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Libreria Musicale Italiana (LIM) Editrice

GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO DEL FALCONE DI GENOVA (1600-1680)


Author(s): Armando Fabio Ivaldi
Source: Rivista Italiana di Musicologia, Vol. 15, No. 1/2 (1980), pp. 87-152
Published by: Libreria Musicale Italiana (LIM) Editrice on behalf of Società Italiana di
Musicologia
Stable URL: https://www.jstor.org/stable/24317620
Accessed: 27-04-2020 15:35 UTC

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GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO
DEL FALCONE DI GENOVA (1600-1680).*

L'anno zero del sec. XVII costituisce un punto di riferimento


di estrema importanza nella ' biografia ' del Teatro del Falcone. Sol
leva finalmente una cortina di argomentazioni generiche ο imprecise
finora riesumate intorno alle vicende e trasformazioni del massimo
teatro genovese del Barocco.1
Scoprire nel vivo il problema dell'esercizio della rendita fondiaria
da parte della classe al potere e del suo stretto rapporto con la dina

* Le fonti bibliografiche più frequentemente citate saranno indicate nelle note con
le seguenti abbreviazioni:
ASCG Archivio storico del Comune di Genova
ASG Archivio di Stato di Genova
« ASLSP » Atti della Società Ligure di Storia Patria
BAV Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano
BE Biblioteca Estense, Modena
CMBM Civico Museo Bibliografico Musicale, Bologna
EdS Enciclopedia dello Spettacolo
FICG Fondo Ivaldi di Campolongo, Genova.
1 Sulla storia di questo teatro (oggi non più esistente), sotto il profilo degli spetta
coli, si veda, anche se si rende opportuna una verifica diretta delle citazioni, R. Gia
zotto, La musica a Genova nella vita pubblica e privata dal XII al XVIII secolo, a cura
del Comune di Genova, Genova 1951; C. Bertieri, voce «Genova», in EdS, V,
coli. 1042-1043; L. Gamberini, La musica strumentale a Genova nel 1800, Genova,
E.R.G.A. 1974. I contributi più recenti, escluso il presente articolo, sono costituiti dalla
mia tesi inedita, superata in alcune parti, Il Teatro del Falcone (e l'attività teatrale nelle
sale genovesi dal secolo XVII al secolo XVIII), Scuola di Perfezionamento in Archeo
logia e Storia dell'Arte, Università degli Studi di Genova, a.a. 1974/1975, Introduzione,
pp. xii-xix, cap. 1-4, pp. 1-121; i miei articoli: Un Teatrino « qui est près la Loge des
Banquiers », « Critica d'Arte », n.s., 151-152, 1977, pp. 140-150; L'Impresa dei Teatri
di Genova (1772). Fer una gestione « sociale » della cultura, « Studi Musicali », VII,
1978, pp. 215-236, e un breve accenno in Aa. Vv., Convegno di studi sull'opera « Bianca
e Fernando » di Vincenzo Bellini, atti dei lavori, Genova 10-11 novembre 1978, a cura
dell'Amministrazione Provinciale di Genova e l'Assessorato alla Pubblica Istruzione e
Cultura, Genova 1980, pp. 169-170; infine, i due volumi di E. Frassoni, Due secoli di
lirica a Genova, Genova, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia 1980. Per i problemi
architettonici del teatro, nella sua veste fra '600 e '700, compreso quello di Sant'Agostino,
rinvio ad un mio studio in corso di pubblicazione sulla rivista « Palladio ».

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88 ARMANDO FABIO IVALDI

mica urbana peculiare della Genova sullo s


grazie ad una nutrita documentazione d'ar
attenta dei rapporti fra capitale, propriet
edilizia e, nel caso unico dei nobili Adorn
stabile e pubblico a Genova sul modello d
Il periodo compreso tra la seconda metà
del secolo successivo è, del resto, di grand
dere lo sviluppo del teatro nella città ligu
svolta decisiva e incontrovertibile che gli
tacoli delle più famose compagnie dei Com
detto, il trapianto del modello veneziano
stessa opera in musica veneziana, con part
di chiusura dei teatri sulla laguna, tra il 1
Certo non di poco conto fu il ruolo che
stire, come piazza « di grido », nel decen
nel momento cruciale del passaggio dell'op
demico ' (sul genere de La Finta Pazza), ve
mercenaria '.3
Per quanto concerne l'antica « hostaria s
pare che gli affari di messer Giacomo De Z
tario dal 1572, fossero entrati in una fase
fine del sec. XVI.
Evidentemente, a poco gli valse aver subaffittato la locanda, il
7 aprile 1600, a certo Giacomo Ghiglione del fu Lorenzo, ed essere
anche uno dei procuratori dei beni del suocero, il fu Gio. Battista
Veneroso, discendente da antica e nobile famiglia trapiantata a Genova.6

2 L'Impresa dei Teatri cit., pp. 215-218.


3 Cfr. su questo argomento l'importante contributo di L. Bianconi-T. Walker,
Dalla Finta Pazza alla Veremonda: storie di Tebiarmonici, « Rivista Italiana di Musico
logia », X, 1975, pp. 379-454.
4 A proposito della denominazione della locanda, passata poi al teatro di Gabriele
Adorno, le fonti ci parlano generalmente di « hostaria » ο « hospitium ad signum fal
conis ». Evidentemente, l'insegna esterna raffigurava un falcone, varietà ornitologica par
ticolarmente apprezzata dai genovesi che, fin dai tempi più antichi, dedicavano pazienti
cure all'addestramento di questo rapace. È noto che i falchi genovesi erano assai ricer
cati già nei primi anni del secolo XIII e venivano usati anche come oggetto di dono a
personaggi illustri.
5 De Zaretis ο De Zartete, come si trova differentemente menzionato nei documenti
d'archivio. Egli aveva ricevuto in eredità la locanda dal padre. Gio. Giacomo, il quale
gli fece solenne donazione di tutti i beni ned marzo del 1571.
6 A parte l'appellativo di « Magnifico » che ritroveremo in altri documenti in cui

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GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO 89

Nella primavera del 1600, il disagio finanziario del


il suo proposito di trasferirsi nei cespiti iberici della S
minante - ο tutti e due i motivi insieme, come è preferib
dovevano aver fatto maturare in lui una decisione definit
Il Magistrato degli Straordinarii,7 che aveva cura de
fu Giuliano Gavi i cui discendenti vantavano diritti,8
concordato con i nuovi procuratori del De Zaretti, cost
notarile del 1594,9 nelle persone di Lazzaro Garaffo e
Baldi, e si prese la risoluzione, con beneplacito delle par
al pubblico incanto l'« hostaria » con tutti gli annessi e
Così il « die lime. XVII Aprilis, in vesperis, in hospit
falcone », il curatore dell'eredità dei Gavi,10 insieme ai pr
De Zaretti, procede alla compilazione di un minuto invent
esistenti nella locanda,11 presente l'oste Ghiglione, respon
nel contratto di locazione a suo tempo stipulato. Tutto

si parla delle case del fu Gio. Battista Veneroso poste nella contrada
verranno espropriate per la costruzione di Strada Balbi in base al dec
del 1602), ciò si deduce chiaramente da un documento che ho rinvenu
notaio Cavalieri per l'anno 1662, riguardante il ramo genovese di que
venne ufficialmente presentata al Priore della Rota Civile di Geno
1593: «presentata, et petitum [est] ad hoc ut omni, et futuro tem
constare possent quinam essent de dieta nobili familia antiqua Venero
Cristoforo Cavalieri, filza 11, sg. 876, Rarnus arboris de antiqua et nob.
(15 giugno 1662). È noto poi che nella formula « [filius] quondam D.
ila D maiuscola per « Dominus » si usava per indicare una persona d
devole. Così registrava il nobile Giulio Pallavicino nel suo Diario,
morte del Veneroso, sotto il giorno 20 settembre 1585: « [...]. Ha lassa
e altrattanti milia scuti, è spiaciuto a tutti universalmente ». Inventi
vicino di scriver tutte le cose accadute atti tempi suoi (1583-1589), a
Genova, Sagep 1975, p. 94.
7 Sulle varie magistrature genovesi si veda G. Forcheri, Doge, g
curatori, consiglieri e magistrati della Repubblica di Genova, Genova,
8 Un Cristoforo Gavi, nel 1594, era conduttore della casa e del
signo falconi » e alla di lui famiglia rimasero presumibilmente fin
Ghiglione.
9 Con piena facoltà di vendere e alienare « domus seu hospitium nuncupatum
Hostaria del Falcone cum appothecis [...] ac viridario [...] in civitate Genue in contracta
Sancii Sixti ». ASG, notaio Gio. Francesco Valetaro (altrove Valdettaro), filza 85,
sg. 369, Procura η. 1 (28 gennaio 1594).
10 Erano forse due e di nomina governativa. Il documento dell'inventario è poco
leggibile in questo punto, ma sembra che uno di essi fosse un Invrea. L'atto di nomina
venne stilato dal notaio Agostino Ghighizola, ma non figura nell'unica filza (incompleta)
esistente presso l'ASG, notaio Agostino Ghighizola, filza 1, sg. 515, anni 1581-1604.
11 ASG, notaio Francesco Carexeto (altrove Cereseto), filza 81, sg. 318, n. 299,
Inventarium honorum et supelectilum.

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90 ARMANDO FABIO IVALDI

mente registrato con il suo valore commercia


suppellettili varie, agli arnesi da cucina fino al
e inutilizzabile. Il linguaggio scarno con cui le
si susseguono e l'argomento trattato stimolan
catore con incredibile suggestione.12
Al primo piano dell'edificio, certo di pianta
L, confinante sul retro con i « vacui » ο giard
tonio, c'erano le camere migliori: quella detta
deva un corridoio di raccordo sul quale si aff
Signora », « dell'Angelo », « della Stiva ».13
Ciascuna era dotata di un letto a colonne ο
trappe e pomi e il suo velo » di tela ο di seta
e sgabelli, qualche cassapanca, attaccapanni (gli
ria e oggetti di abbigliamento e non, che confe
impressione di prolungata trascuratezza.
Al pianterreno esistevano tre camere definit
ricavate da un recente ampliamento della locan
da poco, contigue ad una spaziosa cucina il cui
senza dubbio, il più vivo di tutto l'incartamen
bric à brac d'epoca rievocato dai nomi degli ute
inventariati in quantità, materiale, valore. Da
come si è detto, per la descrizione di ogni det
mento ad oggetti ancora posti nei locali di uso
breve, ciò che può interessare la dimensione d

12 Di straordinario fascino questo documento dell'inven


non poterlo trascrivere interamente; simile e altrettanto inte
grandi dimore genovesi dell'epoca, stesi all'atto di suddivis
« riconducono con immediatezza al quadro di quei conten
aveva così acutamente registrato nel suo breve soggiorno n
ropa » (E. Poleggi, La vita nei palazzi di città e di villa, in
catalogo della mostra, Genova, La Stampa s.p.a. 1978, p. 1
locande genovesi può essere utile la consultazione di un ms
Capitoli d'Hosti, hostarie e camere locanti, Genova 1640,
trino, p. 149, nota 18.
13 Non saprei fornire, con sicurezza, una spiegazione a
delle altre. Forse avevano ciascuna una specie di contrasseg
nome, in rilievo di legno ο magari soltanto dipinto; oppure
e racconti della tradizione popolare. Il caso della stanza d
potrebbe anche suggerire - in via del tutto ipotetica - il
realmente accaduto in quegli anni: il nobile Nicolò Salva
giugno 1583 e successivamente condannato come fuorilegge
nell'agosto del 1585, poteva esservi stato sorpreso e tradotto
in segreto » (Inventione cit., p. 90).

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 91

19 « cugliari di lattone » (cucchiai di ottone), 2 « griscelle


2 « grateirine » (grattugge), 3 « mortari di marmo » (mo
1 « sciusseto » (soffietto), 2 « torteiroli di ramo » (im
2 « tortere » (tortiere), 1 « barile da pessi salati » (bar
lati), quest'ultimo nella « despenseta » (piccola dispen
Grande » al pianterreno.14
Il lavoro di registrazione si rivelò però abbastanza lu
decisero, di comune accordo, di rinviare la conclusion
giorno seguente, martedì 18 aprile 1600. E così si fece
cominciando dalla « Sala Grande », contigua appunto
nita di « bancho con armarli ».
Credo che proprio nella « Sala » in discorso, sopra un tavolato
provvisorio, si agissero quelle rappresentazioni teatrali che, special
mente nell'ultimo trentennio del '500, avevano reso famosa in città
la locanda.
Mi spingono a questa ipotesi alcune considerazioni di carattere
pratico: la « Sala Grande », certamente all'ingresso dell'« hostaria »,
era usata come sala da pranzo degli ospiti e lo indicano i mobili de
scritti nell'inventario: tavoli, sedie, tappeti, una credenza, quadretti
alle pareti, un grande camino oltre alla « despenseta ».
Sul retro esisteva uno spazio verde a giardino che poteva essere
adibito a molteplici usi, connessi ο meno con l'attività teatrale che si
svolgeva all'interno della locanda. Solo verso la metà del '600, questa
area, confinante con le proprietà dell'abate di S. Antonio, verrà quasi
tutta utilizzata per la costruzione del nuovo Teatro Adorno ed in
parte espropriata ο venduta per l'erezione dei palazzi Balbi.
Dalla « Sala Grande » partiva di certo anche la rampa di scale che
conduceva al piano superiore per dare accesso alle camere del primo
piano: in tal senso, non è difficile pensare che la struttura primitiva
del grande vano fosse del tipo corrales ο yards.

14 Nella camera « del falcone » si segnalano « molti ferramenti vecchi », mentre in


quella detta « della Signora » viene annotata, fra l'altro, l'esistenza di « una mezza spada
rotta, una fiascha di archibuseo, un par di stivali, una casacha e un colleto ». Nella ca
mera « dell'Angelo »: « una valigia, una borsa, quatto cossini da sella dui con staffe e
dui senza, un cappello ». Infine, la camera « della Stiva », che sembra la migliore del
piano, annovera, oltre al letto e oggetti vari, « due credenze vecchie, due tavole con suoi
piedi e tapeto, tre quadri uno della imagine della Madonna et l'altri di verdura, un
forciero » e un'infinità di lenzuoli, tovaglie e tovaglioli, asciugamani e pezze di tela, per
lo più in cattivo stato.

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92 ARMANDO FABIO IVALDI

Altre camere prospettavano comunque


pre contrassegnate da un nome specifi
rona », « dell'Aquila », « dell'Alicorno »
genere tutte a due letti; infine altre tr
che dimostrano come l'edificio avesse pi
Sempre il 18 aprile 1600 poi, l'oste
iscritto che gli erano stati consegnati « ar
descripta in supra dicto inventario », fa
mero di oggetti elencati nel nuovo atto
Le modalità nella conduzione dell'« hos
invece dal Ghiglione l'8 luglio dello stes
tratto di affitto a « Jacobo Ghigliono c
ratori del De Zaretti pattuiscono la cifr
le quattro botteghe, in 1500 lire annue
somma che l'oste Ghiglione si impegnav
stesso De Zaretti, Gio. Francesco Pallav
Batta Doria del fu Nicolò, a versare in
Si ricorda però in una clausola che la
posta dal Senato nel 1594 sulle osterie,
sueta spesa relativa all'armamento della
tava soltanto al conduttore dell'« hostar
stessa.

Dobbiamo qui ricordare che il problema della creazione di una


flotta che sostituisse ο affiancasse quella data in asiento da Andrea
Doria, cominciò a farsi pressante verso gli anni '50 del sec. XVI:
i disordini della Corsica, le incursioni dei pirati sulle coste liguri del
Ponente e del Levante, l'età ormai avanzata del principe che offriva po
che garanzie di sicurezza,16 furono cause preponderanti in questa deci

15 Nel 1594, conduttore della locanda era Cristoforo Cavi il quale, il 7 luglio di
quell'anno, pagò allo Stato la somma stabilita dalla legge. ASG, notaio Gio. Francesco
Valetaro, filza 120, sg. 385, Ratificatici facta per M. Jo. Baptam Zareta (15 luglio 1602).
16 Andrea Doria aveva cominciato la professione di asientista, vale a dire di appal
tatore di galee, verso il 1520, tenendole a disposizione della Repubblica con particolari
e determinate condizioni. Ma la fama di invincibilità che gli meritò le lodi dell'Ariosto
(« Questo è quel Doria che fa dai pirati / Sicuro il nostro mar per tutti i lati »), co
minciò ad offuscarsi dopo la Prèvesa e in seguito alle non sempre fortunate azioni navali
degli anni successivi, fino all'anno della sua morte (1560). Cfr. V. Vitale, Breviario,
I, Genova, Comune di Genova 1955, p. 217. Sul potenziamento navale della Repubblica
si veda anche, presso la Civica Biblioteca Berio di Genova, il ms. Raccolta di leggi e
decreti riguardanti il prestant.mo Mag.to delle galee (F. Aut. m. r. VII. 2-29.).

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GLI ADORNO E l'hOSTARIA-TEATRO 93

sione, anche se non senza tormentose divergenze in se


politica.
Sono anche gli anni in cui l'impero genovese, di carattere soprat
tutto mercantile e volto alle colonie orientali, si trasforma in un im
pero finanziario che ha il suo epicentro in Occidente e in particolare
in territorio ispanico: « uno spostamento del ruolo economico fonda
mentale dei genovesi, dal commercio alle finanze, dalle casse e dai sac
chi alle cedole ed alle lettere di cambio ».17 E le colonie stesse sono
del tutto particolari, il più delle volte appannaggio di banchieri geno
vesi della nobiltà ' vecchia ' della Repubblica.
I più facoltosi rappresentanti di appena quattro famiglie dell'ari
stocrazia (Grimaldi, Lomellini, Pallavicini, Spinola di Lucrali), un
complicato insieme di parentele e imprese finanziarie di portata euro
pea,18 sono, dal 1550 circa, i protagonisti della costruzione della fa
mosa Strada Nuova, un lussuoso quartiere residenziale genovese e
insieme una grande strada di rappresentanza che recepiva il concetto
di separazione delle classi per gerarchica differenziazione economica
e topografico isolamento che era nella coeva trattatistica, dal Cat
taneo in poi.19
Ma torniamo, più da vicino, al nostro argomento. Prima di arri
vare all'asta del 1602, è opportuno fare un passo indietro di qualche
anno e porre l'attenzione su alcune operazioni legali messe a punto
dal De Zaretti.
II 28 gennaio 1594 egli revocava a Giorgio Cigala e Gabriele
Adorno, « socios Mediolani », la procura loro affidata per i suoi affari
nello Stato di Milano,20 sostituendovi, con atto notarile dello stesso
giorno, i predetti Garaffo e Baldi.

17 E. Grendi, Traffico, navigli e consolati genovesi nel Cinquecento, « Rivista


Storica Italiana », LXXX, 1968, pp. 593-629.
18 E. Poleggi, Strada Nuova, una lottizzazione del Cinquecento a Genova, 1* ed.,
Genova, Sagep 1968, p. 27.
19 « La casa del gentilhuomo et di buon grado deve essere sopra una piazza se gli
è possibile, o, almeno su una strada nobile et sopra il tutto isolata », aveva scritto anche
il Serlio. Dal passo citato si arriva facilmente alla definizione di « Via dei re », dato il
carattere di alta dignità aristocratica che ogni palazzo assumeva nella scena urbana. E
così, anche più tardi, architetti e pittori continuarono a valutare Strada Nuova.
20 ASG, notaio Gio. Francesco Valetaro, filza 85, sg. 369, Procura η. 1 e n. 2
(entrambe del 28 gennaio 1594). A proposito ddlla revoca, dice il documento n. 2:
« revocandum procuram factam in dictos Georgium Gigalam et Gabriellem Adurnum [...]
tam prò tempore praeteiito quam prò futuro [...] petendum habendum egendum reci
pdendum et recuperandum [...] a Regia Ducali Camera Status Mediolani ».

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94 ARMANDO FABIO IVALDI

Questi ultimi, « utendo facuitatis in [...]


procure data [...] cassant revocant et annu
Magnifici Georgi Cigala et Gabrielli Adurn
come « socios Mediolani », Gio. Paolo Cost
un periodo di cinque anni.
Contemporaneamente, il De Zaretti redi
Valetaro, una procura « ad votum » al Gar
loro, quindi, pieni poteri per vendere ed a
quattro botteghe.21
La nuova procura per i « socios Mediola
quella data, il Garaffo e il Baldi avevano
vendita dell'« hostaria », mentre Gabriele
mente, non aveva più nulla da spartire co
Seguendo le fasi dell'asta del 1602, si ha
un piano prestabilito, e magari concordato
all'Adorno di entrare in possesso della loc
cone », tanto più che il De Zaretti intende
Spagna.
Al 15 luglio 1602 risale l'atto di vendita dal quale apprendiamo
l'effettiva consistenza patrimoniale dell'« hostaria » e la sua esatta
ubicazione. Così recita il documento: « Domum cum omnibus suis
membris, juribus et pertinentiis et cum quattuor appothecis sub ea ac
cum viridario [...] et retro villa abbati Sancti Antonij [...]. Item
omnia illa bona, mobilia, arnensia et supelectilia que habet in affictuum
et de quibus est debitor Jacobus Ghiglionus conductor diete domi et
viridarij ».22
Sotto quella data i procuratori del De Zaretti vendono dunque a
certo Luca Bava gli immobili in discorso per la somma di lire 18.000
più 2.568 lire e soldi 16, valore di mobili e suppellettili della locanda
di cui il Ghiglione, che resta « conductor » dell'« hostaria », è debi
tore nei confronti del Bava, secondo quelle modalità già contenute
nella locazione stipulata con il De Zaretti il 7 aprile 1600.

21 ASG, notaio Gio. Francesco Valetaro, loc. cit., Procura n. 3 e n. 4 (entrambe del
28 gennaio 1594).
22 ASG, notaio Gio. Francesco Valetaro, filza 120, sg. 385, Venditio (15 luglio
1602) e Ratificalo facta per M. ]o. Baptam Zarete in qua intervenit M. Catt.a eius uxor
et que renuntiavit (stessa data), con un documento in lingua spagnola della rinuncia
datata, da Granata, il 24 settembre 1602.

