Sei sulla pagina 1di 8

METODI PER LA FINANZA AZIENDALE A.A.

2019-2020
5. L’EFFICACIA DELLE POLITICHE ECONOMICHE
IN ECONOMIA APERTA

5.1 NOZIONI DI BASE DI UN’ECONOMIA APERTA


Economia aperta  l’apertura dell’economia al commercio internazionale implica per il mercato dei beni
una scelta tra beni nazionali ed esteri se non vi sono dazi e/o quote, per il mercato finanziario implica una
scelta tra titoli/moneta nazionale ed estera se non vi sono controlli nei movimenti di capitale.

Bilancia dei pagamenti  transazioni di un Paese con il resto del mondo. Due sono le voci principali della
bilancia dei pagamenti:
- Conto corrente (o Partite correnti) è composto da
1) importazioni/esportazioni di beni e servizi
2) redditi d’investimento da attività finanziarie estere possedute da residenti e da attività finanziarie
nazionali possedute da esteri
3) trasferimenti netti ricevuti (aiuti dall’estero)
- Conto capitale è composto da flussi netti di capitali che sono dati dalla differenza tra la  delle attività
finanziarie nazionali detenute da stranieri (afflussi) e la  delle attività finanziarie estere detenute da
residenti (deflussi)

Tasso di cambio nominale (S) tasso di cambio unilaterale (una valuta nei confronti di un’altra).
Tasso di cambio reale () tasso di cambio nominale deflazionato per i prezzi relativi nazionali
=SP*/P dove S è il tasso di cambio nominale, P* i prezzi esteri, P i prezzi interni (esteri e interni sono
riferiti rispetto alla valuta in cui è espresso S  ex. se considero il tasso di cambio del $ nei confronti
dell’Euro S($/euro) allora P*(esteri) sono i prezzi Euro e P (interni) sono i prezzi USA.
 è un tasso di cambio unilaterale. Se  deprezzamento reale.

DOMANDA DI BENI IN ECONOMIA APERTA  Z=C+I+G+X-Q


dove C consumi, I investimenti, G spesa pubblica, X esportazioni, Q importazioni espresse in termini di
beni nazionali,  tasso di cambio reale (prezzi dei beni esteri in termini di beni nazionali)
Determinanti delle importazioni (domanda interna di beni esteri) Q=Q(Y, )
 relazione positiva con Y
(se  reddito, domanda interna,  domanda di beni nazionali ed esteri,  importazioni)
 relazione negativa con  (se  pr. dei beni esteri rispetto a quelli nazionali,  importazioni)
Determinanti delle esportazioni (domanda estera di beni nazionali) X=X(Y*, ) dove Y* reddito estero
 relazione positiva con Y*
(se  reddito estero, domanda estera di beni nazionali ed esteri,  esportazioni)
 relazione positiva con 
(se  prezzi di beni esteri rispetto a quelli nazionali, questi ultimi diventano meno costosi,  esportazioni)

