Sei sulla pagina 1di 11
Tet prrmamno, LASO E LE “HARMONIAI”. PITAGORA Allinizio del vt secolo 2.C. il ditirambo, il canto cultuale di Dioniso, subi a Corinto una profonda trasformazione nella strut: tura e nel modo di esecuzione per opera di Arione. La sua attivita si svolse in un ambiente e in un periodo particolarmente propizi al genere ditirambico peril favore che i tiranni riservarono al culto di Dioniso, divinita onorata da tutto il popolo, in opposizione ai culti gentilizi di altri déi ed eroi (cfr. G. A. Privitera, Dioniso in Omero e nella poesia greca arcaica, pp. 36-42). La natura dell attivita di Arione & precisata da due testimonianze di Erodoto (I, 23) ¢ del lessico Su(i)da (s.v.), secondo le quali egli compose, denomind e insegnd al coro il ditirambo: secondo la Suilda, egli fu anche l'inventore del genere tragico e introdusse satiri che parlavano in versi. Compi dunque per le melodie dioni- slache la stessa opera di individuazione (adiede il nome») che il suo conterraneo Terpandro e i musici del vit secolo avevano com- iuto per riomoi. Nel ditirambo arioneo confluirono certamente clementi satirici degli antichi canti di feconditd insieme con motivi axientali, soprattutto di origine frigia, che erano gia conosciuti in ‘tutta I'area ellenica come arie di accompagnamento dei riti dioni- siaci. Gli antichi attribuivano ad Arione anche la trasformazione del coro ditirambico da quadrato in ciclico: ne accenna Proclo (Cbrest. 43) che fa risalie la notizia ad Aristotele. Se la nostra inter- pretazione del passo di Proclo & cozretta, nel ditirambo di Arione i coreuti non eseguivano pitt Ia loro danza spostandosi secondo una ea retta, con gli stessi movimenti che caratterizzavano le danze j_ma disposti attorno all’altare del dio compivano le poi nelfaliro, ripetendo lo stesso schema ritmico (antistrofe), ¢ infin limitando il loro spostamento in un’area ristretta (epods). Leforme triadiche della performance orchestica, che Stesicoro aveva ripreso certamente dai pitt antichi citarodi, sarcbbero state rece- pite anche da Arione ¢ adattate alle esigenze della nuova danza dionisiaca, nella quale la componente spettacolare veniva accen- tuata dall'esecuzione in uno spazio circolare intorno al quae si dispo- neva il pubblico: @ significativo che proprio dal ditirambo di Arione le testimonianze degli antichi fanno derivare l'origine del genere tragico. Ma Iattivita dei compositori si rivolse con particolare atten- zione al genere ditirambico soprattutto dopo la met’ del vr secolo, ‘quando Pisistrato istitui ad Atene la festa delle Dionisie Urbane, della quale i concorsi diticambici, tragici e comici costituivano il ‘momento pit rilevante. Il clima di contesa agonistica che si instaurd ta gli autori partecipanti al concorso dovette favorire l'attenua- ione del carattere rituale-ripetitivo del canto ditirambico, deter- ‘minando M'inizio di un processo di laicizzazione che si sarebbe accen- ‘tuato nella seconda meta del v secolo per opera di compositori come ‘Melanippide, Cinesia, Timoteo: gli argomenti dei testi poetici non riguardarono pit esclusivamente i miti dionisiaci, ma anche epi- ‘sodi della vita di altri déi ed eroi; per il ritmo e la melodia, come sivedri, i compositori non sentirono pitt 'obbligo di ripetere pe- dissequamente gli schemi ¢ le arie tradizionali, ma introdussero 106 IL DRAMMA ATTICO DEL V SECOLO Sulla musica dei pit antichi poeti tragici e comici abbiamo noti- zie generiche: Frinico, vincitore nel concorso tragico del 510 a.C. e che rappresentd le Fenicie nel 476 a.C., ® ricordato come com- positore di canti doleissimi (Aristoph., Av., v. 750; Vesp., vv. 218 sgg.) mutuati probabilmente dalla tradizione ionica e dalle melo- die rituali della Frigia (Aristoph., Av., vv. 746 sag.). Pit specifica tu notizia che Frinico ed. Eschilo non us: (Ps, Plut., De mus. 20): essi evidentemes Al diatonico ¢ all’enarmonico della tradizione dorica ¢ frigia. 