COMITATO SCIENTIFICO
a cura di
Isabella Droandi
Hanno contribuito alla realizzazione editoriale
Comune
di Arezzo
ISBN 978-88-7970-786-2
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In copertina:
Spinello, Apparizione di San Michele Arcangelo a Gregorio Magno (part.). Arezzo, San Francesco, cappella
Guasconi, parete destra (foto di Alberto Mario Droandi, 1967).
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INDICE
Premessa 7
del Presidente della Società Storica Aretina, Luca Berti
Premessa 9
del Sindaco del Comune di Arezzo, Alessandro Ghinelli
Premessa 11
del Conservatore della Casa Museo Ivan Bruschi di Arezzo, Gian Paolo Taddei
Introduzione 15
del curatore, Isabella Droandi
PARTE PRIMA
PARTE SECONDA
Bibliografia 181
Tavole 217
Giovanni Giura
* Ringrazio Isabella Droandi per l’invito che mi ha permesso di sviluppare queste riflessio-
ni a margine di altre ricerche che sto conducendo ormai da qualche anno sulla basilica di Santa
Croce. Imprescindibili come sempre sono stati gli spunti e i consigli che mi ha offerto Andrea
De Marchi. Mi è caro ricordare la pazienza con cui Miklós Boskovits revisionò il powerpoint
prima del convegno, dandomi suggerimenti preziosi, e la dolce attenzione con cui Maria Moni-
ca Donato lesse la prima versione di questo testo.
1
Vasari 1568, II, p. 286. Ho affrontato il tema della cappella Machiavelli in Giura 2011b:
questa si trovava nella sesta campata della navata sinistra, tra il muro posteriore del tramezzo e la
porta che conduceva in origine al cimitero a nord della chiesa (tutt’ora aperta), come confermato
dal sepoltuario del 1439 (Archivio di Stato di Firenze, Manoscritti, 619, sec. XV, cc 1r. e 15r). La
cappella fu fondata da Guido di Boninsegna Machiavelli, morto nel 1390; passò in eredità ai nipo-
ti e ai loro discendenti fino alla cessazione del patronato nel 1575 (Hall 1979, pp. 140-141). Pro-
babilmente faceva parte della decorazione della cappella, la lunetta con la Morte e l’Assunzione di
Maria, affrescata sulla parete sovrastante e da ricondurre a Lorenzo di Niccolò, collaboratore di
Spinello Aretino in più occasioni. Il polittico sull’altare della cappella, attribuito da Vasari a Spi-
nello, non può essere quello della chiesa di Santa Maria a Quinto presso Castello (Firenze), come
già puntualizzato da Stefan Weppelmann (Weppelmann 2011, pp. 222-223. A proposito di questa
monografia nel corso dell’intervento si farà sempre riferimento all’aggiornamento del 2011, senza
dimenticare che la quasi totalità delle idee espresse dallo studioso comparivano già nella prima
edizione del 2003). Né regge l’ipotesi – molto cauta in verità – di identificarlo con la Madonna col
Bambino tra i santi Giacomo e Filippo di Niccolò di Pietro Gerini, attualmente rimontata al centro
del polittico dell’altar maggiore della stessa Santa Croce, sia per il formato verticale, più tipico di
una pala da pilastro che di una pala d’altare, sia per la provenienza dalla Camera di Commercio,
dove erano confluite le pale delle Arti destinate appunto ai pilastri di Orsanmichele. Tuttavia un
polittico doveva pur esserci e questo fa sì che l’unica porzione di muratura disponibile per gli
affreschi con le Storie dei santi Jacopo e Filippo, titolari della cappella Machiavelli, e da Vasari
– 73 –
giovanni giura
dati anch’essi a Spinello, dovevano trovarsi sulla parete posteriore del tramezzo, esattamente nella
posizione in cui si trovava l’affresco di Domenico Veneziano con San Giovanni Battista e san
Francesco per la cappella Cavalcanti nella campata di fronte.
2
Fu Offner per primo ad avvicinare la Salita al Calvario a Spinello Aretino (Offner 1927,
p. 92); Berenson la credeva, insieme alla Crocifissione, opera di Spinello in collaborazione con
Lorenzo di Niccolò (Berenson 1932, p. 548). In seguito hanno rimarcato l’attribuzione a Spinello,
Bellosi (Bellosi 1965a, p. 42) e Boskovits (Boskovits 1975, p. 435), e da allora è unanimemente
condivisa. Sulla fortuna critica completa dell’affresco rimando a Weppelmann 2011, pp. 265-266.