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GLI ADORNO E l'hOSTARIA-TEATRO 95

I beni erano venduti in blocco, « unite et non separa


niunctim », liberi da ogni onere e tassa, fatta eccezione
nuale relativa all'armamento della flotta, più ancora l'an
da pagarsi al canonico della cattedrale di S. Lorenzo ο al
della stessa, poiché il terreno su cui sorgeva l'« hostar
teutico al Capitolo della cattedrale stessa e si doveva pag
annuale dopo la relativa investitura del fondo.
La vendita era possibile a patto che non solo il De Za
anche Caterina Veneroso, sua moglie, unitamente ai congiu
rinunciassero ad ogni diritto sui beni messi all'incanto.
I procuratori del De Zaretti ricevevano « prò partito »
Bava, mentre si prevedeva che « data prius per dictos v
deiussione ad evictione dictorum honorum prò annis vigint
die qua remanebunt vendita et deliberata dieta bona »,
catio, approbatio, confirmatio » di Caterina De Zaretti
Soltanto allo scadere dei vent'anni stabiliti, il De Zare
potuto disporre a suo piacimento del capitale, mentre po
fruire, nel frattempo, degli utili derivatigli da quella so
dai procuratori, in credito del De Zaretti, in uno dei ca
rati del Banco di S. Giorgio.
Questo il contratto per sommi capi, ma gli immobil
comunque rimasti all'incanto dal 23 luglio all'8 agosto,
dell'Ave Maria della chiesa di S. Pietro in Banchi, in at
giori offerenti.
La vendita dell'antica « hostaria » del falcone, nata con
intorno al 1510 per l'iniziativa di un milanese, certo Be
velli trapiantato in territorio della Dominante,23 doveva av
un certo interesse a fini speculativi e di investimento, t
un'area di discreta entità e importanza per la sua ubicazi
Proprio nel 1602 veniva decretata la costruzione di St
con una serie massiccia di espropri e sbancamenti seco
prestabilito. Il taglio della Strada, motivato più generic
necessità di rendere più comoda la viabilità di uscita da
di Ponente e connesso con un effettivo miglioramento
tuale, situava il complesso della « hostaria » in un punto

23 Cfr. Un Teatrino cit., p. 143.

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96 ARMANDO FABIO IVALDI

assai favorevole, facilmente raggiungibile si


più a monte grazie alla nuova arteria urban
Il 16 luglio 1602 si presenta al banco del n
piazza Banchi, centro nevralgico dell'econom
vese, Bernardo Bozzo (Bozio)24 il quale, info
somma di denaro pattuito in precedenza per
compresi mobili e suppellettili, secondo le m
notaio.
Successivamente, l'azione del Bozzo diviene
stesso mese, a mezzo di legato, sale a lire 21
300 a suo beneficio a vendita conclusa, e lire
trezzeria e gli arredi della locanda.
L'8 agosto, alla scadenza fissata al suono
notte, non essendosi presentato un maggiore of
curatori del De Zaretti, con il consenso di q
vendere al Bozzo stesso « prò pretijs, modis,
tionibus, pactis, obligationibus et cautellis q
diete venditionis continetur ».25
Il 9 agosto, alla presenza del notaio Valet
esplicitamente il nome della persona per c
sponte et omni meliori modo »: « dieta bon
Magnifici Gabrielis Adurni quondam Domini
Segue, quindi, tutta la consueta prassi per
petenze al « cintraco » pubblico27 e, nel 160
di lire 500 a Luca Bava. Intanto, il 24 settemb
la rinuncia scritta di Caterineta De Zaretti V
marito, aveva già trasportato Lari e Penati
approvazione e ratifica del notaio Pedro Pere
scopale della città spagnola.28

24 Persona di un certo riguardo, se non proprio nobile,


al di lui padre Giovanni.
25 ASG, notaio Gio. Francesco Valetaro, filza 120,
glio 1602).
26 ' Compra di propria iniziativa e nel migliore dei modi ' [dice] di aver com
prato a nome e per conto del Magnifico Gabriele Adorno del fu Signor Galvano '.
27 Lo diremmo oggi una sorta di ufficiale giudiziario che aveva anche funzione di
pubblico banditore, preposto all'asta per parte dei venditori.
28 Alla rinuncia di Gaterineta si associa il di lei fratello Paolo, minore d'età; Bar
tolomeo Veneroso, zio paterno, e Alessandro Clavarino, cugino di Caterineta per parte
di madre. Il documento, redatto in lingua spagnola, è citato nella nota 22.

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 97

Il 18 gennaio 1603 aveva luogo il definitivo passaggio


dell'« hostaria », con annessi e connessi, a Gabriele Ad
tava la « fideiussio ad evictione » dei beni per vent'ann
totale lire 25.501 e soldi 16, più il partito di lire 300
L'utilizzazione di ' teste di legno ' nelle udienze di un
pratica usuale del tempo,29 specialmente quando l'int
quisto era un personaggio in vista e non desiderava,
tivo, sia esporsi troppo sia far salire ulteriormente il pre
giusto a motivo della propria posizione economica e so
Ma è soprattutto la revoca all'Adorno (e al Cigal
sione di procuratore per gli affari di Milano, fatta all'
dal De Zaretti, unitamente alla presenza del Bozzo, ch
nome all'Adorno durante l'asta, a spingermi verso l'ipo
dita preordinata e regolata da accordi privati.
Non è da escludere che uno dei moventi in tal senso sia stato la
cattiva situazione economica del De Zaretti, forse indebitato con lo
stesso Adorno.
Non diversamente, del resto, si svolgerà l'asta del 1680, quando
il Teatro Adorno, ormai caratterizzato da regolari stagioni di spetta
colo e con una attività assai continuativa nel settore dell'opera in mu
sica, verrà messo all'incanto con l'annessa locanda, dagli eredi di Gio.
Paolo Adorno, figlio di Gabriele,30 a motivo del loro dissesto finanziario.
Bartolomeo Saluzzo (famiglia imparentata proprio con il ramo
Adorno di Gabriele31) si aggiudicava il « Theatrum cum bonis annexis

29 « Nomine exclarando » è la formula giuridica usata in questi casi.


30 Per la discendenza di Gabriele Adorno del fu Galvano, anche in rapporto agli
altri personaggi di questo ramo della famiglia di cui parleremo nel corso dell'articolo,
rinvio, a parte le carte d'archivio citate volta per volta, a N. Battilana, Genealogie
delle famiglie nobili di Genova, Famiglia Adorno, I, Genova, Tip. Pagano 1825, p. 8.
31 Maria Geronima Saluzzo era infatti madre di Gabriele e Carlo Antonio Adorno,
i due figli superstiti di Gio. Paolo, deceduto il 3 agosto 1639, e nipoti di Gabriele
Adorno. La data precisa della morte di Gio. Paolo si ricava dalle deposizioni di Giulio
Rizio e Domenico De Michele (ASG, notaio Giuseppe Repetto, filza 51, sg. 705, doc.
n. 5 - 30 agosto 1639), mentre se ne fa generico accenno in quelle di Agostino Veronese
e Gio. Antonio Guido (ASG, notaio Giuseppe Repetto, loc. cit., doc. η. 1 - 28 agosto
1639). Da altri documenti veniamo a sapere che Gio. Paolo Adorno, il 27 aprile 1637
(ASG, notaio Giuseppe Repetto, filza 47, sg. 704, Procura), aveva nominato suoi pro
curatori il cognato Gio. Agostino Invrea e, successivamente, la moglie Maria Geronima
(29 aprile 1637). « Fideicommissarii, tutores, et prò tempore curatores » dei figli minori
erano già stati indicati, per volontà testamentaria del defunto, nelle persone del fratello
Gabriele Adorno, il cognato Giacomo Saluzzo (fratello di Maria Geronima?), la moglie
e Geronimo Adorno. Ciò viene ratificato, con accettazione degli interessati fatta a bene

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98 ARMANDO FABIO IVALDI

noncupatum del Falcone »,32 affittato dal


stocratici per l'esercizio del pubblico spetta
cessivamente di aver comprato gli immobili
Cambiaso dal quale, tutto il complesso, pass
e definitivamente a Eugenio Durazzo.34
Nel 1602, come si è già anticipato, la nub
addensava sulla zona compresa fra il Guast
maso, verso Fassolo, interessò anche l'« hos
tamente e, per così dire, indirettamente.
Dopo la costruzione della grande Loggia d
Banchi (1590-1596),35 i lavori per la nuova s
il nome, tracciata alle spalle dei sobborghi d
tramato insediativo disposto quasi a spina d
collina, costituiscono per Genova forse l'ul
urbanistica.
La descrizione succinta dei confini dell'« h

fido d'inventario, l'8 agosto 1639 (ASG, notaio Giuse


docc. nn. 2-3). Il 12 agosto 1639 viene surrogato Ger
Gio. Michele Zoagli, appartenente ad una famiglia anch'
(ASG, notaio Giuseppe Repetto, loc. cit., doc. η. 4). N
copia originale del testamento di Gio. Paolo, stilato il 2
messo, fra l'altro, una valutazione più predsa della co
eredità (si veda comunque, ASG, notaio Giuseppe Repet
invece, l'inventario dei beni, redatto il 30 agosto 1640
filza 51, sg. 705, lnventarium honorum), con una picco
Sempre al 30 agosto 1639 risalgono, infine, le nuove pr
Adorno nelle seguenti dttà: Roma (Geronimo Maijno (
e Siviglia (Gio. Tommaso e Gio. Agostino Serra - doc.
e Gio. Batta Dotti - doc. n. 10); Milano (Gio. Batta Fre
32 II Giazotto, op. cit., ρ. 196, lamentava di non es
documenti inerenti il passaggio di proprietà del Teat
invece, ASG, notaio Stefano Bargone, filza 3, sg. 102
tembre 1680) e doc. n. 267 (21 ottobre 1680).
33 Qualche indicazione sull'argomento si trova nella
bienesco » di una collezione privata genovese, « Antic
34 A questa famiglia resterà fino al 1824, anno in cui
turato all'inizio del '700, fu acquistato dai Savoia insiem
prospettante su Via Balbi. La dimora, che fu già dello
migliorata, in alcuni aspetti estetid e funzionali, da Ca
vese chiamò da Roma alle soglie del secolo XVIII.
35 E. Poleggi, La condizione sociale dell'architetto
l'epoca aies stana, in Aa. Vv., Galeazzo Alessi e l'archite
convegno (1974), Genova, Sagep 1975, pp. 364-365, e l
genovese del 1599. L'Arco trionfale per il passaggio di
d'Austria, « La Beno », Bollettino d'informazioni biblio
Genova, 3, 1979, p. 46, nota 21.

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GLI ADORNO E l'hostaria-teatro 99

quale risulta dai vari atti di vendita di immobili priv


demolizioni, indica chiaramente che l'edificio in c
canda fu risparmiato, mentre il giardino subì ima
Appare anche evidente che gli eredi di Gabriele
duto nel 1611,36 possedevano quella striscia di ter
staria »-teatro giungeva fino alla piazza di S. Brig
parte della quale dovevano sorgere le case Balbi,
genio Durazzo verso la fine del '600.
Fra gli atti del notaio Pilo del 1602 e del 1605 e
carte attinenti la compera e gli espropri di immo
glio della nuova strada.37 In una di esse (2 luglio
punto menzionati i giardini dell'« hostaria » del
l'abate di S. Antonio, parte dei quali erano sogge
Il documento contiene la descrizione di una casa
nesso di Babilano Pallavicino (il proprietario d
tello? 39), ceduti spontaneamente dal nobile ai Dep
da strada perché interessati agli sbancamenti previst
I Deputati, tuttavia, rivendettero progressivam
zamenti che non ritennero più utili ai loro scopi.
zio del 1611, mettevano al pubblico incanto un «
cum puteo in eo existenti in Burgo Prédis vicini
alias erat ex pertinentijs viridarij Magnifici Babil
cui quidem solo coheret a meridie viridaria in par

36 Lo si deduce da documenti di « venditio » del notaio Giacomo Cuneo (dove si


parla degli eredi « quondam Magnifici Gabrielis Adurni », per cui si veda la nota 31.
37 ASG, notaio Gabriele Pilo (altrove Pillo e Pelo), filza 5, sg. 461. Esiste uno
studio in proposito di E. Poleggi - L. Grossi Bianchi, La Strada del Guastato: capi
tale e urbanistica genovese agli inizi del Seicento, in Aa. Vv., Dalla città preindustriale
al capitalismo, Bologna, Il Mulino 1975, pp. 81-93.
38 ASG, notaio Gabriele Pilo, loc. cit., doc. η. 420. Altrove (ASG, notaio Gabriele
Pilo, loc. cit., doc. η. 300 - 8 agosto 1603) si parla anche del progetto della costruenda
strada con annesso modello (forse sfuggito al Poleggi e al Grossi Bianchi perché non
è citato) verso il baluardo di S. Michele. Il disegno si trova fra le carte relative al
« centrato » di Gio. Andrea Doria e i Deputati alla fabbrica della strada.
39 Cfr. M. Labò, I Palazzi di Genova e P. P. Rubens, Genova, Tolozzi 1970,
pp. 194-199.
40 ASG, notaio Gabriele Pilo, loc. cit., doc. η. 420: « quello resto ο sito della
sudetta villa che avanserà sotto la sudetta strada verso la marina, sin al giardino di
S. Antonio et alla casa del detto Magnifico Babilano dove hora habita il Magnifico Fran
cesco Frugone, e li giardini dell'hostaria del Falcone, del Magnifico Andrea Armirotto
et Cambiasio ecc. ».

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100 ARMANDO FABIO IVALDI

heredum Magnifici Gabrielis Adurni, et in


Domini Andrea Armiroti ac [...] in parte
si aggiudicò Gio. Batta Doria del fu Nico
consistente.
Abbiamo detto che P« hostaria » fu anche interessata indiretta
mente al taglio della nuova strada. Alcuni immobili siti in piazza del
Guastato, di proprietà del defunto suocero del De Zaretti,42 vennero
infatti espropriati per l'apertura del primo tronco,43 mentre, nella pri
mavera del 1605, sono vendute a Bernardo Bozzo (quello dell'asta del
1602), « domus cum domuncula et tintoria » da parte dei fratelli Mo
rando, dei cui beni il De Zaretti aveva la « fideiussione » nel 1589.44
Al Bozzo i Morando venderanno un'altra casa, ricomprata dai Depu
tati che, a loro volta, la rivenderanno ai Balbi nell'ottobre del 1605.45
Nel luglio 1611 sono invece venduti ai Deputati alcuni apparta
menti di stabili nel carroggio della Pace, in vicinanza del complesso
dell'« hostaria » degli Adorno.46

41 «[...] occidente viridarium heredum dicti quondam Magnifici Gabrielis Adurni


in parte et in parte plateale S. Brigida ». ASG, notaio Giacomo Cuneo, filza 4, sg. 676,
Obligatio ad vendendum (15 gennaio 1611). Si veda anche il doc. n. 20 Affrancatici (15
gennaio 1611). L'attrito fra i vecchi proprietari del sito con l'abate di S. Antonio era
motivato da una questione di approvvigionamento idrico dal giardino dell'abate, me
diante una tubatura condotta dal pozzo dei Pallavicino al giardino stesso.
42 ASG, notaio Gio. Francesco Valetaro, filza 85, sg. 369, Locatio (31 maggio 1594);
e notaio Gabriele Pilo, loc. cit., doc. n. 422 (25 ottobre 1605).
43 ASG, notaio Gabriele Pilo, loc. cit., doc. n. 422; e notaio Gio. Luca Rossi,
filza 6, sg. 960, Declaratio et assignatio et alia (18 giugno 1659).
44 ASG, notaio Gabriele Pilo, loc. cit., doc. n. 420 (Relaxatio et venditio - 8
marzo 1605).
45 Gli immobili confinavano come segue: « antea platea Guastati, ab uno latere
domus Jo. Francisci Balbi, retro in parte domus heredum quondam Jo. Venerosij ».
ASG, notaio Gabriele Pilo, loc. cit., doc. n. 421 (Venditio et cessio - 25 ottobre 1605);
si veda anche il doc. n. 422 (Pacta et alia inter Ill.mos et M.os Deputatos - 25 ottobre
1605). Per case dei Morando e dei Veneroso si consulti anche un fascicoletto del notaio
Gio. Luca Rossi, loc. cit., relativo agli obblighi dei Balbi nelle spese per la costruzione
e lastricazione della nuova strada (Declaratio et assignatio et alia - 18 giugno 1659).
46 ASG, notaio Giacomo Cuneo, filza 4, sg. 676. Un certo Zignago, filatore di seta,
vende ai Deputati: « solarla dua scilicet primum [et] secundum in ascendendo cum
volta sub eis [...], domus posita Genue in Carrubeo pacis cui coheret ante dictus Car
rubeus, retro domus que fuit Laurentij de Ferrariis et aliorum ab uno latere heredum
quondam Magnifici Gabrielis Adurni ecc.» (Venditio - 14 luglio 1611). Andrea Podio,
figlio di un « bombardarius », vende a sua volta: «solarium a tecto [...] cuiusdam
domi posita Genue in Carrubeo Venture cui coheret ante dictus Carrubeus, retro domus
heredum quondam Magnifici Gabrielis Adurni ecc. » (Venditio - 14 luglio 1611). Infine
Enrico Testana del fu Geronimo, « massarius », aliena: « solaria duo scilicet tertium,

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 101

L'« hospitium ad signum falconis » diventava a tutti gli ef


prietà degli Adorno, come abbiamo visto, nel 1603 e giu
mani del nobile Gabriele con una tradizione teatrale che, a
irregolari, risulta documentata dal 1566,47 ma è certo an
questa data.
Le laconiche notizie ο testimonianze varie riguardanti l
del Falcone e, più in generale, gli spettacoli rappresentat
nel corso del '500, parlano di « commedie », a volte con
musica e danze, cui devono aggiungersi saltimbanchi e gio
nelle gride del Senato e nelle condanne della gerarchia eccl
troviamo talora accomunati, generalizzando confusamente,
disposizioni restrittive del visitatore apostolico Francesco
mimis, histrionibus, prestigiatoribus, omnibus circulatoribus
modo per totum diem, artem suam exerceant ».49
L'atteggiamento del Bossio verso il mondo del teatro ri
del resto, una posizione ufficiale della Chiesa che, tramit

et quartum in ascendendo cum medio solario a tecto [...] domus posat


Carrubeo pacis cui coheret ante dictus Carrubeus, retro domus que fuit
Ferrariis et aliorum, ab uno latore heredum quondam Magnifici Gabriel
parte ecc. » (Venditio - 14 luglio 1611).
47 Cfr. Un Teatrino cit., p. 149, nota 18.
48 I severi divieti del Sinodo Diocesano del 1574 proibivano addirittur
mento delle Sacre Rappresentazioni, dato il -loro carattere sempre più profa
andate acquistando. Aspetto tanto più pericoloso in quanto esse avevano
riamente nelle chiese e negli oratori delle confraternite, suscitando scandalo
Ma la rigidità delle disposizioni fece sì che questo tipo di spettacolo emi
naturale palcoscenico, chiese ed oratori appunto, per svolgersi anch'esso
vate. Le disposizioni, per altro verso, dovevano essere poco rispettate
Decreta del Bossio prescrivevano: « Choreae et saltàriones, praesertim
aliaeque profanae actiones etiam in honores Sanctorum aliove quovis
corruptelam introductae cum ab eorum festorum dierum cultu aliena
fiant ». Nel 1603, poi, i Decreta del Sinodo Diocesano di Orazio Spinola
agli ecclesiastici di presenziare a spettacoli pubblici: « Comoediarum seu
recitationi, ludis et aliis publicis, inanibusque spectaculis ne assistant
spectatores sint ». Cfr. Synodi Diocesanae et Provinciales edite atque i
Genuensis Ecclesiae, Genova, Typographia Archiepiscopali 1833, pp. 102,
49 Synodi Diocesanae et Provinciales cit., p. 269. Già Carlo L. Ragg
tacolo Medievale [1966], Arti della Visione, II, Torino, Einaudi 1976, p
rito che il termine « jaculatores » è comprensivo, fin dal Medio Evo, di m
rioni con particolare riguardo alla danza: ballerini, acrobati, ginnasti,
aggiungevano però anche i « mimi » e gli « histriones », sempre e comu
mento a spettacoli muti ο pantomime, come nell'antichità. Sarà poi la C
l'Arte a produrre una maggiore ' qualificazione ', pur non esulando da qu
precedente e coeva al tempo stesso.

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102 ARMANDO FABIO IVALDI

romeo, aveva stigmatizzato la « corrupte


presentazione.50
La « facies » teatrale genovese comincia
un carattere meno generico soprattutto
sec. XVI. Insieme con i riferimenti a mu
colari mascherate carnevalesche, affioran
modo sporadico, gli spettacoli alla moda: t
pre affiancati dai meno qualificanti gioco
rissimi ancora a '600 inoltrato.53
Sono alcuni versi di Paolo Foglietta,54 r

50 Ricordiamo, a questo proposito, l'azione che i


Milano fin dal 1565. Leggiamo in alcuni documenti
nibus, cingaris, meritoriis et aleatoribus. De his etia
nendos esse diximus. Ut histriones et mimos, coeter
perditos homines [...] et in caupones et alios, quicu
madvertant ecc. » (E. Taviani, L'azione di Carlo Borro
Roma, Bulzoni 1969, p. 11 sgg.).
51 Nel Diario del Pallavicino troviamo qualche n
marzo 1585 leggiamo: « Le compiete questo anno con
Francesco e una Donna Romana la quale canta benis
fatto stupire ogniuno; costei è già molti messi che
loco permanente perché non vi è stato alcuno che gli
Ogniuno si chiarisca quanto poco siamo amatori
stesso anno: « È venuto non so che certi Venitiani,
esso loro per il quale sonarieno almeno 30 registri d
cosa maravigliosa e di molto gusto a vedere, vi co
(Inventione cit., p. 69 e p. 77).
52 In occasione del carnevale, ma anche per visite
qualche accenno nella mia Scheda per un « apparat
L. A. Cervetto, Il carnevale genovese attraverso i se
e arti », 1908, pp. 51-62 e pp. 97-122, oltre ad alcun
53 Nel 1678, in un clima di restrizioni e di auste
dell'opera in musica nel Teatro del Falcone, ancora p
Collegi del Senato si riunirono per discutere « int
comedie presso la Piazza del Guastato anche in giorno
di persone, et alcune volte sono succeduti rumori ».
simi, ο vadino via dalla città, ο si astengano [...]
comedie, e di esporre banco in qualsivoglia posto de
probabilmente inteso come palcoscenico improvvisat
rum n. 1663, doc. n. 53 (7 settembre 1678). I balle
unitamente ad altro genere di acrobazie, saranno mo
nei tre massimi teatri pubblici, ancora a Settecento i
54 Autore di una celebre comedia dal titolo II B
quadro politico e sociale che vi si tratteggia della
L. T. Belgrano (con lo pseudonimo di Giovanni Scr
1883; M. Rosi, La « Comedia del Foglietta / Patrit
RO », « ASLSP », XXV, 1894, pp. 247-495. Sempre su
del Foglietta, con relativi problemi cronologici, ri

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 103

1585-1587, a introdurre una immagine ' nuova ' del mon


Genova verso la fine di quel secolo.
In primo luogo va rivelata la preferenza dell'aristocraz
verso la commedia (« chiù ve gusta ra comedia, ché da p
mento / ognun resta in fin contento / e un e l'atro uza ab
mentre l'accenno a « bergamaschi » e « venetien » (« Dr
fan chie / donde sempre gh'interven / bergamaschi da fà r
venetien ») fa subito pensare alla Commedia dell'Arte.
Nel Diario del Pallavicino si trovano accenni a rappr
di Zanni, quasi sempre, però, considerati sinonimo di
volgarità.56
Il Pandolfi aveva osservato che, fin dal sec. XV, la p
disoccupazione avevano spinto i montanari delle Valli d
verso le città. Qui essi si adattavano ai mestieri più pesan
riuscendo, a quanto pare, a monopolizzare il lavoro nei
nova e Venezia.57 In conseguenza di ciò, divenuti peric
renti nel lavoro, le popolazioni urbane concepirono astio
verso i nuovi venuti, che si espressero in componiment
zioni satiriche.58
La tragedia era, invece, meno coltivata (« S'uza anc
tragedia / ma perché finisce in chiento / chiù ve gusta ra

politica nel Cinquecento: « Il Barro » di Paolo Foglietta, « Studi di Fi


tura », I, Istituto di Letteratura Italiana, Università degli Studi di
pp. 85-115.
55 Paolo Foglietta, Il trionfo di Carnevale, e dei suoi seguaci, Ca
lesco [...] a cura di L. Valle, Genova 1925, p. 9. Anche la commedia e
a censure da parte del Senato. Nel gennaio 1594, per esempio, si probisc
durante il carnevale « sotto pena a quelli che facessero ο recitassero
ogni uno di loro et per ogni volta et a coloro che si mascarano di scuti 25
Guardisi dunque ogn'uno da contravenire perché li disubidienti sarann
puniti ecc. ». ASG, Archivio Segreto, Litterarum Senatus, filza 162.
56 Nell'antico dialetto genovese il termine Zanni ο Zani divenne sin
schera carnevalesca, come lascia intendere anche lo storico Alessandro
suo Giornale (1661-1623).
57 V. Pandolfi, Il teatro del Rinascimento e la Commedia dell'Ar
rici 1969, p. 170.
58 Per il rapporto esistente fra il repertorio decorativo dell'archite
del secolo XVI e le soluzioni scenografiche del Manierismo si veda
L. Profumo Muller, Dall'astrazione all'iconismo nel repertorio decor
tettura genovese del 500, in Aa. Vv., Galeazzo Alessi cit., pp. 349-35
59 II Diario del Pallavicino riferisce che il 5 settembre 1589 fu recitata da alcuni
giovani nobili « una tragedia spirituale » che « se ben era latina, de che molti, ο la
maggior parte non la intendevano [...] è riuscita molto bene e invero molto spirituale ».

