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INTRO
La storia sociale della stampa americana abbraccia oltre un secolo: dal 1830 quando
la rivoluzione della penny press pose le basi del giornalismo moderno attraverso la
scoperta delle notizie di cronaca, al 1960, quando il mainstream del giornalismo
americano che si era plasmato sul modello dell’obiettività è stato sottoposto a
critiche radicali.
L’analisi di Schudson inoltre riguarda l’origine dell’ideale professionale dominante e
l’ideale dell’obiettività dell’informazione.
Gli anni ’30 sono noti come “ERA JACKSONIANA” o come l’età della “Democrazia
Jacksoniana”.
La dottrina di Jackson viene riassunta come “fede nell’uomo comune,
nell’uguaglianza politica, nell’uguaglianza delle opportunità economiche, avversione
per il monopolio e per i privilegi particolaristici”.
La dottrina di Jackson portò un’ondata democratica sotto forma di diritto di voto per
tutti gli uomini, anticonformismo, stampa a buon mercato, istruzione pubblica,
avanzata di sette religiose più democratiche la classe media urbana si espanse a
discapito di quella borghesia delle élites mercantili consolidate.
Gli investimenti si spostarono dal settore marittimo a quello manifatturiero e dei
trasporti.
I penny papers contribuirono all’estensione del mercato in 2 modi:
1) Resero le pubblicità disponibili ad un maggior numero di persone allargando
così il mercato potenziale delle merci.
2) Trasformarono il giornale da qualcosa da chiedere in prestito o da leggere al
circolo in un prodotto da acquistare per il consumo familiare.
Negli anni ’20, il sistema partitico dei primi tempi della Repubblica era crollato ma
emerse un secondo sistema partitico americano tra il 1828 e il 1840 il suffragio
venne esteso alla totalità degli uomini bianchi, cambiò l’organizzazione dei partiti,
vennero inventate nuove organizzazioni fondate sul voto popolare e gestite
democraticamente.
Era cambiato il significato della politica, ma anche la natura stessa degli uomini
politici, la nuova politica puntava su chi era adatto e poteva aggregare quanti più
gruppi di interesse privato.
La creazione dei penny papers costituisce la prova di una nuova figura di
imprenditore e del nuovo tipo di impresa.
Nel 1835 Bennett (la figura più originale del giornalismo americano almeno fino a
Pulitzer) fondò l’Herald di New York, il primo dei giornali a capire che la raccolta
delle notizie era il primo dovere del giornalismo.
Bennett cercò un ampio pubblico per il suo giornale, era più serio e responsabile
della penny press e più vivace ed intraprendente dei giornali di Wall Street.
L’Herald si richiamava ai bisogni pratici e ai gusti raffinati di un segmento benestante
della popolazione cittadina, si rivolgeva alle classi agiate.
L’introduzione dell’articolo finanziario fu l’innovazione di Bennett e la sua
predilezione.
Bennett criticava i penny papers per la mancanza di talento e di qualsiasi conoscenza
del mondo degli affari e della società.
Ci fu una “Guerra Morale” per estromettere l’Herald, una campagna messa in atto
dai giornali da 6 penny, i quali accusarono Bennett di essere blasfemo, ricattatore,
bugiardo e diffamatore, queste accuse costituivano lo scudo di una vecchia élite
contro la classe media in ascesa in primis non era una competizione commerciale
ma un conflitto sociale.
I cronisti degli anni ’90 si percepivano come scienziati che rivelavano i fatti politici ed
economici della vita industriale, molto più realisticamente di quanto nessuno avesse
mai fatto in precedenza, ciò fa emergere una spinta Progressista ad una riforma
politica sui “fatti”, interessata all’osservazione oggettiva/obiettiva della vita umana
con OBIETTIVO si intende che l’articolo di giornale o del romanzo dovevano
essere fotograficamente corrispondenti alla vita reale con le virtù e le fragilità
umane.