3
Vojnovic 2007.
4
Lenza, in GIOVANNI DA MILANO 2008, pp. 298, doc. VII. La trascrizione del documento del
2 giugno 1366 è stata riproposta più correttamente da Zappasodi (Zappasodi 2010, p. 49).
5
Simbeni 2011, pp. 125-126.
6
Zappasodi 2010.
7
Sulla diffusione della Crocifissione come elemento cardine della decorazione delle sale
capitolari e in generale sull’apparato di immagini che caratterizza questo ambiente conventuale
tra Due e Trecento si veda almeno Boskovits 1990a.
– 74 –
spinello aretino e la sacrestia di santa croce
8
A questo proposito il santo coronato in secondo piano, dietro Francesco e Ludovico di
Tolosa, tradizionalmente identificato con Enrico II, dovrebbe essere invece Luigi IX di Francia,
patrono del Terzo Ordine di san Francesco e zio di Ludovico; il bordone da pellegrino rimanda
chiaramente al legame con le crociate di cui Luigi fu promotore.
9
Sul rapporto con la Casa Madre di Assisi e sull’esempio che Santa Croce costituì per la
fortunata serie delle sacrestie monumentali fiorentine si veda De Marchi 2010b.
10
Ivi, pp. 19-21 e Id. 2011 p. 15. Opere del Maestro di Figline in Santa Croce sono la Croce
monumentale per il tramezzo, l’affresco dell’Assunta sulla testata della cappella Tolosini, le
vetrate sopra la cappella Bardi, nonché molto verosimilmente la Maestà eponima oggi nella
collegiata di Figline Valdarno (a questo proposito cfr. prima Bellosi 2002, p. 155, e poi De
Marchi 2009, pp. 613-614).
11
È identificabile in base alla corona e a quanto rimane del cartiglio di cui si legge “FODE”,
da integrare secondo il verso del salmo 21/17: “Foderunt manus meas et pedes meos”, tipica-
mente riferito al momento della Crocifissione, così come i passi che compaiono nei cartigli dei
profeti in basso: PEDES MEOS SUB/VERTERUNT ET OPP[RE]SSERUNT (Giobbe 30/12);
ECCE AQUE REDU[N]DANTES A LATE[RE] DEXTRO (Ezechiele 47/2). Il cartiglio del pro-
feta in alto a sinistra è completamente perduto.
– 75 –
giovanni giura
12
Longhi 1952b, p. 23.
– 76 –
spinello aretino e la sacrestia di santa croce
13
Sulla precisazione dei tempi dell’intervento si veda Weppelmann 2011, pp. 185.
14
Ivi, p. 90, nota 140.
15
Ivi, p. 64. In verità quello di sinistra non mi sembra un Gerini tipico. Mi domando se
non possa essere distinta la mano di uno dei numerosi collaboratori presenti nella sua fiorente
bottega, magari Lorenzo di Niccolò ai suoi esordi.
– 77 –
giovanni giura
16
Cfr. Boskovits 1975, pp. 411, 438-439, e Weppelmann 2011, pp. 267-269.
17
Sull’opera si veda da ultimo Boskovits – Parenti 2010, pp. 163-169.
18
Weppelmann al contrario ipotizza che tutte le cornici possano essere state ridipinte al
momento dell’intervento di Spinello e Gerini (Weppelmann 2011, p. 90 nota 140).
– 78 –
spinello aretino e la sacrestia di santa croce
19
Bellosi 1966, p.78.
20
Brasioli, in IL PATRIMONIO ARTISTICO 2002, pp. 247-248.
21
Sulla stretta relazione tra l’affresco di Santa Maria Nuova e quello di Santa Croce cfr.
ancheTripps 2008, p. 13.
22
Sulla configurazione dell’armadio della sacrestia la cui spalliera includeva le formelle
con le Storie di Cristo e le Storie di san Francesco, mi permetto di rimandare a Giura, in L’ARTE
DI FRANCESCO 2015, pp. 284-295.
23
Weppelmann 2011, pp. 64, 90 nota 141, 266.