EQUILIBRIO NEL MERCATO DEI BENI IN ECONOMIA APERTA


Offerta di beni=domanda di beni. Curva ISY=Z Y=C(Y-T)+I(Y,r)+G+X(Y*,)-Q(Y,)
con NX=X-Q saldo reale della bilancia commerciale
Ora analizziamo gli effetti su Y e NX di una variazione delle tre variabili da cui dipende NX per poter
poi dedurre come varia il Pil al variare di NX
1) domanda interna (ex.G), 2) domanda estera (Y*) e 3) tasso di cambio reale () 
1) Se domanda interna (ex. G)  Y e NX (peggiora la bilancia commerciale perché all’di Y, le
importazioni  e le esportazioni rimangono costanti (dipendono da Y* ma non da Y))
In economia aperta un  di domanda interna incide meno sulla produzione rispetto al caso di
un’economia chiusa perché parte dell’ di domanda è soddisfatta con prodotti esteri e genera deficit
commerciale. Più aperta è l’economia, minore sarà l’effetto su Y e maggiore su NX.
2) Se domanda estera (Y*)  X, domanda di beni nazionali  Y, Q; nonostante Q, NX
(migliora la bilancia commerciale) in base all’ipotesi che l’effetto diretto di Y* su X sia maggiore
dell’effetto indiretto di Y su Q
Prof.ssa Trevisan Lucia – Materiale ad esclusivo utilizzo interno al corso – Vietata la riproduzione per altri scopi – 37
METODI PER LA FINANZA AZIENDALE A.A. 2019-2020
3) Se  (deprezzamento)
A) Effetti su NX, con Y e Y* dati 
- effetto quantità  X, Q
(beni nazionali meno costosi per l’estero, beni esteri più costosi per l’interno) NX
- effetto prezzo   ( il valore delle importazioni Q)  NX
Solo se l’effetto quantità prevale su effetto prezzo, un deprezzamento del tasso di cambio reale
( ) migliora la bilancia commerciale  NX
Un deprezzamento () migliora il saldo di bilancia commerciale (NX) solo se vale la Condizione di
Marshall-Lerner  la somma delle elasticità di esportazioni ed importazioni al tasso di cambio, prese
in valore assoluto deve essere maggiore di 1 X+Q>1
Effetto J  In realtà è stato riscontrato che spesso la condizione di Marshall-Lerner vale solo nel
lungo periodo, cioè le quantità di importazioni ed esportazioni rispondono lentamente a variazioni dei
prezzi  la bilancia commerciale peggiora nel breve periodo e migliora solo nel lungo periodo
B) Effetti su Y  se , NX (se vale ML), Y,  domanda di beni sia nazionali che esteri, Q ma non
tale da intaccare il miglioramento della bilancia commerciale dovuto all’effetto diretto del
deprezzamento
Deprezzamento () e dom.estera (Y*) hanno uguale effetto (NX,Y), ma il 1°  il tenore di vita
(beni esteri + costosi)

EQUILIBRIO NEL MERCATO FINANZIARIO IN ECONOMIA APERTA 


offerta di moneta = domanda di moneta  In economia aperta dovrei considerare la scelta tra moneta
nazionale ed estera, ma per semplicità facciamo l’ipotesi di domanda di sola moneta nazionale
LM  M/P=L(Y,i) (non cambia nulla rispetto al modello in economia chiusa)

EQUILIBRIO NEL MERCATO DEI CAMBI  L’equilibrio è dato dalla condizione delle parità dei tassi
d’interesse che mette in relazione i tassi di cambio con i tassi d’interesse.
Dal paragrafo 1.5 sappiamo che la Uncovered IRP semplificata è
(it- it*)=(St+1e -St)/St (5.1)
Ricavo St in funzione di it dalla (5.1) e tralascio gli indici temporali
IRP  S=Se/(1+i-i*)
E’ una relazione negativa tra tasso di cambio e tasso di interesse nazionale  se i, S (apprezzam.)
curva inclinata negativamente se i, i titoli nazionali rendono di più per cui si preferirà vendere i titoli
esteri e convertire la valuta estera in valuta nazionale per investirla in titoli nazionali  apprezzamento della
valuta nazionale.

MODELLO IS-LM IN ECONOMIA APERTA  equilibrio simultaneo dei mercati dei beni,
monetario e valutario che determina la produzione, il tasso d’interesse e il tasso di cambio di equilibrio
1) Equilibrio nel mercato dei beni  IS: Y=C(Y-T)+I(Y,r)+G+X(Y*,)-Q(Y,) con ipotesi di tassi
d’interesse e di cambio reali r=i-e, =SP*/P, 2 semplificazioni
- con P e P* dati (analisi di breve periodo), per convenienza scelgo P*/P=1  =S (non serve distinguere
tra tasso di cambio nominale e reale)
- con aspettative d’inflazione date (e=0)  r = i (non serve distinguere tra tassi d’interesse nominali e
reali)
 Y=C(Y-T)+I(Y,i)+G+NX(Y,Y*,S) dove NX sono esportazioni nette NX= X(Y*,)-Q(Y,)
Se Y NX (peggiora) (relazione negativa); se Y* o S   NX (migliora) (relazione positiva)
2) Equilibrio nel mercato monetario  LM: M/P=L(Y,i)
3) Equilibrio nel mercato valutario  IRP: S=Se/(1+i-i*) dove Se tasso di cambio futuro atteso dato.