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104 ARMANDO FABIO IVALDI

e, finora, non ci è giunta notizia di trag


verso la fine del secolo XVI, anche se non
nel genere, specie nel secolo successivo,60 p
allora, di opere destinate più alla lettura
vera e propria.
Quello che però è forse più interessante
glietta è l'accenno ai luoghi delle rapprese
tore a proposito delle commedie di « bergam
ra chà s'inchie si ben / che chiù d'un for
significa: « e la casa si riempie a tal pun
starsene fuori ».
La nostra attenzione deve fissarsi in quest
Nel genovese antico, poteva significare indi
palazzo.
Nel corso del '500, la Sacra Rappresentazione si svolgeva in pre
valenza nelle dimore dei nobili e analogo fenomeno avviene per le
commedie, spesso allestite nel Palazzo Dogale (Reale) ο nelle resi
denze urbane e di campagna dell'aristocrazia. È da notare, però, che
il teatro religioso, ο pseudo tale, si era andato arricchendo di apparati
scenografici, con viva preoccupazione dell'autorità ecclesiastica, e aveva
perduto, poco alla volta, il suo intimo carattere spirituale per acqui
stare, soprattutto nell'entroterra ligure, una più marcata componente
popolare.61

La rappresentazione, curata dai Padri Gesuiti, si svolse nella villa Pallavicino di Fes
solo. Inventione cit., p. 237.
60 Anche in questo caso, occorrerebbe uno studio puntuale e approfondito per
collocare meglio la produzione ' genovese ' nel contesto generale della tradizione barocca.
Oltre alle tragedie del Cebà e del Chiabrera, dobbiamo ricordare: Piero Benedetti,
autore di una tragicommedia pastorale dal titolo Magico Legato-, Girolamo Giustiniani
con Ajace flagellifero, Cristo in Passione, Edipo Re, Jefte; Tobia De Ferrari con la
Rosilda. Sul Cebà rinvio a D. Ortolani, Cultura e politica nell'opera di Ansaldo Cebà,
«Studi di Filologia e Letteratura», I, op. cit., pp. 117-178, e F. Vazzoler, La solu
zione tragica del pessimismo politico nell'ultimo Cebà, in AaVv., Dibattito politico e
problemi di governo a Genova nella prima metà del '600, Firenze, Le Monnier s.a.
(ma 1976), pp. 75-114.
61 La Passione di Cristo era l'argomento preferito, « il più universalmente insitato »
(L. T. Belgrano, Delle feste e dei giuochi dei genovesi, « Archivio Storico Italiano »,
XV, 1872, p. 417). Non si può fare a meno di evidenziare la continuità storica delle
Rappresentazioni Sacre che hanno per argomento la Passione, dagli antichi frammenti
di laudi del '500 fino a tempi assai più recenti. Nel 1867, per esempio, a Genova-Riva
rolo si rappresentò una Passione divisa in quattro giornate e analoghe manifestazioni si
segnalavano nella chiesa di S. Margherita di Genova-Marassi e a Gavi Ligure.

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GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO 105

Il 14 ottobre 1587 veniva inoltre istituita a Genova l'Accademia


degli Addormentati i cui membri fondatori appartenevano alle migliori
famiglie della nobiltà. Nella « Comprovazione delle Regole et Ordini
della Accademia », cap. X (« Del Carnevale »), si legge: « Pare anche
honesta cosa che secondo i tempi l'academia si eserciti, però appresso
carnovali secondo che parrà al principe et agli academici et istituisca
qualche gioco ο festa, ο comedia con gli debiti ordini et a le spese
pubbliche ».62
Non è certo questa la prima iniziativa ' teatrale ' di giovani aristo
cratici, anche se l'Accademia assumerà un ruolo di prestigio nella sto
ria del teatro aristocratico a Genova.
Già nel 1575, però, un atto notarile ci informa che un gruppo di
patrizi63 si facevano costruire dal falegname Giuseppe Forlano del fu
Frediano da Lucca « uno apparato di siena e palco, con inventione e
lumi fondi, e voltature di siena [da] farla tornare in essere (periatti
ο scene mobili?) ».64 La mercede di tutto il lavoro si conveniva nella
somma non piccola di 80 scudi d'oro.
Si pattuiva inoltre che al Forlano venissero forniti la tela e il le
gname, e « li sia dato un pittore, quale habbi da dare ο sia dipinger
quello li sarà ordinato ». Il termine consentito per ridurre l'opera « a
perfectione » era di sette giorni, a cominciare dal giorno successivo
(20 gennaio): vale a dire, l'ultima settimana di carnevale.
A questa attività drammatica ' privata ', caratteristica del teatro
genovese, si aggiungeva tuttavia quella che si svolgeva nei luoghi pub
blici, accessibili anche ai ceti meno abbienti: le rappresentazioni che
si tenevano nelle hostarie.
Il termine « chà » usato dal Foglietta poteva quindi significare il
Palazzo Dogale ο l'« hostaria », che tenderà progressivamente a sparire
con tale funzione, sostituita dal teatro stabile.
Le locande con annesso spettacolo acquistarono fama e importanza
a Genova soprattutto agli albori del Seicento.
Durante il periodo di carnevale molte compagnie di comici ita
liani e forestieri (francesi e spagnole) recitavano commedie nelle « ho

62 ASG, Archivio Segreto, Politicorum ti. 1650, doc. del 14 ottobre 1587.
63 Esplicitamente nominati nel contratto: Girolamo Spinola, Gio. Giorgio De Ma
rini, P. Vincenzo Negrone, Orazio Grimaldi, Paolo Dotia, Francesco Pallavicino.
64 ASG, notaio Pellegro Pogliasca-Negrone, filza 1, sg. 461, doc. del 10 gen
naio 1575.

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106 ARMANDO FABIO IVALDI

starie » genovesi: alla Croce Bianca, nei pre


stato; 65 al Falcone; alle Vigne, vicino all'om
Semeria.
Qui, nel 1611, alloggia una truppa di com
fortemente indebitati, chiedono al Senato licen
locanda, almeno per riuscire a pagarsi il sog
ria » nascerà, nel secolo successivo, il teatr
nome, poi incorporato nella stabile Impresa
nel 1772.66
Un'altra « hostaria » importante era quell
esistente alla fine del '500,67 e situata in
S. Fede, ebbe vita assai lunga, essendo ancor
In questa locanda, nel 1618, il Senato conc
comici spagnoli di Vincenzo Ossorio, una de
ο transitavano per Genova al seguito dei m
asiento alla corona di Spagna. Questi comme
tivi di esibirsi al Falcone per i debiti ivi con
soggiorno inoperoso, cercavano così di far f
sene ripartire.69
Sempre in quell'anno è a Genova anche
(Flaminio Scala) e Scapino (Francesco Gabrie
stimonianza contenuta in una lettera del con
del duca di Parma, Ranuccio Farnese.
È noto che all'epoca i due comici, insiem
tino, erano divenuti oggetto di sottile, incresc
vanni de' Medici e il duca di Mantova.70

65 Nel 1655, insieme a quella degli Adorno, risulta gestita da certo Giacomo Ghi
glione, forse nipote ο comunque parente del Ghiglione che gestisce quella del Falcone
al tempo di Gabriele Adorno. Cfr. L. T. Belgrano, Della vita privata dei genovesi,
Genova, Tip. Sordo-Muti 1875, p. 446, nota 1, e L. A. Cervetto, op. cit., II, p. 109.
66 Cfr. Un Teatrino cit., p. 140 e p. 142; L'Impresa dei Teatri cit., pp. 215
217 sgg.
67 Faceva anzi concorrenza a quella del Falcone il cui proprietario, De Zaretti, era
in quegli anni già in cattive acque.
68 Si consultino vari documenti presso l'ASG, Giunta di Marina, filza 31. A fine
'500 esisteva però un'altra locanda, appena fuori le mura di S. Tommaso, a Fassolo,
dove alloggiavano spesso ambasciatori e alte personalità. Non sappiamo tuttavia se vi si
svolgessero spettacoli. ASG, Archivio Segreto, Ceremoniarum n. 474, passim.
69 Per i rapporti fra Genova e il teatro spagnolo: A. Restori, Genova nel teatro
classico di Spagna, «Annuario della R. Università di Genova», 1911-1912.
70 Nella lettera (1° giugno 1618), in cui si parla della costruzione del Teatro Far

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GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO 107

La nuova Compagnia dei Confidenti,71 sorta a Firenze


samento del Medici, che ne fu protettore e impresario
chiamò a dirigerla lo Scala,72 aveva recitato nel 1618 an
e Mantova e, dopo Genova, si esibì anche a Lucca e a Ve
I principi-protettori tendevano, del resto, a configurarsi
veste impresariale che non in quella mecenatizia in sens
che se non è da trascurare un fine politico sui generis, d
che i grandi attori apportavano prestigio culturale.74
Ora, nel 1618, i tre attori menzionati erano stati espl
richiesti temporaneamente a Giovanni de' Medici dal Gon
in realtà, aveva in animo di formare una propria nuov
di Comici - una delle tante che fece e disfece - in grado
qualitativamente quella fiorentina.75
II Medici ne fu tuttavia preventivamente informato e

nese di Parma, si legge fra l'altro: « Si desiderarebbe in oltre che V. S. I


Enzo Bentivoglio] fingesse che la Compagnia di Flavio, e Scapino l'ha
vedergli fare havere licenza da S.A.S. [il duca di Parma] di venire a r
partiti che sieno da Genova; e questo perch'essi vorrebbono venire, a S
ma non giudica bene, in questo tempo dimandar questa gratia, che senz
scrivendo invij a me la lettera; ma come ho detto, lo faccia per partic
paia che habbia havuto dalla Compagnia [.] S.E. ha detto di voler scrive
che mandarà la lettera a me; se verrà sarà con questa mia, se nò, ac
volunta, e scusi la gioventù ecc. ». E postilla infine: « [...] ordinariam
vedere ie lettere che la mi scrive [...] de Comici [...] scriva in foglio
testo integrale della lettera si veda comunque I. Lavin, Lettres de
1627-28) et débuts du théâtre baroque, in Aa. Vv., La lieu théatral a
2" éd., Paris, Ed. CNR 1968, p. 151.
71 B. Brunelli, voce «Confidenti», EdS, III, coll. 1314-1315.
72 Che per questo abbandonò Mantova. Cfr. la singola voce, semp
Brunelli, EdS, Vili, coli. 1552-1553. Francesco Gabrielli detto Scapin
sua appartenenza ai Confidenti, sotto la direzione dello Scala, in due le
e del 1615 a don Giovanni de' Medici. Cfr. C. Garboli, voce « Gabrie
EdS, V, coli. 804-805.
73 Oltre naturalmente a Firenze. Qui la Compagnia mise in scena, co
lo stesso Scala che ne informa Giovanni de' Medici, l'Aminta tassesca
aprile 1618) e, successivamente, La Pazzia di Scappino, scritta e recit
Gabrielli (lettera del 9 novembre 1618), che « pari V.E. che questo p
miracolo ». Nel 1616 lo Scala scriveva al Medici (lettera del 2 dicemb
sentazione de L'Arianna, nella quale « la Lavinia [Diana Ponti] acquist
fatica l'aura popolare ». Per le lettere dello Scala si veda, A. Maria E
Teatro della Dogana detto di Baldracca, in Aa. Vv., Il potere e lo spaz
Principe, catalogo della mostra, Firenze, Eletta 1980, pp. 371-372; p.
74 A. Maria Evangelista, Il Teatro della Commedia dell'Arte a Fir
1653 circa), in Aa. Vv., Il teatro dei Medici, Firenze, Vallecchi 1980,
75 Ne accenna, alla voce « Confidenti », B. Brunelli, EdS, III, coli.
sempre lo stesso autore, alla voce « Scala Flaminio », EdS, Vili, coli. 1

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108 ARMANDO FABIO IVALDI

Né si possono ancora sottacere le frequen


stessa « Compagnia de' Comici del Duca d
denominazione si celano sicuramente impor
media dell'Arte, spesso al seguito del loro p
finanziamenti, faceva visita ai più importan

Al 1° febbraio 1567 appartiene, invece, u


relativo ad una ' società ', questa volta stip
genovesi, ma da attori professionisti. La du
cordo privato era di un anno: dalla Quaresi
del 1568.77 Vi partecipavano: Guglielmo P
Michele di Bologna e certo Marco Antonio
stabilirono di « insimul recitandi comoedias
« sonandi, cantandi, balandi », nonché « co
expediens fuerit ».
È questo, forse, il primo esempio che per
pagnia comicale a Genova, giacché troppo p
medie che si dovevano recitare nell'« hostaria » del Falcone l'anno
prima.78
I contraenti del 1567, inoltre, erano tutti e tre forestieri ed è
significativa la clausola che sancisce l'obbligo reciproco di suonare,
cantare e ballare anche in altre località oltre a Genova.
Ma è difficile dire se si trattava di una compagnia destinata a di
ventare famosa nell'ambito dei Comici dell'Arte.
II Belgrano osservò al loro riguardo che le rappresentazioni pre
viste nel contratto non dovevano essere soltanto parlate, ma anche
simboliche e mimiche; questo poteva essere, per altro verso, la testi
monianza ulteriore del fatto che, già nel teatro profano genovese del
'400, la musica rivestiva una grande importanza e spesso capita di
imbattersi in testimonianze di spettacoli genovesi di quel periodo con
accenni ad accompagnamento musicale e coreografico.79

76 Si veda la mia Scheda per un ' apparato ' cit., p. 44, nota 13.
77 ASG, notaio Gio. Francesco Molinello Seniore, filza 6, sg. 265, doc. n. 300
(Per societas). Cfr. anche il Belgrano, « Caffaro », 27 dicembre 1882.
78 Si tratta di una licenza per recitare « comoedias » concessa a Gaudio Rabrono (?)
per la somma di lire 40. Cfr. Un Teatrino cit., p. 149, nota 18.
79 Occorre ricordare che la farsa dei Due pellegrini del 1490, recitata da due nobili
Adorno con quattro famigli, contiene un esplicito riferimento al canto e all'accompagna

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 109

Nell'estate del 1586, dopo le Compagnie dei Gelosi, deg


e dei Confidenti, altri attori si trovavano a Genova.
Un comico fiorentino, Cesare De Nobili, era detenuto n
ria » del Falcone e guardato a vista dal messo di giustizia
cum cavalerio ») a causa di un debito di 70 scudi d'oro nei
di Gio. Maria Bargagli.
Il De Nobili, avvalendosi dell'autorità degli statuti gen
prevedevano che il debitore incarcerato potesse riavere la lib
visoria a beneplacito del creditore, la richiese, promette
stituirsi prigioniero qualora non avesse potuto saldare com
il debito.
Ciò che importa rilevare è che l'atto fu compilato « in camera Do
mus hospitii Falconi in contrata Sancii Sisti, in qua camera, ut asse
ritur, habitat domina Diana Ponti »,80 la capocomica dei Desiosi nota
come Lavinia,81 alla cui compagnia doveva appartenere anche il De
Nobili. Dovremmo così supporre che i Desiosi fossero a Genova an
che nell'estate del 1586.82
Manca ancora, tuttavia, una organica indagine sulla presenza della
Commedia dell'Arte a Genova. Accenni sono contenuti nel Diario del
Pallavicino, per gli anni 1584-1589, mentre la maggior parte delle no
tizie che a tu tt'oggi conosciamo sono quelle pubblicate dal Belgrano
e dal Rosi.83

mento musicale. La notizia di questa recita è contenuta in una lettera che il Pro
tonotario Stanga indirizzò al duca Galeazzo Maria Visconti, che aveva esteso la sua
signoria anche su Genova, pubblicata dal D'Ancona. Cfr. A. D'Ancona, Origini del
Teatro Italiano, II, Torino, Loescher 1891, ρ. 141. Si veda anche L'Impresa dei Teatri
cit., p. 220, nota 18.
80 ASG, notaio Pellegro Pogliasca-Negrone, filza 13, sg. 351, doc. n. 355 (4 luglio
1586). Che la denominazione della stanza « della Signora », neH'« hostaria » del Falcone,
sia da mettere in relazione con questo episodio?
81 Diede alle stampe vari componimenti poetici, passando nel 1599 nella Compagnia
degli Accesi, posta sotto l'alto patrocinio del duca di Mantova.
82 II Diario del Pallavicino non ne fa menzione. Inventione cit., pp. 108-140, e
vedi le successive note 95 e 96. Il Brunelli (voce « Desiosi », EdS, IV, coli. 541-542)
scriveva che, tra il 1580 e il 1600, la Compagnia recitò a Mantova, Bologna, Ferrara,
Milano, Cremona, Genova e Verona. Con il nuovo secolo, la Ponti lasciò i Desiosi per
recarsi a Parigi con gli Accesi, rimanendo però in buoni rapporti con i vecchi com
pagni. Non so se nel 1586 esordì a Genova, fra i Desiosi, Camilla Rocca Nobili, forse
legata da parentela con Cesare, famosa in arte come Delia, che passò poi nei Confidenti.
Celebrata in vita da molti poeti, morì intorno al 1615, compianta dal Marino che, in un
sonetto, la paragona a Venere. Cfr. L. T. Belgrano, « Caffaro », 29 dicembre 1882.
83 Cfr. L. T. Belgrano, « Caflaro », dal 26 al 31 dicembre 1882; 6 e 20 giugno 1886.
Si veda anche il Rosi, op. cit., Introduzione, pp. 221-225.

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110 ARMANDO FABIO IVALDI

Mentre in quest'ultimo viene però elusa o


rente la formazione e le scissioni delle varie
torio e, in genere, i principali interrogativi
l'Arte, il Belgrano è invece più preciso, pur
da cui ricava le preziose notizie d'archivio.
A proposito della prima recita dei Gelosi a
— che sarebbe poi la prima della Commedia
nalmente si ritiene - sembrerebbe desumer
dopo di lui) che sia avvenuta in casa di Gio.
sto 1579.84
L'identificazione della compagnia venne f
scorta di altri documenti d'archivio quali le
concessione della licenza di recitare in città.
Capocomico era Francesco Andreini, noto come Capitan Spaventa
della Val d'Inferno, accompagnato dalla moglie, la celebre Isabella.
Secondo il Borsellino, al contrario, la compagnia fu a Genova an
cor prima, nell'autunno del 1572, forse al rientro da Milano dove si
trovava in primavera.®5
Se poi consultiamo il Diario del Pallavicino,86 potrebbe sorgere
altro dubbio, anche se più facilmente risolvibile: la prima recita geno
vese della compagnia potrebbe risalire al 15 maggio 1584:87 « Li Co
mici Gelosi hanno dato principio alla loro prima Comedia ».88
A meno che il termine « prima » non si voglia intendere non in
senso assoluto, ma riferito alla « prima » commedia del repertorio che
i comici presentavano in quella occasione. Il 9 giugno, poi, sempre
secondo il Pallavicino,89 i Gelosi erano ancora a Genova e recitano

84 Dice il documento del Senato trascritto dal Belgrano: «eisdem Comicis con
cesserunt quod per menses duos possint in hac Civitate factitare comedias minime
obscenas et quae castas adolescentium mentes non inquinent ecc. » (Belgrano, « Caf
faro », 27 dicembre 1882).
85 Cfr. la singola voce « Gelosi », EdS, V, coli. 1020-1022. Le prime notizie su
questa compagnia risalirebbero al 1568 circa, quando i comici si trovavano a Milano.
Da questa città essi avrebbero presentato, nel 1572, una supplica al Senato di Genova
perché concedesse loro licenza di recitare nel capoluogo ligure. Il Belgrano però non
fa menzione di questo episodio. Cfr. Belgrano, « Caifaro », 27 e 28 dicembre 1882.
86 Cfr. Inventione cit., p. 43.
87 Questa presenza della compagnia a Genova è confermata anche dal Belgrano
nei suoi articoli sul « Caffaro ».
88 « Concessa licentia agendi in praesenti civitate comedias per trimestre ». Bel
grano, « Caifaro », 28 dicembre 1882.
89 Cfr. Inventione cit., p. 47. Purtroppo, si tace il luogo della rappresentazione.

