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Lavoro del concetto: utilizzo di più categorie e di più schemi per fare un intero giudizio.
Infatti i giudizi, per essere formati, hanno bisogno di più categorie e non di una sola.
Quindi non c’è più l’immagine del fenomeno, ma ci sono dei giudizi strutturati di cui posso
dire vero o falso.
Le categorie possono anche diventare idee quando vanno oltre l’esperienza possibile.
Quando utilizzo il concetto di causa-effetto, invece di applicarlo a fenomeni di cui ho
impressioni, lo applico all’intero mondo e dico che la sua causa è Dio: in questo modo
vado oltre l’esperienza sensibile (perché non posso verificarlo).
Noi non abbiamo solo l’idea di Dio e di anima, ma una serie di idee: umanità, caratteristica
propria di tutti gli uomini.
Concetto di uomo ≠ idea di umanità: quest’ultima va oltre l’esperienza possibile, perché
l’umanità in sé non la potrò mai vedere né toccare, mentre un uomo sì.
Le idee hanno una funzione regolativa, perché non comprendono solo gli esistenti ma
l’orizzonte possibile di tutti.
Esempio: idea di frutta. Non comprende solo i frutti che conosco, ma anche i possibili frutti
futuri.
Per Kant tutto ciò che è dialettico non è certo, quindi non è scientifico: perciò, rispetto al
fenomeno, avrà meno certezza.
Nella dialettica lui critica tre tipi di idee, che sono il fondamento della metafisica
tradizionale:
- L’idea di io
- L’idea di Dio
- L’idea di mondo
Lui critica queste idee perché danno origine a 3 pseudoscienze: secondo Kant hanno
l’aspetto di una scienza, ma non sono vere e proprie scienze.
- Psicologia tradizionale
- Teologia tradizionale
- Cosmologia tradizionale
Queste 3 pseudoscienze non si fondano sui concetti, bensì sulle idee (le quali non hanno
valore scientifico, ma solo regolativo).
Tutte insieme sono la metafisica tradizionale. La metafisica è criticabile non perché è
carente dell’aspetto puro, ma è carente dell’aspetto empirico.
- L’idea di io
Kant prende in considerazione l’io di Cartesio, il quale diceva “penso dunque sono”.
Faceva corrispondere alla coscienza tutta la psiche: non ammetteva nulla di inconscio.
Questo io Cartesiano, che non è altro che un’anima, è frutto di un’operazione errata/di un
paralogismo-a/di un ragionamento sbagliato: ovvero il passaggio del “io penso, sono cosa
pensante” (si dà sostanzialità a qualcosa che non è sostanziale).
(Critica di Cartesio a Hobbes): Io penso, sono cosa pensante. “Cosa” non deriva
necessariamente dal pensare.
(Critica di Tommaso ad Anselmo): Se c’è un quadrato d’oro nel Partenone di Atene, allora
questo avrà 4 lati. Ma chi ci dice che esiste un quadrato d’oro?
Il piano logico e il piano della realtà sono due piani diversi. Non si può dedurre una realtà
da qualcosa di logico.
Io ho dieci talleri nel cassetto e sul libro scrivo 100 talleri. Questa operazione la posso
fare, perché aggiungo uno 0 ed è un’operazione logica. Se però vado a verificare nel
cassetto non ci sono 100 talleri, ma 10.
L’anima è un’idea, non un concetto e non è verificabile. È però possibile farlo perché ho il
concetto puro di sostanza e posso applicarlo in maniera arbitraria a qualcosa che non è
sostanziale, utilizzando l’immaginazione. Questo concetto puro di sostanza non lo riempio
di impressioni: visto che ho la forma, tendo ad andare oltre e fare concetti di cose di cui
non posso fare.
- L’idea di Dio
La stessa cosa succede con Dio. Kant criticherà le prove cartesiane dell’esistenza di Dio
che riprendono Anselmo, perché partono tutte dall’idea di perfezione. Kant pensa di non
poter dedurre dall’idea di perfezione l’esistenza di un essere perfetto. Lui accetta invece
l’empirismo che dice che le conoscenze scientifiche devono essere a posteriori e dice che
la psicologia tradizionale (che si occupa di anime e di Dio) sia una conoscenza vera
perché ha l’aspetto puro.