E’ un sistema a 3 equazioni (IS, LM, IRP) in 3 incognite (i,Y,S) che sono le variabili endogene, dati
G,T, M, Y*, i*, Se che sono le variabili esogene

IS Y=C(Y-T)+I(Y,i)+G+NX(Y,Y*,S) Con aspettative su inflazione e tassi di interesse date


LM M/P=L(Y,i) Variabili endogene: Y,i,S
IRP S=Se/(1+i-i*) Variabili esogene: T, G, M, Y*, i*, Se

Prof.ssa Trevisan Lucia – Materiale ad esclusivo utilizzo interno al corso – Vietata la riproduzione per altri scopi – 38
METODI PER LA FINANZA AZIENDALE A.A. 2019-2020
Per tracciare la IS e la LM sul piano cartesuiano [Y,i] come è stato fatto in precedenza, sostituisco S
determinato dalla IRP in IS  IS solo in funzione di i ed Y
Equilibrio congiunto  IS: Y=C(Y-T)+I(Y,i)+G+NX[Y,Y*,Se/(1+i-i*)], LM: M/P=L(Y,i)  relazioni tra Y
ed i
i

IRP LM S indica un deprezzamento


i1 Dati T, G, M, Y*, i*, Se risolvo il sistema a 3
equazioni in 3 incognite Y,i,S che rappresenta
l’equilibrio congiunto nei 3 mercati reale, monetario,
IS valutario
IRP è tracciata per un dato Se
S S1 Y1 Y

5.2 ASPETTATIVE SUI TASSI DI CAMBIO


Con l’aiuto del modello IS-LM del paragrafo precedente, valutiamo l’efficacia delle politiche economiche in
economia aperta  Rispetto all’analisi delle aspettative del capitolo 2 in economia chiusa, dobbiamo tener
conto dell’effetto di un nuovo tipo di aspettative: quelle sul tasso di cambio. Per semplicità, qui isoliamo
questo effetto facendo l’ipotesi che tutti gli altri tipi di aspettative siano dati e definiamo le politiche
economiche che non influenzano il tasso di cambio atteso (Se dato) come temporanee (Modello IS-LM senza
aspettative sul tasso di cambio) e quelle che influenzano il tasso di cambio atteso come permanenti (Se varia)
(Modello IS-LM con aspettative sul tasso di cambio)

Ipotesi di una politica fiscale espansiva (G) 


Se è giudicata dai mercati come temporanea, le aspettative sul tasso di cambio non variano e gli effetti
saranno un aumento di Y e del tasso di interesse i, un apprezzamento del tasso di cambio S ed un
peggioramento della bilancia commerciale NX
Se è giudicata dai mercati come permanente (aumenti di spesa pubblica anche in futuro), le aspettative sul
tasso di cambio variano e gli effetti saranno gli stessi del caso precedente ma minori su Y ed il tasso
d’interesse i, maggiori sul tasso di cambio S

Effetti di politica fiscale espansiva (G):


i LM1 A) temporanea (Se dato)
IRP1 IRP3  IS verso destra, LM invariata, IRP invariata
2 2  Y, i, S (apprezz.), NX (peggiora)
 l’economia si muove dal punto 1 al punto 2
3 3 Se G   domanda, Y,  domanda di moneta, i, i
1 (2)(3) 1 IS2 titoli nazionali diventano più convenienti, gli stranieri
comprano i nostri titoli generando domanda di valuta
IS3 nazionale il tasso di cambio si apprezza S.
1
IS L’apprezzamento del cambio e i + elevato compensano
S (2) (2) Y parte dell’effetto espansivo sulla Y di G;
(3) (3)
C per Y, I effetto incerto perchè  per Y,  per i
(come in ec. chiusa);
NX per S e per Y