Mutò l’idea di SCIENZA : inizialmente la scienza era un processo di raccolta dei dati
aperto a tutti e si adattava bene alla società democratica di mercato… alla fine degli
anni ’90 il concetto di scienza mutò nell’opinione collettiva: il modello della scienza
era diventato la teoria evoluzionistica che enfatizzava la rilevazione dei fatti ma
soprattutto la connessione storica di questi fatti, inoltre considerava gli individui
come oggetti di cui raccogliere e studiare i fatti e di conseguenza la società si
esteriorizzava e oggettivava nel mondo, gli individui resero così sé stessi oggetto di
analisi questo cambiamento al concetto di scienza contribuì alla nascita del
REALISMO… e, ci fu un’enfasi crescente sui fatti.
I cronisti dovevano riportare i fatti così come erano accaduti, la notizia e l’opinione
dovevano essere tenute separate, poiché la notizia ha a che vedere con i fatti
mentre l’opinione con le interpretazioni teoriche… la separazione tra i fatti e
l’opinione è più un principio di tutela che un ideale assoluto nel giornalismo.
I capocronisti dovevano da un lato addestrare i cronisti a procurarsi le notizie e
saperle riportare con esattezza, dall’altro dovevano soddisfare il direttore
salvaguardando il giornale da errori o da eccessi che potevano provocare denunce,
diffamazioni o critiche pubbliche nei confronti del giornale.
I giornalisti dell’era Progressista ritenevano che i fatti fornissero la loro direzione
morale e sostenevano che i loro ideali morali nascessero naturalmente dalla loro
associazione con il mondo reale.
Il giornalista Pulitzer nel 1883 acquistò il World di New York e lo portò da 15mila
copie a 250mila copie di tiratura alla fine del 1886.
Lo pubblicò al prezzo di 1 penny e contribuì a razionalizzare la gestione degli affari
del giornale e le relazioni tra i giornali e gli inserzionisti.
Si trattò di un’innovazione: fino agli anni ’80, i giornali erano ostili agli inserzionisti
ma successivamente con la crescita di grandi magazzini e lo sviluppo di marchi di
fabbrica delle grandi aziende industriali nazionali, lo spazio pubblicitario si
intensificò.
Nacque la prima agenzia di stampa moderna nel 1875 che inaugurò il sistema del
“contratto aperto”, in base al quale l’agente diveniva il rappresentante pubblicitario
dell’inserzionista e gli offriva consulenza su come e dove fare pubblicità in cambio di
una provvigione fissa.
Il nuovo rapporto tra giornali e inserzionisti fu contrassegnato nel 1887 dalla
fondazione “American Newspaper” il cui principale intento fu regolare i rapporti tra
giornali e agenzie pubblicitarie.
La razionalizzazione della pubblicità del World introdotta da Pulitzer, aiutò il giornale
ad adattarsi ai cambiamenti generali nell’organizzazione sociale degli affari, ma
l’innovazione che contribuì maggiormente all’incremento delle tirature fu IL
SENSAZIONALISMO, ovvero “il farsi pubblicità”, come diceva Bennett, negli anni ’40,
tutto, inclusa la pubblicità faceva notizia, i giornali sensazionalistici degli anni
’80-’90, scoprirono che tutto poteva costituire una forma di pubblicità per i giornali.
L’auto-pubblicità, è qualsiasi aspetto dell’impaginazione e della politica del giornale,
al di là della raccolta delle notizie, destinato ad attirare i lettori… uno dei più
importanti sviluppi dell’auto-pubblicità fu l’uso delle illustrazioni e delle vignette.
Il WORLD utilizzava moltissime vignette, disegni, titoli cubitali e l’enfasi sulle parole,
il contenuto e la struttura delle frasi erano semplici, rivolti ad un pubblico anche di
immigrati, inesperti nella lettura inglese.
Pulitzer ha creato il primo giornale moderno a diffusione di massa.
Egli utilizzò l’edizione della domenica del World come un laboratorio per
sperimentare le idee che potessero applicarsi durante la settimana, ad es. aprirono
la strada alle pagine speciali dedicate al pubblico femminile, Pulitzer non poteva
ignorare il femminismo ma neanche approvarlo, infatti si limitò a riservare più spazio
ai problemi femminili ma solo relativi alla vita domestica, alla moda e all’etichetta…
emerge che ciò che aveva importanza in primo luogo non erano le donne ma il
consumo, l’aspetto della vita economica la cui responsabilità era attribuita alle
donne piuttosto che agli uomini.
