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G = ρV = cost (12.1)
L 1 L
I 2 − I1 = − 4 τ p = − 4 f ρV 2 (12.2)
De 2 De
τp
f = (12.3)
ρ V 2 /2
I 2 − I 1 = p 2 − p1 = − Δp
Δp De
f ′= 2
ρV / 2 L
1 ⎛ ε 2.51 ⎞
= − 2log10 ⎜⎜ + ⎟
⎟ (12.4)
4f ⎝ 3.7 De Re 4 f ⎠
1 ⎛⎛ ε ⎞ 1.11
6.9 ⎞⎟
= − 1.8log 10 ⎜ ⎜⎜ ⎟ +
4f ⎜ ⎝ 3.7 De ⎟⎠ Re ⎟
⎝ ⎠
H = h + V 2 / 2 = cost (12.5)
1 dx
dI = dp + ρVdV = − 4 f ρV 2 (12.7)
2 De
dH = dh + VdV = 0 (12.8)
VdV = − dh = − c p dT (12.9)
Moti compressibili con attrito 377
V 2 dV/V = − γ cv dT (12.10)
dT dρ
cv = M 2R (12.11)
T ρ
dT R dρ (12.12)
ds = cv −
T ρ
per cui, sostituendo la (12.11) nella (12.12) e tenendo conto della (12.6), si
ottengono le relazioni:
cv ⎛ ∂T ⎞ M2
⎜ ⎟ = (12.14)
T ⎝ ∂s ⎠ G ,H M 2 −1
V2
=
(γ - 1) M 2
2c pTo 2 + (γ - 1) M 2
1 dx
dI = dp + GdV = − 4 f ρV 2 <0 (12.15)
2 De
dH = To ds + dpo /ρ o = 0
punto più in basso A' (risp. più in alto A") corrisponde un numero di Mach
subsonico più (risp. supersonico meno) elevato e, quindi, un fattore di
efflusso maggiore (si veda in proposito la Fig. 10.2).
Come già visto al par. 8.2, attraverso le onde d’urto normali
adiabatiche, le tre grandezze G, I e H restano costanti. Poiché la curva di
Fanno è caratterizzata da G e H costanti, se si riguarda un qualunque punto
del suo ramo supersonico come rappresentativo delle condizioni a monte di
un’onda d’urto normale, il punto che fornisce le condizioni a valle di detta
onda d’urto deve trovarsi sulla medesima curva di Fanno, sul ramo subsonico
e ad un livello entropico maggiore (si veda anche la qualitativa Fig. 8.6).
Nel diagramma in basso della Fig. 12.4 sono mostrati sul piano di
Gibbs i due punti a monte X, e a valle Y, di un onda d’urto normale, che
appartengono alla stessa curva di Fanno. Invece, nella parte superiore della
figura sono rappresentate le due curve che mostrano l’andamento
dell’impulso specifico I, una relativa al ramo subsonico e l’altra a quello
384 Fluidodinamica II
dT V 2 dV dV
=− = − (γ − 1) M 2 (12.17)
T c pT V V
p dp 2dV 2a 2 ⎛ dρ dT ⎞ 2dV
+ = ⎜⎜ + ⎟+ =
ρV 2 / 2 p V γV2 ⎝ ρ T ⎟⎠ V
2 ⎛ dV dV ⎞ 2dV
= ⎜− − (γ − 1) M 2 ⎟+ =
γ M2 ⎝ V V ⎠ V
⎛ 2 γ − 1 ⎞ dV 2 ⎛ 1 ⎞ dV
= ⎜⎜ 2 − − 2 ⎟⎟ = ⎜1 − 2 ⎟
⎝ γM 2
γ ⎠ V γ ⎝ M ⎠ V
2 ⎛ M 2 − 1 ⎞ dV dx
⎜ ⎟ = −4f (12.18)
⎜
γ⎝ M ⎠V 2 ⎟
De
386 Fluidodinamica II
e, tenendo conto della (7.53) valida per moti omoenergetici, si ottiene infine:
M 2 −1 dM 2 dx
= − 4f (12.19)
⎛ γ −1 2 ⎞ M 2
De
γ M 2 ⎜1 + M ⎟
⎝ 2 ⎠
L12 L* L*
4f = 4f 1 −4f 2 (12.20)
De De De
4fL1* / De
4fL12 / De 4fL2* / De
1 2
⎛ γ +1 2 ⎞
M ⎟
4 fL* 1− M 2 γ +1 ⎜ 2
= + ln ⎜ ⎟ (12.21)
De γ M2 2γ ⎜ 1 + γ −1 M 2 ⎟