B) permanente (Se varia)  IS verso destra (ma meno di prima), LM invariata, IRP verso destra
 Y, i, S (apprezz.), Se, NX (peggiora)  l’economia si muove dal punto 1 al punto 3
Effetti su Y e i minori, su S maggiori rispetto a politica fiscale temporanea
Se G in modo permanente   domanda,Y,  domanda di moneta, i, i titoli nazionali diventano più
convenienti, S e Se  spostamento verso destra di IRP (S si apprezza di più rispetto al caso A), IS si
sposta di meno perché dipende da Se (agli effetti di i e S che contrastano l’ di G si aggiungono quelli
di Se)
Prof.ssa Trevisan Lucia – Materiale ad esclusivo utilizzo interno al corso – Vietata la riproduzione per altri scopi – 39
METODI PER LA FINANZA AZIENDALE A.A. 2019-2020
Ipotesi di una politica monetaria espansiva (M) 
Se è giudicata dai mercati come temporanea, le aspettative sul tasso di cambio non variano e gli effetti
saranno un aumento di Y, una diminuzione del tasso di interesse i, un deprezzamento del tasso di cambio S
ed un miglioramento della bilancia commerciale NX
Se è giudicata dai mercati come permanente (aumenti di spesa pubblica anche in futuro), le aspettative sul
tasso di cambio variano e gli effetti saranno gli stessi del caso precedente, ma maggiori su Y e sul tasso di
cambio S, minori su i

Effetti di politica monetaria espansiva (M):


i A) temporanea (Se dato)
LM1  LM verso destra, IS invariata, IRP invariata
 Y, i, S (deprezzamento), NX(migliora)
IRP3 IRP1 LM2  l’economia si muove dal punto 1 al punto 2
(2) (3)
Se M  i, titoli nazionali diventano meno
3 1 1 3
convenienti,  dom. di titoli esteri generando dom di
2 2
IS3 valuta straniera ( la domanda di valuta nazionale) 
deprezzamento del tasso di cambio S
IS1 Deprezzamento e tassi d’interesse più bassi implicano
S (2) (2) Y un  domanda e un Y che a loro volta  domanda di
(3) (3) moneta e i, compensando in parte la  iniziale di i e il
deprezzamento di S

B) permanente (Se varia)  LM e IS verso destra, IRP verso sinistra


 Y, i, S, Se, NX  l’economia si muove dal punto 1 al punto 3
Effetti maggiori su Y ed S, minori su i (i può anche  dopo un’espansione monetaria)
Se M in modo permanente i, titoli nazionali diventano meno convenienti, deprezzamento Se
 spostamento IRP verso sinistra (S si deprezza di più), IS si sposta verso destra perché dipende da Se
che 
Attenzione: dall’analisi precedente ricorda che una politica monetaria espansiva (restrittiva) porta ad un
deprezzamento (apprezzamento) del tasso di cambio; una politica fiscale espansiva (restrittiva) porta ad un
apprezzamento (deprezzamento) del tasso di cambio.

Finora abbiamo implicitamente assunto l’ipotesi che il tasso di cambio fosse libero di fluttuare, cioè
abbiamo assunto che l’economia operasse in un sistema di cambi flessibili.
Tuttavia esistono diversi sistemi di tassi di cambio.

5.3 I SISTEMI DI TASSI DI CAMBIO


Possiamo distinguere due principali categorie di sistemi di tassi di cambio: flessibili e fissi.

