Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
e dell’ontogenesi∗
Luca Pinzolo
∗
Questo lavoro è parte di un progetto più ampio che si propone di pensare
congiuntamente alcuni motivi dell’ontologia del giovane Levinas con altri emersi
dalla riflessione sulla transindividualità proposta da Gilbert Simondon. Di que-
sto progetto, al momento, è possibile solo abbozzare una provvisoria mappa, pur
nella consapevolezza che, come ammoniva Gregory Bateson, “la mappa non coin-
cide con il territorio”.
1
M. Perniola, Del sentire, Einaudi, Torino 1991, pp. 95-96.
223
© atque materiali tra filosofia e psicoterapia, 25 n.s., 2019, pp. 223-243 – ISSN 1120-9364
Luca Pinzolo
1. Un “enigma tormentoso”
2
Per una lettura storico-critica della sovrapposizione tra “mentale” e “imma-
teriale”, si rimanda a R. Rorty, La filosofia e lo specchio della natura (1979), trad. it.
Bompiani, Milano 2004, in part, la parte i, pp. 41-264. Un’ulteriore elaborazione
del tema, in consonanza con quanto qui si cerca di delineare, si può trovare in alcuni
sviluppi dell’approccio cosiddetto “neofenomenologico” e, segnatamente, in T. Grif-
fero, Quasi-cose. La realtà dei sentimenti, Bruno Mondadori, Milano-Torino 2013.
3
H. Kohut, “Introspezione, empatia e psicoanalisi. Indagine sul rapporto tra
modalità di osservazione e teoria” (1959), in Id., Introspezione ed empatia. Raccol-
ta di scritti (1959-1981), trad. it. Bollati Boringhieri, Torino 2003, p. 53: «I nostri
pensieri, desideri, sentimenti, fantasie, non possono essere visti, ordinati, uditi o
toccati. Non hanno alcuna esistenza nello spazio fisico, e sono tuttavia reali, tanto
che li possiamo osservare così come avvengono nel tempo: con l’introspezione in
noi stessi, e con l’empatia (cioè l’introspezione vicariante) negli altri».
224
so».4 Possiamo fare un esempio delle difficoltà cui va incontro una teo-
ria della intersoggettività centrata sull’introspezione rifacendoci a un
passo di Alexander Lowen, fondatore della bioenergetica, una pratica
psicoterapeutica particolarmente attenta al “sentire”. È un passo, se vo-
gliamo, straordinario, perché l’autore ci mette sotto gli occhi tutti i
problemi cui va incontro un tentativo di pensare le relazioni intersog-
gettive facendo ricorso all’empatia – senza, però, vederne nemmeno uno:
4
E. Husserl, Logica formale e trascendentale (1929), trad. it. Laterza, Bari 1966,
p. 295.
5
A. Lowen, Bioenergetica (1975), trad. it. Feltrinelli, Milano 2004, pp. 86-87.
225
226
Senza fare riferimento a episodi, del resto assai controversi, offerti dalla
cronaca,6 possiamo trarre spunti di riflessione da almeno due racconti
del genere cosiddetto “weird ” che, pur nella forma della finzione e in
modo certo parossistico, ci presentano esattamente il rovescio di un’e-
sperienza empatica, se non la sua parodia. Il primo è un racconto di
Ambrose Bierce, intitolato La morte di Halpin Frayser.
L’enigmatico racconto di Bierce si svolge su due binari al tempo
stesso paralleli e sovrapposti: una “storia reale” – un omicida seriale
uccide la seconda moglie e il figlio di lei – e una storia “onirica – il fi-
glio, Halpin Frayser, sogna di essere ucciso dallo “zombie” di sua ma-
dre, con cui negli anni precedenti aveva stretto un legame ambiguo
e forse morboso. Due ordini di realtà, quindi, con lo stesso grado di
effettualità: una realtà “materiale” e una realtà “psichica”.7 In quanto
pur sempre “ordine di realtà”, il secondo – la realtà psichica – si pre-
senta con la stessa densità del primo: l’immagine posta di fronte agli
occhi, forse addormentati, di Frayser è quella della cieca e meccani-
ca materialità di un corpo. L’immagine psichica, in alti termini, ci
presenta la materia senza “anima”, ma non senza “animazione”, di un
corpo irriducibile alla coppia della connotazione husserliana Körper-
Leib. La Paarung, l’accoppiamento dei corpi, si produce in modo mec-
canico – lo strangolamento del giovane – i cui motivi restano inspie-
gati. Ecco la scena in cui, nella foresta in cui Halpin Frayser vaga,
immemore e senza una meta definita, appare improvvisamente la sa-
goma di sua “madre”:
6
Si pensi alle interminabili quanto inconcludenti dispute circa l’interpreta-
zione dei movimenti facciali delle persone in stato vegetativo, in cui si fronteg-
giano paradigmi etici e teologici in assenza, ovviamente, di qualsiasi evidenza
“ immediata”.
