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(Continuazione)
Author(s): GIUSEPPE M. PETAZZI
Source: Rivista di Filosofia Neo-Scolastica, Vol. 3, No. 3/4 (20 Giugno 1911), pp. 365-380
Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/43069488
Accessed: 20-06-2016 15:57 UTC
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GIUSEPPE M. PETAZZI S. J.
Professore di filosofia
nel Seminario per le Missioni Estere in Cividale (Udine).
Univocità od analogia?
(Continuazione vedi: N, 1. Anno III, pag. 34)
II.
« Ogni creatura, dice Duns Scoto, è simile a Dio per tutti quei
predicati in cui essa si incontra univocamente con Dio »; e indica
chiaramente l'estensione dell'univocità : essa comprende : « i concetti
di essere e degli attributi semplici, verificabili nelle creature». Così
il Belmond (1).
L'affermazione del Sottile è senza dubbio grave ; il Belmond stesso
lo confessa, e subito si fa a dichiararla e giustificarla (2). E per ciò
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366 RIVISTA DI FILOSOFIA NEO-SCOLASTICA
Scoto circa l'univocità dell'ente; la dottrina del dottor Sottile apparirà, lo spe-
riamo, sostanzialmente, identica con quella dell'Angelico, e molto più effica-
cemente e radicalmente sarà dimostrata immune da ogni tendenza agnostica
o panteistica. - Dopo ciò è chiaro che ogni qualvolta noi in questo studio
combattiamo Scoto, intendiamo sempre di combatterlo come ci è presentato
dal Belmond , anche quando questa clausola non è aggiunta esplicitamente.
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UNIVOCITÀ OD ANALOGIA? 367
neo a Dio benedetto! (1). È vero che il Belmond si affretta a dire che
questo avviene solo nel nostro intelletto ed al di fuori di Dio « en
dehors». Ma insomma: questo concetto è oggettivo, sì o no? Ritrae
ciò la realtà dell'oggetto sì o no? Se sì , allora si deve dire che realmente
vi è in Dio movimento immanente e spontaneo ; se wo, allora questo
è un concetto falso : vorrà dire che noi, per fatale necessità, siamo
costretti ad attribuire a Dio, aMeno inizialmente, qualche cosa che
essenzialmente gli ripugna: e se è così, perchè non diremo ancora
che, inizialmente, noi possiamo attribuire a Dio e mani e piedi? Se
non è sconveniente il dire che noi, almeno inizialmente, dobbiamo at-
tribuire a Dio una ragione che pure gli ripugna, poco importa in par-
ticolare quale sia questa ragione. Anzi, siccome di fatto l'oggetto pro-
prio e primo del nostro intelletto è l'ente corporeo, potremo asserire
che, almeno inizialmente, Dio e l'ente corporeo convengono univoca-
mente. Nè vale il dire : - Vente corporeo importa limitazione , non è
perfezione semplice, ecc. - perchè si potrebbe domandare se la ra-
gione di movimento spontaneo non importi essa pure limitazione; e
più in generale diciamo : per qualunque titolo una nozione non con-
viene a Dio, essa non gli si può attribuire neppure inizialmente: che
se qualcuna di esse, inizialmente gli si può attribuire, quantunque in
realtà gli ripugni, non appare perchè non gli si possano attribuire
tutte le altre, almeno inizialmente. Quindi con quel diritto con cui
Scoto dice che il concetto di ente è univoco inizialmente in Dio e
nella creatura, altri potrebbe asserire lo stesso dei concetti di uomo ,
di corpo , di pietra .
E qui facciamo subito notare una pregiudiziale, a nostro credere,
gravissima, che sta contro le giustificazioni della teoria dell'univo-
cità attribuita a Scoto. « Noi ci affrettiamo ad osservare, scrive il Bel-
mond, che il Sottile non parla qui d'univocità reale (2), ma d'una uni-
vocità strettamente logica » ( l . c. p. 367). Ma ci sia lecito domandare :
quando e come l'univocità può essere reale? L'univocità, secondo il
concetto ricevuto da tutte le Scuole, è Identità e identità perfetta . Ora
l'identità, come ripete le mille volte S. Tomaso é insegna lo stesso
buon senso, non è nè può essere se non una relazione puramente di
ragione cioè non reale (2). Come è possibile concepire un ente che ab-
bia relazione reale di identità con sè stesso, mentre il primo ed essen-
ziale requisito d'ogni relazione reale (non esclusa quella che si ve-
rifica in divinis) è la distinzione reale dei termini? « Manifestum est ,
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368 RIVISTA DI FILOSOFIA NEO-SCOLASTICA
dice S. Tomaso, quod idem ad seipsum non refertur aliqua reali rela
tione » (8. Th., 1 p., q. 42, a. 1, 4m); è dunque chiaro che il giustifi-
care l'univocità tra Dio e le creature, dicendo che non è univocità
reale , è un dir nulla, assolutamente nulla : sarebbe precisamente come
se per giustificare l'univocità tra l'uomo e l'asino nella ragione spe-
cifica, io mi ostinassi a dire che è un'univocità precisamente logica ,
non reale . Ora siccome tutta la giustificazione che il Belmond fa del-
l' univocità scotistica si riduce precisamente a questo e a nulla più,
cioè a dimostrare che trattasi di univocità strettamente logica, già da
questo solo appare manifestamente inefficace.