24
Si veda per tutti Leone de Castris 2003, pp. 300-310 e 362-362, e da ultimo Polzer
2010, passim.
– 79 –
giovanni giura
25
Cfr. da ultimo Fattorini 2010.
26
Cfr. Boskovits 1990b, pp. 16-21.
27
Il Calvario, oggi molto frammentario che la bottega dello stesso Pietro realizzò a Corto-
na (cfr. I. Droandi in IL PRIMATO DEI TOSCANI 2011, pp. 226-229), in anni più tardi e più vicini
a quello di Simone, e che presumibilmente era conosciuto da Spinello anche per la vicinanza
geografica ad Arezzo, non segue questa soluzione iconografica.
28
È interessante l’ipotesi di Weppelmann (Weppelmann 2011, p. 90 nota 141) che Spinello ab-
bia potuto vedere dei disegni dai quali attingere le idee simoniane del polittichetto Orsini, che, dato
il suo carattere di opera strettamente privata, difficilmente poteva essere conosciuto direttamente.
– 80 –
spinello aretino e la sacrestia di santa croce
(Bagno a Ripoli), realizzate nella prima metà degli anni Novanta 29, il volto
della Vergine presenta i tratti affilati e secchi che vanno quasi in direzione
del Gerini, a testimonianza di un legame stretto in termini di bottega e prassi
lavorativa che i due dovevano aver adottato sui ponteggi della sacrestia. Molto
interessante è la donna di profilo che compare sotto la Maddalena: al netto
di qualche ridipintura, emerge con forza un’attenzione ritrattistica perfetta-
mente nelle corde di un pittore come Spinello. Potrebbe essere a buon diritto
la raffigurazione della committente, eccezionalmente a grandezza naturale e
inserita nel gruppo delle pie donne; un episodio notevole di una committenza
discreta, mimetizzata, ma allo stesso tempo elevata a livello dei personaggi
del racconto sacro.
Purtroppo le ricerche documentarie non hanno per ora portato novità sulle
personalità coinvolte nelle varie imprese trecentesche della sacrestia: tradizio-
nalmente questo ambiente è ricordato come di patronato Peruzzi, ma mancano i
documenti che ne attestino la fondazione e i lasciti per le campagne decorative.
I quattro stemmi angolari sono successivi agli affreschi tardo trecenteschi e solo
nel Cinquecento è ricordata una sepoltura della famiglia Peruzzi, per altro in
circostanze dubbie 30. Infine l’interesse per la sacrestia da parte di Tommaso
Spinelli, munifico benefattore di Santa Croce che fece realizzare il nuovo arma-
dio en pendant di quello con le formelle di Taddeo Gaddi, non rimonta a prima
degli anni quaranta del Quattrocento 31. Il sepoltuario 1439, che fornisce l’elen-
co dettagliato delle tombe e dei diritti di patronato della basilica e del convento,
non fa cenno a eventuali patroni della sacrestia, lasciando intendere che fosse
a disposizione esclusiva dei frati. L’assenza di certezze fa sì che i ragionamenti
sulla datazione siano da fare su base esclusivamente stilistico-formale. Nell’ulti-
mo decennio del Trecento sia Spinello sia Niccolò Gerini hanno ormai raggiun-
29
Ivi, pp. 229-230 (con ampia bibliografia precedente). Tra coloro che datano invece il ci-
clo dell’Antella alla fine del decennio precedente si segnala Tartuferi, in L’ORATORIO DI SANTA
CATERINA ALL’ANTELLA 2009, p. 93.
30
La notizia è tramandata dal Richa (Richa 1754, I, p. 62) che riporta un ricordo di Bartolo-
meo di Antonio Peruzzi del 1529, secondo il quale i suoi avi fecero fare questa fossa, posta sotto
il bancone al centro dell’aula, che fu usata per nascondere (senza successo) il tesoro del convento
al tempo dell’assedio di Carlo V. Già Margaret Haines avanzava perplessità a riguardo, dato che
sarebbe del tutto insolito sottrarre completamente alla vista una tomba gentilizia al centro di un
ambiente così importante all’interno del complesso conventuale (Haines 1983, p. 28 nota 21).
31
Sulla figura di Tommaso Spinelli e sui suoi rapporti di committenza con il convento di
Santa Croce si veda Jacks – Caferro 2001, pp. 162-163 (ed. it. 2013, pp. 175 e ss.), testo però
non esente da errori e imprecisioni, dove si dà per scontato il patronato Peruzzi sulla sacrestia
fin dal primo Trecento.
