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CAP. 1
LA DIMENSIONE D’IMPRESA
Risulta quindi chiaro che i soli elementi quantitativi non possono essere usati
per determinare le dimensioni dell’azienda, ma che ogni parametro preso
singolarmente può solamente fornire delle “indicazioni” che devono essere
attentamente vagliate congiuntamente ad altri parametri.
CAP. 2
LA CRESCITA DIMENSIONALE
3. Le strategie di crescita
Se l’impresa vuole intraprendere un percorso di crescita, essa deve anche
definire delle strategie di crescita, cioè delle strategie che possano
indirizzare la crescita dell’azienda stessa.
Esistono sia delle condizioni esogene (esterne) che delle condizioni endogene
(interne) che favoriscono l’affermazione di strategie di crescita:
- condizioni esogene: tra queste ritroviamo la tendenza alla crescita
dell’intero sistema economico o del settore di cui l’impresa fa parte; la
mancanza di una valida concorrenza che spinge quindi l’impresa ad
incrementare la propria quota di mercato; fenomeni contingenti come
l’approvazione di politiche economiche o politiche di sviluppo da parte del
governo;
- condizioni endogene: tra questa condizioni ritroviamo motivazioni
manageriali come l’atteggiamento dei manager favorevole all’espansione
per trarre maggiori benefici; motivazioni strutturali; motivazioni
economico-finanziarie come la disposizione di un patrimonio.
Da queste condizioni notiamo infatti quindi che l’azienda cresce o per sfruttare
opportunità offerte dal mercato o cercando di crearne delle nuove.
4. I confini dell’impresa
Altro aspetto di un’impresa difficile da definire è quello che riguarda i confini
dell’impresa stessa.
Tradizionalmente l’impresa viene vista come un’entità unitaria; accanto a
questa visione, si comprende anche che esistono delle forme di aggregazione,
che finiscono formalmente o di fatto per ampliare le dimensioni della singola
impresa.
Alcune forme di aggregazione possono essere ad esempio il gruppo di imprese,
i rapporti di subfornitura, franchising, consorzi, joint-venture.
Possono quindi sussistere tre diversi livelli di confini:
- di singola impresa;
- di gruppo;
- di aggregato.
Pertanto per evitare gli inconvenienti della crescita incontrollata occorre saper
sopportare le inevitabili tensioni connesse al processo stesso, mantenendo una
buona flessibilità operativa nonché consentendo alla struttura organizzativa
una efficiente e rapida comunicazione.
CAP. 3
ECONOMIE DI SCALA
Per economie di scala si intendono le riduzioni del costo unitario nella
produzione e nella vendita di un bene ottenute passando da un’entità
produttiva minore ad una di maggiori dimensioni.
Queste economie di scala possono presentarsi su diversi piani:
- piano tecnologico: sul piano tecnologico, le economie di scala sono
legate alla diminuzione dei costi di produzione conseguenti alla crescita
delle dimensioni degli impianti (anche se dopo un certo aumento della
produzione, le economie di scala iniziano a ridursi fino a scomparire, per
trasformarsi invece in diseconomie di scala); i macchinari che vengono
impiegati sono maggiormente produttivi e questo permette la
diminuzione dei costi fissi per unità di prodotto;
ECONOMIE DI TRANSAZIONE
Oltre a queste tre forme di economie che costituiscono di per sé delle forze
aggreganti, altre forze aggreganti sono:
- avversione alla pressione competitiva;
- orientamento al dominio;
- occasioni e orientamenti speculativi;
- relazioni di solidarietà (di gruppo familiare o sociale).
CAP. 4
1. INTEGRAZIONE ORIZZONTALE
L’integrazione orizzontale misura la numerosità e la disomogeneità delle
combinazioni economiche per prodotto e per mercato.
Con lo sviluppo orizzontale l’azienda tende ad aumentare le proprie dimensioni,
incrementando il suo peso nello specifico campo di attività in cui essa opera.
L’integrazione orizzontale si attua accorpando più unità producenti il medesimo
bene, o uno differenziato, aumentando quindi la presenza in termini
quantitativi su uno specifico mercato.
In questo modo l’impresa ha la possibilità di provocare una maggiore
concentrazione del mercato, arrivando anche a posizioni monopolistiche, in cui
l’impresa stessa è in grado di controllare produzione, prezzi e mercati.