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UNIVOCITÀ OD ANALOGIA? 369
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370 RIVISTA DI FILOSOFIA NEO-SCOLASTICA
l'ordine astratto e nel terreno irreale ; a meno che non intendiate per
terreno irrealè , quello della falsità .
Ma seguitiamo pure il Belmond nella spiegazione ch'egli dà del
pensiero di Scoto: «L'elemento di contingenza, così egli, di tempo-
raneità, di successione, che sostituirebbe l'analogia all'univocità, parte
non più dal concetto in sè, ma dalla cosa concreta. Ma allora Dio
domina la creatura dalla sublime sommità della sua realtà trascen-
dente! E Y inconcepibile, collocandosi così tra l'essere divino e l'intel-
letto umano, non ci resta che conchiudere: nescio loqui» (p. 370).
Lasciamo l'atteggiamento un po' drammatico che prende lo scrit-
tore (1); ci si permetta una osservazione: V inconcepibile che si è po-
sato così tra l'essere divino e l'intelletto umano, si è dunque posato
nel campo concreto e non nell'astratto della Logica pura. Ma come
mai, nel campo concreto, avete voi potuto scorgere questo stesso at-
tributo dell'essere divino : l' inconcepibilità ? È forse Dio inconcepi-
bile, come è inconcepibile il nulla? No, voi mi rispondete: è incon-
cepibile perchè infinito (2); questa aggiunta - infinito - fatta alla
ragione di essere , mentre colloca Dio nel campo concreto, lo trasporta
fuori della visuale umana e lo rende inconcepibile; ossia colloca V in-
concepibile tra lui stesso e l'intelletto umano. - Ottimamente! Dunque
voi, stando nel campo concreto, sapete di Dio almeno questo: che è
infinito e per conseguenza inconcepibile . Ora noi vorremmo sapere
precisamente questo.* come mai voi attribuite a Dio nel campo con-
creto tutti questi predicati? come giustificate voi queste vostre asser-
zioni ? Non mi dite : - perchè nel campo astratto noi abbiamo incon-
trato univocità tra Dio e la creatura in questi predicati ; - perchè al
contrario, questi predicati sono appunto quelli che, secondo la vostra
ingegnosa spiegazione, hanno distrutto e distruggono non solo ogni
univocità ma anche ogni analogia tra Dio e la creatura. Vorremmo
dunque sapere come voi giustificate queste stesse attribuzioni che
fate a Dio nel campo concreto , e che suppongo riteniate per vere. -
Finché si trattava di attribuire a Dio altre nozioni, p. e. quella di
ente , di vivente, di buono, ecc., potevate sfuggire nel campo astratta
ed irreale della logica pura, e di là dire a noi, che ci troviamo nel
campo reale e concreto, di attribuir pure tutti questi predicati a Dio,
perchè, quantunque in realtà noi non ne sappiamo nulla, anzi sap-
piamo che non gli convengono in alcun modo, pure voi, stando lassù
in alto nel mondo non reale, ci vedevate una univocità. Ma adessa
che si tratta di attribuire a Dio questa stessa nozione di infinito, di
(1) Per verità, Y inconcepibile che si pone tra V essere divino e l' intel-
letto umano, ha per noi un po' dello strano; ma è questione di gusti!
(2) Questa è di fatto la ragione assegnata dal Belmond; non è esatta,
come non è esatta la parola stessa inconcepibile attribuita a Dio; ma su eia
ritorneremo più tardi; per ora passi.