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GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO 111

una « pastorale » : « e vi era tutta Genova con tanta Nobi


si possa dire ».90
La compagnia dell'Andreini si recò in quell'anno anche a
dove i comici furono ammirati dal Chiabrera il quale ded
netto ad Isabella, celebrandone la bellezza e la bravura.
Fu forse per questi motivi che nacquero successivamente
dini che videro crearsi due opposte fazioni, l'una contro l'
peggiata dai Multedo); l'altra, più numerosa, con il Chiabrer
a favore.91
Una terza tournée dei Gelosi a Genova di cui abbiamo notizia è
del 1596: il permesso di recitare fu chiesto al Senato da Virginia
Malone.92

90 Per quanto riguarda Firenze, recenti studi attestano recite dei Gelosi e della
compagnia del Pedroìmo, nel 1576, al Teatro di Baldraoca, nella zona adiacente gli
Uffizi. Anche questa sala della Commedia dell'Arte era collegata con una « hostaria »
omonima del teatro, dove i comici probabilmente alloggiavano. Cfr. A. Maria Evange
lista, II teatro dei Comici dell'Arte a Firenze (ricognizione dello Stanzone delle Com
medie detto di Baldracca), « Biblioteca Teatrale », 23-24, 1979, pp. 71-72 sgg. L'articolo,
con qualche modifica, è poi confluito nel volume II Teatro dei Medici cit., p. 169 sgg.,
pubblicato in occasione delle mostre medicee di Firenze.
91 I comici recitarono nella sala del palazzo delle cause civili « comedie di varie
sorti [...] con grandissimo gusto de' cittadini », secondo quanto il Belgrano riprese dai
mss. del Verzellino (Belgrano, « Caflaro », 28 dicembre 1882).
92 Che ritroviamo menzionata anche come Maloni e Malloni. Sull'identità di questa
comica gravano non pochi equivoci. Il Belgrano la dice milanese e non pare avere
dubbi nell'identificarla con la moglie di Giambattista Andreini, figlio di Francesco e
Isabella, comici Gelosi, che il giovane avrebbe sposato nel 1601. Conosciuta in arte
con il nome di Florinda, sarebbe stata la rivale della celebre Signora Flaminia, prima
donna degli Accesi (Belgrano, « Caflaro », 28 dicembre 1882). Ciò non trova conferma
alla voce « Andreini G. B. », a cura di A. Fiocco e C. E. Τ anfani, EdS, I, coli. 557-564,
dove si dice, invece, che nel 1601 l'attore sposò a Milano Virginia Ramponi (v. la singola
voce, a cura di E. Zanetti, I, coli. 564-565) che divenne eccellente artista. Successiva
mente, l'Andreini avrebbe sposato, in seconde nozze, Virginia Rotati, vedova dell'attore
Baldo Rotari, in arte Lidia (v. la singola voce, a cura di A. Casella, EdS, I, col. 565),
ma conosciuta anche come la Baldina. Tuttavia, alla voce « Malloni Maria (in arte
Celia) », a cura di F. Angelini, EdS, VII, coli. 18-19, le cose si complicano ulterior
mente. Esisterebbero, secondo la Angelini, una Lucilla e una Virginia Malloni (Maloni),
ambedue comiche e firmatarie di una richiesta per recitare a Reggio Emilia, ma senza
data. Viene poi citata la Virginia che compare nella supplica genovese del 1596. La
Angelini ipotizza che se questa era la madre di Maria, si sarebbe recata in Francia con
i Gelosi nel 1603, accompagnata dalla figlia. Oppure la madre di Maria portava lo
stesso nome (Virginia chi era allora?) e si giustificherebbe meglio la Corona di lodi
alla Signora Maria Malloni detta Celia comica, stampata a Venezia nel 1611. Se accet
tiamo la versione del Belgrano, che cioè Florinda equivalga a Virginia Malone, do
vremmo ammettere che l'attrice reciti a Parma nel 1618 (ma con quale compagnia?).
Così scrive infatti il conte Pozzo al march. Enzo Bentivoglio il 15 maggio, a piè di let
tera: « Qui habbiamo la florinda che comincia a recitar dimani l'altro » (Lavin, op.
cit., p. 150).

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112 ARMANDO FABIO IVALDI

Anche in questa occasione, la Compagn


Doria, ma a Pegli.93 Nel luglio di quell'anno
ai commedianti « per far le comedie », l
nare » e altre 10 per traghettare da Geno
robe » e gli altri attori.
Gli Uniti giungono invece nel 1581, sot
Valermi da Verona, già secondo innam
Orazio Nobili. Il Senato decurtò di un m
— come fece anche in altri casi - ma la
fino alla fine di agosto, coinvolta in un int
lo sfregio di un'attrice della compagnia,
30 di quel mese: « Li giorni passati è stat
d'altri ferita in faccia una delle comm
S. Lazaro fuori della porta di S. Tomaso ».
Quanto alla compagnia dei Desiosi, dop
Genova nella primavera del 1597, capoco
Flavio, assicurando il Senato che le comm
tato « erano di honesto diletto et utile i
presentare quasi in uno specchio le att
schifando ogni sorta di cosa atta alla corr

93 Mentre nel 1579 pare che recitino in città, per q


erano devoluti ai « commedianti per haver fatto hi
notare però che nella licenza concessa dal Senato si l
mesi e che « primam autem comediam agere debe
Reale] » (Belgrano, « Caffaro », 28 dicembre 1882)
94 Difficile dire chi fosse la donna che patì la f
che dà una lista di attori del 1584. Cfr. Belgrano, «
95 Così deduciamo dal documento del notaio Po
Cesare De Nobili e Diana Ponti (v. nota 80). Nessun r
del Pallavicino; solo recite a carattere locale: il 26
commedia, perché tempo di Quaresima, quando l'al
nola, è ormai pronto, con disappunto generale (q
Belgrano, « Caffaro », 30 dicembre 1882, il quale
forse preparata dall'Accademia degli Addormentati,
approvati nel 1587. Poco credito trova l'ipotesi ch
Barro del Foglietta, secondo quanto riferisce il Va
Cinquecento cit., p. 86, nota 3). Il 9 marzo si fa u
casa Spinola, mentre il 19 agosto il Senato interviene
verificano nelle taverne. Potrebbe forse riferirsi ai Desiosi la notizia della recita di com
medie « sopra la Piazza dei Giustiniani » (in un'altra « hostaria »? all'aperto?) il 19
giugno, anche se il documento notarile cui facciamo riferimento data al 4 luglio
(Inventione cit., pp. 114-115, p. 125, pp. 129-130, e Belgrano, «Caffaro», 6 giu
gno 1886).
96 « Eidem societari facultatem concesserunt et concedunt huc veniendi [a Genova]
ac comedias agendi [...] prò bimestre». Belgrano, «Caffaro», 30 dicembre 1882.

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 113

Nell'agosto di quell'anno giungevano anche gli Accesi,97


e 1599 gli Uniti.98
A proposito di questi ultimi, il Belgrano ritiene (ma è
care meglio) che la loro compagnia fosse nata dalla fusion
nel 1574, fra Confidenti e Gelosi. Conclusa l'unione, dov
servi certamente delle compagnie dissidenti ο che, comun
vevano autonomamente luna dall'altra.
Due ne esistevano, infatti, nel 1582: nel luglio di quell'anno una
di esse si recava da Bologna a Mantova; l'altra era a Genova più ο
meno nello stesso periodo.99
Nell'aprile 1583, dopo l'unione della compagnia di Pedrolino100
(cioè gli Uniti) con quella dei Confidenti (capocomica Vittoria Piis
simi), a testimonianza del cessato dissidio fra Pedrolino e la Signora
Vittoria, arriva a Genova una compagnia denominata degli Uniti-Con
fidenti, secondo quanto risulta dalla supplica rivolta al Senato dai
comici per poter recitare « in praesenti civitati et suburbiis ».
La Piissimi non rimase a lungo nella suddetta compagnia e, dieci
anni dopo, tornò a Genova con altri Uniti. La loro primitiva compa
gnia non dovette tuttavia durare molto; in una lettera del 3 aprile
1584, indirizzata a Vincenzo Gonzaga, essa, chiedendo di poter reci
tare a Mantova, affermava di aver mutata la denominazione in quella
del Pedrolino.101
Sottoscriveva la supplica un Giovanni Donato che potrebbe essere
il Giovanni Donato Lombardi da Bitonto autore del Nuovo Prato dei

97 Fu concessa licenza « per très menses, per Serenissitnum Senatum, ad calculos,


comicis Accensis » (Belgrano, « Cafiaro », 30 dicembre 1882, e la singola voce, a cura
di B. Brunelli, EdS, IX, coli. 1283-1284, non molto però approfondita e completa).
98 « Concessa licentia per menses duos, per Serenissimum Senatum ad calculos ».
Belgrano, « Caffaro », 30 dicembre 1882. Si veda anche la singola voce, sempre a cura
del Brunelli, EdS, I, coli. 48-49, ma non molto precisa.
99 La concessione della licenza di recitare è del 6 agosto: « dictis sociis noncupatis
li Confidenti facultatem et bayliam recitandi comoedias in presenti Civitate et suburbiis
per trimestre ». Procuratore della compagnia era Battista Trombetti. Belgrano, « Caf
faro », 6 giugno 1886.
100 Era la maschera di un servo, da cui deriva probabilmente il francese Pierrot.
La rese famosa Giovanni Pellesini detto appunto Pedrolino. Si veda la singola voce, a
cura del Brunelli, EdS, VII, coli. 1822-1823.
101 « Di nuovo tornata insieme la Compagnia di Pedrolino come già era, et anco
migliorata di personaggi famosi nell'arte comica ». Sottoscrive Giovanni Donato (Lom
bardi da Bitonto?): era questi figlio ο fratello di Bernardino de' Lombardi che firma
la supplica al Senato per gli Uniti-Confidenti nel 1583? Bernardino era forse il caposti
pite degli antichi Pedrolini?

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114 ARMANDO FABIO IVALDI

Prologhi e del Fortunato Amante. Legato ο


Bernardino Donati, Giovanni dovette sostit
nuovi Uniti come compagnia di Pedrolino,
dreini, moglie di Francesco e già capocomic
Nel 1589, mese di ottobre, si ritrova inf
nato per licenza di recitare, inoltrata da « M
drolino et Madama Isabella delli Anderini (
che si trovavano ancora a Parma.102
Quanto poi al repertorio di queste varie c
tanto in breve quello che può riguardare Ge
La Pazzia di Isabella fu probabilmente rec
può desumere da un sonetto del Chiabrera,
a Genova, come pure quella del Pellegrino fi
della Fortunata Isabella (che si svolge a Rom
quelli de Li finti servi, la cui azione si svolg
degli interlocutori del Giusto castigo è u
l'« Adorni ricco et honorato mercadante » d
Questa brevissima carrellata sulle attività
pagnie di commedianti, italiane e straniere
certo aprire in questa sede un discorso, né crit
plesso fenomeno artistico che, d'altra parte,
ampio il teatro italiano dalla seconda m
successivo.
Mi è sembrato però utile introdurre almeno certe problematiche
ancora aperte e che necessitano di un maggiore approfondimento anche
solo per la stessa Genova.104 Se non altro, gli interrogativi o, più sem

102 Nessun cenno in proposito nel Diario del Pallavicino. Sotto quell'anno si anno
tano tornei, balli, veglie per il carnevale e quattro sole rappresentazioni di carattere
locale: una « tragedia spirituale » (5 settembre); una « rappresentazione spirituale »
recitata da giovani a Sampierdarena, due nobili e altri del posto, « riuscita benissimo »
(8 ottobre); una «comedia» recitata da giovani a Multedo, «bellissima e di molto
gusto» (11 ottobre); una «pastorale» recitata da giovani non nobili in Carignano, ma
che riuscì «molto goffa» (12 ottobre). Inventione cit., p. 237, p. 241. Nel 1586, però,
secondo il Belgrano, è a Genova altra compagnia di Confidenti, diversa dalla riforma
degli Uniti, con una clausola particolare nelle condizioni di recita: « quod comoedias
honestas recitent, nec in eis audiendis personas ecelesiasticas introducant ». Ma ciò era
conforme alle regole prescritte dal Borromeo che ebbe a Genova uno zelante seguace
nel beato Alessandro Sauli.
103 Ritornerò comunque su questo argomento con una serie di schede e di brevi
articoli, alcuni dei quali sono ormai in via di ultimazione e che, in piccola parte, ho
utilizzato in questo studio a livello problematico.
i°4 per aitrj centrj esistono vari contributi dell'equipe di lavoro che si è costituita,

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 115

plicemente, la curiosità e l'interesse sollevati da certe notiz


permettono alcune affermazioni.
Senza voler sopravvalutare l'influenza politica sulla st
tro genovese cinquecentesco, non va neppure tenuto in
un fatto incontestabile: è un teatro essenzialmente di n
recitato da e per i nobili, ciò che in altri termini potreb
la fioritura di un teatro aristocratico che coincide con l
banistico ' privato ' della città, nel mutarsi del clima eco
ziario genovese fra Cinque e Seicento.105
Nonostante questa impronta ' aristocratica ' ed esclu
ratterizza le forme dello spettacolo (e della cultura in gene
grazie soprattutto alla forte concentrazione di capitali c
certo una ' piazza ' molto battuta dalle compagnie di gir
Senato e l'autorità ecclesiastica imponevano agli artisti,
nieri e per questo accolti con diffidenza se non proprio
molte restrizioni.106
Per altro verso, potremo ora più organicamente col
quanto verremo dicendo sulle compagnie girovaghe di c
biarmonici, che, entrando in feroce concorrenza con quelle
dell'Arte, anche se strutturalmente abbastanza simili, cara
anche a Genova la presenza e lo sviluppo dell'opera baroc
soprattutto dal 1640 in poi.
Bologna doveva essere il centro di raccolta e smistame
rie compagnie comiche girovaghe nel periodo di Quaresi
di analogo accadrà anche per quelle dell'opera in music
sec. XVIII, fino al primo '800.
Nel 1640, infatti, le principali troupes della Commed
osservavano generalmente questo itinerario: Bologna-M
Genova; Genova-Firenze; Firenze-Venezia, « ove stando
finiscono la Compagnia ».107

da ormai dieci armi, intorno al programma del Centro Nazionale d


teatro e lo spettacolo italiano, con la guida di G. Macchia, specie sulla r
Teatrale e con l'editore Bulzoni di Roma.
105 Si veda anche L'Impresa dei Teatri cit., pp. 215-218.
106 Per quanto si tratti, anche in questo caso, di un fenomeno più generalizzato,
estensibile a tutti i più grandi centri italiani di quei tempi, con maggiore ο minore
elasticità nell'infliggere condanne e pene ο nella loro applicazione.
107 A. Maria Evangelista, Il Teatro della Commedia dell'Arte a Firenze (1576
1593 circa), in Aa. Vv., Il Teatro dei Medici cit., pp. 169-172.

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116 ARMANDO FABIO IVALDI

Nel 1611, come si è detto, Gabriele Ad


presumere, in mancanza di documenti
teatro fosse trasmessa in eredità ai di lui
e Giacinto.
Il primo dei due moriva nell'agosto del 1639, ma il testamento
era stato redatto due anni prima dallo stesso notaio che stilò succes
sivamente un inventario dei beni del nobile nel 1640 e 1641.109 Nono
stante le ricerche da me effettuate, dalle filze dell'Archivio di Stato
non è però emerso il documento originale con le ultime volontà del
defunto; lacuna non del tutto trascurabile per una più precisa cono
scenza della divisione dell'asse ereditario del fu Gabriele Adorno.
La consistenza patrimoniale di Gio. Paolo, dislocata fra la dimora
di Genova nei pressi di San Donato e la villa di Albaro, ci appare al
quanto modesta,110 specie se confrontata con quella che risulta dalla
108 Aveva a sua volta tre figli maschi, tutti in minore età alla sua morte: Gabriele,
il primogenito, Gio. Battista e Carlo Antonio. Il secondo morirà, poco più che ventenne,
assistito dai suoi famigli {Antonio Soardo e Giacomo Rubatino), durante il contagio
della peste del 1657, nella « domus rurale » di Albaro. Cfr. ASG, notaio Cristoforo
Cavalieri, filza 10, sg. 876, Testes (11 novembre 1658); Procura (8 marzo 1659); notaio
Cavalieri, filza 11, sg. 876, Adhitio hereditatis (4 febbraio 1660). I tre fratelli erano
stati anche nominati eredi delle sostanze del cugino, Gio. Giacomo Adorno (ramo
Adorno-De Franchi?), nel 1650, e alla loro madre, Maria Geronima, era stato lasciato
un legato in denaro. Veniamo poi a sapere da altro documento che i tre Adorno avevano
diritto alla terza parte dell'eredità di Gio. Giacomo e alla metà di quella dello zio Gia
cinto che conduceva l'« hostaria »-teatro del Falcone (interamente ο parzialmente per
loro conto?) nel 1646. Cfr. ASG, notaio Giacomo Lanata, filza 4, sg. 792, Testamentum
quondam M. Jo. ]ac. Adurni (12 maggio 1650); ancora notaio Cavalieri, filza 5, sg. 875,
Procura e Adhitio hereditatis (2 agosto 1650). Si vedano inoltre altri vari atti per ulte
riori informazioni sui beni immobili degli Adorno superstiti e per le sostituzioni e nuove
nomine nelle procure: notaio Cavalieri, filza 11, sg. 876, Actoria (13 gennaio 1661).
La villa di Albaro, in cui morì Gio. Battista nel 1657, non è dato sapere con certezza se
fosse l'attuale Cattaneo-Adorno, ancora oggi abitazione padronale dell'antica famiglia
genovese, presumibilmente costruita all'inizio del Seicento per le sue caratteristiche
architettoniche da inserirsi nei tipi diffusi da Bartolomeo Bianco. Non vi è certo connes
sione fra questo edificio e quello che, nel 1592, era residenza estiva di Isabella Adorno
del fu Battista e vedova di Gregorio De Franchi. Se ne trova menzione nell'atto di ven
dita di « rubbas sex mille lanarum » che il figlio di Isabella aveva comperato in Spagna
prima di morirvi nell'ottobre 1591. Sulla scorta del Battilana, op. cit., ho potuto però
accertare che Isabella apparteneva a quella famiglia Campanaro che, nel secolo XV, si
imparentò con gli Adorno assumendone poi il cognome e le insegne gentilizie. Ne originò
una famiglia che, come quella di Gio. Paolo e Giacinto che pure era del ceppo originario
degli Adorno, si estingueva sul finire del '600. Cfr. ASG, notaio Agostino Chighizola,
filza 1, isg. 515, Procura (14 febbraio 1592); Procura (15 maggio 1592); Procura (25
maggio 1592); Procura (stessa data); Admissio ad fideicom. (30 maggio 1592); Asehensio
hereditatis (stessa data); Suhstitutio (3 giugno 1592); Procura (10 giugno 1592); Actoria
(stessa data).
109 V. nota 31.
110 Nell'inventario dei quadri, per esempio, fra anonimi ritratti di Casa Adorno, fa
spicco soltanto una Santa Caterina del Cambiaso.

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 117

lettura dei testamenti di alcuni personaggi della nobiltà g


chia e nuova, più ο meno contemporanea della generazione de
telli Adorno figli di Gabriele.111
Incerte sono le trasformazioni subite dall'« hostaria »-teatro e la
sua attività teatrale all'inizio del '600.112 Secondo il Giazotto, il « pic
ciol teatrino » degli Adorno era ingrandito nel 1652, quando vi si
rappresentò con gran sfarzo e ricchi apparati, Gli Amori di Alessandro
Magno e Rossane del Cicognini.113
Di fatto, però, il libretto di quest'opera ha tutte le caratteristiche
di urna edizione a scopo letterario e non reca traccia alcuna di note
introduttive ο di avvertenze per il lettore che possano suffragare que
sta affermazione.114
Molte ipotesi dello studioso, a dire il vero, per quanto suggestive,
lasciano talvolta perplessi, sia perché non paiono sufficientemente do
cumentate sia perché della maggior parte dei documenti e delle notizie

111 Di ben altro tenore risultano i patrimoni di Gio. Francesco Balbi (1593); Gio.
Francesco Grimaldi, figlio di Gio. Battista duca di Terranova (1593) e, soprattutto, di
Gio. Vincenzo Imperiale (1645). Oltre alla « libraria con ornamenti » (lasciata al primo
genito Francesco Maria), la sola lettura dell'inventario della quadreria di quest'ultimo,
che dispone in dono particolare a Brigida Spinola, « moglie carissima », « quel quadro
di Nostra Signora sopra la tavola miracolo del pennello di Tiziano, ove stanno dipinti
la Madonna col puttino, S, Gio. Batta, e l'Angelo », raccolta nella villa di Sampierda
rena e il palazzo di Genova, dà il capogiro. Cfr. ASG, notaio Battista Martignone,
filza 11, sg. 340, Τestamentum (6 gennaio 1593); Τ estamentum (9 aprile 1593); notaio
Giacomo Lanata, filza 4, sg. 792, Testamentum (7 aprile 1645): « Inventario de' quadri
della Casa di Genova - Opuscolo G » (29 luglio 1648); « Inventario de' quadri di
Villa - Opuscolo H » (stessa data).
112 Va corretta l'affermazione del Benevolo il quale parla di un Teatro delle Saline
costruito a Genova nel 1550. L'unico teatro che si conosca con tale denominazione è,
a quanto mi risulta, quello di Piacenza, eretto intorno al 1592, già dotato di palchetti
e con pianta ad U. Cfr. L. Benevolo, Breve storia degli edifici teatrali, in Architettura
pratica, a cura di P. Carbonara, Vili, tomo II, Torino, Un. Tip. Torinese 1958,
p. 263 sgg., e, dello stesso autore, Storia dell'architettura del Rinascimento, Bari, La
terza 1973, p. 689 sgg.
113 Giazotto, op. cit., ρ. 194. Si cita un passo della Appendice di Supplementi alla
Tavola Cronologica (introvabile, per cui cfr. Un disegno « bibienesco » cit., pp. 37-38)
che, sotto il 1652, annota: « Qual fu mai meraviglia dei Genovesi, nel assistere a tanto
splendore di luci che li occhi non potevano resistere, tanta ricchezza di panni colorati
et abondantia di scene e bontà di cantanti e di Musici? Ogniun ricordava che per lo
passato le molte volte s'era dovuta rinuntiare al teatral godimento per le ecessive difi
coltà delle sciene et della Musica col non possedere che un picciol teatrino incapace di
ospitare tutte le macchine di scena che in altre s'havean di consueto ecc. ».
114 II libretto genovese ha questo titolo: Gl'Amori / di / Alessandro Magno, / e di
Rossane / Orama Musicale / posthumo / del / D. ]acinto Andrea / Cicognini, / Acca
demico Instancabile. / In Genova, / Per Pier Gio: Calenzani. 1652. / [...] (BAV,
Dramm. Allacc. 24.1.).