CAMBI FLESSIBILI  In un sistema di tassi di cambio flessibili (Floating exchange rate), i Paesi non
hanno obiettivi specifici per i loro tassi di cambio. Il tasso di cambio è libero di fluttuare.
In realtà i sistemi a cambi flessibili puri non esistono, perché, pur non avendo alcun impegno sul tasso di
cambio, la Banca Centrale può occasionalmente intervenire sul mercato dei cambi per evitare eccessive
oscillazioni della propria valuta, dove per eccessive oscillazioni si intendono quelle che possono
compromettere l’equilibrio macroeconomico di un Paese. (Managed floating exchange rate)
Vantaggi dei sistemi a cambi flessibili  un Paese non rinuncia a due importanti strumenti di politica
economica, i tassi di interesse e i tassi di cambio.
Svantaggi dei sistemi a cambi flessibili  i tassi di cambio tendono ad avere una variabilità eccessiva

CAMBI FISSI  In un sistema di tassi di cambio fissi (Fixed exchange rate), la Banca Centrale si
impegna a mantenere il tasso di cambio fisso in termini di qualche valuta estera. Anche in questo caso i
sistemi a cambi fissi puri (fixed peg) sono rari, perché in genere si consente al tasso di cambio di variare
all’interno di un corridoio detto banda di oscillazione (sistemi a cambi fissi con bande di oscillazione). In

Prof.ssa Trevisan Lucia – Materiale ad esclusivo utilizzo interno al corso – Vietata la riproduzione per altri scopi – 40
METODI PER LA FINANZA AZIENDALE A.A. 2019-2020
pratica, la Banca Centrale definisce una parità centrale (tasso di cambio fisso) e una banda di oscillazione
entro cui il tasso di cambio deve rimanere, definita come ±punti percentuali rispetto alla parità.
La parità centrale varia raramente. L’annuncio di una modifica della parità da parte della Banca Centrale
implica una svalutazione/rivalutazione (da distinguere dalle variazioni giornaliere di
apprezzamento/deprezzamento) del tasso di cambio. Consiste in un aggiustamento dell’impegno di cambio
su di una nuova parità.
Questo impegno sul tasso di cambio implica che
1) i tassi d’interesse interno ed estero coincidano. In base alla IRP: i=i*+(Se-S)/S, se l’impegno è ritenuto
credibile, non sono attese variazioni del tasso di cambio e quindi S=Se Questo implica dalla IRP che i=i*
2) Come diretta conseguenza del punto 1), la Banca Centrale rinuncia alla politica monetaria come
strumento di controllo dell’inflazione perché diventa uno strumento di controllo del tasso di cambio

Cosa spinge le Banche Centrali ad assumere un impegno sul tasso di cambio. Per comprenderlo è
necessario mettere in evidenza le 4 caratteristiche della moneta:
1) è un bene collettivo (per aver valore deve essere utilizzata da più individui)
2) l’utilizzatore della moneta è disposto a pagare per detenerla
3) il suo utilizzo dipende dalla fiducia che non perderà valore (credibilità dell’emittente)
4) economie di scala dell’offerta di moneta (più aumenta l’accettabilità della moneta, più si è disposti a
pagare per detenerla, meno sono i costi per l’emittente).
Le economie di scala spingono alla concentrazione del processo di offerta di moneta.
Un modo per concentrare l’offerta di moneta è diminuire il numero delle Banche che emettono moneta (in
passato in Italia vi erano più banche con questa possibilità, come il Banco di Napoli, Banco di Sicilia…, poi
si è arrivati ad avere un’unica banca con diritto di emettere moneta: la Banca d’Italia) oppure rendere la
moneta nazionale accettata a livello internazionale (al di fuori dei confini dove non ha corso legale) con un
accordo di cambio che garantisca il valore della moneta nel tempo.
La moneta di un Paese può diventare moneta internazionale (essere accettata anche da altri Paesi in cui non
ha corso legale) se vi è fiducia che mantenga il suo valore nel tempo. Questo può essere ottenuto con un
accordo di cambio tra Paesi.

