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Anno XLII
16.07.2020
Numero
739
PERIODICO DI ATTUALITÀ DEI COMUNI DI ALANO DI PIAVE, QUERO VAS, SEGUSINO
Ricariche telefoniche
L'apparecchiatura non servirà solo per il controllo della velocità, ma anche per tutta
una serie di attività incluse nel progetto sicurezza.
Il direttore Francesco Facci ha ringraziato personale, ospiti e familiari per i sacrifici, l’energia e la comprensione
che hanno messo in campo nei mesi dell’emergenza, senza risparmiarsi. L’uscita dalla fase 1 “è stata una vittoria
di tutti - ha sottolineato Facci - ognuno ha fatto la sua
parte come in una famiglia”.
Al parroco don Francesco Settimo sono stati affidati il
ricordo e la benedizione per tutti coloro che nel territo-
rio, in Italia e nel mondo hanno perso la vita a causa
della pandemia. Come al termine della seconda guerra
mondiale - questo il pensiero del parroco di Alano di
Piave - anche per questa guerra la gioia per una ritro-
vata libertà e sicurezza si fonde sempre con la com-
mozione per gli affetti e i cari che non ci sono più.
Per gli ospiti della Fondazione Sant’Antonio Abate,
presenti in una trentina alla messa, la fine della fase 1
significa soprattutto il ritorno graduale alla normalità di sempre, fatta di tante attività, allegria e condivisione. A
sancire la ripresa di questa normalità la mattinata del 25 giugno si è arricchita con i compleanni di due nonni, Li-
cia e Pietro, che hanno spento assieme ai loro familiari e amici 90 e 83 candeline.
Il guardiacaccia
Epica del progresso e nostalgia di un mondo che non è più
in uno splendido romanzo breve di Marcello Meneghin
Il romanzo di Marcello Meneghin (nativo di Quero NdR) è un intreccio di storie
vere e di invenzione o meglio di supposizioni. È la ricerca del nome di un assas-
sino. Lo scenario delle montagne trentine che l'autore conosce bene per averci
lavorato nel passato, fa da sfondo a un vero e proprio giallo. Ma il romanzo è an-
che un pretesto per fare conoscere a chi non c'era o non sapeva, cosa voleva di-
re portare energia elettrica a un'Italia stremata dalla seconda guerra mondiale.
Alle figure dei personaggi si alternano figure e nomi di cose, di macchine, di me-
todi di rilievo topografico e di tecniche di scavo. Un intreccio di immaginario, che
si sposa bene alla magia delle montagne, e di pragmatico, concreto.
Questo libro è un romanzo e un documento.
Pochi sanno quanta fatica costasse tracciare dei punti trigonometrici tra le mon-
tagne per dare avvio ai lavori di una diga. L'autore conosce le Alpi, per esserci
nato, sul versante orientale, in Veneto. Nel libro si avverte forte la nostalgia che
chiunque abbia abitato a lungo in montagna porta con sé della meraviglia per le
cose grandi e perfette. Forse questa meraviglia è sorella di un desiderio di crea-
re cose grandi e perfette con le mani e le macchine. Senza spingersi oltre, il
guardiacaccia è il documento di un'epoca chiusa e insieme un'avventura che coinvolge dal principio alla fine.
ESTRATTO DELL’OPERA. Introduzione. Lo spunto di base di questo racconto è dato dalla inveterata abitudine
di un capriolo che, trovandosi in una situazione disperata, arriva perfino al punto estremo di scegliere il suicidio
pur di evitare quegli atroci patimenti che una atavica sequenza ha stampato sulla sua memoria. Il fenomeno è
descritto molto bene nel libro “Il suicidio del capriolo” di Giancarlo Peron.