I giornali come il World risposero con una diffusione dell’intrattenimento e quindi
con l’espansione del “use-paper”, il quotidiano di suggerimenti per la sopravvivenza
urbana.
Il processo di industrializzazione, con i mutamenti, fece della vita degli individui una
merce: la presenza degli ominibus e dei tram permise agli individui di leggere su
questi mezzi di trasporto il World di conseguenza fece un’impaginazione e uno
stile sensazionalistico che rispondeva ai bisogni di questi lettori ridusse la
grandezza delle pagine, aumentò quella dei titoli, utilizzò molte illustrazioni e
sviluppò un sommario dove venivano sintetizzate le informazioni più importanti di
un articolo il tempo per la lettura era sempre meno e quindi i giornali non solo
registravano il cambiamento sociale ma ne facevano parte.
Il giornalismo di massa di Pulitzer estese la rivoluzione della penny press con la sua
attenzione alla vita quotidiana, ma negli anni ’80 era diversa dagli anni ’30, era la
vita di gente nuova che si interessava alla politica, alla letteratura, alle città,
all’America, alla mobilità sociale e geografica
La Guerra Mondiale, il New Deal e la depressione resero gli affari politici, economici
e sociali talmente complicati da obbligare il giornalismo a enfatizzare il “significato”
delle notizie e il contesto degli eventi, infatti con l’integrazione degli Stati Uniti nel
sistema mondiale e l’attrazione dell’attenzione nazionale sui politici di Washington
attraverso la depressione, il mondo apparve complesso e questa percezione è data
anche dalla consapevolezza che la complessità è più che una mera accumulazione
dei fatti.
Fino agli anni ’20 del ‘900, il concetto di OBIETTIVITA’ non era ricorrente nel
giornalismo, infatti i giornali erano criticati per la loro scarsa aderenza ai FATTI; il
Times di New York sosteneva di pubblicare tutte le notizie, intendendo con ciò di
fare informazione ma non si trattava di obiettività in quanto l’impegno per
l’informazione non comportava particolari preoccupazioni circa la soggettività o la
prospettiva personale.
Fu solo dopo la prima Guerra Mondiale, quando il valore della società democratica
di mercato fu messo radicalmente in questione che i leader del giornalismo e di
altri campi come le scienze sociali ebbero piena esperienza del dubbio e dello
scetticismo incoraggiati dalla democrazia di mercato che sorse l’ideale
dell’obiettività sorse come reazione contro lo scetticismo e come affermazione
di un metodo adeguato per un mondo che vedeva gli stessi fatti con diffidenza.
I giornalisti avevano ancora bisogno di credere nel valore del proprio lavoro di
raccolta e interpretazione dei fatti, avevano bisogno di un quadro di riferimento
entro cui potessero prendere sul serio il proprio lavoro e persuadere i lettori e i
critici a fare altrettanto : a questo provvide la nozione di obiettività.
La prova più importante dell’adattamento del giornalismo al senso di OBIETTIVITA’
dei fatti fu la comparsa del SYNDICATED CONUMIST POLITICO :
da qui venne coniata la nozione di “obiettività” cosi come venne elaborata negli
anni ’20-’30 di cui Walter Lippman fu il più energico portavoce
egli credeva che il rimedio per i mali del giornalismo era l’introduzione del
METODO SCIENTIFICO che avrebbe reso la stampa più professionale e libera.
E’ il rifiuto di considerare i propri gusti e desideri come la base della comprensione
del mondo, distacco, disinteresse.
Egli suggeriva una legislazione che rendesse illegale la falsa documentazione, la
professionalizzazione del giornalismo, la creazione di un’agenzia di stampa
internazionale che fosse al di sopra delle parti voleva promuovere la dignità della
professione e dare ai giornalisti una formazione con l’ideale della testimonianza
obiettiva.
Per molti decenni, vari giornalisti tra cui Pulitzer, avevano cercato i mezzi
istituzionalizzati per rendere più rispettabile la loro professione, sostenevano che il
giornalismo non doveva essere liberato dai capitalisti ma da sé stesso, sottolineando
l’esigenza di una reale professionalità dovuta dalla consapevolezza della soggettività
dell’informazione.