2. INTEGRAZIONE VERTICALE
L’integrazione verticale riguarda la numerosità e la disomogeneità delle fasi
del processo di produzione economica svolte all’interno dell’azienda.
Con lo sviluppo verticale l’azienda può controllare processi produttivi o
distributivi posti “a monte” o “a valle” rispetto alla propria tradizionale attività:
- a monte o ascendente: avviene quando l’impresa si integra con
aziende che svolgono lavorazioni che nella filiera produttiva si collocano
in una posizione precedente rispetto a quelle svolte dall’azienda che si
sta integrando;
- a valle o discendente: avviene quando l’impresa si integra con aziende
che svolgono lavorazioni che nella filiera produttiva si collocano in una
posizione successiva rispetto a quelle svolte dall’azienda che si sta
integrando.
Per filiera tecnologico-produttiva si intende l’insieme di lavorazioni che devono
essere effettuate in “cascata” per passare dalla materia prima al prodotto
finito.
L’azienda che si espande “a monte” finirà con l’introdurre nel proprio ciclo
produttivo lavorazioni preliminari e intermedie rispetto al prodotto finale.
Con l’integrazione “a valle” l’azienda finirà per modificare il mercato di sbocco.
VA
Iv = -----
F
Altro indice che è stato individuato è stato il rapporto tra Valore del Magazzino
e Fatturato, ma anche questo ha degli inconvenienti.
Possiamo quindi concludere che non esiste un solo indice che possa
racchiudere l’intero concetto dell’integrazione verticale, senza la perdita di
informazioni.
5. LO SVILUPPO DIVERSIFICATO
Abbiamo finora esaminato la possibilità per l’impresa di espandersi nello stesso
settore di attività (sviluppo orizzontale) o in settori collegati (sviluppo o
8. L’espansione internazionale
d) caratteristiche peculiari.
L’impresa globale vede invece una centralizzazione delle attività, delle risorse
e delle responsabilità: le consociate estere si limitano alla sola funzione di
marketing (vendita, assistenza) assemblando i beni prodotti altrove oppure
svolgendo una funzione specifica decentrata per motivi strategici (si pensi alla
produzione di beni in un paese in via di sviluppo con un costo della ano d’opera
molto contenuto).
- produzione all’estero;
CAP. 5
LE MODALITA’ DI CRESCITA
CRESCITA INTERNA
La crescita interna è quella che si verifica quando un’impresa aumenta le
proprie dimensioni accrescendo gradualmente le proprie strutture produttive,
commerciali, amministrative, di ricerca, senza far ricorso ad alleanze o fusioni.
La crescita interna, rispetto a quella esterna, presenta dei vantaggi:
- scelta dell’investimento: quando si tratta di fare un investimento
(come l’acquisto di un macchinario, di un impianto, di uno stabilimento)
per favorire la crescita dell’azienda, la crescita interna presenta il
vantaggio di poter “calibrare” l’investimento, in base alle specifiche
esigenze dell’azienda e in conformità agli orientamenti strategici
dell’impresa. La possibilità che l’impresa ha è quindi quella di “modellare”
l’investimento in base a quelle che sono le sue specifiche esigenze: al
contrario invece della crescita esterna che implica spesso anche
l’acquisto di risorse che non interessano effettivamente;
- entità dell’investimento: questa considerazione risulta nettamente
legata a quella precedente; si dice infatti che la crescita esterna
presupponga spesso il dover rilevare delle aziende di dimensioni notevoli
rispetto a quelli che sono gli obiettivi dell’azienda che acquista. Nella
crescita interna invece si ha maggiore elasticità e non si ha il rischio di
inglobare anche funzioni alle quali non si è interessati;
- minimizzazione dei costi: la crescita interna presuppone anche dei
costi inferiori rispetto a quelli richiesti da quella esterna. I costi dei quali
si parla sono quelli legati all’integrazione, alla fusione,
all’intermediazione; al contrario questi costi devono essere sostenuti
dall’impresa che decide di operare una crescita esterna ! questi costi si
riferiscono anche ai “costi di mercato” che si riducono notevolmente in
caso di crescita interna: si fa riferimento ad esempio ai costi di ricerca
del fornitore, ai costi di negoziazione del contratto e così via;
- presenza di normative antitrust: il fenomeno della crescita aziendale
è sinonimo dell’aumento di potere di un’impresa sul mercato, tale da
poter portare a situazioni di oligopolio o di monopolio; interviene quindi
l’antitrust che cerca di impedire la formazione di oligopoli e monopoli per
garantire la naturale concorrenza del mercato. Si tende quindi a limitare
o impedire forme di concentrazione tipiche della crescita esterna, come
fusioni, acquisizioni o joint-venture. La crescita interna è invece l’unica
forma di crescita che è permessa alle imprese che perseguono strategie
di espansione finalizzate al dominio del mercato.