Fagher, un paesino di montagna. Teatro della storia è un paesino di alta montagna chiamato Fagher, che nel
dialetto locale significa faggio. Il nome forse deriva dall’importanza sempre rivestita in zona dai boschi di faggio,
come ottima legna da riscaldamento durante le fredde invernate passate sotto alte coltri di neve, a temperature
gelide. Siamo negli anni ‘40, nel primo dopoguerra, e l’attività locale è basata principalmente sull’agricoltura e gli
allevamenti di bestiame, soprattutto in malghe, dove gli ampi pascoli consentono di alimentare un grande numero
di animali da latte, dai quali ricavare perlopiù burro e formaggi molto ricercati per la loro buona qualità. Un’altra
fiorente attività è legata al legno, grazie ai vasti boschi di resinose e di alberi ad alto fusto di essenze forti, atti al
riscaldamento domestico, il cui taglio alternativo per ampie aree di piante adulte fornisce buon reddito nella ven-
dita dei tronchi e anche, per le resinose, nelle lavorazioni delle segherie locali che ricavano, dalle grandi partite di
tavole grezze, il legno pronto per le lavorazioni industriali di pianura. Si tratta di un’attività qualificata ma, dal pun-
to di vista economico, modesta, a causa dei lunghi periodi invernali di inattività, quando il lavoro si riduce alla so-
la manutenzione delle attrezzature e dei locali e non porta alcun ricavo in denaro. La normale alimentazione dei
valligiani ha luogo utilizzando prevalentemente i prodotti locali, essendo molto diffusa l’agricoltura e la coltura de-
gli ortaggi e anche la raccolta nei boschi di frutti di buonissima qualità, mentre dalla caccia derivano ottime carni.
Altri prodotti alimentari vengono acquistati nei negozi del paese. La composizione dell’abitato si basa general-
mente su vecchie casette unifamiliari, il vero boom di costruzione delle nuove case è appena cominciato e risul-
tano solo alcune ville di recentissima costruzione, appartenenti alle famiglie più abbienti, come quelle del medico,
del farmacista e del veterinario. Spicca anche per il lusso sfrenato quella del macellaio, Giovanni, un uomo che
ama sfoggiare automobili di lusso. La mentalità comune nel paesino è ancora improntata al risparmio, frutto del
recente periodo bellico di assoluta povertà in paesi piccoli come quello della nostra storia. Il sogno, che nei de-
cenni successivi troverà piena attuazione, è di potersi costruire nuove casette che sostituiscano quelle esistenti,
generalmente prive delle minime comodità. La mancanza più sentita è quella dell’impianto idrico domestico, as-
sai raro nelle abitazioni di Fagher. Un episodio a riguardo renderà bene la situazione reale. Per ovviare al disagio
di non potersi fare a casa una doccia calda, il locale parroco aveva da poco ricavato nello scantinato della cano-
nica quattro docce che funzionavano con il materiale abbondante in zona, cioè la legna da ardere. La gioventù si
poteva ritrovare tutti i sabati, non solo per le pulizie personali, ma per stare in compagnia a raccontarsi gli avve-
nimenti della loro bella età. Da rilevare un difetto di comportamento di quelle persone fatte di roccia e ossessio-
nate della mania del risparmio da attuare sempre, ovunque e in maniera tanto puntuale da indurre il parroco a
consumare una quantità minima di legna, tanto scarsa da far uscire dalle docce acqua appena tiepida. ...
Estratto da: https://www.mondadoristore.it/Il-guardiacaccia-Marcello-Meneghin/eai978886949456/#tabMenu-6
Nota dell’autore. E’ la appassionante storia della ricerca dell’assassino di un guardiacaccia che ho chiamato Menico
per ricordare l'altro guardiacaccia Menico di Quero che io ho conosciuto come bravissima persona ed anch'esso de-
ceduto durante il suo lavoro nelle montagne queresi ed in circostanze di cui, in paese, si è saputo ben poco.
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7 CRONACA
8 CRONACA
ATTUALITÀ
Notizie in breve
a cura di Sandro Curto e Silvio Forcellini
ALANO: CHE CAOS PER IMU E TARI Si era detto che quest’anno le lettere con i bollettini per il versamento
dell’acconto dell’I.M.U. riguardante le seconde case e della T.A.R.I. (rifiuti), causa il coronavirus, sarebbero arri-
vate all’ultimo momento e che, in ogni caso, non ci sarebbero state sanzioni per qualche giorno di ritardo, ma
perché allora due spedizioni a distanza di poco tempo nel comune di Alano? Così, tanti che pagano ancora con il
metodo tradizionale, si sono precipitati in banca o in posta per fare il primo versamento e poi hanno dovuto ritor-
nare per il secondo. Il tutto in un momento in cui l’unica banca rimasta sul territorio riceve solo su appuntamento
e l’ufficio postale di Fener è aperto a giorni alternati; così si sono formate lunghe code, in particolar modo
nell’ufficio postale di Alano nonostante la velocità e la bravura dell’impiegata Marina Bagnarol. Non era più sem-
plice prorogare la scadenza o, meglio ancora, spedire i due tributi contemporaneamente, come è avvenuto a
Quero Vas dove sono arrivati qualche giorno dopo la scadenza?
