1
Luglio 1990, è stata riconosciuta la figura dell’ Imprenditore Agricolo a Titolo Principale
(IATP), inquadrando il soggetto che si dedica con professionalità all’organizzazione,
programmazione e coordinamento dei fattori produttivi.
L'art.13 della L.233/90, nel definirne la figura prevede il requisito soggettivo consistente nella
destinazione all'attività agricola di non meno di due terzi del proprio tempo con un ricavo dalla
medesima di una percentuale non inferiore al 75% del proprio reddito globale da lavoro (il 50% per
i territori montani e le zone agricole svantaggiate).

Imprenditore Agricolo Professionale


Sulla figura dell’IATP è poi intervenuto il D.lgs. 99/2004 che ha modificato la precedente
istituendo la nuova qualifica di Imprenditore Agricolo Professionale (IAP) estendendone
l'applicabilità anche ai soci di società agricole. Pertanto, viene considerato IAP colui che, in
possesso di conoscenze e competenze professionali, dedichi all'attività agricola
di impresa direttamente o in qualità di socio, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro
complessivo e che ricavi dalle medesime attività almeno il 50% del proprio reddito globale da
lavoro (25% per le aziende ubicate in zone svantaggiate di cui all’art. 17 del reg. CE n.1257/99).
Il D.lgs. 101/2005 ha disposto, inoltre, che le indennità e le somme percepite per l'attività svolta in
Società agricole, sono equiparati a redditi derivanti da attività agricola.
Per il calcolo delle ore lavorative è impiegato un metodo di valutazione basato su specifiche tabelle
che permettono la conversione il fabbisogno di una coltura alle ore lavorative necessarie.

Verifica dei requisiti 


Fino alla data del 22 aprile 2004 l’accertamento dei requisiti per il riconoscimento della qualifica di
Imprenditore Agricolo era di competenza dell'INPS. Dal 06 maggio 2004 (D.lgs. 99/2004) tale
accertamento e riconoscimento viene demandato alle Regioni.

Il coltivatore diretto (piccolo imprenditore agricolo)


La qualifica è normata dall'art. 2083 c.c., indica colui il quale esercita in via prevalente, con il
proprio lavoro e quello dei propri familiari, l’attività agricola. Tale criterio di prevalenza si
estrinseca mediante il rapporto tra il fabbisogno in ore di lavoro dell’azienda e le ore di lavoro
dell’imprenditore e dei suoi familiari.
Tipologie di Società agricole
L'imprenditore agricolo può essere anche una società, sia di persone che di capitali, oltre che
cooperative.
Per favorire lo sviluppo societario in agricoltura, il Dlgs 99/2004, ha previsto il riconoscimento
dello status di IAP anche alle società, superando la precedente normativa che limitava la qualifica
solo alla persone fisiche. Oltre ai requisiti già menzionati, affinché anche la società acquisisca la
qualifica di IAP sono previsti i seguenti requisiti soggettivi che sono:

Società di persone: forma societaria all’interno della quale i soci entrano in virtù di individui.
Affinché una società di persone possa essere riconosciuta come Società Agricola almeno un socio
deve possedere la qualifica di IAP (spendibile per la propria azienda ed un’azienda addizionale);

Società di capitale: forma societaria all’interno della quale i soci entrano all’interno della società in
virtù di investitori. Affinché una società di capitale possa essere considerata agricola, la qualifica
deve essere posseduta da almeno un membro del consiglio di amministrazione;

Società Cooperative: Affinché una società cooperativa possa essere considerata agricola è
necessario che almeno un quinto dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo
professionale.

Registro delle imprese

Il registro delle imprese, per la legge italiana, è un pubblico gestore del registro in cui le imprese italiane, le
imprese estere con sede o unità locale in Italia e gli altri enti che esercitano un'attività economica, sono
tenuti all'iscrizione. Sono escluse le libere professioni. Chi svolge in Italia un'attività economica, sotto forma
di impresa deve iscriversi al registro delle imprese tenuto dalle camere di commercio italiane ,
interconnesse tramite la loro società di informatica: InfoCamere.