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118 ARMANDO FABIO IVALDI

di carattere letterario e storico offerte c


nali non sono più rintracciabili nei luoghi
dunque di verifica diretta.
Così, per esempio, quanto alle prime m
zotto ritiene che siano avvenute tra il 161
Non si spiega, tuttavia, il perché della
al 1625, anno della probabile rappresenta
di un dramma semisacro dal titolo II sac
forse, inizio del primo periodo di attivit
cora legato all'« hostaria », non risulta c
rebbero introdotti i palchetti nella sala,11
rivestire una certa importanza; discutibil
mato genovese di un teatro ' pubblico ' do
su Venezia.118
Una lettera di Giacinto Adorno al cogna
si fa esplicito riferimento alla necessità d
care h corridori di fuori delli palchetti
mente probante su questo punto, tanto m
La lettera dell'Adorno dimostra semmai
palchetti esistevano nel 1646; non sapp
possa estendersi negli anni precedenti, an
generalizzato, quello dei palchetti prende
Altro punto controverso è poi quello di
YOrfeo monteverdiano nel Teatro degli A
Il Giazotto trascrive il breve passo al ri
lettera di Giacinto, sempre del 1646,119 che
l'avvenuta recita come episodio non tropp

115 Giazotto, op. cit., pp. 194-197.


116 Ibid. Il libretto del Sacrificio non è rintraccia
nova. D'altra parte, il passo citato dal Giazotto non
senza di palchetti; si dice solo che il dramma si rec
117 Giazotto, op. cit., p. 199. Il Teatro S. Cassiano
veniva inaugurato nel 1637 con Y Andromeda del fam
118 Questo documento è ancora rintracciabile: A
trali, n. 1091, n. 67. Si veda ancora il Giazotto, op
119 La lettera non è più reperibile presso l'ASG
op. cit., ρ. 195.
120 Ibid.: « [...] è mio desiderio che le compagni
alogate fuori del theatro e non nel detto fheatro co

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 119

accaduto in una data imprecisata, anteriore al 1646, che n


bra giustifichi sic et simpliciter la successiva ipotesi del 1630
dallo studioso stesso.121
Anche più problematico, in quest'ottica, un eventuale s
genovese di Monteverdi, pur senza speciali incarichi.122
Il libretto del 1625 del Sacrificio, già citato, unitament
della lettera del 1646 di Giacinto Adorno relativa all'Orf
verdiano, sarebbero comunque per il Giazotto due eleme
per ritenere che la sala Adorno degli esordi non poteva ess
specie di baraccone di cui si è sempre parlato » e, tanto
miserabile tugurio descritto dai più ».123
Il secondo accenno sicuro ai palchetti del teatro appart
documento più tardo che ho ritrovato fra gli atti del notaio
Nel 1677, morto da tempo anche Giacinto Adorno,125 i due f
stiti di Gio. Paolo, attraverso i loro fedecommissari, affittav
tro ad una società di aristocratici126 contro i quali, l'anno se

l'Orfeo del sig. Monteverde con grave scandalo delli Mag.ci Padri del Com
tal fine si proveda in luogo aconcio ». Il Giazotto riporta inoltre quan
l'avvertimento al lettore della seconda edizione (Genova, Casamara 165
ribelle, favola boschereccia in musica del nobile Girolamo Pinello (i):
prestavano ed eziandio molto si prestano tutt'hora et in ogni tempo alla m
le favole più e men tragiche dell'antica Eliade: qual fu d'esempio l'Orfeo d
che in ogni contrada d'Italia riscosse e ognor riscote l'universale applaus
teverde, mostrò nello stài tragico quanto possa l'essercàtio della Musica e
vellata, come li Genovesi ebbero a udire, si fa messaggero » (Giazotto
studioso ritiene inoltre che Y Incoronazione di Poppea abbia avuto, per i
storico, due illustri precedenti genovesi (se non addirittura un suggerim
anche se non si tratta di teatro musicale vero e proprio: Gli amori di Cl
tore (= Claudio Nerone?) del Sacco, e La morte di Seneca del Giustinia
rebbe soprattutto per il lavoro di quest'ultimo, in virtù di una sommaria ana
dal Giazotto fra alcune scene monteverdiane e altre del dramma del Giustiniani. Cfr.
Giazotto, op. cit., pp. 210-214.
121 Giazotto, op. cit., ρ. 207.
122 Ibid., p. 204. Purtroppo, i vari libri su Monteverdi difettano di accurati indici
per materie che possano aiutare nella ricerca e raccolta di dati, e i documenti d'archivio
genovesi sono, al solito, avari di notizie.
123 Giazotto, op. cit., ρ. 196.
124 ASG, notaio Stefano Bargone, filza 3, sg. 1020, doc. n. 37 (« Affitto del tea
tro » - 7 luglio 1677). Si veda anche Un disegno 'bibienesco' cit., p. 39, nota 8. Il
progetto del nuovo teatro, che doveva essere allegato al documento notarile, è andato
perduto.
125 Morì probabilmente intorno al 1649. Lo si deduce dai documenti del notaio
Lanata citati alla nota 108 e relativi al 1650 (eredità di Gio. Giacomo Adorno).
126 Per la durata di nove anni, a rinnovarsi dai proprietari. La locazione è stipulata
da personaggi importanti per le successive stagioni artistiche del Teatro del Falcone:

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120 ARMANDO FABIO IVALDI

scaglieranno gli strali del Senato, preocc


simo le spese della Repubblica.127
Tra le clausole particolari fa spicco q
faranno a loro spese due ordini di palch
con le sue porte e tramezane, et accomod
l'ingressi e faranno anche il terzo suolo d
aperto per il sfogo della gente ordinaria ».
E dovremmo ora addentrarci in altri inte
si schiudono in una direzione di ricerca stre
non è qui luogo di approfondire.

Giuseppe Garibaldo (i), Gio. Nicolò Spinola, Dom


a nome di Domenico Imperiale, ad alcuni dei quali
genovese del secondo '600, dedica varie poesie. Cf
I, Genova, Casamara 1695. Nonostante il Giazotto
ho ritrovato invece due libretti di opere rappre
Helvio / Pertinace / Drama / Per Musica / Del Do
nel Teatro del / Falcone l'Anno 1677. / Consacrat
Catterina / Lomellina Garibaldi. / In Genova, / P
[...] / Ad instanza di Lazaro Benedetti Libraro / C
La dedica alla nobildonna genovese è firmata dall
mancano però indicazioni del cast e del composito
Amor / Stravagante. / Dramma / Per Mvsica /
cone. / Dedicato al merito impareggiabile / Dell'Il
Pinelli, Imperiale. / In Genova, 1677. / Per Anto
vendono da Lazaro Benedetti Libraro, / Con pri
firmata da Carlo Ambrogio Lonati (s.d.); mancano, a
cast e del verseggiatore.
127 II 16 maggio 1678 si varò un decreto con cui si i
di soprassedere dal fare spettacoli per quell'anno e
della gran miseria dello Stato e, qualora venisse co
vato sarebbe stato devoluto ai poveri: « [...] In que
tanto nelle comedie [in musica], sono costate tant
portato via due cantarine si fosse ripartito in due q
vato migliaia di persone, che non hanno tanto pane
dormire, et levato molte doglie di cuore al Popolo m
nonostante l'opposizione dei « Magnifici Direttori d
di devolvere « pezzi 50 da 8 reali per ogni opera in
Archivio Segreto, Politicorum n. 1663, doc. n. 32 e
tate queste opere (che corrispondono anche nel Gi
Dell'Amor / Paterno. / Dramma per Mvsica. / Da
L'Anno M.DC.LXXVIII. / Consacrato / All'Illustr
Saoli. / In Genova, / Nella Stamperia del Franche
Benedetti. In Banchi. / Con priuilegio (BAV, Ch
data, è firmata dal notissimo Alessandro Stradella;
verseggiatore. Altra opera rappresentata fu: Amo
Mvsica / Da recitarsi nel Teatro del / Falcone l'an
dignissimo / Dell'Illustrissima Signora / Livia / G
Antonio Giorgio Franchelli. / [...] / Si vendono d
Priuilegio (CMBM, 2732; BE, 83.D.29.).

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 121

Basterà dire soltanto che è da escludere che Gio. Ang


la cui omonimia con il teatro è del tutto casuale, sia il pres
del ' nuovo ' teatro del 1652; è definito in realtà « lapi
documento dello stesso anno 128 e, come tale, lavora nel
brica del palazzo Balbi contiguo al Teatro Adorno, la
gna » di Gio. Battista Balbi.129
Assai dubbia ritengo personalmente anche l'ipotesi de
che indica nel Sighizzi il più probabile inventore del tea
di quegli anni, basandosi su due disegni, conservati a Torin
mi sembrano invece riferibili ad un progetto per la rico
teatro attuata nei primi anni del '700.130
Resterebbe ancora da vagliare se il Teatrino Adorno,
del sec. XVI e la prima metà del XVII, abbia ospitato a
sentazioni di commedie (e tragedie) genovesi di indubb
culturale.
E questo porrebbe, fra l'altro, l'ennesimo interrogati
quanto tempo il teatrino fosse adibito periodicamente alla
e all'opera in musica ο soltanto a quest'ultima.
A ciò si aggiunga pure l'opportunità di chiarire il per
si attuò ima più netta separazione fra l'attività dell'« h
quella del teatro.
Secondo il Giazotto, esisterebbero indicazioni sommar
edizioni a stampa di commedie e tragedie locali,132 di re
di queste pièces non musicali, ma viene generalmente om

128 ASCG, Atti 1652, filza 116, doc. n. 378 (Jo. Angeli Falconi n. 3
129 Lo attesta urta « quitatio » tra il Balbi e il Falcone per la forni
bianchi e neri « prò adeguatione astrici vulgo fabricar l'astrico scalarum
contra Sancti Caroli ecclesiam » (E. Gavazza, La grande decorazione a G
Sagep 1974, p. 357, nota 55).
130 Cfr. R. Marchelli, Gli inizi del teatro pubblico e Andrea Sighiz
tari », VI, 1955, pp. 117-126. L'attribuzione dello studioso sarebbe essen
vata dalla struttura digradante e sporgente dei palchetti. Il Sighizzi la
nel periodo 1654-1655, come pittore quadraturista nella « domus mag
tista Balbi di fronte a S. Carlo. Cfr. Gavazza, op. cit., pp. 356-357, n
rifacimenti del teatro rinvio allo studio che apparirà su « Palladio », ci
131 II termine « commedia » veniva usato, più generalmente, anche pe
opere in musica. Si cfr. il « Conto dei dennari scossi dalle commedie »
cato dal Giazotto, op. cit., tav. LII, mentre nel contratto di Giacin
stesso anno (Giazotto, op. cit., tav. LI) si parla chiaramente di « op
132 Cfr. Giazotto, op. cit., pp. 205-209, con un elenco alle pp. 208

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122 ARMANDO FABIO IVALDI

<lel teatro ο del luogo di rappresentazion


sulta difficile poter affermare qualcosa d

Strettamente connessi con questi ultim


che ho cercato di approfondire, almeno
zando un materiale spesso eterogeneo e la
Mi riferisco al repertorio del Teatro Ad
negli anni 1645-1647, per quanto conc
tipo di gestione che caratterizzava la sala
L'occasione per affrontare questi due p
vamento di un carteggio privato di Giac
briele e fratello di Gio. Paolo) al cognato
Purtroppo, il già breve epistolario non
noi: la coeva numerazione a penna, sigla
tera forse dall'Oncia stesso, indica che a
è andato perduto. Sicuramente, però, i d
Adorno pubblicati dal Giazotto,135 vanno

133 In teatro ο semplicemente in dimore privat


dei primi teatrini privati di un certo interesse sem
costruito forse tra il 1624 e il 1638, anni in cui l'e
ai nuovi proprietari e subiva una serie di modif
nobile, che G. Biavati ritiene probabilmente un ac
per la sua ubicazione, esiste un piccolo ciclo di affr
con le mode del tempo: Orfeo che ammansisce gli
canti. Per altre congetture su questo teatrino si ved
artistica nel palazzo di Antonio Doria, « Genova »
1974, pp. 34-40.
134 Comprende in tutto n. 69 lettere manoscritte
conti che si riferiscono a varie richieste che si legg
di abiti, provviste, denaro, perfino l'ordinazione
Giacinto che non fusse tanto brutta di fatura). Il c
trascritto da chi scrive, si conserva a Genova, pre
longo - Genova, d'ora in poi FICG). Per brevi cenn
Teatrino cit., p. 150, nota 49, e Un disegno ' bibien
135 Si tratta di un contratto con i « proffessori di
e una lista di incassi per il 1646 (mesi da maggio ad
cui lo studioso fa spesso riferimento (pp. 190-192
presso l'ASG, dove egli asseriva di averlo visto e con
dal Giazotto ho ritrovato soltanto i due documenti ora citati. Anche le lettere di Otta
viano Ballocchelli, famoso suonatore di arpa e liuto nella cinquecentesca Accademia di
Via S. Luca (cui il Giazotto fa esplicito cenno a p. 190), non sono più reperibili nello
stesso luogo in cui dovevano essere i documenti Adorno. Si veda comunque: ASG, Sala
Senarega, Imprese Teatrali, n. 1091, n. 67, per i documenti Adorno (contratto e conti),
più qualche ricevuta di altri conti, difficilmente collocabile e senza riferimenti ' teatrali ',
ancora con appunti manoscritti dello stesso Giazotto. Insieme ad essi sono altre buste
contenenti spese e ricevute dell'Impresa dei Teatri di Genova per gli anni 1788-1790.
Sull'argomento rinvio a L'Impresa dei Teatri cit., pp. 215-236.

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GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO 123

qui esaminiamo sotto la data del 19 ottobre (il contratto


fessori di Musica »), mentre precedente rimane la collo
« Conto dei dennari scossi dalle commedie ».136
A parte la trascrizione materiale, la difficoltà maggiore,
la più interessante da risolvere, è stata l'identificazione dei
di Casa Adorno che scrissero i preziosi documenti e, qu
possibile, anche di coloro i quali venivano semplicement
nel corpus dell'epistolario. Specie se questo aiutava a in
glio certi avvenimenti particolari ο situazioni di carattere g
Ho tuttavia rinunciato ad una analisi del carteggio in u
tiva che non fosse ' teatrale '; sotto il profilo, quindi,
anche se le idiosincrasie dell'impulsivo e collerico Giacinto A
certo pittoresche e significative di un comporamento social
furono pur sempre causate da difficoltà, interrogativi, con
oggettive determinate, a loro volta, da forme produttive in
nuove per l'epoca: la gestione di un teatro ' pubblico ' s
veneziano.
Non è stato comunque agevole districare le notizie di interesse
teatrale da quelle di costume. Per certo aspetto, è normale che sia
così: in nessun settore come nelle vicende teatrali i comportamenti e
il costume hanno avuto una parte così rilevante. D'altra parte, dalle
lettere non emerge forse in maniera esauriente quale tipo di struttura
organizzativa avesse il Teatro degli Adorno prima del 1650. Il car
teggio riguarda poi un momento particolare dell'anno, quello delle
ferie estive, sicché troviamo l'Adorno che dirige i propri affari stan
dosene nella residenza di campagna di Novi, abbastanza lontana da
Genova,138 scrivendo al paziente notaio Oncia, suo cognato, anche più
volte il giorno.139

136 Parzialmente pubblicato dal Giazotto, op. cit., tav. LII.


137 «Troppo caldo et libero in quelle ationi [...] che meriterebbero tutto il con
trario », per usare una frase dell'arguta, miope consorte, Maria Caterina Adomo Oncia.
FICG, Carteggio Adomo (1646), lettera n. 41 (9 settembre).
138 II carteggio abbraccia il periodo che va dal 30 aprile all'I 1 novembre del 1646,
ma la effettiva villeggiatura corre da maggio a ottobre. Novi, città sulla frontiera verso
la Lombardia, era sede di una importante fiera dei cambi di livello europeo, anche se di
scartamento assai più modesto di quello che aveva rappresentato quella di Piacenza nel
secolo precedente (dal 1579 al periodo compreso tra il 1616 e il 1621). Entrambe le
fiere erano state monopolio dei genovesi, ma quella di Novi fece registrare un crollo
pauroso nel volume degli affari, indice di una mutata situazione politica europea per la
Spagna. Cfr. G. Doeia, Un pittore fiammingo nel ' secolo dei Genovesi in Aa. Vv.,
Rubens e Genova cit., p. 14 e p. 39.
139 Così accadde appunto nel mese di luglio. Giacinto se ne scusa con il cognato,

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124 ARMANDO FABIO IVALDI

Se, come abbiamo detto, il carteggio non è


dirimere la questione dell'organizzazione inter
anni del sec. XVII, l'interrogativo va tutta
problema centrale.
Nel momento in cui l'opera in musica alla
forme organizzative, si diffonde in tutta Italia (
anni '40 del '600) è essenziale capire le motiv
nomiche che consentirono il trapianto del mo
gari comportò sempre dei piccoli adeguamen
stente, ma che doveva pur sempre essere com
di base, quello veneziano appunto.
L'identificazione dei personaggi che direttame
animano il carteggio, ha intanto ribadito il valor
tele jstrette dagli Adorno e proprio di tutta
Cinque e Seicento.
La coesione degli interessi era la molla che o
legami matrimoniali anche tra cugini e cognat
il riequilibrio delle risorse finanziarie e la so
avventurosi ο delicati, oltre che saldare ulterior
In mezzo a questioni politiche, viaggi, affa
zione religiosa e non sopite antipatie di famiglia
del breve epistolario rimangono comunque la
dell'« hostaria » e l'attività del teatro che, ne
1646, doveva aver conosciuto anch'essa mom
La lettera perduta di Giacinto sulla rapprese
in cui si dice che i commedianti alloggiavano n
particolari desunti da altre lettere del cartegg
locanda e il teatro erano ancora strettament
mente sia nell'organizzazione interna, anche se
non del tutto chiara.
Esistevano due porte d'ingresso al teatro: u

ma è il consueto senno di poi: « V.S. haverà hoggi rotto l


che posso fare bisogna havere paciensa ». Oppure, mentre
« difetto di tediarlo in continuazione », conclude: « m
fastidioso ». FICG, lettera n. 26 (29 luglio).
140 II Doria, op. cit., p. 14 e nota 10, sottolinea come in
più di rigorosa solidarietà di clan che di sentimento della

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GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO 125

va » 141 e l'altra direttamente dall'« hostaria ».142 Una clausol


tratto con Orazio De Ferrari (di cui parleremo più diffus
seguito) fa inoltre menzione di « stanze vicino al palco » c
vano (o avrebbero dovuto) affittare alla di lui compagnia: «
darli [al De Ferrari] le due stanze vicino al palco per L. 1
questo è partito nuovo né io posso farlo di nessun modo perch
dosi lostaria conviene che se ne agiustino con loste al qua
verta far buono la differenza di L. 1 in quelle due ο tre
volesse ».143
Il passo sembrerebbe dunque confermare la contiguità
edifici: tanto più che nei documenti ufficiali l'« hostaria » si
citamente posta « appresso il theatro » e solo negli atti de
cento (circa 1680) troviamo menzione del « teatro e losta
cone con le buteghe osia case annese del heredità del quon
Gio. Paulo Adorno poste nella vicinanza di prè vicino alla
S. Sisto ».144
Già nell'inventario del 1600, del resto, la denominazione delle
stanze « nuove d'ala » dimostra che tutto il complesso dell'« hosta
ria » - come l'origine stessa dell'antico « hospitium falconis » alle
soglie del sec. XVI - era prodotto di successive aggregazioni di immo
bili di varie dimensioni.145
Se teniamo conto di quanto registra Y Appendice di Supplimento
alla Tavola cronologica degli spettacoli al Teatro del Falcone a propo
sito della messinscena degli Amori di Alessandro Magno e Rossane
(1652) e della sontuosità dello spettacolo, prima impensabile per la
ristrettezza dello spazio disponibile,146 si potrebbe ritenere che una ef
fettiva separazione fra « hostaria » e teatro, con un conseguente in

141 FICG, lettera η. 2 (3 maggio) e n. 42 (14 settembre). Non so se la strada definita


« nuova » sia da mettere in relazione con il taglio di Strada Balbi e il successivo collega
mento della stessa con la rete viaria laterale.
142 FICG, lettera n. 43 (17 settembre) e n. 49 (29 settembre).
143 FICG, lettera n. 59 (21 ottobre - da Milano). Si riferisce alla compagnia del
De Ferrari anche il contratto pubblicato dal Giazotto, op. cit., tav. LI.
144 ASG, notaio Stefano Bargone, filza 3, sg. 1020, doc. n. 266 (lncantatio et
substatto et alia prò Theatri Falconi). Per la gestione della seconda « hostaria » da parte
del Ghiglione, si veda la nota 65.
145 La locanda cinquecentesca, stando ad alcuni documenti d'archivio che sto ancora
esaminando, era nata intorno al 1510 dalla fusione di almeno tre edifici per l'inizia
tiva del milanese Bernardino Crivelli. Cfr. Un Teatrino cit., p. 143.
14ί Giazotto, op. cit., p. 194 e vedi nota 65.

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126 ARMANDO FABIO IVALDI

grandimento dello stesso, fosse avvenuta in


colo XVII, anche se nel 1646 la sala dove
decoro: i palchetti sembrano rivestiti di stoffe
figurati come piccole cellette, separate l'una
di porta con chiave.144
D'altra parte, è anche vero che il Teatro A
ventare realmente ' pubblico ', ossia aperto a
strati sociali oltre l'aristocrazia, solo con il
1677, quando la società di nobili locatari de
malmente a costruire anche un terzo ordin
suolo »), « tutto aperto per il sfogo della gen
La lettera del 21 ottobre di cui abbiamo tr
cedenza, pone tuttavia l'attenzione anche sul
l'oste.
Più volte nel carteggio capita di incont
cinto, ora esasperate ora rassegnate, contro
maticamente insolvente nel pagamento dell'
fine di ogni mese.150
Il 2 novembre, un ennesimo sfogo violent

147 Nel contratto pubblicato dal Giazotto (tav. LII)


di far accomodare il tetto « aciò non piova in detto theatr
li condoli di fuori delli palchetti dalla parte particolarm
probabilmente delle tramezze divisorie e del parapetto d
erano solitamente rivestiti con stoffa. Il termine « tira
indicava anche in Oriente tessuti di un certo pregio.
148 FICG, lettera n. 6 (22 maggio).
149 Sul problema dei teatri pubblici e loro struttur
Seicento, nonché sugli aspetti e le funzioni dell'opera i
all'articolo di L. Bianconi - T. Walker, Production, cons
of 17th-century opera, XIII congresso internazionale
Musicologia, Berkeley - agosto 1977, di cui uscirà un ri
negli atti (in corso di stampa presso l'editore Barenreit
del saggio, insieme alla traduzione inglese dell'articol
autori, avrà la forma di un libro che verrà pubblicato
Press, Cambridge. Ringrazio Lorenzo Bianconi per aver
sizione le bozze dell'articolo presentato a Berkeley.
150 FICG, lettera n. 6 (22 maggio); n. 9 (conti); n
giugno); n. 15 (1° luglio); n. 16 (4 luglio); n. 19 (8 lu
(22 luglio); n. 26 (29 luglio); n. 33 (8 agosto); n. 35 (23
n. 49 (29 settembre); n. 53 (1° ottobre); n. 59 (21 ott
1646 l'oste aveva anche cercato di rubare, con la compli
(lumaca), tre cavalli all'Adorno. Cfr. le lettere nn. 51
mente nel 1647, invece, l'oste era coinvolto in altra qu
Segreto, Atti del Senato (1652), filza 2204, doc. del 3 di
senza data).