– 81 –
giovanni giura
32
Tartuferi 1983, p. 4.
33
Cfr. nota 1.
34
Questa figura appare oggi molto rovinata: lo scudo è opera di restauro, dato che in alcune
vecchie fotografie di Soprintendenza risulta quasi completamente inesistente.
35
Sul monastero dei Santi Maria e Zanobi a Fabroro cfr. soprattutto IL “PARADISO” 1985,
passim, e Goggioli 2014.
– 82 –
spinello aretino e la sacrestia di santa croce
tratta di una composizione della figura molto più banale di quella di Spinello,
di cui si perdono il trequarti sfuggente e la posa serpentinata, ma mi domando
se questo ritaglio da un’idea ben più complessa non possa costituire un riflesso
di quanto visto in Santa Croce durante il lavoro gomito a gomito con il pittore
aretino, e costituire pertanto un indizio in più per una datazione dell’intervento
in Santa Croce compresa tra 1392 e 1395.
La commissione per il completamento della parete meridionale della sacre-
stia potrebbe essere stata affidata in un primo momento al solo Gerini, forse gra-
zie alla collaudata esperienza per i Francescani di Pisa 36. La sua parte, in termini
quantitativi, è preponderante, e la zona alta – che come di consueto sarà stata
dipinta per prima – è tutta di sua mano, cornici comprese, il che fa credere che
Spinello sia intervenuto solo in corso d’opera, appoggiandosi alla bottega del
collega al momento in cui anche lui fece ritorno a Firenze da Pisa, dove da poco
aveva licenziato le Storie dei santi Efisio e Potito in Camposanto (1390-1391).
L’impressione generale è di essere di fronte ad una campagna decorativa
realizzata un po’ di corsa e priva di un programma iconografico alto e ben con-
gegnato. Assistiamo infatti ad alcune incongruenze iconografiche, come la ri-
petizione del profeta David alla sommità dell’Ascensione 37 (già presente nella
Crocifissione di Taddeo Gaddi), e a vistose corruzioni volgari nel latino delle
iscrizioni; il cartiglio retto da uno dei due angeli che appaiono agli apostoli è
addirittura completamente in volgare 38. Colpisce inoltre la presenza di solo
36
Si tratterebbe infatti della sua prima opera per Santa Croce: il Crocifisso della cappella
Castellani, datato 1380, proviene infatti dal monastero di San Salvi a Firenze (Chiodo 2005, p.
56 nota 39); sul pannello centrale dell’altar maggiore cfr. nota 1; il grande ciclo con Storie di
Cristo che si dispiegava lungo le prime campate della navata sinistra, di cui rimangono fram-
menti intorno al monumento di Galileo Galilei, può verosimilmente essere datato sullo scorcio
del secolo (Giura 2011b, p. 75).
37
Lo si identifica grazie ai due cartigli. Quello retto con la mano destra recita: VENITE FILII
AUDITE ME TIMO[REM] / DOMINI DECIBO (sic) VOS (David, salmo 33/12); l’altro: CIELI
ENAR[R]ANT GRORIAM (sic) / DEI ED OPERA MANUM EU… (sic) (David, salmo 18/2). Il
cartiglio del primo profeta da sinistra non conserva più alcuna traccia dell’iscrizione antica (la
pseudo-grafia che si intravede sembra frutto di un rifacimento probabilmente ottocentesco); il se-
condo riporta un brano del Vangelo di Giovanni (20/17): ASCENDO AD PATREM MEUM ET P]
ATREM VE[S]TRUM DEUM / MEUM ET DEUM VE[S]TRUM; i cartigli dei due profeti del tratto
destro del timpano sono molto frammentari. Niente rimane delle iscrizioni dei quattro profeti del
registro inferiore, ai lati della Salita al Calvario e della Resurrezione di Cristo.