LA costituzione del registro delle imprese venne attuata completamente soltanto con la legge 29 dicembre
1993, n. 580, e reso operativo con il DPR n. 581 del 1995; il registro delle imprese è pubblico ed unifica
quelli che un tempo erano il registro delle società - tenuto dalle cancellerie commerciali dei tribunali - e il
registro ditte, tenuto originariamente dalle camere di commercio. In esso sono conservati a norma di legge,
in forma informatica tutti gli atti e documenti inerenti alla vita delle imprese, assicurando la completezza ed
organicità della pubblicità legale per tutte le imprese soggette ad iscrizione.

Il registro imprese è diviso in una sezione ordinaria e in diverse sezioni speciali. Nella sezione ordinaria si
iscrivono:

 Imprenditori individuali esercenti imprese commerciali;


 Società di persone (tranne la società semplice);
 Società di capitali;
 Consorzi fra imprenditori;
 Gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale;
Nelle sezioni speciali si iscrivono, con diverse qualifiche:

 Imprenditori agricoli individuali (persone fisiche e persone giuridiche);


 Piccoli imprenditori commerciali;
 Società semplici;
 Società di professionisti.

Imposta sul valore aggiunto (IVA)

L’IVA è l’imposta sul valore aggiunto ovvero la principale imposta indiretta attualmente in vigore in Italia e
nell’Unione Europea. Il modello è stato tracciato nel 1967 da due diverse direttive comunitarie, ad oggi
confluite nella direttiva 2006/112/CE (la cosiddetta «Direttiva rifusione»). In Italia, il riferimento normativo
fondamentale dell’IVA è il d.p.r. 633/1972.
L’IVA è caratterizzata dal fatto di essere:

 Indiretta: perché non colpisce direttamente la capacità contributiva del contribuente, ma soltanto una
sua manifestazione (il consumo);
 Proporzionale: perché il suo ammontare dipende dal prodotto tra il prezzo del bene e l’aliquota
relativa;
 Neutra perché colpisce il maggior valore che ciascuna fase del processo aggiunge al bene/servizio
considerato;
 Generale: perché colpisce tutti i contribuenti, senza alcuna distinzione;
 Sui consumi: poiché il suo meccanismo applicativo finisce col gravare esclusivamente sul
consumatore finale.
Le aliquote IVA sono:

 4% - aliquota minima, sui generi di prima necessità;


 10% - aliquota ridotta, su servizi turistici, alimentari e edili;
 22% - aliquota ordinaria, in tutti gli altri casi.

Regimi IVA

L’Imprenditore Agricolo, ai sensi dell’articolo 34 del DPR n 633/72 può adottare, a scelta, uno tra tre diversi
tipi di regimi IVA.

Regime esonero
È il regime per gli imprenditori agricoli con volume d’affari annuo non superiore a € 7.000. Per poter
applicare questo regime il volume d’affari deve essere costituito per almeno due terzi dalla cessione di
prodotti agricoli. Questo regime consente all’imprenditore agricolo di essere esonerato da qualunque
adempimento ai fini IVA. L’unico adempimento a cui sottostare è la conservazione e la numerazione
progressiva di tutte le fatture di acquisto ricevute. L’Imprenditore Agricolo in Regime di Esonero deve anche
conservare copia delle autofatture emesse da parte degli acquirenti. Gli acquirenti dell’imprenditore in
Regime di Esonero devono emettere autofattura, in luogo dell’emissione della fattura da parte del cedente.
Inoltre, l’agricoltore in regime di esonero non è tenuto all’iscrizione al Registro delle Imprese.
Nell’autofattura deve essere indicata la relativa imposta, determinata applicando le aliquote corrispondenti
alle percentuali di compensazione. L’IVA dovrà, quindi, essere scorporata dall’importo totale pagato
all’imprenditore agricolo ed eventualmente documentato dal documento di trasporto (DDT) redatto dal
cedente. L’agricoltore cedente ha l’obbligo di conservare l’autofattura emessa dal cessionario o committente
e ha il beneficio di “trattenere” l’IVA indicata nell’autofattura, essendo esonerato dall’obbligo di
versamento. Il cessionario o committente provvederà a registrare la fattura emessa per conto del produttore
agricolo separatamente nel registro degli acquisti.

