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I. Il vocabolario delVamore
(5) Il verbo è usato, tra l'altro, per esprimere l’affetto dei genitori verso i figli: cf.
Euripide, Eracle 633-636: « Tutti eguali / sono gli uomini: amano (<piXuat) tutti i figli, / i
grandi come gli umili. Sebbene / alcuni siano ricchi ed altri poveri, / codesta differenza
non ostacola / a nessuno di amare la sua prole (<piXÓTeXVOv)j (tr. D. Ricci).
(6) Cf. ad es. Senofonte, Memorie socratiche 2, 7, 12, a proposito delle donne di Ari
starco: « esse lo amavano (é<piXoUv) come protettore, ed egli le amava (y)ya7Ta) in quanto
utili »; Aristotele, Retorica 1, 11, 1371 a 21: « l'essere amato (qHXsùrOai) significa essere di
per sé oggetto di affetto (àyàTUàoOat)».
(?) Solo nell'epistolario paolino si trova <piXódTopyoc> cordialmente amante in Rm 12,
10 (cf. C. Spicq, OIAOETOPTOS (à propos de Rom. XII, 10), in Revue biblique 62 [1955]
497-510), e (ftjTOpyos, disamorato in Em 1, 31 e 2 Tim 3, 3.
(8) Si trova ventiquattro volte nel N.T.: cinque volte in Mt (6, 5; 10, 27 bis; 23, 6; 26,
48), una volta in Me (14, 44), dodici volte in Gv (5, 20; 11, 3.36; 12, 25, 19; 16, 27; 20, 2; 21,
15.16.17 ter), due volte nell'epistolario paolino (1 Cor 16, 22; Tit 3, 15) e due volte nell’Ape
(3, 19; 22, 15).
(9) Lo stesso verbo cptXéoi nel passo parallelo di Mt 23, 6. In Le 11, 43, invece, mentre
11 soggetto e alcuni oggetti (primi seggi e saluti) sono identici, il verbo è áya7ráí0.
(10) Usano il composto xocTacptXécù i passi paralleli di Mt 26, 49 e Me 14, 45, che hanno
il semplice cpiXéci quando riferiscono (Le lo omette) il segno dato dal traditore: « Quello
che bacerò, (piXr)<JCD (Mi 26, 48; Me 14, 44).
(11) Gii altri undici casi: Mt 11, 19; Gv 3, 29; 11, 11; 15, 13.14.15; 19, 12; Giac 2, 23;
4, 4; 3 Gv 15.
L'amore nel terzo vangelo 563
(12) Si ritrova in Rm 16, 16; 1 Cor 16, 20; 2 Cor 13, 12; 1 Tess 5, 26; 1 Pt 5, 14.
(13) Ricorre una volta in Mt, sette in GV, settantasette nell'epistolario paolino, tre in 1
Pt, una in 2 Pt, ventuno in 1-3 Gv, tre in Giuda, due in Ape.
(14) Apare otto volte in Mt, cinque in Me, trentasei in Gv, trentacinque nel corpus pao
lino, tre in Giac, quattro in 1 Pt, una in 2 Pt, trentuno in 1-3 Gv, una in Giud, quattro
in Ape.
564 Adinolfi
(15 Tre volte in Mt, tre in Me, ventotto nell'epistolario paolino, tre in Giac, due in 1 Pt,
sei in 2 Pt, dieci in 1-3 Gv, tre in Giud.
(16) Cinque volte in Mt, una in Me, dodici in Gv, cinque nell'epistolario paolino, cinque
in 1-3 Gv, una in Giud, tre in Ape. Cf. O. Michel, in TWNT 4 (1942) 687-698 (GLNT 7, 321-352).
(17) Sette volte in Mt, una in Me, undici nel corpus paolino, una in Giac, due in Ape.
Cf. W. Foerster, ¿xOpóc, è'xGpa, in TWNT 2 (1935) 810-815 (GLNT 3, 1305-1318).
(18) Quattro volte nell'epistolario paolino e una in Giac.
L’amore nel terzo vangelo 565
2, 35), Zaccaria parla dei nemici di Israele (Le 1, 71.74); Gesù allude
sia al « nemico » per antonomasia cioè al demonio (10, 19), sia ai
nemici dei suoi discepoli (6, 27.35), del pretendente al trono (19, 27),
di Gerusalemme (19, 43); Paolo qualifica Elima di nemico di ogni
giustizia (At 13, 10). Per Pastratto è^frpà P evangelista nota che prima
del processo civile di Gesù Erode Antipa e Pilato erano tra loro in
inimicizia (Le 23, 12).
