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Benedetta Barrasso

La chiesa contro i diritti umani

Attestazioni illustri della codificazíone di principi morali che regolassero la vita individuale e sociale,
prima del Cristianesimo, sono:
. il Codice di Hammurabi , in Mesopotamia (1755-17 50 a.C.)
. la Dichiarazione sulla libertà dei popoli di Ciro il Grande , re di Persia (538 a.C.)
Altre attestazioni sono posteriori al Cristianesimo e ad esso si ispirano, sia direttamente che
indirettamente:
. la Magna Charta Libertatum del Parlamento inglese (1215);
. la Dichiarazione dei diritti dell'uomo nella Costituzione americana (1787);
. e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del periodo iniziale della Rivoluzione francese
(1789);
. la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU, 1948).

—La Dichiarazione del 1948 indica, nel Preambolo , il concetto di morale naturale o legge (morale)
naturale. Vi si legge:
Il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana costituisce il fondamento
della libertà, della giustizia e della pace nel mondo (mentre) il disconoscimento e il disprezzo dei diritti
dell'Uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità...
—La Costituzione della Repubblica italiana, approvata nel 1947 riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell'uomo (articolo 2).

Per il credente, il valore della dignità della persona umana è fondato in Dio. In particolare per i
Cristiani, Dio imprime nel cuore dell'uomo la legge naturale, prima ancora della sua Rivelazione, prima di
ogni regola e precetto da rispettare.
Tuttavia il riconoscimento e l'accettazione dell'ordine morale può sollecitare il riconoscimento della fonte
di ogni ordine: Dio.
La funzione politica della legge naturale è stata rivalutata da S. Tommaso come la mensura non mensurata
di ogni legislazione positiva.
E' in questo quadro che si parla, e si dovrebbe più propriamente parlare, di  diritto naturale, come limite e
giustificazione ultima del diritto positivo, e quindi - indirettamente - come fonidazìone dei diritti del singolo
e dei gruppi di fronte al potere politico. L'humus da cui è sorto il movimento moderno per i diritti è quello
secolarizzato (se non addirittura in aperta polemica anticrístiana) della filosofia delle libertà umane e quello
della concezione politica borghese dello Stato civile.
Ciò spiega le reticenze che la Chiesa ha opposto per circa due secoli, prima di arrivare ad ammettere i
valori positivi dei diritti umani, come farà papa Giovanni XXIII con l'enciclica Pacem in terris (1963).
In precedenza il pensiero cristiano, dalla patristica alla teologia medioevale, aveva perfezionato il
concetto dell'uomo e della dignità della persona, poggiandosi utilmente anche alla filosofia greca e al
diritto romano.
Un altro apporto considerevole diede ancora la Chiesa all'inizio dell'epoca moderna : dal rinascimento in
poi, i molteplici problemi giuridici, politici e sociali, derivati dalla scoperta dell'America e la prima
apparizione dello Stato moderno spingono i pensatori cristiani ad elaborare, particolarmente nel secolo xvi,
una dottrina aggiornata sulla persona e sui suoi diritti fondamentali.
In seguito l'affermazione dei diritti dell'uomo passa piuttosto nelle mani della società civile e della ricerca
giuridica laica, sganciata dalla tutela confessionale delle Chiese. Per questo si aprirà un contenzioso
secolare tra Chiesa e cultura laica.

I grandi cambiamenti prodotti dai nuovi ideali di libertà, progresso e difesa dei diritti dell'uomo e del
cittadino, affermati dall'illuminismo e dalla rivoluzione francese; la laicizzazione della società, sorta come
reazione al clericalismo; l'urgenza di resistere all'indifferentismo, al naturalismo e soprattutto a un laicismo
totalitario e anticlerícale, liberale nelle sue concezioni ma aggressivo contro la società e ogni forma
religiosa, hanno indotto spesso i papi a prendere un atteggiamento di precauzione, negativo e, talvolta,
ostile o di condanna.
http://www.corsodireligione.it/etica/diritti_umani_1.htm

