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Theory (MMT)
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18 – Giugno – 2012
Riccardo Fracasso
http://finanzaedintorni.info
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Definizione
Approfondiamo.
La moneta sovrana
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Il sistema aureo
Il sistema aureo (in inglese, gold standard) è un sistema monetario col quale la base
monetaria è data da una quantità fissata d'oro.
Col sistema aureo lo Stato poteva creare nuove monete solo se la relativa banca
centrale metteva da parte una pari quantità d’oro, condizione non sempre semplice da
rispettare e che imponeva evidenti limiti nella spesa.
Dal 1971 è tramontato il sistema aureo dando quindi il diritto ad ogni Stato di
emettere liberamente moneta.
Il rischio insolvenza
Uno Stato che può emettere moneta liberamente è uno Stato effettivamente privo di
rischio di insolvenza; l’unico tipo di default in cui può incorrere uno Stato con
moneta sovrana è di tipo politico e non certo economico.
Per esempio, gli Stati Uniti possono fallire se il proprio governo, nel caso di
necessità, non si accorda per modificare la legge in vigore che fissa un tetto (statutory
limit) oltre il quale non è consentito indebitarsi (nel periodo luglio/agosto del 2011 si
corse questo rischio) ma, come ogni Stato dotato di moneta sovrana, non fallirà mai
per motivi economici, perché, se necessario, per onorare un debito o affrontare una
spesa gli sarà sufficiente creare nuovo denaro (attivo) ed al tempo stesso
contabilizzare sotto la voce ‘moneta’ o ‘banconote in circolazione’ ulteriore debito
(passivo).
Essendo tale debito nei confronti di sé stesso, è un debito che può salire all’infinito
senza innalzare il rischio di default; è un debito che non fa assolutamente paura agli
investitori perché sanno che, se lo Stato avrà bisogno, la moneta se la creerà.
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Pertanto, la possibilità di uno Stato di emettere significa certezza di non fallire e di
conseguenza maggior considerazione da parte degli investitori.
Quindi, uno Stato può generare nuova liquidità senza alcun limite, e ciò vuol dire
possibilità di raggiungere la piena occupazione, buoni stipendi, pensioni
soddisfacenti, infrastrutture, servizi, in una sola parola….benessere.
Ma allora, perché uno Stato che può crearsi liquidità tassa i propri cittadini?
Spesso si pensa che lo Stato tassi per poter sostenere le spese.
Ciò è vero per tutti i Paesi sprovvisti di sovranità monetaria e che devono realmente,
come ogni famiglia, raccogliere denaro (attraverso le tasse o emettendo titoli di stato)
per poterlo spendere, ma è invece falso per quegli Stati che possono emettere denaro
(per quest’ultimi infatti non regge tale giustificazione, perché, come detto, le risorse
possono crearsele dal nulla, generando moneta).
Le motivazioni (valide per tutti i Paesi, con e senza moneta sovrana) sono le seguenti:
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Il vero limite: l’inflazione
Uno Stato con moneta sovrana, quindi, potenzialmente può spendere quanto vuole,
senza rischio di fallimento; tuttavia, una spesa eccessiva causa inflazione.
La storia insegna che l’inflazione, se incontrollata, causa ripercussioni drammatiche
sui cittadini per via della perdita del potere di acquisto dei propri risparmi; in altre
parole, è un problema che non va mai sottovalutato e va monitorato costantemente.
Pertanto, l’inflazione, nel caso di Paesi con sovranità monetaria, è il vero limite
all’emissione.
Tuttavia, la maggior spesa, se non è sproporzionata e se utilizzata nel modo corretto
(per garantire la piena occupazione, le infrastrutture, i migliori servizi, ecc.),
favorisce l’aumento della produttività.
Quindi, contestualmente all’aumento dei soldi che circolano (domanda) aumentano di
pari passo i prodotti (offerta), e così l’inflazione non sale.
