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Vuoi riparare la tua vita?

Impara l’arte
giapponese del kintsugi, per valorizzare
ferite e fragilità
Le 6 tappe del lento cammino da seguire per una completa guarigione

Quando un oggetto si rompe, il primo impulso è quello di buttarlo. Ma potrebbe essere


un’occasione persa. E vale lo stesso anche per noi, per quelle volte in cui ci sentiamo
ridotti in mille pezzi. Almeno secondo i giapponesi, che all’arte dell’aggiustare hanno
dato un nome, kintsugi. Letteralmente si traduce “riparare con l’oro”. Un processo
lungo, che richiede precisione e che si sviluppa in fasi che possono durare anche mesi.
Céline Santini spiega che il kintsugi è l’arte di esaltare le ferite e non riguarda solo i
vasi preziosi. Può considerarsi una forma di arte terapia che aiuta a trasformare le
ferite in punti di forza, gli scossoni della vita in esplosioni di gioia. “Proprio come un
oggetto rotto viene aggiustato con cura - spiega l’autrice di Kintsugi (Rizzoli, in uscita
il 28 agosto) - attraverso la pratica del kintsugi, anche voi meritate di essere
ricostruiti con l’oro. Scegliendo di aggiustare cosa è danneggiato, non solo ne
riconosciamo il valore, ma sviluppiamo un attaccamento ancora più forte nei suoi
confronti. Decidendo di riprendere in mano la nostra vita nonostante i dolori che ci
hanno spezzati significa farci un dono immenso: l’autostima”. In sostanza si tratta di
fare un passo indietro e guardare le cose che ci sono successe da una prospettiva
diversa: e se anziché nascondere le fratture invece le esaltassimo? Che la vostra ferita
sia fisica o emotiva l’energia del kintsugi può sostenervi e accompagnarvi nel processo
di guarigione. Un cammino che richiede cura e pazienza ma che non è difficile da
seguire.

Fase 1: la rottura

Un imprevisto, un movimento sbagliato, uno shock, ed ecco la frattura. Riacquistate la


calma, raccogliete i pezzi. Decidete consapevolmente di prendervi cura di voi, e di
lasciare che anche gli altri lo facciano. Non nascondete la sofferenza. Scegliete invece
di guarire davvero, di prendervi tutto il tempo per farlo. Strato dopo strato.

Fase 2: assemblare

Nella vita come nell’arte del kintsugi, a volte è necessario prendersi del tempo per
valutare la situazione, porsi le domande giuste, ricostruire il puzzle del proprio
percorso. Questa fase vi invita a conoscervi meglio: identificando gli schemi che si
ripetono nella vostra vita, i problemi o le tematiche ricorrenti. E poi apritevi agli altri,
al cambiamento. Provate qualcosa che non conoscete, lasciatevi sorprendere.

Fase 3: pazientare

Anche nella vita, per andare avanti alla meglio, dobbiamo prenderci del tempo per
sbarazzarci del superfluo che ci intralcia, fisicamente e mentalmente. Qualunque sia il
vostro eccesso - materiale (troppi oggetti accumulati, troppe spese) - fisico (chili di
troppo...) - mentale (troppe responsabilità, troppi obblighi) - dovete fare spazio, così
da vedere con maggior chiarezza. Tornate all’essenziale. Quindi concentrate tutti gli
sforzi sul raggiungere un unico obiettivo alla volta e restate focalizzai su questo per
almeno un mese.
Fase 4: riparare

A poco a poco rimuoviamo strati di emozioni che, come un’armatura, abbiamo usato
per proteggerci dagli altri e da noi stessi. Raggiungiamo gradualmente il cuore del
nostro essere, il nostro vero io. Il nostro cuore ora è messo a nudo, ma forse per la
prima volta, dopo tanto tempo siamo finalmente autentici.

Fase 5: rivelare

Tutti gli studi di psicologia positiva lo dimostrano: prendendo consapevolezza delle


nostre fortune quotidiane, aumentiamo di conseguenza il nostro livello di felicità. Fate
scorte di felicità, raccogliete - anche su un taccuino - i semi delle gioie e delle risate
quotidiane, e fate provvista di ricordi. I momenti preziosi sono l’oro della nostra vita.

Fase 6: esaltare

Come l’oggetto trasformato dall’arte del kintsugi rivela tutto il suo splendore, anche
voi vi renderete conto di essere finalmente guariti e trasformati. Fate un passo
indietro, osservatevi, avvertite in ogni cellula il senso profondo di questa nuova
integrità. Ora sapete di essere dei sopravvissuti, e di non essere più ridotti in mille
pezzi.

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