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Diritto Prof.

La
Tributario Scala

Lezione 14 –– 11 Maggio 2020

IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO


Marco Emma è un avvocato tributarista. Si è laureato in giurisprudenza a Palermo ed è molto bravo. Lavora
da molti anni a Roma nello studio Tremonti, uno dei più importanti d'Europa. Lui ci spiegherà l'IVA.

Per quanto riguarda l'IVA, lo scopo di questa lezione è quello di cercare di darvi un'infarinatura e farvi capire
come funziona l'Imposta sul Valore Aggiunto. Per fare questo, dovremo prima capire da dove viene, qual è la
sua origine e perché è stata introdotta, e poi comprenderne i presupposti, le modalità, le operazioni
imponibili e non e, infine, capire anche le modalità di applicazione dell'imposta. Perché dico questo? Perché
voi sicuramente l'IVA la vedete quando fate un acquisto. Avrete visto l'IVA scorporata rispetto al prezzo di
un bene o di un servizio - da una parte il prezzo, dall'altra l'IVA - sebbene voi paghiate per intero il prezzo
comprensivo dell'IVA. Però perché è esposta a parte l'IVA? Qual'è la logica di tutto questo? L'IVA è
un'imposta diversa, ad es., dall'IRPEF (che colpisce il reddito: ricchezza prodotta da un soggetto), perché
colpisce i consumi, quindi gli acquisti di beni o servizi.

Da dove nasce?
Nasce a livello comunitario per esigenze di tipo comunitario e deriva dal fatto che la CE, oggi UE, ha una
finalità, un obiettivo: quello di garantire la libera circolazione dei beni, dei servizi e dei capitali. E' la cd
"neutralità concorrenziale". Per raggiungere questo obiettivo è necessario imporre una "neutralità fiscale"
nella circolazione di questi beni e servizi. Il vero scopo, quindi, è quello di non creare distorsione. Si capisce
bene che, se su una determinata prestazione, un bene o un servizio, uno Stato impone una tassazione ed un
altro Stato non l'impone, ovviamente, io come cittadino UE andrò a comprare i beni nello Stato che non
impone quella tassazione. Per fare in modo che all'interno dell'UE, quindi, ci sia un unico mercato di beni e

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di servizi, si è creata, come dice l'art. 13 del TFUE, un'imposta sui consumi armonizzata. L'IVA, infatti, è
l'imposta armonizzata per eccellenza. E' stato necessario creare un meccanismo, un'imposta, che garantisse che
all'interno dell'UE potessero circolare dei beni o dei servizi con le stesse imposizioni sul consumo degli stessi.
Per fare questo era necessario istituire un'imposta che intervenisse in varie fasi del processo di distribuzione e
di produzione dei beni all'interno del mercato europeo e che tale imposta venisse applicata in ogni singola
fase. Ora vedremo bene questo meccanismo, perché la particolarità dell'IVA è quella di essere un'imposta che
si applichi in tutte le fasi di produzione e di distribuzione di un bene. Applicandola in ogni singola fase del
processo, si è reso necessario renderla non cumulativa, cioè, in ogni singolo passaggio del processo di
produzione del bene che dall'inizio, dalla sua materia prima, arriva fino al consumatore finale, siccome passa
per più fasi, si è reso necessario che, in ogni fase, non si andasse a cumulare (che non fosse un'imposta cd "a
cascata") e quindi che diventi sempre più grande (il primo la applica al secondo; il secondo la applica al terzo;
il terzo la applica al quarto; ecc.).

Per farvi capire brevemente, così come primissimo impatto, avete presente la canzone "Per fare il tavolo ci
vuole il legno, per fare il legno ci vuole l'albero, per fare l'albero ci vuole il fruttoooo (ecc.)?" (il prof La
Scala fa la battuta: "una fantastica canzone che sarà oggetto d'esame") Ecco. Al nostro tavolo, quando
compriamo un bene come consumatori finali, alle spalle di questo c'è tutto un processo. Ad es., se noi
compriamo una maglietta in un negozio, quella maglietta nasce dal produttore del cotone: il produttore del
cotone ha coltivato il cotone ed ha venduto il cotone a chi dal cotone ricava il tessuto; quello che ha
realizzato il tessuto poi lo venderà alla fabbrica che ha realizzato la maglietta; la maglietta verrà venduta ad
una casa di moda che ci mette il logo sopra; la casa di moda la vende ad un signore che ha il negozio; il
signore che ha un negozio la venderà a noi, consumatori ultimi e finali. Quella maglietta per arrivare a noi
avrà subito varie fasi di produzione e di distribuzione. Affinché tutto quanto funzioni all'interno dell'UE in
maniera neutrale, occorre che tutte le imposte di questa catena, che abbiamo fatto come esempio, siano incise
dall'imposta sul consumo, non da un'imposta che ogni volta viene ad aumentare nel successivo passaggio, ma
da un'imposta che, con un meccanismo di rivalsa e detrazione, che è il fulcro di questo tipo di imposta, fa sì
che venga inciso dall'IVA in ogni passaggio da cui il nome "imposta sul valore aggiunto", perché si applica,
di volta in volta, al valore che si aggiunge, sullo stesso bene o servizio, rispetto al precedente.

L'imprenditore che mi ha venduto un bene a 244 euro, 200, che è il prezzo del bene che mi ha venduto li
prende e se li mette in tasca. I 44 euro di IVA dovrebbe versarli allo Stato, all'erario, però visto che non deve
essere un'imposta che grava su ogni singolo passaggio, moltiplicandosi, lui toglierà l'IVA che ha a sua volta
pagato a chi gli ha venduto la maglietta dalla casa di moda. Metti che lui ha comprato la maglietta a 122
euro, il prezzo del bene era di 100 euro, mentre i 22 euro l'IVA che ha pagato al suo fornitore. Quindi, dai 44
euro che dovrebbe pagare all'erario toglierà i 22 euro che ha pagato al fornitore, così che pagherà solo 22
euro IVA. Quindi, non pagherà l'IVA sulle 200 euro, ma solo sulle 100 euro che ha aggiunto lui in più
rispetto al prezzo del prodotto acquistato dal precedente fornitore. Si tratta quindi del valore aggiunto da lui
su uno dei passaggi di un meccanismo di produzione e distribuzione. L'IVA, come dice il nome stesso, non è
un'imposta che grava a cascata, quindi è vero che colpisce ogni singolo passaggio che va dal produttore al
consumatore finale, ma non si somma ad ogni passaggio, come se fosse una cascata (acqua su acqua).

Quindi, ad ogni passaggio si applica l'IVA con il meccanismo della detrazione (distingueremo l'IVA
originaria con l'IVA finale parlando di "IVA a monte" e di "IVA a valle"). L'IVA, quindi, colpisce, ad ogni
passaggio, solo il valore aggiunto, cioè, il sovraprezzo che ad ogni passaggio il bene o il servizio acquista.
Quindi, da questo meccanismo particolare, ma questo è stato solamente un flash per farvi capire il
meccanismo che c'è dietro, è nata l'imposta sulla cifra d'affari, che da noi si chiama imposta sul valore
aggiunto.
E' stata istituita con la direttiva 388/1977 e poi è stata recepita, come sempre avviene nel diritto comunitario,
dai singoli Stati membri. Da noi è stata recepita come "imposta sul valore aggiunto" con il d.p.r. 633/1972,
che ha introdotto l'IVA che ha sostituito la vecchia IGE, che era la precedente imposta plurifase sui consumi,
che, invece, era cumulativa a cascata. Cosa vuol dire che la nuova IVA è stata introdotta in Italia da una
direttiva comunitaria? Vuol dire che è disciplinata dall'UE. E' l'UE che ha disciplinato, con atti normativi
comunitari, che poi devono essere recepiti dagli Stati membri, il meccanismo dell'IVA, quindi le
caratteristiche che deve avere questa imposta e, appunto, con una serie di norme, direttive o altro, che sono
state recepite nel nostro ordinamento e poi sono state trasfuse tutte quante nel 2006 con la direttiva 112 CEE,
che è la cd "direttiva di rifusione", con cui si è fatta un'unica direttiva comunitaria, un unico pacchetto,
relativo all'IVA. Successivamente, fu modificata (ogni volta che si è reso necessario) e la modifica più
importante, come vedremo risale al 2008, recepita al 2010. Essendo la norma di origine comunitaria, quindi
avendo una funzione comunitaria, è anche destinata al finanziamento degli obiettivi comunitari. Pertanto,
viene considerata anche un tributo proprio dell'UE, tant'è che lo Stato italiano si tiene la maggior parte
dell'IVA che incassa dai cittadini per poi versarne una piccola parte all'UE, garantendo, così il funzionamento
degli obiettivi comunitari. La conseguenza di fatto, quindi, è che l'IVA è disciplinata dalla normativa
europea. Questo vuol dire che trova, come tutte le direttive self excecuting, che sono particolarmente
dettagliate e che possono avere effetto diretto nel nostro ordinamento, laddove non siano state trasposte nel
singolo Stato membro, oppure non siano state applicate correttamente.

Se la norma italiana non ha applicato una norma in materia di IVA emessa dall'UE oppure l'ha applicata in
maniera errata c'è la possibilità, tramite il rinvio alla Corte di Giustizia, di farsi riconoscere che la norma
italiana non sta rispecchiando correttamente quelli che sono i principi comunitari ed in questo caso la Corte
di Giustizia stabilisce che la norma italiana non va applicata, ovvero va interpretata nel rispetto dei principi
generali dell'UE. Quindi, quando noi, come operatori del diritto italiano ed andiamo ad applicare la
normativa italiana dobbiamo tenere a mente i principi comunitari che regolano la disciplina dell'IVA a monte,
a livello comunitario, perché la norma italiana deve essere sempre letta con un criterio cronologico, alla luce
dei principi comunitari che sono sanciti nel diritto comunitari (atti normativi, giurisprudenza, ecc.). Alla fine,
quindi, è stata creata una imposta sul valore aggiunto che, secondo le impostazioni di matrice comunitaria, ha
delle caratteristiche ben precise, che sono riflesse nel nostro ordinamento. Le caratteristiche sono:
- è applicata a tutte le operazioni economiche aventi ad oggetto beni o servizi, che sono considerate attività
economiche;
- è proporzionale al prezzo perché si applica con un'aliquota al momento della determinazione del prezzo del
bene (è applicata su una base imponibile);
- viene riscossa in ciascuna fase del processo di produzione e di distribuzione (quindi è plurifase) e viene
fatto a prescindere dal numero di operazioni che sono state effettuate in precedenza. Qualsiasi fase del
processo di produzione e di distribuzione vedrà l'applicazione dell'IVA ed è applicata soltanto nella porzione
di valore aggiunto tramite un meccanismo di rivalsa e detrazione che poi fa sì che alla fine il peso
dell'imposta rimanga totalmente ed esclusivamente a carico del consumatore finale.

Tutto questo implica diverse particolarità.


La prima particolarità è che, nell'IVA, si possono differenziare due tipi di soggetti IVA.
C'è un soggetto passivo di diritto, che è l'operatore economico. Quello che si legge anche nei giornali: il cd
"popolo delle partite IVA". Questo perché uno di quei soggetti che intervengono professionalmente nelle
varie fasi di produzione e distribuzione di un bene e che quindi sono formalmente soggetti passivi ai fini
IVA, perché: loro applicano l'IVA e la versano all'erario; sono destinatari degli obblighi formali (di tenuta
della contabilità, emissione delle fatture, fare la dichiarazione, adempimenti sostanziali quali il versamento
del tributo, ecc.). Ma non sono incisi dal tributo, tendenzialmente, perché ci sono dei casi in cui loro
finiscono per essere a loro volta i consumatori finali. Consumatori finali che invece sono i soggetti passivi di
fatto.
Questa differenza, tra il soggetto passivo di diritto, che è colui che fa funzionare l'IVA, essendo il soggetto
passivo formalmente designato dalla norma, come quello che deve fare tutti gli adempimenti, ed infatti si
definisce "tax collector" perché raccoglie l'imposta dai consumatori finali e la versa allo Stato.
Poi c'è il soggetto passivo di fatto, che sono i consumatori finali, e siamo tutti noi nella misura in cui non
agiamo nella veste di imprenditori o liberi professionisti. Tipicamente, quindi, l'esempio che si fa è quello
della vecchina, che non è una partita iva, ovviamente, ma va a comprare dei beni per sue necessità come
consumatore finale: lei è il soggetto passivo di fatto, che non è formalmente un soggetto IVA perché non è
tenuto ad alcun adempimento formale (nessuno le chiede di fare qualsiasi adempimento formale, di emettere
documenti o di pagare l'imposta all'erario con l'F24), però è lei che alla fine è incisa del tributo, perché sarà
lei a pagare l'IVA alla fine, col prezzo finale del prodotto che compra. L'IVA al termine del processo di
produzione verrà incassata dallo Stato.

Con queste caratteristiche dell'IVA di fatto sono state recepite nel nostro ordinamento ed abbiamo una norma,
secondo il d.p.r. 663/72 che applica l'imposta, l'iva, sulla base di determinati presupposti, affinché vi sia
l'applicazione dell'Iva.