Vantaggi di un sistema a cambi fissi  la valuta nazionale viene accettata come mezzo di pagamento
anche in altri Paesi dove non ha corso legale.
Svantaggi  Problema di credibilità e della coerenza temporale: con l’accordo di cambio si deve tener
fede nel tempo all’impegno della convertibilità della valuta nazionale.

i Nazionale i* Estero
Ms’ Ms Ms*

i2 i2*

i1 i1*

Md Md*

M2 M1 M M2* M1* M*

Poiché i tassi d’interesse devono coincidere, l’offerta di moneta nei singoli Paesi che aderiscono all’accordo
di cambio è vincolata alla scelta di un tasso d’interesse unico. La definizione del tasso d’interesse deve
quindi avvenire in modo cooperativo tra i Paesi, in modo che l’offerta di moneta nei singoli Paesi garantisca
l’equilibrio con la domanda nazionale di moneta.
Se un Paese decide di modificare la propria politica monetaria, gli altri Paesi che aderiscono all’accordo di
cambio si devono adeguare (Vedi Grafico), perché la variazione dei tassi d’interesse in un Paese, attraverso
la IRP genera una variazione del tasso di cambio. Nell’esempio presentato nel grafico precedente, se un
Paese attua una politica monetaria restrittiva, i tassi d’interesse di quel Paese aumentano ed essendo la IRP
[S=Se/(1+i-i*)] (relazione negativa tra tasso di cambio e tasso di interesse), il tasso di cambio diminuisce,
cioè si apprezza nei confronti delle altre valute.
Prof.ssa Trevisan Lucia – Materiale ad esclusivo utilizzo interno al corso – Vietata la riproduzione per altri scopi – 41
METODI PER LA FINANZA AZIENDALE A.A. 2019-2020
Le altre valute si deprezzano, per cui gli altri Paesi devono intervenire nel mercato dei cambi per rispettare
l’accordo di cambio fisso  Se una valuta si deprezza significa che c’è un eccesso di offerta di quella valuta
nel mercato dei cambi  il settore privato vende valuta nazionale e compra valuta estera. Per contrastare il
deprezzamento, la Banca Centrale deve fare il contrario: comprare valuta nazionale e vendere valuta estera.
Ma comprare valuta nazionale significa ridurre la quantità di moneta presente in quel Paese e quindi attuare
una politica monetaria restrittiva.
La Banca Centrale riesce a difendere l’accordo di cambio solo se ha sufficienti riserve internazionali, cioè
valute straniere che la Banca Centrale ha tra le attività del proprio bilancio. Quando ha esaurito le riserve
internazionali, non può più vendere valuta straniera ed è quindi costretta a svalutare, cioè definire un nuovo
tasso di cambio fisso (nuova parità centrale) o uscire dall’accordo.
E’ quanto è accaduto nel 1992 nello SME (Sistema Monetario Europeo). La Germania dopo l’unificazione
ha aumentato i tassi d’interesse per contrastare l’inflazione. Tutta l’Europa aveva un ciclo economico debole
e adeguarsi alla politica monetaria tedesca significava incoraggiare la recessione. Gli speculatori, consci del
fatto che l’accordo di cambio non era difendibile, hanno venduto Lire e comprato Marchi, spingendo la Lira
al di fuori della banda di oscillazione (deprezzamento della Lira)

Gli speculatori
limite superiore (+2,25% rispetto alla parità) vendono Lire
comprano Marchi

parità centrale Lire/Marchi La Banca Centrale


compra Lire
limite inferiore (-2,25% rispetto alla parità) vende Marchi

La Banca Centrale per evitare il deprezzamento della Lira doveva agire in modo opposto: comprare Lire e
vendere Marchi. In genere nei sistemi a cambi fissi la Banca centrale non ha l’obbligo di intervenire, ma
l’alternativa è la svalutazione definendo una nuova parità. Gli speculatori che avevano Marchi in portafoglio
si sono trovati con un guadagno pari alla svalutazione.
In ogni caso, la Banca Centrale può difendere il cambio solo finché ha a disposizione Marchi (valuta estera)
tra le sue riserve internazionali. Una volta esaurite, deve abbandonare il sistema a cambi fissi.
Quindi, due sono i fattori che in genere scatenano la speculazione in cambi:
- incongruenza tra variabili macroeconomiche (come inflazione e Pil) e valore del tasso di cabio
fissato dalla Banca Centrale
- basso livello delle riserve internazionali presso la Banca Centrale, perché ciò rende meno difendibile
il tasso di cambio.