Mettono in risalto un aspetto non raro deli-amore, quello della
pietà, della compassione, della misericordia, i verbi èXeéco (quattro
volte in Luca su trentadue volte) (19) col sostantivo zkzoQ (sei volte
su ventisette) (20) e a7rXayxvi^o[jLàL (tre volte su dodici) (21), oltre
all'aggettivo obmppicov (due volte su tre) (22).
«Abbi pietà sXst)<tov)>: è l'implorazione rivolta dal ricco epulone
ad Àbramo (16, 24), dai dieci lebbrosi (17, 13) e dal cieco di Gerico
a Gesù (18, 38.39 = Mt 20, 30.31; Me 10, 47.48). « Ebbe compassione,
eaxXaYXvicdb))) Gesù della vedova di Nairn (7, 13), il samaritano
dell'uomo aggredito dai ladroni (10, 33), il padre del figliol prodigo
(15, 20). Ad eccezione di quella del buon samaritano (10, 37), la
misericordia (eXeo<;) in Luca è solo quella di Dio, che si manifesta
verso coloro che lo temono (1, 50), verso Abramo e i suoi discen
denti (1, 54), verso Elisabetta (1, 58), verso gli ebrei di ieri (1, 72) e
di oggi (1, 78). Misericordioso (oíxTÍpfxcov) è il Padre celeste, e dun
que i suoi figli devono essere misericordiosi (oberippiover) (6, 36).
IL II tema dellamore
Stoltezza per certi pensatori greci l'amore divino. Dio non può
amare. Dio non può aver compassione. Dio non può avere nessuna
passione (rax&o<;), è per essenza impassibile, apatico (arca-iH)*;).
(19) Otto volte in Mt, tre in Me, quattordici nell'epistolario paolino, una in 1 Pt, due
in Giud. Cf. R. Bultmann, gXeog x.T.X., in TWNT 2 (1933) 474-484- (GLNT 3, 399-424).
(20) Tre volte in Mt, undici nel corpus paolino, tre in Giac, una in 1 Pt, una in 1-3 Gv,
due in Giud.
(21) Cinque volte in Mt, quattro in Me. Cf. H. Koester, <j7rXàYXV0V X.t.X. in TWNT 7
549-559.
(22) L'altro testo è Giac 5, 11. Cf. R. Bultmann otXTipco x.T.X., in TWNT 5 (1954)
163 (GLNT 8, 449-456).
566 Adinolfi
(23) Platone, Filebo 60c: « Se ci fosse un essere vivente il cui bene venisse sino a totale
e completa perfezione, quest'essere non avrebbe più bisogno di nulla; in sé avrebbe com
pleta consumazione. E questa gli è sufficiente del tutto » (tr. E. Turolla).
(24) Aristotele, Grand etica 2, 11, 1208b 30: « Vi è infatti, secondo quanto alcuni riten
gono, anche un'amicizia (cpiXetv) verso Dio e verso gli esseri inanimati, però questa è
un'opinione non giusta. Infatti noi sosteniamo che vi è amicizia soltanto dove è correspon
sione (avricpiXEtaOai), mentre invece l'amicizia verso Dio non ammette la corresponsione
e neppure in generale l’aver amicizia (cpiXe tv) : sarebbe infatti assurdo se uno dicesse di
amare (<piXeiv) Zeus » (tr. R. Plebe); Etica Nicomachea 8, 7, 1158 b 30-35: « nell’amicizia è
equo invece anzitutto ciò che è proporzionato alla quantità e in secondo luogo ciò che è
proporzionato al merito. Ciò è evidente quando vi sia molta diversità nella virtù, o nel vizio,
o nella ricchezza, o in qualcosa d’altro: in tal caso non solo non si è amici, ma non si
pretende neppure di esserlo. E ciò è evidentissimo a proposito degli dei, in quanto essi sono
moltissimo superiori riguardo a tutti i beni » (tr. A. Plebe).
(25) Cf. Diogene Laerzio, Vite di filosofi 7, 110: « Ecatone nel secondo libro Delle pas
sioni e Zenone nell'opera Delle passioni affermano che i principali generi delle passioni sono
quattro: dolore (Xu7T7]), paura (cpoßo^), concuPiscenza (eTTiOuijia), piacere (yjS0vt])ì (tr. M.
Gigante).
(26) Aristotele, Retorica 2, 8, 1385 b 13: « Definiamo dunque la pietà (eXeos) un dolore
causato da un male distruttivo o doloroso che appare capitare a una persona che non se lo
merita e che ci si può attendere di soffrire noi stessi o uno dei nostri, e ciò quando
questo male sembra prossimo » (tr. A. Plebe).