DUE RETI PER DAVIDE MAZZOCCO La ripresa del campionato di serie B ha fatto registrare il secondo e il ter-
zo gol stagionale del querese Davide Mazzocco, che milita nel Pordenone, squadra ancora in corsa per la pro-
mozione. La sua seconda rete è arrivata al 52’ nella partita vinta per 2-0 in casa contro il Virtus Entella; la terza al
2’ nella partita vinta per 2-1 in trasferta contro il Perugia.
ALANO: CHIUSO IL BAR “AL PIAZZOL” Era da tempo che le sorelle Enrica e Marcella Rizzotto dicevano di vo-
ler cedere l’attività del bar “Al Piazzol” di Alano e questa volta, causa anche la forzata sosta per coronavirus, la
decisione di chiudere è arrivata dopo diversi anni di gestione del locale aperto dal proprietario Giulio Giacomelli
11 CRONACA
negli anni ‘70 e poi mandato avanti da Renzo Mondin (“il mago”), da Toni Gregolon e da Alessandro Spada e fa-
miglia. Se qualcuno è interessato a rilevare l’attività, può telefonare ad Enrica (cell. 348.9792741).
CACCIATORI SOLIDALI CONTRO IL CORONAVIRUS Ad integrazione di quanto scritto nel numero scorso, an-
che la Riserva di Alano presieduta da Luigi Codemo ha contribuito con 1.000 euro alla raccolta fondi promossa
dall’A.C.B. (Associazione Cacciatori Bellunesi) per acquistare, attraverso l’Associazione Vola, uno strumento ne-
cessario per processare i tamponi destinato all’ospedale di Feltre e dal costo di 100.000 euro.
STRADA DEL DOC: RIAPERTURA PREVISTA PER LA FINE DI LUGLIO Veneto Strade, che sta sistemando la
strada SP 10 che da Alano porta al Doc, comunica che, a causa del maltempo, i lavori termineranno verso il 25
luglio. Si potrà comunque transitare nei fine settimana.
ASTERISCO
La foto di copertina
(M.M.) Avevo voglia di freschezza, di colori decisi, di una copertina che ritornasse, guardandola, anche un senso
di gioia, di apertura. Sentimenti quanto mai necessari di questi tempi, dopo i disastri causati dalla pandemia e
l’”effluvio” di notizie, spesso improntate al catastrofismo. Allora ecco un piatto di insalata caprese, dai colori ac-
cesi e contrastati per accogliere l’estate, con l’augurio che sia una stagione positiva, dalla quale gettare le basi
per ritrovare la normalità del vivere, buttata all’aria dalla pandemia. Vi propongo, unitamente all’immagine, questa
citazione di Vasilij V. Kandinskij (pittore russo 1866-1944): “il colore è un mezzo per esercitare sull’anima
un’influenza diretta. Il colore è come il tasto, l’occhio è il martelletto che colpisce, l’anima è lo strumento dalle mil-
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Mirco
Linda presenta il fratello Mirco per la felicità dei genitori Andrea
Scopel ed Elena De Faveri. I nonni Piero, Luciana e Giannina, in-
sieme a cugini e zii, augurano loro ogni bene.
13 LETTERE AL TORNADO
ASTERISCO
Sant Antoni
Oi che mal, oi che mal
porteme subito all’ospedal.
O Sant Antoni, abi pietà
fa che no more proprio qua.
Ghe ne da operar a la svelta
la vena del cor la se a ristreta;
tanta dent se sent a pregar
parche me pare se pose salvar.