A metà degli anni ’30 il termine OBIETTIVITA’ (sconosciuto nel giornalismo fino alla
prima Guerra Mondiale) sembra essere entrato nel linguaggio comune divenne
poi un ideale quando fu accettata l’impossibilità di superare la soggettività delle
notizie e poiché la soggettività finì per essere considerata inevitabile.
Nel giornalismo americano la credenza nell’obiettività è meno centrale del terreno
in cui affonda le sue radici, quel terreno su cui stanno sia i fautori che gli oppositori
dell’obiettività è il relativismo, una credenza nell’arbitrarietà dei valori, una
percezione della modernità.
I giornalisti cominciarono a credere nell’obiettività perché erano spinti
dall’aspirazione umana a fuggire dalla loro sensazione di incertezza.
In questi anni coloro che criticavano l’obiettività sostenevano L’INTERPRETATIVE
REPORTING come mezzo per mantenere lo status professionale in un mondo che
aveva superato l’approccio della “semplice raccolta dei fatti”…
Ma alla fine degli anni ’60 si configurava un conflitto generazionale tra i veterani che
difendevano l’obiettività e i giovani cronisti che la screditavano e volevano
esprimere passione e stile personale attraverso la stampa, premevano per un
giornalismo più attivo e partecipante, che diffidasse dei resoconti ufficiali… ma le
ribellioni alle convenzioni della notizia “nuda e cruda” emerse più come sfida politica
che come stadio adolescenziale nel passaggio al professionismo.
L’obiettività secondo il nuovo pensiero non costituiva un ideale ma una
mistificazione, la deformazione nel giornalismo non consisteva nei pregiudizi ma
nella struttura sociale della raccolta delle notizie, che rafforzava le opinioni ufficiali
sulla realtà.
*** Due condizioni hanno reso possibile e popolare la nuova critica del giornalismo:
1) il news management governativo dell’informazione ed una crescente
consapevolezza di questo fatto
2) l’emergenza degli anni ’60 di una cultura critica la quale negava al governo
una parte del consenso che esso si aspettava e forniva la audience per un
giornalismo più scettico.
Douglass Carter criticava gli schemi cristallizzati della stampa, uno tra questi era la
distinzione tra cronaca pura e semplice (in cui il reporter accetta passivamente la
versione pubblica) e cronaca interpretativa (in cui il giornalista interpretativo va in
cerca del background di una storia, cerca le motivazioni dell’agire…) la semplice
notizia era il lavoro delle agenzie e della maggior parte dei giornalisti, invece la
cronaca interpretativa di una minoranza.
Inoltre, si aggiunse un altro termine al lessico giornalistico: “pseudo-eventi” per
designare gli avvenimenti che vengono programmati allo scopo immediato di essere
riportati o riprodotti come un intervento piuttosto che come un incidente realmente
accaduto; poteva avere intenti persuasori ma la sua logica era diversa dalla
propaganda perché essa sostituisce le opinioni ai fatti, formula giudizi, mentre i
pseudo eventi sono fatti sintetici che stimolano la gente in modo indiretto.
Il termine “adversary culture” fu usato da Lionel Trilling nel 1965 per descrivere
l’”intenzione sovversiva” che distingue la scrittura moderna egli sosteneva che
dalla fine del diciottesimo secolo la letteratura occidentale aveva perseguito il
proposito di distogliere i lettori dai modi di pensare e di sentire imposti dalla società
questo porta a dare per scontata l’esistenza di una cultura critica basata sulla
percezione individuale della cultura.
Dalla fine del diciottesimo secolo fino agli anni ’30, l’idea della cultura critica era
data per scontata; il trauma nazionale provocato dagli attentati a Kennedy, M.L. King
e Robert Kennedy, fece apparire la critica possibile e vitale.
La sfiducia nel governo si estese drasticamente e velocemente ad altri gruppi oltre ai
giovani e agli intellettuali.
Negli anni ’60 la cultura critica trovava più leader e seguaci ai livelli alti
dell’istruzione e c’era la tendenza verso la sofisticatezza politica e una critica attenta
al governo da parte della società.
