La politica del territorio e della casa in una metropoli come Milano
dovrebbe essere orientata alla sobrietà.
Essere sobri non significa, necessariamente, essere anti-moderni o
demonizzare l’innovazione compresa l’ingegneria finanziaria, bensì cercare da parte del Policy Maker di:
• utilizzare intelligentemente le risorse disponibili,
• privilegiare gli obiettivi di lungo periodo a quelli di breve, • non consumare inutilmente il territorio con cementificazioni dissipatrici, avendo cura della qualità ambientale, • spendersi affinché la città sia capace di esprimere socievolezza, inclusione, accoglienza, convivialità.
La società degli uomini, il vivere comune lo fanno le persone che
abitano la città, senza dubbio, però, la qualità dello spazio urbano, le strade, le piazze, …i muri stessi danno un contributo essenziale alla possibilità d’attivare pratiche di vita accoglienti ed inclusive.
In sintesi il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di essere capaci
di coniugare attenzione:
• alle variabili economiche in gioco,
• ai vincoli di bilancio, • alle dure technicality della finanza, • all’efficacia ed incisività degli interventi, • alle potenzialità offerte dalle possibili partnership fra il settore pubblico e quello privato, • alla possibilità di convogliare sulla città nuove risorse finanziarie finalizzate alla riconversione, riqualificazione, rigenerazione del territorio.
avendo cura, in tutto ciò, di lavorare per la costruzione di un
orizzonte, non scontato, di dolcezza, in cui il grigio della nostra città sia capace di virare, metaforicamente verso un colore, forse sarebbe meglio dire una combinazione di colori, più caldi. Questa lunga premessa per fare una considerazione squisitamente politica e parlare di due casi concreti riguardo a ciò che si potrebbe fare.
La considerazione politica. A Milano sono in atto importanti processi
di riqualificazione urbana che andranno a terminarsi nel corso dei prossimi anni, inutile elencarli poiché sono sulla bocca di tutti. Interi quartieri da qui al 2015/16 cambieranno letteralmente “faccia”. Lo skyline milanese assumerà una nuova configurazione. Senza voler demonizzare tutto ciò, vizio tipico a sinistra, bisogna prendere atto che tutti questi progetti sono stati progetti privati, spinti da privati ed attuati in una pura logica di mercato, nell’ambito della quale, fin dall’inizio, il tema è stato quello della massimizzazione delle cubature. Sulla base di questo assunto, più che legittimo, dando per scontata una logica di mercato, il ruolo del pubblico, del Comune è stato quello, al limite, di indirizzare, molto da lontano, gli interventi, sostanzialmente di negoziare il negoziabile, nell’ambito di qualcosa che non era un progetto per la città e tantomeno un disegno. Un’amministrazione di centro-sinistra dovrebbe candidarsi a “riprendere il pallino” ad essere più regista (non protagonista) e meno comprimario.
I casi concreti.
Il primo - Il Comune di Milano è proprietario di un patrimonio
immobiliare tecnicamente alienabile il cui valore è stimato in circa € 1.7 Mld. La scelta intrapresa nel corso degli ultimi anni è stata quella di procedere in direzione della “valorizzazione” di questo patrimonio. Il punto però è capire esattamente che cosa s’intende per valorizzazione. L’esperienza della giunta uscente su questo fronte è fatta di luci ed ombre. Senza dubbio la scelta di procedere come altre amministrazioni locali italiane (Torino e Venezia) in direzione della costituzione di fondi immobiliari ai quali apportare una parte del menzionato portafoglio è stata una scelta innovativa, caratterizzata da una sua efficienza ed efficacia intrinseca in termini puramente esecutivi. Ciononostante la sensazione è che per quanto concerne l’esperienza dei primi due fondi immobiliari (Milano 1 già operante e Milano 2 in fase di lancio, operazioni che “mettono in gioco” complessivamente un portafoglio immobiliare stimato di circa € 500 Mln ed un valore patrimoniale al netto del debito di circa € 200 Mln) non si sia andati molto al di là di un’operazione di cartolarizzazione realizzata attraverso un fondo immobiliare il cui razionale è semplicemente quello di vendere nel più breve tempo possibile, dando un mandato ad un soggetto privato, per definizione più flessibile, per la gestione di un business plan di cessione, cercando, al contempo, di “anticipare la cassa” attraverso il collocamento delle quote a degli investitori privati.
Il secondo – Da alcuni anni si parla in tutta Europa di Fondi di
Sviluppo Urbano o alternativamente di Fondi di Rigenerazione Urbana. L’Unione Europea sta cercando d’indirizzare in simili iniziative un ammontare di risorse importante identificato nel fondo strutturale FESR (Fondo Europeo Sviluppo Regionale) i cui presupposti sono:
a) la realizzazione di forme integrate di pianificazione
urbana orientata alla sostenibilità ambientale, all’innovazione, all’inclusione ed allo sviluppo dell’imprenditorialità;
b) il finanziamento di partnership pubblico/privato
caratterizzate da una redditività attesa positiva, ma non tale da giustificare un coinvolgimento pieno del privato.
Tale sforzo della UE si articola peraltro con un ruolo attivo della
BEI, in chiave di montaggio di simili operazioni. La stessa BEI potrebbe addirittura candidarsi a svolgere il ruolo di gestore dei cosiddetti Fondi di Partecipazione, cioè di Fondi di Fondi di Sviluppo Urbano, la cui vocazione è quella d’investire le risorse FESR, nell’ambito di uno specifico territorio, in una pluralità di veicoli d’investimento impegnati nella realizzazione di partnership pubblico / privato orientate all’implementazione di progetti integrati di sviluppo sostenibile ed ai quali le amministrazioni comunali potrebbero apportare immobili e terreni. Alcune regioni italiane (Liguria, Sicilia, Campania) si stanno muovendo in questa direzione. In Lombardia, invece, nell’ambito della pianificazione strategica 2007/13 inerente l’impiego dei fondi FESR (circa € 225 Mln) non si fa menzione di simili soluzioni. Ecco, una nuova amministrazione di Centro-Sinistra, con riferimento ai due casi concreti, però sintomatici di un modo d’intendere e di fare la politica del Territorio e della Casa dovrebbe porsi in modo diverso.
a) In merito alla “valorizzazione” del patrimonio
immobiliare del Comune bisognerebbe pensare a un approccio alternativo alla semplice “vendita all’incanto” e quindi alla realizzazione d’iniziative di finanza immobiliare nell’ambito delle quali l’obiettivo sia prima di tutto quello di valorizzare davvero il patrimonio conferito in una logica di medio lungo periodo, cercando altresì, logicamente, di convogliare nelle menzionate iniziative le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione di una vera valorizzazione di cui il Comune stesso potrebbe essere, se non l’unico, almeno un importante beneficiario.
b) In merito al tema delle risorse europee dovrebbe
spendersi politicamente, negoziando magari “pesantemente”, con gli altri livelli politici coinvolti, affinché le risorse disponibili possano essere investite in progetti di rigenerazione urbana sul territorio milanese.