(27) Cf. M. Adinolfi, « Cristo crocifisso... stoltezza per i pagani » (1 Cor 1, 23), in AA.VV.,
La Sapienza della Croce oggi. Atti del Congresso internazionale, Roma 13-18 ottobre 1975, I,
Leumann (Torino) 1976, 24-26.
(28) Anche gli antichi testi egiziani e mesopotamici parlano, del resto, dell'amore che
gli dei hanno per gli uomini. Così ad esempio il faraone Amenemhat I nella Storia di Si-
nuhe è chiamato « l’amato di Rè », il dio Sole: cf. G. Lefebure, Romans et contes égyptiens
de Vepoque pharaonique, Paris 1949, 18. Così pure nel suo inno autoelogiativo il re di Ur
Sulgi si definisce « l’amato di Ninlil », la paredra del dio dell’atmosfera e de destini Enlil:
cf. M. Adinolfi, Da Dur Sarrukin a Eridu. Tremila anni di civiltà mesopotamica, Bor-
nato (Brescia) 1978, 155.
(29) Cf. M. Adinolfi, Appunti sul simbolismo sponsale in Osea e Geremia, in Euntes
docete 25 (1972) 126-138.
L'amore nel terzo vangelo 567
(30) Cf. A. Penna, Amore nella Bibbia, Brescia 1972, 9-21; 41-47.
(31) Sulla teologia lucana, cf. H. Conzelmann, Die Mitte der Zeit. Studien zur Theologie
des Lukas, Tübingen 1954; B. Rigaux, Testimonianza del vangelo di Luca (tr. dal fr.), Padova
1973, 297-401; E. Rasco, La Teologia de Lucas: Originen, Desarrollo, Orientaciones, Roma 1976.
(32) c. Spico, Dio e Vuomo secondo il Muovo Testamento (tr. dal fr.), Roma 1969, 65.
(33) Cf. J. Bajaed, La structure de la péricope de Nazareth en Le., IV, 16-30. Propositions
pour une lecture plus cohérente, in Ephemerides theologicae Lovanienses 45 (1969) 165-171;
L.C. Crocket, Luke 4, 25-27 and Jewish-Gentile Relations in Luke-Acts, in Journal of Bibli
cal Literature 88 (1969) 177-183; E. Rasco, La singolarità di Luca: salvezza di Dio e respon
sabilità dell’uomo, in Rassegna di Teologia 19 (1948) 24-42.
(34) Cf. B. Prete, Prospettive messianiche nell’espressione sèmeron del vangelo di Luca,
in II Messianismo. Atti della XVIII Settimana biblica, Brescia 1966, 269-284.
(35) Cf. dei testi di Qumran 1QH4, 32-33: « la moltitudine della tua misericordia verso
tutti i figli del suo beneplacito (kol benè risonò) »; 11, 9: « le tue misericordie sono per tutti
i figli del tuo beneplacito (kol benè r^sónekà) ».
568 Adinolfi
della misericordia (v. 36) di Dio esorta ad amare i nemici (vv. 27-36)
e i fratelli (vv. 37-42) (36).
In rapporto al testo parallelo di Matteo quello di Luca risulta
a volte più esigente per quanto riguarda Tamore verso il prossimo.
Così in Le 6, 30: «A chiunque (nowvi) ti chiede da' (8i8ou)»,
la specificazione 7tocvt£ assente in Mt 5, 42 e l'imperativo presente
al posto del matteano aoristo (86^) (37) mostrano che Gesù comanda
uno stile abituale di vita (e non un gesto sporadico) che non escluda
dal dono nessuna persona e nessun istante.
Mt, 5, 47 comanda di salutare (àcrTO^eiv) non solo i fratelli ma
anche i nemici. Il parallelo Le 6, 33 va oltre. Impone di far del
bene (áya0O7rot£Ív ) ai nemici, di esercitare verso di loro un amore
attivo. E gratuito, agli antipodi dell'amore utilitaristico del do ut des
che dimostriamo verso chi ci fa del bene.
Le 6, 35 prescrive un amore disinteressato al punto da prestare
anche se non spera di riavere indietro il capitale: « prestate senza
sperarne nulla ». E' un dono generoso pudicamente contrabbandato
come prestito. Mt 5, 42, invece, parla soltanto di un amore condi
scendente che non nega mai un prestito (38).