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GLI ADORNO E l'hOSTARIA-TEATRO 127

di Giacinto - che scrive al cognato da Milano -, mentre r


questione dell'affitto di stanze,151 sembrerebbe confermare
svolgeva anche funzioni in qualche modo impresariali: «
una [lettera] di V.S. [l'Oncia] in quale mi dice di nuovo d
a L. 1 il giorno circa che mocore replicare esser questo n
tato dal Teatro et però bisogna tratarlo con loste [...] per
sapesse che non possi affilare le stanze a sua voluntà ο non v
ria ο la pretenderà a differenza prezzo ».152
Nel 1648 sappiamo inoltre che l'oste veniva multato pe
babilmente omesso di inoltrare una licenza di recita ai Padri del Co
mune 155 e, nel 1652, mentre gestiva un'altra « hostaria », quella della
Croce Bianca presso il Guastato, aveva anche ingaggiato per il Teatro
Adorno una compagnia di Febiarmonici, accollandosi le spese del tea
tro, abiti e scene e chiedendo al Senato non solo il permesso di far
rappresentare l'opera in musica Bidone,154 bensì anche l'esclusività
della stampa del libretto.155 Come impresario sembra inoltre figurare
anche nel 1655, quando firma la dedica (senza data) del libretto del
l'opera Le vicende d'amore over ο Eritrea156 del Faustini.

151 Certo quelle vicine al palco di cui si tratta nella lettera del 21 ottobre (n. 59).
152 FICG, lettera n. 61 (2 novembre).
153 Cfr. Un Teatrino cit., p. 149, nota 18.
154 Secondo il frontespizio del libretto, la « Tragedietta, tutta però di bellissima
Musica à diletto de spiriti curiosi rinovata, et adorna », sarebbe di Vincenzo Della
Rena e non Ottavio, come sostiene I'Allacci, Drammaturgia, Venezia, Pasquali 1755,
p. 251. Il libretto ha questo titolo: La / Didone / Drama Musicale / di / Vincenzo
Della Rena / All'Illustriss. Signor / Giulio Tacerò Saluzzo / In Genova / Per Pier
Gio: Calenzani / [...] 1652 (BE, 83.C.21.6.). La dedica, senza data, è però firmata da
Francesco Barberini e mancano indicazioni sul cast. Si veda anche Bianconi - Walker,
op. cit., 1975, p. 379 sgg. e p. 433. Il testo dell'opera, tuttavia, nonostante l'attribu
zione al non meglio identificato Della Rena (come musicista ο come verseggiatore?),
è quello della Didone di Busenello (rappresentata a Venezia con musica del Cavalli).
Il problema è ancora irrisolto, nonostante la duplicità dei nomi e nonostante il fatto
che il testo sia identico in entrambi i casi.
155 Cfr. L'Impresa dei Teatri cit., p. 218, nota 13.
156 Le / Vicende d'Amore. / Overo / Eritrea / Drama / di Giovanni Faustini /
dedicato / All'Illustriss. Signora, e Padrona Colendiss. / La Signora Maria Brigida /
Spinola / Con Privilegio. / In Genova, nella Stamperia del Calenzani / [...] 1655
(BE, 83.B.27.III.). Mancano indicazioni sul cast, ma si dice che la musica era composta
dal M.R.P. Egidio Biffi, maestro di teologia in Genova e « vero mostro d'ingegno ».
L'opera era però una delle più famose del Faustini musicate dal Cavalli. Si può presu
mere che il Padre Biffi si sia limitato, come solitamente accadeva, a comporre la musica
di eventuali aggiunte ο modifiche fatte espressamente per il pubblico genovese. Il Biffi
è, del resto, ignoto come autore di musiche operistiche. Non possiamo non ricordare,
però, che il 1654 segna una tappa importante nella storia del Teatro Adorno: si rap

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128 ARMANDO FABIO IVALDI

A ciò si aggiunga che, nel mese di agost


scrive l'Adorno, l'oste « scode[va] da com
clo di recite.157
Detto questo, ricordiamo pure che, n
anno, si era comunque prospettata la po
di persona nella conduzione dell'« hostaria
scersi dei debiti nei confronti dell'Ador
mentre è a cavallo, Giacinto ne scrive fr
vi è buona occasione daffitar lostaria non
Qualche giorno dopo, rientrato a Novi
« circa laffitar lostaria seria buona cosa. Bis
persona tratabile et che dia buone sicortà
pochi mobili facendoli stimare per vedere
La dedica delle Vicende d'amore del 1655 è firmata da Giacomo
Ghiglione e questo nome e cognome si ritrovano nei documenti citati
del 1647-1648 e del 1652 (rappresentazione della Didone); dobbiamo
supporre, in questo caso, che se le consegne avvennero - come sem
bra 160 -, il Ghiglione, forse parente di quello che nell'aprile del 1600
prese in locazione dal De Zaretti l'antica « hostaria falconis », suben

presenta il Ciro del Sorrentino, con musiche del Cavalli e con allestimento di Gio. Bat
tista Balbi, definito « Direttore delle Scene, Machine e Balli ». Il fatto anche più inte
ressante è che il frontespizio del libretto avverte che l'opera subì qualche cambiamento
atto a renderla più gradita al pubblico genovese e che ciò fu messo in pratica « da altro
Soggetto con permissione dell'Autore ». Questo il titolo della stampa: Il Ciro / Drama
Per Musica / Del Signor / Givlio Cesare Sorentino / Napolitano. / Con Prologo;
aggiunte, mutationi, / et aggiustamenti all'vso di que- / sta Città fatte da altro Sog- /
getto con permissione / dell'Autore. / Arrichite poi dalla sempre ammirabile / Musica
del Sig. Francesco Cavalli. / Da Gio. Battista Balbi / Direttore delle Scene, Machine, /
e Balli. / Con Privilegio. / In Genova, / Per Gio. Maria Farroni. 1654 / [...] (BAV,
Dramm. Allac. 52.4.). Mancano indicazioni del cast, ma la rappresentazione è citata
anche dal Giazotto, op. cit., p. 321.
157 FICG, lettera n. 35 (23 agosto). Di qui la necessità di fare pressioni per aver
saldati i vecchi e nuovi debiti o, in caso contrario, dare tutto per definitivamente per
duto. A meno che Giacinto non intendesse dire che l'oste riscuoteva dai commedianti
l'affitto di camere.
158 FICG, lettera n. 48 (25 settembre).
159 FICG, lettera n. 49 (29 settembre).
1É0 Lo confermerebbe la lettera di Giacinto, da Milano, del 2 novembre (n. 61) in
cui, discutendo dell'affitto di stanze alla compagnia, l'Adorno consiglia cautela all'Oncia
perché se l'oste si fosse accorto di non poter disporre a suo piacere delle stanze « ο non
vorrà lostaria ο la pretenderà a differenza prezzo ». Ma avrebbe anche potuto trattarsi
per il Ghiglione di un caso di subaffitto. Cfr. L'Impresa dei Teatri cit., p. 218.
161 FICG, lettera η. 53 (1° ottobre). Giacinto invia all'Oncia una procura per
riscuotere dall'oste e « sequestrare et rilasciare ».

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GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO 129

trò nel novembre del 1646,161 continuando poi nella doppia at


oste-impresario .162
Rimangono tuttavia alcuni interrogativi anche sulla fun
altri personaggi nella conduzione del teatro.
Un certo Bufetto (o Bafetto), verso il quale Giacinto ha
parole di rimprovero, sembra essersi occupato in varie occ
l'ingaggio di compagnie di giro. L'8 agosto 1646, per esem
aver trattato di vari argomenti, ivi compreso il rincaro del p
grano, l'Adorno scrive all'Oncia: « Non so come loste pensi
il suo grosso debito col pocho credito che deve avere con
[Bafettoi] et in ogni caso non so quanto fusse creditore d
dove (?) le persone favolino che debbi regalare tanto a Bufetto
non è stato né capo né autore che la compagnia venghi ansi
tardanza ha causato danno a tutti ».163
Certo, stando ad una precedente lettera di Giacinto del 4 lu
questo Bufetto sembrerebbe qualcosa di simile ad un agent
que un intermediario per l'ingaggio di « commedianti ».
Nella lettera del 4 luglio, appunto, Giacinto lamenta il catti
in cui versano le stanze dell'« hostaria »; ricorda al cogna
già abbonato all'oste L. 16 « per ciavi e ciavature », ma ri
non voler più oltre fargli concessioni di sorta: « non ci fa
un quatrino se credessi perder lostaria ».
Ritorna poi la questione dell'affitto di alcune stanze,165
riferimenti alle tappe abituali delle compagnie: « per le st
fetto io non ho mai promesso né al Sig. Antonio166 né ad
farciele buone [...] se alla fine mi piacerà di farli un regalo
gho di ritornare lanno che viene ο mandarmi unaltra compagn
si traterà alla loro partenza ».
Prosegue poi informando l'Oncia di aver saputo che i «
dianti pare che facino paghare ogni giorno almeno dieci soldi
è causa molti manchino di venire il che è danno, et perché è c

162 porse già gli osti cinquecenteschi deU'« hostaria falconis », fosse
altri, si occupavano loro stessi di far recitare comedie nella locanda, come
registro ove è annotata la concessione di recita per L. 40 del 1566, di cui si è
163 FICG, lettera n. 33 {8 agosto).
164 FICG, lettera n. 16 (4 luglio).
165 Problema che ritorna in varie lettere di cui abbiamo già parlato (n
lano - 21 ottobre; n. 61 - 2 novembre).
166 Su questo personaggio si veda l'articolo poco più avanti.

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130 ARMANDO FABIO IVALDI

solito se V.S. paresse bene dirle una paro


lo stimerei per bene ».
Analogo il tenore della lettera dell'8 lug
Bafetto quando loste non se ne debba ser
gliare iseria bene lasciar così sin alla fin
si porterà sarà in mia mano essendo pres
sfare il Sig. Antonio [ ? ] col quale so no
parola ».
A complicare maggiormente le cose intervengono altri due perso
naggi: Agostino, zio d'acquisto di Giacinto,169 e un certo Antonio, dai
contorni ancor più nebulosi, che abbiamo visto poc'anzi citato, in
sieme a Bufetto, nelle lettere del 4 e 8 luglio.
Agostino cerca di stipulare un contratto stagionale — che si rivela
di difficile attuazione anche a causa dell'intransigenza dell'Adorno -
con la compagnia di Carlo Doria; 170 anzi, in questa circostanza, pare
che anche l'Oncia si occupasse, oltre che della contabilità degli incassi
delle rappresentazioni e dell'affitto dell'« hostaria » e altri beni di
Casa Adorno, di contattare attori ο impresari magari sotto un profilo
strettamente economico e legale (è un notaio), ma sempre su precise
direttive di Giacinto al quale spettava poi la decisione definitiva, in
assoluto e nei particolari.
Così si esprime l'Adorno al riguardo il 17 settembre: « Ricevo la
caris.ma Vs. [la lettera dell'Oncia] de 13. et vedo in essa come haveva
parlato col Sig. Carlo Doria et rotto il tratatato per terminarlo per
meno del Sig. Agostino nostro zio cirche le posso dire il già scritto
con altra mia cioè che non intendo di nesun modo lasciarli patroni [la
compagnia dei commedianti] ».171

167 L'avvocato? Non credo si tratti infatti del medico che, associato al « chirurgo »,
troviamo nei contratti dell'Impresa settecentesca e che aveva ingresso libero a teatro
insieme ai membri della famiglia Durazzo, proprietaria dei tre teatri pubblici genovesi,
il « sorbettiere », il cassiere, il procuratore, l'avvocato appunto, e le maggiori cariche
rappresentative dello Stato. Cfr. L'Impresa dei Teatri cit., p. 221, nota 22.
168 FICG, lettera n. 33 (8 agosto).
169 Lo dice Giacinto nella lettera del 17 settembre (n. 43). Agostino era fratello
di donna Lucrezia (lettera n. 10 - 6 giugno), suocera dell'Adorno, e nel carteggio figura
accomunato ad un Giustiniani per un affare politico, una sorta di scambio di favori con
Giacinto sul quale quest'ultimo non manca di polemizzare acidamente.
170 Successivamente, nel contratto con Orazio De Ferrari (parte non pubblicata dal
Giazotto), compare il suo nome e cognome per esteso: « Magnifico Agostino Scaglia ».
771 Ibid.

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 131

Quanto ad Antonio, escluso che si tratti di Antonio G


bile e molto amico di Maria Geronima, cognata di Giacinto; 17
anche che si tratti del celebre feboarmonico Antonio Agna
nominativo compare solo nel contratto del 19 ottobre (G
gamma delle ipotesi comincia ad esaurirsi se proviamo ad
qualche altro sulle sue mansioni. Interessante è comunqu
mento che troviamo nei suoi riguardi in una lettera di G
22 maggio:173 « et prima che comincino [un nuovo ciclo di re
bene che il Sig.r Antonio li faccia obligare [i commediant
tino tre mesi174 perché se recitassero solo un mese forsi non
per sodisfare la Camera ».175
C'è poi ancora certo Francesco Pitto176 le cui mansioni ci a
però, più definite e anche più modeste rispetto agli altri per
cui si è ora parlato. Ha un po' le funzioni di custode e uom
del teatro. Fin dalle prime lettere del carteggio questo r
stanza evidente: il 3 maggio, certo alla fine di un ciclo di rec
compagnia imprecisata, riceve l'ordine da Giacinto di lev
prima i « telari » (« quel legname »)177 che si trovavano
ordinandoli « nella stanza delle cadreghe » (le sedie della p
cessivamente « dove loste teneva il vino ».178
Francesco aveva pure in custodia la chiave delle porte

172 La famiglia Gentile doveva essere pure imparentata con gli Ado
n. 10 - 4 maggio). Antonio Gentile viene mobilitato da Giacinto per
' manzoniana ' questione di seconde nozze di Maria Geronima con un Bava
già sposato. Riuscì ad ottenere qualche particolare felice risultato ad un
2 25 luglio (lettera n. 25). Non sappiamo tuttavia se sia stata questa la
pori con l'Oncia, denunciati apertamente in una lettera di donna Lucrezia (le
4 agosto).
173 FICG, lettera n. 6. Anche più laconica la prima notizia su Ant
maggio (lettera n. 5): « Francesco mi scrive che pare che il Sig. Antonio si
174 Così infatti avvenne, come dimostra la minuta di conti dell'Oncia
n. 9), e si recitò anche il giorno di ferragosto, incassandosi L. 35.13.
175 Allude certo alla tassa che doveva essere pagata allo Stato per l'
pubblico spettacolo.
176 Desumiamo il cognome dal contratto pubblicato dal Giazotto (
quello con Carlo Doria (FICG, n. 43/bis), perché nel carteggio è solo m
il nome di battesimo.
177 FICG, lettera n. 2. In altro caso (lettera n. 6 - 22 maggio), l'Adorno scrive
contemporaneamente « telari » e « sciene »: questo mi farebbe pensare più che ad una
tautologia, alla distinzione fra scene mobili, montate su guide ο carrelli, secondo una
tecnica in uso nel tardo '500, e scene fisse.
178 FICG, lettera n. 4 (10 maggio).

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132 ARMANDO FABIO IVALDI

al teatro della strada « nuova » (« quella tud


l'« hostaria » direttamente,180 nonché quelle d
presa la stanza dei servitori.182
La compagnia da poco partita doveva av
non buone condizioni se Giacinto scrive all'Oncia di ordinare a Fran
cesco di comprare, se capitassero, « qualche cadreghe veccie [...] et
accomodare li palchetti et banche ».183
Il che è confermato anche da un foglio di conti relativi al periodo
da maggio ad agosto compreso:184 a maggio appunto si spesero, fra le
altre, L. 4 per « quattro cadreghe per le comedie » e, in generale,
« spese per raccomodare il theatro [...] L. 39.4.8. ».
Il 26 giugno però, quando una nuova compagnia doveva aver già
iniziato le rappresentazioni,185 Giacinto insiste che « restino accomo
dati li palchetti et serà bene che Francesco faccia accomodare tutte le
cadreghe serrà possibile et ne compri sin a 25 ο 30 al meglio mercato
potrà et questo quanto prima ».186
Ma Francesco, anche se non era un servitore personale dell'Adorno
come il Chiavarino,187 riceve spesso anche incombenze più spicciole:
riscuotere denari dall'oste, quasi sempre regolarmente non pagati;188
consegnare le chiavi della casa di Genova all'Oncia, dopo aver « levati

179 FICG, lettera η. 2 (3 maggio): « La ciave della stanza de seri sta sopra le
cadreghe di sala et quella tudesca di strada è dietro alla porta di essi seri cioè della
loro stanza ». Si veda anche la lettera n. 42 (14 settembre).
180 FICG, lettera n. 43 (17 settembre) e lettera n. 49 (29 settembre).
•si FICG, lettera n. 6 (22 maggio). «In casa attaccato alla porta della [...] rica
mera (?) vi sono le ciavi delli palchetti quali saria bene di levare ».
182 FICG, lettera n. 2 (3 maggio). Dirà l'Adorno il 17 settembre (n. 43): « di
nessun modo consentirò che si reciti senza che ogni sera si serri ». Nel contratto che si
riferisce alla compagnia di Carlo Doria (n. 43/bis), 2" clausola, si legge: « che Francesco
Pitto tengha le chiavi di tutte le porti niuna exclusa ».
183 FICG, lettera n. 6 (22 maggio).
184 FICG, documento n. 9, già citato. Lo scritto è probabilmente una minuta ad
uso dell'Oncia giacché, ad un certo punto, si annota che i conti del restauro del teatro
erano stati inviati a Giacinto a Novi, così come quelli delle somme di denaro corrisposte
a Francesco per conto dell'Adorno. Esistono anche lettere di quest'ultimo dove si accusa
ricevuta di duplicati di conti (lettera n. 19 - 8 luglio).
185 Arrivò di certo dopo il 22 maggio, come si può arguire dal passo della lettera
in pari data: « circa le comedie stimo die veranno presto » (lettera n. 6).
186 FICG, lettera n. 14 (26 giugno).
187 Che era forse un soprannome. La mansione di questo ennesimo personaggio
emerge, senza dubbi, fin dalla prima lettera del carteggio che ci è pervenuta (η. 1 -
30 aprile).
188 FICG, lettera n. 16 (4 luglio), solo per fare un esempio.

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 133

largenti »; 189 portare a Novi le calzette del paggio e altri


stoffe;190 tenere le chiavi di altri appartamenti; 191 contr
golarità circa i prezzi del biglietto delle singole recite.19
certo punto, Giacinto non mancherà di informarsi dall
che non aveva più nulla da fare « con le comedie », Fra
deva « di esser a [...] servitio tutto il giorno ο come ».
Addirittura l'8 luglio193 chiederà se Francesco si era eff
sentito male negli ultimi tempi, « perché mi pare vadi fre
servitij et nel recapitare le lettere » e conclude: « mi sc
sca dirmi se fa il debito suo con affetto ».
Detto questo, prima di passare alle compagnie cui si a
carteggio e alla possibilità di identificarne anche le ope
tate a Genova in quel periodo, cerchiamo in breve di far
problema della gestione del Teatro del Falcone e sul ru
Giacinto Adorno.194
Esaminando i riferimenti sparsi nelle lettere del nobi
tutto, le clausole dei contratti con la compagnia di Carlo
e con quella del De Ferrari dopo, un fatto è sicuro: Giac
proprietario in tutto ο in parte dell'« hostaria »-teatro - d
l'intero complesso per profitto proprio ο con ulteriore
quanto concerneva, dopo la morte di Gio. Paolo Adorno
in minori età - aveva il potere decisionale definitivo su
di problema ο situazione195 e rischiava sempre in proprio
tratto, tanto nell'« hostaria » quanto nell'impresa teatr
In tal senso, se la gestione del teatro fu in quegli anni si
unifamiliare, è però anche il clan degli altri nobili strettam
rentati con gli Adorno a partecipare in qualche modo nella
(si pensi al notaio Oncia ο allo zio Agostino), sia pure in
più ridotte (anche come responsabilità finanziaria?) rispett

189 FICG, lettera η. 1 (30 aprile).


190 FICG, lettera n. 4 (10 maggio).
191 FICG, lettera n. 12 (20 giugno).
192 FICG, lettera n. 13 (22 giugno).
192 FICG, lettera n. 22.
194 Su questo punto ho dato qualche anticipazione nell'Impresa
pp. 216-220.
195 Perfino quando si tratta di decidere le eventuali seconde nozze della cognata
Maria Geronima ed è in gioco l'onore della casata.

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134 ARMANDO FABIO IVALDI

La gestione di un teatro a pagamento su mode


certo un tipo di investimento improduttivo co
mecenatesco e, naturalmente, alcune caratteris
mico-finanziario genovese confluirono inevitabilm
nuovo settore teatrale, unitamente alla prosp
immobiliare.
La nascita del Teatro del Falcone, nella prim
si inserisce, almeno per Genova, in un mome
economico-politica collegata con la decadenza
in Europa; quella stessa che, a metà '500, costit
massimo splendore ed espansione dell'impero f
cratici-banchieri genovesi, contrassegnato dal
ville di campagna del periodo alessiano e dalla
tiere nobiliare di Strada Nuova, creata dalle sp
stimenti di appena quattro famiglie della nobil
All'inizio del Seicento, però, la situazione eur
suo equilibrio politico; si susseguono le bancar
cui i genovesi devono far fronte per evitare
dello Stato). È proprio in queste circostanze ch
in termini di rischio finanziario e capacità di
clan più che della famiglia di cui parla acutame
Strada Balbi, anche se ispirata nella sua at
ideali di prestigio (cittadino ed europeo) della
aveva permesso la lottizzazione di Strada Nuova
per una famiglia di recente nobiltà come quella
anche della nuova generale tendenza della local
nel Seicento, restringe all'area urbana i propr
tale, ora riadattando e ingrandendo immobili p
verso vere e proprie speculazioni edilizie verso

196 Cfr. Doria, op. cit., p. 14.


197 Che dell'arteria urbana, cui daranno il nome, si acc
spese e vi costruiscono ben sette palazzi ad uso privato in
198 Da una di esse, nascerà il Teatro di Sant'Agostino, il
pagamento di Genova (inaugurato nel 1702), nato subito co
senza passaggi intermedi, anche se fatto sempre costruire
Pallavicino, mecenate ed esperto d'arte. Sul teatro si veda i
zione edilizia a Genova (1700-1702): l'origine del teatro
d'Arte », n.s., 150, 1976, pp. 69-80. Sul nobile rinvio al m
Durazzo, mecenati di « prestigio », « ASLSP », n.s., XIX,

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GLI ADORNO E l'hostaria-teatro 135

In questa temperie economico-finanziaria si inse


l'investimento immobiliare di Gabriele Adorno che nel 1602 - lo
stesso anno del decreto e del modello di Strada Balbi - si aggiudica
l'intero complesso dell'« hostaria »-teatro; dall'altro la graduale uti
lizzazione e adattamento della struttura del teatro pubblico di tipo ve
neziano alle esigenze del mondo economico genovese e a quelle della
locale situazione socio-culturale.

