Quale può essere la “soluzione”? Qual è la strategia più opportuna che deve adottare il genitore,
una volta venuto a conoscenza che suo figlio è un bullo?
“Il dialogo rappresenta la strategia vincente. Dialogare con il proprio figlio, recependo anche i
minimi segnali come indice di qualcosa che potrebbe non andare per il verso giusto. Il bullo, come
figlio, ha bisogno di sentirsi attenzionato, ricevere sicurezza e affetto più degli altri ragazzi della sua
età. Molto spesso si evidenzia una carenza dell’attività genitoriale da questo punto di vista. Non
bisogna mollare, non bisogna abbassare la guardia e pensare che i propri figli non abbiano
problemi, e soprattutto occorre controllare le amicizie di cui il figlio si circonda, perché anche le
cattive compagnie possono rappresentare il segnale che il proprio figlio adotta comportamenti da
bullo”.
Il ruolo della scuola e degli insegnanti è fondamentale per costruire una rete di aiuto e sostegno
intorno al genitore del bullo?
“L’azione della scuola è molto importante. Il problema di fondo nella scuola è che i programmi
scolastici, il linguaggio stesso degli insegnanti non è lo stesso dei ragazzi e non è adeguato né nella
modalità né nei contenuti a una efficace interazione con i più giovani. Questo contribuisce a
isolare le due parti, allontanandole. Sarebbe necessaria una formazione specifica per gli
insegnanti, con corsi ad hoc di supporto per migliorare la comunicazione con i propri studenti.”
Il bullo si pente?
“Il bullo non si pente, raramente lo fa. Il pentimento è sempre meno frequente nei giovani bulli.
Questo perché i giovani oggi sono de-sensibilizzati alle emozioni, vivono come in un videogioco,
una realtà virtuale e falsata in cui sentono meno le emozioni e il corpo. Di conseguenza sentimenti
come il pentimento difficilmente appartengono alla complessa personalità del bullo”.