7
Su questa distinzione freudiana si veda, tra l’altro, S. Freud, Introduzione alla
psicoanalisi (1915-1917), “Lezione 23”, trad. it. Bollati Boringhieri, Torino 2012,
pp. 335-336.
227
Questa azione liberò le energie fisiche di Halpin Frayser senza incidere sul-
la sua volontà; la sua mente rimaneva ancora sotto l’influsso dell’incantesimo,
ma il suo corpo potente e le membra agili, animati da una propria cieca, insen-
sata vitalità, resistettero risolutamente. Per un attimo ebbe la sensazione di as-
sistere come semplice spettatore a una battaglia tra un’intelligenza morta e un
meccanismo vivo. (…) Halpin Frayser sognò di essere morto.9
8
A. Bierce, “La morte di Halpin Frayser” (1891), in Id., Tutti i racconti dell’or-
rore, a cura di G. Pilo e S. Fusco, Newton Compton, Roma 1994, p. 62.
9
Ivi, pp. 62-63.
228
10
T. Lipps, Ästetik. Psychologie des Schönen un der Kunst, (1903-1906), trad. it.
parziale “L’estetica e il problema dell’empatia”, in M. Accornero (a cura di), Mo-
vimento, percezione, empatia, Mimesis, Milano 2009, p. 46; su questo “case-study”
lippsiano si veda A. Pinotti, Empatia. Storia di un’idea da Platone al postumano, La-
terza, Roma-Bari 2011, in part, le pp. 46-51.
11
Ivi, p. 48.
12
Ibidem.
229
13
Th. Lipps, Einfülung, innere Nachahmung und Organempfindungen (1903),
trad. it. parziale “Empatia, imitazione interna e sensazioni organiche”, in M. Ac-
cornero (a cura di), Movimento, percezione, empatia, cit. p. 58: «nel mio braccio sen-
to me stesso attivo, in tensione, sotto sforzo e soddisfatto nella mia meta. Una tale
attività, tuttavia, non può aver luogo nel mio braccio (…). Tale attività è da ricon-
durre al mio umore, a quello stato psicologico, a quella rappresentazione di scopo,
per soddisfare la quale io ho esteso effettivamente il mio braccio (…). Con ciò si è
inteso dire che il mio fare non “appartiene” immediatamente al mio braccio. Esso
è in un certo senso empatizzato in esso».
14
H.Ph. Lovecraft, Le montagne della follia (1936), trad. it. SugarCo, Milano
1983, p. 55.
230
15
In altre opere di Lovecraft troviamo espressioni come “odore morboso”, “ge-
mito di flauti blasfemi” ecc. per uno studio sull’aggettivazione in Lovecraft in di-
rezione di un “ipernaturalismo” si veda M. Fisher, The weird and the eerie. Lo stra-
no e l’inquietante nel mondo contemporaneo (2016), trad. it. Minimum Fax, Roma
2018, in part. il cap. i. Per una lettura dell’opera di Lovecraft nel quadro del “re-
alismo speculativo”, si veda G. Harman, Weird Realism: Lovecraft and Philosophy,
Zero Books, Winchester-Washington 2012.
16
H.Ph. Lovecraft, Le montagne della follia, trad. it. cit., p. 40.
17
Ivi, p. 57.
231
18
H.Ph. Lovecraft, L’orrore soprannaturale nella letteratura (1927), trad. it. Su-
garCo, Milano 1994, p. 19.
19
E. Levinas, Dall’esistenza all’esistente (1947), trad. it. Marietti, Casale Mon-
ferrato 1986, p. 51.
20
L’espressione “mondo senza di noi” viene proposta e analizzata nel volumet-
to di E. Thacker, Tra le ceneri di questo pianeta (2011), trad. it. Nero, Roma 2018.