CRESCITA ESTERNA
La crescita esterna è quella che si verifica quando un’impresa aumenta le
proprie dimensioni facendo ricorso all’acquisto di imprese esterne, ad alleanze,
accordi, etc..
La crescita esterna, rispetto a quella interna, presenta dei vantaggi:
- tempi e ritorno dell’investimento: la decisione di accrescere le
proprie dimensioni presuppone dei tempi lunghi quando la crescita è
interna, in quanto l’azienda deve avere tempo di dare vita fisicamente
alle varie fasi operative del progetto e deve avere i tempi economici
giusti per vedere dei risultati del suo investimento. Il vantaggio della
crescita esterna è invece proprio quello di acquisire un’impresa già
funzionante con i seguenti vantaggi operativi rispetto alla situazione di
partenza ex-novo;
- incremento in termini di valore: la crescita esterna permette di
acquisire delle imprese sottovalutate, cioè imprese il cui prezzo di
cessione è inferiore al costo di sostituzione dei beni propri dell’azienda
stessa; con la crescita esterna si ha quindi un rilancio tecnico, finanziario
ed economico dell’azienda acquistata con crescita quindi del valore
dell’impresa stessa;
- situazioni di mercato: si fa riferimento alle situazioni in cui la crescita
esterna, e quindi l’incorporazione di aziende esterne, permette la
riduzione della concorrenza sul mercato, situazione vantaggiosa per le
imprese, anche se perseguita dall’antitrust;
- aspetti finanziari: la crescita esterna presenta delle opportunità
d’acquisto con basso impegno finanziario, in quanto spesso il concambio
è una permuta tra le azioni di due società, quindi non si hanno uscite
finanziarie;
- considerazioni giuridico-fiscali: ogni operazione delle imprese deve
essere attentamente valutata nei suoi risvolti giuridico-fiscali che
possono causare sia costi che benefici. Mentre la crescita interna non
presuppone particolari oneri in quanto non sono necessarie particolari
autorizzazioni, la crescita esterna presuppone un oneroso iter
deliberativo.
Possiamo quindi riassumere i vantaggi della crescita esterna in questi tre
punti:
- aumento delle alternative strategiche: le alternative sono varie, dalle
fusioni alle acquisizioni, dai cartelli alle associazioni in partecipazione;
- tempi raidi di attuazione: attraverso la crescita esterna si ha la rapida
acquisizione di risorse manageriali, forza lavoro, brevetti, know how,
impianti, etc.;
- maggiore verificabilità del successo o insuccesso della manovra: è più
agevole infatti con la crescita esterna scorporare i risultati ottenuti a
seguito di questa strategia dalle singole unità; processo molto più
complicato in caso di crescita interna.
Vediamo ora alcune delle forme più tipiche e tradizionali di crescita esterna e le
tre modalità secondo le quali la crescita esterna si realizza:
- indipendenza: possiamo abbinare questa modalità alla crescita interna;
CAP. 6
1. Le aggregazioni
CAP. 7
LE AGGREGAZIONI NON-EQUITY
1. Le aggregazioni non-equity
Si è cercato di classificare le aggregazioni non-equity in gruppi fondamentali:
a) a carattere informale
- su base produttiva:
* reti di subfornitura;
* costellazioni;
* distretti;
- su base finanziaria;
- su base personale:
* city community of interests;
* gentlemen’s agreement;
b) su base contrattuale (o a carattere formale)
- cartelli;
- affitto d’azienda;
- associazioni in partecipazione;
- associazioni temporanee fra imprese;
- unioni volontarie e gruppi d’acquisto;
- contratti di franchising;
- consorzi;
- Geie.
Reti di subfornitura
Le reti di subfornitura sono date dalla presenza di un’impresa principale di
grandi dimensioni che utilizza imprese esterne, di piccole-medie dimensioni,
per far svolgere loro determinate lavorazioni.
L’attività delle imprese medio-piccole fornitrici è spesso indirizzata quasi
esclusivamente alla grande impresa cliente, con la creazione di vincoli di vera e
propria subordinazione.