Tutte queste condizioni hanno reso possibile:
1) la nuova critica del giornalismo e i mutamenti nei contenuti del giornale, ci fu
un effetto diretto, in quanto anche i giornalisti erano cittadini esposti alle
correnti culturali di chiunque altro, i giornalisti giovani erano quelli più
influenzati la ribellione dei giovani giornalisti negli anni ’60 non era quindi
una ripetizione del perenne conflitto generazionale all’interno del giornalismo
ma la manifestazione di un movimento sociale e culturale, i quali a loro volta
influenzavano i giornalisti più vecchi e i più potenti.
I giornalisti non “imposero” una cultura critica nella loro cronaca politica ma
reagirono ad una posizione critica che trovarono nelle fonti.
2) in secondo luogo l’esigenza di una cultura critica, la quale negava al governo
una parte del consenso che esso aspettava e forniva la audience per un
giornalismo più scettico alla fine degli anni ’60, la collisione tra controllo
dell’informazione e contestazione riguardo la guerra del Vietnam mutò il
giornalismo in modo duraturo.
Ci fu così un giornalismo critico ed una cultura critica che emergeva all’interno del
governo stesso.
I direttori e gli editori degli anni ’60 avevano le proprie ragioni per essere sensibili
alle speranze dei giovani colleghi in un giornalismo più interpretativo e d’inchiesta:
i giornali sentivano la concorrenza della televisione, il telegiornale cominciava a
diventare una tra le principali fonti di informazione grazie alla trattazione vivida e
immediata delle notizie rispetto a quella dei giornali, alla fine degli anni ’60 la TV
stessa si allontanò dalla notizia pura e semplice, andando oltre le convenzioni
dell’obiettività emerge dunque che la competizione con la TV ha distorto i giornali
dall’informazione obiettiva ed ha reagito ad una cultura in trasformazione che era
aperta alle critiche nel giornalismo, andando oltre alle convenzioni dell’obiettività,
facendo un lavoro più interpretativo.
L’attacco della critica contro l’obiettività evocava una cultura istituzionale più
unificata do quella esistente.
Nel giornalismo la critica all’obiettività assunse forme istituzionali e intellettuali.
Si distinguono 3 tipi di critica alla nozione di obiettività:
1) la posizione secondo cui il contenuto di una notizia si basa su una serie di
assunzioni politiche autonome, la cui validità non viene mai messa in
discussione; i giornalisti le acquisirono dalla loro educazione, dai colleghi
ciò costituisce il messaggio nascosto dell’obiettività: la forma nasconde il
contenuto della notizia.
2) La forma costituisce il contenuto, la forma stessa della notizia incorpora le
proprie deformazioni, la deformazione risiede in asserzioni palesi e non
ambigue; l’attenzione ai conflitti piuttosto che agli avvenimenti meno
drammatici, agli eventi piuttosto che ai processi.
3) La terza critica vede la forma di un articolo come una forma non letteraria ma
sociale determinata dalle routines della raccolta delle informazioni quindi lo
stesso processo di raccolta delle notizie costruisce un’immagine della realtà
che rafforza l’ottica ufficiale.
Stampa scandalistica
La stampa scandalistica (in inglese yellow journalism «stampa gialla») è un
tipo di giornalismo che rinuncia a un'impostazione obiettiva in favore di titoli
sensazionalistici, allo scopo di vendere un numero maggiore di copie. Essa si
caratterizza per l'esagerazione di eventi e notizie, speculazione scandalistica o altre
pratiche considerate poco etiche o scarsamente professionali.
Caratteristiche
Sebbene spesso sia associata a scandali sentimentali, la stampa scandalistica non
tratta unicamente di cronaca rosa. Secondo Frank Luther Mott ci sono alcune
caratteristiche che si possono individuare in questo genere:[1]
1.titoloni in corpo grande, spesso di notizie poco importanti;
2.largo uso di immagini o di disegni;
3. utilizzo di interviste false, titoli fuorvianti, pseudoscienza (per esempio astrologia),
e notizie manipolate di cosiddetti "esperti del settore";
4.enfasi su supplementi a colori domenicali;
concentrazione su personaggi fuori dal cosiddetto "sistema".
