IL TARDO PELAGIANESIMO
E LA COLLECTIO AVELLANA
ANGELO DI BERARDINO
Premessa
Il mio breve intervento riguarda alcune conseguenze della controversia
pelagiana, perché, penso, che elementi della dottrina pelagiana non
scompaiano mai nella storia della chiesa fino ai nostri giorni. Nessuno
oggi, sulla grande stampa di divulgazione, tratta dell’arianesimo, del
monofisismo o di altre questioni cristologiche di quel periodo,; mentre
tanti, anche non teologi, considerano ancora oggi alcune dottrine pelagiane
diffuse e operanti. La problematica pelagiana percorre tutta la storia del
cristianesimo, perché affronta le tematiche fondamentali della grazia
divina—necessità ed efficacia—e della libertà umana; del rapporto
dell’uomo con Dio, con Cristo redentore; del valore della redenzione
operata dal Salvatore; del peccato umano; dei meriti che si acquistano
mediante l’ascetismo e la rinuncia alle ricchezze; importanza della volontà
per la perfezione personale e della disciplina interiore; il valore dei
sacramenti in connessione con la grazia. Qualcuno definisce la nostra
società sostanzialmente pelagiana, perché vuole fare a meno della grazia
divina.
Il tardo pelagianesimo e la Collectio Avellana 87
1
Prodigiosus potrebbe essere tradotto con “mostruoso,” perché Celestio difende
una strana dottrina.
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amici.2 Il prete Sisto, futuro papa, gli era favorevole. 3 Il laico Ilario di
Siracusa manifesta la diffusione delle idee pelagiane persino in Sicilia. 4
Pertanto i vescovi africani si muovono su due direttive: la prima è quella
di fare reagire la chiesa romana e la seconda di coinvolgere le autorità
imperiali. Per loro, conoscendo la situazione romana favorevole a Pelagio
e orgogliosi della loro indipendenza, era un gesto di coraggio e di umiltà.
La prima cosa importante è manifestare una grande unità con la riunione
di due concili: uno a Milevi, in Numidia, con 61 vescovi e l’altro a
Cartagine con 69 vescovi, e spedire a papa Innocenzo due lettere sinodali
insieme con una lettera firmata da cinque vescovi conosciuti a Roma 5 e
una raccolta di testi. Il loro intento era quello di condannare l’errore di
Pelagio e Celestio ed eventualmente ottenere la loro guarigione, piuttosto
che la loro separazione dal seno della Chiesa: “noi preferiamo ch’essi
vengano guariti in seno alla Chiesa anziché recisi dalla Chiesa una volta
perduta la speranza di salvarli, se non si è costretti da forza maggiore.” 6
L’importante è avere un atteggiamento comune e un insegnamento
comune.7 Lusingare Roma mettendo in rilievo la loro mediocritas in
confronto della apostolicae sedis auctoritas (Ep. 175, 1 e 4). Una potior
auctoritas romana sarà più efficace per applicare le loro decisioni.
Innocenzo risponde alla tre lettere e invia anche un biglietto personale ad
Aurelio. Tutte le risposte sono datate al 27 gennaio del 417; sicuramente
non sono state scritte nello stesso giorno, e furono pensate a lungo; il
2
Cfr. Agostino, Ep. 177,2s; 176,2; De gratia Christi et pecc. orig. 2,21,24.
3
Agostino, Ep. 191,2; Possidio, Vita Augustini 8.
4
Epistola conservata in Agostino, Ep. 156.
5
Charles Pietri, Roma christiana: recherches sur l’Église de Rome, son
organisation, sa politique, son idéologie de Miltiade à Sixte III (311-440) (Roma:
École francaise de Rome, 1976), 1187.
6
Agostino, Ep. 176,4: i vescovi di Numidia.
7
Agostino, Ep. 175,1: i vescovi del concilio di Cartagine.
Il tardo pelagianesimo e la Collectio Avellana 89
8
Innocenzo, Ep. 30,6. Cfr. Sulla prassi delle riserve Jean Gaudemet, L’Église dans
l’empire romain (IVe-Ve siècle) (Parigi: Sirey, 1958), 75; Angelo Di Berardino, “La
condanna di Giuliano: l’incidenza ecclesiale e civile di una condanna ecclesiastica
nel tardoantico,” in Giuliano di Eclano e l’Hirpinia cristiana (atti del convegno
internazionale, Mirabella Eclano, 23-25 settembre 2010), ed. Sabino Accomando
e Rocco Ronzani (Avellino, Roma: Stampa Editoriale Todisco, 2012), 237-76.