Inoltre, se si emette moneta soprattutto quando si deve farlo, ossia nei periodi di crisi,
essa riporta semplicemente i consumi al livello normale, senza quindi farsi scappare
di mano l’inflazione.
Ovvio che esistono dei limiti oltre i quali la produttività non può crescere e quindi
compensare l’aumento di moneta in circolazione; sarà compito dello Stato
dimostrarsi così abile da calibrare nella giusta misura l’emissione.
In presenza della piena occupazione, per esempio, non ha assolutamente senso
aumentare la spesa, ma semmai ridurla.
Ad ogni modo, se l’inflazione dovesse salire oltre il previsto, lo Stato potrà
contenerla aumentando le tasse (quindi togliendo liquidità ai consumatori) e/o
innalzando i tassi di interesse (politica monetaria restrittiva che ha lo scopo di
scoraggiare la società di ricorrere all’indebitamento).
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L’avvento dell’Euro
A questo punto è bene ribadire un concetto: uno Stato che può emettere moneta senza
alcun vincolo è uno Stato privo di rischio insolvenza, che, se sa contenere
l’inflazione, può raggiungere la piena occupazione, offrire servizi, dare quindi
benessere alla società.
In una situazione simile gli stipendi sono buoni, le imprese vanno mediamente bene,
la necessità di andare a debito è bassa ed allo Stato non serve certo privatizzare.
Con l’avvento dell’Euro (1° gennaio del 2001) tutti gli Stati aderenti hanno rinunciato
alla propria moneta sovrana e con essa alla possibilità di creare denaro.
Da allora, l’emissione di nuova moneta (euro) può essere disposta esclusivamente
dalla BCE (Banca Centrale Europea), la quale, però, perseguendo come primo
obiettivo il contenimento dell’inflazione, anche a scapito del mercato del lavoro, è
molto poco propensa a crearne.
Essa, anziché emettere denaro dal nulla preferisce raccoglierne di già esistente dal
mercato (principalmente attraverso aste di brevissimo termine); ma, mentre
l’emissione di moneta è potenzialmente illimitata, la raccolta del denaro dal mercato
non lo è.
Inoltre, la BCE così facendo alimenta debito nei confronti di terzi (e non con sé
stessa), il che, come detto in precedenza, la espone al rischio di insolvenza.
Nei periodi di crisi spesso ci sono dei vuoti di liquidità che una banca centrale
dovrebbe colmare emettendo moneta dal nulla.
Ad ogni modo, con i LTRO la BCE ha effettivamente creato molta moneta; è
sicuramente un passo avanti ma bisogna sottolineare che il denaro fresco è stato
prestato alle banche e non accreditato, con la speranza che dopo tre anni (durata
LTRO) le banche restituiranno la liquidità immessa alla BCE stessa, riducendo di
conseguenza il rischio inflazione.
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Inoltre, la nuova moneta andrebbe utilizzato diversamente, ma questo lo andremo ad
approfondire in seguito.
Comunque sia, con la nascita dell’euro i singoli Paesi dell’Area Euro non possono
più crearsi la moneta, e quindi sono obbligati a raccogliere denaro prima di
spenderlo; ne consegue:
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La fragilità degli Stati privi di sovranità monetaria
Altre
Stato
Nazioni
Esportazioni
Importazioni
Spesa
Tasse
Società
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Se lo Stato spende (acquistando servizi e beni da soggetti della società) più di quanto
tassa allora la società si arricchisce, al contrario si impoverisce.
Se lo Stato è dotato di sovranità monetaria, nei momenti di crisi economica può
intervenire creandosi moneta ed aumentando la spesa (come detto, in questo caso
aumenta solo il debito nei confronti di sé stesso, quindi non il rischio insolvenza).
Uno Stato privo di sovranità monetaria, invece, deve affidarsi a quella variabile
imprevedibile che è, come detto, quella del netto tra esportazioni ed importazioni; nel
caso di crisi, dovrà aumentare la spesa ricorrendo al debito, debito che in questo caso
sarà nei confronti di terzi e che quindi lo esporrà ad un maggior rischio insolvenza.
