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Quaderni FNE
Collana Ricerche, n. 57 – novembre 2009

ATTORI (NON) PROTAGONISTI


Le piccole e piccolissime imprese manifatturiere in Italia

a cura di Daniele Marini


Sommario

LE PICCOLE IMPRESE: ATTORI (NON) PROTAGONISTI


Daniele Marini

LE PICCOLE E PICCOLISSIME IMPRESE MANIFATTURIERE IN ITALIA: IL PROFILO GENERALE


Davide Girardi

LA CONGIUNTURA: I PRIMI NOVE MESI DEL 2009 E LE PROSPETTIVE A BREVE TERMINE


Silvia Oliva

GLI EFFETTI DELLA CRISI E LE STRATEGIE PER SUPERARLA


Silvia Oliva

L’INTERNAZIONALIZZAZIONE ATTIVA DELLE PICCOLE IMPRESE MANIFATTURIERE


Carlo Bergamasco

LE CONSEGUENZE DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE (PASSIVA) SULLE PICCOLE IMPRESE


Carlo Bergamasco

IL RAPPORTO BANCHE – PICCOLE E PICCOLISSIME IMPRESE


Gianluca Toschi

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: BUROCRAZIA O SERVIZIO? I VINCOLI E LE OPPORTUNITÀ


PER I PICCOLI
Fabio Marzella

IL METODO E LE RESPONSABILITÀ DELLA RICERCA

APPENDICE
Il questionario

Fondazione Nord Est - 2


LE PICCOLE IMPRESE: ATTORI (NON) PROTAGONISTI

Daniele Marini

Attori (non) protagonisti. Volendo operare una traslazione, le piccole e piccolissime


imprese del nostro Paese possono essere rappresentate come i comprimari di un set
cinematografico, spesso confinati a semplici comparse. Sono tanti, diffusi, articolati
nella loro composizione e nel loro ruolo. Tutti contribuiscono, però, alla buona riuscita
del film. Senza il loro prezioso, quanto silenzioso, apporto la pellicola non riuscirebbe.
Pur tuttavia, non sono degni di particolare nota e interesse, sono collocati nei titoli di
coda. Analogamente avviene per il nostro sistema produttivo. Rimanendo
esclusivamente ancorati al ruolo giustamente fondamentale delle imprese più strutturate
e di grandi dimensioni, finiamo per non riconoscere le peculiarità e le potenzialità delle
imprese che costituiscono l’ossatura e l’identità della nostra economia: le piccole e
piccolissime. Come in una sorta di contrapposizione, spesso preconcetta, fra grandi e
piccole imprese, non comprendiamo come nel panorama nazionale tali distinzioni
dimensionali non interpretino più l’evoluzione in corso. Meritoriamente, Mediobanca e
Unioncamere da anni seguono con attenzione l’evoluzione delle medie imprese, veri
driver dello sviluppo. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che nel Nord ogni media
impresa (fra i 50 e i 250 dipendenti) ha rapporti con circa 250 aziende subfornitrici. Che
il prodotto da questa realizzato è per l’80% attuato dalle loro imprese partner. Ma noi
riconosciamo e rappresentiamo solo quello finale. Sappiamo chi è l’attore protagonista,
ma non conosciamo i molti attori non protagonisti. Non accettiamo l’idea che se non
abbiamo grandi imprese, possediamo invece molte imprese a rete, un ordito di aziende
che tutte concorrono alla realizzazione di un medesimo prodotto. Ma, come l’esperienza
dimostra, si può essere grandi imprese senza essere grosse.
Escludendo le imprese individuali e quelle con 1 solo occupato, le piccole e
piccolissime aziende in Italia con un numero di addetti compreso fra i 2 e i 49
assommano, secondo l’Istat, a poco oltre 1.860.000 unità, con più di 9.250.000
occupati. Da sole costituiscono il 41,5% di tutte le imprese, assorbono il 52,6% del
complesso dei lavoratori. Se concentriamo la nostra osservazione su quelle operanti nel
manifatturiero e nelle costruzioni (sempre 2-49 addetti) superiamo la soglia delle
611.000 unità e occupano oltre 3.800.000 persone (il 57,6% di tutti gli addetti delle
imprese di queste dimensioni). Nel 2001, questo stesso comparto d’imprese annoverava
circa 800.000 unità e occupava oltre 3.600.000 lavoratori (il 44% di tutti gli addetti
delle medesime dimensioni). In altri termini, è avvenuto un processo di selezione e di
addensamento delle imprese. Senza perdere occupati, anzi aumentandoli. Quindi, le
piccole e piccolissime imprese sono diventate un po’ più grandi1. La loro presenza è in
larga prevalenza concentrata nel Nord dell’Italia (47,3%), una misura quasi doppia
rispetto al Centro (24,6%) e al Mezzogiorno (28,0%)2. Solo questi scarni numeri
raccontano di una “centralità marginale” di cui godono le piccole e piccolissime imprese

1
Si veda gli esiti dell’analoga ricerca condotta nel 2006: D. Marini (a cura di), Un fenomeno di normalità.
Le piccole e piccolissime imprese del manifatturiero, Venezia, Marsilio, 2007.
2
Nel 2001 la divisione territoriale era la seguente: al Nord il 45,7%, al Centro il 30,7%, nel Mezzogiorno
il 23,6%. Il Centro Italia, dunque, ha conosciuto un’emorragia di piccole imprese manifatturiere, a favore
del Nord e del Mezzogiorno.

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nel nostro Paese sotto il profilo della considerazione sociale e dell’attenzione. Sono
centrali oggettivamente, per i loro numeri, ma marginali nella considerazione sociale e
politica. Il fenomeno della piccola impresa rischia, da un lato, di continuare a essere
osservato dall’esterno (dalla politica, dagli studiosi, dall’opinione pubblica) con i criteri
del passato. E, dall’altro, di non riuscire a rappresentarsi dall’interno (dagli stessi
imprenditori) in modo coerente con le metamorfosi che sperimentano. Le piccole
imprese costituiscono un veicolo di mobilità sociale e professionale: fra i titolari di
queste aziende italiane ben il 53,3% proviene dalle file dei lavoratori dipendenti.
Rappresentano un humus imprenditoriale relativamente giovane (il 20,8% ha meno di
39 anni, il 28,1% è fra i 40 e i 49 anni), non è marginale la componente femminile (il
19,3% dei titolari è donna). E la metà (49,1%) porta in tasca almeno un diploma di
istruzione superiore o una laurea. Questo è il profilo che emerge dalla ricerca nazionale
sulle piccole e piccolissime imprese in Italia del manifatturiero e delle costruzioni (2-49
dipendenti), realizzata dalla Fondazione Nord Est e promossa da Veneto Banca
Holding, di cui in queste pagine vengono illustrati i risultati salienti.
Si tratta di imprese che in prevalenza hanno rapporti produttivi con altre loro colleghe
(55,6%), più che verso i privati (36,3%) o la Pubblica Amministrazione (8,1%). Il loro è
un mercato domestico (il 77,1% vende prevalentemente nella propria regione), ma il
loro fatturato proviene da un insieme vasto di committenti (per il 52,0% la grande
prevalenza del fatturato deriva da un parco clienti superiore al 50%). Dunque, sono
inserite in una rete fitta di relazioni commerciali e produttive. Il loro fatturato per lo più
non supera i 500mila € (65,6%). Ciò nonostante, una quota non esigua è in grado di
rapportarsi con i mercati esteri: il 15,3% ha relazioni con i paesi europei o extraeuropei.
Va da sé che più aumenta la dimensione, maggiore è l’esposizione verso l’estero (42,4%
per quelle fra i 20 e i 49 dipendenti). Tuttavia appare significativo osservare come il
4,1% di chi ha solo 2 addetti sia in grado di esportare una fetta della sua produzione. In
parte, ciò è legato alla capacità di mobilitazione individuale. In altra parte, è frutto delle
molteplici relazioni che esse sviluppano con le sorelle più grandi (le medie, i distretti e
le filiere produttive) che si sono internazionalizzate. Coinvolgendo le più piccole,
appunto, in questi processi.
Orientamento alla mobilitazione individuale e internazionalizzazione costituiscono due
aspetti paradossali, costituiscono un pregio e un limite allo sviluppo delle piccole
imprese. La maggioranza (63,2%) ritiene che la possibilità di rimanere competitive sui
mercati internazionali passi attraverso la necessità di aggregarsi con altre (consorzi,
fusioni, acquisizioni). Ma, allo stesso tempo, il 48,7% non intravede nella piccola
dimensione un elemento di freno all’internazionalizzazione (soprattutto fra le micro),
che è vissuta in generale come un rischio (67,3%) piuttosto che un’opportunità (32,7%).
Questa contrapposizione rappresenta una prima linea di tensione. S’intuisce che la sfida
dei competitori internazionali richiede una maggiore strutturazione dell’azienda, ma la
propensione culturale individualistica costituisce ancora un freno. In assenza di modelli
univoci, le buone pratiche evidenziano come la piccola dimensione coniugata con forme
di aggregazione e alleanze con altre imprese, meglio se specializzate in mercati di
nicchia e in filiere internazionalizzate, possa rappresentare oggi una soluzione plausibile
al mantenere posizioni competitive sui mercati.
Nonostante gli annunci, la crisi però non è passata. E la ripresa, nei fatti, ancora non
s’intravede. Nell’anno in corso, le piccole imprese hanno conosciuto cali significativi
nella produzione (-59,4%), nel fatturato (-61,0%), negli ordinativi (-60,1%).
L’occupazione (-24,0%) è quella che ha risentito in misura inferiore dei contraccolpi,

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anche perché le stesse imprese hanno fatto di tutto per trattenere il proprio capitale
umano, già contenuto. La prospettiva per i prossimi 3 mesi non è sicuramente rosea. La
crisi fa sentire ancora i suoi morsi, sebbene la caduta sembri essere attenuata e qualche
timido spiraglio faccia capolino. I saldi di opinione in prospettiva migliorano
sensibilmente, ma portano ancora tutti un pesante segno meno davanti. Soprattutto, il
miglioramento non sembra coinvolgere l’occupazione. Complice anche l’incertezza sul
futuro che aleggia in modo pesante. Un piccolo imprenditore su tre ritiene che la crisi si
avvertirà ancora nei primi mesi del 2010 (35,9%) e altrettanti archiviano già tutto il
prossimo anno all’insegna delle difficoltà (35,7%). E con una selezione pesante fra le
imprese non competitive (88,2%). Ed è preoccupante osservare che la crisi è avvertita di
gran lunga in misura maggiore dalle imprese che hanno rapporti produttivi con altre loro
colleghe, ben di più rispetto a quelle che si rivolgono direttamente ai privati. In altri
termini, le piccole imprese segnalano che gli effetti della crisi globale si stanno
scaricando all’interno del sistema produttivo, nella struttura delle relazioni delle reti più
che nei confronti dell’esterno, verso i clienti privati.
A questo aspetto strutturale della crisi, si sommano altre due questioni problematiche: il
rapporto con il credito e quello con la burocrazia.
Nel primo caso, un quarto (28,7%) fra le piccole imprese segnala un peggioramento
della propria relazione con gli istituti bancari, mentre la maggioranza (65,9%) dichiara
che esso è rimasto sostanzialmente inalterato. Il disagio di cui si è molto discusso in
questi mesi, dunque, coinvolge sì una quota minoritaria, ma essa appare decisamente
non marginale. E appare particolarmente concentrato nei settori già in difficoltà (come il
tessile, a esempio) e soprattutto proprio fra le aziende di dimensione più contenuta. Una
porzione analoga (27,2%) si è rivolta alle banche negli ultimi mesi per richiedere nuovi
affidamenti e, fra queste, a oltre un terzo (35,1%) non è stato concesso. Il confronto con
le imprese di più grandi dimensioni (oltre i 10 dipendenti, il 35,4%)3 mette in luce come
le piccole e piccolissime aziende si siano rivolte in misura minore agli istituti di credito
per nuovi affidamenti. Ciò avviene, da un lato, per le minori necessità finanziarie delle
piccole, dall’altro, perché plausibilmente il ruolo della famiglia imprenditoriale quale
ammortizzatore finanziario permette loro di evitare di ricorrere a terzi per ulteriori
finanziamenti. Dunque, il rapporto banche-impresa, al di là, delle dichiarazioni e delle
discussioni concitate di questi mesi, richiede una più attenta valutazione. Non è
sicuramente la maggioranza del sistema produttivo a essere coinvolto dal cosiddetto
credit crunch, ma nello stesso tempo una platea cospicua è finita nelle maglie della
selezione operata dagli istituti finanziari. In secondo luogo, fra chi è rimasto impigliato
nella rete del setaccio, sicuramente vi sono imprese che già in precedenza versavano in
situazioni problematiche, ma probabilmente si trovano altre che in questi anni si sono
indebitate per avviare processi di trasformazione e innovazione e che, a fronte della crisi
finanziaria internazionale e della caduta delle commesse, potrebbero vedersi bloccate e
abbandonate in mezzo al guado della loro modernizzazione. In questo senso, la crisi
potrebbe paradossalmente anche non operare una selezione meritocratica, aiutando le
più meritevoli.
Il rapporto con la Pubblica Amministrazione costituisce l’altro aspetto problematico.
Com’è facile attendersi, la valutazione complessiva del rapporto con la burocrazia e la
Pubblica Amministrazione sono largamente negative, nei confronti dei diversi enti con i
quali le imprese devono confrontarsi. Oltre un terzo (38,2%) deve destinare almeno
3
G. Toschi, Prima la cassa, poi gli investimenti, in D. Marini (a cura di), L’Italia delle imprese. Rapporto
2009, Quaderni FNE, Collana ricerche n. 55, Treviso, Fondazione Nord Est, 2009.

