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Centrafrica.

Ottocento musulmani salvati dai


cattolici: «Senza la Chiesa, ora saremmo tutti
morti»
febbraio 25, 2014 Leone Grotti

A Carnot i sacerdoti cattolici difendono musulmani dando loro rifugio in parrocchia, nonostante gli
anti-balaka minaccino di bruciarla. «Gli anti-balaka non sono cristiani. Sono ladri e banditi»

«Se non fosse per la Chiesa cattolica e per i militari


camerunensi ora saremmo tutti morti». Mahmoud Laminou è uno degli 800 musulmani di Carnot,
nell’ovest del Centrafrica, che dopo essere scappati dalle milizie animiste anti-balaka hanno trovato
rifugio in una chiesa della città.

SPIRALE DI VENDETTE. Dopo aver conosciuto mesi di violenze terribili contro i cristiani da
parte delle milizie musulmane della coalizione Seleka, oggi quasi interamente evacuate dal paese,
oggi il Centrafrica vede la sua stabilità minata dagli anti-balaka, a cui si sono uniti anche alcuni
cristiani desiderosi di vendicarsi contro la popolazione musulmana per le angherie subite.
BRUCIARE LA CHIESA. Molti dei musulmani
rifugiati nella chiesa di padre Rigobert Dolongo vengono da Guen, città a 100 chilometri di
distanza, dove almeno 70 musulmani sono stati uccisi negli ultimi giorni. La chiesa, protetta per il
momento dai militari del Camerun, è ora accerchiata dagli anti-balaka che hanno portato sul posto
più di 40 litri di gasolio per dare fuoco all’edificio.
«Camminando per la città mi hanno puntato la pistola alla tempia già quattro volte», spiega all’Ap
padre Justin Nary (a destra con un musulmano, ndr), che cerca casa per casa i musulmani da trarre
in salvo. «Mi chiamano sul cellulare e mi dicono che non appena i militari se ne saranno andati mi
uccideranno».

NON C’È SICUREZZA. Ahamat Mahamat, musulmano di 41 anni, faceva il fotografo ai


matrimoni prima che il paese fosse investito dal colpo di Stato islamico di Djotodia. E anche ora
che è stato destituito, il governo provvisorio non è in grado di garantire la sicurezza degli islamici.
«Mio fratello è stato ucciso. Io sono nato qui, sono cresciuto qui e non ho mai avuto problemi con
nessuno. Molti miei vicini sono venuti a trovarmi qui in chiesa per portarmi da mangiare».

«SENZA LA CHIESA SAREI MORTO». Marafa Abdulhamane, 73 anni, prega Allah in chiesa
insieme ai suoi amici. Ride quando qualcuno gli chiede se avrebbe mai pensato di andare a vivere in
una chiesa: «Senza la chiesa ora sarei morto, ma i cristiani hanno distrutto il mio negozio e mi
hanno ordinato di andarmene dal paese. Non vogliono più niente di islamico attorno».
L’unico argine alla violenza degli anti-balaka sono i preti cattolici, che hanno dato fondo a tutte le
loro risorse per tenere i musulmani al riparo: «Per noi non esistono musulmani o cristiani. Qui ci
sono solo persone in pericolo», afferma padre Dieu-Seni Bikowo. «Gli anti-balaka non sono
cristiani. Sono ladri e banditi che stanno approfittando della rabbia generalizzata contro i
musulmani».

L’ESEMPIO DEI SACERDOTI. I sacerdoti di Carnot non sono gli unici a difendere gli islamici.
Anche in altre città del Centrafrica molti preti fanno lo stesso, come padre Xavier Fagba a Boali,
che nella sua chiesa ospita 650 musulmani, anche se alcuni di loro si sono macchiati di crimini
orrendi contro i cristiani nei mesi scorsi: «Io li aiuto come pastore e come cristiano. Lo faccio in
nome della mia fede, non mi importa se sono musulmani».

Nigeria, Boko Haram attacca un collegio nella


notte: 43 morti. Vittime sgozzate e date alle
fiamme
febbraio 25, 2014 Redazione

Assalto ad ostello che ospitava ragazzi tra gli 11 e i 18 anni: alcuni sono stati sgozzati, altri sono
morti nell’incendio. Le scuole diventano obiettivo frequente se non insegnano la sharia

Nigeria, Boko Haram continua a seminare morte e


paura. 43 sarebbero le vittime dell’attacco che la scorsa notte ha preso come obbiettivo un collegio
a Buni Yudi, nello stato nord-orientale di Yobe. Le vittime sono tutti maschi, in maggioranza
studenti tra gli 11 e i 18 anni, che stavano dormendo nelle camere del collegio stavano quando,
attorno alle 2 di notte, il commando della setta armata islamica ha compiuto la sua azione.

PRIMA GLI SPARI, POI L’INCENDIO. La ricostruzione è quella fatta dal portavoce delle forze
armate, Lazarus Eli: prima alcuni uomini avrebbero sparato alcuni colpi contro l’ostello del
collegio. Quindi sarebbe cominciata la mattanza: alcuni dei ragazzi sarebbero stati sgozzati dai
ribelli, altri ancora uccisi a colpi d’arma da fuoco. Infine, è stato appiccato un incendio alla
struttura, all’interno della quale sarebbero morti altri giovani. La struttura è stata letteralmente
divorata dalle fiamme, crollata a terra durante la notte e i morti ridotti in cenere.

SCUOLE E UNIVERSITA’. Nei quattro anni e mezzo di sangue che hanno segnato il nord-est
della Nigeria, non è la prima volta che una scuola diventa obiettivo delle azioni di Boko Haram, che
anzi con frequenza attacca istituti e collegi. Il fine è quello di minacciare e indebolire quelle scuole
in cui non viene seguita la sharia, cercando di lasciare sicure solo gli istituti di ispirazione
musulmana. Spesso poi le azioni sono rivolte contro quei ragazzi e quelle scuole che seguono
curriculum di studi troppo “occidentali”, negando così quello che il nome Boko Haram stesso
significa, “l’educazione occidentale è peccato”: con questo criterio a fine settembre alcuni uomini
armati fecero più di 50 morti nel campus universitario di Gujba.

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