Il rapporto che si viene a creare è simile a quello di un gruppo: l’impresa
fornitrice è alle dipendenze della maggiore, che ha il peso preponderante nel
rapporto.
Solamente se le aziende subordinate hanno competenze specifiche, esse
possono modificare questo rapporto tra impresa maggiore quelle minori.
Tra le varie imprese gli accordi che vengono stipulati sono di modesta
importanza, in quanto i fornitori sono generalmente fungibili.
Costellazioni
Le costellazioni sono un insieme di aziende, generalmente di medio-piccole
dimensioni, tutte interessate alla produzione o alla commercializzazione di
beni.
Comprendiamo quindi che non esiste una grande impresa di riferimento, ma
solamente medio-piccole aziende.
La nascita di queste costellazioni avviene generalmente come risultato di una
crisi di domanda e dei conseguenti licenziamenti.
Esiste comunque nelle costellazioni un’impresa-guida, non necessariamente
di grandi dimensioni. Che ha il compito di coordinare l’attività delle singole
imprese.
Il peso che le varie aziende esercitano all’interno della costellazione dipende
dei loro specifici fattori strategici: il peso è inoltre spesso influenzato dal ruolo
dell’azienda guida.
Il rapporto che si instaura tra le imprese è un rapporto interattivo: infatti
non ci sono rapporti solo tra l’impresa-guida e le imprese medio-piccole, ma
anche tra le imprese medio-piccole.
Anche nelle costellazioni, come nelle reti di subfornitura, l’importanza del
singolo accordo è modesta salvo competenze specifiche.
Distretti industriali
Lo studio del fenomeno dei distretti industriali prende avvio dall’osservazione
dello sviluppo industriale nel corso del XIX secolo, quando ci si accorse che da
un parte si stata affermando la produzione di massa, mentre dall’altra parte
permanevano zone in cui sopravvivevano piccole aziende che sviluppavano
nuove tecnologie senza però ingrandirsi.
Tale impostazione veniva definita “dualismo industriale”.
Fu Marshall a studiare per la prima volta il distretto industriale e coniare
questa stessa espressione.
Il distretto industriale è inteso come la concentrazione di industrie
specializzate in particolari località.
Il numero di queste imprese è notevole ed elevata è anche la
specializzazione delle stesse concentrate in un medesimo ambito territoriale:
la produzione dei beni viene infatti suddivisa tra differenti piccole aziende
specializzate in determinate fasi della produzione stessa.
Queste imprese sono tutte di modeste dimensioni senza che esista
un’impresa leader.
Si forma perciò un mercato locale competitivo, ma caratterizzato dalla
presenza di un unico “ambiente sociale” deli imprenditori, quindi mossi dalla
reciproca cooperazione: possiamo quindi dire che il rapporto è sia di
cooperazione che di concorrenza.
Questa atmosfera favorisce nuove invenzioni e miglioramenti delle tecniche e
degli impianti, grazie al continuo scambio di suggerimenti costruttivi tra i
diversi soggetti.
Gentlemen’s agreement
Le gentlemen’s agreement sono invece delle aggregazioni che non vengono
formalizzate per iscritto e spesso legati a tentativi di riduzione della
competitività.
Cartelli
Con il termine cartello si intende un’associazione di aziende operanti nel
medesimo settore con prodotti scarsamente differenziati miranti ad attuare
politiche di collaborazione al fine di ridurre e/o disciplinare la concorrenza.
L’obiettivo del cartello è quindi quello di ridurre la pressione competitiva
esercitando sul mercato un’azione volta ad eliminare la concorrenza,
trasformando un ambiente altamente competitivo in un mercato
sostanzialmente orientato all’oligopolio o al monopolio.
L’opinione sui cartelli appare negativa, in quanto i cartelli hanno spesso
aumentato indebitamente i profitti, scoraggiato gli investimenti, rallentato il
progresso tecnico.
Questa limitazione della concorrenza viene generalmente perseguita tramite
intese che riguardano i volumi di produzione e di vendita, i prezzi, la
ripartizione dei mercati, le caratteristiche dei beni da produrre, etc..
Esistono per esempio i cartelli di zona, cioè quei cartelli che frazionano il
mercato in diverse aree di influenza.
Esistono anche dei cartelli che riguardano i prezzi, che fanno in modo che non
si verifichino guerre sui prezzi (prezzi minimi e prezzi massimi).
