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RECENZIONE “L’ANFITRIONE” DI PLAUTO

L’Anfitrione è una commedia, o come la definisce Mercurio nel prologo del libro una “tragicommedia”, divisa in cinque
atti e scritta probabilmente intorno al 206 a.C. da Plauto.

Tito Maccio Plauto è stato uno dei più illustri commediografi romani, nasce alla metà del terzo secolo a.C. a Sarsina
come cittadino libero ed esercita la sua attività letteraria fra il 218 e il 186 a.C. data della sua morte. Le commedie
plautine, sono tutte quelle opere di Plauto o che sono influenzate da quelle di Plauto infatti nel corso del II secolo
circolavano circa centotrenta commedie attribuite a Plauto ma non si sa quante siano autentiche, a noi ne sono pervenute
solo 21 sicuramente autentiche. Tutte le commedie di Plauto seguono uno schema preciso, uno o due argumenta, che
esprimono una sintesi delle vicende che verranno raccontate; un prologo, in cui un personaggio interno alla commedia
presenta l’argomento; ed in fine gli atti, a loro volta divisi in scene. Nelle commedie plautine ricorre il tema dell’intrigo
amoroso (nel caso de “L’Anfitrione” quello fra Giove, Alcmena e Anfitrione) e il personaggio del servus callidus, o
parassita (nel caso de “L’Anfitrione” il parassita è Sosia, schiavo di Anfitrione).

Le vicende della commedia si svolgono a Tebe, più nello specifico nella casa dell’Anfitrione e nei suoi dintorni, alla fine
della guerra che ha visto impegnati l’Anfitrione e il suo fedele servo Sosia. Durante la guerra, Giove -essendosi
innamorato di Alcmena, moglie di Anfitrione- prende le sembianze di Anfitrione per sedurre Alcmena e passarci
insieme la notte, chiede l’aiuto di Mercurio che prende le sembianze dello schiavo Sosia. Quando Sosia e Anfitrione
tornano a Tebe il primo ad andare a casa è Sosia, il quale davanti alla casa si imbatte in Mercurio che ha il compito di
non farlo entrare in casa, durante il confronto fra i due Mercurio riesce a mettere in dubbio tutte le certezze di Sosia,
compresa la sua identità. Giove lascia una disperata Alcmena “per tornare dalle legioni”. Dopo poco Anfitrione e Sosia
giungono alla casa ma Anfitrione non riceve il bentornato sperato da sua moglie, la quale infatti la prima cosa che gli
dice è “Ti scongiuro perché ti fai gioco di me”, ovviamente Anfitrione rimane a dir poco scioccato e quando la moglie
gli racconta tutto ciò che è accaduto -ossia che dopo essere tornato dalla guerra si sono coricati insieme- la accusa di
adulterio, lei rigetta decisamente le accuse del marito. Giove ritorna da Alcmena mentre il marito va a cercare Naucrate
per smascherare le “bugie” della moglie. Giove, come Anfitrione, si fa perdonare per le accuse di adulterio ed entra in
casa con Alcmena. Dopodiché Anfitrione torna a casa senza Naucrate e dopo essere stato trattenuto brevemente da
Mercurio si imbatte nel suo sosia e in Alcmena. A questo punto viene chiamato Blefarone per districare la faccenda il
quale però se ne lava le mani non sapendo da quale parte stare. Alcmena entra in travaglio e partorisce due gemelli,
uno figlio del marito Anfitrione e uno del Dio Giove. Dopo il parto Giove parla con Anfitrione e gli rivela la verità. Alla
fine della commedia la serva Bromia in un monologo racconta di quando i due gemelli erano nelle culle e all’arrivo di
due serpenti uno dei due -il figlio di Giove- li ha soffocati entrambi, l’identità del bambino semidio è quindi quella del
leggendario Ercole.

Trattandosi di un testo teatrale e più nello specifico di una commedia, nei periodi -non considerando i monologhi-
prevalgono frasi brevi e semplici che appartengono a dialoghi, spesso molto veloci. Ai monologhi sono dedicati il
prologo ed intere scene, essi hanno la funzione di approfondire i sentimenti dei personaggi che parlano, come nella
Scena Quinta del Terzo Atto nel quale vengono approfonditi i sentimenti di Anfitrione. Attraverso l’Enumerazione per
Asindeto vediamo infatti la sua confusione, attraverso le sue azioni la sua frustrazione infatti bussa violentemente alla
porta e cerca in qualunque posto nella città Naucrate, attraverso i suoi pensieri invece la sua vergogna per le azioni
della moglie “Voglio sapere chi l’ha spinta all’adulterio. Meglio morire che lasciare insoluta questa questione.”. Il lessico
nel corso di tutta la commedia è abbastanza semplice ma con la presenza di termini ed espressioni desuete come “moglie
a prestito”. Essendo la commedia un testo teatrale di natura “leggera” che ha come scopo il divertimento del pubblico
non si spende tempo per la caratterizzazione dei personaggi che sono dei topos letterari -come il servus callidus- e quindi
già conosciuti.

Della commedia posso dire certamente che la cosa che mi ha colpita di più è stata la gestione eccellente del tema del
doppio, infatti anche se non è un tema facile da gestire, è il tema principale all’interno della commedia dal quale nascono
tutti i problemi e gli intrighi amorosi. Trattandosi di una commedia scritta da un grande autore come Plauto non mi
aspettavo nulla di meno ma sono comunque rimasta molto colpita dal cambio di atteggiamento che si percepiva anche
dal testo al cambio del personaggio dall’alternanza di un linguaggio più complesso quando a parlare erano Giove e
Mercurio rispetto a quando a parlare era Anfitrione con il suo schiavo. Per concludere sono rimasta colpita quando alla
fine ho scoperto, dall’episodio con i serpenti molto conosciuto, che il bambino figlio di Giove e Alcmena era proprio
Ercole. Questo conferisce quindi alla commedia dal mio punto di vista una doppia natura, principalmente caratterizzata
come commedia dei sosia nasconde anche tratti di una commedia dell’agnizione.

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