Ancoi Sant Antoni
a ti son devoti
e verso al cielo alzon i oci
par veder se tu ne da na man
anca a noi pori can.
O Sant Antoni da tuti invocà A sinistra il capitello dedicato a S.
donene pace e serenità! Antonio che si trova in Comune di
Alano di Piave, edificato dalla fa-
miglia di Vittore Rech e la moglie Giuseppina, che qui desidero ricordare.
A destra un altro capitello votivo, in montagna, a ricordo di una brutta av-
ventura di un bambino, caduto da un dirupo senza riportare gravi conse-
guenze. Due esempi di fede che si possono incontrare lungo le nostre
strade e sentieri. (Alessandro Bagatella)
14 CRONACA
Da Quero a Castelluccio: un
viaggio colorato d’emozioni
segnalazione di Guerrino Perenzin
(M.M.) All’ombra del Monte Vettore, nel
cuore del Parco Nazionale dei Monti
Sibillini, I coniugi Guerrino Perenzin
/Giacomina Mazzier e Gilberto Ceccato /
Milena Fantin hanno potuto ammirare, a
metà giugno, a quasi 1.500 m. di quota,
la fioritura del Pian Grande, una delle
migliori degli ultimi anni. A due passi da
Castelluccio di Norcia (Umbria), una vista
che gli stessi abitanti del luogo
definiscono mai così bella e ricca per
colori e durata. I nostri hanno viaggiato
ognuno col proprio camper, turisti ben
accolti da quanti, sperando nella ripresa,
scontano ancora gli esiti post sisma e
della chiusura per l’emergenza Covid.
Festeggiano
il 50° di Matrimonio
Guerrino Perenzin
&
Giacomina Mazzier
2) la stigmatizzazione, ovvero l’enfasi sugli aspetti negativi. L’essere etichettato come ‘straniero’, ‘disabile’, ‘dif-
ficile’, ‘grasso’, ‘brutto’, ‘povero’, ‘infettata’ comporta la propensione sia della persona stessa che degli altri a
dare attenzione agli aspetti negativi, tanto da influenzare negativamente i livelli di qualità della vita e le inte-
razioni sociali;
3) la distanza tra gli individui, ovvero la tendenza sia delle persone etichettate che degli altri a considerare le
prime come appartenenti a gruppi diversi e spesso in contrapposizione a tutti gli altri.
Distanza sociale e ghettizzazione
La tendenza a etichettare gli individui, sulla base di uno o più elementi che si considerano di fatto inadeguati, può
suscitare emozioni negative come rabbia, paura e pietà che, a loro volta, possono favorire comportamenti ag-
gressivi o di distanza sociale, riducendo le possibilità di convivenza e di vicinanza.
A sua volta, l’utilizzo sistematico di tali etichette può comportare per la persona a cui è rivolta:
1) la ristrutturazione della propria immagine di sé che diventa sempre più simile a quella attribuita allo stesso
dal contesto sociale di appartenenza;
2) la modificazione dei propri comportamenti che, sulla scia di una “profezia” che tenderebbe ad auto avverarsi,
diventano sempre più in sintonia alle aspettative sociali arrivando, paradossalmente, a confermare
l’etichetta;
3) tendenza all’isolamento ed emarginazione sociale.
L’individuo si trova via via a essere escluso da specifici ambienti sociali e per tale ragione è spinto, al fine di
sfuggire all’isolamento, a ristrutturare il proprio contesto che diventerà pertanto popolato da persone che sono
considerate dallo stesso e dalla società più simili alla nuova immagine di sé.