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mezza giornata di lavoro alla settimana per seguire le pratiche burocratiche. Il 29,3%
arriva a una giornata intera. Più di quattro quinti (84% circa) fra gli interpellati ritiene
che i tempi per seguire le pratiche, il numero dei documenti da produrre e i tempi di
attesa per ottenere autorizzazioni in realtà non siano diminuiti negli ultimi 3 anni. Se
consideriamo che si tratta di piccole e piccolissime imprese, dove spesso non vi sono
persone espressamente dedicate a seguire tali pratiche, possiamo comprendere come la
relazione con la Pubblica Amministrazione sia vissuta con pesantezza e difficoltà. Se a
tutto ciò aggiungiamo che, fra quante lavorano con la P.A., ben il 55,9% si è visto
allungare i termini di pagamento delle loro prestazioni nell’ultimo anno, è facile intuire
come la semplificazione delle procedure da assolvere e la riduzione dei tempi di attesa
per la conclusione delle pratiche e dei pagamenti costituiscano la strategia privilegiata
da perseguire per migliorare il rapporto fra imprese e Pubblica Amministrazione.
Le piccole e piccolissime imprese rappresentano il paradigma delle sfide e delle
opportunità per il nostro Paese, in particolare ora che stiamo attraversando una crisi
strutturale, almeno sotto tre profili. Il primo è quello delle politiche industriali e fiscali,
per sostenere e sollevare le imprese in uno sforzo ineludibile di trasformazione, di
aumento della propria competitività. Ma che serve, nel contempo, allo stesso Stato per
un proprio processo di modernizzazione, semplificazione e di riforma complessiva. Il
secondo profilo è relativo alla struttura produttiva: l’impegno delle imprese deve andare
verso una maggiore capitalizzazione e strutturazione delle stesse, nella direzione di una
maggiore disponibilità a realizzare alleanze e aggregazioni per affrontare le sfide della
competizione internazionale. Infine, ma non per importanza, il profilo culturale:
affermare il valore dell’intraprendere, il valore sociale dell’impresa e il suo rapporto con
la società, il riconoscere ed evidenziare le eccellenze, costituisce il modo per attribuire
quella centralità – oggi negata – che si guadagnano quotidianamente sui mercati.

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LE PICCOLE E PICCOLISSIME IMPRESE MANIFATTURIERE IN ITALIA:
IL PROFILO GENERALE

Davide Girardi

In gran parte operanti nelle costruzioni e nella meccanica, orientate ad un mercato


prevalentemente regionale e con un numero di addetti che, per quattro aziende su
cinque, non supera le nove persone. E’ la fotografia scattata dall’indagine della
Fondazione Nord Est sulle piccole e piccolissime imprese manifatturiere in Italia,
promossa da Veneto Banca.

Tab. 1 - La Sua attività/impresa in quale settore opera? (val. % per macroarea)


Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole Totale
Alimentari 6,1 6,3 8,0 14,3 8,7
Tessile 8,4 9,8 18,8 7,2 11,0
Legno 3,5 6,3 3,6 4,9 4,3
Meccanica 30,3 23,6 21,0 18,1 23,8
Altre manifatture 15,6 17,2 14,5 14,7 15,4
Costruzioni 36,1 36,8 34,1 40,8 36,8
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

La loro composizione settoriale vede prevalere le aziende attive nel settore edile
(36,8%), mentre il 23,8% di esse rientra nel comparto della meccanica. I settori tessile
(11,0%), alimentari (8,7%) e legno (4,3%) attestano un’incidenza inferiore, con un
15,4% di aziende appartenente agli altri settori manifatturieri. L’alimentare e le
costruzioni trovano più spazio nel Sud e nelle Isole, rispettivamente con il 14,3% ed il
40,8%. A Nord Ovest, invece, si distingue il dato della meccanica (30,3%), così come il
tessile nel Centro: il valore di quest’ultimo è di oltre sette punti percentuali (18,8%)
superiore alla media (11,0%).
Aziende di piccole dimensioni, si diceva innanzi: se l’80,1% di esse non ha più di nove
addetti, il Sud e le Isole testimoniano una diversa fisionomia per le aziende della classe
dimensionale inferiore (fino a due addetti): il 38%, contro un dato medio nazionale del
32,1%. La distribuzione territoriale delle altre classi dimensionali (3-9 addetti e 10-49
addetti) è altresì più omogenea.

Tab. 2 – Le imprese per numero di addetti (val. %)


2 addetti 32,1
3-9 addetti 48,0
10-49 addetti 19,9
Totale 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Il raggio di azione sul mercato delle piccole e piccolissime imprese manifatturiere si


rivela abbastanza limitato: la regione di appartenenza è l’orizzonte prevalente di vendita
per il 77,0% di esse; il 12,1% è la quota di aziende che vende nel mercato regionale non
più del 50% di quanto prodotto; poco più di un’azienda su dieci (10,9%) punta in via

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esclusiva all’export fuori regione (nei mercati italiano, europeo ed extraeuropeo). La
minore propensione all’export (83,2% di aziende che vende prevalentemente in regione)
si registra a Nord Ovest, con differenze di poco conto tra le altre macroaree territoriali.

Tab. 3 - Distribuzione del fatturato (val. %)


Non vende in Vende in regione Vende Totale
regione almeno in parte prevalentemente
(10%-50%) in regione
Tutti 10,9 12,1 77,0 100,0
Macroarea
Nord Ovest 8,4 8,4 83,2 100,0
Nord Est 11,8 14,8 73,4 100,0
Centro 11,3 15,7 73,0 100,0
Sud e Isole 13,2 11,6 75,2 100,0
Dimensione
2 addetti 7,3 5,1 87,6 100,0
3-9 addetti 9,1 12,5 78,4 100,0
10-49 addetti 21,4 22,4 56,2 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

La classe dimensionale, nondimeno, gioca un ruolo non secondario ai fini


dell’estensione delle reti di vendita: tra le aziende che vendono solamente fuori regione,
il 21,4% rientra nella classe 10-49 addetti; specularmente, quelle che non vendono
“oltreconfine” (regionale) sono imprese con due addetti al massimo (87,6%), un valore
di oltre dieci punti superiore a quello di aziende tra i tre e i nove addetti (78,4%) e di
oltre trenta punti al valore di quelle dai 10 ai 49 addetti (56,2%).
A chi si rivolgono i beni e i servizi prodotti dalle piccole e piccolissime imprese
manifatturiere italiane? Se quelle che vendono solo ad altre aziende si distribuiscono in
percentuali comprese tra il 39,9% ed il 46,4% tra il Nord ed il Centro del Paese, latitano
al Sud e nelle Isole: solo il 18,2%.
Il meridione si distingue per le vendite alla pubblica amministrazione: le aziende che
destinano ad essa una quota di beni e servizi compresa tra il 10 ed il 30% sono quasi tre
su dieci al Sud e nelle Isole (28,9%); da una a due nel Nord e nel Centro del Paese. Il
quadro generale restituisce, per converso, un profilo netto: le aziende che non vendono
beni o servizi alla pubblica amministrazione, infatti, sono assolutamente preponderanti;
dal 71,1% di quelle del Sud e delle Isole all’86,1% di quelle del Nord Ovest.
Le vendite ai privati riguardano poi quattro aziende su dieci a Nord Est (45,7%) e al
Centro (46,5%), cinque su dieci nel Nord Ovest (51,0%), meno di due su tre (27,9%)
nel Sud e nelle Isole.
Il fatturato delle piccole e piccolissime imprese manifatturiere italiane è coerente con le
dimensioni aziendali: in un contesto nazionale di almeno sei aziende su dieci con un
fatturato non superiore ai 500.000 euro, quelle da oltre un milione di euro si collocano
più nel Nord Est (22,2%) rispetto al Nord Ovest (19,1%), al Centro (19,0%) e al
Sud/Isole (14,0%).

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Tab. 4 - In che percentuale i beni e/o i servizi prodotti dalla Sua impresa sono
rivolti a… (val. % per macroarea)
Nord Nord Sud e
Centro Totale
Ovest Est Isole
Imprese
Non vende ad imprese 16,0 22,5 21,1 38,7 24,1
Dal 10% al 30% 13,9 12,1 14,5 16,5 14,4
Dal 40% al 60% 10,7 11,0 10,9 18,0 12,7
Dal 70% al 90% 13,0 14,5 10,2 8,6 11,4
Vende solo ad imprese 46,4 39,9 43,3 18,2 37,4
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Pubblica Amministrazione
Non vende alla pubblica amministrazione 86,1 79,7 83,3 71,1 80,5
Vende alla pubblica amministrazione
13,9 20,3 16,7 28,9 19,5
almeno in parte (10%-30%)
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Privati
Non vende a privati 51,0 45,7 46,5 27,9 43,2
Dal 10% al 30% 15,1 17,9 12,7 15,1 14,9
Dal 40% al 60% 11,0 12,1 9,2 18,5 12,6
Dal 70% al 90% 11,6 4,6 14,5 14,0 11,8
Vende solo a privati 11,3 19,7 17,1 24,5 17,5
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Tab. 5 - In base all’ultimo bilancio approvato, qual è il fatturato della sua


impresa? (val. %)
Fino a 500.000 Da 500.000 Oltre un Totale
euro euro ad 1 milione di euro
milione di euro
Tutti 65,5 16,2 18,3 100,0
Macroarea
Nord Ovest 61,7 19,2 19,1 100,0
Nord Est 62,8 15,0 22,2 100,0
Centro 65,5 15,5 19,0 100,0
Sud e Isole 72,4 13,6 14,0 100,0
Dimensione
2 addetti 93,9 2,8 3,3 100,0
3-9 addetti 66,2 24,0 9,8 100,0
10-49 addetti 16,4 19,0 64,6 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Analogamente a quanto sottolineato per le reti di vendita, non stupisce che nove
imprese su dieci tra quelle con un numero di addetti non superiore ai due rientri tra
quelle con 500.000 euro di fatturato massimo e che sei su dieci di quelle tra i 10 ed i 49
addetti presentino un fatturato superiore al milione di euro.
Quest’ultimo è tendenzialmente distribuito tra un numero considerevole di clienti: per
oltre la metà delle imprese sondate (52,0%), i quattro quinti del fatturato derivano da più

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del 50% dei clienti. Il dato indica, in altri termini, una buona diversificazione del
portafoglio complessivo.

Tab. 6 - La parte prevalente del Suo fatturato (circa 80%) da quale quota dei suoi
clienti è determinata? (val. %)
Meno del Dal 10% Dal 30% Più
10% dei al 30% dei al 50% dei del 50% Totale
clienti clienti clienti dei clienti
Tutti 16,0 15,0 17,0 52,0 100,0
Macroarea
Nord Ovest 13,9 18,5 18,5 49,1 100,0
Nord Est 16,9 14,4 16,2 52,5 100,0
Centro 17,2 18,4 13,2 51,2 100,0
Sud e Isole 16,7 8,0 19,5 55,8 100,0
Dimensione
2 addetti 14,0 14,6 12,5 58,9 100,0
3-9 addetti 17,5 12,7 18,8 51,0 100,0
10-49 addetti 16,0 21,0 20,0 43,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Se si incrocia la dipendenza dai clienti delle piccole e piccolissime imprese con le


tipologie di questi ultimi, si rileva come questa sia attribuibile soprattutto alle imprese
che vendono solo ad altre imprese: tra quelle per cui i quattro quinti del fatturato sono
prodotti da meno di un cliente su dieci, il 60% vende esclusivamente ad altre aziende.
I clienti, per altro verso, denotano caratteristiche dimensionali poco polarizzate: quelli
che rappresentano l’80% del fatturato sono per il 35,2% di piccolissima dimensione (da
uno a nove addetti), per il 35,3% di piccola dimensione (dai 10 ai 49 addetti) e per il
29,5% di dimensione media o grande (oltre i 50 addetti).

Tab. 7 - I clienti che rappresentano l’80% del Suo fatturato mediamente quale
dimensione hanno? (val. %)
Piccolissima Piccola Media/grande
dimensione dimensione dimensione Totale
(1-9 addetti) (10-49 addetti) (oltre 50 addetti)
Tutti 35,2 35,3 29,5 100,0
Macroarea
Nord Ovest 29,3 37,8 32,9 100,0
Nord Est 31,6 41,8 26,6 100,0
Centro 28,5 41,4 30,1 100,0
Sud e Isole 53,0 20,9 26,1 100,0
Dimensione
2 addetti 55,2 28,1 16,7 100,0
3-9 addetti 30,0 37,7 32,3 100,0
10-49 addetti 18,5 40,5 41,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Sono ancora una volta il Sud e le Isole ad attestare una dinamica differente: per oltre
cinque aziende su dieci (53,0%) i quattro quinti del fatturato sono rappresentati da
clienti di piccolissima dimensione (contro le tre su dieci per le altre macroaree

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territoriali) e per due aziende su dieci (20,9%) da clienti di piccola dimensione (contro
le quattro aziende su dieci nel Nord e nel Centro). L’andamento per classe dimensionale
è, intuitivamente, simmetrico: il 41,0% delle aziende dai 10 ai 49 addetti presenta i
clienti di maggiori dimensioni, il 55,2% delle aziende con non più di due addetti è
concentrato tra quelle che possiedono una clientela di piccolissime dimensioni (da uno a
nove addetti).
A fronte dei dati aziendali fino ad ora analizzati, quali sono infine i tratti dei titolari
d’impresa delle piccole e piccolissime imprese manifatturiere italiane?
Per la quasi totalità uomini (otto su dieci), in un caso su due con un’età inferiore ai 50
anni, con un diploma nel 41,6% dei casi (il 7,5% possiede il titolo di laurea).
L’incidenza dei diplomati (57,7%) è naturalmente maggiore tra i più giovani (fino ai 39
anni), e così quella dei laureati (18,6%).

Tab. 8 - Le caratteristiche degli imprenditori (val. %)


Genere
Uomo 80,7
Donna 19,3
Totale 100,0
Titolo di studio
Nessun titolo 7,6
Licenza media 43,3
Diploma 41,6
Laurea 7,5
Totale 100,0
Percorso professionale
Lavoratore dipendente 53,3
Lavoratore autonomo 10,0
Ho sempre fatto l’imprenditore 33,9
Altro 2,8
Totale 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

I titolari delle piccole e piccolissime imprese manifatturiere italiane presentano una


storia di mobilità occupazionale degna di nota: oltre la metà (53,3%) erano lavoratori
dipendenti prima di avviare un’attività d’azienda, seguiti da quanti anche in precedenza
erano imprenditori (33,9%) e da coloro che, prima d’essere tali, svolgevano un’attività
autonoma (il 10%). Tra i primi, la quota più elevata si riscontra tra i piccoli e
piccolissimi imprenditori del Nord Est (58,4%), con un margine invero esiguo rispetto a
quelli del Nord Ovest (57,8%) e del Centro (55,8%), ma più marcato nei confronti degli
imprenditori del Sud e delle Isole (quattro su dieci).