Yellow Journalism
Nei paesi di lingua inglese questo genere si chiama Yellow journalism e riguarda
perlopiù quotidiani. La tendenza, e il conseguente uso dell'espressione, si diffuse
negli Stati Uniti tra gli ultimi anni del XIX e i primi del XX secolo. Gli anni dello Yellow
journalism furono caratterizzati dalla battaglia giornalistica tra il New York World di
Joseph Pulitzer e il New York Journal di William Randolph Hearst. Entrambi i giornali
furono accusati dai critici di sensazionalizzare le notizie per incrementare la tiratura
e quindi la diffusione anche quando pubblicavano articoli seri e veritieri. La stampa
di New York coniò il termine Yellow Kid journalism nel 1897 (dal nome del popolare
fumetto) per sottolineare il mercato di riferimento dei due magnati del giornalismo.
Venne poi abbreviato in Yellow journalism.
***
L’obiettività non è una forte convinzione dei giornalisti, è una pratica piuttosto che
una credenza, è un rituale strategico che i giornalisti usano per difendersi dagli
errori e dalla critica, è una serie di convenzioni concrete che persistono perché
riducono i margini di responsabilità dei reporters, per proteggersi.
I giornalisti avevano due concezioni del loro ruolo: da un lato osservatore neutrale e
dall’altro partecipante… ma l’ideologia esplicita dei giornalisti predicava solo la
neutralità.
Il giornalismo partecipante si trova ovunque ma si riconosce di rado, ciò solleva 2
questioni:
- suggerisce che se avviene un cambiamento negli ideali del giornalismo, ci
sarà una tradizione che lo sostiene poiché le forze presenti intorno al
giornalismo agiscono contro l’ideale dell’obiettività e le sue convenzioni e
lo hanno fatto anche quando l’obiettività sembrava aver conquistato la
professione.
- Implica che alcune routines del giornalismo saranno incorporate in
un’ideologia di vasta portata, mentre altri possono non essere collegati ad
una visione del mondo comprensiva e comprensibile.
2) la tradizione mukraking che ebbe un impatto maggiore sulle hard news dei
giornali… Tra il 1890 e il 1920 emerse negli Stati Uniti d'America un tipo di
giornalismo investigativo caratterizzato da indagini di denuncia o corruzione.
Denominato «muckraker», tale forma di giornalismo investigativo fece molta
sensazione producendo spesso scandali.
Si tratta del giornalismo investigativo o d'inchiesta o intraprendente che è una
tipologia di giornalismo che comporta un lavoro di investigazione
approfondita su vari temi… In molti casi, i soggetti del reporting vorrebbero
che le materie sotto indagine rimanessero nascoste. Attualmente ci sono
diversi dipartimenti universitari che insegnano giornalismo investigativo. Si
tengono inoltre conferenze per presentare ricerche esaminate dalla comunità
dei pari sul tema del giornalismo investigativo.
Emerse all’attenzione pubblica con l’indagine del Washington Post sul
Watergate e con le fantasie che vi furono sovrapposte tramite il libro e il film
All the President’s Men, letto come un manuale per aspiranti giornalisti.
Si tratta di un giornalismo conforme a un ideale di obiettività ma estraneo alle
false convenzioni giustificate in suo nome, non è né un giornalismo personale
ne un giornalismo di difesa, se vi è un elemento personale non è ne
un’opinione, né convenzione ma energia.
Laddove il giornalismo letterario oppone la passione alla fredda obiettività, la
tradizione investigativa distingue la sua aggressività dalla passività del
giornalismo obiettivo.
Negli anni 60 il giornalismo investigativo stabilì importanti agganci istituzionali
nei media, inoltre un altro cambiamento istituzionale fu lo sviluppo di un
teams di reporter investigativi in molti dei maggiori quotidiani metropolitani
del paese.
Tra le tematiche affrontate dal giornalismo d'inchiesta ci sono quelli
riguardanti le attività della sfera criminale (come il terrorismo, il crimine
organizzato, il traffico di esseri umani, l'economia canaglia), i temi riguardanti
la corruzione (come i misfatti delle multinazionali), e le inchieste sociali su
fenomeni di costume o culturali controversi (come la prostituzione, i trend
sessuali, l'immigrazione, le mode giovanili).