Nuovo paradigma sociale
Il nuovo paradigma sociale dell’inclusione, che prende le mosse dai cambiamenti socio-economici che caratteriz-
zano la società della complessità, della globalizzazione e della multi diversità, pone in primo piano la necessità di
costruire relazioni positive, che facilitino la promozione di abilità come l’argomentazione, la riflessione e l’analisi
complessa dell’informazione, necessarie per l’inclusione, la solidarietà e la cooperazione delle persone, con o
senza disabilità, vulnerabilità o infezioni virali nei loro diversi e naturali contesti di vita. Per facilitare ciò, il ricorso
a un linguaggio inclusivo può essere importante in quanto, nei confronti di alcune persone, perdura il ricorso ad
etichette ed espressioni obsolete e offensive che continuano, soprattutto quando sono presenti nei media e nei
documenti amministrativi e nelle leggi che dovrebbero regolamentare l’inclusione, ad influenzare negativamente
la ‘rappresentazione sociale’ delle stesse e a diffondere immagini stigmatizzanti e visioni distorte. È quindi fon-
damentale aumentare la consapevolezza dell’importanza del linguaggio e migliorare l’utilizzo delle parole in tutti
gli ambiti della vita.
Contesti inclusivi e democrazia
La nostra Università da tempo è impegnata nella promozione di contesti inclusivi, e tale impegno è stato anche
siglato in una lettera inviata nel 2018 dal Magnifico Rettore a tutto il personale docente, tecnico amministrativo e
agli studenti e studentesse del nostro ateneo, all’interno della quale si rimarca che “una delle evidenze di questo
impegno è certamente il linguaggio che utilizziamo, sottolineare il valore dato all’essere umano e al fatto che un
attributo che lo caratterizza, la disabilità, riguarda solo parte di esso e della sua vita”
(https://www.unipd.it/inclusione/linguaggio-inclusivo) e sottoscritto anche nelle Politiche linguistiche per la comu-
nicazione locale e globale approvate da Senato Accademico del nostro Ateneo nel 2019. E così al posto delle
etichette appare evidente che i modelli concettuali di tipo inclusivo ci invitano in primo luogo a utilizzare il nome e
il cognome della persona evitando altre sottolineature ed evidenziazioni (es. Marco Rossi; Abha Kumar). Nel ca-
so con cui sia necessario mettere in evidenza alcuni aspetti dell’individuo e non se ne possa fare a meno, consi-
derando quanto suggerito dall’approccio People-first language è importante allenare le persone a descrivere
gli altri utilizzando il verbo avere, così da portare l’attenzione su ciò che uno o una «ha», e non il verbo
essere, ad esempio, “Ludovica ha l’autismo” e non “Ludovica è autistica”, “Gianni ha una infezione virale” e non
“Gianni è infetto”.
Oggi più che mai, la lingua e il linguaggio, assumendo queste connotazioni, possono favorire e accelerare le tra-
sformazioni sociali, forme di ri-generazione, di costruzione di società inclusive, eque e sostenibili, democratiche e
capaci di dare valore ad una cittadinanza partecipata da parte di tutti e tutte.
Riferimenti Bibliografici
Pedroni, M. (2020). Narrazioni virali. Decostruire (e ricostruire) il racconto dell’emergenza coronavirus. Mediascapes
journal, (15), 24-43.
Reale, R. (2019). Fare la Verità. In L. Nota (Ed.) La passione per la verità: Come contrastare fake news e manipolazio-
ni e costruire un sapere inclusivo (53-71). Milano: FrancoAngeli.
Sala, M. (2020). Dall’epidemia all’infodemia: l’informazione all’epoca del Coronavirus. In M. Sala, M. Scaglioni (Eds.),
L’altro virus. Comunicazione e disinformazione al tempo del Covid-19 (137-144). Milano: Vita e Pensiero.
Sala, M., Scaglioni, M. (2020). L’altro virus. Comunicazione e disinformazione al tempo del Covid-19. Milano: Vita e
Pensiero.
Santilli, S., Di Maggio, I., Ginevra, M.C. (2019). Il linguaggio dell’inclusione. In L. Nota, M.Mascia, T. Pievani (Eds.), Di-
ritti umani e inclusione (119-150). Bologna: Il Mulino.
tratto da https://www.sindacatogiornalistiveneto.it/formazione/il-virus-letale-delletichettamento-sostenere-il-
linguaggio-inclusivo-anche-in-epoche-di-covid19-e-oltre/
18 ATTUALITÀ
LETTERE AL TORNADO
In memoria di
Rosa Bianca Mondin
Ci ha lasciato il 18 maggio 2020 Rosa Bianca Mondin (Rosetta), nata in Cima Prada
(Comune di Quero) nel 1930. Ha vissuto sul Col Tordera assieme al marito Fausto,
deceduto nel 1998, ed ai quattro figli.