Tab. 9 - Prima di essere imprenditore Lei era? (val. % per macroarea)


Nord Sud e
Nord Est Centro Totale
Ovest Isole
Lavoratore dipendente 57,8 58,4 55,8 41,5 53,3
Lavoratore autonomo 6,9 12,1 6,9 15,8 10,0
Ho sempre fatto l’imprenditore 32,7 25,4 35,4 39,2 33,9
Altro 2,6 4,1 1,9 3,5 2,8
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Fondazione Nord Est - 11


L’incidenza dei titolari d’azienda con un’attività di lavoro dipendente alle spalle è
inversamente proporzionale all’età e al titolo di studio: il 75,9% tra quanti non hanno
alcun titolo di studio, il 65,5% tra i titolari della licenza media, il 38,4% tra i diplomati
ed il 41,0% tra i laureati. Tra quelli che, al contrario, anche in precedenza svolgevano
un’attività imprenditoriale cinque su dieci possiedono un diploma e tre su dieci una
laurea. Sono le aziende con due addetti al massimo a raccogliere la percentuale
maggiore degli imprenditori che in precedenza svolgevano un’attività dipendente; sei su
dieci. Sono poi quasi quattro su dieci, tra i titolari di aziende dai tre ai nove addetti
(37%) e dai 10 ai 49 addetti (39,9%), gli imprenditori provenienti da un precedente
percorso d’impresa.

Fondazione Nord Est - 12


LA CONGIUNTURA: I PRIMI NOVE MESI DEL 2009 E LE PROSPETTIVE A
BREVE TERMINE

Silvia Oliva

Nei primi nove mesi del 2009 le piccole e piccolissime imprese italiane dell’industria e
delle costruzioni hanno subito una diffusa flessione delle performance aziendali. Sette
imprese su dieci lamentano, infatti, una flessione della produzione, fatturato e ordini.
Tra queste, quattro segnalano un forte decremento dei parametri considerati.
A fronte di una così generalizzata contrazione, si registra una quota sotto il 10% di
aziende che, invece, nello stesso periodo hanno registrato una crescita.

Tab. 1 - Può indicare l'andamento dei seguenti parametri aziendali nel periodo
gennaio-settembre 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008? (val. % al netto delle
NR)
In forte In leggera In leggera In forte Saldi di
Stabile
crescita crescita flessione flessione opinione
Produzione 1,4 8,5 20,8 26,2 43,1 -59,4
Fatturato 1,3 9,2 18,0 29,6 41,9 -61,0
Ordini 0,7 8,0 22,5 29,7 39,1 -60,1
Vendite estero 0,5 2,5 76,5 4,7 15,8 -17,5
Occupazione 0,4 5,0 65,2 18,2 11,2 -24,0
Scorte di
2,0 5,8 61,5 16,1 14,6 -22,9
magazzino
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Nello specifico, la produzione è diminuita per il 69,3% delle piccole e piccolissime


imprese, il fatturato per il 71,5% e gli ordini per il 68,8%.
Il dato sulle vendite all’estero, che presenta una quota di stabilità pari al 76,5%, deve
essere letto contestualmente alla scarsa esposizione delle imprese intervistate sui
mercati esteri. Si tratta, infatti, di aziende strettamente legate al mercato locale che in
misura marginale collocano direttamente i propri prodotti fuori dal contesto nazionale.
Per quanto riguarda le scorte di magazzino, il 61,5% dichiara che tra gennaio e
settembre il loro livello si è mantenuto stabile, il 30,7% indica una diminuzione e il
7,8% una crescita.
In questo contesto di forte flessione, prevale largamente la quota di chi ha mantenuto
stabile l’occupazione (65,2%), anche in ragione del fatto che la ridotta dimensione delle
imprese rende difficile un ulteriore decurtamento delle risorse umane disponibili. La
quota di attività che ha ridotto gli organici è pari al 29,4%, mentre il 5,4% l’ha
incrementata.
La lettura dei saldi di opinione, ovvero l’indice che misura la differenza tra le
indicazioni di crescita e quelle di flessione, permette di cogliere le differenze di
andamento in base ad alcuni parametri: area geografica, dimensione, settore, clientela
principale.
L’analisi per area geografica evidenzia pochi scostamenti, segno che la crisi sta
colpendo tutto il territorio nazionale. Tuttavia, si può osservare come a Nord Ovest
siano generalmente più negativi i saldi di opinione in ragione di una quota maggiore di

Fondazione Nord Est - 13


indicazione di flessione, rispetto alle altre realtà territoriali. Ad esempio, il fatturato è
indicato in calo dall’80% degli imprenditori di quest’area a fronte del 65,5% registrato
nel Nord Est.

Graf. 1 - Può indicare l'andamento dei seguenti parametri aziendali nel periodo
gennaio-settembre 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008? (saldi di opinione)
-90 -80 -70 -60 -50 -40 -30 -20 -10 0

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

2 addetti

3-9 addetti

10-49 addetti

Tessile

Meccanica

Costruzioni

Altro manifatturiero

Produzione Fatturato Ordini Occupazione


Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Rispetto alla classe dimensionale, a soffrire di più nei primi nove mesi del 2009
sembrano essere le piccolissime (2 addetti) e quelle più “grandi” (10-49 addetti).
Viceversa, pur presentando saldi di opinione negativi, la classe 3-9 addetti mostra una
performance meno critica, con indicazioni di flessione mediamente intorno al 65,5%, a
fronte delle altre imprese che presentano valori prossimi al 74%. Queste dinamiche
comportano per le classi estreme saldi sintetici di dieci punti percentuali superiori
rispetto alla classe centrale.
Peggiora al crescere della dimensione il dato relativo all’occupazione. Infatti, le imprese
sopra i 10 addetti mostrano una quota più elevata di riduzioni delle risorse umane:
37,9%, rispetto al 29,4% medio e al 25,8% delle microimprese.

Fondazione Nord Est - 14


Dal punto di vista settoriale, le performance più critiche si registrano nella meccanica e
nel tessile, comparti che più degli altri sono legati all’andamento del commercio
internazionale, particolarmente debole nella prima parte dell’anno.
I saldi di opinione sono superiori ai -70 punti percentuali esclusivamente nella
meccanica, in ragione di indicazioni di flessione pari al 78,3% per produzione, 83,7%
fatturato e 76,6% per quanto riguarda gli ordini. Anche per l’occupazione il saldo della
meccanica segna il risultato peggiore (-33,2 punti percentuali), con il 35,7% delle
imprese che dichiarano di aver ridotto gli organici.
Infine, appare molto rilevante lo scostamento registrato nelle performance tra le aziende
che rivolgono i propri prodotti esclusivamente o prevalentemente alle imprese e quelle
che, invece, non realizzano o realizzano solo in parte vendite business to business. Le
prime, infatti, registrano saldi di opinione anche di trenta punti inferiori alle seconde, a
causa di indicazioni di flessione particolarmente elevate. Nello specifico, le piccole e
piccolissime che vendono prevalentemente alle imprese segnala nell’81,1% dei casi una
flessione della produzione, nell’80,9% del fatturato e nel 80,0% degli ordini. Anche per
l’occupazione il dato di riduzione appare più elevato che per la parte rimanente del
campione: 39,4% rispetto al 19,7%.

Tab. 2 - Può indicare l'andamento dei seguenti parametri aziendali nel periodo
gennaio-settembre 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008? (saldi di opinione)
Produzione Fatturato Ordini Occupazione
Vende prevalentemente o esclusivamente
-74,7 -74,7 -73,5 -37,2
alle imprese
Non vende o vende marginalmente alle
-44,8 -47,6 -47,4 -11,3
imprese
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Le prospettive di breve termine, a tre mesi, mettono in luce il fatto che la crisi non è
finita ma, almeno nelle attese dei piccoli/piccolissimi imprenditori, attenuata nella sua
diffusione. Infatti, i dati sulle aspettative presentano saldi di opinione che, seppur ancora
negativi, risultano migliori di quelli rilevati a consuntivo. Tuttavia, per produzione,
fatturato e ordini almeno il 40% delle imprese indica una nuova diminuzione per il
trimestre in corso, cui si aggiunge un ulteriore 40% che prospetta un andamento di
stabilità e, quindi, non certo positivo. Tuttavia, appare necessario sottolineare come
aumentino contestualmente le indicazioni di una possibile crescita nei prossimi mesi:
19,8% per la produzione, 16,4% per il fatturato e 19,4% per gli ordini.

Tab. 3 - Può indicare quale andamento prevede per i seguenti parametri aziendali
nei prossimi tre mesi? (val. % al netto delle NR)
In In In In Saldi
forte leggera Stabile leggera forte di
crescita crescita flessione flessione opinione
Produzione 1,3 18,5 39,2 21,6 19,4 -21,2
Fatturato 0,7 15,7 40,4 21,7 21,5 -26,8
Ordini 0,9 18,5 38,9 20,2 21,5 -22,3
Vendite estero 0,3 3,0 80,3 4,8 11,6 -13,1
Occupazione 0,4 4,1 76,9 9,0 9,6 -14,1
Scorte di magazzino 0,2 8,5 67,4 14,0 9,9 -15,2
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Fondazione Nord Est - 15


Dal punto di vista occupazionale il dato prevalente (76,9%) è di una prospettiva di
stabilità degli organici, a riprova che questo particolare ambito industriale difficilmente
può progettare una riduzione delle risorse umane utilizzate.
Anche per le aspettative, utilizzando i saldi di opinione, è possibile dare una mappa
delle aziende più o meno ottimiste per il prossimo futuro in base all’area geografica di
riferimento, agli addetti, al settore e alla clientela principale.
In base alla macroregione, il Nord Ovest rimane il territorio che prospetta maggiori
criticità nelle attese per il prossimo trimestre, seguito dal Nord Est. Per entrambe le
aree, l’elemento per il quale prevale maggiormente il pessimismo è la ripresa del
fatturato: a Nord Ovest, infatti, è atteso in flessione dal 52,2% (stabile dal 34,3%) e a
Nord Est dal 45,4% (39,8%). Pesantemente negative anche le prospettive per la
produzione: 46,4% a Nord Ovest, 42,5% a Nord Est.

Graf. 2 - Può indicare quale andamento prevede per i seguenti parametri aziendali
nei prossimi 3 mesi? (saldi di opinione)
-45 -40 -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0

Nord Ovest

Nord Est

Centro

Sud e Isole

2 addetti

3-9 addetti

10-49 addetti

Tessile

Meccanica

Costruzioni

Altro manifatturiero

Produzione Fatturato Ordini Occupazione

Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Per quanto riguarda la dimensione aziendale, non si registrano scostamenti


particolarmente rilevanti se non per quanto riguarda il dato sulla produzione che nelle

Fondazione Nord Est - 16


classi estreme presenta saldi di opinione inferiori di dieci punti percentuali rispetto alla
classe intermedia (-16,4).
L’analisi per settore mette in luce come i due settori che a consuntivo hanno registrato
le maggiori difficoltà, siano oggi quelli più pessimisti sulle aspettative per il prossimo
trimestre. Il tessile e la meccanica, infatti, presentano saldi di opinione peggiori rispetto
sia alle costruzioni che agli altri comparti del manifatturiero. In particolare, nella
meccanica ad attendersi una riduzione ulteriore della produzione, del fatturato e degli
ordini è almeno il 45% del campione. Nel tessile, almeno il 42,5%. Inoltre, per questi
due ambiti rimane molto limitata la quota di chi si attende una crescita dei parametri
considerati.
Stessa considerazione può essere avanzata in merito ai risultati per cliente prevalente o
esclusivo. Anche nelle prospettive il dato, così come a consuntivo, appare
maggiormente critico per le piccole e piccolissime imprese che realizzano
prevalentemente o esclusivamente operazioni di business to business.

Tab. 4 - Può indicare quale andamento prevede per i seguenti parametri aziendali
nei prossimi 3 mesi? (saldi di opinione)
Produzione Fatturato Ordini Occupazione
Vende prevalentemente o esclusivamente
-32,4 -37,2 -29,8 -19,3
alle imprese
Non vende o vende marginalmente alle
-11,2 -17,2 -15,3 -9,3
imprese
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Fondazione Nord Est - 17


GLI EFFETTI DELLA CRISI E LE STRATEGIE PER SUPERARLA

Silvia Oliva

Per più della metà del campione di imprese piccole e piccolissime italiane del
manifatturiero bisognerà attendere tutto il 2010 per avvertire i primi segnali di ripresa.
Infatti, il 21,3% del campione ritiene che la crisi durerà fino ai primi mesi del 2010 e un
ulteriore 35,9% ritiene che le tensioni si faranno sentire per tutto il prossimo anno.
Ancora meno ottimista il 35,7% di imprese che ritiene, invece, che la flessione avrà un
seguito oltre il 2010.

Tab. 1 - A Suo giudizio, quanto durerà ancora la crisi? (val. %)


Fino ai Per tutto il Oltre il Ci sono già Totale
primi mesi 2010 2010 segnali di
del 2010 inversione di
tendenza
Tutti 21,3 35,9 35,7 7,1 100,0
Macroarea
Nord Ovest 23,5 36,6 35,3 4,6 100,0
Nord Est 17,7 45,1 29,9 7,3 100,0
Centro 21,9 35,8 36,9 5,4 100,0
Sud e Isole 19,8 28,9 38,9 12,4 100,0
Dimensione
2 addetti 26,9 30,8 39,4 2,9 100,0
da 3 a 9 addetti 18,1 38,3 33,7 9,9 100,0
da 10 a 49 addetti 20,1 38,1 34,9 6,9 100,0
Settore
Tessile 10,2 47,2 38,9 3,7 100,0
Meccanica 21,3 36,6 31,7 10,4 100,0
Costruzioni 27,4 30,3 38,9 3,4 100,0
Altro 18,2 38,1 33,6 10,1 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Rispetto a questa aspettativa non emergono sostanziali differenze tra aree geografiche;
mentre si coglie un maggiore pessimismo tra le microimprese (2 addetti) che spostano
in misura maggiore l’orizzonte della ripresa oltre il 2010 e che solo nel 2,9% dei casi
vedono già segnali di inversione di tendenza, rispetto al 7,1% registrato per il campione
nel suo complesso.
Per quanto riguarda i settori è quello tessile a prevedere un periodo di flessione più
lungo. Mentre nella meccanica già un’impresa su dieci vede la ripresa, anche se qui
cresce la quota (47,2%) di chi prevede di dover attendere tutto il 2010 affinché la crisi si
arresti.
Se la fine della crisi appare molto distante, viceversa è nei mercati più vicini che le
piccole e piccolissime imprese si aspettano il motore della ripresa, come è coerente con
una tipologia di impresa molto legata al mercato locale. In particolare, la maggioranza
del campione (50,9%) individua nella ripresa della domanda interna la spinta

Fondazione Nord Est - 18


propulsiva, mentre il 24,0% sposta lo sguardo al mercato europeo. Il rimanente 25%
circa si divide tra chi ritiene che il motore sarà costituito dallo sviluppo di nuovi mercati
(11,6%), chi guarda al mercato statunitense (8,2%) e chi all’espansione dei paesi BRIC
(5,3%).
L’attenzione al mercato domestico è particolarmente forte tra le piccole e piccolissime
imprese dell’area Sud e Isole (62,3%), mentre Nord Est e Nord Ovest puntano sullo
sviluppo di nuovi mercati (rispettivamente 14,9 e 13,1%). Infine, il Centro si attende la
ripersa a partire dal mercato statunitense (13,5%) e da quelli emergenti del cosiddetto
BRIC (7,6%).
La classe dimensionale gioca un ruolo importante nel far individuare in un mercato
piuttosto che un altro il motore della ripresa. Come si può osservare dai dati, al crescere
della dimensione si allarga l’orizzonte spaziale verso cui si proiettano le aspettative
delle imprese. Infatti, tra quelle sotto i 10 addetti l’importanza della ripresa della
domanda interna assume un peso maggiore (tra il 52 e il 55,6%), mentre sopra questa
soglia cresce l’attenzione verso i mercati più lontani: mercato statunitense (13,4%) e
Brasile, Russia, India e Cina (8,0%).