In generale gli obiettivi principali dei cartelli sono:
- massimizzazione dei profitti congiunti;
- suddivisione dei mercati.
Affinché l’accordo funzioni in modo perfetto occorre un ente centrale che
coordini le imprese e la necessità che queste ultime si attengano alle direttive
concertate: questo ente centrale viene detto ufficio centrale.
Tanto maggiore è il numero delle imprese che aderiscono al cartello tanto più
efficace sarà la politica perseguita dal cartello stesso creando delle barriere
all’entrata.
Esistono però anche dei casi in cui il cartello viene visto positivamente: si pensi
ad esempio alle devastanti guerre sui prezzi.
Affitto d’azienda
L’affitto d’azienda è regolato dal Codice Civile agli articoli 2561 e 2562 che
prevedono che l’affittuario (colui al quale è stata data in affitto l’azienda) deve
esercitare l’azienda stessa sotto lo stesso nome e deve gestire l’azienda senza
modificarne l’attività e in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e
degli impianti. La differenza tra il patrimonio all’inizio dell’affitto e al termine
dell’affitto viene regolata in denaro, tenendo conto dei valori correnti al
termine dell’affitto.
In tale rapporto l’affittuario finisce spesso per ottenere il completo controllo dei
beni aziendali: tale versatilità permette di volta in volta l’ottimizzazione della
struttura e dell’organizzazione produttiva e il superamento di problematiche
connesse al ricambio generazionale.
In questo modo l’affitto d’azienda si configura come il mezzo per evitare che
l’azienda si disgreghi.
Si viene a determinare uno stretto legame da un punto di vista giuridico,
mentre dal punto di vista economico si assiste ad una netta prevalenza di una
parte sull’altra.
Le aziende possono decidere di operare un affitto d’azienda sia per cause
aziendali che per cause extra-aziendali:
- cause aziendali: per evitare la disgregazione, mediante la liquidazione,
la crescita dell’azienda;
- cause extra-aziendali: sono quelle legate alle caratteristiche
dell’imprenditore, come la necessità di ritirarsi per un certo periodo di
tempo a seguito di problemi personali di salute, l’improvvisa sfiducia nei
confronti dei collaboratori che di fatto gestivano l’azienda oppure per
necessità fiscali.
L’affitto d’azienda è una forma di aggregazione flessibile e non definitiva e tale
da essere modificata o risolta in maniera abbastanza rapida ed agevole.
Associazione in partecipazione
Il contratto di associazione in partecipazione è regolato dall’art. 2549 del
Codice Civile che stabilisce che l’associante attribuisce all’associato una
partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il
corrispettivo di un determinato apporto.
L’associante ha un peso preponderante rispetto all’associato, salvo situazioni
particolari in cui l’associato è portatore di conoscenze strategiche ben
difficilmente ottenibili in proprio o da terzi.
I rapporti che si vengono a creare possono quindi essere differenti a seconda
del grado di integrazione fra associante ed associato.
Unioni volontarie
Fanno parte dei contratti di collaborazione nel settore commerciale, così come i
gruppi di acquisto collettivi, i centri commerciali e i contratti di franchising.
Le unioni volontarie consistono nel raggruppamento fra uno o più grossisti e
un certo numero di dettaglianti, in cui le aziende coinvolte mantengono la
propria autonomia giuridica ed economica.
Tutte le attività svolte vengono attuate dal “centro operativo” dell’unione
formato dai grossisti che è vero fulcro dell’associazione.
I legami che si instaurano sono in genere di tipo “debole” in quanto i soggetti
coinvolti possono aderire e recedere liberamente senza pesanti vincoli: infatti
l’uscita di un aderente all’associazione non dovrebbe causare pesanti danni
economici nonché squilibri gestionali.
Se invece il grossista fosse solamente uno e questo abbandonasse l’unione,
allora sì ci sarebbe un danneggiamento pesante dell’associazione.