I presupposti sono, nel nostro ordinamento, diversi a seconda del territorio che rilevi nel rapporto. Se si tratta
di un rapporto di tipo nazionale, limitato ai nostri confini, i presupposti sono di un certo tipo; se un rapporto
di tipo comunitario, cioè se un'operazione implica l'interessamento di soggetti residenti in Stati diversi
nell'ambito dell'UE, i presupposti sono di altro tipo; se è un rapporto di tipo extra comunitario e c'è
l'importazione di un bene da un paese extra UE i presupposti per applicare l'IVA sono di altro tipo.
L'elemento territoriale è molto rilevante nell'IVA, sia perché determina dove viene applicata l'imposta (in uno
Stato piuttosto che in un altro), sia perché cambiano i presupposti a seconda del tipo di rapporto che si istaura
tra i due soggetti (2 soggetti italiani; uno italiano ed uno francese; uno italiano ed uno statunitense). Quindi,
praticamente, il luogo di localizzazione dell'IVA è importante anche per capire dove avviene il consumo del
bene e quindi quale Stato ha il diritto a riscuotere l'imposta, proprio perché è un'imposta sul consumo, che
colpisce i consumi.

Nei rapporti nazionali, i presupposti dell'applicazione dell'imposta quali sono?


Nei rapporti nazionali, tra due soggetti italiani, l'IVA si applica con il ricorrere di 3 presupposti, che sono:
- Presupposto oggettivo, cioè cessione di beni o servizi;
- Presupposto soggettivo, questa cessione di beni o prestazioni di servizi deve essere effettuata nell'esercizio
di un'impresa, arte o professione;
- Presupposto territoriale, è logico, tale attività deve essere effettuata all'interno del territorio. Questo
affinché l'Italia possa tassare un'operazione.
Queste caratteristiche, questi presupposti, sono elencati nel primo articolo introduttivo della norma.
Il primo articolo del d.p.r. 633/72 stabilisce che: "l'imposta sul valore aggiunto si applica sulla cessione di
beni, sulla prestazione di servizi effettuata sul territorio dello Stato nell'esercizio di imprese, arti o
professioni o nelle importazioni da chiunque effettuate".
Che vuol dire? Se manca una qualsiasi operazione, uno di questi presupposti, non siamo più nell'ambito delle
operazioni imponibili ai fini IVA ma usciamo dal campo d'applicazione dell'IVA e, non rilevando
l'operazione, si dice che siamo in presenza di un'operazione non rilevante ai fini IVA o ad un'operazione fuori
campo ai fini IVA, ma questo lo vedremo più avanti.

Nei rapporti internazionali, con soggetti extra UE, sono presupposti dell'IVA:
- importazioni, da chiunque effettuate;
- scambi intracomunitari, tra soggetti residenti o comunque stabiliti in Stati membri diversi e quelli che
rilevano sono acquisti di beni tra soggetti IVA (che hanno una partita IVA in due Stati diversi), l'acquisto del
bene perché in quel caso vige il principio di destinazione (dove si trova la partita IVA che acquista il bene
intracomunitario) oppure nel caso in cui sia un rapporto di cessione del bene nei confronti di un consumatore
finale, quindi di una partita iva, che cede un bene ad un soggetto non partita iva (es. vecchietta) rileva
praticamernte il paese d'origine, quindi l'IVa si applicherà nel paese in cui è stabilito il cedente bene (colui
che vende il bene).

Definito in modo ampio dall'art. 1, i 3 presupposti indicati, poi i singoli presupposti sono esplicitati meglio
da vari articoli del d.p.r. 633/72.
Il primo presupposto, di tipo oggettivo, si divide in due tipi di operazioni rilevanti:
- cessioni di beni;
- prestazioni di servizi.
In generale, sia le cessioni dei beni che le prestazioni di servizi sono quelle che, nella direttiva, sono definite
le "operazioni economiche che, secondo la legislazione propria del mercato interno, sono tutte le operazioni
che rilevano e che devono essere soggette ad imposizione, all'interno dell'UE".
Per cessione di beni (art. 2) si intende "qualsiasi atto a titolo oneroso che comporta il trasferimento della
proprietà, ovvero, la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere". In
pratica, se vogliamo scomporre, per comprendere meglio l'art. 2 del d.p.r. 633/72, le caratteristiche della
cessione di beni sono:
- si deve trattare di un atto traslativo (intendendosi un atto che possa essere anche non negoziale, per es. un
trasferimento coattivo - es. espropriazione - che non richiede un accordo tra le parti, se viene imposto da una
pubblica autorità, la cessione di un bene da parte di un soggetto rilevante ai fini IVA, di un bene che rientra
nel campo di applicazione IVA, quello sarà un atto anche di tipo non negoziale, ma comunque traslativo ai
fini iva);
- deve avere come effetto giuridico il trasferimento della proprietà, ovvero la costituzione o il trasferimento
di diritti reali di godimento. E' interessante dire che non sono, per es., rilevanti ai fini IVA, i diritti di garanzia
o i diritti personali di godimento, e comunque deve essere un atto traslativo, per cui la cessione di beni deve
avvenire tra due soggetti e non rientra nel campo di appliazione dell'IVA gli atti a titolo originario, come per
es. l'occupazione, l'usucapione, ecc.;
- deve essere un atto che come effetto giuridico ha il trasferimento di diritti reali caratterizzato dall'onerosità.
Non può essere un atto a titolo gratuito. Il termine chiave, quando si parla di "onerosità", è "sinallagma",
deve essere un atto in cui la cessione del bene avviene verso un corrispettivo. Non necesariamente deve
essere, cosa che normalmente avviene, un atto a fronte di denaro, cioè il pagamento di un prezzo in denaro,
non necessariamente la controprestazione deve essere un pagamento in denaro, ma possono essere anche
altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, tramite un rapporto permutativo (scambio di beni). La permuta
rileva ai fini IVA perché atto a titolo oneroso. A fronte della mia cessione del bene non ottengo i soldi ma
ottengo un altro bene. Quindi, comunque, per avere un corrispettivo, ai fini dell'onerosità, è sufficente che ci
sia un qualsiasi vantaggio di tipo economico valutabile e che sia la giustificazione della transazione, cioè,
non necessariamente deve essere denaro ma può essere un vantaggio economico di altro genere, come
scambiarsi due beni reciprocamente. L'importante è che sia la giustificazione della transazione. Io quell'atto
lo sto facendo per avere in cambio qualcosa. Non è soltanto a titolo gratuito, con un animus donandi, perché
se lo sto facendo senza uno scopo di corrispettivo, sinallagmatico, ma a titolo gratuito, non rientrerà nel
campo di applicazione dell'IVA. Questo, se in teoria può essere semplice come concetto, nella pratica non lo
è affatto. Sull'onerosità e sui rapporti sinallagmatici, ad es., quello che è il tema principe da decine di anni, è
nell'ambito degli appalti quello relativo ai contributi pubblici. Un contributo pubblico, che ti da lo Stato o un
altro Ente Pubblico, per la realizzazione di un'opera, tendenzialmente, è un qualche cosa che non è a titolo
oneroso. Lo Stato non ce lo da perché vuole qualcosa in cambio, ma perché vuole finanziare la realizzazione
di un'opera. Quindi lo fa nell'interesse della collettività. Purtroppo, tuttavia, non è sempre così, nel senso che,
spesso, è molto difficile stabilire se uno Stato ti sta pagando nell'ambito di un appalto e ti sta dando fondi a
titolo di contributo a fondo perduto, a titolo gratuito, oppure ti sta dando quel contributo perché tu assuma
l'obbligo di realizzare l'opera. Se te lo sta dando perché tu assuma l'obbligo di realizzare un'opera, allora si
rientra nel sinallagma. Se c'è uno scambio corrispettivo (io ti do il denaro in cambio di un tuo impegno), il
tuo contributo non è più gratuito e fuori dal campo di applicazione dll'iva, ma rientra nel campo di
applicazione dell'IVA. Per come sono combinati gli appalti, in cui ci sono penali, risoluzioni contrattuali,
ecc., allora molto spesso questi elementi all'interno dell'appalto sono visti dall'amministrazione finanziaria
come un elemento di tale rapporto, perché ti dice: "è vero che l'hai fatto per realizzare il ponte di Genova
nuovo, però siccome hai messo tutta una serie di vincoli e paletti per cui l'impresa è obbligata, a fronte del
tuo contributo pubblico, a realizzare l'opera, altrimenti le fai causa e la mandi fallita, allora quel contributo
non è più gratuito, a fondo perduto, ma diventa qualcosa rilevante ai fini IVA". Vi assicuro che non è
semplice trovare un discrimine tra queste due situazioni. E' molto difficile, a volte, capire se siamo
nell'ambito di un contributo pubblico non "ivato" o di un contributo pubblico "ivato".
Quindi, la cessione dei beni funziona con una definizione generale, come quella che abbiamo visto ("atto
traslativo volto al trasferimento della proprietà ed alla costituzione di diritti reali di godimento a fronte di un
corrispettivo"). C'è, poi, una definizione ampliata da delle determinate operazioni assimilate alle cessioni dei
beni che non hanno esattamente tutti i requisiti per essere considerate cessioni di beni a tutti gli effetti,
tuttavia, il legislatore, sempre in ambito comunitario, poi recepito dalla normativa nostra, ha ritenuto che
determinate operazioni fossero asssimilate ad una cessione di beni, pur mancandone i requisiti, per essere
trattate ai fini IVA allo stesso modo. Ad es. le vendite con riserva di proprietà, che sono la vendita di un bene
sottoposta ad una condizione successiva per cui io mantengo la proprietà finché non si verifica una
condizione come può essere il pagamento dell'ultima rata, quando ti rateizzo il pagamento, è stata
considerata come una cessione di beni anche se non si è ancora realizzato il pagamento della proprietà, per
motivi diversi, perché si è considerato, ad es., per non lasciare in sospeso per troppo tempo il rapporto, e
quindi, ad es., io ti cedo nel 2020 un bene soggetto al pagamento dell'ultima rata che magari si realizza tra 10
anni, per non lasciare per troppo tempo in sospeso queste operazioni, applichiamo subito l'IVA come se fosse
un'operazione perfezionata con la vendita già realizzata e se poi non si dovesse realizzare avremo gli
strumenti per rettificare quell'operazione. In ogni caso anticipiamo il pagamento anche se il trasferimento
della proprietà non si è realizzata.
L'art. 2 co. 2, dopo la definizione generale di "cessione dei beni" indica tutta una serie di operazioni
assimilate alla cessione dei beni. Si pensi, ad es., che si assimila alle cessione dei beni anche determinate
cessioni gratuite di beni, perché in certi casi, per evitare distorsioni, il legislatore ha preferito, tranne che per
donazioni di poco valore, fino ad un certo limite, determinate cessioni gratuite di beni possano essere
comunque considerate come cessioni di beni da ivare sulla base, in quel caso, del valore corrente, di mercato,
di un bene, per consentire il recupero dell'IVA a monte con il meccanismo della detrazione.
E' stata considerata una cessione di beni anche la destinazione a finalità estranee all'impresa o l'autoconsumo.
Se un imprenditore compra un computer per utilizzarlo nell'ambito dell'attività d'impresa e poi se lo usa o lo
regala al figlio per utilizzarlo o per giocarci su internet, siccome lo sta destinando ad una finalità
imprenditoriale diversa da quella per cui l'aveva comprata, allora verrà assimilato ad una cessione del bene.
Quindi, il concetto di cessione di beni è non soltanto la definizione generale che abbiamo visto prima ma
anche le operazioni assimilate alla cessione di beni. Allo stesso modo, per l'altra gamba del presupposto
oggettivo, perché accanto alle cessioni di beni ci sono le prestazioni di servizi, definite nell'ambito generale
dall'art. 3 del d.p.r. Come le “prestazioni verso corrispettivo (quindi anche quì vi è l'elemento dell'onerosità)
dipendenti da contratti d'opera, da contratti d'appalto, da trasporto, di mandato, di spedizione, di agenzia,
di mediazione, di deposito e – categoria residuale - dalle altre prestazioni, verso corrispettivo, di
obbligazioni di fare, di non fare e di permettere qualunque ne sia la fonte giuridica”.
Dopo un elenco esemplificativo di tutti quei tipi di contratti, vi è una fattispecie residuale che sono in
generale le obbligazioni di "fare", di "non fare" e di "permettere", che ampliano ciò che deve considerarsi
"prestazione di servizio". Anche nella direttiva vi è una clausola residuale, ma ancor più residuale nel senso
che, ciò che non è cessione di beni, è prestazione di servizi.
Nel nostro ordinamento sono stati elencati i tipici contratti che possono dar luogo a prestazione di servizio e
poi è prevista una categoria residuale corrispondente a tutti i casi in cui io mi faccio pagare per assumere una
qualsiasi obbligazione, che non rientra nelle fattispecie dei contratti tipizzati, di fare qualcosa, di non fare
qualcosa, o di permettere a qualcuno di fare qualcosa, sono nell'ambito dei fini e dei servizi IVA. Anche in
questo caso, oltre a questa definizione di carattere genrale, esistono tutta una serie di operazioni, assimilate
alle prestazioni di servizi, che, anche se non sono tipicamente dei servizi come li abbiamo visti prima,
vengono trattati ai fini IVA come se fossero dei servizi ivati. Sono, per esempio, la cessione di diritti
immateriali (es. brevetto o marchio); la cessione di un contratto di servizio (es. appalto); ma anche le
somministrazioni di alimenti e di bevande. Questo tipo di prestazione assimilata, somministrazione di
alimenti e bevande, da lo spunto per ragionare su una cosa, per fare un passaggio sulla pratica. Sulla base di
quello che abbiamo detto ci sono due categorie ben delineate: la cessione di beni e la prestazione di servizi.
Tuttavia, ci sono anche tutta una serie di situazioni nella pratica in cui non è semplice distinguere se siamo
nell'ambito della cessione di beni o di prestazione di servizi, perché ci sono tutta una serie di operazioni
complesse che coinvolgono più aspetti. Perché la somministrazione di alimenti e bevande? Se noi andiamo al
ristorante ed ordiniamo un piatto, di sicuro abbiamo l'elemento della cessione del bene (io compro pasta e
fagioli). Mi stanno cedendo la titolarità di pasta e fagioli. Non c'è, tuttavia, solo la cessione di tale bene. Al
ristorante, infatti, c'è anche la preparazione del piatto, la prestazione del cuoco. Molto spesso, quindi, quando
ci sono operazioni complesse che coinvolgono sia l'elemento "cessione di un bene", sia la "prestazione di un
servizio", si vede qual è l'elemento preponderante (se la cessione di un bene o la prestazione di un servizio) e
sulla base di questo viene incasellata tra le cessioni di beni o tra le prestazioni di servizi e si seguirà il regime
tipico dell'uno o dell'altro nel mondo IVA.
Un altro esempio che mi viene in mente per farvi capire il concetto: quando vado alla posta per fare una
raccomandata, sicuramente vado lì per farmi prestare un servizio, quello della spedizione, che è un servizio
che presta Poste Italiane. Quando vado a farlo, però, mi fanno compilare un modulino, che è il modulino per
la raccomandata che va compilato e dato allo sportello. Insieme alla prestazione di un servizio, quindi, ci
stanno, perché ce lo stanno facendo pagare, non penso che lo regalino, ci stanno dando un coupon, che ci
stanno cedendo. Anche in quel caso, siccome è prevalente la prestazione di un servizio, la cessione del bene
(coupon) fatta insieme alla prestazione di un servizio, è attratta nella prestazione del servizio per quanto
riguarda la disciplina IVA e siamo nel mondo delle cd operazioni accessorie. C'è la cessione di un bene
accessoria alla prestazione di un servizio viene attratta come regime IVA a quello della prestazione del
servizio a cui inerisce. Perché è ovvio, la discrimine qual è? Quel modulino non ho ragione di comprarlo, se
non per avere la prestazione del servizio. Per ottenere la prestazione del servizio è necessario che io compri
anche il modulino da consegnare all'impiegato allo sportello. Quindi, in quel caso, la cessione del bene è
accessoria ai servizi di spedizione e come tale viene attratto al suo regime. Quindi, il presuposto oggettivo è
costituito dalla cessione di beni e operazioni assimilate alla cessione di beni e le prestazioni di servizi e
operazioni assimilata alla prestazione di servizi. Derivano complicazioni dal fatto che ci sono operazioni
complesse.
Ciò detto, poi, ci sono una serie di operazioni che hanno queste caratteristiche per essere considerate a tutti
gli effetti delle cessioni di beni o prestazioni di servizi ma che la disciplina IVA esclude dall'ambito di
applicazione dell'imposta.
Questo perché, pur avendo le caratteristiche di cessione dei beni o prestazioni di servizi, per vari motivi
vengono escluse e non vengono tassate ai fini IVA (e questi sono indicati agli artt. 2.3 e 3.5 del d.p.r. 633/72).
Vi sono una serie di operazioni che sono cessioni di beni che sono considerati esclusi dall'ambito di
applicazione dell'IVA. Questo perché, ad esempio, la cessione avente per oggetto denaro o crediti in denaro,
quindi le cessioni di un credito che io faccio nei confronti di un soggetto, viene considerata esclusa dalla
prestazione. In generale, quindi, i flussi finanziari avente per oggetto il denaro sono considerati esclusi dalle
operazioni ai fini IVA. Così come, pure, le cessioni di aziende o rami d'azienda. L'azienda è il complesso
organizzato dall'imprenditore per svolgere la propria attività imprenditoriale. La cessione di un'azienda,
nonostante sia la cessione di beni, non è considerata operazione rilevante la cessione dei beni ai fini IVA.
Questo per agevolare i trasferimenti di impresa nell'ambito dell'economia (azienda o rami di azienda). Anche
i beni alimentari sono considerati non tassati per questioni di servizio pubblico e poi ci sono, nell'ambito
delle operazioni straordinarie tra società (fusioni, trasformazioni, scissioni – che comportano il passaggio di
beni in caso di fusioni perché si incorporano società o in caso di scissioni perché si separano) non sono state
considerate cessioni di beni ai fini IVA e quindi non sono tassate perché, di fatto, questa operazione
straordinaria è considerata non come trasferimento della titolarità ma come una sostituzione della titolarità,
come una successione a titolo universale della titolarità dei beni. Siccome per fusione una società incorpora
un'altra società, venendo questa società incorporata in un'altra, la titolarità dei beni diventa,
automaticamente, per successione e non per trasferimento a titolo oneroso, viene considerata una successione
nella titolarità dei beni. E così il trasferimento dei beni che consegue ad un'operazione di fusione o di
scissione non viene considerata un'operazione IVATA.