Tab. 2 - Secondo Lei, il motore della ripresa nel suo settore sarà principalmente
(val. %)

L'espansione dei
La ripresa della

Lo sviluppo di

La ripresa del
nuovi mercati

statunitense
dell'Europa

paesi BRIC
La ripresa
domanda

mercato
interna

Totale
Tutti 50,9 24,0 11,6 8,2 5,3 100,0
Macroarea
Nord Ovest 49,4 24,1 13,1 6,7 6,7 100,0
Nord Est 46,0 23,0 14,9 11,2 4,9 100,0
Centro 43,8 26,7 8,4 13,5 7,6 100,0
Sud e Isole 62,3 21,8 11,1 3,2 1,6 100,0
Dimensione
2 addetti 55,6 23,8 10,6 5,5 4,5 100,0
da 3 a 9 addetti 52,1 22,4 13,0 7,7 4,8 100,0
da 10 a 49 addetti 40,3 27,9 10,4 13,4 8,0 100,0
Settore
Tessile 27,0 22,5 11,8 19,8 18,9 100,0
Meccanica 37,1 30,4 17,7 11,0 3,8 100,0
Costruzioni 63,3 23,1 9,7 1,7 2,2 100,0
Altro 55,7 20,6 8,8 9,6 5,3 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Per quanto attiene i settori prevale la necessità di una ripresa dell’Europa come motore
per una nuova crescita tra le imprese della meccanica (30,4%), mentre il tessile si
attende segnali dagli Stati Uniti (19,8%) e dai BRIC (18,9%). Questi dati trovano ampia
giustificazione nel forte legame commerciale che questi comparti economici hanno con

Fondazione Nord Est - 19


i diversi mercati segnalati. Viceversa, le costruzioni e le altre imprese del manifatturiero
indirizzano le proprie aspettative sulla ripresa della domanda interna.
La crisi, quindi, avrà ancora una durata molto lunga e, al contempo, ha già mostrato la
sua rilevante intensità. Per queste ragioni gli stessi imprenditori interpellati mostrano
una completa consapevolezza del fatto che questa fase critica avrà un impatto strutturale
forte sia nel sistema produttivo nel suo complesso, sia all’interno delle imprese stesse.
Infatti, l’88,2% ritiene che la crisi comporterà la chiusura delle imprese non
competitive, l’84,7% che non ci saranno dimensioni o settori risparmiati dalla scure
della crisi e l’81,0% che si determinerà una ridefinizione dei rapporti tra le imprese
nelle filiere, tema molto importante per la platea delle piccole e piccolissime imprese
che spesso lavorano come subfornitori/terzisti all’interno di filiere produttive.
Per quanto riguarda le imprese la prolungata recessione economica indurrà, secondo le
opinioni espresse dal campione, un’importante riorganizzazione interna (84,7%) e il
riposizionamento delle aziende sui mercati (83,7%), sia in termini di
internazionalizzazione, sia in termini di ricerca di nuove possibilità di business.

Tab. 3 - A Suo giudizio, nel suo settore questa crisi ha determinato o


determinerà… (% di sì)
Nord Nord Centro Sud Tutti
Ovest Est e Isole
La chiusura delle imprese non
88,6 88,9 84,7 91,0 88,2
competitive
Un’importante riorganizzazione
84,0 87,0 82,1 86,9 84,7
interna delle imprese
Sarà trasversale e coinvolgerà
90,0 82,8 79,9 83,3 84,6
imprese di tutte le dimensioni
Il riposizionamento delle imprese
84,8 85,3 83,3 81,4 83,7
sui mercati
Un ridefinizione dei rapporti tra
80,1 83,8 81,7 79,8 81,0
imprese nelle filiere
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Se queste sono le prospettive di medio/lungo periodo, nel breve termine le imprese sono
chiamate a dare una risposta immediata per affrontare da un lato, il rallentamento degli
ordini e dell’attività produttiva; dall’altro, la flessione del fatturato. Le strategie
approntate dalle piccole e piccolissime imprese sembrano muoversi soprattutto nella
direzione di un recupero di efficienza e di competitività. Infatti, il 76,9% indica di aver
predisposto azioni per la riduzione dei costi e il 66,3% di impegnarsi nell’introduzione
di nuove tecnologie e in innovazioni di processo. In seconda battuta, emerge la ricerca
di aumentare il proprio portafoglio ordini, sviluppando nuovi prodotti (60,4%) e
ricercando nuovi mercati (54,7%). Rimane sullo sfondo e riguarda la minoranza del
campione la questione della capitalizzazione delle imprese, richiamata come strategia
per uscire dalla crisi dal 44,8% del campione. Certamente l’attenzione delle imprese è
oggi più rivolta alle esigenze immediate, come il contenimento dei costi, ma appare
sempre più necessario che gli imprenditori affrontino con decisone questo tema.
A livello di area geografica è possibile cogliere alcune differenze interessanti: il Nord
Est, ad esempio, rispetto alle altre aree dà maggior spazio alle innovazioni tecnologiche
e di processo (69,8%) e allo sviluppo di nuovi prodotti (66,7%). Rimane molto alta,

Fondazione Nord Est - 20


invece, l’attenzione alla riduzione dei costi nel Centro (82,9%) e nel Sud e Isole
(80,5%), area in cui si lavora di più anche sulla creazione di nuovi prodotti (67,0%).
Per le microimprese (2 addetti) lo sforzo maggiore è quello di ridurre i costi (79,4%),
mentre le altre strategie vagliate sembrano essere meno alla portata di aziende di così
ridotte dimensioni, come dimostrano le percentuali registrate che sono sempre inferiori
al dato generale. Le attività tra i 3 e 9 addetti si muovono maggiormente
sull’innovazione tecnologica e di processo (71,3%) e sullo sviluppo di prodotti nuovi
(65,5%). Infine, quelle sopra i 10 addetti mostrano una maggiore propensione alla
ricerca di nuovi mercati (63,0%).
Tra i settori dell’industria in senso stretto (tessile, meccanica e altro) non si colgono
differenze molto rilevanti. Viceversa, le costruzioni si mostrano maggiormente
consapevoli del salto competitivo loro richiesto, puntando con maggiore decisone
sull’innovazione tecnologica e di processo (71,7%) e sulla capitalizzazione (51,6%).

Tab. 4 - Attualmente, quali sono le strategie su cui la Sua impresa deve puntare
per affrontare la crisi? (% di sì)
Riduzione Nuove Sviluppo Ricerca Capitaliz-
dei tecnologie / di nuovi di nuovi zazione
costi innovazione prodotti mercati impresa
di processo
Tutti 76,9 66,3 60,4 54,7 44,8
Macroarea
Nord Ovest 74,5 66,1 55,2 52,2 35,5
Nord Est 66,5 69,8 66,7 53,2 42,4
Centro 82,9 64,3 56,6 53,3 47,3
Sud e Isole 80,5 66,4 67,0 60,4 56,1
Dimensione
2 addetti 79,4 57,5 54,5 47,9 38,5
da 3 a 9 addetti 74,9 71,3 65,5 55,8 49,1
da 10 a 49 addetti 78,1 68,3 57,3 63,0 43,9
Settore
Tessile 76,9 52,2 55,9 55,9 37,5
Meccanica 78,4 62,3 60,4 54,8 40,2
Costruzioni 74,7 71,7 54,9 51,3 51,6
Altro 78,5 68,1 69,2 58,4 43,3
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

A conclusione della questione delle strategie da implementare per superare la crisi si è


scelto di interrogare il campione anche sulla migliore scelta da intraprendere da parte
delle piccole e medie imprese per affrontare il tema della capacità di rimanere
competitive, nonostante la ridotta dimensione.
In questa fase di crisi appare assolutamente marginale la scelta di cedere l’attività ad
altri, indicata come strategia privilegiata solo dal 4,1%. Viceversa, nelle risposte
raccolte appare forte la propensione a intraprendere azioni utili ad aumentare la massa
critica attraverso la formazione di consorzi (46,4%) o tramite fusioni (16,8%) o con
acquisizioni (3,1%). Nel complesso questa tensione all’aggregazione, più o meno
strutturata, raccoglie il 66,3% dei consensi e supera largamente la scelta di continuare
ad agire da soli (29,6%). Confrontando il dato raccolto tra le piccole e piccolissime del

Fondazione Nord Est - 21


manifatturiero italiano, con il risultato rilevato in un campione di imprese italiane sopra
i 10 addetti di tutti i settori produttivi si riscontrano scostamenti minimi, anche se le
prime mostrano maggior interesse per le aggregazioni, rispetto alle seconde (42,1%)4.

Tab. 5 - Secondo Lei, con quale strategia principale, le piccole e medie imprese
devono affrontare oggi il mercato per rimanere competitive? (val. %)
Continuare Formare Creare Acquisire Cedere Totale
ad agire consorzi fusioni nuove l’attività
da sole imprese
Tutti 29,6 46,4 16,8 3,1 4,1 100,0
Italia delle
31,6 42,1 16,7 5,9 3,7 100,0
Imprese*
Macroarea
Nord Ovest 33,8 45,2 13,7 1,9 5,4 100,0
Nord Est 31,4 43,6 17,3 1,3 6,4 100,0
Centro 34,0 42,1 16,8 4,6 2,5 100,0
Sud e Isole 19,5 53,7 19,9 4,6 2,3 100,0
Dimensione
2 addetti 26,6 47,2 15,0 4,0 7,2 100,0
da 3 a 9 addetti 31,7 47,2 16,4 2,8 1,9 100,0
da 10 a 49 addetti 29,7 43,3 20,8 2,6 3,6 100,0
Settore
Tessile 35,8 38,8 21,7 2,8 0,9 100,0
Meccanica 35,1 44,6 14,9 3,2 2,2 100,0
Costruzioni 22,0 54,8 14,7 1,4 7,1 100,0
Altro 32,2 40,6 18,9 5,2 3,1 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)
(*) D. Marini (a cura di), L’Italia delle imprese. Rapporto 2009, Quaderni FNE, Collana ricerche n. 55,
Treviso, Fondazione Nord Est, 2009.

La tensione ad una crescita dimensionale è molto forte soprattutto tra le imprese del Sud
e delle Isole tra cui solo il 19,5% ritiene che sia utile continuare ad agire da sole sul
mercato, a fronte di un 53,7% che ritiene indispensabile aggregarsi, un 19,9% che si
indirizza verso le fusioni e un 4,6% verso le acquisizioni.
Analizzando la dimensione delle imprese, l’unica differenza di rilievo è il maggiore
consenso attribuito all’ipotesi di cedere l’attività ad altri, condivisa dal 7,1% delle
micro. Infine, in base ai settori è soprattutto il tessile a discostarsi dal dato medio. In
questo comparto risulta, infatti, maggiore la volontà di continuare ad agire da soli
(35,8%) - così come nella meccanica (35,1%) - mentre c’è meno interesse per le
aggregazioni (38,8%) e, invece, una maggiore propensione alle fusioni (21,7%).
Viceversa, le costruzioni scelgono in misura minore l’ipotesi di muoversi singolarmente
(22,0%) e puntano maggiormente alle aggregazioni (54,8%).

4
D. Marini (a cura di), L’Italia delle imprese. Rapporto 2009, Quaderni FNE, Collana ricerche n. 55,
Treviso, Fondazione Nord Est, 2009.

Fondazione Nord Est - 22


L’INTERNAZIONALIZZAZIONE ATTIVA DELLE PICCOLE IMPRESE
MANIFATTURIERE

Carlo Bergamasco

Le piccole e piccolissime imprese italiane fanno sentire una significativa presenza sui
mercati internazionali. Il 15,3% di esse dichiara di intrattenere con la propria attività
rapporti economici con l’estero.
Si tratta di una presenza rimarchevole se si tiene conto che circa l’80% delle imprese
che costituiscono il campione dell’indagine conta un numero di addetti compreso tra 2 e
9. Risorse umane preparate ad affrontare i mercati internazionali, possibilità di mettere
in campo investimenti economici, di aprire canali di vendita fuori dall’Italia, di tessere
reti relazionali con le istituzioni costituiscono infatti ostacoli importanti per realtà tanto
piccole. Emerge peraltro la difficoltà contingente del sistema delle piccole imprese a
mantenere stabile la propria presenza sui mercati esteri, in una fase storica di
contrazione del volume del commercio internazionale. Quasi un decimo delle aziende
rispondenti (9,8%) afferma di essere attiva sul solo mercato italiano, dopo che in
passato aveva invece avuto rapporti coi mercati stranieri.