In un regime a cambi fissi la politica fiscale è più efficace di quella in regime di cambi flessibili perché
la politica monetaria deve essere accomodante  se politica fiscale espansiva, la IS si sposta verso destra
con Y, i ; per prevenire i, la Banca Centrale deve attuare una politica monetaria espansiva, la LM si
sposta verso destra con i e ulteriore Y. Il risultato finale sarà un i invariato e un forte aumento di Y

i LM LM’

i1

IS’
IS

Y1 Y2 Y3 Y
Prof.ssa Trevisan Lucia – Materiale ad esclusivo utilizzo interno al corso – Vietata la riproduzione per altri scopi – 42
METODI PER LA FINANZA AZIENDALE A.A. 2019-2020

Quindi rispetto all’analisi svolta finora con regime di cambi flessibili, in regime di cambi fissi la politica
fiscale è più efficace e la politica monetaria non può essere utilizzata come strumento di stabilizzazione di Y

SISTEMA A VALUTA COMUNE  I Paesi che partecipano a questo sistema rinunciano alle proprie
valute nazionali e ne assumono una comune che ha corso legale in tutti i Paesi. A differenza deI sistemi
di cambio fissi, in cui l’accettabilità della moneta è garantita da un accordo di cambio che può venir meno
nel tempo, l’accettabilità della moneta negli scambi tra i Paesi dell’area è definita per legge. Il controllo
della politica monetaria viene trasferito ad un organismo sovranazionale (per l’area euro è la Banca Centrale
Europea – BCE) che decide in base alle esigenze dell’intera area e non a favore di un Paese o l’altro. Le
banche nazionali hanno nel proprio Paese soltanto funzioni operative non decisionali.
Caratteristiche principali di un sistema a valuta comune:
- la presenza di un organismo sovranazionale per il controllo della politica monetaria
- la moneta ha corso legale in tutti i Paesi dell’Unione

Vantaggi di un sistema a valuta comune 


- il trasferimento del controllo della politica monetaria ad un organismo sovranazionale permette di
superare il problema di credibilità dell’accordo di cambio e quello conseguente dell’asimmetria
decisionale nella conduzione della politica monetaria, perché la mancanza di un controllo a livello
nazionale della politica monetaria impedisce la creazione di una posizione di leader da parte di un Paese.
- eliminazione dei costi di transazione relativi allo scambio di monete nazionali.
- riduzione delle discriminazioni di prezzo tra le diverse aree per effetto indiretto dell’eliminazione dei
costi di transazione relativi allo scambio di valute (prodotti simili avranno prezzi più simili anche se
prodotti e commercializzati in aree diverse  minore segmentazione del mercato)

