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con la startup
La startup pensa di tutelare l’idea richiedendo a investitori e partner un
NDA. Ecco come funziona e perché nessuno vuole firmare un patto di
riservatezza
NDA significa letteralmente Non-Disclosure Agreement, in italiano è l’Accordo di
Riservatezza. Si tratta di un atto tra privati con il quale una parte garantisce all’altra di non
rivelare a nessuno determinate informazioni confidenziali che lo riguardano e di cui sia giunto
a conoscenza, in qualsiasi forma, sulla base di una relazione professionale, di un progetto, di
uno ‘scopo’ specifico tra le parti coinvolte. Si tratta di un tipo di accordo molto ‘citato’ nel
mondo startup, considerato da molti il sistema per ‘tutelare le idee’ , quando si va dagli
investitori, si sta trattando con un partner industriale o commerciale. Nella pratica è poco
utilizzato in ambito startup, infatti raramente un investitore acconsente a firmare un
NDA. Vedremo perché, ma prima a vantaggio anche di aziende che sono oltre lo stato di
startup, illustriamo meglio la teoria sull’argomento: in cosa consiste l’NDA o accordo di
riservatezza, le caratteristiche, le occasioni d’uso, quali informazioni protegge, a chi è utile, le
conseguenze per chi lo viola, la normativa di riferimento e qualche esempio.
Le occasioni in cui può essere utile sono di business (ad esempio quando ci conducono
trattative); nelle attività di fundraising ( ad esempio si incontrano investitori); quando si
chiedono consulenze o altri generi di servizi (ad esempio bancari) per i quali è
indispensabile fornire determinate informazioni; quando si lavora a progetti R&D insieme
ad altre società.
L’NDA è, in italiano, chiamato in diversi modi: accordo di non divulgazione, accordo o patto di
riservatezza, accordo di confidenzialità o accordo di segretezza.
Indice degli argomenti
In alcuni casi, lo scambio di informazioni confidenziali è unilaterale, cioè è solo una parte (parte
rivelante) che le condivide, e in tal caso è solo l’altra parte (parte ricevente) che si impegna a
mantenere segrete tali informazioni.
Questa prima differenziazione comporta che il contratto cambierà da un punto di vista formale
proprio per essere chiaro e vincolante per una o più parti (possono essere più di due).
Gli altri elementi che deve contenere l’atto sono un po’ quelle classiche di un contratto:
indicazione delle parti, lo scopo, la durata, le clausole, eventuali eccezioni, penali in caso di non
osservanza, foro competente e la forma scritta.
Bisognerebbe cercare di identificare con specificità e certezza nel contratto quali sono le
informazioni riservate alle quali ci si riferisce, evitando formule generiche che possono portare
a quella indeterminatezza che può trasformarsi in scappatoia quando le cose si mettono male,
cioè l’accordo viene violato.
“Per una corretta individuazione delle conoscenze che si ha interesse a mantenere segrete, vi
sono alcune possibilità: a) in primo luogo è possibile, seppure gravoso, elencarle in maniera
analitica e dettagliata; b) in secondo luogo, specialmente se lo scambio di informazioni si
esaurisce all’atto della sottoscrizione dell’accordo di riservatezza, è possibile rimandarne
l’esatta individuazione agli allegati tecnici dell’accordo stesso; c) una terza alternativa è quella
di prevedere che le informazioni confidenziali vengano individuate, sia in fase iniziale che nel
corso del rapporto, mediante apposite diciture apposte materialmente sui documenti, sul
materiale di supporto ovvero nella comunicazione di trasmissione degli stessi; d) un’ultima
opzione è quella di prevedere categorie di conoscenze che costituiscono informazioni riservate,
con il rischio tuttavia di ricadere in previsioni generiche”.