Tab. 1 - Con la Sua attività Lei intrattiene, o ha intrattenuto in passato, rapporti


con altri Paesi europei o extraeuropei? (val. %)
Sì Al momento In passato No Totale
no, ma sì, ma ora
prossimamente non più
avvierò
Tutti 15,3 0,6 9,8 74,3 100,0
Macroarea
Nord Ovest 15,3 0,3 10,4 74,0 100,0
Nord Est 18,5 0,6 9,2 71,7 100,0
Centro 19,3 1,8 10,2 68,7 100,0
Sud e Isole 9,0 0,0 9,4 81,6 100,0
Dimensione
2 addetti 4,1 0,7 7,6 87,6 100,0
3-9 addetti 14,2 0,6 11,2 74,0 100,0
10-49 addetti 35,7 0,5 10,0 53,8 100,0
Settore
Tessile 23,9 0,0 14,5 61,5 100,0
Meccanica 21,9 0,4 16,7 61,0 100,0
Costruzioni 4,4 0,8 3,8 91,0 100,0
Altro 20,2 1,0 9,9 68,9 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

La valutazione della presenza internazionale delle imprese in relazione al numero di


dipendenti conferma lo stretto rapporto tra capacità di internazionalizzarsi e dimensione
dell’azienda. Le più grandi tra le piccole (10-49 addetti) risultano nettamente quelle più
presenti all’estero (35,7%). Da notare come quest’ultimo dato sia in linea con quanto

Fondazione Nord Est - 23


già emerso dall’indagine “L’Italia delle imprese”5, dove le aziende con un numero di
dipendenti compreso tra 10 e 49 risultavano attive all’estero nel 38,4% dei casi.
Tra 3 e 9 addetti il livello scende considerevolmente (14,2%). Tuttavia, tale
performance va comunque considerata di notevole entità, tenendo conto delle esigue
risorse a disposizione di un’azienda che non arriva a dieci addetti. E’ opportuno
considerare come solo un quarto delle imprese rispondenti (23,1%) dichiari di avere un
mercato che non sia in prevalenza costituito dalla regione di appartenenza. Si può
dunque ritenere che in taluni casi i rapporti con l’estero di queste realtà abbiano una
sporadica frequenza.
Si nota poi come i diversi settori produttivi presi in esame mostrino un grado di
internazionalizzazione abbastanza simile tra loro e superiore a un quinto, con
l’eccezione delle costruzioni. In particolare, è aperto ai mercati stranieri il 23,9% delle
imprese del tessile e il 21,9% di quelle della meccanica. Questi ultimi due settori sono
anche quelli con il maggior numero di realtà che hanno riportato l’attività sul solo
mercato interno: 16,7% la meccanica, 14,5% il tessile. Diverso il comportamento delle
costruzioni, in cui rientrano aziende che per caratteristiche strutturali sono più rivolte al
mercato domestico (solo il 4,4% attivo all’estero).
Le zone del paese le cui piccole e piccolissime imprese sono maggiormente presenti sul
mercato estero sono il Centro, dove risponde di essere internazionalizzato il 19,3% delle
aziende, e il Nord Est, poco sotto al 18,5%. Piuttosto inferiore il numero di imprese che
commerciano con l’estero nel Sud e Isole (9%).
Nettamente prevalente tra le tipologie di internazionalizzazione praticate dal 15,3%
delle imprese che intrattengono rapporti con l’estero è la vendita di prodotti e servizi sui
mercati extraitaliani (94,2%). La commissione all’estero di una produzione o della
fornitura di un servizio viene invece adottata dal 29,5% delle aziende, mentre poco
meno di un quarto (24,6%) delle realtà attive fuori dall’Italia hanno creato una propria
rete distributiva.

Graf. 1 – Se sì, di che tipo? (val. %)

Vende prodotti o servizi dall'Italia 94,2

Commissiona la produzione o i servizi 29,5

Ha una propria rete distributiva all'estero 24,6

Produce utilizzando strutture preesistenti 6,1

Ha aperto uno stabilimento ex novo 2

0 20 40 60 80 100

Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

5
C. Bergamasco, Il fronte estero resiste al test, in D. Marini (a cura di), L’Italia delle imprese. Rapporto
2009, op. cit.

Fondazione Nord Est - 24


La scelta di delocalizzare la produzione direttamente all’estero si configura come la
modalità di internazionalizzazione più onerosa, sia dal punto di vista dei costi che da
quello delle competenze gestionali necessarie. E’ stata di conseguenza intrapresa da una
ristretta minoranza di aziende: il 6,1% di esse afferma di produrre direttamente
all’estero attraverso strutture preesistenti, il solo 2% di avere invece aperto un nuovo
stabilimento fuori dall’Italia.
La pratica più diffusa tra le piccole e piccolissime imprese per avviare relazioni
economiche con l’estero vede l’iniziativa autonoma di gran lunga prevalere sull’opzione
di ricorrere a soggetti terzi. Il 56,8% delle aziende afferma infatti di non essersi rivolto a
nessuno per internazionalizzare l’attività. Il restante 43,2% si suddivide tra una pletora
di soggetti tra cui spiccano le camere di commercio (10%), le banche (6,9%) e le
associazioni di categoria (5%).

Graf. 2 – A quale soggetto la Sua azienda si è rivolta principalmente per le scelte


sugli investimenti esteri? (val. %)

Nessuno 56,8

Camere di Commercio 10

Banche/Istituti di credito 6,9

Associazioni di categoria 5

Altro 4,1

Intermediari,
3,7
rappresentanti

Società di consulenza 3,7

Società finanziarie
2,7
(Simest, Finest)

Altri enti pubblici 2,5

ICE-Istituto per il
2,3
Commercio estero

Ambasciate 2,2

0 10 20 30 40 50 60

Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Il “fai date” per avviare rapporti economici con l’estero si mostra come una tendenza
particolarmente consolidata che ha origine sia da fattori culturali che dalla
parcellizzazione dei servizi per l’internazionalizzazione, che spesso rimangono fuori
dalla portata delle realtà più piccole. Se ne trova conferma anche nella ricerca “L’Italia
delle imprese 2009”6, dove il 50,1% delle aziende rispondenti all’indagine comprese tra
10 e 49 addetti si esprime in senso analogo.

6
C. Bergamasco, Il fronte estero resiste al test, in D. Marini (a cura di), L’Italia delle imprese. Rapporto
2009, op. cit.

Fondazione Nord Est - 25


Nonostante le difficoltà connesse alle ridotte dimensioni di un’azienda qui evocate,
quasi la metà (48,7%) di coloro che hanno internazionalizzato l’attività non considera il
fatto di rientrare tra le piccole e piccolissime un limite alla possibilità di allargare gli
affari oltre confine. Tra le aziende del settore della meccanica, dove molte realtà
riescono comunque a ritagliarsi nicchie di mercato con prodotti altamente specializzati,
questa convinzione risulta particolarmente marcata (60%).
All’opposto si trova invece un terzo dei rispondenti (32,2%), per i quali essere piccoli è
un handicap per qualunque attività connessa all’internazionalizzazione. In questo
secondo caso si nota invece una più forte debolezza manifestata dal tessile (39,1%) e
dalle aziende collocate nel Centro (37,1%) e nel Sud e Isole (36,3%).
Per il 19,1% delle piccole aziende internazionalizzate, il problema principale è legato
alla difficoltà di effettuare scelte di apertura ai mercati esteri autonome rispetto alle
imprese più grandi della filiera.

Tab. 2 - A Suo giudizio, rispetto all’internazionalizzazione, le piccole dimensione


della sua azienda… (val. %)
Sono un Rendono difficili Non limitano le Totale
handicap in decisioni autonome possibilità nei
ogni caso rispetto alle imprese rapporti con
più grandi della filiera l’estero
Tutti 32,2 19,1 48,7 100,0
Macroarea
Nord Ovest 26,9 18,6 54,5 100,0
Nord Est 28,3 21,7 50,0 100,0
Centro 37,1 23,9 39,0 100,0
Sud e Isole 36,3 13,5 50,2 100,0
Dimensione
2 addetti 39,1 17,8 43,1 100,0
3-9 addetti 28,1 20,8 51,1 100,0
10-49 addetti 31,6 16,8 51,6 100,0
Settore
Tessile 39,1 20,9 40,0 100,0
Meccanica 23,0 17,0 60,0 100,0
Costruzioni 39,9 14,4 45,7 100,0
Altro 27,7 26,1 46,2 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Fondazione Nord Est - 26


LE CONSEGUENZE DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE (PASSIVA)
SULLE PICCOLE IMPRESE

Carlo Bergamasco

L’internazionalizzazione dell’attività produttiva di molte imprese può rivelarsi causa di


difficoltà per il bilancio economico delle piccole aziende. Più di un quinto delle imprese
piccole e piccolissime intervistate (21,5%) afferma che i propri clienti più importanti in
termini di fatturato hanno spostato all’estero una parte della produzione.
Il fenomeno ha una diffusione notevole tra le aziende del tessile, più di metà delle quali
(52,2%) dichiara di avere visto le imprese clienti che garantivano forti commesse
spostare all’estero la produzione. Il dato mostra una situazione di particolare difficoltà
per un settore industriale dove la concorrenza sui costi di produzione è molto forte. E’
presente in maniera consistente anche nella meccanica, in cui un’impresa su quattro
(27%) ha visto grossi clienti localizzare all’estero la produzione, scarsa invece nelle
costruzioni (13,3%).
Per quanto riguarda la diffusione per aree del Paese, spiccano i risultati relativi all’Italia
settentrionale. Sono il 27,4% tra le rispondenti del Nord Ovest e il 25,9% tra quelle del
Nord Est a riferire di avere sperimentato la delocalizzazione da parte di clienti
importanti. Il fenomeno incide meno nel Sud e nelle Isole (11,4%). Da uno sguardo alle
dimensioni d’azienda si nota poi come quella che abbiamo definito come
internazionalizzazione passiva abbia riguardato circa un terzo delle aziende più grandi
tra le piccole (10-49 addetti).
Gli effetti sulla propria attività indicati dai rispondenti che hanno subito la
delocalizzazione di importanti clienti sono principalmente negativi. Per l’80% si è avuta
una riduzione delle commesse, che per una quota pari a 72,9% si è tradotta in un calo
rilevante del fatturato. Quasi la metà (47%) riporta invece una caduta dei livelli
occupazionali. Le aziende del manifatturiero di piccola dimensione che sono spesso
inserite in una filiera come subfornitrici di grosse imprese clienti possono incontrare
difficoltà notevoli a sopperire alla perdita di un cliente con il quale esisteva un rapporto
economico consolidato.
Su un altro fronte, sembrano invece schierate le aziende che sono state capaci di reagire
e avviare strategie orientate alla crescita. Il 37,7% riferisce, infatti, di aver acquisito
nuovi clienti e di essere dunque riuscito a trovare sul mercato la soluzione alla
contrazione del fatturato.
Molto raramente, infine, le aziende hanno risposto implementando a loro volta un
progetto di delocalizzazione (2,4%), oppure ricercando nuovi manager e risorse umane
pregiate (4,3%). Opzioni di difficile attuazione in quanto considerevolmente onerose per
realtà di dimensioni ridotte.
Più in generale, parlando degli effetti dell’internazionalizzazione sul sistema delle
piccole e piccolissime imprese, preso nel suo complesso, emerge un quadro diviso tra
due terzi dei rispondenti che rilevano una situazione di sofferenza e un terzo che,
invece, ha una visione più ottimista. Il 67,2% delle aziende si suddivide tra chi paventa
come conseguenza dei processi di internazionalizzazione la riduzione dei margini di
profitto (27,2%), chi indica la chiusura delle imprese subfornitrici (24,2%) e chi teme
una riduzione dell’occupazione (15,8%). Come già considerato precedentemente, non è

Fondazione Nord Est - 27


frequente che una piccola azienda segua una cliente che ha delocalizzato: rimodulare
con una nuova impresa cliente un rapporto di filiera che in taluni casi è di sostanziale
simbiosi, può comportare la necessità di investimenti tecnologici, nuove competenze,
costi. Per contro, appare più positiva la visione del rimanente 32,8% delle imprese. Una
parte di esse pensa che i rapporti con l’estero offrano la possibilità di crescere sul
mercato: il 16% ritiene che si genererà un aumento delle capacità di competere delle
piccole aziende, mentre il 7,8% crede a nuove possibilità offerte dalla dinamicità del
mercato. Per il 9%, infine, dovrebbero trovare nuove opportunità le aggregazioni tra
piccole realtà locali, che in tal modo potrebbero resistere meglio alla perdita di clienti,
creare esse stesse strategie di internazionalizzazione, relazionarsi meglio col sistema del
credito. Da notare come le aggregazioni si dimostrino più attrattive per le imprese della
macroarea Sud e Isole (14,6%), mentre salendo progressivamente nell’Italia
settentrionale perdano di interesse: 10,8% nel Centro, 8,3% nel Nord Est, 3,6% nel
Nord Ovest. Se si analizza la ripartizione di queste opinioni rispetto ai settori di attività,
ancora una volta spicca il tessile, in cui quasi la metà delle aziende (47,1%) manifesta il
timore che i processi di internazionalizzazione porteranno alla chiusura di molte
subfornitrici. Maggiore ottimismo nelle indicazioni fornite dai rispondenti della
meccanica che credono in un aumento della competitività nel 21,9% dei casi. Le
aggregazioni, infine, vengono preferite in misura maggiore dalle piccole aziende delle
costruzioni (15,4%).