Una vita, la sua, dedicata alla famiglia e al lavoro. Si ringrazia il personale della casa
di riposo di Vidor per le cure e le attenzioni prestate a Rosa..
La cosa più bella che possa capitarci nella vita è lasciare un buon ricordo…nelle
persone che incrociamo… nei piccoli pezzi di vita che dividiamo con qualcuno…
fosse un giorno, un mese o anni… I figli: Alida, Giovanni, Letizia, Elda
19
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VI ASPETTIAMO NUMEROSI !
20 ASTERISCO
COME ERAVAMO
RICETTA
L’affascinante storia di Castelnuovo di Quero, sul confine meridionale della provincia di Belluno, costruito nel
1376 dai veneziani per difendere la Serenissima, avamposto per scongiurare le incursioni nemiche dal nord del
duca Leopoldo d’Austria, e che nel Cinquecento vide la conversione di Girolamo Emiliani, patrizio veneto che
scelse di perdere il titolo di castellano per diventare “servo degli orfani”. La sua particolare vicenda incantò Ales-
sandro Manzoni. Sulla scia del suo carisma, adesso il maniero è diventato simbolo dell’accoglienza dei Padri
Somaschi.
Il castello dell’Innominato
di Giovanni Carraro (da “Il Gazzettino” di giovedì 25 giugno 2020)
L’ANTICO SITO «Richiedeva una
spesa maggiore che in altri castelli
per lo stipendio dei soldati, perché
la nuova fortezza ai confini del
Trevigiano aveva fama di essere in
luogo silvestre e solitario». Così si
legge in antichi documenti a pro-
posito di Castelnuovo di Quero,
conosciuto per il caratteristico trat-
to di strada che sottopassa la for-
tezza là dove un tempo c'erano i
ponti levatoi. Quel castello posto
nella chiusa di Quero, sul confine
meridionale della provincia di Bel-
luno, ebbe secolare funzione di difesa e di dogana per la Serenissima, impegnata a proteggersi dalle infiltrazioni
imperiali, e nel Cinquecento vide la trasformazione interiore di Girolamo Emiliani, ricco patrizio veneto che scelse
di perdere il titolo di castellano per diventare servo degli orfani e della gioventù abbandonata. Sulla scia del suo
carisma, ora il maniero è simbolo dell'accoglienza dei padri Somaschi. Castelnuovo resta un luogo avvolto da
leggende, ancor più misterioso se si pensa che per alcuni studiosi rappresentò una delle fonti di ispirazione nella
stesura dei Promessi Sposi: l'Innominato raccontato da Alessandro Manzoni, sarebbe stato nella realtà Girolamo
Emiliani.
LA STORIA Il castello venne eretto dai Veneziani a partire dal 1376 come avamposto prioritario per scongiurare
le incursioni nemiche dal nord, vista l'estrema facilità con cui in quegli anni il duca Leopoldo d'Austria era stato in
grado di giungere fino a Treviso appiccando il fuoco. La scelta del luogo ricadde sulla Chiusa della Moschetta,
uno stretto passaggio del Piave posto tra ripidi pendii sulla valle. I lavori, che si rivelarono più lunghi e costosi del
previsto, terminarono nel 1378 e Castelnuovo entrò in funzione nel 1379. Era costituito da un corpo centrale af-
fiancato da due torri, una appoggiata alla montagna e l'altra lambita dal corso del Piave. La strada, all'epoca det-
ta del Canal di Quero, passava al centro sotto un arco che si chiudeva con porte e ponti levatoi. C'erano armi di
tutti i tipi, balestre, fionde, lance e corazze a cui si affiancarono in seguito schioppi e bombarde caricate con palle
di pietra. La nuova fortezza aveva fama di risiedere in un luogo silvestre e solitario, tant'è che gli stipendi dei di-
ciotto soldati in forza furono necessariamente più alti che in altri castelli. La paga supplementare era finanziata
dai commilitoni di Treviso «contenti di far questo pur di esser scusati dall'andare a detta custodia». Oltre a funge-
re da dogana, Castelnuovo controllava anche il traffico fluviale del Piave tramite una catena che, collegando le
due rive, ne regolava la navigazione. Vi era pure un servizio di traghetto che partiva poco più a sud e approdava
alla cartiera di Vas, cessato agli inizi del Novecento con la costruzione di un ponte. La gestione di Castelnuovo
era affidata ad un castellano che percepiva una percentuale sul dazio. Il sito fu messo alla prova per la prima vol-
ta nel 1411 quando i Feltrini lo espugnarono e i Veneziani reagirono danneggiando la torre maggiore. Significativi
anche gli eventi durante la guerra di Cambrai, quando fu fatto prigioniero il castellano Girolamo Emiliani nel 1511.