Georges de Plinval, Pélage: ses ecrits, sa vie et sa reforme : etude d’histoire
litteraire et religieuse (Losanna: Librairie Payot, 1943), 304, su questa sentenza.
9
Per questa procedura, Pietri, Roma Christiana, 195.
10
Cfr. Agostino, Ep. 186,8,28; Pietri, Roma Christiana, 1221.
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11
Mansi 4,444-45, PL 45,1726-27; 48,379-86; 56,490-92; Paul Robinson
Coleman-Norton, Roman State and Christian Church. A Collection of Legal
Documents to A.D. 535 (Londra: S.P.C.K., 1966), n. 350.
12
Agostino, Ep. 90,23; De peccato originali 8,9; 21,24; Mario Mercatore 36; apud
Coelestinum, 21,9;10; 21,8-9 = Prospero, Contra Collatorem 5,3 (PL 51,228ª).
13
Cfr. Mario Mercatore, Commonitorium super 36.
14
Mario Mercatore, Commonitorium super 36.
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Celestino I (10 settembre 422 - 26 luglio 432): contra inimicos gratiae Dei
non solum apostolicis, sed etiam regiis utebatur edictis (Prospero, Contra
Coll. 21,1: PL51,271).
La storiografia cristiana ortodossa, specialmente quella africana,
colloca al primo posto la sede apostolica, in particolare la decisione di
Innocenzo, poi i concili africani e infine gli interventi imperiali. In realtà
per l’allontanamento da Roma e dall’Italia dei pelagiani fu decisiva
l’azione delle autorità civili.
Secondo Agostino 19 vescovi, tra cui Giuliano di Eclano, non firmano
la Tractoria;15 organizzano l’opposizione alle decisioni romane
rivolgendosi anche altrove, come al vescovo di Tessalonica. Tali vescovi
dovevano essere di diverse parti dell’Italia ma pochi sono conosciuti:
Giuliano, Floro (forse della Campania), Fabio, Oronzio, Marcellino e
Persidio, poi Turbanzio (non si conosce la sede episcopale). In Campania
già dal 417 la dottrina pelagiana aveva diversi sostenitori (Agostino, Ep.
186,29). Pelagio personalmente, dopo varie vicende, si era ritirato in
Egitto. L’azione di Celestio e di Giuliano continua.
Pelagio, Celestio, Giuliano di Eclano e i loro numerosi seguaci non
hanno mai voluto creare uno scisma e fondare una chiesa indipendente
(cfr. PL 48,427s). Essi hanno lottato per restare membri della chiesa
cattolica. Erano soprattutto vescovi e chierici di ogni grado; pertanto
facilmente erano accolti in altre comunità. Anche quando sono stati
scomunicati, hanno cercato in tutti i modi di essere riammessi alla
communio ecclesiae. Preferivano spostarsi e recarsi in località dove erano
accettati. Agostino osserva che molti li seguivano perché restavano in
comunione con alcune chiese, anche perché erano vescovi. 16 Celestio,
15
Contra duas ep. pelag. 1,1,3.
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16
Agostino, Lib. de pecc. Orig. cap. 17: Multi eos propterea sectabantur, quia
catholicae communionis videbunt esse sociatos.
17
PCBE 2,364.
18
Cfr. Mario Mercatore, Commonitorium super nomine, ACO I,5,36; ed. Serafino
Prete, 52; Agostino, Epp. 157,22; 175,12;
19
Collectio Avellana 46, CSEL 35,1,103. Cfr. Mario Mercatore, Commonitorium
super nomine ACO I,5,36.
20
PCBE 2,1179.
21
Scritto in greco e tradotto da lui stesso in latino: Exemplum Commonitorii, quod
super nomine Coelestii graeco sermone a Mercatore datum est, non solum
Ecclesiae Constantinopolitanae, sed etiam plurimis religiosissimis viris; oblatum
quoque piissimo principi Theodosio semper Augusto; idipsum ex graeco in latinum
translatum per eumdem Marium Mercatorem Christi servum, PL 45,1686.
Il tardo pelagianesimo e la Collectio Avellana 93
22
Prospero, Chronicon ad ann 439.
23
Cfr. Quodvuldeus, Liber de promissionibus 6,12.
24
Agostino, Ep. 10,1* Divjak.
25
Cfr. PL 48,72; Mario Mercatore, Commonitorium super nomine, ACO I,5,36,68;
ed. S. Prete, 57.
26
CTh 16,2,47 (solo un brano); Constitutiones Sirmondianae, no.6; PL 48,409
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27
DTC 14,1796-50.