Quando nei periodi di crisi lo Stato attua un piano di austerity esso riduce la spesa ed
aumenta le tasse, il che è l’esatto contrario di ciò serve per avere una ripresa.
Se una persona sta morendo di sete è bene darle da bere e non toglierne.
Così facendo la società si impoverisce ed è probabile che in fasi come questa anche il
flusso di capitali provenienti dall’estero diminuiscano drasticamente.
La crisi quindi peggiora, diminuiscono le entrate fiscali ed il debito invece di calare
sale.
Tutto ciò per sostenere quanto possa diventare fragile la situazione di uno Stato privo
di una moneta sovrana.
Chi ci guadagna?
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Il problema è che i privati, al contrario di ciò che dovrebbe fare il pubblico,
guardano unicamente all’utile, per cui se offrire un servizio in una zona è
vantaggioso lo danno, altrimenti no, e questo è pericolosissimo quando si parla
di servizi indispensabili.
Immaginate di abitare in un Paese di 50 persone sito in una zona dispersa in
montagna; lo Stato costruisce (o almeno dovrebbe) anche in perdita gli
allacciamenti per portare l’acqua ai 50 cittadini, ma il privato, a meno di leggi
che glielo imponessero, lo farebbe?
Grandi multinazionali che, proprio grazie alla crisi (che porta disoccupazione
e quindi gente disposta ad accettare qualsiasi stipendio), possono abbassare il
costo del personale ed esser più competitivi nei confronti delle industrie
concorrenti.
E poco importa a tali industrie se più disoccupazione e stipendi da fame siano
sinonimo di minori consumi interni, perché a loro interessa ampliare il loro
business nei Paesi emergenti, mercati con potenzialità di crescita enormi.
Quanto detto fa capire che le imprese che invece vendono prevalentemente
all’interno dei propri confini, contrariamente a quanto si possa pensare, non
hanno interesse che gli stipendi scendano, perché il vantaggio del minor costo
del lavoro sarebbe superato di gran lunga dallo svantaggio che le risorse dei
consumatori diminuirebbero.
Pertanto, gli impresari che spingono per un ribasso generalizzato degli stipendi,
o parlano per ignoranza economica o perché la loro attività è rivolta
prevalentemente a mercati fuori dai confini;
Una circoscritta cerchia di grossi speculatori, le maggiori banche d’affari
del mondo e gli Hedge Funds che, seppur seduti su tavoli diversi, provocano
la crisi ed allo stesso tempo scommettono sulla stessa.
Inoltre, in un periodo di crisi, gli Stati che non possono creare moneta, le
famiglie e le imprese, per raccogliere denaro devono indebitarsi a tassi sempre
più elevati, arricchendo dall’altra parte chi invece i soldi li eroga.
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Dunque, i Paesi membri dell’Area Euro per raccogliere denaro vanno a prestito
di soldi pagando degli interessi passivi, interessi il cui pagamento richiede il
ricorso a nuovo debito, il quale cresce inesorabilmente.
Lo Stato per pagare tali interessi oltre a cercarlo a prestito dal mercato, ne
raccoglie dai cittadini attraverso le tasse.
Uno Stato con sovranità nazionale non avrebbe di questi problemi (ricerca di
denaro, debito che si autoalimenta attraverso gli interessi, innalzamento tasse)
perché la moneta se la creerebbe dal nulla, il che, come precedentemente
scritto, presupporrebbe un aumento del debito ma nei confronti di sé stesso e,
quindi, è un debito che può salire all’infinito senza innalzare il rischio di
default.
Invece, uno Stato privo di sovranità monetaria è costretto ad indebitarsi a
fronte di tassi passivi che ora della fine ricadono sulle spalle dei cittadini sotto
forma di tasse.
In sintesi, vi è un trasferimento di ricchezza dai cittadini a chi eroga prestito (in
particolare le banche private).