25 a.C., coetaneo di Pindaro, fu attivo fino 458 ad Atene; si trasferl poi in Sicilia, dove mori nel 456. Le forme musicali delle sue tragedie non si discostarono dalla tradi- lone pilrantica del ee “Aristofane nelle Rane pone a confronto MWmodo df Far musica di Eschilo con quello di Euripide’ nella disput” tra i due poeti, Eschilo & accusato di comporre sempre le stesse ao 1250) el bdo net Tusa nongiono del nel. sane ong il genos cromatico ang cuto (Sept, v. 954), alF Orthios (Ag, 1133), Tu In un paso es: Per dani (v. 958) Vallusione ai «las ni». diguarderebbs, secondo uno scolio (Schol. Aesch., Pers. v. 917), enche Jo stru- mento di accompagnamento, a lica, dall'intonazione alta e dal Sono tutti accenni ad un tipo dei Cant ali: una music als fae del v secolo, nono- tante la ¢ la nobilta del carattere, pateva apparite ormai untiquata, di Sofocle (496-405 a.C.) Riguardo al carattere delle melodi ulcuni elementi farebbers pensare ct pito lei vazioni Titi ali alle quali si & accennato a proposito li Lasoe : alludiamo in particolare allimpiego di metri di ritmi pid variati rispetto ai canti di Eschilo, alla presenza fille sue tragedié ai forthe coral Some I BypdrcBeraa ii TSebol. Soph., Ai, ¥. O53), alla Fes e propre atie solistiche, ¢ det duerti, infine— ull'uso di melodie frigie e ditirambiche c i quelle doriche’ sreuti da dodici a quindic uttribuito (Vita Soph. 4; SuGida, s.v. Sophocles) dovette in una 36 La musica enna certa misura comportare una ricerca di nuovi effetti di timbro di volume nell’esecuzione dei canti lirici. Gli antichi ammiravano Tadoleezza delle sue melodie (cfr. Scbol. Aristoph., Pac., v. 531). Pid complesso il discorso sulle forme musicali di Euripide (4827-406 a.C.): nelle diciassette tragedie e nell'unico dramma sati- resco che ci sono pervenuti, appartenenti tutti al periodo della sua maturita (I'Aicesti, la pit antica, fu rappresentata nel 438, IIfi- renia in Aulide dopo la sua morte), possiamo seguire i momenti della sua evoluzione nel modo di concepire la funzione dramma- tica della musica, che perde via via il suo carattere tradizionale di supporto melodico del tesio verbale per divenire elemento di connotazione espressiva di situazioni drammatiche, di emozioni ¢ stati danimo sdprattatto nei canti astrofici degli attori, liberi dal vincolo della responsione strofica propria del canto corale. Le monodie, rare e poco estese nelle tragedie del primo periodo, diven- gono sempre piil frequenti e assumono maggiore ampiezza confi- gurando la tragedia come un vero e proprio melodramma con arie e duetti. ‘Una maniera di far teatro che non trovd stbito il consenso del pubblico e della critica: lo straripare della musica dal canto corale al canto a solo dei personaggi trove in Aristofane un giudice severo ¢ ostinato. Nelle Rane il poeta comico mette in bocca ad Eschilo accuse violente non prive di una mordace ironia quando gli fa dire che le arie euripidee avrebbero imitato «le canzoni delle puttanelle, i canti conviviali di Meleto [mediocre poeta, pid noto come accu- satore di Socrate], le atie per auléi di Caria, i threnoie le musiche di danza» (Ran., vv. 1300 sgg.): Euripide sarebbe stato insomma un ameno «collezionista di monodie cretesi» (Ran., v. 849). Una crtitica polemica ed ostile che non gli perdonava l'audacia di aver riempito i suoi drammi di arie popolari, lamentevoli, esotiche, che avevano il solo scopo di coinvolgere