Concluso in questo modo il presupposto oggettivo, quindi cessione di beni e prestazioni di servizi, escluse
alcune, poi c'è il presupposto soggettivo.

Queste cessioni di beni o prestazioni di servizi non sono tutte che rilevano ai fini IVA ma solo quelle che
sono svolte nell'esercizio dell'attività di impresa, di arti o di professioni. Cioè, nell'ambito delle cd “attività
economiche”. Difatti, la direttiva parla proprio di attività economiche. In ambito comunitario, si prevede
come "attività economica", secondo la quale i soggetti passibili IVA, quindi integra il presupposto
soggettivo, sono tutti coloro che esercitano in modo indipendente un'attività economica in qualunque modo e
qualunque sia lo scopo o il risultato. Per attività economica ai fini IVA in ambito comunitario, tarato poi nel
nostro ordinamento, si intende qualsiasi attività di produzione, di commercializzazione e di prestazione di
servizi, comprese le estrazioni di beni, di materie prima, attività agricole, di professioni libere o assimilate.
Il presupposto soggettivo, quindi, se lo vogliamo calare secondo i caratteri principali, secondo l'impostazione
comunitaria, qual è? E' che un'attività economica è quella che viene esercitata sul mercato con carattere di
abitualità, quindi non qualcosa di occasionale, ed è qualcosa che viene svolta in modo indipendente. E',
quindi, escluso il lavoro dipendente, cioè le prestazioni di servizi fatte da un dipendente, pagato da
dipendente di un'impresa, non sono rilevanti ai fini IVA perché lui non è un lavoratore autonomo ai fini IVA
ma sta facendo quel lavoro nell'ambito del suo rapporto di lavoro dipendente, mentre un professionista che
esegue una prestazione di servizi in modo autonomo ed indipendente è un soggetto IVA, quindi integra il
presupposto soggettivo ai fini IVA. Questo per banalizzare un attimo che una cessione di un bene non è
sempre rilevante ai fini IVA ma solo se svolta nell'ambito di un'attività di impresa ma soltanto nell'ambito di
una professione. Chi non ha una Partita IVA, perché non è un imprenditore o un professionista, non sta
realizzando una cessione di beni rilevante ai fini IVA. Se voi, per es., dovete vendere il motorino, che vi siete
comrpati con tanta fatica, e lo dovete vendere a qualcuno verso un corrispettivo, nonostante sia a tutti gli
effetti un atto traslativo della proprietà di un bene verso un corrispettivo, che la somma che mi da chi lo sta
comprando, poiché è realizzato da voi studenti, al di fuori dell'esercizio dell'attività di impresa o della
prestazione dell'attività professionale, oppure è realizzato da una vecchina che vende un appartamento, non è
un'operazione rilevante ai fini IVA, perché non lo sta facendo nell'ambito di un'attività economica. Quindi,
questo è il presupposto soggettivi: realizzare un'operazione di quelle già viste prima, cessione di beni o
prestazione di servizi, nell'ambito di un'attività economica. Ciò non vuol dire che automaticamente che ciò
che fa un professionista è tutto quanto un'attività rilevante ai fini IVA. Se io che ho una partita IVA vendo un
motorino, siccome lo sto facendo al di fuori dell'ambito della mia attività professionale e lo sto facendo come
privato, ovviamente sulla cessione di motorini non applicherò l'IVA.

Per capire quando un'operazione è imponibile o meno, devono ricorrere una serie di presupposti. Il
presupposto obiettivo l'abbiamo visto; il presupposto soggettivo lo stiamo vedendo ora; il presupposto
territoriale lo vedremo tra un pò (quella operazione deve essersi realizzata in Italia).
Il presupposto soggettivo, quindi, è quello per cui un'operazione economica deve essere esercitata
nell'ambito dell'attività economica. Su questo punto, l'unica categoria di operazioni che non necessita il
requisito soggettivo è quella delle importazioni. Le importazioni, da chiunque compiute, integrano
un'operazione imponibile ai fini IVA. Per l'esercizio dell'attività di impresa, ci si riferisce sia all'imprenditore
commerciale che all'imprenditore agricolo.

Per concetto di impresa cosa si intende? L'art. 4 definisce l'imprenditore tramite una doppia nozione. Una
nozione di tipo sostanziale integrata da una nozione formale. Per imprenditore si intende "chi esercita una
professione abituale, ancorché non esclusiva, attività commerciali o agricole, anche se non organizzate in
forma di impresa". Le attività commerciali agricole poi sono integrate nel codice civile. (articolo 2195 -
imprenditore commerciale - e 2135 - imprenditore agricolo). Chiunque svolga una professione abituale, non
necessariamente esclusiva, o determinate attività commerciali o agricole sarà considerato imprenditore ai fini
IVA, anche se poi lui non è organizzato secondo il codice civile come impresa.

Oltre a questo, poi, ogni volta che io svolgo un'attività organizzata, invece, in questo caso in forma di
impresa, scatta una nozione formale perché per il solo fatto che io mi sono organizzato in forma di impresa
automaticamente attraggo nell'ambito dell'IVA, tutte le prestazioni e servizi anche che non sono elencate
nell'art. 2195, in quelle attività commerciali elencate. Vi è quindi una nozione sostanziale, a prescindere dal
titolo di imprenditore, e poi quando sono un imprenditore e svolgo un'attività organizzata in forma di
impresa, tutte le attività e di prestazione di servizi che svolgo nell'ambito della mia attività di impresa, tutte
vi rientrano per “presunzione”. Cosa comporta questo? Che quindi sono soggetti IVA le società commerciali,
le società per azioni, le società a responsabilità limitata, ecc. E, in questo caso, per loro vige una presunzione
di rilevanza di tutte le loro attività. Qualsiasi attività faccia una società commerciale è sempre considerata
nell'ambito dell'esercizio dell'attività di impresa per presunzione. Poi, sono considerati soggetti IVA, anche
gli enti pubblici e gli enti privati che hanno per oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di attività
agricole o commerciali (i cd “enti commerciali) e lo sono anche gli imprenditori individuali. Anche gli
imprenditori individuali sono considerati imprese ai fini IVA. Gli imprenditori individuali, in particolare,
come stavo accennando prima, possono svolgere la loro attività con operazioni di impresa, che sono
rilevanti, perché ad es.,Tizio vende un motorino perché rivenditore di motorini, oppure se lo fa in forma
privata, le operazioni fatte dall'imprenditore individuale non sono rilevanti ai fini IVA, come ad es., un
immobiliarista che vende il suo appartamento personale, anche se lo fa nell'ambito della sua attività, lui è un
imprenditore che materialmente vende appartamenti, se vende il suo appartamento individuale, e lo fa
nell'ambito della sua sfera privata, allora quell'operazione non sarà rilevante ai fini IVA. In ultimo, sono
soggetti IVA, come soggetti esercenti attività di impresa anche gli enti non commerciali, che quindi svolgono
in via esclusiva o principale attività agricole e svolgano attività commerciali in via occasionale. Per dire, per
es., l'esempio più tipico è quello di un ente locale. Un ente non commerciale, generalmente, non fa
operazioni rilevanti ai fini IVA, perché non svolge attività rilevanti ai fini commerciali. Se, però, il Comune
fa delle attività commerciali occasionalmente perché, ad es., loca un patrimonio ad una società affinché ci
svolga un'attività, e con quello ritrae dei soldi in via organizzata dal punto di vista commerciale, questa
attività di locazione, coincide con un'attività commerciale e si affianca alle attività istituzionali. Su
quell'attività, deve comportarsi come un qualunque soggetto IVA. Poi ci sono, però, delle complicazioni dal
punto di vista della pratica, affrontate dalla giurisprudenza. Ad esempio, la Corte di Giustizia Europea, ormai
da tempo, ha stabilito che le cd “holding”, cioè le società che vengono messe a capi di un gruppo ed hanno
come semplice scopo quello di detenere azioni di un'altra società e poi fanno materialmente l'attività (la testa
del gruppo), la holding che si limita a percepire i frutti dell'attività economica degli altri, delle società
controllate, quindi percepisce i dividendi delle sue società controllate e non fa null'altro (holding passiva),
nonostante sia una società commerciale a tutti gli effetti, in quel caso, la Corte di Giustizia ha stabilito che si
tratta di una società non svolgente un'attività commerciale, quindi non soggetto passivo ai fini IVA. Laddove
la holding non si limitasse solamente detenere la partecipazione ed incassarne i dividendi, ma sia
organizzata in modo tale da guidare un'attività delle sue controllate, a dargli indirizzi operativi, da inserirsi
nella loro gestione, in quel caso non sarebbe una mera holding passiva ma una holding attiva che sta
svolgendo un'attività economica perché da un input decisionale anche alle sue controllate, in quel caso
diventa una holding attiva e come tale “soggetto passivo” perché svolge un'attività economica a tutti gli
effetti, perché non si limita a ritrarre solamente dei proventi passivi ma sta svolgendo un'attività attiva a tutti
gli effetti. Questo per quanto riguarda l'esercizio dell'attività di impresa, con la nozione sostanziale e formale
indicata all'art. 4.