Tab. 1 - I Suoi clienti più importanti in termini di fatturato hanno spostato


all’estero parte della propria attività produttiva? (val. %)
Sì No Totale
Tutti 21,5 78,5 100,0
Macroarea
Nord Ovest 27,4 72,6 100,0
Nord Est 25,9 74,1 100,0
Centro 20,3 79,7 100,0
Sud e Isole 11,4 88,6 100,0
Dimensione
2 addetti 17,9 82,1 100,0
3-9 addetti 18,8 81,2 100,0
10-49 addetti 33,5 66,5 100,0
Settore
Tessile 52,2 47,8 100,0
Meccanica 27,0 73,0 100,0
Costruzioni 13,3 86,7 100,0
Altro 15,1 84,9 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Tab. 2 - Se sì, questa scelta quali effetti ha avuto sulla Sua impresa? (val. %)
Sì No Totale
Riduzione dei lavoratori 47,0 53,0 100,0
Riduzione delle commesse 80,0 20,0 100,0
Abbiamo aperto uno stabilimento all’estero 2,4 97,6 100,0
Ingresso di manager e risorse umane pregiate 4,3 95,7 100,0
Acquisizione di nuovi clienti 37,7 62,3 100,0
Riduzione rilevante del fatturato 72,9 27,1 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Fondazione Nord Est - 28


Graf. 1 – Qual è, secondo Lei, la principale conseguenza dei processi di
internazionalizzazione sul sistema delle piccole/piccolissime imprese? (val. %)

Riduzione dei margini di profitto 27,2

Chiusura delle imprese di subfornitura 24,2

Aumento della competitività delle piccole


16
imprese

Riduzione dell'occupazione 15,8

Tendenza all'aggregazione tra piccole


9
imprese locali

Nuove opportunità di mercato 7,8

0 5 10 15 20 25 30

Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Tab. 3 – Qual è, secondo Lei, la principale conseguenza dei processi di


internazionalizzazione sul sistema delle piccole/piccolissime imprese? (val. % per
macroarea)
Nord Nord Centro Sud Tutti
Ovest Est e isole
Riduzione dei margini di profitto 30,9 26,5 22,5 27,8 27,2
Chiusura delle imprese di 26,7 24,5 27,7 17,2 24,2
subfornitura
Aumento della competitività delle 17,3 19,0 14,7 14,2 16,0
piccole imprese
Riduzione dell’occupazione 14,7 12,2 17,7 17,6 15,8
Tendenza all’aggregazione tra 3,6 8,3 10,8 14,6 9,0
piccole imprese locali
Nuove opportunità di mercato 6,8 9,5 6,6 8,6 7,8
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Fondazione Nord Est - 29


Tab. 4 – Qual è, secondo Lei, la principale conseguenza dei processi di
internazionalizzazione sul sistema delle piccole/piccolissime imprese? (val. % per
settore)
Tessile Meccanica Costruzioni Altro Tutti
Riduzione dei margini di profitto 23,5 27,4 30,7 24,2 27,2
Chiusura delle imprese di subfornitura 47,1 26,5 18,7 20,8 24,2
Aumento della competitività delle 9,8 21,9 13,0 17,4 16,0
piccole imprese
Riduzione dell’occupazione 9,8 11,4 16,3 21,1 15,8
Tendenza all’aggregazione tra piccole 3,9 3,7 15,4 7,5 9,0
imprese locali
Nuove opportunità di mercato 5,9 9,1 6,0 9,1 7,8
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Fondazione Nord Est - 30


IL RAPPORTO BANCHE – PICCOLE E PICCOLISSIME IMPRESE

Gianluca Toschi

La rilevazione condotta sulle piccole e piccolissime imprese (PPI) italiane dalla


Fondazione Nord Est per Veneto Banca, restituisce, rispetto al rapporto tra banche e
imprese, un quadro articolato in cui il generale peggioramento delle condizioni di
offerta del credito sembrano pesare in maniera diversa sulle imprese. L’aumentato
livello di rischiosità del credito, in gran parte legato alle difficoltà congiunturali, sembra
spingere le banche a politiche di concessione del credito molto più selettive. Negli
ultimi sei mesi il rapporto con le proprie banche di riferimento è peggiorato per quasi tre
imprese su dieci. Sul dato pesa il generale inasprimento delle condizioni di offerta del
credito: tra tutte le imprese che si sono rivolte al sistema bancario chiedendo nuovo
credito il 27,2% se lo è visto rifiutare, il 7,9% ha dovuto rinunciarvi a causa di
condizioni troppo gravose proposte dalle banche e il 16,1% ha accettato condizioni più
onerose rispetto a quelle abituali. A questo si deve aggiungere che sempre nello stesso
periodo, il 13,9% delle imprese ha ricevuto una richiesta di rientro (totale o parziale)
degli affidamenti. Va un po’ meglio (seppur con situazioni molto differenziate) sul
fronte tassi di interesse.
Il dato relativo all’andamento del rapporto con gli istituti di credito evidenzia alcune
interessanti differenze legate al settore in cui operano le imprese e alle loro dimensioni.
La percentuale di imprese che indica un peggioramento del rapporto con le proprie
banche di riferimento sale al 34,7% (rispetto al 27,2% medio) tra le imprese del settore
tessile (saldo di opinione più basso in assoluto -33 punti percentuali). Tra le imprese di
dimensioni minori (quelle con due addetti) si registra un saldo di opinione pari a -13,3
punti percentuali, che pur rimanendo negativo è il più elevato tra quelli rilevati. Sul dato
potrebbero influire diversi fattori: le imprese più piccole (come sottolineato più avanti)
sono quelle che in questo periodo meno si sono rivolte alle banche chiedendo nuovo
credito, e quando l’hanno fatto hanno ottenuto una percentuale di risposte positive
superiore rispetto alla media. Ancora, sono quelle meno colpite dalla richiesta di rientro
(totale o parziale) degli affidamenti. Se consideriamo l’andamento dei tassi di interesse,
fra le imprese con due dipendenti, il numero di quelle che indicano una diminuzione dei
tassi nell’ultimo semestre è maggiore rispetto a quello che li ha visti aumentare. A
livello di macroaree territoriali, i dati che si riferiscono al Sud e alle Isole evidenziano
una situazione particolare: la percentuale di imprese che indicano un peggioramento del
rapporto è superiore rispetto alla media (31,0% contro 28,7%) ma è controbilanciato
dall’elevato numero di imprese che indicano un miglioramento (9,2% contro il 5,4%
medio). Per effetto di questi dati il saldo di opinione è pari a -21,8 punti percentuali,
inferiore rispetto al saldo di opinione calcolato sull’intero campione (-23,3).
Secondo le imprese, il peggioramento dei rapporti con il mondo del credito è dovuto in
primo luogo alla crisi del sistema creditizio stesso (38,5%), alla crisi economico-
finanziaria (38,0%) e all’effetto dell’accordo di Basilea 2 (18,0%). Solo una piccola
parte degli intervistati (5,5%) considera come elemento centrale nel deterioramento dei
rapporti la sottocapitalizzazione delle imprese. Rispetto ai valori medi si segnala l’alta
percentuale (50,0%) di imprese che a Nord Est attribuiscono alla crisi economico-
finanziaria i motivi del peggioramento. Da sottolineare anche come il 47,8% delle

Fondazione Nord Est - 31


imprese del Sud e delle Isole indichino invece nella crisi del sistema creditizio il motivo
del deterioramento dei rapporti tra banche e imprese.

Tab. 1 - Nel complesso può dirmi se negli ultimi sei mesi il rapporto con le Sue
principali banche di riferimento è: (val. %)
Migliorato Rimasto Peggiorato Totale Saldo di
uguale opinione
Tutti 5,4 65,9 28,7 100,0 -23,3
Macroarea
Nord Ovest 3,0 69,1 27,9 100,0 -24,9
Nord Est 5,8 68,6 25,6 100,0 -19,8
Centro 4,4 65,8 29,8 100,0 -25,4
Sud e isole 9,2 59,8 31,0 100,0 -21,8
Dimensione
2 addetti 7,7 71,3 21,0 100,0 -13,3
3-9 addetti 3,6 63,9 32,5 100,0 -28,9
10-49 addetti 5,7 62,1 32,2 100,0 -26,5
Settore
Tessile 1,7 63,6 34,7 100,0 -33,0
Meccanica 5,8 62,9 31,3 100,0 -25,5
Costruzioni 6,5 69,7 23,8 100,0 -17,3
Altro 5,1 64,3 30,6 100,0 -25,5
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Tab. 2 - Secondo Lei, il peggioramento è dovuto a: (val. %)


La crisi del La crisi Agli La sotto- Totale
sistema economico- accordi di capitalizza-
creditizio finanziaria Basilea 2 zione delle
imprese
Tutti 38,5 38,0 18,0 5,5 100,0
Macroarea
Nord Ovest 32,5 26,5 28,9 12,1 100,0
Nord Est 40,0 50,0 7,5 2,5 100,0
Centro 35,1 41,9 18,9 4,1 100,0
Sud e isole 47,8 40,3 10,4 1,5 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Negli ultimi sei mesi, il 27,2% delle imprese si è rivolta al sistema creditizio avanzando
una richiesta di nuovo credito o di ampliamento di uno esistente. Il dato può essere
confrontato con il risultato di altre due rilevazioni condotte dalla Fondazione Nord Est
negli ultimi mesi: “L’Italia delle imprese”7 e l’Osservatorio sul terziario avanzato8. Le
PPI si sono rivolte al sistema bancario con maggiore intensità rispetto alle imprese dei
servizi (27,2% contro il 22,6%), ma con minore, invece, rispetto alle imprese (che sono
di dimensioni mediamente maggiori) de “L’Italia delle Imprese” (27,2% contro 35,4%).

7
Condotta nel maggio 2009 su un campione di 1.227 imprese con più di dieci dipendenti, operanti nel
settore dell’Industria, del commercio e dei servizi: D. Marini (a cura di), L’Italia delle imprese. Rapporto
2009, op. cit.
8
Condotta nel periodo luglio-agosto 2009, su un campione di 963 imprese dei servizi avanzati: S. Oliva,
G. Toschi, Osservatorio nazionale sul terziario avanzato, Quaderni FNE, Collana Osservatori n. 102,
Treviso, Fondazione Nord Est, 2009.

Fondazione Nord Est - 32


Scavando più in profondità si rileva che tra le piccole e piccolissime imprese la
percentuale di imprese che ha richiesto nuovo credito aumenta all’aumentare delle
dimensioni (33,3% tra le imprese più grandi, quelle con un numero di dipendenti
compreso tra 10 e 49) e presenta alcune differenze settoriali: il dato più alto si registra
tra le imprese della Meccanica (31,6%).

Tab. 3 - Negli ultimi 6 mesi la Sua azienda ha presentato alle banche una nuova
richiesta di credito, o di ampliamento di uno già esistente? (val. %)
Si No Totale
Tutti 27,2 72,8 100,0
L'Italia delle imprese 35,4 64,6 100,0
Osservatorio nazionale sul terziario avanzato 22,6 77,4 100,0
Macroarea
Nord Ovest 20,9 79,1 100,0
Nord Est 26,2 73,8 100,0
Centro 32,0 68,0 100,0
Sud e isole 30,8 69,2 100,0
Dimensione
2 addetti 21,2 78,8 100,0
3-9 addetti 28,5 71,5 100,0
10-49 addetti 33,3 66,7 100,0
Settore
Tessile 25,4 74,6 100,0
Meccanica 31,6 68,4 100,0
Costruzioni 27,2 72,8 100,0
Altro 24,3 75,7 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Tra tutte le imprese che hanno richiesto nuovo credito, meno della metà (48,8%) è
riuscita ad ottenerlo alle condizioni abituali, il 27,2% se lo è visto rifiutare, il 7,9% ha
dovuto rinunciarvi a causa di condizioni troppo gravose proposte dalle banche e il
16,1% ha accettato condizioni più onerose rispetto a quelle abituali. La situazione
appare maggiormente critica tra le imprese del Sud e Isole (la percentuale di rifiuto sale
al 46,0% rispetto al 27,2% medio) e tra le imprese del tessile (44,8%). La possibilità di
accedere al credito alle condizioni abituale aumenta tra le imprese del Nord Est (58,1%
contro il 48,8% medio) e del Nord Ovest (53,2%), tra le imprese più grandi (55,9%
nella fascia 10-49 dipendenti) e nel mondo delle costruzioni (53,9%). Il confronto con i
dati rilevati recentemente tra le imprese del terziario avanzato (che hanno dimensioni
simili a quelle delle PPI) evidenzia una situazione migliore: la percentuale di imprese di
servizi che si è vista rifiutare il credito sale, infatti, al 33,7% contro il 27,2 delle PPI, e
solamente il 36,5% riusciva ad ottenere una risposta positiva alle condizioni abituali
(48,8% tra le PPI).
Il 13,9% delle imprese ha ricevuto una richiesta di rientro (totale o parziale) degli
affidamenti. Il fenomeno ha colpito maggiormente le imprese del Sud e Isole (17,8%),
quelle comprese nella fascia 3-9 addetti (16,5%) e il mondo della meccanica (16,0%). Il
dato migliore si riscontra invece tra le imprese più piccole (2 addetti), tra le quali solo il
9,5% si è vista richiedere un rientro degli affidamenti. Rispetto alle imprese più grandi
(quelle che hanno partecipato alla rilevazione Italia delle imprese) e a quelle dei servizi
le PPI sembrano maggiormente colpite dalla richiesta di rientro degli affidamenti.

Fondazione Nord Est - 33


Tab. 4 - Se sì, il credito richiesto: (val. %)
Non è stato E' stato E' stato L'azienda ha Totale
concesso concesso concesso dovuto
alle ma a rinunciare al
condizioni condizioni prestito
usuali più perché le
gravose condizioni
delle erano troppo
usuali gravose
Tutti 27,2 48,8 16,1 7,9 100,0
Osservatorio nazionale
33,7 36,5 23,8 6,0 100,0
sul terziario avanzato*
Macroarea
Nord Ovest 9,7 53,2 24,2 12,9 100,0
Nord Est 16,3 58,1 18,6 7,0 100,0
Centro 46,0 48,3 3,4 2,3 100,0
Sud e isole 27,8 38,9 22,2 11,1 100,0
Dimensione
2 addetti 21,1 50,7 9,9 18,3 100,0
3-9 addetti 34,1 43,6 18,3 4,0 100,0
10-49 addetti 20,6 55,9 17,6 5,9 100,0
Settore
Tessile 44,8 41,4 6,9 6,9 100,0
Meccanica 24,0 44,0 26,7 5,3 100,0
Costruzioni 33,7 53,9 2,3 10,1 100,0
Altro 14,3 51,4 27,1 7,2 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)
(*) S. Oliva, G. Toschi, Osservatorio nazionale sul terziario avanzato, Quaderni FNE, Collana
Osservatori n. 102, Treviso, Fondazione Nord Est, 2009.

Sul fronte tassi di interesse la percentuale di imprese che denunciano un aumento è di


poco superiore rispetto a quella di chi segnala una diminuzione (rispettivamente 22,7%
e 18,7%). Una parte del sistema riconosce, quindi, che i tassi di interesse praticati dalle
banche alla clientela hanno iniziato a riflettere la diminuzione dei tassi ufficiali iniziata
già nel 2008. Anche in questo caso emergono differenze sostanziali: i saldi di opinione9
indicano che prevalgono le indicazioni di aumento dei tassi di interesse tra le imprese
del settore delle costruzioni (saldo di opinione pari a 20,8 punti percentuali) e nel Sud e
Isole (14,8 punti percentuali). La diminuzione dei tassi di interesse sembra invece
riguardare con maggiore intensità le imprese grandi, il saldo di opinione assume il
valore di -12,9 punti percentuali tra quelle comprese nella fascia 10-49 dipendenti e nel
settore della meccanica -8,1 punti percentuali.

9
Il saldo di opinione è calcolato come differenza tra la percentuale di chi indica un aumento dei tassi di
interesse e quella di chi indica una diminuzione dei tassi di interesse. Assume quindi un valore positivo
nel caso in cui prevalgono le opinioni relative all’aumento dei tassi.