emozionalmente il pubblico: Ja sua musica avrebbe dissacrato il carattere solenne e severo delle antiche armonie. Questa critica eccessiva e parziale sara pit tardi smentita dagli esiti musicali del teatro ellenistico e dalla popola- rit di cui godette la tragedia euripidea a partire dal 1v secolo a.C. ILI Nuovo DITIRAMBO E LA RIFORMA MUSICALE DI TIMOTEO Nelle sue ultime tragedie, Euripide aveva accolto le innoyazioni smusicali degli autori di ilenbie i nonot citarodici, di Mela- uippide, Cresso, Frinide, Cinesia, Filosseno e soprattutto di {co di Mileto. La spinta all'ulteriore rinnovamento del genere diti- rumbico, come s{@ gi accennate in precedetiza a proposito di Laso « dei suoi contemporariei, era stata determinata con ogni probabi- lta dao spiito di competizione agonistica che animava i concor- enti delle Grandi Dionisi i delle composizioni pre- nentate ogni anno erano sempre pit stimolati a cercare nuove vie canto, rompendo gli schemi delle forme tradizionali. Verso Ia meta del v secolo Melanippide compose ditirambi senza respon- sione strofica (Aristot., Roet. IIL, 1409b, 26 sgg.); Cresso vi inser) anche il dialogo a ivo accompagnato dall aud, Ia parakatalogé di Ar la sua spinta innovatrice ee bito della musica solistica, usb nella stessa composizione pitt di una harmonia (Pherecr., fr. 155, 14 sg. Kassel-Austin); essendo un abile citarodo, rielabord il nomos ter- pandreo trasformandolo in aria virtuosistica, Cinesia, uno dei ber- sagli di Avistofane (Av., ww. 1377 sgg.; Lys., vv. 838 sgg.; Ran, wv. 153; 1437; Eccl., v. 330), snaturd l’essenza stessa del ditirambo introducendovi elementi esornativi del tutto fuori genere (Pherecr., fr. 155, 8 sgg. Kassel-Austin); anche Filosseno contribui a variare la natura del canto ditirambico, mescolando harmoniai e ritmi di genere diverso (Dion. Hal., De comp. verb. 19, 131) ¢ introducendo canti a solo nel coro ciclico (Ps. Plut., De mus. 30). ‘Ma il rappresentante piti famoso di questa rivoluzionaria scuola musicale fu Timoteo di Mileto (circa 450-360 a.C.), she portd fino in fondo il processo di rianovamento iniziato dai suoi predeces- sori. Fu compositore molto fecondo di ini, nomoi, ditirambi e prodinia strumentali; famoso citarodo ~ era stato allievo df Fri- nide -, portd sino ad undici il numero delle corde della cetra (Tim., Pers., vv. 241-243) per adeguarne le possibilita espressive alle esi- genze del suo virtuosismo e rinnove la struttura ritmica del nomos citarodico, intessendo elementi che erano propri del genere diti- rambico in uno schema che manteneva le sequenze dattiliche del- Vantica citarodia, per non rompere totalmente con la musica del » De mus, 28). Frid, che por’ a La musica oxen passato (Ps. Plut., De mus. 4). Di un nomos di Timoteo, i Persiani, che narra lo scontro tra Greci e barbari a Salamina, ci & conser- vvato un lungo frammento da un papiro di Berlino del 1 secolo a.C. (PMG fr. 791), uno dei pid antichi che noi possediamo, nel quale non vi é traccia di partitura musicale sebbene esso sia contempo- raneo 0 di poco posteriore alla composizione del nomos: un’ulte- riore conferma della tesi secondo la quale solo pit: tardi si affermd. uso di scrivere la musica sui testi poetici. Nell'ultima parte dei Persian, Timoteo, parlando di se stesso e della sua opera, afferma di aver dato una maggiore espressivita della cetra «con i metrie con i ritmi dagli undici suoni» (vv. 229-231) e di aver aperto «il forziere segreto delle Muse, dai molti inni» (vv. 232 sg.). Eviden- temente aumento del numero delle corde gli permise di eseguire in uno stesso canto melodie del genere diatonico, enarmonico cromatico (cfr. G. Comotti, L'endecacordo