Regime speciale
È il regime per gli imprenditori agricoli con volume d’affari annuo superiore a € 7.000 che effettuano
cessioni di prodotti rientranti nella Tabella A, parte I del DPR n. 633/72. Questo regime prevede la
detrazione dell’IVA, non sulla base degli acquisti effettuati, bensì sulla base di percentuali di
compensazione, ossia di stime, determinate da apposito Decreto Ministeriale (DM del 12/05/1992, DM del
30/12/97 e DM del 23/12/2005). L’imprenditore agricolo che adotta questo particolare regime è chiamato ad
applicare alle cessioni di prodotti agricoli l’aliquota prevista per il bene ceduto versando solamente l’IVA
che risulta a debito dopo l’applicazione della percentuale di compensazione. Le fatture di vendita vengono
emesse applicando le aliquote IVA ordinarie (4%, 10% e 22%). Tuttavia, all’Amministrazione finanziaria
viene versata la differenza fra l’aliquota ordinaria e quella di compensazione, che è più bassa o al massimo
uguale a quella ordinaria.

Esempio di applicazione:

 Aliquota IVA ordinaria = 22%


 Percentuale di compensazione = 12,30%
 Totale vendite del periodo = € 1.000,00
 IVA a debito del periodo = € 220,00 (22% di 1.000,00)
 IVA detraibile del periodo = 1.000,00 (Vendite del periodo) X 12,30% (percentuale di
compensazione) = euro 123,00
 IVA dovuta = 220,00 – 123,00 = 97,00

Regime ordinario
È un regime opzionale, applicabile qualora l’imprenditore agricolo ceda beni non presenti nella tabella A,
parte I del DPR n. 633/72. Tale regime si caratterizza per il fatto che l’IVA dovuta si determina sulla base
della differenza tra l’IVA a debito derivante dalla cessione di beni o servizi e l’IVA a credito sugli acquisti,
anche di beni strumentali, inerenti tali cessioni. Per valutare la convenienza per il regime normale occorre
considerare l’ammontare delle spese che si ritiene di dover sostenere, e confrontare l’ammontare dell’IVA
detraibile in base alle percentuali di compensazione con l’IVA sulle fatture di acquisto. In generale, nel caso
di investimenti, quali l’acquisto di un trattore o la costruzione di stalle, risulta conveniente applicare il
regime normale IVA.

Regime forfettario
è un regime fiscale per le imprese e i professionisti di minori dimensioni. Il regime che prevede agevolazioni
fiscali e contributive, a patto di rispettare i requisiti di accesso e permanenza nel regime. La Legge n.
190/2014, così come modificata dalla Legge n. 208/2015, ha introdotto il regime fiscale forfettario. Si tratta
di un regime fiscale naturale per Imprenditori e Liberi Professionisti con tassazione sostitutiva degli effetti
dell’IRPEF, dell’IRAP per le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni. Il Regime
Forfettario un regime fiscale agevolato, volto ad incentivare l’apertura e la gestione di attività commerciali o
professionali di dimensioni minori. Per questo motivo prevede minori adempimenti e oneri da sostenere.
Tale regime è stato modificato a partire dal 1° gennaio 2019 dalla Legge n 145/2018 e dal Ddl di bilancio
2020, secondo il quale possono accedere al Regime Forfettario i contribuenti che hanno percepito ricavi o
compensi non superiori a € 65.000. Il reddito imponibile è determinato applicando ai ricavi e compensi
percepiti nel periodo d’imposta il coefficiente di redditività previsto in funzione del codice attività svolta; sul
reddito così determinato, al netto dei contributi previdenziali versati, andrà applicata un’imposta sostitutiva
dell’Irpef corrispondente al relativo codice attività ATECO, che nel caso delle attività comprese nell’Art.
2135 CC è pari al 25%.

Tassazione su base catastale

Dal 1° gennaio 2007, ai sensi dell’articolo 1 della legge del 27 dicembre 2006 n. 296, Le Società di persone,
le società a responsabilità limitata e le società cooperative, che rivestono la qualifica di società agricola ai
sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 possono optare per l'imposizione dei
redditi ai sensi dell'articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi, che prevede la determinazione del
reddito su base catastale. Le società agricole per beneficiare di tale possibilità devono rispettare
determinate condizioni:

 Indicazione nell’oggetto sociale dell’esercizio “esclusivo” delle attività di cui all’articolo 2135 C.C.
 Indicazione nella ragione o denominazione sociale di “società agricola”.