⎜ ⎟
⎝ 2 ⎠
−1
T T To γ + 1⎛ γ −1 2 ⎞
*
= *
= ⎜1 + M ⎟ (12.22)
T To T 2 ⎝ 2 ⎠
γ pρV M
G = ρV = = γ p
γ p γ RT
−1
p T 1 1 γ + 1⎛ γ −1 2⎞
= = ⎜1 + M ⎟ (12.23)
p* *
T M M 2 ⎝ 2 ⎠
388 Fluidodinamica II
V* ρ p T* T* 1 1 2 ⎛ γ −1 2 ⎞
= * = * = = ⎜1 + M ⎟ (12.24)
V ρ p T T M M γ + 1⎝ 2 ⎠
γ
* −1
po po p p 1 γ + 1⎛ γ −1 2 ⎞ ⎡ 2 ⎛ γ − 1 2 ⎞ ⎤ γ −1
*
= * *
= ⎜1 + M ⎟ ⎢ γ + 1 ⎜1 + 2 M ⎟ ⎥ =
po p p po M 2 ⎝ 2 ⎠ ⎣ ⎝ ⎠⎦
γ +1
1 ⎡ 2 ⎛ γ − 1 2 ⎞⎤ 2 (γ −1)
= ⎢ γ + 1 ⎜1 + 2 M ⎟ ⎥ (12.25)
M ⎣ ⎝ ⎠⎦
⎡ γ +1 ⎤
Δs γ − 1 ⎢ 2 ⎛ To ⎞ ⎛ 2To ⎞ − γ ⎥ 1
= ln ⎢ ⎜ − 1⎟ ⎜⎜ ⎟⎟
cp 2γ γ −1 ⎝T ⎠ ⎝ (γ + 1)T ⎠ ⎥
⎢⎣ ⎥⎦
−1 / 2
I p 1+ γ M 2 1+ γ M 2 ⎡ ⎛ γ − 1 2 ⎞⎤
= * = ⎢ 2(γ + 1) ⎜1 + M ⎟⎥ (12.27)
I *
p γ +1 M ⎣ ⎝ 2 ⎠⎦
γ +1 ⎛ γ +1 ⎞ 1
ln⎜ ⎟−
2γ ⎜⎝ γ −1 ⎟⎠ γ
po1 A* A1
= =
po* A1* A1*
punto O), qui supposte costanti. Si noti che il ramo supersonico (inferiore)
delle curve di Fanno è stato tratteggiato perché decisamente non percorribile
in quanto le condizioni d’ingresso nel condotto sono subsoniche.
Attenzione: Poiché, mentre nella teoria degli ugelli la pressione di
ristagno è supposta costante, in un moto alla Fanno essa diminuisce
continuamente, quindi, per po quì s’intende la pressione nel serbatoio.
Le curve di funzionamento del tipo a della Fig. 12.7, relative a
4 fL/De = 0, cioè al solo ugello convergente, sono equivalenti alle curve f di
Fig. 10.3. Nel piano T - s (Fig. 12.8), la trasformazione corrispondente
coincide con il segmento verticale che parte dalle condizioni di ristagno O e il
cui punto finale in basso A risulta essere quello di massima entropia della
curva di Fanno più interna (più a sinistra). Poiché, in questo caso, all’uscita
dell’ugello si raggiungono le condizioni critiche (M = 1), il flusso di massa
sarà il massimo possibile per le condizioni di ristagno ( To e po ) prefissate.
Anche se il fluido non percorre alcun tratto della curva di Fanno che
ha la sua massima entropia in A, la curva è stata lo stesso riportata nella Fig.
12.8 al fine di mostrare che il flusso di massa in questo caso è massimo.
Aggiungendo all’ugello un condotto a sezione costante con attrito, in
particolare quello avente 4 fL/De = 0.33, il flusso di massa deve chiaramente
diminuire perché il moto del fluido deve vincere gli sforzi tangenziali alla
parete del condotto a sezione costante. La necessità di dover percorrere una
determinata lunghezza di condotto in presenza d’attrito comporta, infatti, una
diminuzione del numero di Mach (ovvero un aumento della pressione) nella
sezione d’uscita dell’ugello (ad esempio, punti B delle Figg. 12.7 e 12.8) e
questo spiega l’andamento delle curve b.
