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Qui nascono le prime boutique, e tra le più famose ci sono quelle di Mary Quant.

A
quest’ultima si deve l’invenzione della minigonna, resa popolare dalla celebre
modella Twiggy: quella “gonna cortissima” avrebbe liberato le donne da certi schemi
precostituiti e legati all’epoca vittoriana. Pare che il nome, minigonna, sia nato
perché l’auto preferita di Mary era la Mini Minor, il nuovo modello di city car che
impazzava nella Swinging London, amata anche da rockstar come George Harrison o
Marc Bolan.

“SONO STATE LE MIE GIOVANI CLIENTI DI KING’S ROAD LE VERE INVENTRICI DELLA
MINIGONNA. ENTRAVANO NEL MIO NEGOZIO, PROVAVANO GLI ABITI E MI DICEVANO: LO VOGLIO
PIÙ CORTO”

Mary Quant

Mary Quant apre il suo primo negozio (Bazaar) a King’s Road nel 1955 insieme al
futuro marito Alexander Plunket Greene, proprietario del ristorante al piano
superiore. Mary ha solo ventuno anni, ma i suoi colletti di plastica bianca su
vestiti o pullover, le sue calze colorate abbinate ai maglioncini, i cardigan da
uomo indossati come abiti e i suoi pigiami stravaganti fanno ben presto furore.

Nel 1965 Diana Vreeland, direttrice di Vogue, scrive che “Londra è la città più di
tendenza al mondo”, e nel 1966 Mary inaugura a Carnaby Street la boutique che la
renderà famosa, grazie anche agli articoli che le vengono puntualmente dedicati
dalla rivista Queen, che popolarizza la moda femminile del tempo, dalla minigonna
(“un capo pratico”, diceva Quant, “che permette alle ragazze di salire sugli
autobus in modo agile”) ad abiti e accessori divertenti e innovativi indossati da
modelle seducenti come Jean Shrimpton (la più pagata), la filiforme Twiggy, Peggy
Moffit, Penelope Tree o Veruschka, che diventano icone femminili dell’epoca insieme
a Marianne Faithfull, sensuale musa dei Rolling Stones, Jane Birkin, cantante-
attrice conturbante, Vanessa Redgrave, attrice di personalità e talento.

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Bazaar, il primo negozio di Mary Quant

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Veruschka con un abito di Mary Quant

“NON C’È NIENTE DI MEGLIO DI CARNABY STREET PER DESCRIVERE LO SPIRITO DELLA
SWINGING LONDON”

Time

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La Boutique di Mary Quant a Carnaby Street. A destra: Jean Shrimpton con un abito
di Mary Quant

DAVID BAILEY, IL FOTOGRAFO DELLA SWINGING LONDON

“Se nascevi nell’East End londinese degli anni ’30 non avevi molta scelta; potevi
diventare un pugile, un ladro d’auto o, al massimo, un musicista.” E invece David
Bailey diventa un professionista dell’obiettivo.

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Catherine Deneuve e David Bailey

Professionalmente, inizia come assistente del fotografo di moda John French, per
poi lavorare, dal 1960, come freelance per l’edizione britannica di Vogue e poi per
quelle statunitense, francese e italiana. La Swinging London è un terreno fertile
su cui può utilizzare l’obiettivo come meglio crede. I protagonisti dei suoi scatti
sono vere e proprie icone degli anni ’60: personaggi del calibro di Beatles,
Rolling Stones, Who, Michael Caine, Peter Sellers, Marianne Faithfull e Sandie
Shaw. Nel 1960 la sua prima musa è l’allora sedicenne Jean Shrimpton, sorella
minore di Chrissie, una delle fidanzate di Mick Jagger. Le belle donne frequentate
da Bailey saranno però tante e tra queste si ricordano due ragazze della Factory di
Andy Warhol come Baby-Jane Holzer e Nico. Quindi David incontra Catherine Deneuve,
con cui si sposa nel 1965. Alla cerimonia l’attrice si presenta in jeans, e a fare
da testimone c’è Mick Jagger. Nel 1967, dopo aver visto alcune foto che il marito
aveva fatto a Penelope Tree, la Deneuve predice il futuro: “Mi sa che fuggirai con
quella ragazza…” gli dice. E così sarà. Il divorzio arriva nel 1972, senza
particolari strascichi.

In quello stesso periodo esce Blow Up, il film di Michelangelo Antonioni, ispirato
proprio alla vita di Bailey. La pellicola è ambientata nella Londra di quegli anni
e nel cast sono presenti Jane Birkin e la modella Veruschka, due icone di
quell’epoca londinese.

“David Bailey”, ha scritto l’artista Brian Clarke, “ha avuto solo due amori: la
fotografia e le belle donne. È difficile dire quale dei due lo abbia tenuto
maggiormente occupato. Però ho notato che andava con una bella donna alla volta, ma
raramente si metteva meno di due o tre macchine fotografiche a tracolla.”

La figura di Astrid Kirchherr è approfondita in un altro capitolo di questo libro,


quello dedicato alla grandi donne della fotografia rock, ma Astrid ha avuto un
ruolo importante anche nella moda. All’inizio degli anni ’60 i Beatles si
esibiscono ad Amburgo allo Star Club e lì incontrano lei, giovane fotografa, e
l’artista Klaus Voormann, in quel momento suo fidanzatino. Racconta Kirchherr:
“Avevo sentito parlare dei rocker, personaggi strani che usavano la brillantina per
pettinarsi i capelli all’indietro, ma, prima dei Beatles, non ne avevo mai visto
uno in carne e ossa… Quando ci conobbero rimasero perplessi. Per loro, noi due
eravamo vestiti in modo strano, con magliette polo nere e pantaloni di velluto
anch’essi neri. In più, io portavo i capelli lunghi un centimetro.” Allora i
Beatles indossavano giacchini di pelle e portavano con orgoglio i loro ciuffirock
‘n’ roll. Seguendo l’esempio di Astrid e Klaus, anche i futuri Fab Four cambiano
look: è proprio lei a inventare il taglio di capelli più famoso della storia del
rock, quello a caschetto, che scatenerà la Beatlemania. E quello stesso taglio,
adattato alle donne, sarà il trademark di Vidal Sassoon, il parrucchiere delle
star: lo renderà leggendario Mia Farrow nel 1968 interpretando il ruolo di Rosemary
Woodhouse nel film di Roman Polanski Rosemary’s Baby.

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