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2. Abbassando gli stipendi aumenta l’occupazione = non solo FALSO ma è
addirittura vero il contrario, perché così si innesca una spirale senza fine in cui
l’abbassamento degli stipendi toglie risorse ai cittadini, quindi calano i
consumi e frena il lavoro per le aziende le quali licenziano e riparte il giro;
3. Uno Stato che emette liberamente moneta provoca inflazione = questo è
l’unico vero pericolo possibile, però, come precedentemente chiarito, se lo
Stato spende bene e nella giusta misura si ha un incremento della produttività
che va a bilanciare la maggiore domanda.
Sempre avvalendosi delle stesse persone, la ristretta cerchia di potenti ha fatto passare
per indispensabile la creazione dell’unione monetaria, togliendo la sovranità
monetaria ai Paesi aderenti, forti dei concetti che divulgano da decenni.
Ottenuto l’Euro le maggiori banche d’affari al mondo hanno creato la crisi (prodotti
tossici) ed a quel punto l’impossibilità di creare moneta ha costretto i Paesi dell’Area
Euro a rivolgersi al mercato per raccogliere denaro (da non scordare inoltre le
privatizzazioni, grazie alle quali le multinazionali potevano acquisire a prezzi di saldo
le attività che offrivano i servizi essenziali).
Col passare del tempo, però, le agenzie di rating e gli investitori hanno guardato con
sempre più sospetto questo aumento del debito (verso terzi, quindi che espone i Paesi
al rischio di default), il che si traduce in declassamenti a ripetizione e rendimenti in
forte e costante salita.
A questo punto sono intervenuti i soliti esperti a consigliare agli Stati in difficoltà di
ridurre il debito attraverso piani di austerity i quali, come sappiamo, significano
anche aumentare le tasse, tagliare gli stimoli all’economia, drenando quindi le risorse
ai consumatori, rallentando ancor più le vendite, riducendo quindi le entrate fiscali e
finendo per spingere ulteriormente verso l’alto il debito.
Quindi, ennesimi downgrade da parte delle agenzie di rating ed ancora una volta
rendimenti in rialzo.
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Come deve investire lo Stato
Un’altra domanda che la gente potrebbe porsi è: “ma se i Paesi dotati di sovranità
monetaria possono raggiungere il benessere generale, perchè mai, per esempio, gli
Stati Uniti (forse il Paese per eccellenza nella stampa) hanno tuttora una
disoccupazione molto alta ed una situazione economica che non si può definire
brillante?”.
La causa della situazione attuale è il modo col quale la nuova liquidità è stata usata:
per gli ammortizzatori sociali, per fronteggiare la criminalità (in crescita quando sale
la disoccupazione) e per costosissimi salvataggi soprattutto delle banche.
Gli ammortizzatori sociali sono costosissime toppe che, se da una parte sono
eticamente comprensibili, dall’altra non risolvono il dramma della disoccupazione.
In parole semplici, se una persona ha fame è meglio offrirle qualche pasto caldo o far
in modo che, attraverso un lavoro stabile, quel pasto ed i successivi se li procuri da
solo senza aver bisogno d’esser aiutato?
Per quanto riguarda il denaro per salvare le banche, sono soldi che spesso sono
utilizzati per pagare bonus milionari ai manager o per fare investimenti privati,
anziché finanziare famiglie ed imprese; in buona sostanza, sono soldi che
arricchiscono le banche (anche quelle che creano appositamente le crisi) e non fanno
ripartire l’economia.
La moneta emessa deve essere accreditata e non prestata, e deve essere utilizzata per
ridurre le tasse, migliorare i servizi, creare infrastrutture e posti di lavoro.
Usi diversi non risolvono i problemi ma rappresentano semplici toppe, che spesso
favoriscono rimbalzi dei listini azionari molto consistenti, ma destinati ad esaurirsi.