Vediamo ora qualche dettaglio su un contratto-tipo con una com


pagnia di giro del 1646 che Giacinto Adorno stipulava con i suoi
collaboratori.
La compagnia di Carlo Doria del cui contratto si tratta in quattro
lettere del settembre 1646 199 era già venuto a Genova in altra occa
sione,200 lasciando il teatro in pessime condizioni dopo la partenza.
Dalle parole di Giacinto201 pare che gli attori che ne facevano parte
fossero riusciti a lasciare la città prima che ci si accorgesse della reale
entità dei danni arrecati alla sala dell'Adorno,202 che aveva così dovuto
accollarsi le spese di riparazione (specie i palchetti).
Quanto agli eventuali guasti al palco e alle scene prodotti dai « Si
gnori Accademici », il 17 settembre 1646 restava convenuto - queste
almeno le condizioni poste da Giacinto per l'agibilità della sala - che
se avessero rovinato il primo, « non le debbino ripezzare ma rifare in
buona forma »,203 mentre le seconde potevano « disfarle », ma a loro
spese, così come restavano a loro carico eventuali danni alle stesse,204
e ciò doveva riguardare anche i palchetti.205
Restava poi inteso che « le chiavi di tutte le parti niuna exclusa »
dovevano essere custodite da Francesco il quale, comunque, « aprirà
ad ogni volontà de S.ri Accademici et ogni sera risererà tenendo le

dolph, Carlo Maratti figurista per pittori di nature morte, « Antichità Viva », 2, 1979,
pp. 12-20.
199 FICG, lettera n. 42 (14 settembre); n. 43 (17 settembre); n. 46 (19 settembre);
n. 49 (29 settembre). Cfr. in modo particolare la n. 43 e n. 46.
200 FICG, lettera n. 43 (17 settembre) e n. 49 (29 settembre).
201 FICG, lettera n. 43 (17 settembre).
»2 Ibid.
203 Ibid. e clausola n. 3 del contratto in bianco allegato (n. 43/bis).
204 Clausola n. 2 (n. 43/bis).
205 «di nessun modo debbino guastar [...] né rumper poiché non è necessario».
E la clausola η. 1 (n. 43/bis): « né muri né porte né palchetti ».

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136 ARMANDO FABIO IVALDI

chiavi a presso di sé quando non le vogl


[Oncia] ».206
Il nodo cruciale era però il prezzo delle singole recite: « Circa poi
il prezzo veramente non posso a meno in confidenza dirli [all'Oncia]
che mi pare exorbitante », scrive Giacinto,207 il quale propone « L. 150
in 200 » a rappresentazione, da cui andava tolto quanto spettava di
tassa al Senato.
Alla clausola n. 6 del contratto in bianco allegato (i « capitoli »)208
si legge che il teatro non sarebbe stato aperto da Francesco ο chi per lui
d'ordine di Giacinto, « se di mano in mano non haveranno sodisfate »
e ribadisce (clausola n. 7 ) che « detto fitto sia da chi sodisfato a giu
ditio del Signor Gio. Tomaso ».
Quello che può attirare l'attenzione nella lettera è un punto della
frase di Giacinto in cui egli stabilisce il prezzo delle recite: « mi sta
bene meter il mio teatro a tal pressi che poi passaranno in exempio ».
A che cosa voleva alludere? ad altri teatri urbani a Genova? o, prefe
ribilmente, ad una situazione generale del mercato dell'opera in
musica?
Personalmente preferisco pensare che la competitività 209 cui allude
l'Adorno si riferisca a quei teatri - non necessariamente genovesi, se
pure ve ne furono altri sul tipo del Falcone - di città comprese nel
giro delle compagnie; non quelli veneziani che in quegli anni erano
chiusi, bensì le piazze di Milano (dove proprio nel 1646 si rappresenta
il Pastor Regio, allestito anche a Genova più ο meno nello stesso spa
zio di tempo), Bologna ο Firenze.
Sempre connesso con l'aspetto economico del contratto, i cui « ca
pitoli » dovevano essere convalidati con atto notarile,210 è il fatto che

206 FICG, lettera η. 43 e clausola n. 2 (n. 43/bis). Lo aveva già dichiarato Giacinto
1 14 settembre (n. 42): « presto ο tardi habbino bisogno di fabricare nel teatro [proba
bilmente per riparare i danni della compagnia che iniziò a recitare dopo il 22 maggio
e concluse il 23 agosto circa] del quale Francesco ha sempre da tener le ciavi senza che
vi possino entrar solo che dalla porta di strada nuova non volendo consentire che
simpatroniscano del sito ma che ogni giorno se gli apra e poi alla sera si serri».
L'Adorno ribadiva, già in questa occasione, puntlahzzazioni fatte in una lettera prece
dente che, però non è giunta fino a noi.
207 FICG, lettera n. 43 (17 settembre).
208 FICG, documento n. 43/bis.
209 Su questo argomento rinvio a Bianconi-Walker, op. cit., 1975, pp. 24-28 sgg.
e al loro contributo presentato al congresso di Berkeley (vedi nota 149).
210 FICG, documento n. 43/bis, Clausola n. 8.

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 137

Giacinto riservava per sé e i familiari l'ingresso libero du


cite e l'uso di un palchetto (clausola n. 4).
Tale prerogativa perdurerà a Genova ancora dopo il 17
in cui si costituiva la stabile Impresa dei Teatri, probabile
dei Durazzo a fini speculativi e di investimento immobilia
di questa famiglia dell'aristocrazia ' nuova ' del primo Se
sieme ai Saluzzo e ai Balbi), conoscerà infatti, soprattu
colo XVIII, un momento di grande potenza e prestigio n
blica ligure.211
Di fatto, Marcello Durazzo, già doge, divenuto proprietario
teatri pubblici genovesi (Falcone, Sant'Agostino e Vigne), l
in locazione all'Impresa per un periodo determinato da rin
scadenza.
Forse per fini fiscali, il nome dei Durazzo compare, però,
in quella che può definirsi la ' direzione artistica ' dell'Im
nei vari contratti con le compagnie ospiti, la famiglia si a
legi molto simili a quelli, assai più lontani nel tempo, di
Adorno.212
Quanto all'accordo con Carlo Doria, il 19 settembre 16
zoso Giacinto tornerà ancora sull'argomento, ribadendo
quanto aveva già scritto in precedenza al cognato. Usa qua
di leggero rimprovero verso l'Oncia che pare avergli rec
sottoposto ulteriori richieste dei commedianti (una lettera
perduta), ma di cui l'Adorno non vuole sentire parlare.
Fa egli stesso delle controproposte: « Le dico come n
gusto che si reciti nel mio teatro senza queste conditioni cioè
si rompi; che un mio tengha le chiavi; che paghino almen
per recita; che paghino li danni di disfar et tornar a far le s
il mio palchetto et lentrata libera per li miei di casa franc
partito non le piace, si leveranno tutte le dette condizion
di rumper et paghar li danni delle sciene et palcho con ch
denari (?) 100 argento (?) al mese anticipati da cominciar
che comincieranno a lavorare et che se gli darà le ciavi,
cendo neanche questi lascino i miei palchetti [l'uso di tutti

211 Cfr. L'Impresa dei Teatri cit., passim, e l'altro mio articolo, Div
Durazzo cit., passim.
212 Cfr. ancora L'Impresa dei Teatri cit., p. 221, nota 22.

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138 ARMANDO FABIO IVALDI

ο, preferibilmente, quelli riservati agli Adorn


laltre conditioni di cui sopra haveranno il rest
Ma conclude seccamente: « io non li cerco
penso che vorano venir in casa mia contro m
vilir il mio sito a questi prezi meglio mi è ten
può far di vantaggio si tralasci ».213
Come abbiamo già avuto occasione di riferir
contratto fosse definitivamente sfumato: il 19 o
quello completo, pubblicato dal Giazotto, con
sica » di Orazio De Ferrari, alcuni dei quali son
Essi, stando al documento, trattano con l'On
Giacinto, l'affitto e l'agibilità del teatro acco
più specifiche che vengono quindi sottoscr
compagnia.
Il contratto non varia molto rispetto a quello del Doria, ma è leg
germente più dettagliato. Interessante il passo relativo alla cifra d'af
fitto della sala: « prima di ogni volta che si reciterà doverà da essi [i
commedianti] avanzarne libre cinquanta moneta corente di Genova
et (pagarli al detto S. Jacinto ο altra persona per lui per l'affitto di
detto theatro così d'acordo convenuto con loro il pretio per ciasche
duna recita che farano di dette opere et non pagandosi puntualmente
come sopra il S. Jacinto osia persona per lui farà serare il theatro et
impedire a detta compagnia il poter entrarli se prima non li darà
sodisfatione ».
Nulla di nuovo circa le clausole delle spese a carico della compa
gnia per i danni al palco, le scene214 e l'obbligo della stessa di preser
vare il teatro da incendi di sorta. L'unica variazione consiste nel fatto
che le chiavi del teatro erano « apresso del S. Horatio Ferrari et a
sua disposinone aciò ocorendo far fare qualche cosa possa ordinarlo
a Franc.co Pitto quale Franc.co farà acomodare et fortificare li corri

213 FICG, lettera η. 46 (19 settembre). Ancora ne parla il 29 settembre (n. 49) e
sentenzia senza appello: « ο si faccia così ο non se ne faccia del niente ». Un altro rife
rimento negativo alla compagnia del Doria è contenuto in una lettera di donna Lucrezia,
suocera di Giacinto, che da Novi scrive al figlio, il notaio Oncia, il 3 ottobre (n. 54):
« per conto delle commedie di quanto mi scrivi non ho havuto per bene parlarne con il
Sig. Giacinto per non mi disgustare ».
214 « et anco tutto quello che si potesse guastare et rompere, et anco rifare tutto
quello che mancese ». ASG, Sala Senarega, Imprese Teatrali, loc. cit., η. 67.

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GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO 139

dori di fuori delli palchetti dalla parte particolarment


tirazzo ».215
Oltre poi al consueto privilegio dell'entrata gratis per gli Adorno
e un palchetto a loro disposizione,216 emerge una clausola utile ed im
portante (la penultima del contratto) per l'iter burocratico della con
cessione di licenza di recita e relativa tassazione a carico del proprie
tario del teatro, salvo poi accordi più particolari e privati.
Il passo non è molto limpido a causa della mancanza di punteggia
tura; nel dubbio, anche per non compiere interventi arbitrari, l'ho
trascritto così come si legge nell'originale: « detta Compagnia dice
baver fatto istanza a quelli Signori Serenissimi [il Senato] et haver
qualche speranza di otener decretto favorevole che il S. Jacinto Adorno
non sij obligato a pagare per questo anno al Ill.ma Camera solo la
metà di quello ache già resta agiustato il suo pagamento cioè la metà
di pezze cento cinquanta da otto reali caso che detta Compagnia ot
tenga la remissione di detta mettà cioè di pezzi setantacinque si de
durà dalla somma delle lire cinquanta da pagarsi come sopra per af
fìtto di detto theatro ogni volta che si reciterà quello che sarà dichia
rato dal Magnifico Agostino Scaglia [lo zio di Giacinto] e dal S. Ho
ratio Ferrari alla dichiarazione dequali si rimettono in tutto e per
tutto ».217

Il 21 ottobre, il contratto pare cosa fatta. Da Milano218 Giacinto


scrive all'Oncia che Francesco « circa alli legnami che sono in quella
stanza [...] mi dice haver agiustato con Horatio di Ferrari et sta bene
la forma ».
Si tratta probabilmente delle scene che già altrove Giacinto defi
niva così,219 oppure si riferisce ai restauri dei palchetti ο di altre parti
del teatro. Ma poco importa.
Più interessante notare invece quanto l'Adorno scrive ancora sulla
tassa di licenza, dopo aver parlato dell'affitto delle famose stanze vi

215 In questo caso le spese erano sempre a carico della compagnia?


216 « quale vorà [l'Adorno] a sua elettone overo del S. Gio. Tomaso [Oncia] su
detto ». Si veda ancora ASG, loc. cit.
217 Si prevede, in ultima clausola, che la « scrittura » resti al De Ferrari « essendo
sottoscrita da ogniuno della Compagnia ». Firmano: Antonio Agnadini, Margherita Con
falonieri (a), Gio. Paolo Bonelli e consorte, Giuseppe Torre. Si veda anche Bianconi
Walker, op. cit., 1975, pp. 403-404.
218 FICG, lettera n. 59 (21 ottobre).
219 Nella lettera del 3 maggio (n. 2).

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140 ARMANDO FABIO IVALDI

cino al palco: « [...] circa al calo di L. 75 p


questa è cosa da venire che io non spero si o
rebbe con laiuto di V.S. [l'Oncia] et del Can.re [il Cancelliere di
Stato?] [...] esser fato almeno a mio nome seria per lutile buon ne
gotio quando essi [i commedianti] dovessero recitar poche volte ma se
molte come si può sperar nel spatio di tre mesi non lo stimo di utile
massime con voler le stanze delle quali ο mancherò per tre mesi dal
fitto ο mi converrà farlo buono a loste ».220
Ritornato a Novi da Milano - dove per qualche tempo gli Adorno
furono a visitare le spoglie di S. Carlo, presero « spassi » e furono
ricevuti dal cardinale Federico Borromeo e dal governatore spa
gnolo 221 - il 2 novembre 222 è sempre in fieri invece l'accordo per l'af
fitto delle stanze vicine al palco, ma soprattutto il loro prezzo e il
modo in cui Giacinto possa evitare di pagare all'oste il sovrapprezzo
di tasca propria. Aveva già scritto al cognato 223 che la faccenda doveva
essere regolata con il ' nuovo ' oste,224 altrimenti quest'ultimo, se si
fosse accorto delle limitazioni cui poteva essere soggetto, « ο non
vorrà lostaria ο la pretenderà a differenza presso [tic] si che convenerà
come m'ha ocorso altre volte che le paghi di mia staca il sopra più
perro non si può negotiar in latra forma che nella scritta a Fran.co
[andata perduta] cioè mentre stia a mio conto reali 4 il giorno et affi
tandosi quello ne vorrà loste et non piacendo questo lasciarle stare »:
« si può negotiare alla libera, ο in la sudetta forma ο tenerle serrate
[le stanze] ».
Ma pare che la compagnia del De Ferrari non avesse ancora deciso

220 Nel prosieguo della lettera, Giacinto dice di aver parlato a lungo con Francesco
su questo punto spinoso. Lascia che l'Oncia decida tutto nel migliore dei modi, ma riba
disce: niente stanze a L. 1 « che mi converta pagharle a loste del mio ».
221 FICG, lettera n. 21 (25 luglio); n. 49 (17 settembre); n. 54 (3 ottobre) per
annunci e rinvìi della partenza. Da Milano le più interessanti sono: n. 55 (8 ottobre);
n. 56 (14 ottobre); n. 57 (17 ottobre); n. 60 (23 ottobre). Il viaggio intrapreso aveva
certo anche un risvolto pratico. Sappiamo che gli Adorno avevano affari a Milano (vedi
nota 31) e la lettera di Giacinto del 29 luglio 1646 (n. 26) lo confermerebbe. Vi si
prospetta infatti l'eventualità di aprire una « stapula » (un deposito merci, un magaz
zino?) a Milano, giacché i Balbi pare intendessero «pigliare il partito del sale» di
quella città.
222 FICG, lettera n. 61 (2 novembre).
223 FICG, lettera n. 19 (8 luglio) e, soprattutto, n. 59 (21 ottobre).
224 Come ho già detto in precedenza, dovrebbe trattarsi del Ghiglione, locatario ο
sub-locatario che fosse dell'« hostaria falconis ».

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 141

il repertorio: « essi pretendino [i commedianti] che noi si


rola et essi liberi et che io perda locasioni come mi sarebb
se non recitassero ».
Le compagnie chiedevano dunque una Ucenza di rappresentazione
che, generalmente, veniva concessa dal Senato (salvo una limitazione
al periodo di recita ο un taglio al repertorio), e pagavano al proprie
tario del teatro in cui agivano una cifra concordata dalle parti e da
riscuotersi alla fine di ogni recita.
Per questa somma pattuita avevano in dotazione la sala, le scene,
i palchi, le sedie di platea di cui dovevano però pagare gli eventuali
danni (che spesso finiscono tuttavia a carico dell'Adorno). Resta dub
bia la questione dell'affitto di « stanze », forse per l'alloggio della com
pagnia nella locanda che, come abbiamo visto, comunicava diretta
mente con il teatro mediante una porta.
Questo interrogativo si innesta in una serie di altri punti oscuri
che riguardano da un lato le mansioni dell'oste (locatario, sub-locatario,
impresario?); dall'altro tutta la filiazione di personaggi intermedi fra
l'Adorno e la compagnia ospite nel suo teatro, con i rispettivi inca
richi fluttuanti e la presenza ο meno di un impresario, nel senso stretto
del termine, prima del 1650.
Sfugge allo stesso modo, quasi del tutto, il valore di certe alter
native che Giacinto propone spesso ai contratti che discute e ' costrui
sce ' con il cognato nel suo carteggio della villeggiatura.
Se prematuro rispetto a quegli anni può risultare l'uso del termine
' appalto ', più probabile dopo il 1677, forse si potrebbe avanzare più
semplicemente quello di un contratto di ' locazione ' stagionale, va
lido in genere per non meno di tre mesi e passibile comunque di inter
ruzioni ο cambiamenti, a giudizio del proprietario (anche se i « capi
toli » erano regolati da un notaio), se le rappresentazioni non rende
vano a sufficienza ο per altre irregolarità commesse dalla troupe (non
ultima quella di maggiorare i prezzi dei biglietti).
A ben guardare, ciò che importava maggiormente all'Adorno era
una competitività del suo teatro non sul piano della qualità artistica,
ma su quello dei costi e dei profitti. In tal senso, la sala degli Adorno
può aver assunto un ruolo del tutto ragguardevole nel processo di
' standardizzazione ' delle opere veneziane di tipo ancora accademico
principesco che circolano in quegli anni fuori della città lagunare.
Naturalmente non possiamo dire una parola definitiva sull'argo

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142 ARMANDO FABIO IVALDI

mento allo stato attuale degli studi, alme


anche perché sono le clausole negoziali dei
finanziarie nei rischi che lasciano momen
dosi talora adattabili a circostanze divers
cuni concetti di base come quello di propr
non transige minimamente.
È pure innegabile, nel caso del Falcone,
fra proprietario dell'impresa teatrale e p
caratterizza la gestione individuale ο unif
dei teatri veneziani dell'epoca.225

Se il procedere di questa ricerca è stato


una fitta serie di interrogativi, non div
cerchi di identificare le compagnie di Fe
Teatro degli Adorno, almeno tra il 1644 e
tutto del carteggio del nobile Giacinto; tant
esse presentarono al pubblico genovese d
tare un po' di cronologia documentaria l
scritta in un arco di tempo assai limitato.
Il termine « Febiarmonici » compare la
del libretto dell'opera La finta pazza di G
a Piacenza, per ben sette volte, nel maggi
La data è importante perché se, come
mine sancisce emblematicamente l'istitu
girovaga in senso stretto e in senso lato,
zio di ottobre dello stesso anno, propr
alcune « rappresentazioni in Musica » sv
Non conosciamo il repertorio che la tro
(certo non fu la Finta pazza che, invece, ven
ma i Cerimoniali ci fanno sapere una cir

225 Fatta eccezione per la particolare situazione


Walker, op. cit., 1975, pp. 414-417.
226 Ibid., pp. 397-398: « [...] nel Palazzo grande i
fiorentino) fu però rappresentata da Febiarmonici an
Commedie » (Teatro di Baldracca), secondo quanto sc
Commedia dell'Arte cit., in Aa. Vv., Il teatro dei M
dogana cit., in Aa. Vv., Il potere e lo spazio cit., p
voca sulle date in rapporto all'uso di Firenze. Si ved
1975, p. 402.

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 143

« Accademici intitolati Febiarmonici » cantarono con felice esito in


sieme ai Musici di Palazzo: 227 un concerto volto ad onorare il principe
di Massa che spesso era in visita a Genova.228
Più congrue le notizie relative al 1645. Il 25 agosto di quell'anno,
gli Anziani di Lucca concedevano licenza, ad una compagnia di « Ac
cademici Discordati detti Febiarmonici », di recitare nel palazzo dei
Borghi « una certa comedia una ο più che sijno ».229
Per il 1645 i Cerimoniali tacciono notizie di Febiarmonici a Ge
nova, ma si può anche comprenderne il motivo: se furono in città,
non presero parte anche a manifestazioni ufficiali come l'anno pre
cedente.
Esiste tuttavia un libretto genovese dell'opera Delia, sempre dello
Strozzi, nel cui frontespizio si legge che fu rappresentata in quell'anno
nel capoluogo ligure.230
La pièce, considerata « il prototipo dell'opera veneziana »231 e
composta dal Manelli originariamente per nozze medicee,232 se da un
lato partecipa ancora da vicino di un mondo culturale e teatrale fio
rentino, dall'altro caratterizza già « l'uso veneziano » dell'opera in
musica (nella città lagunare e altrove) all'inizio degli anni '40 del
sec. XVII: una fisionomia tra il ' principesco ' e 1" accademico ' an

227 Ad essi accenna spesso anche il Giazotto, op. cit., passim. Aggiungo solo che
il 23 gennaio 1645 il Senato emanò un decreto secondo il quale essi dovevano interve
nire alla cerimonia di incoronazione del doge senza essere pagati: « Omnes Musici qui
sunt in Civitate prodecetero, quoties fuerint a Magistrato Musice Sacdli Palatij vocati
die festo Incoronationi Ser.mi Ducis inservire teneantur et quidem gratis, ita Ser.mo
Senatu mandante. Ad calculos ecc. ». ASG, Archivio Segreto, Ceremoniarum n. 476 A,
p. 159.
228 ASG, Archivio Segreto, Ceremoniarum n. 476A, p. 150: «Si trovavano in
questo tempo in Genova li accademici intitolati febiarmonici li quali raptesentavano
rapresentationi in Musica eccellentemente e volsero per honorare il Precipe [di Massa]
cantare alla Messa [solenne] soprad.a aiutati nel concerto dalli Musici di Palazzo, e
riuscì il tutto assai bene» (2 ottobre 1644).
229 Bianconi-Walker, op. cit., 1975, pp. 398-399.
230 La / Delia / Sposa / del Sole / Del Signor / Giulio Strozzi. / Drama / Rap
presentato in Musica in Genova / l'Anno 1645. / Terza Impressione. / In Genova, Per
Pier Gio: Calenzani. / [...] (Firenze, Biblioteca Maruceìliana, Melodr. 2272.4.). Si
tace il luogo della rappresentazione che fu sicuramente il Teatro Adorno. Mancano
anche indicazioni sul cast.
231 Bianconi-Walker, op. cit., 1975, p. 410.
232 Abbozzata fra il 1630 e il 1631, durante il contagio della peste, era probabil
mente destinata alle nozze di Vittoria Della Rovere con Ferdinando II di Toscana che
ebbero però luogo nel 1637. Inaugurò il teatro veneziano dei SS. Giovanni e Paolo nel
1639. Cfr. Bianconi-Walker, op. cit., 1975, pp. 410-412.