38
Si legge: C]HE MIRATE UOMMINI … / CHOME CRISTO… È lo stesso versetto (Atti
degli Apostoli 1/11) che compare nell’Ascensione del capitolo di San Francesco a Pisa, dove
però Gerini aveva usato un ottimo latino, evidentemente sotto dettatura: V]IRI GALILEI QUI
STATIS A[S]PICIENTES IN C[AELUM] / HIC IESUS QUI ASSUMPTUS EST A VOB[IS] I[N]
CE[LUM. Maria Monica Donato, che ricordo con commozione, mi fece notare che l’espres-
– 83 –
giovanni giura
sei virtù, anziché delle tradizionali sette (manca la Giustizia), che sembrano
per di più disposte senza un particolare criterio. Questo stupisce maggiormen-
te se si considera che si tratta di un ambiente destinato – almeno in linea di
principio – esclusivamente ai frati, e se lo si confronta con la complessità ico-
nologica che investiva gli affreschi di Taddeo Gaddi sia sulla stessa parete, sia
nella testata del refettorio con il Lignum Vitae basato sul testo di Bonaventura.
Il risultato stravolge, come già notava Andrew Ladis 39, la vocazione iconica
e antinarrativa della Crocifissione gaddiana, tutta incentrata sul tema del sacri-
ficio – grazie alle formelle con il Pellicano, il Sacrificio di Isacco, le personifi-
cazioni di Ecclesia e Sinagoga – e sulla presentazione dei più importanti santi
francescani. Ora invece l’intento è principalmente narrativo e didascalico, in
linea con la tendenza di fine secolo a decorare le sale capitolari e le sacrestie dei
conventi mendicanti in tutta la Toscana con grandi cicli pittorici dall’iconografia
semplice e chiara, da Pisa a Pistoia a Prato 40. Del resto la tendenza ad affiancare
alla Crocifissione altre scene narrative, sia cristologiche sia legate alla vita dei
santi, era già ampiamente diffusa nel Trecento: basti pensare al Capitolo di San
Francesco a Siena affrescato da Pietro e Ambrogio Lorenzetti, o al Cappellone
di San Nicola a Tolentino di Pietro da Rimini, solo per fare due esempi celebri.
Nella sacrestia-capitolo dei Francescani fiorentini la scelta delle scene è
limitata e, a maggior ragione, assume rilevanza la Salita al Calvario (tema
in genere sviluppato più in contesto senese), da porre in relazione con l’in-
titolazione stessa del complesso alla Santa Croce, che in questa scena è pro-
tagonista simbolica e figurativa. Ricordo anche che nella predella dell’altar
maggiore di Ugolino di Nerio il Calvario – che, come giustamente puntualizza
Weppelmann, non costituisce modello iconografico per Spinello 41 – occupava
il posto centrale, direttamente sotto la Madonna col Bambino, a testimonianza
di una rilevanza cruciale della scena nel contesto della basilica.
sione “Voi che mirate” è la tipica esortazione trecentesca rivolta allo spettatore, che lo invita a
fermarsi e a riflettere sul significato delle storie sacre dipinte alle pareti, come ad esempio nel
celebre Trionfo della Morte del Camposanto di Pisa di Buffalmacco “Tu che mi guardi et sì fiso
mi miri” (a questo proposito cfr. Donato 2006, pp. 16-19).
39
Ladis 1982, pp. 76-78.
40
Boskovits 1990a, p. 133. È da sottolineare come queste nuove istanze trovino in Niccolò
di Pietro Gerini, autore degli affreschi pisani e pratesi (in larga parte), ma anche degli affreschi nel
capitolo di Santa Felicita e della chiesa del monastero brigidino di Fabroro a Firenze, un interprete
perfetto che coniuga la semplificazione iconografica e dottrinale a quella stilistico-formale.
41
Weppelmann 2011, p. 90 nota 141. Un’attenta ricostruzione del polittico di Ugolino di
Nerio, posto sull’altar maggiore di Santa Croce fino all’intervento di Vasari che lo sostituì con
il suo monumentale ciborio ligneo, è fornita dallo stesso studioso, che evidenzia il ruolo della
scena con il Calvario al centro della predella (Weppelmann 2005, p. 35).