28
DTC 1798-50.
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29
I,88 PL 53,617s: Pelagiani tamen seu Coelestiani, catholicae plebi permixti
sunt, quia ecclesiam aliam non habent: et ideo ubi eis evenerit, communionem non
renuunt. Dicunt enim unius confessionis esse in hac parte, in qua eucharistia
conficitur: de quaestione enim aiunt, non de communione discernimur. Pro hoc
ausu, et a nostris, si deprehendantur, periculis subiacent, et a suis exsecrationi
habentur. Habent enim et presbyteros et episcopos suos.
30
DSp 12,2915-26. Puoi indicare la fonte ?
31
CPPM II,A,1125; PL, 45,1732-36 ; PL 48,509-26. Bibl. Nuvolone, DSp
12,2907, n. 14.
96 Chapter Five
33
Ep. 4 in Andreas Thiel, Epistolae Romanorum Pontificum genuinae
(Braunsberg: Peter, 1868), I,321-23.
34
Nuntiatum nobis est enim, in regionibus Dalmatiae quosdam recidiva
Pelagianae pestis zizania seminasse (4,1: Thiel, Epistolae Romanorum, I,321).
35
Noris pensa che Gelasio stia facendo riferimento alle opere agostiniane (Cfr.
Enrico Noris, Historia pelagiana, II,17).
98 Chapter Five
dibattito era ancora vivo; altrimenti non avrebbe scritto contro inesistenti
pelagiani. Essendo stato uno stretto collaboratore del suo predecessori
Felice III (483-492), aveva informazioni di prima mano di quello che
avveniva anche in regioni lontane.
La Collectio Avellana riporta un’altra lettera di Gelasio, la numero
37
94, sulla questione pelagiana. Essa, scritta qualche mese dopo quella
inviata a Onorio, il 1 nov. 4393, è indirizzata ai vescovi della regione del
Picenum (universis episcopis per Picenum).38 Si tratta di una circolare, che
doveva essere recapitata a tutti i singoli vescovi. Gelasio non si limita ad
inviarla ad un solo, perché—a differenza della Dalmazia—non c’è un
metropolita; egli è il metropolita da cui essi dipendono direttamente. La
provincia ecclesiastica del Picenum, che dipendeva da Roma,
comprendeva un territorio grosso modo corrispondente alle Marche di
oggi, anche se abbracciava parte dell’Abruzzo.
La lettera non è solo un richiamo a combattere la dottrina pelagiana,
ma una esposizione di tre problematiche specifiche. Il papa vuole istruire i
vescovi piceni su di esse, forse perché li considerava ignoranti e bisognosi
di essere ammoniti e istruiti. Il testo si apre con un riferimento alla triste
situazione italiana del centro-nord per le guerre tra Odoacre e Teodorico e
alle difficoltà dei sacerdotes nello svolgere il loro ministero, ma anche alla
loro grave negligenza nel vigilare che si diffondano false dottrine,
condannate dai maiores ecclesiarum magistri (2). I vescovi devono
informarsi sulla sana dottrina. Un anziano di nome Seneca è immerso
nell’eresia pelagiana. Non deve essere tanto stupido, come lo descrive
Gelasio, se difende alcune testi di Pelagio. Gelasio afferma che oltre a
37
Ep. 7: PL 59,34-41, e anche PL 45,1763-71. Questa è la 6 in Thiel, Epistolae
Romanorum, I, 325-35.
38
Si conserva la denominazione romana di Diocleziano.
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39
Gli aggettivi e gli epiteti si sprecano per qualificare Seneca: stolidus et
obtunsus; miserabilis senex; eruditionis alienus; intelligentiae communis prosus
alienus; induratus obcaecatione diabolica; ineptissimus senex; abiecta persona;
cadaver; musca moritura; vilis hebets persona.
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Conclusione
I pelagiani hanno continuato a diffondersi, nonostante le condanne
ecclesiastiche e imperiali, in Occidente. In Oriente sono quasi subito
scomparsi con la morte dei protagonisti, perché il problema non era sentito
e non rispondeva alla sensibilità della loro teologia e della loro spiritualità.
40
Serafino Prete, “La lettera di Gelasio I ai vescovi del Picenum sul pelagianesimo
(1° nov. 493),” Studia Picena 43 (1976): 9-28.
41
Ep. 94,31: Adhuc maius scelus adcrescit, ut sub conspectu et prasentia
sacerdotum b.m. Hireonynum atque Augustinum, ecclesiasticorum lumina
magistrorum […] lacerare contenderet.
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