L'amore verso i nemici ha come ultima ragion d'essere il fatto che
(frri) Dio « è benevolo (xp?]<ito?) verso gli ingrati e i malvagi » (Le
6, 35). Con l'aggettivo c^e i LXX applicano spesso a Dio
in connessione con SXso^, misericordia, 7roXusXso<;, ricco di miseri
cordia e èXeyjfjicov, misericordioso C39), Gesù insegna che l'amore del-
TAltissimo traspare particolarmente dalla clemenza con cui tratta
coloro che gli sono ostili non riconoscendo i suoi benefici (40).*
(36) Sulla struttura del discorso lucano come è proposta da Soiron, Lagrange, Hirsch,
Schmidt, Hauck e Dupont, cf. Dupont, Le Beatitudini, I (tr. dal fr.), Roma 1972, 283-288.
(37 Per l'imperativo presente e aoristo cf. F. Blass-A. Debrunner (tr. and Rev. R.W.
Funk), A Greek Grammar of the New Testament and Other Early Christian Literature, Cam
bridge-Chicago 1961, 172, § 335: « the present imperative is durative or iterative, the aorist
imperative punctiliar... The result of this distinction is that in general precepts (also to an
individual) concerning attitudes and conduct there is a preference for the present, in com
mands related to conduct in specific causes (much less frequent in the NT) for the aorist ».
(38) Cf. J. Schmid, L'Evangelo secondo Luca (tr. dal ted.), Brescia 1957, 173.
(39) Cf. ad es. Sal 105[ 106], 1: « Celebrate il Signore perché è buono (xP^o^o?)? / perché
in eterno è la sua misericordia (eXso^)» ; 85[86], 5: « Perché tu, Signore, sei buono (xp^TÓ^)
e mite, / ricco di misericordia (7roXuéXeoc) con tutti quelli che ti invocano»); 144[ 145],
8-9: « Compassionevole e misericordioso (eXeV)p.6)v) è il Signore, / longanine e ricco di
misericordia (7roXuéXeoc). / Buono (xpTQaTÓs) è il Signore con tutti ».
(40) Cf. W.C. Van Unnik, Die Motivierung der Feindesliebe in Lukas VI, 32-35, in
Sparsa Collecta, I, Leiden 1973, 111-126.
L'amore nel terzo vangelo 569
(46) L'uso della terza persona plurale per omettere il nome di Dio è peculiare di Le
6, 38; 12, 20.48c (bis); 16, 9; 23, 31.
(97) Cf. J. Jeremias, Teologia del Nuovo Testamento, I (tr. dal ted.), Brescia 1972, 17-22.
(48) i LXX in Is 65, 7; Ger 39[32], 18; Sai 78[79], 12 usano « ridare, rendere, restituire
(àTroStSó[i.at) nel seno (xóXlTov)i a indicare la rimunerazione divina in senso punitivo.
(49) Cf. J. Jeremias, Le parabole di Gesù (tr. dal ted.), Brescia 1967, 262, n. 4: « La
misurazione del grano è un'operazione che viene compiuta secondo uno schema fisso. Il
venditore è accoccolato per terra e tiene la misura tra le gambe. Egli riempie dapprima
la misura a tre quarti circa e le dà una scossa vigorosa in senso rotatorio, affinché i
chiodi si assestino. Indi riempie la misura sino all’orlo e la scuote di nuovo. Ora egli
piglia il grano con entrambe le mani e con tutta la forza. Infine egli aggiunge un mucchio
a pan di zucchero, su cui batte con cautela per comprimere insieme i chicchi, e di tanto
in tanto pratica su questa punta una piccola incavatura, nella quale preme altri chicchi,
sinché nemmeno un chicco trova letteralmente più posto. In tal modo il compratore è
certo che si è raggiunta l'ultima possibilità di una misura abbondante: di più non si può ».
(50) Cf. J. Delobel, L’onction de la pécheresse. La composition littéraire de Le., VII,
36-50, in Ephemerides theologicae Lovanienses 42 (1966) 415-475; G. Bouwmann, La pécheresse
hospitalière (Le., VII, 36-50), ib. 45 (1969) 172-179; H. Drexler, Die grosse Sünderin Lukas
7, 36-50, in Zeitschrift für die neutest ament liehe Wissenschaft 59 (1968) 159-173.
(51) Cf. A. George, Parabole, in DBS 6 (1960) 1174; « Dieu est présent en chaqué para
bole puisque chacune présente un aspect de son Dessein ».
(52) Cf. P. Joüon, Reconnaissance et action de gräces dans le Nouveau Testament, in
Recherches de science religieuse 29 (1939) 112-114.
(3) Cf. M. Black, An Aramaic Approach to the Gospels and Acts, Oxford 1954, 254.