Poi ci sono i professionisti, cioè gli esercenti di atti o professioni, la cui definizione è contenuta all'art. 5 del
d.p.r. 633/72 che sono "coloro che esercitano in via abituale, anche se non esclusiva, le attività di lavoro
autonomo". Sono svolte sia da parte di persone fisiche, professionista ai fini IVA, quindi anche l'ingegnere
che ha la sua partita IVA, l'avvocato che ha la sua partita IVA, le società semplici oppure anche le
associazioni costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata delle attività stesse, come le
associazioni professionali (come lo studio di cui faccio parte). L'importante è che sia un esercizio abituale e
non occasionale, di un'attività, di una prestazione di servizi, di lavoro autonomo. Sono escluse, ovviamente,
le prestazioni effettuate da coloro che non hanno il carattere dell'individualità, dell'autonomia. Chi, per
esempio, come dicevamo prima, è un dipendente, non sta svolgendo un'attività professionale ma un'attività di
lavoro dipendente e non di lavoro autonomo.

Andiamo al presupposto territoriale.


Una volta che si è soddisfatto il presupposto oggettivo, che si tratta di una cessione di beni o una prestazione
di servizi, ed il presupposto soggettivo, deve essere svolta da un soggetto che svolge un'attività economica,
quindi un imprenditore, un professionista (lavoratore autonomo – titolare di partita iva) per applicare l'IVA
occorre anche il presupposto territoriale.
L'operazione deve essere svolta nel nostro territorio, nel territorio del nostro Stato. E' ovvio che il fisco
italiano non chiede l'IVA ad una prestazione professionale svolta in Spagna, da parte di un soggetto spagnolo
nei confronti di un altro spagnolo. Occorre, quindi, un presupposto territoriale. Il consumo del bene deve
avvenire in Italia. Il presupposto territoriale, elencato dal d.p.r. 633/72 negli articoli 7 e 7-sexties, perché nel
2010 è stata modificata la prestazione di servizi, in relazione al presupposto territoriale, sulla base della
direttiva del 2008 di cui parlavamo prima.

Che cosa fa il d.p.r. dell'IVA? Prima da una definizione di territorio dello Stato. Si tratta del territorio della
Repubblica Italiana con alcune eccezioni. Poi da una definizione di territorio della Comunità Europea, che
sono tutti i territori corrispondenti al campo di applicazione del Trattato istitutivo della Comunità Europea
con determinate eccezioni (es. Monte Athos in Grecia) e poi cosa fa? Una volta definiti i territori della
Repubblica Italiana e dell'Unione Europea, da i criteri per stabilire se un'operazione soddisfa il presupposto
territoriale, quindi se è considerata rilevante in un determinato paese ai fini dell'applicabilità dell'IVA. La
territorialità si divide con riferimento alle cessioni di beni ed alla prestazione di servizi. La territorialità della
cessione di beni è individuata ed identificata e definita dall'art. 7-bis del d.p.r. 633/72 ed il criterio generale
è che si considerano rilevanti in Italia ai fini dell'IVA le cessioni di beni esistenti in Italia. Il criterio generale
è l'esistenza fisica di un bene in Italia, siano essi beni immobili o beni mobili.

Cosa vuol dire “esistenza fisica di un bene”? Si guarda a quale momento? Si guarda ad un momento di
effettuazione di operazione. Nel momento in cui si effettua l'operazione, e poi ci sono determinati criteri per
capire quando è realizzata un'operazione, ma quello lo vedremo fra poco quando vedremo le modalità
applicative dell'IVA, nel momento in cui un'operazione, una cessione di beni, è considerata realizzata ed il
bene si trova fisicamente in Italia, allora si considera realizzata in Italia. Poi ci sono, per es., i beni mobili che
vengono installati, montati o assiemati in Italia, si considera realizzata e territorialmente rilevante, laddove
vengano spediti da altro Stato membro e poi in Italia vengano montati, installati o assiemati. Poi ci sono una
serie di criteri specifici, individuati sempre dalla norma 7 bis, per determinati casi particolari, come le
cessioni fatte a bordo delle navi, degli aerei, dei treni, dove si guarda al luogo di partenza del trasporto. Se la
nave è partita dall'Italia, allora la cessione a bordo della nave viene considerata realizzata nel territorio di
partenza, in Italia. Poi ci sono altre casistiche particolari con cui non vi annoio, ma che potrete trovare
facilmente nell'art. 7 bis.

ART. 7-bis: "1. Le cessioni di beni, diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3, si considerano effettuate nel
territorio dello Stato se hanno per oggetto beni immobili ovvero beni mobili nazionali, comunitari o
vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso ovvero beni mobili
spediti da altro Stato membro installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo
conto.
2. Le cessioni di beni a bordo di una nave, di un aereo o di un treno nel corso della parte di un trasporto di
passeggeri effettuata all'interno della Comunita', si considerano effettuate nel territorio dello Stato se il
luogo di partenza del trasporto e' ivi situato.
3. Le cessioni di gas attraverso un sistema di gas naturale situato nel territorio dell'Unione o una rete
connessa a tale sistema, le cessioni di energia elettrica e le cessioni di calore o di freddo mediante le reti di
riscaldamento o di raffreddamento si considerano effettuate nel territorio dello Stato:
a) quando il cessionario e' un soggetto passivo-rivenditore stabilito nel territorio dello Stato. Per soggetto
passivo-rivenditore si intende un soggetto passivo la cui principale attivita' in relazione all'acquisto di gas,
di energia elettrica, di calore o di freddo e' costituita dalla rivendita di detti beni ed il cui consumo
personale di detti prodotti e' trascurabile;
b) quando il cessionario e' un soggetto diverso dal rivenditore, se i beni sono usati o consumati nel territorio
dello Stato. Se la totalita' o parte dei beni non e' di fatto utilizzata dal cessionario, limitatamente alla parte
non usata o non consumata, le cessioni anzidette si considerano comunque effettuate nel territorio dello
Stato quando sono poste in essere nei confronti di soggetti, compresi quelli che non agiscono nell'esercizio
di
impresa, arte o professioni, stabiliti nel territorio dello Stato; non si considerano effettuate nel territorio
dello Stato le cessioni poste in essere nei confronti di stabili organizzazioni all'estero, per le quali sono
effettuati gli acquisti da parte di soggetti domiciliati o residenti in Italia".