Tuttavia, non è sempre possibile definire in concreto tali informazioni, in particolare durante i
progetti di R&S e altre partnership a lungo termine. A questo punto è pertanto particolarmente
importante considerare qualsiasi requisito per la registrazione delle informazioni, sottolinea
lo European IPR Helpdesk.
Si
No
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L’NDA può essere stipulato sia da persone fisiche che persone giuridiche. In quest’ultimo caso
sarà il rappresentante legale a firmare materialmente l’accordo e a essere responsabile anche
a livello personale, secondo le regole della rappresentanza legale. Egli sarà sempre
responsabile di garantire che i propri dipendenti o consulenti esterni che entrano a
conoscenza delle informazioni riservate siano a loro volta legati da accordi di riservatezza
analoghi al principale.
Durata
La durata del contratto è sempre stabilita dalle parti. Nel caso dell’NDA tutto dipende dallo
scopo per il quale si condividono le informazioni, nonché dalla natura delle informazioni
confidenziali. Una durata congrua è generalmente di 3-5 anni, ma si può scegliere anche
una durata indeterminata quando si condividono informazioni come ad esempio know-how
non brevettabile, liste di clienti o informazioni personali. Tuttavia è anche utile stabilire che
l’obbligo di segretezza si protragga per un certo periodo oltre la scadenza del contratto stesso.
Lo scopo consentito
Lo scopo è il motivo per cui le parti stanno scambiando informazioni ed è importante precisarlo
perché rappresenta il perimetro entro il quale le informazioni possono essere usate. Se si deve
incontrare un investitore, per esempio, lo scopo è proprio questo ‘verificare la possibilità di
ottenere un finanziamento’; se si sta discutendo una partnership lo scopo sarà ‘valutare le
informazioni per la realizzazione di una collaborazione’; se si è dipendenti o collaboratori e si
sta lavorando su un progetto confidenziale lo scopo sarà quello di tutelare la privacy
dell’azienda e dei suoi progetti.
Gli avvocati di Lexdo.it, che ha online un percorso a domande per creare il patto di
riservatezza, offrono queste indicazioni:
Nella stipula di un contratto di riservatezza è fondamentale indicare lo scopo esatto per il quale le
informazioni confidenziali vengono condivise tra le parti. Infatti, è necessario tenere conto di alcuni
aspetti fondamentali:
1. Chi riceve le informazioni confidenziali le potrà usare solo per lo scopo indicato
nell’accordo. Qualsiasi uso diverso sarà proibito a meno di autorizzazione scritta.
Esempio: se lo scopo dell’accordo è quello di permettere a degli ingegneri di “eseguire delle
verifiche tecniche su un nuovo impianto”, qualsiasi informazione scambiata (es. schemi del
nuovo macchinario) potrà essere usata solo per questo fine e se gli ingegneri dovessero
utilizzare gli schemi riservati per progettare in futuro un loro macchinario, violerebbero il
patto di riservatezza.
2. Lo scopo dovrà essere specifico, ma sufficientemente ampio in modo da coprire
interamente il rapporto tra le parti.
Esempio: se inserisco come scopo dell’accordo “collaborare ad un progetto”, l’accordo
potrebbe essere utilizzato in molteplici situazioni diverse senza alcuna limitazione. Per
questa ragione è sempre meglio inserire uno scopo più preciso come: “collaborare al
progetto GAMMA per la realizzazione della campagna di lancio del prodotto X”.
3. Lo scopo può essere ampliato – ma non limitato – successivamente con un nuovo
accordo.
Esempio: se sto iniziando a lavorare con un nuovo collaboratore, è meglio firmare un primo
accordo di riservatezza con scopo limitato a quanto strettamente necessario per l’esecuzione
delle prime fasi del progetto; e successivamente, se occorre, estendere lo scopo dell’accordo
in modo che copra sempre più aspetti man mano che la collaborazione si consolida.