Il fluido entra, quindi, nel condotto con un numero di Mach subsonico
(nella fattispecie: MB ≅ 0.65) e, come già detto, accelera diminuendo nel
frattempo la sua pressione. Poiché la pressione ambiente è nulla, anche in
questo caso si raggiunge la condizione critica (sonica) all’uscita del condotto
a sezione costante (punti E delle Figg. 12.7 e 12.8) e si realizzerà L = L* .
Se si volesse ora allungare il condotto a sezione costante (ad esempio
fino a 4 fL/De = 1) senza voler variare il flusso di massa (e, quindi, il numero
di Mach all’uscita dell’ugello), ciò non sarebbe possibile perchè il fluido
raggiungerebbe le condizioni soniche sempre nella sezione corrispondente al
punto E, cioè in una sezione posta prima di quella di uscita del condotto.
Questo evento non è realizzabile perché non consentirebbe al fluido di
procedere lungo il condotto. Ne consegue che le condizioni soniche si
possono raggiungere solo nella sezione d’uscita del condotto.
Moti compressibili con attrito 395
p B con la curva di Fanno che nella Fig. 12.8 passa per il punto C e ha il suo
massimo dell’entropia nel punto N.
Si vuole ora analizzare il funzionamento dello stesso sistema
supponendo che la pressione ambiente sia fissata, ad esempio, al valore di
quella del punto N di Fig. 12.7, e che la lunghezza del condotto vada via via
aumentando. Le diverse curve di funzionamento sono mostrate nella Fig.
12.9. Evidentemente, le curve c coincidono con quelle della Fig. 12.7 con
l’unica differenza che all’uscita del condotto non si può più avere il ventaglio
d’espansione, perché la p N è esattamente uguale alla pressione ambiente.
Anche le curve a e b restano uguali a quelle di Fig. 12.7; infatti,
poiché la pressione ambiente pa è inferiore a quella dei punti A e E, in
entrambi i casi, il moto è strozzato all’uscita del condotto (M = 1) e il fluido
raggiunge la pressione ambiente attraverso un ventaglio d’espansione.
Invece, allungando il condotto sino al valore 4 fL/De = 3, il moto non
è più strozzato, perché la pressione critica p P per questo condotto più lungo,
come mostrato nella Fig. 12.7, risulta minore della pressione ambiente
pa = p N = pQ . Il moto, quindi, non può più essere sonico all’uscita del
condotto e, pertanto, viene ad essere rispettata la condizione di Kutta.
Ovviamente, le curve indicate con la lettera d nei diagrammi della
Fig. 12.9 sono diverse dalle corrispondenti curve d di Fig. 12.7 come, in
particolare, rilevabile dai due diversi andamenti del numero di Mach.
Nel piano T - s (Fig. 12.10) questi effetti sono più facilmente
comprensibili, poiché si nota immediatamente che la pressione ambiente,
coincidente per ipotesi con la pressione nel punto N, è maggiore della
pressione critica corrispondente al valore di 4 fL* /De = 3. La curva relativa
alla pressione ambiente interseca nel punto Q una curva di Fanno più esterna
(più a destra) di quella relativa al punto P di Fig. 12.8, nel ramo subsonico.
Dato un valore del parametro adimensionale 4 fL/De , è interessante
analizzare il comportamento della pressione e del numero di Mach sia nella
sezione d’ingresso del condotto (che coincide con quella all’uscita
dell’ugello), che in quella di uscita, al variare della pressione ambiente.
La curva a tratto continuo della Fig. 12.11a (le curve di figura sono,
in particolare, relative al caso specifico di 4 fL/De = 1 e γ = 1.4) rappresenta
il rapporto tra la pressione all’uscita del condotto pu e la pressione di
ristagno nel serbatoio po in funzione della pressione ambiente pa , anch’essa
adimensionalizzata mediante la po .
Quando la pressione ambiente è uguale a quella di ristagno, il
Moti compressibili con attrito 399
a) b)
Fig. 12.11 – Andamento di pi /po, pu /po, Mi e Mu in funzione di pa /po per il moto alla
Fanno in un condotto collegato ad un convergente (4fL/De = 1)
d’efflusso già definito dalla (10.8), ma, in generale, non uguale al terzo
membro della (10.7). Quindi, la curva relativa a 4 fL/De = 0 (cioè al solo
ugello convergente) è equivalente a quella mostrata, in forma dimensionale,
nella Fig. 10.5 e il valore massimo del fattore d’efflusso, per γ = 1.4, vale
0.8102, così come indicato dalla (10.9) e dal grafico di Fig. 10.2 il quale,
nella sua parte destra, coincide con la curva di Fig. 12.12.