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144 ARMANDO FABIO IVALDI

cora lontana però dalle convenzioni dell'oper


cava, per essere agita ovunque, almeno la s
sione ο riferimento ad una città e a una spe
quindi dotata di un ' codice ' comprensibile
pubblico.233
Bianconi ritiene che quest'opera, insieme
ch'esso a Genova nel 1645 m), sia stata al
forse da una qualche comitiva del binomio F
Entrambi i libretti risultano essere una t
quello dell'Egisto, a differenza di quello de
alcuna di rappresentazione.
Va precisato che il Ferrari soggiornò sicur
del 1651 (anno di pubblicazione delle sue Po
due odi « Per alcune dame genovesi ch'an
villa »; 236 il libretto dell'Egisto per parte su
stiche di una stampa a scopo letterario, no
sponda ad una effettiva rappresentazione s
tro degli Adorno.237
Caso analogo a questo è quello del libretto
sandro Magno e Kos sane del Cicognini (1
ch'esso le sembianze di una edizione lettera
citati dal Giazotto, sarebbe invece da collega
presentazione che inaugurò il ' nuovo ' teat
Vanno però ricordati altri due esempi. Di
stampa genovese del 1651 del Giasone, anco

233 L'attività del gruppo « romano » Manelli-Ferrari


esperienze teatrali veneziane, anche nell'organizzazione
e della sua gestione da parte dei nobili dell'Accademia
Walker, op. cit., 1975, p. 413 sgg.
234 L'Egisto / E avola / Oramatica / musicale / di
Impressione. / In Genova, / Per Pier Gio: Calenzani.
L'avvertenza al lettore (pp. 3-4 della stampa) non contien
in cui dovrebbe rappresentarsi. Gli Accademici Discorda
l'opera a Bologna nel 1647 insieme alla Finta pazza, a
235 Cfr. Bianconi-Walker, op. cit., 1975, p. 412, no
236 Tali componimenti sono in Poesie / del Sig. /
Tiorba. / In Piacenza / Per Giouanni Bazachi Stampator
(BE, 10.D.1.).
237 Cfr. L. Bianconi, voce « Pietro Francesco Calett
Biografico degli Italiani, XVI, 1973, p. 690.

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GLI ADORNO E L'HOSTARIA-TEATRO 145

musica del Cavalli?) si sarebbe forse allestito nel Teatro de


in quello stesso anno.238
L'Egisto, ma soprattutto il Giasone, saranno tra le oper
giate messe in musica dal Cavalli e predilette da talune com
gli anni precedenti il 1650.
L'edizione a stampa del Giasone curata dal Farroni 239 n
molto a chiarire il dubbio su una concreta recita della pièc
Nell'avvertimento dello stampatore al lettore leggiamo: «
mancato copie del Giasone, et essendomi cresciute le richie
mi hà necessitato ristamparlo ».240
La frase è sibillina; potrebbe anche sottintendere che un
sentazione ci fu e che, dal successo di pubblico ottenuto,
successiva ristampa di un libretto a duplice uso, teatrale e let
ma è ipotesi personale, puramente gratuita.
Invece, il libretto genovese della Torilda, « opera reggia
sica » del nobile Pietro Maria Bissari,242 stampato dal Cale
1653, non fa cenno di recita nel frontespizio e, di fatto,
Tavola cronologica e il Supplimento utilizzati dal Giazotto
strano la rappresentazione a Genova.243
La dedica alla nobildonna Spinola dice invece testua

238 Rileviamo, per il 1651, anno della stampa genovese, due rappresenta
tanti del Giasone·, una a Napoli (2 settembre), data dai Febiarmonici; l'alt
(dicembre), al Teatro Formagliari. L'opera fu rappresentata a Milano nel 1
luglio) per la venuta di Maria Anna d'Austria e, forse già nel 1650, fu rip
presario Lonati il quale si avvalse dei Febiarmonici. Questi ultimi portaro
Lucca in settembre, mentre gli Accademici Ineguali la rappresentavano a
maggio dello stesso anno. Cfr. Bianconi, op. cit., 1973, pp. 690-691.
239 Giasone / Drama Musicale / del / D. Iacinto Andrea / Cicognini, /
Instancabile / In Genova, / per Gio: maria Farroni. 1651 / [...] (Paris,
Mazarine, 22123).
240 Ibid., p. 5. Tale recita - se avvenne - è sconosciuta al Giazotto c
solo quella (anch'essa da verificare) del 1661. Cfr. Giazotto, op. cit., pp
Bianconi parla anche di numerose ristampe puramente « letterarie » del l
cit., 1973, p. 692). Altra recita genovese del Giasone risalirebbe al 1681 (13
con titolo diverso (Trionfo d'Amore nelle vendette-, per il Giazotto, inve
d'Amore, senza altre indicazioni, ma con dedica, p. 323) e nel 1685 (Giazot
241 Sempre a p. 5 del libretto esiste infatti una specie di dedica dell'au
Lettori, e spettatori del Drama ».
242 La / Torilda / Opera Reggia / per Musica. / Del Conte / Pietro Pao
Dedicata / All'Illustrissima Signora / Maria Spinola / Dell'Illustriss. Sig
Genova, Per il Calenzani. 1653. / [...] (BAV, Dramm. Allacc. 244.1.).
243 Ciò dimostrerebbe, come è realmente, che tali répertoires sono inco

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146 ARMANDO FABIO IVALDI

« [...] la nostra Torilda, che si rida alla {sic'


in musica, col titolo del di lei patrocinio ecc
La pièce si allestiva tuttavia per celebrare
di Maria (cui è dedicato il libretto)244 con
arguire che si sia trattato di una rappresentazi
per questo dunque non menzionata nei due r
si è avvalso il Giazotto per la cronologia de
Giungiamo così al 1646, anno in cui i doc
in qualche modo ampliati (e complicati) dalle
lettere del nobile Giacinto.
I Cerimoniali testimoniano che nel gennai
monici » erano a Genova e, come nel 1644,
che ad una manifestazione ufficiale, questa vol
la processione in onore di S. Sebastiano. In t
messa solenne nella chiesa dedicata al Santo.245
II carteggio Adorno inizia dal 30 aprile di
Teatro del Falcone dovevano aver avuto term
un ciclo di recite di « commedianti ».
Come si ricorderà, infatti, Giacinto scriveva all'Oncia di ordinare
a Francesco Pitto di chiudere le scene in una stanza e restaurare i
palchetti, comprando anche sedie nuove per la platea.
Nel mesi di settembre l'Adorno parlando del contratto con la com
pagnia di Carlo Doria e lamentando i danni da essa arrecati al teatro
nel corso della sua ultima permanenza a Genova, ne scrive come di
un fatto non troppo remoto nel tempo.
Risulta però difficile collocare questa compagnia: poteva essere
quella dei Febiarmonici che sono a Genova all'inizio del 1646; ma po
teva anche essere stata in città l'anno precedente, magari per mettere
in scena la Delia 246 e forse anche l'Egisto. Ma sono solo ipotesi anche
queste.

244 La dedica di un libretto d'opera ad una nobildonna (assai raramente ad un


gentiluomo; qualche caso solo a fine '600) è una caratteristica tutta genovese che per
dura nel secolo XVIII. La dedica della Torilda è firmata da Francesco Barberini che
forse curò l'allestimento genovese dell'opera.
245 ASG, Archivio Segreto, Ceremoniarum n. Al β Α., p. 178: la processione, insieme
ai Collegi del Senato, giunse a « S.to Sebastiano dove sentirno Messa solene dal Primi
cerio di S. Lorenzo, che la cominciò in cornu epistole cantata da febbi armonici che si
trovavano qua [a Genova], ecc. » (20 gennaio 1646).
240 La stampa del libretto è del 1647, ma la dedica, firmata da Francesco Vimercati,
risale al 20 dicembre 1646. Possiamo quindi supporre che la rappresentazione sia avve

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GLI ADORNO E l'HOSTARIA-TEATRO 147

Dopo il 22 maggio 1646, comunque, nel Teatro Adorno


una compagnia imprecisata che avrebbe recitato per tre m
gione estiva - fino al 23 agosto circa.247
È quella di cui Giacinto discute spesso e animatamente
cia ai primi di luglio per le irregolarità nell'aumento dei
biglietto, provocando un calo nell'affluenza del pubbfico
facino paghare ogni giorno almeno dieci soldi e questo è c
manchino di venire il che è danno, et perché è contro il s
mentre, fra l'altro, pare che le rappresentazioni non andasser
bene (« si fa tanto pocho che pocho conto si leva »).249
Si inserisce qui la rappresentazione genovese del Pastor
Benedetto Ferrari. Il libretto milanese di quest'opera 250 ha u
datata 30 marzo 1646; nel frontespizio sono citate le recite pr
di Venezia (1640) e Bologna (1641),251 ma la stampa risulta
« quarta impressione ».
Il libretto del Pastor Regio stampato a Piacenza sempre nel
con una dedica dell'I 1 aprile, fu rappresentato in quella ci
giorni dopo,253 ed è una « quinta impressione »: immediat
cessivo quindi all'edizione milanese di quindici giorni prim

nuta in quel periodo, sicuramente ad opera di una compagnia di « Acca


monici », come precisa la stessa dedica. Il frontespizio fa riferimento, ol
veneziana, a quella di Bologna (1640) e di Genova (1645): La / Delia / S
Sole / Del Signor / Givlio Strozzi. / Dramma / Rappresentato in Musi
in Bologna, / in Genoua, et in Milano, l'Anno 1647. / Quarta Impressi
striss. Sig. e Pad. Colendiss. / Il Sig. / Conte Vitaliano / Visconti Bor
Milano, / Per Gio. Pietro Ramellati 1647. / [...] (Paris, Bibliothèque e
l'Opéra, Liv. It. 3501 (2)).
247 FICG, documento n. 9 (minuta di conti ad uso dell'Oncia).
248 FICG, lettera n. 15 (1° luglio); n. 16 (4 luglio); n. 19 (8 luglio).
249 FICG, lettera n. 24 (22 luglio).
250 II / Pastor / Regio / di / Benedetto Ferrari / Dalla Tiorba. / Rapp
In Musica / In Venetia, et in Bologna. / Posto in Musica dall'istesso /
questa quarta impressione dall'Autore / ampliato, e corretto. / In Mil
Battista, e Giulio Cesare / fratelli Malatesta Stampatori R.C. / [...] (U.
The University of Texas Library, KL 6 (1646)). La dedica è firmata dagli
Febiarmonici » (30 marzo 1646).
251 Cfr. Bianconi-Walker, op. cit., 1975, p. 403, nota 112 e p. 412, n
252 II / Pastor / Regio / Del Signor / Benedetto Ferrari / Dalla Tiorb
sentato in Musica / In Venetia, Bologna, Genova, / Milano, e Piacenz
Musica dall'istesso / Autore. / Quinta Impressione. / In Piacenza, / P
Ardizzone Stamp. Cam. 1646. / [...] / Ad istanza di Giulio Peseta Lib
90.C.31.3.). La dedica al marchese Gio. Scotti, senza accenni alla rappre
firmata dallo stesso Pescia (11 aprile 1646).
253 Cfr. Bianconi-Walker, op. cit., 1975, p. 432.

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148 ARMANDO FABIO IVALDI

La stampa piacentina cita però nel titolo, o


gna e Milano, anche una rappresentazione gen
di quella di Milano. Se questo implica probabil
diverse compagnie (di Febiarmonici?), esclud
giche che il Pastor Regio di Genova (che sare
pressione » mancante) sia stato presentato dal
al Falcone dopo il 22 maggio 1646, ma prefer
tita in precedenza.
Tenuto conto, come si è detto, che tra la re
di Piacenza intercorrono solo quindici giorni e
(« quarta impressione ») non cita come già avven
come fa, invece, quello di Piacenza (« quin
vremmo ammettere, anche per questioni cron
il Pastor Regio sia stato allestito a Genova pr
riormente al 30 marzo, piuttosto che nel succ
Sempre nel campo delle ipotesi, dovremmo
però, che se si trattava di una stessa compag
che rappresentò l'opera nelle tre città ora m
lano, Piacenza), questa non recitò nel capoluo
(da marzo a maggio), come solitamente prete
teatro (e ciò parrebbe abbastanza strano specie
anche se certo non impossibile) e pertanto t
1646 avrebbero agito nel teatro genovese alm
che più improbabile).254
Oppure: la compagnia che recitò a Genov
mese di marzo era distinta da quella che port
a Piacenza (sempre che pure in quel caso fosse
e recitò nella città ligure per i consueti tre
22 maggio circa), lasciando il Teatro Adorno
Per il 1646, però, gli interrogativi non s
biamo detto che nel settembre di quell'anno
Adorno prospettano un difficile contratto co
Doria; accordo che, a quanto sembra, non si
nonostante vari tentativi.
Sotto la data del 19 ottobre, infatti, si inserirebbe il contratto tra

254 E quella di Carlo Dona?

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GLI ADORNO E l'hOSTARIA-TEATRO 149

l'Adorno e i « professori di Musica » di Orazio De Fer


tratto pubblicato dal Giazotto),255 alcuni dei quali sono
monici. Tra essi si segnalano l'Agnadini, che aveva canta
nel Fast or Regio di Bologna (1641), e Margherita Confa
cantatrice romana che era a Lucca nell'agosto del 1646 co
gnerò » Curzio Manara.256
Il contratto con il De Ferrari, nonostante fosse già st
scritto dai componenti la compagnia, era tuttavia ancora
discussione tra l'Oncia e l'Adorno tra la fine di ottobre e
novembre del 1646.257
Anzi, all'inizio di quel mese, pare che la troupe non ave
deciso il repertorio. È proprio in ima lettera del 2 novem
cinto offre indicazioni preziose anche se non risolutive.
A parte il disappunto del nobile genovese per la disorga
della compagnia, apprendiamo anche che Giacinto, nel cor
soggiorno milanese dell'autunno 1646, aveva contattato al
gnie direttamente o, ciò che è preferibile pensare, attrav
diazione di altri nobili dediti all'attività teatrale.258
Ecco il passo della lettera: « [...] in Milano con molte c
patti molto avantaggiati son stato pregato da tutti i Cav
segno che ho data la parola con conditione perrò che
quando di V.S. [l'Oncia] non segua ciò che il basso da Imo
compagni 260 non recitino in modo che lascrivi subbito ac

255 Si veda anche Bianconi-Walker, op. cit., 1975, p. 403.


256 Ibid., pp. 398-399. I due erano stati a Parigi « per loro opere »
oltre ad occuparsi di teatro (forse scene e macchine), contrabbandava an
fortezze e città italiane con ottimo guadagno.
257 Abbiamo dato per scontato che il contratto del 19 ottobre, pu
Giazotto, integri il carteggio Adorno sotto quella data. Le lettere de
2 novembre dovrebbero quindi riguardare ancora la compagnia del De F
lettera n. 59 (21 ottobre, da Milano); n. 61 (2 novembre, da Novi).
258 L'articolo cit. di Bianconi-Walker (1975, pp. 404-405) indica epi
di Febiarmonici nel 1648-1649 (e oltre), nonché milanesi nel 1647-164
collegati fra loro e dove figura nuovamente l'Agnadini.
259 Un basso genovese canta, invece, nell'Ercole in Lidia del Bisacc
Venezia probabilmente nel giugno 1645. Cfr. Bianconi-Walker, op. cit.,
nota 154 e ρ. 417.
2(0 Si ribadisce l'interrogativo che in questo caso ci si riferisca semp
pagnia del De Ferrari ο meno, anche se abbiamo accettato che i documen
dal Giazotto vadano ad integrare il carteggio Adorno del FICG, alle d
cate altrove.

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150 ARMANDO FABIO IVALDI

far venir la compagnia che in pochi gior


recitare con molto mio più utile e questo
conti [rie] ma perché lobligatione ο sia re
et acciò se questi di V.S. non recitassero
di questi di Milano ».
Dopo questo promettente accenno, tutt
si conclude con tre lettere di carattere pr
piate la curiosità e l'interesse, ma non ci
Solo alla fine del 1646, 8 dicembre, ripren
dei Febiarmonici a Genova. E sono ancora i Cerimoniali a darcene
notizia.
Nell'occasione della solennità religiosa dell'Immacolata, i « Febbi
Armonici » che si trovavano in città cantarono insieme ai Musici di
Palazzo la messa solenne che si celebrò nella chiesa di S. Pietro in
Banchi.261
Fino al 1650, poi, i Cerimoniali non fanno più menzione di Fe
biarmonici a Genova e, per gli anni immediatamente successivi, c'è il
riferimento contenuto nella supplica del Ghiglione al Senato per la
messinscena della Didone (1652) di Vincenzo Della Rena (P).262
Il 18 febbraio 1647, però, i Febiarmonici sono sicuramente a Ge
nova e recitano al Falcone quando il Senato decreta che otto guardie
stiano alle porte del Teatro Adorno per evitare disordini.263
Non sappiamo se la compagnia di Febiarmonici che è a Genova
nel dicembre 1646 sia la stessa che recita nel febbraio del 1647; 264
neppure se quella che canta la messa dell'8 dicembre '46, sia una di
quelle di cui si trovano accenni nel carteggio Adorno (la più probabile
sarebbe quella del De Ferrari) e se provenisse ο meno da Milano.
Scorrendo il libretto milanese della Delia (con dedica del 20 dicem

261 ASG, Archivio Segreto, Ceremonìarum n. 476 A, p. 196: nella chiesa di S. Pietro
in Banchi « cantò Messa il Prevosto, che la cominciò in cornu epìstole, et oltre li Musici
di Pallazzo, vi fu anche li febbi armonici, ecc. » (8 dicembre 1646).
262 Cfr. L'Impresa dei Teatri cit., p. 218, nota 13: « era andato a posta per il mondo
con suo grave travaglio e spesa per unire una Compagnia di febi armonici ecc. ».
263 II decreto è stato pubblicato da L. T. Belgrano, Della vita privata dei geno
vesi cit., ρ. 446, nota 1: « [...] octo milites germani adstent prò foribus dum recitabitur
comoedia a comicis phoebo armonicis in hospitio Falconi, ne sequantur inconvenientia ».
Come si può notare, teatro e « hostaria » sono quasi sinonimi e ciò è una riprova della
stretta connessione esistente fra le due parti prima del 1650.
264 Potrebbe essere verosimile, visto il criterio di recita per tre mesi che vigeva nel
Teatro Adorno. Siamo sempre però in un campo di ipotesi estremamente fluido.

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GLI ADORNO E l'hOSTARIA-TEATRO 151

bre 1646),265 si può osservare che, forse, la compagnia di « A


Febiarmonici » che rappresenta l'opera a Milano potrebb
mente non essere quella che è a Genova una dozzina di gio
Portebbe però trattarsi di quella di cui Giacinto Adorno f
nella lettera del 2 novembre e dalla quale ho trascritto in
il lungo passo.
Al 1647, in data imprecisata, risale inoltre anche un lib
novese de La finta pazza, rappresentata « in Musica Da S
demici Febiarmonici », come avverte il frontespizio.266
La stampa, una « seconda impressione », è identica, str
anche nel prologo occasionale, a quella di Piacenza del 164
L'opera fu recitata dai Fabiarmonici che sono al Falcone
braio del 1647?
Comunque stiano le cose, certo la rappresentazione genovese di
questa importante pièce musicale fu una tappa fondamentale nella sua
evoluzione-trasformazione verso un tipo ' standardizzato ' e più stret
tamente di repertorio.
Già nell'allestimento piacentino della Finta pazza, l'esaltazione di
Casa Farnese era venuta a compromessi con esigenze finanziarie e pra
tiche. Tolte le scene più lambiccate, eliminati gli accenni a certa mito
logia veneto-troiana,268 compresa qualche semplificazione lessicale e
con in più alcune accentuazioni verso i ruoli della ' vecchia ' e del
' valletto ', anche l'opera ' accademica ' dello Strozzi,269 pressoché in
tatta nel testo, finiva per orientarsi verso il tipo della futura opera
veneziana convenzionale e ' mercenaria ' che, in quel periodo, veniva
istituita a Venezia dal Faustini e dai Febiarmonici in Italia.

265 Si dice nella dedica al conte Visconti Borromeo, firmata da Francesco Mercati:
« Esce alla luce di nuovo la DELIA, anzi dirò ad apportar luce, mentre intesa ad illu
minar i musici Teatri. N'esce tutta baldanzosa ecc. » (si veda anche la nota 246).
266 La Finta / Pazza / Rappresentata in Musica / Da Signori / Academici / Febiar
monici / In Genova / L'Anno M.DC.XXXXVII. / Seconda Impressione. / In Ge
nova, / Per Pier Giouanni Calenzani, 1647. / [...] (BAV, Chigi VI.1134.1.).
267 Che è conservato a Parigi Bibliothèque Nationale, Rés. Th. Β 70. Bianconi
Walker, op. cit., 1975, p. 397, nota 80. Per altre recite della Finta pazza dopo il 1647,
si veda ancora Bianconi-Walker, op. cit., 1975, p. 381 sgg.; pp. 401-402; p. 403,
nota 110. Una terza impressione puramente letteraria del libretto fu eseguita a Venezia
nel 1644 (?). Cfr. sempre Bianconi-Walker, 1975, pp. 418-424.
268 Ibid., pp. 412-413 e p. 424.
269 Ibid. Su questo personaggio e l'« egemonia » veneziana dell'Accademia degli
Incogniti, nonché l'attività del Teatro Novissimo, rinvio a Bianconi-Walker, op. cit.,
1975, pp. 418-424.

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152 ARMANDO FABIO IVALDI

Anzi, il nome di questi ultimi, che nasco


mutevoli, ha come unico elemento di continuit
« attorno alla quale si sviluppa un itinerario
penisola, tra corti e città, non dissimile da
ramouche ».Z!0
Nonostante le tessere del ' mosaico ' gen
frammentarie, è innegabile però che esse la
tro Adorno un'attività operistica assai conti
Genova e Milano, e successivamente anche
que presto il modello veneziano dell'opera,
riante senza alterarlo nella sostanza. Le corti di Modena e Parma
Piacenza rimasero invece più legate all'opera principesca ο il torneo,
e anche Firenze, nonostante i tentativi del principe Mattias e del car
dinale Gian Carlo de' Medici, mostrerà la persistente adesione alla
festa di tipo principesco che la famiglia granducale aveva continuato
a praticare dalla fine del '500.271

Armando Fabio Ivaldi272

270 Ibid., p. 405.


271 Ibid., e in particolare pp. 424-434 e pp. 434-444.
272 Con l'occasione ringrazio ancora, in modo particolare, Lorenzo Bianconi per
avermi segnalato parte dei libretti citati e per la sua collaborazione. Analoga ricono
scenza esprimo a Nino Pirrotta e Claudio Sartori per i preziosi suggerimenti.

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