L’uomo considerato come creatura


Secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II, una particolare attenzione va riservata alla teologia della
storia della salvezza, ricercando i legami esistenti tra questa « teologia » e la nostra dignità umana.
Consideriamo dunque innanzitutto l’uomo come un essere creato da Dio. Qui si manifestano quella
sapienza, potenza, bontà di Dio, spesso ricordate dalla Sacra Scrittura e di fronte a cui, del resto, neppure
la ragione umana rimane indifferente. Infatti quando, sotto certi aspetti, si considera l’uomo come una
creazione di Dio, si notano singolari convergenze tra questa dottrina teologica, da un lato e la filosofia
metafisica e morale, dall’altro.
Nella presentazione biblica della creazione dell’uomo tre aspetti assumono eccezionale rilevanza. Preso
nella sua integralità, l’uomo appare storicamente — nello stesso tempo — spirito, anima e corpo. Egli non
è il semplice prodotto dell’evoluzione generale della materia ma un effetto specialissimo dell’azione di Dio,
perché è stato creato a « sua immagine ». L’uomo non è solo un essere corporeo, ma è anche
un’intelligenza che cerca la verità, una coscienza e una responsabilità, grazie a cui deve tendere al bene,
secondo le possibilità del suo libero arbitrio. In queste differenti prerogative trova fondamento quella
dignità che si ritrova in tutti gli uomini, e che in ognuno di loro dev’essere rispettata.

Dignità e diritti della persona umana, 1983


http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_1983_dignita-
diritti_it.html
ABORTO
Nel cristianesimo, la Chiesa cattolica fu a lungo divisa sul tema. Se la chiesa degli esordi tendeva a
equiparare il feto a una persona, di particolare influenza furono le teorie di Aristotele sulla distinzione tra
feto animato e feto inanimato, tesi accolte e promulgate dallo stesso San Tommaso d'Aquino nel
medioevo. L'influenza di d'Aquino giunse a numerosi teologi cattolici che nei secoli successivi, pur
riconoscendo l'immoralità dell'aborto in quanto contrario alla legge naturale, sosterranno la possibilità
dell'aborto del feto non ancora animato, senza condannarne la pratica.
In generale, sulla base di riferimenti scritturali e apostolici, considera la vita un dono di Dio, e dunque un
bene in sé di cui all'uomo non è dato disporre. Secondo la dottrina moderna ne consegue che l'aborto,
come scelta volontaria dell'uomo volta a impedire lo sviluppo della vita, equivale ad un omicidio ed è
considerato peccato mortale. La vita di ogni essere umano è un bene indisponibile per l'uomo e questi è
chiamato a difenderla dal concepimento alla morte naturale. Allo stesso modo i cosiddetti metodi di
contraccezione d'emergenza, che impediscono l'annidamento del concepito nell'utero materno, vengono
considerati abortivi perché impediscono lo sviluppo iniziale della vita del nascituro. Papa Giovanni Paolo II
ha spiegato la posizione cattolica nell'enciclica Evangelium Vitae.
Nella nota del 1993 Circa l'"isolamento uterino" ed altre questioni, emessa dalla Congregazione per la
Dottrina della Fede, si afferma che è lecito eseguire l'asportazione dell'utero, nel solo caso che il suo
danneggiamento (in seguito al parto, per esempio) rappresenti un grave pericolo attuale per la vita o la
salute della donna. Questa pratica non è ammessa in mancanza di un pericolo in atto, come misura
preventiva per la salute della donna in caso di gravidanza futura, perché, mancando una ragione
terapeutica attuale, tale pratica si configurerebbe come «sterilizzazione diretta», sempre vietata dalla
morale cattolica.
Durante il Giubileo del 2016 Papa Francesco ha concesso a tutti i preti del mondo la facoltà di assolvere le
donne che hanno abortito.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Aborto_e_religioni

Ci sono situazioni in cui l’aborto è ammesso dalla Chiesa?