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UNIVOCITÀ OD ANALOGIA? 371
(1) Si noti bene questa espressione che sembra ardita, ma che pure sem-
bra dare perfettamente il pensiero del B. nelle ultime sue disastrose conse-
guenze: il mondo irreale è quello che ci congiunge con Dio e giustifica tutte
le nostre predicazioni di Dio!.... - Questa fu appunto una delle ragioni prin-
cipali che mi mosse a scrivere contro il Belmond. Noi temiamo fortemente che
le interpretazioni date da qualche discepolo alla dottrina del Sommo Maestro
lungi dal difenderlo, diano troppo ansa ai suoi avversari per rinnovargli le
accuse di agnosticismo: accuse, che costituiscono a nostro giudizio, una vera
calunnia.
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372 RIVISTA DI FILOSOFIA NEO-SCOLASTICA
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UNIVOCITÀ OD ANALOGIA? 373
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374 RIVISTA DI FILOSOFIA NEO-SCOLASTICA
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UNIVOCITÀ OD ANALOGIA? 375
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376 RIVISTA DI FILOSOFIA NEO-SCOLASTICA
nel medesimo modo (1). Ma, se una ragione non può esser così astratta,
per opera dell'intelletto, da rimanere identica secondo che è astratta
dall'uno o dall'altro soggetto, l'univocità è impossibile. Questo può
avvenire per due motivi: o perchè la nozione stessa di cui si tratta
inchiude essenzialmente le stesse differenze che si riscontrano nella
cose, come avviene appunto per la nozione di ente , che, come abbiamo
veduto, è trascendente ; o perchè si tratta di una nozione che quan-
tunque appaia verificarsi in qualche modo indue soggetti, pure, se è
considerata in precisione dal modo con cui si verifica ņell' uno, si
muta essenzialmente e per conseguenza non è più comunicabile allo
stesso; ciò avviene appunto negli attributi semplici, quando siano
considerati in precisione dal proprio modo con cui si ritrovano nelle
creature. In ambedue questi casi, l'univocità è evidentemente esclusa.
Dichiariamo la cosa con un esempio: voi riscontrate certe simi-
litudini tra alcuni esseri dotati di senso; identità reale non v'è; ma
voi potete prescindere coll'intelletto dalle diversità che impediscono
a parte rei questa identità : astraete la nozione di animale HdlYuomo,
l'astraete dal leone: per questa astrazione, la nozione di animale , che
è nozione reale, non si è mutata essenzialmente, e perciò voi la po-
tete attribuire identicamente ed univocamente all'uomo ed al leone.
Considerate, al contrario, la ragione di ente , la ragione di vivente , la
ragione di buono : voi dite: tutte queste ragioni si verificano in Dio
e nelle creature; se noi prescindiamo dal diverso modo con cui si ve-
rificano in essi, noi potremo considerarli come identici, e perciò co-
municarli univocamente. Ebbene, rispondo, provatevi ! se voi prescin-
dete le ragioni di ente , di vivente , di buono dal modo di essere che
tali nozioni hanno nelle creature, che cosa avete? avete forse ancora
queste stesse ragioni, appunto come prescindendo la ragione di ani-
male dalle diverse determinazioni delle singole specie, avevate pur
sempre la stessa ragione? Per nulla affatto! Voi avete la nozione di
(1) Notisi adunque che nessun nome si deve dire analogo od univoco se
non per rapporto al soggetto al quale è attribuito ; è chiaro di fatto che que-
sto nome: uomo , p. e., significa animale ragionevole , e non significa qual-
che cosa di univoco nè di analogo se non per rispetto ai soggetti ai quali
venga comunicato ; se è comunicato a più animali razionali sarà univoco ; se
è comunicato all' uomo vero ed al dipinto , sarà analogo. Ed è evidente che
come sarebbe ridicolo il dire assolutamente : la tal cosa è identica , la tal altra
è simile , senza dire il termine di identità o di simiglianza, così è pure ridi-
colo il dire: il tal nome è univoco, il tal altro è analogo , senza assegnare i
soggetti a cui tal nome è attribuito; perchè appunto, come si è notato, uni-
voco, esprime qualche cosa di identico; analogo, qualche cosa di conveniente
e di simile. Segue da ciò, che il rapporto a più soggetti: QiaMtudo ad plura)
non appartiene alla stessa ragione significata dal nome univoco od analogo, ma
sopravviene a tale ragione, secondo che essa è presa per rapporto agli stessi
soggetti, in quanto che è atta a ritrovarsi in essi identicamente, oppure se-
condo un certo ordine e gradazione {secundum prius et posterius) ,
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UNIVOCITÀ OD ANALOGIA? 377
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UNIVOCITÀ OD ANALOGIA? 379
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380 RIVISTA DI FILOSOFIA NEO-SCOLASTICA
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