La determinazione del reddito secondo le regole catastali, si attua mediante opzione da comunicare nella
prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla scelta operata.
L’opzione è vincolante per un triennio e dopo si rinnova di anno in anno fino a quando non viene
espressamente revocata. L’opzione perde tuttavia efficacia se la società perde i requisiti per essere
considerata agricola.
Bilancio d’impresa

Contabilità generale
In ogni impresa si manifesta la fondamentale esigenza di disporre di informazioni adeguate che
possano soddisfare i fabbisogni informativi ai fini della gestione. Tali elementi devono essere
caratterizzati da una libera disponibilità di consultazione, nonché da un aggiornamento periodico
che consenta la visione dei risultati economici raggiunti, intesi come la differenza tra il valore
totale dei beni e/o servizi venduti dall’azienda e il valore dei fattori acquisiti ed impiegati dalla
stessa all’interno del processo produttivo; tale differenza si configura nei valori di utili e perdite.
Il bilancio è altresì utile a soggetti esterni, che intrattengono, a vario titolo, rapporti con l’azienda,
ai fini di poter decidere le modalità di conduzione del rapporto.
Lo strumento impiegato per la rilevazione contabile è la contabilità generale. Questa si avvale dei
“conti” per raccogliere e classificare i valori ed il loro insieme forma il “piano dei conti” che figura
in un apposito registro detto “libro mastro”. Per quanto concerne l’ordine cronologico delle
operazioni di gestione, queste vengono annotate in un apposito documento definito “libro
giornale”. In base alla loro natura, i coni possono essere suddivisi in:

 Conti reddituali: ove confluiscono le componenti negative (costi) e le componenti positive


(ricavi) di reddito.
 Conti patrimoniali: ove confluiscono i valori che misurano la consistenza del patrimonio
aziendale (liquidità, crediti, capitale sociale e riserve).
Il metodo di funzionamento della contabilità è basato sul metodo di scrittura contabile inventato
dall’economista veneziano Fra Luca Bartolomeo de Pacioli nel 1494, denominato “partita doppia”.
In questo sistema ogni operazione contabile genera contemporaneamente due annotazioni, in due
conti distinti e in opposte sezioni (generalmente denominate “dare” e “avere”) per importi
complessivamente uguali.

Rilevazioni contabili
La finalità è relativa alla disposizione di informazioni, utili alla pianificazione delle attività
dell’azienda, che siano ordinate, controllate e coordinate. Queste ricoprono un’utilità interna tale da
assolvere al ruolo di verifica dello stato dei rapporti che l’azienda contrae con soggetti terzi e di
fornire un’esatta misura relativa ai risultati economici raggiunti, al fine di valutare le scelte operate
e determinare una corretta remunerazione dei fattori della produzione.
Le rilevazioni constano in una rilevazione sistemica degli accadimenti contabili, all’interno di un
documento detto “Libro Giornale” successivamente elaborati per la redazione di prospetti utili alla
redazione del bilancio aziendale (contabilità generale).