di Ione di Chio, «Qua- derni Urbinati», n, 13, 1972, pp. 54-61). Significativa nel passo citato la distinzione tra «metri» e «xitmi»: @ una testimonianza del nuovo rapporto che si instautra fra le strut- ture del testo poetico ¢ le misure del tempo musicale. In prece- denza il ritmo dell’esecuzione era determinato dall’alternarsi delle sillabe lunghe ¢ brevi ne! testo verbale, il cui metro si imponeva come base ritmica della performance (cfr. p. 15): 'andamento rit- ico era in tutto conforme allo schema metrico del testo. Il carat- tere mimetico della “nuova musica” richiede invece la pi ampia liberta nei ritmi oltre che nelle melodie, per evocare con efficacia la varieta delle situazioni descrtte nel testo: nei Persian, al turulto della battaglia e alla confusione della disfatta (vv. 1-97) fanno séguito i lamenti degli sconfitti (vv. 98-161), la disperazione di Serse (vv. 162-195) e la gioia dei vincitori (vv. 196-201), in un succe- dersi di scene ricche di tensione patetica ¢ drammatica. Anche I’originalita e la molteplicita degli schemi metrici, del lessico e delle strutture linguistiche testimoniano la ricerca di una espressivita mimetica. Accanto ai versi dattilici (tetrametro datt. catal. ¢ acatal,: Vu Ve wu @ Ve ewe = we) ‘pri del nomos tradizionale, i dimetri coriambici (~~~ ——vo— in tutta la gamma delle loro possibili variazioni e i metri giambi Gi, trocaici, cretici (-v-) puntualizzano i diversi momenti del rac- conto, mentre le forme normalizzate del dimetro (il gliconeo Xx “uw -w weil ferecrateo x x — +v =x) connotano la sezione Ti NUOVO BITIRAMBO ELA RIFORMA MUSICALE DITIMOTEO 39 ultima del carme, quella personale del “sigillo” (spbragés). L'uso fore, di parale campaste, la ricerca et llifierazionie armonie imitative) ¢ la cazatteriz~ ‘udione attraverso espressioni dialettali dei pexsonagei basbati.che purlano in prima persona rivelano lesigenza di adeguare mimeti ‘camente il linguaggio af diversi momenti dell'evento drammatico. Nel ditirambo Timoteo introdusse parti solistiche, passd da uun'barmoriia all alira'e da wn genos all’altro in continue metaboldi © modulazioni (Dion. Hal., De comp. verb. 19, 131); in un fram- inento (PMG fr. 796), il poeta afferma recisament cose vecchie, le mie nuove comiposizioni sono migliori: ora Zeus 2 i auove a volta lo era Crono; vada vi vali & netta;e radicale:” pubblico ateniese non accolse us nuovi modi di canto. Nef primo periodo della sus teo si trovd al centro di polemiche vi respublica gerenda, 23), delle quali possiamo avvertre gli echi anche nelle tirate antieuripidee di Aristofane (Euripide aveva sostenuto ¢ incoraggiato Timoteo all'inizio della sua carriera) ¢ in un fram- mento. dei, Chironi di Ferecrate (Ps. Plut., De mus. 30 =f. 155 Kassel:Austin), nel quale le melodie di Timoteo sono definite «for- micai (di note) fuori norma», con metafora analoga a qu tieti di formiche>) che Aristofane (Thesm., v. 100) usa pet le di Agatone, il tragico che al pari di Euripide condivideva pi innovator i ‘A distanza di qualche decennio, quando ormai la “nuova musi- ca” siera affermata, anche Platone fece sue le critiche e le accuse che i conservatori avevano mosso al poeta di Mileto. Nella Repub- blica (IIL, 397 spg.; X, 5952 sgg,), a proposito della funzione ctica dell’arte nel suo Stato ideale, egli prende in esame la poesia ¢ la musica, assumendo una posizione di netto rifiuto, nei con- fronti della “nuova musica” mimetica ed espressionistica che su- scita nell'vomo emozioni e passioni che ne turbano l'equilibrio razionale. La dizione di tipo narrativo & per Platone pit positiva sul piano ctico della dizione di tipo imitativo, nella quale i discorsi sono