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– 210 –
INDICE DEI NOMI DI PERSONA
– 211 –
indice dei nomi di persona
39, 41, 43-44, 45, 47-51, 56, 59, 64, 70-71, 74, Casciu Stefano, 127
78, 91, 96, 97, 104, 123, 133, 149-150, 168, 177 Cassini Roberto, 20, 65
Bellotti Michele, 154-155 Castelnuovo Enrico, 50
Benedetto da Norcia, santo, 95, 122, 134, 154- Caterina d’Alessandria, santa, 19, 40, 55, 61, 64,
155, 175 72, 80, 86, 92-93, 121-122, 126-130, 132,
Benini Marzia, 20 147-148, 150, 167, 172
Bernardo Rossellino, 139 Cavalcanti, famiglia, 74
Berenson Bernard, 50, 74, 127, 158 Cavalcaselle Giovan Battista, 127, 156, 165
Berti Luca, 19 Cavallucci Antonio, 156
Bertola Roberto, 19 Cavazzini Laura, 50
Bertoldini, famiglia, 54, 58, 60, 67, 148 Cecco di Pietro, 97-98
Betto di Francesco, 141, 144-145 Cenni di Francesco, 102, 116, 168
Betto di Geri, 136 Certini Alessandro, 104
Bicci di Lorenzo, 157 Cezanne Giovanni Battista, 155
Bidini Elisabetta, 20 Chelazzi Dini Francesca, 51
Billi Antonio, 152 Chiara, santa, 67, 70. 90-92
Boggi Flavio, 94 Chiodo Sonia, 69
Bologna Ferdinando, 50 Christiansen Keith, 51
Bolsonello Zoja Elsa, 23 Ciardi Roberto Paolo, 164
Bombe Walter, 151 Cimabue, 37, 43, 152-153
Bonaiuti Andrea, 77, 79 Cinelli Giovanni, 153
Bonaventura da Bagnoregio, santo, 84, 116 Cini Simone, 123
Bonconti, famiglia, 88 Clark Jane, 90
Borghini Raffaello, 153 Cole Bruce, 55
Borea Evelina, 50 Collareta Marco, 17, 45-51
Borri Cristelli Luciana, 20, 64, 132 Colnaghi (Galleria, Londra), 57
Borromini Francesco, 49 Conti Alessandro, 50
Boskovits Miklós, 15-17, 19, 21, 27-44, 48, 54, Cooper Donal, 18, 99-120
64, 71, 73-74, 90, 98, 149, 158, 177-179 Cosimo, santo, 135-136
Bresciani Aristide, 18, 121-134, 168 Cristoforo, santo, 58, 67, 75, 147-148
Briganti Giuliano, 48, 50 Crowe Joseph, 156
Brigida, santa, 70, 90-94 Czortek Andrea, 99
Brizzi Oreste, 155 Dabell Frank, 20, 62
Browning Robert, 158 D’Agostino Antonella, 20
Brunelleschi Filippo, 41-43 Damiano, santo, 115
Brunetti Giulia, 150 Datini Francesco di Marco, 49
Buffalmacco (Buonamico di Martino, detto), 31- David, profeta, 75-76, 83
34, 55-56, 58, 63, 84, 97, 149, 151, 178 De Carlo Carlo, 39, 60
Caglioti Francesco, 50 De Giudici Giovan Francesco, 67, 154-155
Cagnoli Gerardo, beato, 18, 86-87, 90 De Rossi Giovanni Francesco, 154
Caleca Antonino, 49, 67 Del Testa, famiglia, 94
Calendi Giuseppe, 154 Del Testa Bartolomeo di Betto, 97
Cannon Joanna, 99 Del Vita Alessandro, 141, 156
Carbone Lauretta, 20 De Luca Silvia, 99
Carli Enzo, 94 De Marchi Andrea, 18, 20, 50, 64, 66, 73, 75, 99,
Casassi Gherardo, 89 104, 106, 113-114
– 212 –
indice dei nomi di persona
– 213 –
indice dei nomi di persona
– 214 –
indice dei nomi di persona
– 215 –
indice dei nomi di persona
– 216 –
TAVOLE
tavole
– 243 –
tavole
XXXVII. Taddeo Gaddi, Crocifissione; Spinello Aretino, Salita al Calvario; Niccolò di Pietro
Gerini, Resurrezione e Ascensione di Cristo. Firenze, Santa Croce, sacrestia.
– 244 –
tavole
– 245 –
tavole
XL. Niccolò di Pietro Gerini, Fede (part.). Firenze, Santa Croce, sacrestia.
– 246 –
tavole
– 247 –
tavole
XLII. Spinello Aretino, Salita al Calvario (part.). Firenze, Santa Croce, sacrestia.
– 248 –
tavole
– 249 –