All’aumentare del numero di Fanno 4 fL/De , il moto strozza per
pressioni ambiente via via più basse e questo giustifica la diminuzione della
lunghezza del tratto orizzontale a portata costante (si veda anche l’andamento
della p* nella Fig. 12.7). Questo comportamento può essere anche
riconosciuto dall’andamento crescente della linea tratteggiata (che divide
ciascun diagramma in due parti) rappresentativa proprio del luogo dei
massimi valori della pressione ambiente che si possono raggiungere quando
si ha la condizione critica (M = 1) all’uscita del condotto.
All’aumentare di 4 fL/De , la diminuzione della portata di massa è
giustificata dall’aumento dell’importanza relativa degli effetti degli sforzi
tangenziali alla parete. Si noti ad esempio che, per 4 fL/De = 1, il valore
critico della pressione ambiente è pari a circa 0.4 po (come d’altronde
indicato dalle Figg. 12.7 e 12.11a) e la portata massima è di poco superiore a
circa il 75% della portata massima per il solo ugello convergente.
La determinazione della curva di funzionamento del sistema ugello
convergente più condotto, indicato nel diagramma in alto della Fig. 12.9, è
abbastanza semplice nell’ipotesi per la quale il moto è strozzato, mentre
risulta leggermente più complessa nel caso in cui deve essere soddisfatta la
condizione di Kutta.
Ad esempio, facendo riferimento al diagramma in basso della Fig.
12.7, per determinare le condizioni termofluidodinamiche nei punti C e N (la
sezione d’uscita è sempre critica per tutti i valori di pa /po inferiori a quello
relativo al punto N) si deve semplicemente entrare nelle tabelle del moto alla
Fanno con il rapporto 4 fL/De (che nella fattispecie coincide con quello
critico 4 fL* /De ) e ricavare i rapporti p1/p* , T1/T * , ρ1/ρ * , po 1/po* ed il numero
di Mach M1 nella sezione d’ingresso del condotto a sezione costante (qui
indicata come sezione 1). Una volta noto questo numero di Mach, si possono
utilizzare le relazioni del moto isoentropico (nell’ugello) per la
determinazione delle condizioni termofluidodinamiche nella sezione 1 a
partire da quelle note di ristagno. Da queste condizioni e dai rapporti ricavati
in precedenza si possono poi facilmente calcolare anche le condizioni critiche
(nel punto N); ad esempio pN /po1 = p*/po1 = p*/p1 × p1/po 1 .
Moti compressibili con attrito 403
p 2 p * p1
p2 = po 1
p * p1 po1
quello percorribile a partire dal punto C stesso. Infatti, seguendo una curva
tutta subsonica a partire dal punto C, dopo aver percorso un dato tratto di
condotto, il fluido passa per le condizioni indicate dal punto Y. Questo spiega
la maggiore lunghezza del tratto L*1 (corrispondente al punto Q) rispetto a
quello L*2 (corrispondente al punto A) nella Fig. 12.13.
Per qunto detto alla fine del par. 12.4, in regime supersonico, ovvero
a partire dal punto X, la lunghezza che porta alle condizioni critiche è ancora
inferiore in virtù della maggiore rilevanza delle perdite di carico. Questa
circostanza è, d’altra parte, facilmente riscontrabile nella Fig. 12.6, dove i
due punti corrispondenti a X e Y sono due punti che hanno lo stesso
impulso specifico e due diversi numeri di Mach, supersonico e subsonico
rispettivamente. Dalla figura si nota che, come già affermato nel par. 12.4, a
408 Fluidodinamica II
Per questi punti, cambia, quindi, la sola quantità 4 fL* /De . La determinazione
dei due punti J e N è lievemente più complessa e sarà affrontata in seguito.
Si supponga, ora, che il condotto abbia una lunghezza minore di
quella critica supersonica L*3 , così come rappresentato in Fig. 12.15 dove il
condotto appare estremamente corto per quanto già detto all’inizio del
paragrafo 12.5. Tale ipotesi equivale a tagliare il condotto tra le sezioni
corrispondenti ai punti X e O di Fig. 12.13, ad esempio poco dopo J, ed
eliminando il tratto di condotto a valle. Si supponga, inoltre, che la pressione
ambiente possa variare da un valore nullo fino a quello di ristagno.