ripro- dotti in prima persona e Pautore tende ad imiedesimarsi nel pro- {agonista, dell’azione narrata Se alla dizione {narrativa) si danno armonia e ritmo convenienti, non succede forse, parlando rettamente, di usare suppergit il medesimo stile una unica harmonia (pexché piecole sono le variszioni) e cost anche un ritmo uniforme? ~ E cost, senz’altro, disse. ~ E il secondo aspetso [i tativo? Non esige il contrario, ossia ogni sorta di barmoniai edi ritmi, se lo si deve esprimere a sua volta in maniera appropriata?e cid perché comporta le pit diverse forme di variazioni? ~ E proprio cosl. ~ Ora, tutti poeti ein genere coloro che fanno qualche discorso, non finiscono per usare oI'uno o l'atzo di questi due tipi di dizione, oppure uno misto di essi? ~ Per forza, ammise. ~ E allora che faremo?, diss i; accoglie remo nel nostro Stato tutti tre quest tipi, oppure uno non misto 0 quello isto? ~ Se prevale la mia idea, rispose, sccoglieremo il tipo non mist basato sull'imitazione dell'vomo dabbene. (Pat., Resp. II, 397; trad di F. Sartori), Sul piano musicale si deve dunque respingere ogni forma di variazione o modulazione delle harmoniai e dei ritmi, caratteristica della musica imitativa che deve sempre conformarsi ai mutamenti di carattere delle situazioni rappresentate: se nel nostro Stato giungesse un uomo capace per la sua sapienza di assumere ogni forma e di fare ogni imitazione, e volese prodursi in pub- blico con i suoi poemi, noi lo riveriremmo come un essere sacro, meravi- slioso e incantevole; ma gi diremmo che nel nostro Stato non c'é e non 8 lecito che ci sia un simile vomo; ¢ lo manderemmo in un alero Stato con il eapo cosparso di profumi e incoronato di lana. (Plat., Resp. IT, 3989; trad. di F. Sartori Male nuove tendenze artistiche si erano ormai affermate: i com- positor, liberi dai vincoli del genere musicale, istituivano un nuovo rapporto tra testo poetico e melodia, con il predominio assoluto di quest’ultima. La partitura musicale divenne pitt complessa: la sua esecuzione non poté pit essere affidata a semplici dilettanti, ma richiedeva abilita e i virtuosismo vocale e strumentale del professionista; poiché i coreuti non avevano la stessa preparazione tecnica del vir- ‘oso, la funzione del coro fu ridotta anche nello spettacolo dram- matico. Questa nuova impostazione della performance musicale ® enun- ciata con molta chiarezza dall’autore dei Problem attribuiti ad Ari- stotele: Perché i nomoi non erano composti in forma strofica come gli altri canti corali? La ragione non sara che i nomoi erano eseguiti da solist, ¢, poiché questi erano capaci di mimesi ein grado di dilungarsi in essa, icanto ne risultava lungo e molteplice nelle sue forme? E perd al modo delle parole, anche le melodie seguivano la necessiti della mimesi variando di continuo. Ché l'imitazione doveva esser fata pit con le melodie che con le parole. Quindi anche i ditirambi, dacché son diventati mimetii, ‘non hanno pid antistrofe, mentre prima 'avevano. La ragione & che in antico solo i cittaini liberi formavano i cor, e perd era dificile che molti cantassero nel modo degli attori di professione, per cui i canti venivano eseguiti su un’unica scala, ‘pitt facile ad un solsta che ad un complesso eseguire molte variazioni, eal virtuoso pit che a chi mantiene "ethos. Pereid i loro canti erano pid semplici. E il canto antistrofico & semplice: obbedisce ad un numero fiso e viene misurato unitariamente, Per la stessa ragione le monodie degli attori sulla scena non sono anti- strofiche, ma tali sono quelle eseguite dal coro: giacché l’attore € un vir- tuoso e un imitatore mentre peril coro la mimesi é minore (Ps. Aristot., Probl. XIX, 