Libro Giornale
Il libro giornale (o giornale), in ragioneria, è uno dei libri di contabilità obbligatori per legge, come
previsto dall'art. 2214 Codice Civile che recita "L'imprenditore che esercita un'attività commerciale
deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari. Deve altresì tenere le altre scritture contabili
[…]”.
Esso contiene le registrazioni di tutti i movimenti contabili di una ditta. Esistono vari modi di
effettuare queste registrazioni, ma attualmente quello più usato è la partita doppia.
La partita doppia è un metodo di scrittura contabile, descritto dall’economista veneziano Fra Luca
Bartolomeo de Pacioli nel 1494, che consta nel registrare le operazioni aziendali simultaneamente
su due serie di conti ("dare” e “avere"), allo scopo di determinare il reddito di un dato periodo
amministrativo e di controllare i movimenti monetari-finanziari della gestione. La rilevazione delle
due classi di valori avviene su prospetti a due sezioni, detti "conti". Il bene, servizio o diritto, le cui
variazioni vengono rilevate nel conto, è detto "oggetto del conto".
Semplificando, si può definire la partita doppia come un infinito insieme di scambi tra le attività e le
passività dell'azienda. Ad esempio, quando si acquista della merce, lo scambio avviene tra il
magazzino (che cresce) e la cassa (che cala); quando si paga un mutuo, lo scambio è tra il calo delle
disponibilità bancarie e l'alleggerimento del debito,
La registrazione che si deve fare nel libro giornale è solo l'indicazione delle attività e
delle passività che variano per un dato importo. Quando il libro giornale viene compilato a mano, si
scrive per l'acquisto di una merce “Merce a Cassa per (importo)”, il che significa che l'azienda
possiede più merce e meno contanti per lo stesso importo indicato. Allo stesso tempo il contabile
deve registrare il movimento anche nel libro mastro che è una raccolta di conti, dove
ogni conto rappresenta appunto una voce delle attività o delle passività della ditta. Nell'esempio
suddetto doveva registrare un'entrata nel conto Merce ed un'uscita nel conto Cassa.

Libro Mastro
La redazione del libro giornale è affiancata da quella di un ulteriore documento definito “Libro
Mastro”, questi è un registro della contabilità in cui sono riuniti tutti i conti (mastrini) che
compongono un dato sistema contabile; esso, cioè, è l'insieme dei conti accesi in una determinata
contabilità. Nel documento si procede all’apertura di un conto per ogni tipologia di attività
(esempio: all’entrata di un bene in azienda si aprirà un conto relativo all’entrata della merce ed uno
relativo alla sua permanenza in magazzino). Tale operazione comporta la descrizione di una
variazione qualitativa del patrimonio (variazione della sua posizione spaziale), in due conti
patrimoniali (che compongono il patrimonio) distinti.

Struttura del bilancio civilistico


Articolo 2423 – Redazione del Bilancio
La redazione del bilancio è prescritta, non solo nell'interesse dei soci a conoscere l'andamento e la
situazione della loro società, ma anche e soprattutto nell'interesse dei creditori sociali a conoscere la
consistenza del patrimonio della società, unica garanzia su cui essi possono fare affidamento.
La norma prevede la redazione del bilancio ordinario di esercizio (annuale), non necessariamente
coincidente con l'anno solare, e di bilanci straordinari, richiesti per finalità specifiche di varia natura
(liquidazione, fusione, scissione, trasformazione).
Taluni bilanci straordinari vanno redatti con gli stessi criteri del bilancio di esercizio, altri con
criteri diversi. Il bilancio ordinario è costituito da quattro documenti:

1) lo stato patrimoniale;
2) il conto economico;
3) il rendiconto finanziario;
4) la nota integrativa.
Il bilancio deve rispettare i principi di:

 Chiarezza: implica la necessità di andare al di là dell'analiticità e la necessità di una


esposizione ordinata delle voci. Con tale principio si vuole garantire la più ampia
trasparenza dei dati di bilancio che conducono a determinati risultati.

 Veridicità: impone di assumere un atteggiamento il più possibile neutrale ed oggettivo.

 Correttezza: si riferisce a criteri tecnicamente corretti in modo che la comunicazione non


avvenga in modo deviante.

Il bilancio di esercizio è il risultato di un complesso procedimento al quale concorrono vari organi:


gli amministratori che lo redigono, i soggetti incaricati del controllo contabile e l'assemblea che lo
approva.

Articolo 2423 bis – Principi di relazione del Bilancio


La norma indica i principi fondamentali che il redattore del bilancio deve tenere presenti e che
integrano i principi generali di chiarezza e di rappresentazione in modo veritiero e corretto
contenuti nell'art. 2423.
Il principio della valutazione nella prospettiva della continuazione dell'attività sta ad indicare che il
bilancio di esercizio è il bilancio di un'impresa funzionante, quindi non in liquidazione.
Il principio della prudenza si estrinseca nella regola secondo la quale i profitti non realizzati non
devono essere contabilizzati, mentre tutte le perdite, anche se non definitivamente realizzate,
devono essere iscritte in bilancio.
Il principio di realizzazione in base al quale si possono indicare esclusivamente gli utili
realizzati alla data di chiusura dell'esercizio;
Il principio di competenza implica che l'effetto delle operazioni e degli altri eventi deve essere
rilevato contabilmente ed attribuito all'esercizio al quale tali operazioni ed eventi si riferiscono e
non a quello in cui si concretizzano i relativi movimenti (incassi e pagamenti).
La continuità di applicazione dei criteri di valutazione nel tempo è uno dei cardini della
determinazione dei risultati ed è una condizione essenziale sella comparabilità dei bilanci.