Accanto alla cessione dei beni, dall'art. 7-ter all'art. 7 sexties, è individuato il presupposto territoriale delle
prestazioni di servizi che, per quanto mi riguarda, è la parte più interessante delle prestazioni territoriali. Il
presupposto territoriale, in una prestazione di servizi, l'art. 7-ter viene individuato con un criterio generale e
con tutta una serie di eccezioni e particolarità. Il criterio generale distingue a seconda di chi è il destinatario
del servizio prestato perché se il destinatario del servizio prestato è un consumatore finale, allora rileva la
sede di chi presta la prestazione, cioè se un avvocato italiano presta, fa un parere ad un francese o spagnolo,
che non ha la partita iva, quindi ad un consumatore finale, per es. perché vuole comprare un immobile a
Roma per conoscere la fiscalità relativa a questo acquisto, io faccio l'analisi e mando la fattura. Siccome io
prestatore sono una partita iva in Italia e tu sei un consumatore finale, cioè non me lo stai chiedendo come
impresa o professionista con p.iva ma lo stai chiedendo come consumatore finale (vecchina o studente o uno
che non svolge un'attività di impresa o professionale) allora, in questo caso, nei rapporti di “business to
consumer”, quindi da un soggetto passivo iva (con partita iva) ad un consumatore finale, in questi casi rileva
la sede del prestatore. Siccome io che sto svolgendo l'attività e sto prestando il servizio nei confronti dello
spagnolo – consumatore finale, ho sede in Italia, allora la prestazione si considera realizzata in Italia ed allora
dovrò applicare l'iva e farmi applicare l'iva dallo spagnolo e la verserò allo Stato italiano. Se invece il
committente della prestazione di servizi, cioè colui che mi ha commissionato il servizio, metti per sapere
qual è la tassazione di un immobile in Italia, mi contatta non una vecchina ma una società spagnola, e quindi
la prestazione viene prestata tra due partite iva, cioè io che sono una partita iva effettuo una prestazione nei
confronti di una partita iva spagnola, in questo caso nei rapporti business to business, da professionista a
professionista; da partita iva a partita iva, la sede che rileva, è quella del committente, cioè la sede di chi mi
ha commissionato la prestazione (il luogo in cui il soggetto passivo è stabilito). Cosa vuol dire dov'è stabilito
un soggetto passivo? Un soggetto passivo si considera stabilito dove è domiciliato. Si considera stabilito, ad
es., nel territorio dello Stato nostro se è ivi domiciliato o residente oppure se è una stabile organizzazione,
quindi ha l'ufficio nel territorio dello Stato di un soggetto spagnolo. Se il soggetto spagnolo, la stessa società
spagnola ha un ufficio stabile, la cd “stabile organizzazione in Italia", e da quell'ufficio mi commissiona la
prestazione, lui si considera tramite la stabile organizzazione stabilito in Italia. Quindi, è come se facessi
Italia su Italia e quindi rileva l'Italia.
Questo per quanto riguarda il criterio per determinare dov'è stabilita una persona fisica (domicilio o
residenza). Mentre per i soggetti diversi dalle persone fisiche, quindi, per es. per le società, il domicilio è
considerato il luogo dove si ha la sede legale e la residenza è considerata il luogo dove ha la sede effettiva.
Quindi, se un soggetto passivo è stabilito in un determinato Stato membro e commissiona una prestazione di
servizi ad un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro, sarà lo Stato dove è stabilito il soggetto
passivo committente ad avere il potere impositivo, cioè ha potere di chiedere l'iva applicata al suo Stato.
Quindi, per tornare all'esempio di prima, se una società spagnola mi chiede una prestazione di servizi prima
ancora di un lavoro, un parere, siccome sarà territorialmente rilevante lo Stato dove ha sede chi mi ha chiesto
il servizio, quindi la società spagnola, sarà la Spagna che applicherà l'IVA, quindi io dall'Italia fatturerò nei
confronti della società spagnola senza applicare l'IVA, cioè manderò una fattura col solo prezzo della
prestazione senza applicare l'iva perché territorialmente non rilevante. Viceversa, il soggetto spagnolo che
riceverà l'IVA, poi vedremo con quale meccanismo, applicherà l'iva perché, a quel punto, sarà la Spagna ad
avere il potere di applicare l'iva perché territorialmente rilevante in Spagna la prestazione e quindi come tale
applicherà l'iva spagnola.
Quindi attenzione ai rapporti business to business e business to consumer. La territorialità nei rapporti
Business to business è dove si trova il committente; business to consumer, è dove si trova il prestatore. Fatto
questo come criterio generale, poi ci sono tutta una seire di deroghe particolari che sono anche quelle
elencate negli articoli successivi del d.p.r. 633 e quindi del 7 quater, quinques, sexpties e le trovate negli
articoli della norma.
Io ho fatto un esempio generico per farvi capire. Ma l'esempio è tecmicamente sbagliato perché siccome
stiamo parlando di una prestazione e di un servizio relativo a dei beni immobili, un parere relativo ad un
bene immobile rileva, come deroga al criterio generale che abbiamo visto, rileverebbe il luogo in cui
l'immobile è ubicato. È ancora più semplice quando parliamo della sede di un'impresa di costruzioni. Chi fa
la ristrutturazione di un immobile, se l'immobile si trova in Italia, allora sarà rilevante in Italia la prestazione
di servizi, quindi tassata con l'IVA italiana, anche se poi viene fatto nei confronti di una p.iva francese,
spagnola, ecc.
Altri criteri, per es., sono il trasporto di passeggeri, ed in quel caso si guarda la tassazione in Italia per la
distanza che viene percorsa (se c'è un trasporto con un treno che fa Spagna, passa dall'Italia e finisce in
Germania, sarà tassato in Italia quella prestazione di servizi soltanto per la distanza che viene percorsa in
Italia, solo per quel determinato tratto). Vi sono anche tante altre casistiche.
Tutto questo per quanto riguarda i rapporti nazionali. I rapporti nazionali sono rilevanti ai fini iva se: c'è il
presupposto oggettivo; c'è il presupposto soggettivo; presupposto territoriale.
Viceversa, nel caso dei rapporti comunitari, i presupposti sono diversi. Abbiamo accennato al concetto di
business to business, cioè tra p.iva, un acquisto di un bene di un soggetto residente in Italia, da parte di un
soggetto residente in Spagna, siccome è un acquisto intracomunitario ed ha determinate caratteristiche, viene
considerato tassato nel paese di destinazione, dove va a finire il bene. Per essere un acquisto
intracomunitario, i presupposti, a differenza di quelli che abbiamo visto prima, sono sostanzialmente 3:
entrambe le parti devono essere soggetti passivi in diversi Stati dell'UE; l'oggetto della transazione deve
essere la cessione onerosa di beni mobili; deve esserci materialmente il trasferimento fisico del bene, cioè, ci
deve essere un bene che da uno Stato membro arrivi ad un altro Stato membro. Se ci sono queste 3
caratteristiche si ha un acquisto intracomunitario, tra business to business, ed in questo caso viene tassato nel
paese di destinazione; viceversa, se la cessione intracomunitaria viene fatta nei confronti di un consumatore
finale e quindi nei confronti della vecchina, la tassazione avviene nel paese di origine, dove ha sede il
cedente. Questo viene elencato qua perché nei confronti del consumatore finale il criterio è che. siccome
devo vedere il territorio comunitario come un unico grande mercato, che non conosce confini, allora devo
vedere dove si trova il cedente. Se io, soggetto italiano, cedo un motorino ad un soggetto, es. studente
francese, sarà tassato in Italia perché qua avviene la prestazione, perché lo considero come un unico grande
mercato. Viceversa, se il motorino lo vendo ad un imprenditore francese, perché poi lui lo rivenda per i fatti
suoi, nell'ambito della sua attività d'impresa, allora siamo nell'ambito di acquisto intracomunitario, quindi col
trasferimento fisico del bene il destinatario, quindi l'acquirente del bene, sarà lui che applicherà l'iva a
seconda del paese di destinazione e sarà il paese di destinazione che applicherà l'iva.
A differenza di quei presupposti in cui ci vuole il requisito soggettivo, per quanto riguarda le importazioni,
intendendosi per importazioni "i beni introdotti nel territorio dello Stato italiano che siano originati da paesi e
territori non compresi nella comunità o che non siano ancora messi in libera pratica in altri paesi dell'Unione
Europea, o che siano provenienti da territori extra UE (Svizzera, USA, ecc.)". In questo caso, siccome lo
scopo è quello di assoggettare i beni che provengono dal territorio dello Stato alle condizioni di quelli che
già circolano all'interno della UE, sempre per il meccanismo di non creare discriminazioni o alterazioni nel
mercato e nella concorrenza del mercato nell'ambito del paese UE, tutti i beni che entrano da fuori, devono
essere sempre assoggettati all'iva. Quindi l'iva è applicata a tutti i beni del territorio dello Stato, è
commisurata al valore dei beni ed è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione alla dogana
proprio perché così entra nel circuito dell'UE ed avrà scontato l'IVA all'ingresso e come tale si troverà nella
situzione di qualsiasi altri bene che circola all'interno dell'UE, e quindi, con quel meccanismo plurifase che
abbianmo visto prima, ha scontato l'iva fino a quel momento.
Si fa questo, ovviamente, per evitare che un imprenditore italiano per non essere inciso dall'iva o comunque
per essere più competitivo poi nei confronti del consumatore finale, acquista da un paese in cui non c'è l'iva,
lo porta in Italia, lo sistema e lo vende senza avere applicato l'iva sul bene. Questo sarà ovviamente
distorsivo nei confronti di chi fa la stessa attività nell'ambito dell'UE, che siccome per quel meccanismo di
imposta plurifase armonizzata all'interno dell'UE andrebbe ad applicare l'IVA in ogni fase, sarebbe
praticamente discriminato nei confronti di chi fa la stessa attività portando i beni da fuori UE. Per evitare
questo si applica l'iva all'ingresso nel territorio europeo. Le importazioni da chiunque effettuate sono
soggette all'IVA.
Duqnue, abbiamo ripercorso i presupposti affinché un'operazione possa considerarsi rilevante ai fini iva.
Questo vuol dire che, quando un'operazione soddisfa tutti e 3 i requisiti (oggettivo, soggettivo e territoriale),
si considera un'operazione rilevante ai fini IVA.
Ciò vuol dire che rientra nella disciplina dell'imposta e poi è soggetta ai normali obblighi formali, di
registrazione, di fattura, di registrazione della fattura stessa e della dichiarazione che fa ogni anno il soggetto
iva. Partecipa alla qualificazione del volume d'affari del soggetto e le operazioni rilevanti ai fini iva, però
poi, a loro volta, si dividono in:
- operazioni imponibili;
- operazioni non imponibili;
- operazioni esenti.
Mi rendo conto che la dizione potrà trarre in inganno, perché abbiamo detto che, se sono soddisfatti i 3
requisiti soggettivo, oggettivo e territoriale, sono operazioni che rilevano ai fini iva, quindi che significa che
sono operazioni non imponibili?
All'interno delle operazioni che rientrano nel campo di applicazione dell'iva, ce ne sono alcune imponibili,
nel senso che, effettivamente, poi, viene applicata l'imposta, l'iva, su quella determinata operazione; ci sono
operazioni che, sebbene rientrino e soddisfino quei requisiti, per scelta legislativa non sono considerate
imponibili, cioè non vengono assoggettate all'imposta, anche se soddisfano dei requisiti per esserlo; infine, ci
sono delle operazioni cd "esenti", che anch'esse non vedono l'applicazione effettiva dell'imposta, anche se
sono soddisfacenti con riferimento ai 3 presupposti di cui prima, ma che per vari motivi, anche quì
individuati dal legislatore, e ancor prima a livello comunitario, e non contemplano l'applicazione dell'iva.
Quindi ci sono delle operazioni che rientrano nel campo di applicazione dell'iva e si dividono in imponibili,
non imponibili ed esenti e delle operazioni che, poiché non soddisfino uno dei requisiti che abbiamo visto
prima, allora sono dette "operazioni fuori campo IVA”, ovvero operazioni escluse o anche non rilevanti,
perché non rientrano nella disciplina d'imposta, proprio perché difetta uno dei requisiti per potervi rientrare.
Quindi, fatta questa distinzione, nel mondo economico generale vi sono operazioni rilevanti ai fini IVA, che
entrano nel campo di applicazione dell'iva, ed operazioni che non vi rientrano.

Quali sono le operazioni imponibili? Sono: le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel
territorio dello Stato nell'esercizio di impresa, arte o professione, le importazioni da chiunque effettuate, gli
acquisti intracomunitari tra soggetti iva. In questi 3 casi, sono tutte operazioni imponibili. Ciò vuol dire che
l'operazione imponibile comporta l'applicazione degli ordinari meccanismi di funzionamento della disciplina
dell'iva.
Poi ci sono le operazioni non imponibili che sono, ad es., le cessioni e le esportazioni. Perché? Abbiamo
detto all'inizio che l'IVA è un'imposta sui consumi. Quindi, quel che rileva alla fine è dove avviene il
consumo. Se io sto comprando un bene per consumarlo, lo acquisto in Italia e lo consumo all'estero, quindi
destino questo bene che ho comprato all'esportazione dal territorio della comunità europea, quei beni non
saranno consumati in Italia e quindi non saranno tassati in Italia. Avete visto nei negozi che ci sono i
bigliettini “refund”. Quello praticamente è la possibilità che il turista in Italia, un cinese, ad es., che viene in
Italia, compra un capo d'abbigliamento in un negozio italiano, dichiara che quel bene deve portarlo in Cina,
siccome il bene è destinato ad essere consumato all'estero ed uscire dal territorio nazionale, siccome è una
cessione all'esportazione, l'IVA sul momento la pago ma poi otterrò il refund, cioè, il rimborso dell'iva,
perché l'iva non sarà applicata. Oltre la cessione di beni destinati ad essere esportati, poi ci sono le operazioni
assimilate alle cessioni alle esportazioni e ci sono determinati servizi internazionali connessi agli scambi
internazionali, elencati agli artt. 8-9 del d.p.r. 633/72 in cui vedete una serie di prestazioni proprio perché la
destinazione del servizio del bene è fuori dal nostro territorio e siccome sono destinati ad essere consumati
fuori dal nostro territorio, allora l'iva non si applica. Sono, quindi, differenti dalle operazioni non imponibili
che abbiamo visto prima derivanti dal meccanismo del reversage perché quello è un meccanismo particolare
che fa sì che l'iva non la applico nel paese di destinazione, però la applico comunque. In quel caso dico che
non è imponibile ma per l'applicazione del meccanismo del reversarge. Qua, invece, è non imponibile perché
è destinato ad essere consumato fuori dai nostri territori. Le conseguenze sono che non applicherò l'iva, in
via di rivalsa, cioè la rivalsa è il fatto che chi ti cede un bene o effettua un servizio, oltre al prezzo del bene
deve applicarti l'iva. Quindi, applica l'iva in via di rivalsa. Viceversa, in relazione alle operazioni non
imponibili, è possibile esercitare il diritto di detrazione, ora lo vedremo meglio.
Viceversa, accanto alle operazioni che hanno tutti i requisiti per essere assoggettati all'iva ma non lo sono
perché sono destinati ad uscire, alle esportazioni, servizi internazionali e sono non imponibili per questo
motivo, anche se rientrerebbero nel campo di applicazione dell'iva.

Poi ci sono le operazioni esenti. Un'operazione esente è una definizione, un concetto usato dal legislatore
italiano che non redne benissimo il concetto di questo tipo di operazione, cioè non rappresenta bene il
concetto di operazione esente in quanto tale perché è più facile capirlo con il termine inglese, usato nella
direttiva. Si tratta, praticamente, delle operazioni imponibili ma che hanno un'aliquota iva dello 0%. Sono
imponibili a tutti gli effetti ma di fatto si applica un'aliquota dello 0% e quindi sostanzialmente non si applica
l'iva, non è materialmente riscossa alcuna imposta e non viene materialmente determinata alcuna imposta.
Nel linguaggio anglosassone, le operazioni esenti sono le "operazioni fuori campo", cioè quelle che non
hanno i requisiti per essere rilevanti ai fini Iva, invece, da noi le operazioni esenti sono operazioni rientranti
nel campo iva ma che, per espressa scelta del legislatore, a monte vediamo della direttiva comunitaria, non
danno luogo ad applicazione dell'imposta perché è come se venisse applicata un'aliquota dello 0%. E' una
deroga alla disciplina generale dell'IVA sui beni e sui servizi è viene fatto per vari motivi. È un elenco
tassativo delle operazioni esenti nel senso che sono esclusivamente quelle individuate dalla norma, nel nostro
d.p.r. sono indicate all'art. 10, e tra queste ci sono le operazioni di assicurazione, le operazioni relative alla
riscossione di tributi, le operazioni sanitarie, questo magari può esservi capitato. Quando andate da un
professionista, da un primario che vi fa una visita medica, lui vi appliherà la sua parcella di 300 euro, bene
che vada, e non applica IVA perché è un'operazione esente. Il motivo di queste esenzioni possono essere tra i
più vari. Possono essere scelte di incentivare determinati settori di attività, possono essere scelte di tipo
politico perché, per es., le prestazioni sanitarie devono essere garantite, il più possibile agevolmente a tutti i
consumatori finali e gravarli dal peso dell'iva è stato ritenuto non confacente e quindi praticamente l'iva sui
servizi sanitari non viene applicata. Così come le case di cura e di riabilitazione della persona, ma anche per
es., anche le prestazioni postali, anche quelle sono iva esenti, almeno quelle rese proprio da poste italiane
come soggetto postale per eccellenza che svolge un servizio pubblico, mentre quelle rese dai suoi competitor,
dalle società di spedizioni private, invece, sono soggette all'IVA.