232
A una tale empatia do espressione già nella vita ordinaria, quando dico che la
stessa linea si estende, si piega, oscilla su e giù, si delimita; oppure quando di-
co che nel ritmo è presente un’aspirazione a fuggire o una tendenza a conte-
nersi, una tensione e una distensione, e così via. Tutto ciò è la mia attività, il
mio vitale movimento interiore, però appunto oggettivati (…), io oggettivo o
proietto me stesso nell’oggetto (…). Ritrovo lo stato d’animo nell’oggetto; in
breve, lo empatizzo. 21
21
Th. Lipps, “Fonti della conoscenza. Empatia” (1909), trad. it. in «Discipline
filosofiche», 2, 2002; fascicolo monografico dedicato a Lipps, pp. 49-50.
233
22
Ma, d’altra parte, il già richiamato testo di Mark Fisher sostiene il carattere
di dimensione dell’esperienza del weird e dell’eerie, opportunamente ripensati in
correlazione con l’Unheimlich freudiano.
23
F. Desideri, “Empatia e distanza. Un frammento”, in «Atque», 25-26, 2002-
2003, p. 8.
234
24
H. Arendt, Vita activa (1958), trad. it. Bompiani, Milano 1994, p. 98.
25
Ibidem.
235
26
Ibidem.
27
Ivi, p. 70.
28
Ivi, p. 102.
29
E questo a differenza del mero “lavoro” che, «assorbito nel movimento cicli-
co del processo vitale del corpo, non ha né un inizio né una fine»: ibidem.
236
30
Anche a costo di una trattazione che Arendt stessa ha deliberatamente la-
sciato da parte: si vedano le pagine (10 segg.) in cui distingue l’indagine sulla
“condizione umana” da quella relativa alla “natura umana”.
31
Ivi, p. 5.
32
E. Levinas, Dall’esistenza all’esistente (1947), trad. it. Marietti, Casale Mon-
ferrato 1986; Id., Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità (1971), trad. it. Jaca Book,
Milano 1980.
33
E. Levinas, Totalità e infinito, trad. it. cit., p. 133.
34
Ivi, p. 142.
35
E. Levinas, Dall’esistenza all’esistente, trad. it. cit., p. 17.
237
36
Ivi, p. 18.
37
Ibidem.
38
Ibidem.
39
Ibidem.
40
E. Levinas, Totalità e infinito, trad. it. cit., p. 139.
41
E. Levinas, Dall’esistenza all’esistente, trad. it. cit., p. 16.
42
Ivi, p. 28.
238
43
Ivi, p. 24.
44
Ivi, p. 28.
45
Ibidem.
46
Ivi, p. 24: «In seguito mostreremo infatti che questa sfasatura dell’essere ri-
spetto a sé stesso, che per noi è la caratteristica principale della fatica, costituisce
l’avvento della coscienza, cioè di un potere di “sospendere” l’essere attraverso il
sonno e l’incoscienza». Circa il nesso sensibilità-coscienza, si veda questa anno-
tazione di Levinas, in cui coscienza, sensibilità e rapporto con il “fondo pesante”
dell’essere sono espressamente richiamati: «in quanto coscienza, io sono un insie-
me di contenuto sensazioni del peso. Queste sensazioni hanno un oggetto – la ba-
se. (…). Il peso considerato non più in quanto più o meno pesante, ma come qua-
lità – è l’esistenza stessa»; E. Levinas, “Note filosofiche su Eros. Terzo gruppo”, in
Id., Eros, letteratura filosofia. Prove romanzesche e poetiche, note filosofiche sul tema di
239
eros (2013), a cura di J.L. Nancy-D. Cohen-Levinas, trad. it. a cura di S. Facioni,
Bompiani, Milano 2017, p. 199.
47
Ivi, p. 201.
48
E. Levinas, Dall’esistenza all’esistente, trad. it. cit., pp. 52-53.
240
49
In uno sconcertante passaggio di Gilbert Simondon dedicato al culto dei
morti, questi vengono presentati come grumi di affetti che circondano i vivi e,
nel fare loro quasi ombra, si impongono come simboli transindividuali dell’affet-
tività stessa. I defunti, grazie alla loro ingombrante “presenza dell’assenza”, sono,
pertanto, simboli di affetti allo stato pre-individuale, senza soggetto o portato-
re, senza possibile correlazione con un’azione – o, anche, alludono ad un agire
pietrificato, senza agente, ricondotto alla dimensione del puro e impersonale
evento dell’Essere: «Quando scompare, l’individuo è annientato solo per quel
che riguarda la sua interiorità; ma perché sia annientato oggettivamente, biso-
gnerebbe supporre che anche l’ambiente si annienti. L’individuo continua a esi-
stere, e persino a esistere attivo, come assenza rispetto all’ambiente […]; il mon-
do è costituito dagli individui attualmente viventi, che sono reali, e anche dai
“buchi di individualità”, veri e propri individui negativi composti da un noccio-
lo di affettività ed emotività, che esistono come simboli […]. Gli individui vi-
venti hanno l’onere di mantenere nell’essere gli individui morti, in una perpetua
nekuia […]. Il subconscio dei viventi è tutto intessuto del compito di mantenere
nell’essere gli individui morti che esistono come assenza, come simboli speculari
dei viventi», G. Simondon, L’individuazione psichica e collettiva (1989), trad. it.,
DeriveApprodi, Roma 2001, pp. 90-91.