Tipo 2
Normative
NDA e segreti commerciali e industriali: nuove regole
Direttiva europea
Decreto Legislativo 11 maggio 2018, n. 63 – emanato in attuazione della direttiva (UE)
2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione
del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro
l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti (tutela extracontrattuale)
“Solitamente la firma di un NDA può essere richiesta da parte delle startup quando devono
condividere informazioni sensibili sulla tecnologia o sul business model con potenziali
investitori oppure con potenziali partner industriali o commerciali. – dice Francesco Inguscio –
Lo startupper lo chiede, ma la controparte professionale non lo firma e in più lo marchia come
‘non professionale’, dilettantesco, naif e anche arrogante”.
E se mi rubano l’idea…
“Qual è solitamente il timore dello startupparo? – continua Inguscio – Che l’investitore, o il
potenziale partner, gli rubi l’idea. Ma ciò è assolutamente infondato. La sua paura per
eccellenza è che magari quell’investitore stia già parlando con un suo competitor e passandogli
informazioni, tali informazioni arrivino dritte al concorrente. Ma qui il tema vero è che uno
startupper prima di presentarsi da un investitore deve fare i compiti a casa e informarsi. Se non
è capace di far questo … Basta andare sul sito dell’investitore e vedere il suo portfolio, o
chiedere nell’ambiente; non è onere dell’investitore porsi questo genere di problemi. Inoltre,
anche l’investitore non ha la sfera di cristallo per indovinare cosa fa lui: finché non gli si danno
informazioni non è in grado di rendersi conto se quanto gli si propone è in competizione con
una startup che ha già in portfolio o che sta guardando, e pertanto non può nemmeno dare un
riscontro in tal senso”.
“Gli startupper spesso hanno difficoltà a cogliere alcuni concetti, il primo è che gli investitori
non rubano idee e vogliono fare proprio gli investitori, non gli imprenditori. L’altro è che un
investitore vede migliaia di progetti all’anno e tra questi tanti sono simili, la differenza la
fanno le persone. Quella che uno startupper crede sia l’idea del secolo, generalmente l’hanno
già avuta almeno 3-4 persone, è già stata fatta; e le informazioni girano, chi per mestiere
investe sa dove andare a cercare le informazioni, per cui probabilmente il progetto che riceve
da uno startupper è qualcosa che non è assolutamente nuova per lui. Siccome da un punto
di vista legale l’NDA richiede anche che le informazioni confidenziali siano qualcosa di ‘non
noto’, questo rende già l’individuazione delle informazioni da tutelare difficile. Ma soprattutto,
l’investitore non vuole perdere tempo e non vuole correre il rischio di essere perseguito
legalmente o di dover pagare una penale sulla presunta violazione del patto di segretezza, solo
perché ha investito in un’altra startup molto simile alla firmataria dell’NDA”.
“Il blind profile è come la home page di un sito: tu mi devi far capire di che cosa si tratta senza
farmi capire la ricetta segreta, ‘the secret sauce’, senza andare nei dettagli; per andare nei
dettagli, eventualmente, devi cliccare su ‘scopri di più’, cioè si rimanda a una fase ulteriore. Per
la startup questa fase ulteriore significa essere già in una fase avanzata di due diligence, a
questo punto si può firmare un NDA, ma in una fase veramente avanzata”.
“I meccanismi dell’ecosistema lato finanza sono basati sulla condivisione delle informazioni,
che serve per coagulare l’interesse, il consenso e i soldi degli investitori su un progetto; e in un
contesto di pochi player con pochi soldi come quello italiano bisogna fare sistema, far decollare
le startup rimuovendo tutti i vincoli di circolazione delle idee come può essere un NDA. Che
comunque in Italia non funzionano, i professionisti non li firmano e se lo firmassero dovrebbe
essere un campanello di allarme per l’imprenditore, perché un investitore che lo firma si auto-
squalifica, anche lui si dimostra un dilettante allo sbaraglio”.
In conclusione
Dimostrare professionalità e prepararsi per l’incontro con un investitore.