L'amore nel terzo vangelo 571
tradotto così: « le sono stati perdonati (da Dio) i suoi molti peccati
perché ama molto », mostra cioè molto amore riconoscente, come
risulta dalle esuberanti manifestazioni di venerazione per Gesù. Dio
(ácpéomou è un passivo teologico) non ha indietreggiato neppure
davanti ai tanti peccati di quella prostituta, e le ha accordato il
suo perdono C54).
Ma narrando la parabola dei due debitori Gesù intende soprat
tutto giustificare il suo vangelo mostrando il senso del proprio com
portamento di « amico dei pubblicani e dei peccatori » (7, 34). Al
fariseo, sconcertato perché egli non respinge quella peccatrice pub
blica che gli tocca i piedi e lo contamina legalmente, fa intrave
dere la medesima condotta misericordiosa di Dio (55). « Nel mini
stero di Gesù è giunto il Regno di Dio ed uno dei segni della sua
venuta è questo interessamento senza precedenti per i "perduti” » i56).
Proprio perché anch'essa paria della società del tempo (57), Gesù
ha un riguardo particolare per la donna. Mentre se ne andava per
le contrade palestinesi evangelizzando il regno di Dio « i dodici erano
con lui (aúv auT¿p) e alcune donne, che erano state guarite da spi
riti cattivi e da infermità: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano
usciti sette demoni, e Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di
Erode e molte altre (Irepai 7coXXa£) che lo assistevano (SlyjxÓvuv)
con i loro beni » (8, 1-3). Rivoluzionando concezioni e usanze del
mondo giudaico, Gesù permette a queste discepole galilee che lo
seguano e lo servano durante la sua attività apostolica C58).
Con l'inciso « ogni giorno, xa05 Tjjiipav» assente in Me 8, 34 e
Mt 16, 24, Le 9, 23 radicalizza l'amore di dedizione a Gesù richiesto
a chiunque voglia farsi suo discepolo: « prenda la sua croce ogni
giorno ». Non solo essere disposti a subire anche la morte più cru
dele e infamante, ma accettare le sofferenze e le persecuzioni quo
tidiane sull'esempio di Cristo sofferente e perseguitato (59).
(60) D. Gill, Observations of the Lukan Travel Narrative and Some Related Passages, in
The Harward Theological Review 63 (1970) 199-221; G. Ogg, The Central Section of the Gospel
according to St Luke, in New Testament Studies 18 (1971-1972) 39-53.
(61) Il logion del figlio dell'uomo si ispira chiaramente a Le 18, 10.
(62) Cf. W. Monselewski, Der barmherzige Samariter, Tübingen 1967; C. Daniel, Les
Esséniens et l’arrière-fond de la parabole du Bon Samaritain, in Novum Testamentum 11
(1969) 71-104; H. Zimmermann, Das Gleichnis vom barmherzigen Samariter: Lk 10, 25-39, in
Die Zeit Jesu. Festchrift für H. Schlier, Freiburg-Bassel-Wien 1970, 58-69; G. Sellin, Lukas
als Gleichniserzähler: Die Erzählung vom barmherzigen Samariter (Lk. 10, 25-37), in Zeit
schrift für die neutestamentliche Wissenschaft 65 (1974) 166-189; 66 (1975) 19-60.
L'amore nel terzo vangelo 573
(63) J. Jeremias, o.c., 189: « La parabola non tratta dell’insistenza della preghiera, ma
della certezza dell'esaudimento della preghiera ».
(64) E' molto caro a Luca il termine eXs'OJXOChJVT], che qui (11, 41) e in 12, 33 è « un
evidente sovraccarico » secondo J. Dupont, Le Beatitudini (tr. dal fr.), I, Roma 1972, 369. Ad
eccezione di Mt 6, 2.3.4 dove si parla del modo come non fare e come fare elemosina,
in tutto il Nuovo Testamento è solo Luca a usare il vocabolo: due volte nel vangelo e
otto volte negli Atti: nella pericope dello storpio che mendicava alla porta Bella del tempio
(3, 2.3.10); a proposito delle beneficenze di Tabità (9, 36) e del centurione Cornelio (10,
2.4.31) e della colletta raccolta da Paolo per la chiesa madre (24, 17).