Per pa < pT, il fluido segue la curva supersonica g fino al punto T e,
all’uscita del condotto, un ventaglio d’espansione fa adattare la pressione
nella sezione d’uscita del condotto a quella ambiente. Questo tipo di
funzionamento (sottoespanso) accade fino a che la pressione ambiente non
raggiunge proprio quella relativa al punto T, cui corrisponde, invece, un
funzionamento che si potrebbe definire, in pratica, corretto in analogia a
quanto detto al par. 10.6 per un ugello convergente divergente.
Se la pressione ambiente pa è compresa fra quella relativa al punto T
e quella del punto S (punto corrispondente alle condizioni a valle di un’onda
d’urto normale posta nella sezione d’uscita del condotto), si genera un’onda
d’urto obliqua all’uscita del condotto (funzionamento sovraespanso), così
come avviene all’uscita di ugelli supersonici e con le modalità già descritte
dettagliatamente al par. 10.8.
Quando la pressione ambiente coincide proprio con quella del punto
S, l’onda d’urto nella sezione d’uscita del condotto diventa normale e, per
successivi aumenti di pa , entra nel condotto a sezione costante (ad esempio
curva e che passa per i punti X, J, N e U).
Se la pressione ambiente è uguale a quella del punto V, l’onda si
dispone all’ingresso del condotto (ovvero, all’uscita dell’ugello, curva XYV) e
per pressioni ambiente ancora crescenti risale il tratto divergente dell’ugello
(ad esempio curva c che passa per i punti D, E, F e W). Quando, poi, la pa
raggiunge il valore relativo al punto Z, l’onda si porta nella sezione di gola
dell’ugello dove degenera in un’onda di Mach.
Successivi aumenti della pressione ambiente danno luogo ad un moto
subsonico in tutto il sistema, ed il comportamento è lo stesso di quello
descritto nel caso in cui il condotto a sezione costante è collegato ad un
ugello solamente convergente per il quale non è mai raggiunta la condizione
M = 1, né all’interno dell’ugello, né nella sezione d’uscita del condotto.
Evidentemente per pressioni ambiente inferiori a quella del punto S,
pa < p S , il moto all’uscita del condotto è supersonico e non viene rispettata
410 Fluidodinamica II
pa′ p* p X
pa′ = po
p* p X po
condotto appartengono tutti alla stessa curva di Fanno); questa pressione può
essere determinata, ad esempio, a partire dal punto C. Una volta noto il
rapporto pa /p* , dalle tabelle del moto alla Fanno si ricavano il numero di
Mach all’uscita del condotto ed il corrispondente rapporto 4 fL* /De . Quindi,
il problema è, di fatto, risolto perché si può facilmente risalire mediante la
(12.20) al numero di Mach all’uscita dell’ugello e così via (si veda il
par.10.9).
Dal grafico in basso di Fig. 12.15 si possono identificare cinque
diversi regimi di funzionamento. Per pZ < pa < po , il funzionamento del
sistema è tutto subsonico. Per pV < pa < pZ , si verifica un’onda d’urto
normale nel divergente. Per pS < pa < pV , si ha un’onda d’urto normale nel
condotto a sezione costante. Per pT < pa < pS , si genera un’onda d’urto
obliqua allo sbocco del condotto. Infine, per 0 < pa < pT , si ha un ventaglio
d’espansione allo sbocco del condotto.
La condizione per la quale il condotto ha una lunghezza maggiore di
quella critica supersonica ma minore di quella critica con onda d’urto
all’uscita dell’ugello ( L*3 < L < L*2 ), è mostrata in Fig. 12.16. Diversamente da
quanto avviene per il caso della Fig. 12.15, in questo caso non è più possibile
avere un efflusso supersonico nella sezione d’uscita del condotto e, quindi, la
presenza, ivi, di onde d’urto oblique.
Infatti, se la pressione ambiente è inferiore a quella critica, il fluido
segue la curva supersonica BDXJNL che prevede un’onda d’urto nel condotto
(da J a N) e il tratto subsonico che, partendo da N, conduce alle condizioni
critiche individuate dal punto L. Successivamente, un ventaglio d’espansione
provoca l’adattamento della pressione al di fuori del condotto.
Per pressione ambiente pa crescente, l’onda d’urto dapprima risale il
condotto portandosi fino alla sezione d’uscita dell’ugello (per pa = pV ) e, in
seguito, risale il divergente dell’ugello. Quando la pa è uguale al valore
della pressione nel punto Z, l’onda si porta nella gola dell’ugello dove
degenera in un’onda di Mach.
Un successivo aumento della pressione ambiente provoca, come nel
caso precedente, un moto subsonico in tutto il sistema.