Fondazione Nord Est - 34


Tab. 5 – Negli ultimi 6 mesi le banche hanno chiesto alla Sua azienda un rientro
degli affidamenti? (val. %)
Sì Si, Si, ma No Totale
(totale totale solo in
+ modo
parziale) parzial
e
Tutti 13,9 4,9 9,0 86,1 100,0
L'Italia delle imprese (*) 10,1 2,7 7,4 89,9 100,0
Osservatorio nazionale sul terziario 8,2 1,6 6,6 91,8 100,0
avanzato (**)
Macroarea
Nord Ovest 10,2 4,4 5,8 89,8 100,0
Nord Est 12,8 2,9 9,9 87,2 100,0
Centro 14,9 4,0 10,9 85,1 100,0
Sud e isole 17,8 7,6 10,2 82,2 100,0
Dimensione
2 addetti 9,5 4,2 5,3 90,5 100,0
3-9 addetti 16,5 5,5 11,0 83,5 100,0
10-49 addetti 13,8 4,3 9,5 86,2 100,0
Settore
Tessile 12,7 4,2 8,5 87,3 100,0
Meccanica 16,0 8,0 8,0 84,0 100,0
Costruzioni 15,4 4,9 10,5 84,6 100,0
Altro 10,4 2,7 7,7 89,6 100,0
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)
(*) D. Marini (a cura di), L’Italia delle imprese. Rapporto 2009, Quaderni FNE, Collana ricerche n. 55,
Treviso, Fondazione Nord Est, 2009.
(**) S. Oliva, G. Toschi, Osservatorio nazionale sul terziario avanzato, Quaderni FNE, Collana
Osservatori n. 102, Treviso, Fondazione Nord Est, 2009.

Tab. 6 - Negli ultimi 6 mesi, in media, i tassi di interesse applicati dalle banche alla
Sua azienda sono? (val. %)
Aumentati Rimasti Diminuiti Totale Saldo di
stabili opinione
Tutti 22,7 58,6 18,7 100,0 4,0
Macroarea
Nord Ovest 17,6 59,3 23,1 100,0 -5,5
Nord Est 16,9 61,7 21,4 100,0 -4,5
Centro 29,9 50,0 20,1 100,0 9,8
Sud e isole 25,1 64,6 10,3 100,0 14,8
Dimensione 0,0
2 addetti 11,2 75,5 13,3 100,0 -2,1
3-9 addetti 31,7 51,3 17,0 100,0 14,7
10-49 addetti 17,5 52,1 30,4 100,0 -12,9
Settore
Tessile 18,8 57,1 24,1 100,0 -5,3
Meccanica 15,5 60,9 23,6 100,0 -8,1
Costruzioni 29,1 62,6 8,3 100,0 20,8
Altro 22,6 52,7 24,7 100,0 -2,1
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Fondazione Nord Est - 35


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: BUROCRAZIA O SERVIZIO? I VINCOLI
E LE OPPORTUNITÀ PER I PICCOLI

Fabio Marzella

La Pubblica Amministrazione per i piccoli imprenditori può diventare un fattore


competitivo cruciale. Poter accedere alle pratiche velocemente, diminuire i giorni-uomo
impiegati per le pratiche burocratiche, semplificare i procedimenti amministrativi sono
soluzioni essenziali per aumentare le possibilità di miglioramento competitivo dei
piccoli imprenditori italiani. Si aggiunge a ciò anche la necessità di accorciare i tempi di
pagamento per chi vende servizi o prodotti alle Pubbliche Amministrazioni, in modo da
iniettare risorse nell’attuale situazione economica congiunturale.
I servizi erogati dai principali enti pubblici che operano nel territorio a contatto con le
aziende non incontrano la soddisfazione degli imprenditori. Solamente per le Aziende
Sanitarie Locali gli imprenditori intervistati collezionano la maggioranza di risposte
positive con il 58,5% di molto o abbastanza soddisfatti per i servizi erogati: Al secondo
posto, per ordine di citazione, si trovano i servizi della Camera di Commercio di
competenza con il 49,3% di soddisfatti. Il Comune si colloca solamente al quarto posto.
L’ente amministrativamente più vicino territorialmente alle aziende, in particolar modo
se si parla di piccole-piccolissime imprese che diventano uno dei perni dello sviluppo
locale e delle reti sociali “comunitarie”, incontra il 43,5% di rispondenti molto o
abbastanza soddisfatti. Seguono l’Agenzia delle Entrate (39,5%), la Regione (33,6%) e
la Provincia (32,2%). Il Comune perciò, pur rimanendo l’ente territoriale più
soddisfacente, rientra in una collocazione negativa che caratterizza il giudizio degli
imprenditori.
La soddisfazione per i servizi erogati dagli enti della pubblica amministrazione si
caratterizza per una costante e significativa differenza territoriale: gli imprenditori
intervistati nel Sud e nelle Isole sono più scontenti dei servizi erogati da tutti i singoli
enti testati. Ad una bassa soddisfazione generale, quindi, si somma la netta divisione
territoriale tra Nord e Sud Italia che conferma l’immagine di un paese a due velocità,
caratterizzato da un Meridione che soffre di un rapporto – se possibile – ancora più
difficile con la Pubblica Amministrazione.
Il settore economico influisce solo in parte sul giudizio di soddisfazione, in particolare
le costruzioni esprimono una maggiore insoddisfazione per i servizi erogati da Regione
(74,2% di poco o per nulla soddisfatti) e Provincia (72% di poco per nulla).
La quasi totalità delle imprese intervistate ritiene inoltre che negli ultimi tre anni non vi
siano stati miglioramenti significativi nelle modalità di erogazione dei servizi. Ben
l’83,1% dei rispondenti ritiene poco o per nulla diminuiti i tempi di attesa per ottenere
autorizzazioni e documentazioni, una percentuale simile, l’84,4% valuta invariato il
numero di documenti necessari per ciascuna pratica e l’84,7% ritiene che i tempi per
evadere le pratiche non siano significativamente diminuiti. L’insoddisfazione si basa
pertanto sulla convinzione che non vi siano miglioramenti significativi nella pubblica
amministrazione, che le opportunità di abbattimento dei costi della burocrazia per
favorire la competitività imprenditoriale siano ancora ferme ad attendere.
Nel caso delle valutazioni diacroniche sui miglioramenti effettivi o mancati dell’operato
delle pubbliche amministrazioni non vi sono particolari differenze tra le aziende, le

Fondazione Nord Est - 36


percezioni di una situazione di immobilità pervadono in misura trasversale l’intero
campione. Indice di una richiesta diffusa di miglioramento che accomuna tutte le
categorie imprenditoriali sondate.

Quanto incide sull’attività lavorativa delle imprese la burocrazia? Le misurazioni fornite


dagli intervistati fanno emergere una media aziendale di un giorno e mezzo/uomo (1,5)
la settimana per sbrigare le pratiche burocratiche. Ovviamente questa misurazione va
differenziata per l’ampiezza aziendale: si passa da un minimo di 1,2 giorni uomo
impiegati per il disbrigo di pratiche burocratiche tra le imprese con 2 addetti, a 1,6
giorni-uomo settimanali per le imprese che hanno dai 3 ai 9 addetti, per arrivare a circa
due giorni-uomo settimanali (1,8) per le aziende con un’ampiezza che va dai 10 ai 49
addetti. Come si può notare da queste prime cifre sintetiche, l’incidenza della burocrazia
non è proporzionale rispetto all’ampiezza dell’impresa, almeno secondo quanto indicato
dagli intervistati. Un’impresa di piccolissime dimensioni si trova a dover affrontare
costi derivanti dalla burocrazia molto più elevati rispetto ad una medio-piccola con 10-
49 addetti. Lo snellimento burocratico diventa perciò uno dei fattori chiave che possono
dare respiro alle imprese intervistate, in particolar modo per le imprese più piccole che
hanno strutture amministrative esili, il cui carico burocratico diventa un freno cruciale.
A questo proposito la semplificazione delle procedure risulta l’intervento più importante
(51,6%) per migliorare il rapporto tra imprese e pubblica amministrazione, oltre un
intervistato su due ritiene che rendere meno bizantino il percorso burocratico sia
l’elemento chiave per recuperare questo gap competitivo di cui soffrono le piccole
aziende. Poco meno di un’azienda ogni cinque (18%) ritiene cruciale la riduzione dei
tempi di attesa, il 16,3% valuterebbe positivamente l’estensione dell’autocertificazione
ed il 10,9% la creazione degli sportelli unici. La soluzione principale è pertanto quella
della semplificazione tout court, che adotti differenti soluzioni riferite ai singoli
procedimenti, ma che porti comunque ad uno snellimento del percorso burocratico.
La riduzione dei tempi di attesa per la conclusione delle pratiche è una priorità
maggiormente avvertita dalle imprese più piccole (21,5%), per le quali probabilmente il
tempo di attesa si può trasformare in un blocco delle attività lavorative e remunerative a
dispetto delle imprese con 10-49 addetti (14,6%) che ritengono meno cruciale questo
intervento.

Un elemento parallelo alla soddisfazione dei servizi erogati dalla pubblica


amministrazione che contribuisce alla creazione di un’immagine poco positiva della PA
tra le aziende intervistate è dato dai tempi medi di pagamento per i beni e servizi
erogati. Uno degli argomenti del dibattito politico sull’attuale crisi è dato proprio dai
pagamenti troppo dilazionati dei fornitori da parte delle pubbliche amministrazioni.
All’interno del 10% del campione, che vende almeno il 25% dei propri beni e servizi
alla Pubblica Amministrazione, il 55,9% ritiene che i tempi medi di pagamento da parte
della PA si siano allungati nell’ultimo anno, mentre il 30,7% ritiene che siano rimasti
stabili e un 13,4% abbreviati. L’opinione prevalente pertanto è quella di una forte
sofferenza negli incassi.

Fondazione Nord Est - 37


Tab. 1 – Giudizio generale sull’operato degli enti/uffici della Pubblica
Amministrazione (molto e abbastanza soddisfacente, macroarea, val %)
Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole Totale

Camera di Commercio 50,9 53,3 50,4 43,8 49,3


Inps 51,5 52,3 55,1 34,6 48,2
Comune 47,3 47,2 46,5 32,7 43,5
Agenzia delle Entrate 37,1 39,0 41,3 40,9 39,5
Regione 45,6 40,8 33,7 14,9 33,6
Provincia 37,7 44,3 37,2 12,4 32,2
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Tab. 2 – Negli ultimi 3 anni sono molto, abbastanza, poco o per nulla diminuiti…
(poco e per nulla diminuiti, val %)
Totale
Il numero di documenti per ciascuna pratica 84,4
I tempi necessari per svolgere le diverse le pratiche burocratiche 84,7
I tempi di attesa per ottenere autorizzazioni e documenti 83,1
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Tab. 3 – Tempo settimanale dedicato allo svolgimento delle pratiche burocratiche


(dimensione, val %)
2 addetti 3-9 addetti 10-49 addetti Totale
Mezza giornata di lavoro 51,6 33,2 28,4 38,2
Una giornata di lavoro 29,4 28,6 30,9 29,3
Una giornata e mezza di lavoro 3,2 6,8 5,7 5,4
Due giornate di lavoro 3,9 12,2 7,2 8,5
Più di due giornate di lavoro 11,9 19,2 27,8 18,6
Media settimanale (giorni/uomo) 1,2 1,6 1,8 1,5
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Tab. 4 – Tra le seguenti azioni, qual è la più importante per migliorare il rapporto
tra imprese e Pubblica Amministrazione? (val %)
Totale
La semplificazione delle procedure 51,6
La riduzione dei tempi di attesa per la conclusione delle pratiche 18,0
L’estensione dell’uso dell’autocertificazione 16,3
L’integrazione degli uffici preposti ad una determinata pratica 3,2
La creazione di sportelli unici 10,9
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Fondazione Nord Est - 38


Tab. 5 – Nell’ultimo anno i tempi medi di pagamento della Pubblica
Amministrazione sono: (val %)
Totale
Allungati 55,9
Rimasti uguali 30,7
Abbreviati 13,4
Fonte: Fondazione Nord Est – Veneto Banca Holding (ottobre-novembre 2009, n. casi 1.060)

Fondazione Nord Est - 39


IL METODO E LE RESPONSABILITÀ DELLA RICERCA

- La popolazione oggetto di campionamento è costituita dall’insieme degli


imprenditori italiani, attivi nel settore manifatturiero e delle costruzioni, titolari di
imprese con un numero di addetti compreso fra 2 e 49. Il campione ammonta,
complessivamente, a 1.060.
- Le imprese sono state estratte fra quelle iscritte alle CCIAA nei settori di interesse.
- Il campione è stato ripartito per zona geografica, settore di attività economica
(“Alimentari”, “Tessile, abbigliamento, concia”, “Legno”, “Meccanica”, “Altre
manifatturiere”, “Costruzioni”) e classe dimensionale (“2 addetti”, “3-5 addetti”, “6-
9 addetti”, “10-19 addetti”. “20-49 addetti”).
- Al fine di disporre di numerosità sufficienti all’interno dei vari sottocampioni, è
stato aumentato il peso delle unità di maggiori dimensioni, oltre a quello dei settori
con un numero inferiore di imprese. Tali distorsioni sono state poi bilanciate in fase
di elaborazione, attraverso procedure di ponderazione che riconducono la
distribuzione di queste variabili alla reale struttura dell’universo.
- Le interviste sono state realizzate telefonicamente con il sistema C.A.T.I. (Computer
Assisted Telephone Interviewing), nel periodo compreso fra il 22 ottobre e il 6
novembre 2009, dalla società di rilevazione Demetra.
- L’indagine, promossa da Veneto Banca Holding, è stata progettata e realizzata dalla
Fondazione Nord Est.
- Daniele Marini ha impostato e diretto la ricerca; Fabio Marzella ha curato gli aspetti
metodologici e l’elaborazione dei dati. Carlo Bergamasco, Davide Girardi, Silvia
Oliva e Gianluca Toschi hanno partecipato alle fasi di discussione e analisi dei
risultati. Cinzia Piovesana ha curato l’editing dei testi su web
(www.fondazionenordest.net)
- Documento completo sul sito www.agcom.it

Fondazione Nord Est - 40


APPENDICE

Fondazione Nord Est - 41


Il Questionario

CARATTERISTICHE DELL’IMPRESA

In che percentuale i beni e/o i servizi prodotti dalla sua impresa sono rivolti:
- Imprese 55.6
- Pubblica Amministrazione 8.1
- Privati 36.3
Totale 100.0
N. casi: 1.046

In base all'ultimo bilancio approvato, qual è il fatturato della sua impresa:


1. fino a 500mila € 65.6
2. da 501mila a 1 mln € 16.1
3. da 1,1 a 1,5 mln € 7.2
4. da 1,51 a 2 mln € 3.8
5. da 2,1 a 4 mln € 4.3
6. da 4,1 a 6 mln € 1.3
7. da 6,1 a 10 mln € 0.8
8. da 10,1 a 20 mln € 0.8
9. più di 20 mln € 0.1
Totale 100.0
N. casi: 1.004

Negli ultimi 12 mesi fatto 100 il totale delle vendite, come si sono distribuite in percentuale tra
Italia, Unione Europea e paesi extra-Unione Europea? (valori %)
- Regione 77.1
- Italia 18.0
- UE 2.9
- Extra UE 2.0
Totale 100.0
N. casi: 1.047÷1.049

La parte prevalente del suo fatturato (circa 80%) da quale quota dei suoi clienti è determinata?
1. Meno del 10% dei clienti 16.0
2. Dal 10% al 30% dei clienti 31.0
3. Dal 30 al 50% dei clienti 17.0
4. Più del 50% dei clienti 52.0
Totale 100.0
N. casi: 965

I clienti che rappresentano l’80% del suo fatturato mediamente quale dimensione hanno?
1. Piccolissima dimensione (1-9 addetti) 35.1
2. Piccola dimensione (10-49 addetti) 35.4
3. Media/Grande dimensione (oltre 50 addetti) 29.5
Totale 100.0
N. casi: 956

Fondazione Nord Est - 42


CONGIUNTURA

Può indicare l'andamento dei seguenti parametri aziendali nel periodo gennaio-settembre 2009
rispetto allo stesso periodo del 2008?