(65) E' noto che questo è uno dei versetti più difficili del terzo vangelo per via del
TOC évóvroc (il « quod superest » della Volgata latina) che Gesù esorta i farisei a dare in
elemosina. Ad esempio R. Bultmann, sXeo£ x.tX.., TWNT 2 (1933) 483 n. 8 (GLNT 3,
422 n. 8), dà queste possibili traduzioni: « Ma per quanto riguarda il vostro intimo, fate
elemosina! », « ciò che è dentro » oppure « ciò che è a vostra disposizione, datelo in ele
mosina! ». Cf. J. Dupont, o.c., 452-456.
(66) Cf. F. Hauck, ¡lOiiMùvàq in TWNT 4 (1942) 390-392 (GLNT 6, 1047-1054); P. Colella,
De mamona iniquitatis, in Rivista biblica 19 (1971) 427-428; H.P. Rüger, Mamonas, in Zeit
schrift für neutestamentliche Wissenschaft 64 (1973) 127-131.
(67) Cf. W. Michaelis, ctX7]VY) x.t.X., in TWNT 7 (1964) 378-379 (GLNT 12, 477-479).
574 Adinolfi
(68) Cf. Rashi, in P. Billerbeck, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und
Midrasch, II, München 1924, 191: « I nostri Maestri hanno spiegato che il corvo è crudele
verso i suoi piccoli... Quando si fanno grandi, diventano neri e allora i loro genitori li
amano, ma all'inizio sono bianchi (senza penne) e per questo essi li odiano ».
(89) Cf. W. Pesch, Zur Formgeschichte und Exegese von Lk 12, 32, in Biblica 41 (1960) 25-40.
(70) Cf. invece Ger 18, 7-8: « 7 Talvolta nei riguardi di un popolo o di un regno io decido
di sradicare, di abbattere e di distruggere; 8 ma se questo popolo, contro il quale avevo
parlato, si converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di fargli ».
(71) Cf. R. Bultmann, Die Geschichte der Synoptischen Tradition, Göttingen 1957, 192-193.
L’amore nel terzo vangelo 575
(72) Impediti dall'esercitare le funzioni sacerdotali secondo Lev 21, 17-21, costoro sono
a Qumran esclusi dall'assemblea dei notabili e dalla guerra escatologica. Cf. lQSa 2, 3-9:
« Chiunque sia colpito da una qualsiasi impurità umana, non entrerà nella congregazione
di Dio. Chiunque è colpito da queste (impurità) sicché non possa tenere un posto nel
l’assemblea e chiunque è colpito nella sua carne, paralizzato ai piedi o alle mani, zoppo o
cieco o sordo o muto, colui che è colpito nella sua carne da una tara visibile agli occhi,
o un uomo vecchio, vacillante, da non potere reggere in mezzo all'assemblea, costoro non
entreranno a partecipare in seno all'assemblea dei notabili, giacché angeli santi sono nella
loro assemblea »; 1QM 7, 4-5: « Uno zoppo, un cieco, uno storpio, chiunque ha, nel suo
corpo, qualche difetto permanente o è colpito da una qualche impurità corporale, nessuno
di costoro potrà andare con essi alla guerra » (tr. L. Moraldi).
(73) Cf. E. Neuhäuser, Exigence de Dien et morale chrétienne (tr. de Tal.), Paris 1971,
61: « L'intention de l’homme, en teutes ses entreprises, ne doit avoir qu’un seul but: Dieu.
Dès qu’un acte de charité humaine ne tient plus compte de l'amour de Dieu, il reste
enfermé dans le cadre du monde, et cela limite aussi ses effets. Mais heureux celui dont
l'acte de charité était exempt de tout calcul, et qui n'a pas regu dès ici-bas ses "hono-
raires" ».
(74) C.H. Giblin, Structural and Theological Considerations on Luke 15, in Catholic
Biblical Quarterly 24 (1962) 15-31.
(75) Cf. W. Trilling, L’annuncio di Cristo oggi. Pastorale e nuova esegesi (tr. dal ted.),
Roma-Brescia 1970, 110-124.
(76) J.T. Sanders, Tradition and Redaction in Luke XV.11-32, in New Testament Studies
15 (1968-69) 433-438; L. Schottroff, Das Gleichniss von verlorenen Sohn, in Zeitschrift für
Theologie und Kirche 68 (1971) 27-52.
(77) Baba Mesia T 8, 26.
(78) Tohorot 7, 5: « Se gli agenti delle imposte entrano in una casa, la casa è impura ».
576 Adinolfi
(79) Sanhedrin 25 b.
(80) Cf. J. Dupont,Les implications christologiques de la parabole de la brebis perdue,
in AA.VV., Jesus aux origines de la christologie, Louvain-Gembloux 1975, 331-350.
(81) Cf. E. Rasco, Le parabole di Luca XV, in I. de La Potterie, Da Gesù ai Vangeli.