La fortezza necessitava di continui lavori di manutenzione, che spesso gravavano sugli abitanti della pieve di
Quero. Alla caduta della Repubblica Veneta, Castelnuovo subì un progressivo degrado, culminato con la Prima
Guerra mondiale. In tempi recenti è stato oggetto di considerevoli restauri ed oggi è sede dei Padri Somaschi.
PATRONO DEI BIMBI Tra tutti i castellani che governarono Castelnuovo, il più famoso è stato indubbiamente Gi-
rolamo Emiliani, nato a Venezia nel 1486 da ricca famiglia nobiliare. A quei tempi la Serenissima con il suo pote-
re politico cominciava a dar parecchio fastidio alle potenze europee, che nel 1508 si unirono nella Lega di Cam-
brai per contrastare con azioni militari le mire espansionistiche della città lagunare. Questa reagì difendendo i
punti strategici del suo territorio, tra cui Castelnuovo di Quero che il 27 agosto 1511 venne assalito da tremila
fanti francesi. Girolamo Emiliani, in quel momento reggente della fortezza, dovette arrendersi e venne incatenato
nel sotterraneo del castello. Durante la prigionia si avvicinò alla preghiera e nella notte tra il 26 e il 27 settembre,
secondo la tradizione, gli apparve la Vergine Maria che lo guidò alla chiesa di Santa Maria Maggiore a Treviso,
nota come Madonna Granda, liberandolo dai ceppi e dalla pesante palla di pietra, ancora oggi lì conservati (se-
condo il cronista veneziano Marin Sanudo in realtà fu liberato a Breda di Piave). Fu un'esperienza spirituale che
lo spinse a cambiare radicalmente vita, dedicandola ai poveri e agli orfani. Nel 1534 a Somasca in provincia di
Lecco costituì una comunità che ha dato origine all'ordine dei Padri Somaschi, tuttora esistente. Morì di peste l'8
23 CENNI STORICI
febbraio 1537 e fu dichiarato beato nel 1747. Nel 1928 Papa Pio XI lo ha proclamato Santo patrono universale
degli orfani e della gioventù abbandonata.
L’ISPIRAZIONE Alessandro Manzoni fu tra i più importanti seguaci dei Padri Somaschi e si concentrò moltissimo
sulla vita del Santo fondatore, basti la citazione nelle Osservazioni sulla morale cattolica. Secondo alcune fonti
storiche, questo legame influenzò la scelta di un celebre passaggio dei Promessi Sposi. Vi è infatti un particolare
molto curioso che si rifà a San Girolamo e a Castelnuovo. «Secondo la tradizione, Manzoni colloca i racconti
dell'Innominato al castello di Somasca e qui avvenne la famosa conversione», racconta Padre Secondo Brunelli,
esperto di storia della Congregazione dei Padri Somaschi. «In realtà, come già sostenuto da Giulio Salvadori
all'inizio del Novecento, Manzoni si era ispirato a Quero e a Girolamo Emiliani. L'Innominato, messo in crisi dalle
parole di Lucia, metaforicamente è il nostro castellano veneziano. La riflessione, la preghiera, la volontà di cam-
biar vita sono gli elementi che si ritrovano in Girolamo Emiliani ma anche nell'Innominato». Castelnuovo di Quero
sarebbe quindi quel «castellaccio dove dominava il selvaggio signore come l'aquila dal suo nido insanguinato»
descritto nel più famoso romanzo storico italiano.
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