Leggera

Leggera
flession

flession
crescita

crescita

Stabile
Forte

Forte
e

e
- Produzione 1.4 8.5 20.8 26.2 43.1
- Fatturato 1.3 9.2 18.0 29.6 41.9
- Ordini 0.7 8.0 22.6 29.7 39.1
- Vendite estero 0.5 2.5 76.5 4.7 15.8
- Occupazione 0.4 5.0 65.3 18.2 11.2
- Scorte magazzino 2.0 5.8 61.5 16.1 14.6
N. casi: 972÷1.057

Può indicare quale andamento prevede per i seguenti parametri aziendali nei prossimi 3 mesi?

Leggera

Leggera
flession

flession
crescita

crescita

Stabile
Forte

Forte
e

e
- Produzione 1.3 18.5 39.3 21.6 19.4
- Fatturato 0.7 15.7 40.3 21.7 21.5
- Ordini 0.9 18.5 38.9 20.2 21.5
- Vendite estero 0.3 3.0 80.2 4.8 11.6
- Occupazione 0.4 4.1 76.9 9.0 9.6
- Scorte magazzino 0.2 8.5 67.4 14.0 9.9
N. casi: 645÷1.038

I RAPPORTI CON LE BANCHE

Nel complesso può dirmi se negli ultimi sei mesi il rapporto con le sue principali banche di
riferimento è:
1. Migliorato 5.4
2. Rimasto uguale 65.9
3. Peggiorato 28.7
Totale 100.0
N. casi: 1.045

Se è peggiorato, secondo lei, tale peggioramento è dovuto a:


1. La crisi economica-finanziaria 38.0
2. La crisi del sistema creditizio 38.5
3. La sottocapitalizzazione delle imprese 5.5
4. Agli accordi di Basilea 2 18.0
Totale 100.0
N. casi: 265

Negli ultimi 6 mesi la Sua azienda ha presentato alle banche una nuova richiesta di credito, o di
ampliamento di uno già esistente?
1. Sì 27.2
2. No 72.8
Totale 100.0
N. casi: 1.058

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Se sì, il credito richiesto:
1. Non è stato concesso 27.2
2. È stato concesso alle condizioni usuali 48.9
3. È stato concesso, ma a condizioni più gravose delle usuali 16.1
4. L’azienda ha dovuto rinunciare al prestito perché le condizioni erano troppo gravose 7.9
Totale 100.0
N. casi: 264

Negli ultimi 6 mesi le banche hanno chiesto alla Sua azienda un rientro degli affidamenti?
1. Sì, totale 4.9
2. Sì, ma solo in modo parziale 9.0
3. No 86.2
Totale 100.0
N. casi: 1.057

Negli ultimi 6 mesi, in media, i tassi di interesse applicati dalle banche alla Sua azienda sono
andati:
1. Aumentando 22.7
2. Rimasti stabili 58.6
3. Diminuendo 18.7
Totale 100.0
N. casi: 933

I RAPPORTI CON L’ESTERO

A) INTERNAZIONALIZZAZIONE “ATTIVA”

Con la sua attività Lei intrattiene, o ha intrattenuto in passato, rapporti con altri paesi europei o
extraeuropei?
1. Sì 15.3
2. Al momento no, ma prossimamente avvierò rapporti 0.6
3. In passato sì, ma ora non più 9.8
4. No 74.3
Totale 100.0
N. casi: 1.060

Se sì, di che tipo?



- Vende prodotti o servizi (direttamente dall’Italia) 94.2
- Commissiona la produzione o servizi 29.5
- Ha una propria rete distributiva all’estero 24.6
- Produce utilizzando strutture pre-esistenti 6.1
- Ha aperto uno stabilimento o un ufficio operativo ex novo 2.0
N. casi: 168

Fondazione Nord Est - 44


A quale tra i seguenti soggetti la sua azienda si appoggia principalmente per le scelte sugli
investimenti esteri?
1. Associazioni di categoria 4.0
2. CCIAA 10.0
3. ICE 2.3
4. Società di consulenza 3.7
5. Banche/Istituto di credito 6.9
6. Società finanziarie (Simest, Finest, Informest) 2.7
7. Altri enti pubblici (ministeri) 2.5
8. Ambasciate 2.2
9. Nessuno 54.1
10. Altro 11.6
Totale 100.0
N. casi: 163

A suo giudizio, rispetto all’internazionalizzazione, le piccole dimensioni della sua azienda…


1. Sono un handicap in ogni caso 32.2
2. Rendono difficili decisioni autonome rispetto alle imprese più grandi della filiera 19.1
3. Non limitano le possibilità nei rapporti con l’estero 48.7
Totale 100.0
N. casi: 955

B) INTERNAZIONALIZZAZIONE “PASSIVA”

I suoi clienti più importanti in termini di fatturato hanno spostato all’estero parte della propria
attività produttiva?
1. Sì 21.5
2. No 78.5
Totale 100.0
N. casi: 992

Se sì, questa scelta quali effetti ha avuto sulla sua impresa?



- Riduzione dei lavoratori 47.0
- Riduzione delle commesse 80.0
- Abbiamo aperto uno stabilimento all’estero 2.4
- Ingresso di manager e risorse umane pregiate 4.3
- Acquisizione di nuovi clienti 37.7
- Riduzione rilevante di fatturato 72.9
N. casi: 212 ÷213

(Se ha aperto all’estero) La scelta di aprire uno stabilimento all’estero:


1. È stata una scelta obbligata per sopravvivere 18.9
2. È stata l’impresa cliente che ci ha coinvolto nel processo di internazionalizzazione 74.5
3. L’impresa cliente ci ha costretti a seguirla all’estero 6.6
4. Abbiamo deciso di aprire uno stabilimento all’estero per cogliere nuove 0.0
opportunità
Totale 100.0
N. casi: 5

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Quale è, secondo Lei, la principale conseguenza dei processi di internazionalizzazione sul sistema
delle piccole/piccolissime imprese?
1. La chiusura delle imprese di subfornitura locali 24.2
2. Sostanziale riduzione dei margini di profitto 27.3
3. Riduzione dell’occupazione 15.8
4. Tendenza all’aggregazione tra piccole imprese locali 9.0
5. Nuove opportunità di mercato 7.7
6. Crescita della competitività delle piccole imprese 16.0
Totale 100.0
N. casi: 919

EFFETTI DELLA CRISI E STRATEGIE PER SUPERARLA

A Suo giudizio, quanto durerà ancora la crisi?


1. Fino ai primi mesi del 2010 21.3
2. Per tutto il 2010 35.9
3. Oltre il 2010 35.7
4. Ci sono già segnali di inversione di tendenza 7.1
Totale 100.0
N. casi: 973

A Suo giudizio, nel suo settore questa crisi ha determinato o determinerà…



- La chiusura delle imprese non competitive 88.2
- Un’importante riorganizzazione interna delle imprese 84.7
- Il riposizionamento delle imprese sui mercati 83.7
- Una ridefinizione dei rapporti tra imprese nelle filiere 81.0
- Sarà trasversale e coinvolgerà imprese di tutte le dimensioni 84.6
N. casi: 917÷1.036

Attualmente, quali sono le strategie su cui la sua impresa deve puntare per affrontare la crisi?

- Riduzione dei costi 76.9
- Ricerca di nuovi mercati 54.7
- Sviluppo di nuovi prodotti 60.4
- Capitalizzazione dell’impresa 44.8
- Nuove tecnologie/innovazione di processo 66.3
N. casi: 988÷1.055

E in termini più generali, secondo lei, con quali strategie, le piccole e medie imprese devono
affrontare oggi il mercato per rimanere competitive?
1. Continuare ad agire sole sul mercato 29.6
2. Formare dei consorzi con altre imprese 46.4
3. Creare fusioni con altre aziende 16.8
4. Acquisire nuove aziende 3.1
5. Cedere le attività ad altri 4.1
Totale 100.0
N. casi: 970

Secondo Lei, il motore della ripresa nel suo settore sarà principalmente:
1. L’espansione dei mercati dei paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) 5.3
2. La ripresa della domanda interna 50.9
3. La ripresa in Europa 24.0
4. La ripresa del mercato statunitense 8.2
5. Lo sviluppo di nuovi mercati (Africa, Sud America, altri paesi emergenti) 11.6
Totale 100.0
N. casi: 990

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E BUROCRAZIA

Quale giudizio generale si sente di esprimere rispetto all’operato dei seguenti enti/uffici della
pubblica amministrazione? (Molto, abbastanza, poco, per nulla soddisfacente)

Abbastanza
soddisface

soddisface

soddisface

soddisface
Per nulla

Molto
Poco
nte

nte

nte

nte
- Comune 26.1 30.5 36.9 6.6
- Provincia 32.8 35.0 29.5 2.6
- Regione 29.6 36.8 30.9 2.7
- CCIAA 19.0 31.7 40.3 9.0
- Agenzia entrate 32.5 28.0 36.2 3.4
- INPS 22.9 28.9 44.1 4.1
- ASL 16.9 24.6 53.5 5.0
N. casi: 946÷1.020

A suo giudizio, negli ultimi 3 anni…

Abbastan
diminuiti

diminuiti

diminuiti

diminuiti
Per nulla
Molto

Poco
za
- Il numero dei documenti per ciascuna 4.2 11.4 19.0 65.4
pratica è…
- I tempi necessari per svolgere le diverse 2.0 13.2 23.3 61.4
pratiche sono…
- I tempi di attesa per ottenere 1.8 15.1 28.4 54.8
autorizzazioni e documenti sono…
N. casi: 997 ÷1.015

Indicativamente, può dirci quanto tempo nell’ultima settimana è stato dedicato nella sua azienda
allo svolgimento delle pratiche burocratiche?
1. Mezza giornata di lavoro 38.2
2. Una giornata di lavoro 29.3
3. Una giornata e mezza di lavoro 5.4
4. Due giornate di lavoro 8.5
5. Più di due giornate di lavoro 18.6
Totale 100.0
N. casi: 963

Tra le seguenti azioni, qual è la più importante per migliorare il rapporto tra imprese e pubblica
amministrazione?
1. La semplificazione delle procedure 51.6
2. La riduzione dei tempi di attesa per la conclusione delle pratiche 18.0
3. La creazione di sportelli unici 10.9
4. L’estensione dell’uso dell’autocertificazione 16.3
5. L’integrazione degli uffici preposti a una determinata pratica 3.2
Totale 100.0
N. casi: 1.007

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(Per le imprese che vendono alla P.A. > 25%)
Nell’ultimo anno, i tempi medi di pagamento della P.A. sono:
1. Allungati 55.9
2. Rimasti uguali 30.7
3. Abbreviati 13.4
Totale 100.0
N. casi: 104

DATI STRUTTURALI

Età:
1. Meno di 39 anni 20.8
2. 40-49 anni 28.1
3. 50-64 anni 42.3
4. Oltre 65 anni 8.8
Totale 100.0
N. casi: 1.060

Genere:
1. Uomo 80.7
2. Donna 19.3
Totale 100.0
N. casi: 1.060

Qual è il titolo di studio che ha conseguito:


1. Nessun titolo 0.9
2. Licenza elementare 6.6
3. Licenza media 31.9
4. Qualifica professionale 11.5
5. Diploma 41.1
6. Laurea triennale 0.4
7. Laurea magistrale 7.3
8. Specializzazione post-laurea 0.3
Totale 100.0
N. casi: 1.054

Prima di essere imprenditore lei era:


1. Lavoratore dipendente 53.3
2. Lavoratore autonomo 10.1
3. Ho sempre fatto l’imprenditore 33.8
4. Altro 2.8
Totale 100.0
N. casi: 1.057

Classi di addetti (escluso il titolare):


Campione Universo
1. 2 addetti 32.1 30.4
2. 3-5 addetti 32.5 34.0
3. 6-9 addetti 15.5 16.1
4. 10-19 addetti 13.7 13.5
5. 20-49 addetti 6.2 5.9
Totale 100.0 100.0
N. casi 1.060 548.322

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Area geografica:
Campione Universo
1. Nord Ovest 32.6 31.8
2. Nord Est 16.3 15.5
3. Centro 26.0 24.6
4. Sud e Isole 25.1 28.0
Totale 100.0 100.0
N. casi 1.060 548.322

Settore:
Campione Universo
1. Alimentari, bevande, tabacco 9.1 8.4
2. Tessile, abbigliamento 9,1 8.1
3. Cuoio, pelli 3.0 2.9
4. Legno 7.7 4.2
5. Carta, stampa, editoria 2.8 3.6
6. Coke, prodotti petroliferi 0.2 0.1
7. Chimica e affini 1.5 0.7
8. Gomma, plastica 1.3 1.8
9. Trasformazioni materiali non metalliferi 2.3 3.1
10. Metallurgia 6.2 11.8
11. Macchine, apparecchi meccanici 10.0 4.8
12. Apparecchiature elettriche e macchine 8.3 5.1
13. Mezzi di trasporto 0.4 0.7
14. Altre manifatture 13.5 5.3
15. Costruzioni 24.7 39.5
Totale 100.0 100.0
N. casi 1.060 548.322

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