Articolo 2424 cc – Contenuto dello Stato Patrimoniale


Il legislatore prevede lo schema di redazione dello stato patrimoniale che deve essere considerato
obbligatorio.
Lo stato patrimoniale è l'elenco, ordinato per categorie, delle attività e delle passività che, ad una
certa data, compongono il patrimonio della società.

L'Attivo è suddiviso in 4 classi principali, evidenziate da lettere maiuscole:


A) Crediti verso soci;
B) Immobilizzazioni;
C) Attivo circolante;
D) Ratei e risconti.

La classificazione dei valori patrimoniali attivi si fonda sul criterio della destinazione degli stessi
rispetto all'attività ordinaria: devono essere iscritti tra le immobilizzazioni gli elementi patrimoniali
destinati ad essere utilizzati durevolmente (v. art. 2424 bis).

Il Passivo è suddiviso in 5 classi evidenziate da lettere maiuscole:

A) Patrimonio netto;
B) Fondi per rischi e oneri;
C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato;
D) Debiti;
E) Ratei e risconti.

La classificazione è effettuata sulla base della natura delle fonti di finanziamento, in modo da
distinguere in particolare i messi di terzi dai mezzi propri.
Il legislatore richiede per il passivo la separata indicazione dei debiti i cui importi sono esigibili
oltre l'esercizio successivo.

Le immobilizzazioni immateriali sono caratterizzate dalla mancanza di tangibilità. Esse sono


costituite da costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, ma manifestano i benefici
economici lungo un arco temporale di più esercizi.

Le immobilizzazioni immateriali comprendono: i costi pluriennali; l'avviamento; i beni immateriali


(come diritti di brevetto e opere dell'ingegno). Queste rappresentano beni di uso durevole,
costituenti parte dell'organizzazione permanente delle imprese.

Il fatto che il capitale sociale debba essere iscritto al passivo del bilancio non vale a farlo
considerare alla stregua di una posta debitoria, ma rappresenta il valore netto di cui la società può
disporre. Si iscrive al passivo per la finalità contabile di far coincidere il totale del passivo con
quello dell'attivo.

I ratei e risconti misurano proventi ed oneri la cui competenza è anticipata o posticipata rispetto alla
manifestazione numeraria e/o documentale.

Articolo 2424 bis – Disposizioni relative a singole voci dello stato patrimoniale

La norma va posta in relazione con l'art. 2425 bis che dispone l'iscrizione dei proventi ed oneri
connessi alle attività.
I trattamenti di fine rapporto (TFR) devono essere iscritti come intero debito maturato a fine
esercizio nei confronti di tutti i dipendenti.
Continuano a dar luogo ad accantonamenti per fondi rischi ed oneri gli eventuali trattamenti di
quiescenza aggiuntivi o speciali, qualora essi presentino caratteristiche analoghe alla vecchia
indennità di anzianità.
Quanto alle immobilizzazioni finanziarie la presunzione posta dalla norma è da interpretarsi nel
senso che, verificatasi la circostanza dante luogo alla presunzione di immobilizzazione, la
partecipazione potrà essere iscritta all'attivo circolante.

Articolo 2425 cc – Contenuto del conto economico

Il conto economico è l'elenco, ordinato per categorie, dei costi e dei ricavi di competenza
dell'esercizio, ossia di competenza di quel lasso di tempo intercorrente tra la data di riferimento del
bilancio attuale e quella del bilancio precedente.
A differenza dello stato patrimoniale (v. art. 2424) la struttura del conto economico non è a colonne
affiancate ma a forma scalare, elencando costi e ricavi in un'unica lista, con valore positivo o
negativo.
Con le lettera A e B si confrontano i componenti positivi costituenti il valore della produzione con i
costi della produzione classificati per natura, cioè sulla base della natura del costo. I primi due
raggruppamenti (valore della produzione e costi della produzione) si riferiscono alla gestione
caratteristica e alla gestione accessoria.
Le lettere C e D sono relative ai componenti positivi e negativi e alle rettifiche di valore di natura
finanziaria. Questi due raggruppamenti si riferiscono alla gestione finanziaria.