I vantaggi che si ottengono da entrambe le parti son indiscutibili:
- grossisti: riduzione dei costi di distribuzione, fidelizzazione dei
dettaglianti;
Centri commerciali
I centri commerciali sono una forma associativa che può essere di due tipi:
- centro commerciale all’ingrosso: è un’entità costituita da un numero
di esercizi di vendita all’ingrosso non inferiore a cinque, inseriti in una
struttura a destinazione specifica provvista di spazi di servizio comuni
gestiti unitariamente;
- centro commerciale al dettaglio: è un’entità costituita da un numero
di esercizi di vendita al dettaglio, di qualunque dimensione, non inferiore
a otto e che abbiano una superficie di vendita complessiva di almeno
3.500 metri quadrati, integrati da esercizi per la somministrazione al
pubblico di alimenti e bevande e siano inseriti in una struttura a
destinazione specifica provvista di spai di servizio comuni gestiti
unitariamente.
Franchising
La formula del franchising si sviluppò negli Stati Uniti verso la fine
dell’ottocento.
Il contratto di franchising è un contratto fra una grossa società che ha creato
un’immagine e un modello aziendale (il franchisor) ed altre società, di
dimensioni generalmente ridotte (i franchisee), che possono utilizzare la
formula commerciale e il marchio della casa-madre.
Affinché una rete di franchising abbia successo è opportuno rispettare delle
condizioni:
- possesso di un know-how commerciale (formula, tecniche,
conoscenze commerciali) originale ed esclusivo;
- possesso di un marchio e di segni distintivi da concedere in licenza
d’uso ai partecipanti alla forma di associazione;
- possesso di un programma valido ed efficiente tale da poter essere
riprodotto ed utilizzato da altri senza subire alterazioni.
Geie
Il GEIE (Gruppo Europeo di Interesse Economico), introdotto in Italia con il D.
Lgs. 23 luglio 1991 è uno strumento di diritto comunitario volto a favorire il
formarsi di associazioni fra imprese e anche professionisti appartenenti a
differenti paesi della Comunità europea.
Coinvolge quindi società, enti o persone fisiche (da un minimo di due ad un
massimo di 20) di almeno due differenti stati della UE; tutte le aziende
coinvolte mantengono la propria indipendenza economica e giuridica. Tutte le
aziende coinvolte hanno generalmente il medesimo “peso” e le più importanti
decisioni devono essere prese all’unanimità.
Il GEIE ha due organi: il collegio dei membri (organo molto elastico a cui
fanno parte i soggetti partecipanti al gruppo che possono prendere qualche
decisione relativa ai fini della realizzazione dell’oggetto sociale del gruppo) e
uno o più amministratori (la loro funzione è simile a quella dei
rappresentanti della società).
I partecipanti al GEIE sono responsabili solidamente ed illimitatamente per le
obbligazioni assunte dal Gruppo stesso.
Gli obiettivi del GEIE sono svariati: tra di essi ricordiamo la ripartizione degli
oneri e dei rischi, la razionalizzazione delle strutture aziendali, la fruizione di
servizi comuni, la valorizzazione e la condivisione del singolo know how; tra
questi traguardi troviamo anche il miglioramento della produttività e
competitività e l’accrescimento reddituale.
Il GEIE ha la funzione di supporto all’attività delle singole aziende associate
(centro studi, acquisti e vendite centralizzate) e non ha come scopo la
realizzazione di profitti: infatti tali profitti vengono distribuiti, in base a quanto
previsto dal contratto, fra i vari contraenti.
L’accordo può esser a tempo determinato o indeterminato.
Consorzi
Il consorzio è un’associazione di persone fisiche o giuridiche liberamente
creata o obbligatoriamente imposta per il soddisfacimento in comune di un
bisogno proprio di queste persone.
I consorzi infatti possono essere:
- consorzi volontari: essi sono organizzazioni la cui costituzione è
lasciata alla volontà delle parti (es. Melinda, Parmigiano Reggiano) !
questi consorzi volontari possono riguardare:
o settore privato: per esempio in campo agricolo (bonifica,
irrigazione, miglioramento fondiario) o in campo industriale (in
questo campo i consorzi possono essere orizzontali, verticali o
misti)
o settore pubblico: questi consorzi possono riguardare l’ambito della
pubblica amministrazione, come per opere di pubblica utilità).
CAP. 8
LE AGGREGAZIONI EQUITY
1. Le aggregazioni equity
Le aggregazioni di tipo equity presuppongono legami di tipo patrimoniale
consistenti nella partecipazione di un’impresa al capitale di altre.