Tradizione e redazione nei vangeli sinottici (tr. dal fr.), Assisi 1971, 208-229; J. Jeremias,
Tradition und Redaktion in Lukas 15, in Zeitschrift für die neutestamentliche Wissenschaft
62 (1971) 172-189.
(82) Circa la differenza di ottica tra la pecorella smarrita di Mt 18, 12-14 e la pecorella
perduta di Le 15, 3-7, cf. J.M. Lagrange, Evangile selon Matthieu, Paris 1948, 351: « Mais il
y a cette différence que dans Mt. l’accent est sur la recherche, dans Le. sur la joie de
trouver. Dans Mt. Jésus invite les forts ou les pasteurs à ramener les faibles; Le. met
surtout en relief la joie divine du perdón. Mt. insiste sur le devoir à remplir par les
hommes; Le. pénètre dans le coeur de Dieu. Mt. donne une règie aux apotres, Le. défend
le Sauveur dans sa bonté pour les pécheurs ».
L'amore nel terzo vangelo 577
(83) Cf. K.H. Rengstorf, Die Re-Investitur des Verlorenen Sohnes in der Gleichniser
zählung Jesu, Luk. 15, 11-32, Düsseldorf 1966.
(84) e.G. Gulin, Die Freunde im Neuen Testament, I, Helsinki 1932, 99.
(85) Secondo J. Jeremias, o.c., 18, qui e in 12, 8.9 « il genitivo 0eoü sembra un'aggiunta
secondaria ».
(86) Non è seguita la sentenza, che nega la forza di un paragone nella particella
di K. Bornhäuser, Studien zum Sondergut des Lukas Gütersloh 1934, 124.
(87) E’ del tutto fuori strada il Vangelo di Tommaso 107: « Gesù ha detto: Il regno è
simile a pastore con cento pecore. Una di esse si smarrì, la maggiore. Egli lasciò le novan
tanove e cercò l'unica, finché la trovò. Stanco, disse alla pecora: ti amo più delle novan
tanove » (tr. M. Erbetta). Lo stesso si dica del Vangelo della verità 23.24: « E' lui il pastore
che ha lasciato le novantanove pecore che non si erano sviate ed andò alla ricerca di quella
che si era smarrita. Quando la trovò, ne gioì. Il novantanove è un numero calcolato sulla
mano sinistra che lo tiene. Appena però l'uno è stato trovato, il numero intero passa alla
destra. Così accade a chi manca dell’uno, cioè della destra intera. Questa attira ciò che è
mancante, prendendolo dalla parte sinistra. Esso passa alla destra e così il numero diventa
cento... Questi (il Padre) ha lavorato anche in giorno di sabato per la pecorella che trovò
caduta nella fossa. Salvò la vita alla stessa, col riportarla su dalla buca » (tr. M. Erbetta).
Secondo questi apocrifi la pecorella smarrita è il pneumatico perdutosi nel tenebroso mondo
ilico e riportato poi da Dio nella luce della salvezza.
578 Adinolfi
(88) Cf. C. Spicq, La parabole de la veuve obstinée et du juge inerte, aux décisions
impromptues (Le XVIII, 1-8), in Révue biblique 68 (1961) 68-90; R. Deschriver, La parabole
du juge malveillant (Lue 18, 1-8), in Révue d’histoire et de Philosophie religieuses 48 (1968)
355-366; J.D.M. Derret, Law in the New Testament: The Parable of the Unjust Judge, in
New Testament Studies 18 (1971-72) 178-191.
(89) Cf. H. Kahlefeld, Paraboles et legons dans VEvangile (tr. de Tal.), II, Paris 1970,
64: « de mème que Dieu est présente comme le Seigneur absolu et, simultanément, comme
Celui qui aime, d'une manière inconcevable..., ainsi on exige que 1'attitude de 1'homme en-
vers le Vivant soit un abandon et une soumission inconditionnels mais, en mème temps,
une intimité sans crainte et un amour qui assure soutien et protection ».
L'amore nel terzo vangelo 579
e del pubblicano (18, 9-14) (90). Ancor prima che quegli abbandoni
il suo sciagurato mestiere e compia le riparazioni prescritte, Dio
concede il suo perdono e la sua grazia al pubblicano che, in acco
rata umiltà, riconosce di essere peccatore e implora la pietà celeste.
Nessuna « giustificazione », invece, per il fariseo che, nella sua orgo
gliosa autosufficienza, crede di non aver nulla da farsi condonare
e si vanta delle sue opere buone comandate dalla legge (91).