241
50
Sull’“esperienza cosmica” si veda M. Perniola, Del sentire, cit., pp. 101-104.
51
Si tratta di un tema affrontato da Gilles Deleuze nella sezione di Differen-
za e ripetizione (1968), trad. it. il Mulino, Bologna 1971, dedicata all’“immagine
del pensiero”. Deleuze attribuisce all’“essere del sensibile”, distinto dall’“essere
sensibile”, la funzione di «fare realmente nascere la sensibilità nel senso» (p. 227).
Questo motivo si ritrova anche in J.-F. Lyotard, “Anima minima” (1993), in Id.,
Anima minima. Sul bello e sul sublime, trad. it. Pratiche, Parma 1995, pp. 122-123:
«la sensazione è anche l’affezione che il “soggetto” – (…) lo chiamerò: anima –
prova in occasione di un evento sensibile (…). L’anima non esiste se non in quanto
è affetta. La sensazione, piacevole o detestabile, annuncia pure all’anima che essa
non esisterebbe affatto (…) se non fosse affetta da nulla. Quest’anima non è che
il risveglio di un’affettività (…). La sensazione fa effrazione in un’esistenza iner-
te. La mette in allarme, ma bisognerebbe dire: l’esiste». Su questo passo di Lyo-
tard, si veda F. Carmagnola, “Prima e dopo il soggetto. Anima”, in J. Orsenigo
(a cura di), Il soggetto. Eredità, genealogie, destituzioni, Mimesis, Milano 2017, pp.
147-164. Sulla possibilità di concepire le sensazioni in termini “materici” o “ele-
mentali” delle sensazioni, si veda E. Levinas, Dall’esistenza all’esistente, trad. it.
cit., p. 46 e segg. Un’interessante variazione e approfondimento di questo motivo
è rintracciabile nelle ricerche “atmosferologiche” di G. Böhme, di cui si veda At-
mosfere, estasi, messe in scena (2001), trad. it. a cura di T. Griffero, Marinotti, Mi-
lano 2010 e dello stesso T. Griffero, Atmosferologia. Estetica degli spazi emozionali,
Laterza, Roma-Bari 2010.
242
Parole chiave weird, empatia, Levinas, Husserl, Arendt, Lipps, Lovecraft, Bierce
Luca Pinzolo Dottore di ricerca in filosofia presso l’Università di Nizza, già as-
segnista di ricerca presso il Dipartimento di scienze umane per la formazione
“Riccardo Massa” dell’Università Milano-Bicocca, è attualmente docente a
contratto presso il medesimo Dipartimento. Ha pubblicato saggi su Althusser,
Lévinas, Bergson e Deleuze. Tra le sue pubblicazioni: “Morceau de résistance.
L’altrimenti che essere come risemantizzazione dell’ontologia in Emmanuel
Lévinas” («Studi filosofici», xl, 2017); “L’evento della volontà in una prospet-
tiva comparativa. L’azione e l’agente nella Bhagavadgītā” («Atque», 21, 2017);
“Ceci n’est pas un sujet. Un ripiego del sé tra reticenza e parresia” (J. Orsenigo
(a cura), Figure del soggetto, Milano, 2017); “La voce tra sonorità e respirazione
in Emmanuel Lévinas. Abbozzo di una metafisica dell’atmosfera” («Atque»,
20, 2017); “Esistenza umana e ‘povertà di mondo’. Un tentativo di riformu-
lazione del concetto di ‘povertà’ a partire da Martin Heidegger” («Quaderni
materialisti», 15, 2016); nonché i volumi Relazione e ontologia. Verso la transin-
dividualità a partire da Emmanuel Levinas e Gilbert Simondon (Milano, 2017) e
Il materialismo aleatorio. Una filosofia per Louis Althusser (Milano, 2012).
243