Analogamente, quando la lunghezza del condotto è compresa fra
quella critica con onda d’urto nella sezione d’uscita dell’ugello e quella
critica relativa a moto tutto subsonico ma strozzato nella gola dell’ugello
( L*2 < L < L*1 ), rispetto al caso prima discusso, non è più possibile avere
Moti compressibili con attrito 413
1 L
I 2 − I1 = − 4 f ρV 2 (12.2)
2 De
T = cost (12.29)
Di queste, le prime due coincidono con l’equazione di conservazione
della massa e del bilancio della quantità di moto del moto alla Fanno, mentre
la terza sostituisce l’equazione di conservazione dell’energia (12.5) e,
nell’ipotesi di gas almeno perfetto, può essere scritta anche nella forma:
Moti compressibili con attrito 415
h = cost (12.30)
1 dx
dI = dp + ρVdV = − 4 f ρV 2 (12.7)
2 De
dT = dh = 0 (12.31)
La (12.6) conduce ancora alla relazione già in precedenza derivata per
il moto di Fanno:
dρ dV
=−
ρ V
dρ dp dV dM
= =− =− (12.32)
ρ p V M
⎛1 1 ⎞⎟ dx
dp⎜⎜ − 2 ⎟ =2f (12.33)
⎝ p ρV ⎠ De
p a
V= = → M = 1/ γ (12.34)
ρ γ
cioè quando il numero di Mach riferito alla velocità del suono newtoniana, e
non alla laplaciana [si vedano le formule (3.6) e (7.49) nei par. 3.2 e 7.9
rispettivamente], assume valore unitario.
È chiaro che, avendo ipotizzato il moto isotermo, la velocità
newtoniana (calcolata a temperatura costante) viene ad assumere un ruolo
fondamentale in questo modello di moto.
Le condizioni indicate dalla (12.34) sono quelle per le quali il moto si
strozza ( dp/dx → ∞ ). Quindi, nel moto isotermo il valore del numero di
Mach 1/ γ (0.845 per γ = 1.4 ) assume il ruolo che ha il valore unitario nel
moto alla Fanno e rappresenta le (nuove) condizioni critiche.
Sostituendo la (12.32) nella (12.33), si ottiene la relazione:
dM 1 − γ M 2 2f
= dx (12.35)
M γM 2
De
che indica un aumento del numero di Mach lungo il condotto per M < 1/ γ e
una diminuzione dello stesso per M >1/ γ .
Anche la (12.35) mostra che la condizione M = 1/ γ corrisponde allo
strozzamento del moto perché, per tale valore del numero di Mach, la
quantità dM/dx tende all’infinito.
Attenzione: Solo limitatamente a questo paragrafo sarà utilizzato
l’apice asterisco per indicare lo stato del fluido relativo a M = 1/ γ e non,
come fatto sinora, quelle per M = 1. Ad esempio, M * non è la quantità già
definita dalla relazione (8.9), bensì, in questo contesto, M * = 1/ γ e ancora,
p* =p (M=1/ γ ).
Con questa notazione, la (12.1) conduce a:
ρ *M * = ρ M
e, quindi, si può pervenire ai due rapporti caratteristici tra le densità e le
velocità:
ρ 1 V*
= = (12.36)
ρ* γ M V
Moti compressibili con attrito 417
4 fL* 1 − γ M2
= 2
+ ln(γ M 2 ) (12.39)
De γM
⎛ γ −1 2 ⎞
To = T ⎜1 + M ⎟ (7.34)
⎝ 2 ⎠
Dunque, in questo moto, la temperatura di ristagno cambia solo per la
variazione del numero di Mach in quanto la T è costante per definizione. La
variazione di To , a sua volta, può essere dovuta solo ad uno scambio di
calore con l’ambiente perché il fluido non scambia lavoro.
Differenziando la (7.34) e tenendo conto della costanza della
temperatura statica, si ha la relazione:
dTo = (γ − 1) T M dM
dq = c p dTo = γ R T M dM (12.40)
2 f γ 2R T M 4
dq = dx (12.41)
De (1 − γ M 2 )
V2 ⎛ γ −1 2 ⎞
T pa = T + r = T ⎜1 + r M ⎟ (12.43)
2c p ⎝ 2 ⎠
nella quale la quantità adimensionale r è chiamata fattore di recupero.
Quando r assume valore unitario, la (12.43) mostra che la temperatura di
parete adiabatica coincide con quella di ristagno data dalla (7.34).
Moti compressibili con attrito 419