Quello che le parabole della misericordia fanno intravedere in
figura si attua nel ministero di Gesù. Nella persona del Figlio del-
l’uomo esplode la misericordia di Dio che cerca e salva dalla po
tenza del male e del peccato ciò che era perduto. E' il caso di Zac
cheo (19, 1-10), capo dei pubblicani e facoltoso. Un caso dunque
estremamente difficile, che Gesù risolve realizzando ancora una volta
l'oggi escatologico della salvezza (92). E, nonostante gli scandalizzati
commenti della gente, arriva ad attribuire la figliolanza spirituale
di Abramo a Zaccheo che ha manifestato prima il desiderio ansioso
e fattivo di vederlo, poi la gioia di accoglierlo in casa dopo che il
Signore (93) si è autoinvitato, infine il proposito di risarcire estor
sioni e frodi con una generosa prodigalità che va oltre ogni legge e
usanza (94).
(90) Cf. E. Fuchs, Zur Frage ach dem historischen Jesus, Tübingen 1965, 154-160.
(91) A commento delle parole di R. Nehuniah ben Haqqana (c. 70 d.C.) nell’uscire dal
l'accademia: « ringrazio di quanto ho avuto in sorte » (Berakhot 4, 2), i rabbini suggeri
vano di fare la preghiera riferita da Berakhot 28 b: « Io ti ringrazio, Signore, Dio mio, di
aver posto la mia sorte fra coloro che risiedono nell’Accademia, e di non aver posto la
mia sorte fra coloro che stanno nei carri (per le gare ginniche), perché io mi alzo presto
e anch’essi si alzano presto, ma io mi alzo per lo studio della Legge, mentre essi si
alzano per cose faute; io mi affatico e anch’essi si affaticano, ma io mi affatico e ricevo
un compenso (da Dio), mentre essi si affaticano e non ricevono alcun compenso; io corro
e anch’essi corrono, ma io corro verso la vita futura, mentre essi corrono verso la fossa
della corruzione » (tr. E. Zolli).
(92) cf. W.C. Van Unnik, L’usage de acó^etv « sauver » et des dérivés dans les évangiles
synoptiques, in AA.VV., La formation des Évangiles. Problème Synoptique et Formgeschichte,
Bruges 1957, 178-194; F. Bovon, Le salut dans les écrits de Lue. Essai, in RThPh 23 (1973)
296-307.
(93) Cf. I. de La Potterie, Le titre Kyrios appliqué à Jésus dans V¿vangile de Lue, in
Mélange Rigaux, Gembloux 1970, 117-146.
(94) Cf. J. Dupont, Le Beatitudini, I (tr. dal fr.), Roma 1972, 898-904.
580 Adinolfi
.95) Cf. S. Ambrogio, Hymni, Aeterne rerum conditor 2 .PL 16, 1473): « Jesu, labantes
respice, / et nos videndo corrige: / si respicis, lapsus cadunt, / fletuque culpa solvitur ».
(96) Cf. J. Blinzler, II processo di Gesù (tr. dal ted.), Brescia 1966 , 420-421: «Anche
questa preghiera parla dell’ignoranza dei nemici di Gesù, ma non dice che essi abbiano
agito erroneamente senza colpa. Che se non vi fosse stata colpa, non vi sarebbe stata
necessità d'intercessione ».
(97) K. Aland, The Greek New Testament, Stuttgart 1967, XI
(96) B.M. Metzger, A Textual Commentary on the Greek New Testament, Stuttgart 1971,
180, nega che la preghiera sia stata espunta perché la caduta di Gerusalemme poteva sem
brare la prova che Dio non aveva esaudito suo Figlio (la Bibbia TOB, invece, sostiene
questa possibilità). E continua affermando che il logion « bears self-evident tokens of its
dominical origin ».
(99) Contro P. Benoit, L'Ascension, in Exégèse et Théologie, I, Paris 1961, 391 n. 2; P.
Grelot, « Oggi sarai con me nel Paradiso » (Le 23, 43), in Dalla morte alla vita (tr. dal fr.),
Torino 1975, 115-133, e altri che pensano « a uno stadio intermedio e a un luogo di sog
giorno provvisorio per i giusti », J. Dupont, Le Beatitudini (tr. dal fr.), II, Roma 1977, 208,
ritiene che Gesù promette al buon ladrone « una salvezza che si realizzerà nell’istante stesso
della morte ».
L'amore nel terzo vangelo 581
* * *
Marco Adinolfi
(100) J. Dupont, Il metodo parabolico di Gesù (tr. dal fr.), Brescia 1978, 27.
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