Tali rapporti di partecipazione possono essere di tipo:
- Totale: che presuppongono cioè legami “forti”, cioè la partecipazione
totale al capitale; qui è ben precisa la figura dell’impresa che,
giuridicamente ed economicamente, domina nei confronti di tutte le altre
(aggregazioni totali). Ne sono esempi: i trust, i konzern, i keiretsu, i
gruppi economici;
- Parziale: che presuppongono cioè legami “deboli”, cioè caratterizzati sì
da un rapporto patrimoniale in cambio di azioni o quote di altre società,
ma tale legame è limitato in senso quantitativo (la partecipazione è di
tipo minoritario, o comunque non superiore al 50% del capitale) e
qualitativo (in quanto l’azienda che detiene la partecipazione non
rappresenta l’unico soggetto economico. Ne sono esempi le joint-venture
e le partecipazioni minoritarie e gli scambi azionari.
Joint-venture
Esistono due differenti forme di joint-venture:
- joint-venture corporation: presuppone la costituzione di una realtà
societaria appositamente costituita con responsabilità limitata (società di
capitale), per lo svolgimento di un’attività congiunta;
- unicorpored o contractual joint-venture: non presuppongono la
costituzione di una specifica società, ma fra i partecipanti esiste un
rapporto di tipo contrattuale per lo svolgimento in comune di una data
attività. Sono esempi i contratti di associazione in partecipazione,
contratti di franchising, consorzi.
A seconda del grado di integrazione, abbiamo:
- le joint-venture orizzontali: caratterizzate dal fatto di svolgere
un’attività simile a quella propria dei singoli partecipanti all’accordo (le
imprese partecipanti operano tutte nello stesso settore);
- le joint-venture verticali: costituite per effettuare determinate
attività a monte o a valle dei processi produttivi dei partecipanti per
ottenere vantaggi economici nella fornitura e nella distribuzione;
- le joint-venture diversificate: si avranno quanto i partecipanti hanno
l’esigenza di inserirsi in settori con grosse barriere all’entrata per le quali
è estremamente difficile l’ingresso della singola azienda, mentre
attraverso tali accordi si sfruttano le specifiche competenze delle singole
imprese.
In tutte queste joint-ventures, tutti i partecipanti mantengono la propria
indipendenza giuridica.
Le motivazioni quindi per la creazione di joint-ventures sono:
- ridurre i rischi insiti in progetti con elevati investimenti;
- penetrazione produttiva e commerciale in determinati mercati;
- trasferimento di tecnologia (inteso come trasferimento di conoscenze da
un’impresa ad un’altra in cambio di denaro o il diritto di fabbricare
determinati prodotti), complementarietà tecnologica (cioè lo scambio di
tecnologia tra le parti).
L’accordo darà buoni risultati se tutti i partecipanti concordano sugli obiettivi da
raggiungere o quando un partecipante assume decisamente un ruolo guida non
contestato dagli altri.
La conclusione dell’accordo porta normalmente uno dei partecipanti alla joint-
venture a rilevare la totalità delle quote o azioni.
Trust
I trust sono realtà superate da altre forme di aggregazione, soprattutto dai
gruppi aziendali.
Konzern
Il konzern è una forma di aggregazione tipica della realtà tedesca. I rapporti
tra le singole aziende sono di tipo patrimoniale (partecipazione azionaria) ma
non mancano elementi riconducibili a fenomeni contrattuali o informali come
contratti di fornitura, contratti di affitto di aziende, etc.
Keiretsu
Il Keiretsu è una forma di aggregazione tipicamente giapponese: tale
aggregazione prevede un gruppo di imprese collegate, imprese indipendenti
ma con legami molto stretti e che, sovente, hanno lo stesso nome.
Il keiretsu offre i vantaggi tipici della rete di imprese: trasmissione di
informazioni, cessione di beni prodotti, possibilità di costituire joint-venture con
altre aziende facenti parte dell’accordo.
Fusione
La fusione è uno strumento di crescita esterna: in effetti la crescita esterna
può avvenire mediante acquisizione di altre imprese, le quali possono
mantenere la loro individualità giuridica (ed allora si ha la formazione di
gruppi) oppure possono perdere tale individualità giuridica perché vengono
compenetrate in una nuova organizzazione, cioè la costituzione di una nuova
società (fusione propriamente detta) oppure assorbite in una società
preesistente che rimane in essere (fusione per incorporazione).
La fusione può anche costituire una valida alternativa allo sviluppo
interno: la fusione è un modo molto più rapido di quanto consentito
dall’espansione per via interna di raggiungere dimensioni maggiori e di
ottenere una soddisfacente diversificazione delle attività aziendali.