Articolo 2425 bis – Iscrizione dei ricavi, proventi, costi ed oneri


La norma dispone l'iscrizione dei proventi ed oneri connessi alle attività, integrati, in aumento o
diminuzione, dai differenziali tra il prezzo di cessione a pronti e quello di riacquisto a termine.
La norma disciplina i contratti che prevedono un obbligo di retrocessione a termine, la cui sostanza
economica è quella di un'operazione finanziaria o di un'operazione di locazione. È un'applicazione
del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, perché pur essendovi la forma di una vendita
a pronti, in realtà non vi è alcun trasferimento effettivo dal formale venditore al formale acquirente
dei rischi e benefici relativi al bene oggetto del contratto.
L'operazione in questione avrà natura di finanziamento o di locazione di un bene, dunque il prezzo
sarà commisurato alla durata del finanziamento o della locazione.
La norma precisa che i proventi ed oneri relativi all'operazione devono essere iscritti per quote di
competenza dell'esercizio. L'ultimo comma è relativo alle operazioni di sale and leasing.

Articolo 2425 ter – rendiconto finanziario

La presentazione del rendiconto finanziario migliora in modo significativo l'informativa sulla


situazione finanziaria della società.
Il D. Lgs. 139 del 2015 ha introdotto l'obbligo di redazione del rendiconto finanziario che
costituisce parte integrante del bilancio di esercizio. Questi è un prospetto contabile che presenta le
variazioni, positive o negative, delle disponibilità liquide avvenute in un determinato esercizio e
fornisce informazioni per valutare la situazione finanziaria della società (compresa la liquidità e
solvibilità) nell’esercizio di riferimento e la sua evoluzione negli esercizi successivi.
L'obbligo del rendiconto finanziario si estende a tutte le società di maggiori dimensioni, ma è
prevista la possibilità di non predisporre il documento in esame per le società che redigono il
bilancio in forma abbreviata e per le microimprese.

Nel rendiconto finanziario i singoli flussi finanziari sono presentati distintamente in una delle
seguenti categorie:

a) attività operativa;
b) attività di investimento;
c) attività di finanziamento.

La forma di presentazione del rendiconto finanziario è di tipo scalare.


Per ogni flusso finanziario presentato nel rendiconto è indicato l’importo del flusso corrispondente
dell’esercizio precedente. Se i flussi non sono comparabili, quelli relativi all’esercizio precedente
sono adattati; la non comparabilità e l’adattamento, o l’impossibilità di questo, sono segnalati e
commentati in calce al rendiconto finanziario.
Nel rendiconto finanziario sono indicati l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide,
all’inizio e alla fine dell’esercizio.

Articolo 2427 cc – Contenuto della nota integrativa


La funzione della nota integrativa è quella di fornire informazioni integrative, esplicative e
complementari rispetto allo stato patrimoniale e al conto economico che per loro natura sono
sintetici e quantitativi.
La nota integrativa è un documento che illustra e specifica le voci dello stato patrimoniale e del
conto economico, fornendo una serie di informazioni integrative utili a verificare l'andamento della
società anche sotto altri profili. La nota integrativa espone informazioni di natura patrimoniale,
finanziaria ed economica. Le indicazioni della norma sono obbligatorie anche per le società
ammesse alla redazione del bilancio in forma abbreviata. Nella nota integrativa devono essere
indicate la misura e le motivazioni delle riduzioni di valore applicate alle immobilizzazioni
immateriali di durata indeterminata, facendo a tal fine esplicito riferimento al loro concorso alla
futura produzione di risultati economici, alla loro prevedibile durata utile e, per quanto
determinabile, al loro valore di mercato, segnalando altresì le differenze rispetto a quelle operate
negli esercizi precedenti ed evidenziando la loro influenza sui risultati economici dell'esercizio e
sugli indicatori di redditività di cui sia stata data comunicazione.

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