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Il romanzo inizia l'8 giugno del 1294, il giorno di un triste anniversario, la morte di
Beatrice, avvenuta quattro anni prima. Quell'anniversario nel presente farà viaggiare
la mente di Alighieri al passato e lo farà cambiare per sempre, nella vita come nella
poesia. Ripensa a quella morte, al suo funerale e alla prima visione angelica che ebbe
di lei, "la dama dagli occhi smeraldi", "la signora triste che calamitava l'attenzione
dei presenti e li rendeva più gentili, più rispettosi, più affabili". Una donna che non
era una bellezza, ma aveva un sorriso fresco, spontaneo, appena velato di tristezza.
Una donna che non brillava affatto in società, ma "la sua straordinarietà consisteva
nel donare gioia, serenità, speranza e pace". La rivede morta, ma lei era un'anima
buona e "la morte è molto più della fine della sofferenza, è l'inizio della beatitudine".
Aveva un corpo minuto, rivestito di un abito rosso, le mani incrociate sul petto e la
faccia coperta da un velo di seta bianca. "Dall'orlo della veste spuntavano due piedini
avvolti da calze nere. Restò a fissarli ipnotizzato", dirà. Ripensa all'amore che ci
sarebbe potuto essere tra loro se le cose fossero andate diversamente, un amore fatto
di gesti e di frasi non dette, un amore che comunque, in quanto tale, " annebbia il
cervello, ti sfibra l'anima", "perché l'amore vero è sofferenza".
Dalla morte ha inizio così una nuova vita per lui, un nuovo e rinnovato amore per
Bice attraverso la poesia che "ci vede anche nel buio" e che è perfetta per quell'anima
buona. Con la poesia ripara a quel dolore e in essa ritroverà la consapevolezza di cui
ha bisogno, sentendosi meno frustrato. Scrive la Vita Nova, ovvero la vita rinnovata
dal vero amore, "il racconto dell'immenso privilegio che Dio gli ha concesso",
un'opera che gli servirà da apri porta per la successiva Commedia, "l'unica roccaforte
solida e potente in un mondo che andava in pezzi" e in cui Beatrice beata sarà al
centro del tutto.