Infatti con la fusione possono essere ridotte in modo sostanziale le difficoltà
tecniche ed organizzative legate all’entrata in nuovi campi di attività; si
possono anche raggiungere in tempi brevi posizioni di mercato che altrimenti
avrebbero richiesto anni di sforzi, riducendo nel contempo anche la pressione
della concorrenza.
Nella fusione può esserci un soggetto “attivo” ed uno “passivo”, oppure un
“sostanziale equilibrio di potere contrattuale”.
La fusione è solo uno degli strumenti legali mediante cui possono procurarsi
fenomeni di concentrazione e di integrazione aziendale.
Oltre che alla crescita interna, la fusione viene anche preferita all’acquisizione
in alcuni casi:
- chi ha il controllo della società da acquisire può essere disposto alla
fusione ma non alla vendita;
- l’acquisizione richiede investimenti notevoli, mentre la fusione consente
di utilizzare come “moneta” azioni invece che denaro contante;
- con società distinte si hanno costi fissi, come spese di amministrazione,
che con la fusione vengono evitati;
- l’acquisizione può non dare adito ad una soddisfacente conduzione
economica dell’impresa.
A seconda delle caratteristiche economiche delle operazioni di fusione, si
possono avere:
- fusioni orizzontali: fusioni effettuate tra imprese i cui prodotti sono
considerati come equivalenti dagli acquirenti e ad altissima elasticità
(esse sono dello stesso settore);
- fusioni verticali: fusioni in cui l’espansione di un’impresa avviene negli
stadi di produzione immediatamente collegati, a monte o a valle, nel suo
campo di attività;
- fusioni conglomerali: fusioni fra imprese dedite a produzioni
differenziate sia dal punto di vista tecnologico che funzionale, e che
quindi operano su mercati diversi.
Nonostante questo però, anche le fusioni presentano i loro aspetti negativi:
con la fusione ad esempio, si può sommare una nuova organizzazione ad una
precedente molto simile, oppure si fanno convivere delle organizzazioni molto
diverse tra loro, la cui coesistenza è molto difficile.
CAP. 9
I gruppi
1. Il concetto di gruppo
Il gruppo di imprese è una forma classica di aggregazione di tipo equity
totale.
Un gruppo è caratterizzato da:
- elementi giuridico-formali:
. presenza di due o più società giuridicamente autonome (altrimenti non
Esisterebbe un gruppo, ma un’azienda unica);
. legami di partecipazione fra le società;
. forma giuridica generalmente costituita da società di capitali;
- elementi sostanziali:
. unità (o unitarietà) del soggetto economico.
2. I legami partecipativi
Tra le società che formano il gruppo di imprese, esistono dei legami
partecipativi, in base ai quali si possono distinguere due tipi di gruppi:
- gruppi verticali: i gruppi verticali sono quei gruppi in cui la gestione è
affidata ad una società capogruppo o holding, società che la possibilità di
esercitare un controllo sulle società del gruppo in quanto possiede delle
partecipazioni nel capitale sociale delle controllate e ha lo scopo di dare
specifiche direttive alle società appartenenti al gruppo stesso;
- gruppi orizzontali: i gruppi orizzontali sono insiemi di imprese legate
tra di loro da vincoli di varia natura; in questi gruppi la direzione unitaria
del gruppo non è rappresentata da una holding, ma viene esercitata
congiuntamente dalle imprese di gruppo che si trovano in una situazione
di reciproca uguaglianza.
Per quanto riguarda la holding pura, vengono individuati due particolari gruppi
strutturati in due diversi modi:
- gruppo “a pettine”: questo è un gruppo in cui la holding controlla tutte
le controllate in maniera diretta; così anche se una delle società
controllate viene persa, la perdita si limita solamente a quella società.
Questo sistema di controllo è quindi sicuro, anche se però è un sistema
costoso in quanto bisogna avere partecipazioni dirette in ogni controllata,
si devono impegnare cioè ingenti mezzi finanziari;
4. I gruppi e l’integrazione
I gruppi possono anche essere classificati in base alla forma di integrazione:
- gruppi ad integrazione orizzontale: questi gruppi sono costituiti da
società che svolgono attività simili e che operano nello stesso settore;
- gruppi ad integrazione verticale: questi gruppi sono costituiti da
società con produzioni correlate a monte o a valle;
- gruppi conglomerati: questi gruppi sono costituiti da società operanti
in settori diversi.