15; trad, di G. Marenghi) Ed & significative che anche Aristofane, contemporaneo di ‘Vimoteo e avversario, come si é detto, della “nuova musica”, nel corso della sua carriera di autore teatrale ridusse sensibilmente il numero e Pampiezza delle parti affidate al coro ~ rinunciando nelle ultime commedie persino alla pandbasis - ¢ diede invece spazio ai canti lirici degli attori. ‘A differenza di Platone, che aveva espulso dalla sua citta ideale ogni forma di arte mimetica, Aristotele negli ultimi capitoli della _ Politica (VIII, 1339, 10 seg.) di una valutazione sostanzialmente positiva della musica del suo tempo. Egli afferma che l'educaz ne musicale deve procurare all'uomo un dignitoso godimento petiodi di riposo, oltre che favorire lo sviluppo di un carattere moral- mente irreprensibile e guidarlo alla sageczza. La musica deve dunque proporsi come scopo anche il conse- guimento del piacere, e ogni tipo di melodia, anche quella che Pla- tone non accoglieva nel suo Stato ideale, ottiene cos) un ricono. scimento della sua validiti: -bisogna dare all'atista la bert di scegliere una musica che si possa adattare anche a quest tipo di spettatore lo spettatore volgare, appar- tenente al ceto dei manoval e degli operail (Arstot., Pol. VIM, 1342a, 26 seg, tad. di C, A. Viano) Del resto, anche i canti che perturbano fortemente l'animo attra verso l'imitazione di passioni violente hanno un effetto benefico dilliberazione catartica: si deve insomma far uso di tutte le melo- die, ma con diversi fini. Per l'educazione etica dei giovani, le pitt adatte sono I’barmo- nia dorica ela lidia; la frigia, ammessa da Platone, sembra ad Ari- stoiele troppo entusiastica ed orgiastica. L’insegnamento musicale deve fornire i mezzi per giudicare con competenza sulla bellezza dei canti e per goderne rettamente: una forma di istruzione che prepari all'ascolto competente piuttosto che all’esecuzione diretta Anche qui Aristotele mostra di tenere conto della realt’ del suo tempo che aveva limitato in uno spazio molto ristretto il dilettan- tismo musicale. Tuttavia nei confronti del! ativiea professionistica cegli mantiene un atteggiamento di distacco 0 di rifiuto in quanto essa trasforma chi la pratica in «volgate manovale» (VIII, 1340b, 20 sgg.): una considerazione che pud in parte spiegare il disinte- esse dei teorici per la tecnica e la pratica delle composizioni ed esecuzioni musicali che in epoca ellenistica erano divenute appan- naggio esclusivo di professionisti. 12¢L’erA ELLENISTICA La “rivoluzione” iniziata dai ditirambografi del v secolo ¢ da Timoteo condizioné la cultura ¢ le istituzioni musicali dei Greci e dei Romani sino alla fine del mondo antico. Le forme tradizio- nali dello spettacolo musicale subirono sensibili modificazioni: nella commedia l'elemento musicale e orchestico fini quasi per scompa- rire, a parte qualche canto litico affidato agli attori, come nella ‘Theophoroumene di Menandro (p. 146 Sandbach); il coro intervene solo negli intermezzi tra un atto ¢ Paltro, con esecuzioni che non avevano alcun legame di contenuto con Pargomento della rappre- sentazione secondo una prassi gid instaurata da Agatone per la tra gedia (Aristot., Poet. 18, 1456a 30). ‘A pattire dal tv secolo si impose un nuovo tipo di spettacolo, un vero e proprio recital di un virtuoso (tragodés) che cantava € mimava con I"accompagnamento strumentale testi originali o, pitt spesso, ripresi dal repertorio drammatico del v secolo. Si trattava quasi sempre di copioni antologici che raccoglievano passi di una stessa tragedia o anche di tragedie diverse, dei quali ci sono stati conservati significativi esempi: il Pap. Leid. inv. 510 (meta del mt