Il fatto che la moneta potenzialmente possa esser creata in modo illimitato non
significa che debba esser spesa male, anzi, il taglio degli sprechi e dei privilegi deve
essere una regola per tutti i Paesi, anche per quelli con sovranità monetaria, al fine di
contenere l’emissione, altrimenti un eccesso di presenza provoca la svalutazione della
valuta che a sua volta alimenta l’inflazione.
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La velocità di circolazione della moneta
QE1 QE2
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Come si può notare, nei periodi in cui la MM1, favorita dalla emissione di dollari, ha
accelerato la salita, la velocità di circolazione ha rallentato, riducendone
notevolmente i benefici.
Qualsiasi sia l’utilizzo, il denaro, alla fine del suo percorso, viene depositato presso le
banche.
E’ proprio a questo punto che si decide la partita: se gli istituti finanziari, a fronte
della maggiore raccolta, incrementano i prestiti, la moneta continua a circolare
favorendo l’economia in modo duraturo; se al contrario per qualche motivo v’è una
stretta creditizia, i benefici sono temporanei ed i problemi restano irrisolti.
Giunti a questo punto si potrebbe giustamente evidenziare che, dato che ‘qualsiasi sia
l’utilizzo, il denaro, alla fine del suo percorso, viene depositato presso le banche’,
così dovrebbe essere anche se fosse utilizzato nel modo giusto (ripeto ancora una
volta: ridurre le tasse, creare la piena occupazione, fornire servizi, ecc.).
Obiezione plausibile, ma in un contesto in cui si matura la consapevolezza che lo
Stato disponga di liquidità potenzialmente illimitata e la adoperi con l’obiettivo di
raggiungere la piena occupazione (famiglie), la quale favorisce i consumi e di
conseguenza le imprese, le banche, considerato la notevole riduzione di rischio, sono
molto più propense a concedere credito.
Inoltre, maggior benessere (dovuto soprattutto ad una minor disoccupazione)
significa anche minor necessità di ricorrere al debito; in parole semplici, minor
dipendenza dalle banche.
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Vantaggi e svantaggi
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1. Osservando la tabella, appare piuttosto evidente che uno Stato privo di sovranità
monetaria (ogni membro dell’Area Euro) presenta troppi punti deboli.
Certo, fino a che il singolo Stato non è colpito duramente dalla crisi i problemi non
si vedono, ma quando la crisi si aggrava, anche i Paesi economicamente più forti,
ma privi di una moneta sovrana, devono far conto col limite di spesa, col
surriscaldamento dei rendimenti e con tutto ciò che ne consegue.
2. Invece, i Paesi con sovranità monetaria, ma che utilizzano i soldi nel modo
sbagliato (ammortizzatori sociali, per fronteggiare la criminalità (in crescita
quando sale la disoccupazione) e per costosissimi salvataggi soprattutto delle
banche) godono soprattutto del grosso vantaggio di non correre il rischio
insolvenza (quindi i rendimenti non possono salire in modo eccessivo verso l’alto).
Tuttavia, in tempi di crisi spendere i soldi in questo modo non favorisce la ripresa.
3. I Paesi che invece stanno meglio sono indubbiamente quelli con sovranità
monetaria e che spendono i soldi nel modo corretto (riduzione tasse, creazione
piena occupazione, miglioramento servizi, costruzione infrastrutture).
Essi si che, oltre a non correre il rischio insolvenza, hanno ottime probabilità di
superare eventuali crisi.
Unico grosso limite è l’inflazione, fattore che andrà costantemente monitorato; il
governo dovrà dimostrarsi così abile di evitare il surriscaldamento dei prezzi
calibrando la spesa nella giusta misura (indispensabile eliminare gli sprechi) e, nel
caso in cui l’inflazione dovesse comunque salire eccessivamente, dovrà contenerla
tramite una politica monetaria restrittiva ed aumentando le tasse.
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Conclusioni
Bibliografia
Wikipedia
Paolo Barnard, “Il più grande crimine” (ott. 2011)
Paolo Barnard, “ Nonna ti spiego la crisi economica”
Riccardo Fracasso
http://finanzaedintorni.info
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