Interviene il professore: Caro Marco, sull'esempio degli specialisti medici, in effetti, è forse un atto di
clemenza non applicare l'iva. Perché già, come dici tu, se si mantiene l'esenzione sono 200-300 euro,
viceversa, se aggiungessimo anche l'IVA ecco che sarebbe molto di più. Forse il legislatore ha tenuto conto
dell'avidità dei medici.
Riprende Marco: è esattamente così. Quindi, cosa succede nel caso delle operazioni esenti? Ad es., la
tassazione medica è una prestazione di servizio rilevante ai fini dell'IVA? Assolutamente sì. È prestata da un
soggetto che ha una partita iva? Sì (l'otorino ha sicuramente un soggetto iva). È fatta in Italia? Assolutamente
sì. Ha i 3 requisiti: oggettivo, soggettivo e territoriale però per scelta politica, economica o quel che è, di
fatto viene applicata l'iva dello 0%, quindi è esente sotto questo profilo. Questo vuol dire che non viene
applicata l'iva dal primario, però cosa succede a differenza delle operazioni non imponibili che abbiamo visto
prima? L'operazione non imponibile da diritto alla detrazione; l'operazione esente non da diritto ad alcuna
detrazione. Il principio della detrazione è che se il professionista o l'imprenditore fa un'operazione ivata con
l'acquisto che ha fatto, potrà detrarsi l'iva sull'acquisto che ha effettuato; se, invece, l'operazione che fa a
valle non è ivata, per es. perché esente, nelle operazioni esenti è così, non potrà il professore detrarsi l'iva.
Facendo lui l'otorino, e facendo operazioni esenti, non applicando l'iva ai suoi pazienti, non potrà detrarre
l'iva sugli acquisti effettuati da lui. Ad es. sugli strumenti medici che ha acquistato; sul computer; sulle
dotazioni mediche; sulla carta, la cancelleria, il mobilio, ecc. Insomma tutto quello che ha acquistato per
svolgere l'attività e su cui avrà pagato l'iva al suo fornitore, non potrà detrarsi quell'iva perché a valle non
applica l'iva perché le sue prestazioni sono operazioni esenti. Se vi ricordate, quando abbiamo parlato
all'inizio dei soggetti passivi formali, lui è un soggetto passivo formale perché deve fare la dichiarazione iva,
la fattura, tenere il registro e tutto il resto, in quel caso lui, da soggetto passivo meramente formale, diventa
un soggetto passivo sostanziale perché di fatto facendo esclusivamente operazioni esenti, diventa un
consumatore finale al pari della vecchina o dello studente. Quindi, diventando di fatto un consumatore finale
non ha diritto a detrarsi l'iva così come non abbiamo diritto a detrarla noi, perché in tutti questi casi siamo
considerati consumatori finali, cioè destinatari del servizio finale. Queste son le operazioni esenti che hanno
la peculiarità di non garantire l'operazione. Detto questo, quindi la differenza tra operazioni imponibili che
rientrano nel campo dell'iva e a sua volta al suo interno nelle operazioni imponibili ci sono le non imponibili
e le esenti, rilevanti ai fini iva ma che applicano lo 0%. Accanto a queste, che sono le operazioni imponibili,
forse ci sono le operazioni fuori campo iva. Nelle operazioni imponibili, a questo punto, dobbiamo vedere
come sono imponibili.

Quindi, entriamo nei meccanismi applicativi dell'iva.


Come si applica l'iva? Dopo i cenni iniziali, spero che vedendo nel dettaglio i meccanismi capiamo
effettivamente il funzionamento dell'iva, che è del tutto particolare rispetto alle altre imposte. L'IVA è
un'imposta plurifase non cumulativa.
La prima domanda da porsi, per capire il funzionamento è: quando devo applicare l'iva? Qual'è il momento
impositivo? L'intero sistema IVA, il meccanismo iva si mette in moto in un determinato momento ed è il
momento in cui l'operazione assume rilevanza ai fini IVA: è il fatto generatore dell'operazione e
generalmente coincide anche con il cd “momento di esigibilità dell'imposta", cioè il momento in cui
l'imposta viene presa, applicata ed incassata dall'operatore e poi versata all'erario. Il momento impositivo
individua, quindi, quando l'operazione economica raggiunge un livello di certezza tale da mettere in moto il
sistema dell'IVA ed ovviamente si differenzia, vengono indicate all'art. 6 del d.p.r. 633/72, a seconda che si
tratti di cessione dei beni o prestazione dei servizi o acquisti intracomunitari che abbiamo visto prima. Le
cessioni di beni sono rilevanti nel momento in cui, se si tratta di cessione di un bene mobile, il bene viene
consegnato o spedito, se si tratta di un bene immobile, nel momento in cui verrà stipulato l'atto traslativo.
Quindi non quando entri in possesso delle chiavi ed entri nell'immobile ma quando stipulo l'atto. E poi ci
sono, se questi sono i criteri generali per l'immmobile, al momento della stipula dell'atto, poi ci sono delle
deroghe che sono individuate dal secondo comma dell'art. 6 del d.p.r. 633/72 e specificamente: se io pago
un acconto, e poi praticamente ti do il resto, per quanto riguarda l'acconto già assume rilevanza ai fini IVA,
quindi anticipo rispetto all'effetto traslativo che la consegna o la spedizione del bene mobile o la stipula
dell'atto per i beni immobili, quindi rispetto al momento in cui viene traslata la proprietà del bene, il
momento dell'acconto già assume una rilevanza, quindi quando pago un acconto per un bene. Si ponga
l'esempio del motorino. Quando io sono andato a comprare il motorino, già mi hanno applicato una parte di
iva su quel singolo acconto, questo perché si trattava una deroga rispetto al criterio generale.

Come pure, l'emissione prima di quei momenti, dei momenti indicati precedentemente (spedizione, ecc.),
l'emissione della fattura in quel caso anticipa l'esigibilità, anticipa l'applicazione dell'iva, il che è una grande
fregatura, sappiatelo già, per voi che sarete professionisti, motivo per cui quando qualcuno vi chiede le
prestazioni da avvocati, tendenzialmente poi vedrete che ci sarà la cd “proforma”, che anticipa quella che
sarà una fattura elencando quale sarà l'imponibile, l'iva applicata sulla mia prestazione resa, sulla mia
parcella, io ti do la proforma e tu mi fai il pagamento. Quando mi paghi applico l'iva e ti faccio la fattura
vera. Per non anticipare l'iva prima di aver effettuato la prestazione (per le prestazioni di servizi il momento
rilevante per l'applicazione dell'iva è il pagamento del corrispettivo – quando ti pagano il servizio reso),
quindi, a quel punto, devo applicare l'iva. In questo caso, c'è anche una deroga all'art. 6 co. 3 che siccome la
fattura anticipata rispetto al pagamento del corrispettivo fa scattare l'iva, quando arriva uno e mi chiede una
prestazione professionale, non gli emetto subito la fattura, perché in quel momento dovrei già applicare l'iva
anche se lui non mi ha pagato. Vuol dire che l'iva non pagata dovrò anticiparla io professionista. Per evitare
questo, io ti faccio una proforma e quando tu mi pagherai, mi pagherai le mie 100 euro di parcella + 22 euro
di iva, io emetto la fattura in quel momento ed in quel momento sorgerà, con il pagamento del corrispettivo,
il momento di applicazione dell'iva e quindi l'esigibilità: ciò significa che dovrò andarla a versare all'erario.
Viceversa, dovrò pagare un'iva che tu cliente ancora non mi hai pagato. Questi sono i criteri generali per la
prestazione di servizi e la cessione di beni e poi ci sono delle deroghe come quella dell'anticipo della fattura.
Per quanto riguarda poi gli acquisti intra UE, anche in quel caso ci sono dei momenti individuati dalla norma
che sono il momento della consegna dei beni nel territorio dello Stato o il momento di arrivo nel territorio
dello Stato in caso di trasporto con mezzi.

Quindi, semplicemente, individuati questi come momenti impositivi, al ricorrere di questi momenti
impositivi, nasce tutto il meccanismo IVA: nasce l'obbligo di rivalsa del cedente, cioè il cedente o il
prestatore di servizio mi applicherà l'iva; nasce il diritto di detrazione del cessionario o committente, se è un
soggetto passivo potrà detrarsi l'iva a monte; ci sarà l'obbligo di emissione della fattura; sorgerà l'obbligo di
versare l'imposta all'erario; ecc.
Si innesca a tutti gli effetti il meccanismo dell'iva, come ora vedremo nel dettaglio. Quindi, questo per
quanto riguarda il momento del presupposto impositivo. Quando si mette in moto il meccanismo iva.

L'altra domanda è: come faccio a determinare qual è l'importo dell'iva? Qual'è l'iva dovuta su una singola
operazione di cessione di beni o prestazione di servizi?
Su questo, l'iva funziona come qualsiasi altra imposta. C'è una base imponibile e c'è l'applicazione di
un'aliquota determinata da una norma. Tale aliquota viene applicata su una base imponibile che determina
l'imposta, l'iva che sarà applicata in via di rivalsa e che sarà incassata dal professionista o imprenditore e poi
versata allo Stato.

Per quanto riguarda la base imponibile, essa è stabilita su ogni singola operazione. Generalmente, quasi
sempre, corrisponde con l'ammontare complessivo dei corrispettivi delle cessioni di beni o delle prestazioni
di servizio secondo le condizioni contrattuali stabilite. Questa è la regola generale. Poi, possono esserci
all'interno della base imponibile anche degli ulteriori elementi, come, per esempio, gli oneri e gli elementi
relativi all'esecuzione (se ad es. ho dovuto sostenere delle spese per offrire il mio servizio li addebito: anche
quelli fanno parte della base imponibile iva), oppure se ci sono delle integrazioni del corrispettivo
direttamente connesse con i corrispettivi di altri soggetti (es. se io devo pagare 1000 euro ad un soggetto e
contestualmente però c'è un altro mio amico che mi deve 500 euro, allora ci mettiamo d'accordo e diciamo
“guarda io per questo servizio che devo pagare 1000 euro, 500 li prendi da me e altri 500 te li dal mio
amico). Quindi l'integrazione di corrispettivo, da parte di un soggetto terzo, è come se lo stessi pagando io,
quindi un'integrazione del prezzo ad un soggetto terzo rispetto alle due parti che sono contrattualmente
interessate, integra la base imponibile (quindi non soltanto quello che ho messo io ma anche quello che a mio
favore paga un terzo). Generalmente, questo avviene quando ci sono dei contributi, delle integrazioni al
prezzo da parte di un soggetto pubblico. Se io praticamente ho uno sconto perché vado a concessionare il
contributo per acquistare la macchina con un'integrazione dello Stato, io l'iva la pago sull'intero importo
anche se poi una parte del corrispettivo gliela mette lo Stato per via di un incentivo all'acquisto della
macchina. Poi ci sono una serie di elementi che anche se fanno parte delle condizioni contrattuali sono
escluse espressamente dalla base imponibile. Per es. se io nell'ambito di un appalto pago in ritardo, rispetto al
prezzo ordinario, ci sono interessi moratori oppure delle penalità perché ho finito tardi l'opera oggetto
dell'appalto o altre penalità per adempimenti contrattuali vari, tutti questi adempimenti, queste somme,
nonostante siano non pagate, sono escluse espressamente dalla base imponibile, il che, poi, vedrete, se non
avete già fatto l'imposta di registro porta al problema che su queste somme poi si applicherà l'imposta di
registro perché in generale, lo accenno qua, l'iva, che è un'imposta di consumo, siccome generalmente si
sovrappone come operazione a quelle che sono le imposte ad atto di registro, esiste un principio di
alternatività: se applico l'iva su una transazione, su un'operazione, non applico anche l'imposta di registro, o
meglio l'imposta di registro la applico nella misura fissa e forfettaria di 200 euro. Viceversa, se invece
l'imposta sul valore aggiunto non è applicata perché l'operazione non è imponibile, è fuori campo iva, come
per es. una penale, in quel caso, su quel tipo di prestazione, siccome non è ivata, scatterà un'imposta di
registro, non in misura fissa forfettaria di 200 euro ma nella misura proporzionale che è l'1%, il 2%, ecc. A
seconda delle operazioni. L'imposta di registro, tuttavia, non è oggetto del nostro programma.

Per completare la determinazione dell'imposta, una volta completata la base imponibile, sulla base
imponibile viene applicata un'aliquota. L'aliquota generale è del 22% e poi sono previste delle ipotesi di
aliquota ridotta al 10% ed al 4%. Anche qui, nell'ottica di incentivare il consumo di beni ritenuti essenziali,
più necessari per la collettività, per cui i beni di prima necessità generalmente sono al 4%, tipo il latte, il
pane, ecc. La maggior parte dei beni, tuttavia, sono soggetti all'aliquota generale del 22%. C'è un gran parlare
del fatto se determinati prodotti igienici per le signore dovessero essere applicati con l'aliquota al 22%
oppure, se essendo un prodotto di prima necessità si dovesse applicare un'imposta ridotta come pare in tanti
altri beni di prima necessità.

Quindi, una volta che si applica l'iva, che sia del 22% o che sia del 4% o del 10% alla base imponibile
(l'aliquota generale è del 22% poi ci sono degli allegati al d.p.r. 633/72, che elencano tutta una sfilza di beni o
servizi che vanno o al 4% o al 10%), viene fuori l'imposta sul valore aggiunto che viene applicata a quella
determinata operazione. A quel punto, quindi, abbiamo risposto al quesito: “quanta iva bisogna applicare?”.
Esistono due meccanismi di funzionamento. Un meccanismo ordinario, che è il meccanismo generale tipico
dell'iva che si fonda sul binomio, addebito dell'imposta dall'imprenditore o prestatore di servizi al
consumatore finale o comunque ad altro soggetto iva che interviene nelle varie catene di passaggi e rivalsa/
detrazione, perché il soggetto passivo che acquista un bene o un servizio da un altro soggetto passivo, ora
vediamo che se la potrà detrarre. Questo binomio è volto ad evitare quel meccanismo non cumulativo
d'imposta applicato ad ogni singolo passaggio. In alternativa al meccanismo ordinario, vedremo alla fine, c'è
il meccanismo del reversarge, che inverte praticamente l'applicazione, cioè non la applica chi presta il
servizio, ma il soggetto passivo che riceve la prestazione in determinate e specifiche ipotesi.