Leera anuenisrica secolo a.C.) contigne un’antologi Aulide di Euripide con Ta partivura musicale. Proprio in relazione «ll'sbbandono delle linee melodiche tradizionali nacque nel 1v-11 vecolo Vesigenza di scrivere la musica: ma 'uso della notazione, fo, non si ‘ai al di fu ta cerd ti alle diverse vuccasioni della eseguiti nelle peformances pubbliche: ci tiferiamo soprattutto ai due Inni Del. Nici, del it Secolo a.C- Tek. p. 3), composti in peoni ein crétici gostruiti secondo i moduli melodici dela musica mses trdizonae. I rapsodi, cantoit pro apesso aggregati alle compagni namento musicale testi origi Teritazione o alla deelamazione, Archiloco, Mimnermo, Focilide (Athen., Fave Ini icsonédosunentataatt ta Tattivith di poeti e musici che ottennero premi ¢ onorl in diverse citta greche per le loro esibi che (cfr. M. Guarducci, Poeti vaganti e conferenzieri delle elleni- stica, «Atti R. Acc. Naz. Lincein, Cl, se. mor., s. VI, vol. 2, 1927- 29, pp. 629-665). Dopo Timoteo, gli storici della musica greca e gli eruditi non ricordano pit nessun compositore famoso, ma so ic mentale: il public ori e degll strumentisti, consacrata dalla vitto- sicali che etano onganizzati an occasions di fete solenni. Dalle cit dell'area ellenica 0 Tespi, Orop 9, Teo, Chis. che avevano tentato di saccheggiare il santuario di Apollo, richia- mavano da tutto il mondo ero compagnie di vrtusi(ecorpore ion i ar nd godéi) coreuti, istruttori, rap- sodi (eft. G. M, Sifakis, Saidis in the History of Hellenistic Drama, p. 63 sgg.; B. Gentili, Lo spettacolo nel mondo antico cit., p. 13 s6g,). Queste compagnie, la cui composizione variava secondo le regolarmente dal 1 ene in poi in motte” *° “4 La musica cneca tanti del mondo ellenizzato: esse diffusero nell’eta ellenistico: romana la conoscenza dei testi drammatici della tradizione clas- sica, sia pure rielaborati ed adattati alla nuova prassi teatrale; fu soprattutto attraverso la loro attivita che anche |’Italia meridio- nale e la stessa Roma conobbero queste forme di spettacolo (cfr. B. Gentili, Lo spettacolo nel mondo antico cit., p. 4 sgg.) In epoca ellenistica fiorirono anche scuole che preparavano i giovani ad una specifica attivita musicale: un'iscrizione di Teo (CIG II 3088) ci fornisce indicazioni sulle discipline che erano impartite, dalla tecnica citaristica e citarodica alla ritmica, alla melica, alla recitazione comica e tragica; in questo modo si assicu- rava la continuita dell’educazione teatrale e musicale. Per le esigenze del nuovo modo di far teatro, che richiedeva per la parte musicale coloriture e timbri diversi secondo la natura dei testi presentati, si diffuse sempre di pit la pratica della synau- lia (Paccompagnamento di strumenti a fiato e a corda che suona- vvano assieme), della quale abbiamo gia trovato testimonianze in Pindaro (cfr. p. 31), e che portd in epoca imperiale alla cost zione di vere e proprie orchestre: Seneca (Ep. 84, 10), a proposito diuna esecuzione musicale, si dimostra impressionato dal numero dei coreuti («sono pid i cantori nei nostri concerti che gli spetta- tori nei teatri di una volta») e dei suonatori, che occupavano tutta Ja scena e perfino il sommo della cavea. Ma nonostante l'uso con- temporaneo di vari strumenti non si determind tuttavia quel feno- meno dell’armonia e della polifonia che & proprio della musica ‘moderna: non lo determind neppute l'invenzione da parte di Cte- sibio di Alessandria (am secolo a. C.) dell’organo idraulico (bydrau- 4s), uno strumento molto simile agli organi attuali nel quale il rifor- nimento di aria alle canne era assicurato da un meccanismo che utilizzava la pressione dell’ acqua,

Potrebbero piacerti anche