Svantaggi di un sistema a valuta comune 


- maggiore difficoltà a contrastare shock asimmetrici tra i Paesi. Se uno shock colpisce soltanto un
Paese dell’area, la politica monetaria non è in grado di aiutare l’economia di quel Paese, perché le
decisioni devono essere prese in base alle esigenze dell’intera area.
Dal momento che l’area euro non ha un organismo sovranazionale che controlli la politica fiscale
(questa è definita a livello nazionale) parallelo a quello della Banca Centrale per la politica monetaria,
esiste effettivamente il rischio che si creino delle asimmetrie all’interno dell’area, qualora un Paese
modifichi la propria politica fiscale senza coordinarsi con gli altri Paesi dell’area. Si pensi per esempio a
incentivi al settore auto concessi solo in Germania. Le case automobilistiche tedesche sottrarrebbero quote di
mercato a quelle italiane e francesi. Il Pil tedesco aumenta, quello italiano e francese diminuiscono.
Per limitare questo rischio, è stato firmato il ‘Patto di stabilità e crescita’ (1997) che ha l’obiettivo di
creare dei vincoli alla finanza pubblica.
Il ‘Patto di stabilità e crescita’ definisce:
1) l’impegno dei singoli Stati che partecipano all’Unione Monetaria Europea (UME) a mantenere una
politica fiscale rigorosa anche dopo l’avvio dell’euro  mantenere il rapporto ‘deficit pubblico/Pil’ al di
sotto del 3% e perseguire l’obiettivo del pareggio di bilancio entro il 2006 (ovviamneto non è stato
raggiunto)
2) le procedure da intraprendere in caso di deficit eccessivo di 1 Paese: se il rapporto deficit/Pil è > 3%
- scattano le raccomandazioni dell’ECOFIN (Consiglio dei Ministri) ad una politica fiscale restrittiva che
riporti il rapporto al di sotto del 3% e obbligo di aggiustare i conti pubblici entro un anno, salvo che lo
sforamento del 3% sia dovuto ad un contrazione della crescita del PIL superiore al 2%
- altrimenti sanzioni  deposito infruttifero di 0,2% del Pil+0,1% per  pt % in eccesso fino ad un
massimo di 0,5%
- se la correzione non avviene entro 2 anni il deposito si trasforma in multa e non verrà più restituito
Critiche al patto di stabilità  limita la possibilità in recessione di usare la politica fiscale per stimolare
il ciclo, con il rischio di  instabilità economica dell’area euro.
Proprio per questo, nel 2002/2003 Germania e Francia si accordarono implicitamente per un
ammorbidimento del Patto di Stabilità, dal momento che la Germania aveva sforato il limite del 3% di
rapporto deficit/Pil. Questo, tuttavia, ha dato l’alibi a molti Governi dell’area euro per fare altrettanto
durante la crisi del 2008/2009. Il risultato è stato un eccessivo allentamento nel rigore della finanza
pubblica e un eccessivo indebitamento degli Stati come Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda (l’Italia aveva
Prof.ssa Trevisan Lucia – Materiale ad esclusivo utilizzo interno al corso – Vietata la riproduzione per altri scopi – 43
METODI PER LA FINANZA AZIENDALE A.A. 2019-2020
già un eccessivo indebitamento per permettersi politiche fiscali espansive durante la crisi) che è stato il
fattore critico dello scenario del 2010/2011.
Nella primavera del 2012, i governi dell’area euro si sono accordati per un ‘fiscal compact’, un nuovo
patto fiscale che recupera e anzi inasprisce i vincoli di bilancio per i Paesi membri. (Per l’Italia vincoli
di bilancio in Costituzione  approccio monetarista delle regole fisse  regole di salvaguardia: se l’Italia
non aggiusta il proprio bilancio pubblico in linea con il ‘Fiscal Compact’ scattano aument Iva che
garantiscano l’aggiustamento).

La crisi del debito sovrano scoppiata nel 2010, e tuttora presente nell’area euro, è un esempio di
asimmetria economica con Paesi virtuosi come Germania, Francia, Olanda, e quelli periferici come Grecia,
Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia, con bilanci dissestati. Questa asimmetria può causare il collasso del
sistema a valuta comune, e quindi il crollo dell’euro, come è accaduto per lo Sme o in generale per i
sistemi a cambi fissi? La risposta dal punto di vista teorico è no, perché il sistema a valuta comune non
impone la difesa del tasso di cambio da parte della Banca centrale: l’euro nei confronti delle altre valute
è libero di deprezzarsi nel caso di crisi di fiducia (è un sistema a cambi flessibili nei confronti di $ e Yen).
Il sistema a valuta comune può crollare solo se vi è una scelta politica di uscire dal sistema.

Prof.ssa Trevisan Lucia – Materiale ad esclusivo utilizzo interno al corso – Vietata la riproduzione per altri scopi – 44

Potrebbero piacerti anche