Entriamo ora nel meccanismo.


Che cos'è la rivalsa? È un elemento fondante dell'imposta sul valore aggiunto. È il meccanismo, individuato
all'art. 8, per cui il soggetto che effettua una cessione di bene o una prestazione di servizi imponibile deve
obbligatoriamente addebitare la relativa imposta al cessionario o committente. “Deve” perché è un
meccanismo tipico dell'imposta, non è che l'imprenditore che è mio amico che mi vende la maglietta, pensa
che “gli paro piatuso, e quasi quasi non mi applica l'iva, in amicizia”. Non è possibile. L'imprenditore DEVE
applicare l'iva. Può, al massimo, fare uno sconto sul valore del bene, ma non può non applicare l'iva. LA
rivalsa è obbligatoria ed è nullo ogni patto contrario, tranne che per dei casi molto sporadici previsti al
comma 3 per cui è facoltativa l'applicazione dell'iva. Il credito di rivalsa, è obbligatorio proprio perché è un
elemento fondante, del meccanismo dell'iva che è assistito da particolari privilegi. Fa eccezione, lo butto la
come concetto, un meccanismo che è stato introdotto da un paio di anni, che è il meccanismo dello “split
payment”, cioè la rivalsa concettualmente c'è ma non è di fatto applicata come un riaddebito, cioè, lo split
payment avviene nei confronti della p.a. Per evitare frodi o operazioni elusive, è stata stabilita come regola
generale che tutte le pubbliche amministrazioni ma anche le società quotate ed altri tipi di soggetti, per
evitare che io pago dell'iva ad un soggetto, che poi devo farmi il segno della croce che vada effettivamente a
versarla o altro, insomma per evitare frodi, truffe, ecc. Può succedere che tu professionista o imprenditore,
che fai un'attività nei confronti di un ente pubblico, fai la fattura e gli dici “la prestazione è 100 + IVA 22”.
Però, su quell'IVA ci scrivi sopra che è in split payment. Vuol, dire che l'ente pubblico non ti pagherà la
componente di IVA e non la darà a te materialmente in mano perché tu prestatore del servizio o cedente il
bene vada a versarla all'erario, ma se la terrà lui ente pubblico e sarà lui ad andarla a versare all'erario, con
questo meccanismo di split payment in cui concettualmente c'è la rivalsa ma di fatto non c'è il passaggio
economico/finanziario da un soggetto all'altro dell'iva. L'iva invece se la tiene il cessionario del bene o il
committente del servizio, ente pubblico, società quotata o quel che è e sarà lui, poi, a effettuare il pagamento
dell'iva. È un meccanismo che deroga la rivalsa che invece è l'unico meccanismo che deroga perché per il
resto la rivalsa è obbligatoria e deve funzionare così: io do l'iva a te prestatore del servizio e tu lo vai a
versare con il meccanismo ordinario. Per evitare che il passaggio, come ci siamo detti prima, subisca
l'applicazione dell'iva, insieme alla rivalsa c'è il meccanismo della detrazione che è altrettanto importante. La
detrazione è prevista dall'art. 19 ss.

Del d.p.r. 663/72, è una detrazione di fatto ed è l'operazione con la quale il soggetto iva che acquista, sottrae,
se è un acquisto di beni o un acquisto di servizi da un professionista, sottrae dall'imposta relativa alle
operazioni effettuate a sua volta, ad es, nei confronti del consumatore finale o di altri soggetti iva, sottrae
l'imposta assolta o dovuta o a lui addebitata a titolo di rivalsa. Questo è il fulcro della disciplina dell'IVA. Per
tornare all'esempio che abbiamo fatto relativamente alla maglietta, che cosa fa ogni singolo operatore che
interviene in tutti i vari passaggi a monte dell'acquisto della maglietta come operatore finale? Lui porterà in
detrazione dall'IVA che ha incassato dal suo cliente, l'IVA che ha pagato al suo fornitore. Per dire, per
provare a fare un esempio, abbiamo detto che c'è il coltivatore di cotone, che coltiva il cotone e lo vende a
chi produce il tessuto. Vende il cotone che ha lavorato ad 1 euro. 1 euro + IVA al 22%= 1,22. 22 centesimi
sono addebitati in rivalsa all'acquirente, che è chi filerà il cotone e farà il tessuto. Lui prenderà questi 22
centesimi di iva e li andrà a versare all'erario. Poi c'è quello che ha acquistato il cotone dal produttore e deve
realizzare il tessuto. Realizza il tessuto e venderà il tessuto al suo cliente. L'ha comprato 1 euro e lo vende a
10 euro. 10 euro di tessuto realizzato col cotone comprato ad un euro, lo vende applicando l'iva al suo
cliente, che sarà la grande casa Armani che realizza le magliette Armani. Quindi, lui venderà ad Armani a 10
euro + 22% IVA= 12,20 euro. 2,20 euro è l'IVA addebitata alla Casa di Moda. 2,20 sarà la quota che
dovrebbe versare all'erario. Tuttavia, grazie alla detrazione, si scomputerà dal versamento nei confronti
dell'erario dai 2,20 euro che ha incassato dal suo cliente detrarrà i 22 centesimi che ha versato al suo
fornitore. Così, all'erario pagherà solamene 1,98 euro. Quella è la sua liquidazione iva, tra iva incassata e iva
detratta. Che cosa fa al successivo passaggio? Chi ha realizzato la maglietta la venderà alla casa di
produzione che la acquisterà a 10 euro + 2,20 di iva, gli metterà il suo logo e la venderà al negozio di
abbigliamento. Poniamo che la venda a 100 euro. Su questi 100 euro applicherà un'iva del 22%, quindi 22
euro di Iva, e da questi 22 euro, che dovrebbe versare all'erario, detrarrà i 2,20 euro pagati al fornitore.
All'erario verserà 22 euro – 2,20= 19,80.

L'ultimo passaggio per arrivare al consumatore finale, cioè la vecchina che comprerà la maglietta per Natale
a suo nipote, andrà a comprarla ed il venditore gli venderà la maglietta a 200 euro + 22% IVA. Sono, quindi,
244 euro, di cui 44 di IVA. Da questi 44 detrarrà i 22 pagati al fornitore quindi pagherà all'erario solamente
22 euro. La vecchina avrà comprato una maglietta Armani a 244 euro perché il nipote gli ha fatto una testa
tanta, insistendo fino allo sfinimento.

Questo meccanismo implica che ad ogni passaggio del meccanismo di produzione e distribuzione del bene,
da chi produce il cotone fino al commerciante del negozio di abbigliamento, ognuno ha pagato l'iva e
detraendosi l'iva pagata al suo fornitore ha di fatto pagato l'iva ed applicato materialmente l'iva soltanto sulla
parte di valore aggiunto alla sua prestazione. Così, in ogni singolo passaggio, c'è stata l'iva applicata su un
pezzetto del prezzo finale incorporato ai 244 euro. Che cosa succede alla fine? La vecchina che ha pagato 44
euro al consumatore finale, non avendo una partita iva, è lei il soggetto passivo/economico di fatto. Quella
che rimane oggettivamente incisa del complessivo tributo perché i 44 euro di iva relativi a tutto il prodotto
fino a raggiungere il valore finale di 200 euro, che è l'ultima fase fino a quando non è venduta al
consumatore finale, lei rimane incisa di tutti i 44 euro.

Con questo meccanismo della rivalsa, che è l'addebito dell'imposta che ogni singolo prestatore di un servizio
o cedente di un bene fa nei confronti del suo cliente ed il meccanismo della detrazione che detrarsi l'iva
pagata al proprio fornitore, ognuno applica l'iva su un singolo valore aggiunto realizzato in una singola fase
delle operazioni.

Ci sono delle condizioni per poter esercitare le detrazioni. Come regola generale, intanto, c'è detrazione se
c'è rivalsa a valle. Se io applico l'iva a valle posso applicare la rivalsa, motivo per cui, abbiamo detto prima,
le operazioni esenti, cioè quelle fatte dal primario di otorinolaringoiatra che fa la prestazione esente, siccome
non applica l'iva a valle, non può detrarre l'iva a monte, perché in quel caso si trasforma in consumatore
finale al pari della vecchina e non può detrarsi l’iva.

Le condizioni sono: l'operazione e l'attività svolta sia inerente, cioè se ho comprato un bene, lo devo
comprare nell'esercizio della mia attività per poterlo detrarre. Se io compro un bene utilizzando la p. Iva, ci
sono quelli che dicono: “vabbè, lo faccio comprare a mio cugino che ha la partita iva e se lo scarica”. Se lui
lo sta acquistando nell'esercizio della sua attività, allora ha un senso. Se se lo va a comprare utilizzando la
sua partita iva, ma per finalità del tutto estranee alla sua attività, non se lo può detrarre. La detrazione spetta
solo in relazione ai beni o servizi importati o acquistati nell'esercizio di impresa, arte professione. Poi se lo
detrarrà lo stesso perché tanto in questo paese ognuno fa ciò che vuole.
È diritto di ogni soggetto iva poterla detrarre, per determinare l'imposta, ed ha anche dei limiti temporali.
Non posso svegliami tra 10 anni e detrarmi l'IVA di una cosa che compro oggi. La devo detrarre entro una
certa finestra temporale, perché la detrazione non può essere essere esercitata oltre la dichiarazione effettuata
entro l'anno in cui il diritto alla detrazione è sorto. Quando si realizza il momento temporale, io posso
detrarmi l'IVA esclusivamente entro il termine della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui è sorto.
Quindi, se un'operazione l'ho realizzata nel 2020, la potrò detrarre al massimo entro la dichiarazione IVA
relativa all'anno 2020, che come vedremo più avanti è fatta entro Aprile 2021.
Questo è il meccanismo della detrazione, per cui un meccanismo in generale o è detraibile, perché imposta
relativa a beni o servizi inerenti, nella maggior parte dei casi.
O è indetraibile perché poi ci sono dei beni o servizi per cui per vari motivi è considerata comunque
indetraibile l'imposta perché si considera che il bene per ragioni varie, economiche, è considerato non
rilevante ai fini della propria attività. Oppure, è detraibile proquota, che è il caso in cui l'imposta che io pago
che assolvo su beni o servizi che solo in parte vengono utilizzate per le operazioni non soggette ad imposta o
comunque soltanto in parte utilizzate per fini imprenditoriali o professionali ed in parte per fini privati,
soltanto in parte è pro quota. Per capire, anche se poi non funziona propriamente così, se io compro un
computer, come professionista, il 40% del mio tempo ci lavoro ed il 60% del tempo gioco a Fortnight,
evidentemente dovrei in teoria poterla detrarre soltanto pro quota. Ci sono dei meccanismi che la sterilizzano
in parte e ci sono anche delle presunzioni per cui, ad es., sugli autoveicoli che compra un professionista, si
presume per definizione che solamente in parte li utilizzerò per la mia attività, ed il resto del tempo si
presume che ci vado in giro per fare la spesa, andare al cinema, ecc.
Quindi, detraibile nella misura in cui è inerente ed in quel caso può essere detraibile, indetraibile o detraibile
pro quota. In particolare, per quanto riguarda il pro quota, c'è il meccanismo del pro rata, cioè stabilire una
percentuale di detrazione, che succede in un caso molto particolare, ed è anche molto diffuso. Si applica a
quei determinati contribuenti che esercitano contestualmente attività, e non singole operazioni occasionali, ,a
attività abituali, che hanno una certa ricorrenza, attività abituali che conferiscono il diritto alla detrazione ed
ad attività esenti. Per esempio, si torni all'esempio di prima. La banca. Le operazioni finanziarie sono tutte
esenti. Tuttavia, ci sono alcune operazioni bancarie che sono, invece, imponibili. Ed allora, siccome lo fa
come attività sia attività che sono imponibili ed in quanto imponibili danno diritto a detrazioni ma fa anche
attività esenti, che come attività esenti non danno diritto a detrazioni, in questo caso, il diritto alla detrazione
è proporzionale alle operazioni imponibili effettuate in una o nell'altra attività. Per cui, viene definita una
percentuale di detrazione, in particolare, la percentuale di detrazione viene stabilita facendo rapporto ed è il
rapporto tra le operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate in un determinato anno, e lo stesso
ammontare di operazioni che danno diritto alle detrazioni, più le operazioni esenti, che non danno diritto a
detrazioni. Per cui, se la banca fa 20 operazioni relative all'attività imponibile e poi fa 80 operazioni esenti, il
calcolo che si deve fare è il seguente 20/20+80 (per 80 e per 20 mi riferisco al volume d'affari) (20 di
operazioni imponibili fratto sempre le 20 operazioni imponibili + 80 di operazioni non imponibili= a
20/100). 20/100 vuol dire che sto facendo il 20% della mia attività, attività imponibile, e quindi da diritto ad
una detrazione. Quindi, la percentuale, il pro rata di detrazione che avrà la banca, in relazione alle attività che
conferiscono le detrazioni delle attività imponibili, sarà il 20%. è un meccanismo un po macchinoso, che
comunque rende l'idea. Per stabilire una misura forfettaria di quanta attività da luogo alla detrazione rispetto
alla mia attività. Siccome è soltanto il 20%, con l'esempio che abbiamo fatto, da diritto alla detrazione, con
questo meccanismo, facendo 20 milioni sono le attività che ha svolto imponibili; 100 milioni sono tutte le
attività che ha svolto complessivamente, imponibili ed esenti; 20 su 100 sono il 20%; il 20% è quanto posso
detrarmi dagli acquisti che faccio a monte. Qual'è la complicazione del meccanismo di detrazione? Che la
detrazione, io la devo stabilire al momento in cui faccio l'acquisto, quindi con una prospettiva ex ante, prima
di impiegarlo il bene o il servizio. Quindi, con una visione prospettica. Io compro un computer perché penso
di utilizzarlo nella mia attività. Se poi, per qualsiasi motivo questo bene non viene utilizzato nella mia
attività, io in teoria devo rettificare la detrazione che ho fatto. Cioè, ho comprato un computer per utilizzarlo
nella mia attività, il che mi da diritto a detrarmi l'iva sull'acquisto del computer, dopo di che viene fuori che
modifico la destinazione del bene, perché ad esempio lo utilizzo per mio fine personale, lo do a mio figlio o
altro, oppure muta il regime fiscale per cui non faccio operazioni più attive ma faccio operazioni esenti. Da
domani c'è un cambio normativo per cui l'attività dell'avvocato non è più imponibile ma esente, per cui, il
computer che avevo comprato per fare operazioni imponibili che mi da diritto alla detrazione non
imponibile, o meglio esente, che non da diritto alla detrazione, allora dovrò rettificare l'IVA che mi sono
detratto. Come quando me la sono comprata, che pensavo di usarla per operazioni imponibili, devo "sputare"
fuori l'iva che mi sono detratto. Devo andare a rettificare l'IVA che mi sono detratto, oppure l'ultimo caso, è il
caso in cui, in caso di pro rata, cambia il pro rata perché un anno ho comprato un bene con il 20%di
percentuale di detrazione e l'anno dopo faccio molte più operazioni imponibili, quindi, invece del 20%, il
70% della mia attività è fatto da operazioni imponibili che danno diritto alle detrazioni, allora, in quell'anno,
posso aggiustarlo e recuperare un ulteriore 50% di IVA che ho pagato a monte perché l'operazione è
diventata dal 20% al 70% ed è variato il mio pro rata di operazioni.

Come pure appunto possono essere le modifiche alla destinazione del bene o del servizio rispetto a quelle
originariamente individuate. Poi, perché lo faccio a monte l'acquisto di un bene, poi ci sono dei meccanismi
che mi consentono di aggiustare la previsione di detrazione o di utilizzo di un bene che ho fatto ex ante.
Detto ciò, se questo è il meccanismo normale, in cui c'è un soggetto che fa una prestazione ad un altro o cede
un bene ad un altro, per cui applica l'IVA, vuol dire che gliela mette in fattura, se la fa pagare e poi applica
l'IVA allo Stato, previa detrazione dell'imposta che a sua volta ha pagato ai suoi fornitori, c'è anche il
meccanismo del cd “reversarge” in versione contabile, che è sempre più diffuso nel mondo dell'IVA, perché è
un meccanismo che deroga a quel criterio là perché elimina la detrazione dell'IVA sugli acquisti e deroga
all'obbligo di rivalsa che abbiamo visto e può essere utilizzato solo tra soggetti IVA perché è un meccanismo
che sposta l'obbligo di applicazione dell'imposta dal prestatore o dal cedente al cessionario o committente
sempre che sia soggetto passivo iva, cioè uno che fa le detrazioni, fa le fatture, compila il registro, ecc.
Se è un privato cittadino o un consumatore finale, ovviamente, non può funzionare perché non avendo gli
obblighi formali, non potrà adempiere. Perché nasce? L'abbiamo accennato un po' prima con lo split
payment, ma qua è nato più che altro per questo motivo: era nato come regime generale per gli acquisti
intracomunitari. Abbiamo detto, infatti, che un acquisto intracomunitario, se io faccio un parere ad una
società spagnola, l'IVA non la applicherò qua ma la applicherà lui in Spagna. Per questo motivo non posso
applicare direttamente io l'IVA da qua, ma lui che sta acquistando il servizio si applicherà l'iva col
reversarge. Cioè, sarà lui ad applicarsi l'IVA su se stesso, di fatto, dirà che devo versare l’IVA su un acquisto
che ho fatto. Questo, quindi, è nato nell'ambito degli acquisti intracomunitari ed è utilizzato per evitare truffe
perché, ogni tanto, si vedono in televisione le cd “frodi carosello”. Ve lo spiego in 30 secondi. Con le frodi
carosello succede che ci sono dei settori, in particolare, che per dare dei prezzi più competitivi si sono
ingegnati questo meccanismo. Fanno le cd “cartiere”, cioè ci sono delle società la cui unica attività è quella
di fare fatture e fanno fatture a favore di soggetti IVA, in modo tale che loro su quelle fatture, che
ovviamente non gli pagano niente, dichiarano, invece, di aver pagato dell'IVA che si detraggono. Dopo di
che, questa cartiera, l'IVA, o non l'ha proprio incassata o se l'ha incassata non la versa all'erario, tanto ci
mette praticamente come amministratore delegato e responsabile nei confronti del fisco per eventuali
sanzioni penali o altro, ci mette un vecchietto di 80 anni che fa da testa di legno, quindi loro prendono l'iva e
non la versano all'erario o non se la fanno corrispondere e l'altro soggetto che invece ha fatto finta di pagare
l'IVA o ha pagato l'IVA a questa cartiera se la detrae dalla propria attività, dalla propria liquidazione IVA.
Cosa succede col meccanismo del reversaarge? Che il destinatario del bene o del servizio riceverà una fattura
senza IVA, perché si applica il meccanismo del reversarge e poi lui la integrerà applicando l'IVA. Che cosa
succede? Che ovviamente se ha diritto alla detrazione per lui è neutra nel senso che invece di pagare l'IVA al
suo fornitore la versa all'erario, però, al contempo, avendo il diritto alla detrazione, se la detrae e, quindi, ad
es., su 100 euro deve pagare 22 euro di IVA ed anziché al fornitore la versa all'erario potendosi detrarre allo
stesso tempo quei 22 euro di IVA sull'acquisto, all'erario verserà 0, in modo tale che si compensa la partita. Il
fisco comunque l'ha incassata perché non è andata a finire alla società cartiera, per dire, ma è stata oggetto di
versamento, comunque, tramite compensazione con l'imposta da versare ed in questo modo lo Stato non ha
perso il versamento dell'IVA e l'acquirente non ha dato un soldo per effetto del meccanismo del reverse
charge e della detrazione dell'IVA è stata comunque assolta l'IVA senza che siano state intaccate le sue
finanze, per il cedente o prestatore, che quindi non deve prendere l'IVA rivalsa dal soggetto e la qualifica
come “non imponibile” in fattura. L'acquirente integrerà in fattura l'applicazione dell'IVA. E con questo,
praticamente, abbiamo di fatto esaurito il panorama dell'IVA.

Semplicemente propongo ancora una carrellata di 2 minuti sugli obblighi formali e vi libero perché i soggetti
IVA, che sono le partite ive, devono fare una serie di adempimenti formali e poi sostanziali. Adempimenti
formali perché quando uno diventa avvocato, si abilita e comincia ad esercitare l'attività o avvia qualsiasi
altra attività professionale o diventa imprenditore deve andare all'agenzia delle entrate a dichiarare l'inizio
dell'attività e lì gli attribuiscono un numero di partita iva. Dopo di ciò, comincia a fare la sua attività. Se per
caso ci sono delle variazioni (es. non ti occupi più di quello e cominci a fare altro; cessi di fare la tua attività;
ecc.) sei obbligato a comunicarle, come adempimento formale, e se invece continui nella tua attività che cosa
fai? Fai le tue prestazioni, mandi la tua parcella ed emetti la fattura. Emetti la fattura e registri le tue
operazioni imponibili, non imponibili o esenti, nei registri che devi tenere obbligatoriamente. Quindi i
soggetti passivi sono tenuti a fatturare le operazioni e a registrarle. Recentemente, c'è la complicazione che le
fatture sono tutte quante elettroniche. Questo perché nell'ottica della lotta all'evasione, si ritiene che le
operazioni vadano tutte tracciate. Non ci sono, quindi, più, tranne poche eccezioni, le fatture cartacee come
ce le ricordiamo, come funziona normalmente tra soggetti passivi, ma ci sono, generalmente, le fatture
elettroniche che vengono praticamente caricate su un particolare portale internet dell'agenzia delle entrate.
Bisogna tenere alcuni registri obbligatori. Ci sono dei casi come quello del reversarge, oppure quando sei un
soggetto che risiede all'estero, non ricevi materialmente la fattura ma provvedi a fare l’auto-fatturazione.
Questo perché sei tu come destinatario della prestazione o acquirente del bene a dover fare la fattura. Poi ci
possono essere dei casi in cui, abbiamo detto, accennato, che tu magari fai una fattura per 100 euro; gli
applichi l'IVA perché al momento in cui fai la fattura devi applicare l'IVA e poi al momento in cui
l'operazione viene meno in tutto o in parte per cui dei 100 euro magari ne incassi 20, devi andare a fare una
nota di variazione, cioè, devi fare un aggiustamento, una fattura opposta di quella che hai fatto in precedenza
per ridurre l'importo dell'imponibile in modo tale che poi recuperi l'iva che è stata assolta in eccesso perché
l'operazione è venuta meno in tutta o in parte. Dopo che ho fatto le fatture e che le ho registrate, ogni tot di
periodo, nell'arco di un anno, quindi generalmente mensilmente o trimestralmente, il giorno 13 di ogni mese
o di ogni 3 mesi, si deve liquidare l'IVA, cioè si fa l'esercizietto di prima: io ho incassato 20 di IVA e ne ho
pagato 10 a monte, devo versare 10 di IVA. Faccio questa liquidazione che viene riportata sulla base del mio
registro, viene riportata nella dichiarazione annuale e non solo, ma poi devo pure fare delle comunicazioni
nei confronti dell'agenzia delle entrate, comunicazioni trimestrali, dette “LIPE”, dei dati delle fatture emesse
peridoiche, cioè dovrò comunicare i dati delle fatture emesse o ricevute in un particolare portale dell'agenzia
delle entrate. Tante complicazioni perché l'agenzia delle entrate, il fisco, ha il terrore di perdersi operazioni,
evasioni, ecc.
Sono più complicazioni che poi effetti pratici, perché difatti non recuperano granché. Sono più rompiscatole
per gli operatori che altro. La comunicazione dei dati delle fatture emesse o ricevute, siccome si è passati alla
fatturazione elettronica e l'agenzia delle entrate di fatto, grossomodo, vede tutte le operazioni, non te la fanno
fare più, cioè, non è più obbligatoria se non con riferimento ai clienti esteri, perché lì non possono avere
accesso.

L'ultimo obbligo formale è quello del riepilogo in cui si fa una bella dichiarazione, un papello di tante
pagine, si tratta di una dichiarazione annuale che è quella in cui confluiscono tutte le informazioni con cui si
determina proprio la liquidazione annuale e va presentata entro il 30 Aprile. Prima era insieme al'IRPEF, a
Settembre, poi le hanno slegate e quindi tale dichiarazione ai fini IVA si deve fare entro fine Aprile. Oltre
tutti questi obblighi formali poi ci sono gli obblighi di versamento, con cui l'IVA, sulla base di liquidazioni
periodiche, 20 di IVA incassate dal consumatore finale meno 10 pagati al mio fornitore: quanto devo
versare?
10. Quando lo verso? Lo verso con un F24 trimestralmente o mensilmente (varia da soggetto a soggetto.
Generalmente i grandi mensilmente ed i piccoli trimestralmente – per piccolo o grande ci si rifereisce al
volume d'affari). Poi ci sono anche dei versamenti in acconto il 24 Dicembre, uno a saldo e tante altre
complicazioni.

Questo è tutto il regime ordinario.

Da ultimo, come cenno, ci sono dei settori in cui ci sono dei regimi speciali. Quello che vi può essere quello
più familiare, perché magari ci incappate più spesso, è il regime dell'editoria, in cui, abbiamo detto che l'IVA
per regola è un'imposta plurifase, che avviene in più fasi, per l'editoria invece, come altri settori, l'IVA si
applica una volta sola. È un regime monofase. Viene applicata in un certo momento dall'editore nei
successivi passaggi nella catena produttiva e distributiva. Quando un libro viene fatto dall'Editore lui applica
l'IVA ed infatti trovate nei libri l'IVA imposta a monte dall'editore, perché lui sulla base del prezzo di vendita
pubblico, applica l'IVA definitivamente, quindi i passaggi successivi sono esentati dall'IVA, ma perché quella
è una situazione con in altri casi, particolare perché si sa già il prezzo definitivo quindi si può applicare. Poi
ci sono tutta un'altra serie di casi particolari indicati nelle slide e chi fosse curioso può andarli a guardare.

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