A 40 anni dall'entrata in vigore in Italia della legge 194, una lettrice chiede se ci possono essere eccezioni
alla condanna dell'aborto da parte della chiesa. Risponde padre Maurizio Faggioni, docente di Teologia
morale alla Facoltà Teologica dell'Italia Centrale.
“”In questi giorni, con il quarantennale della legge, si è tornati a parlare di aborto. Il Papa ha detto parole
molto forti, paragonando addirittura certe forme di aborto (l’aborto selettivo) alle azioni compiute dai
nazisti. Volevo sapere se ci sono casi in cui invece la Chiesa ammette il ricorso all’aborto (ad esempio il
cosiddetto «aborto terapeutico»).””
-Anna Celestini
L'aborto è la soppressione volontaria di una vita umana nel tempo che va dal concepimento alla nascita. Il
rifiuto dell’aborto è stato sin dalle origini un tratto distintivo dei Cristiani nei confronti del mondo greco-
romano in cui l’aborto era pratica diffusa. Gli antichi difensori della fede cristiana come Tertulliano e le
testimonianze della catechesi primitiva, come la Didaché, sono unanimi e decise nella condanna
dell’aborto. Questa persuasione del popolo credente è così continua, unanime e universale che san
Giovanni Paolo II in Evangelium vitae ne ha fatto oggetto di una dichiarazione solenne (EV 62).
Papa Francesco in più occasioni ha parlato dell’aborto in termini netti e inequivocabili, in piena sintonia con
tutta la Tradizione della Chiesa. Basti ricordare alcune parole appassionate di Evangelii gaudium in cui
difende la dignità e il diritto ad esistere dei nascituri: «Tra questi deboli di cui la Chiesa vuole prendersi cura
con predilezione, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si
vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e
promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo. Frequentemente, per ridicolizzare
allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione
come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è
intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è
sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo» (Evangelii gaudium,
213).

Un aspetto inquietante dell’aborto è costituito dall’aborto eugenetico, l’aborto cioè di creature che
presentano malformazioni. Ricordo che 2-3 nati su 100 in Italia presentano anomalie maggiori (ad esempio
il labbro leporino con o senza palatoschisi o la mancanza di un arto o problemi della chiusura tubo neurale,
come la spina bifida). Aggiungendo a queste anche le sindromi genetiche, le cromosomopatie (come la
sindrome di Down), le malattie metaboliche e quelle da infezione contratta in gravidanza (come, un tempo,
la rosolia) si giunge ad un 4-5% di anomalie congenite. Sono bambini che nasceranno con situazioni di
svantaggio fisico e mentale più o meno grave e che, proprio a motivo della loro fragilità, dovrebbero essere
accolti con tanto più amore e cura da parte di tutti, ma nelle nostre società fortemente competitive e ostili
verso i perdenti essi non trovano spazio: in nome di quella che il Santo Padre chiama la «cultura dello
scarto». Il programma nazista di eliminazione degli handicappati e malati di varia natura, fisica e psichica,
poi esteso a gruppi e razze ritenute indesiderabili, rivive oggi sotto nuove forme. Nell’antilingua che
nasconde la verità delle cose, questi aborti vengono spesso definiti terapeutici, ma è evidente che non
sono per niente terapeutici perché non curano nessuno ed eliminano, invece, creature deboli e prive di
difese.

L’espressione aborto terapeutico potrebbe applicarsi più propriamente a quelle interruzioni di gravidanza
che sono operate per evitare gravi rischi a madri, affette, per esempio, da insufficienza renale o cardiopatia
nelle quali la gravidanza determina un peggioramento delle condizioni fisiche. In questi casi l’aborto non è
procurato per un rifiuto del bambino, ma per evitare rischi seri alla madre, però aborto resta. Il medico di
buona coscienza, però si comporta diversamente: egli non antepone una vita all’altra, ma si prende cura di
entrambe e, servendosi dei mezzi odierni di terapia e monitoraggio, porta avanti la gravidanza per quanto
possibile, anticipando il parto quando il feto sia viabile (ossia, in grado di vivere autonomamente). Diverso
il caso che un aborto conseguisse - come effetto collaterale grave e non voluto - a un intervento
terapeutico posto per curare una patologia, come potrebbe essere una chemioterapia per un tumore. La
perdita del bambino non sarebbe da attribuirsi ad un atto volontario di soppressione. Ancora diverso il caso
in cui non ci fosse il dilemma «o la mamma o il bambino», ma purtroppo il bambino non fosse salvabile in
nessun modo, come per una gestosi ribelle alle terapie: l’anticipo del parto, anche in tempi non sufficiente
maturità del feto, si presenta allora come l’unico bene possibile.

Tra le situazioni drammatiche nelle quali si prospetta l’aborto volontario c’è l’aborto dopo stupro. In pace,
in guerra, dopo violenza su donna non consenziente, dopo atto sessuale estorto a donna mentalmente
handicappata: tante storie e tanto dolore. Nessuno vuole ergersi ad accusatore di donne terrorizzate e
umiliate che vivono una gravidanza possibile o in atto come un prolungarsi della violenza invasiva dello
stupratore, ma non possiamo chiudere gli occhi di fronte ad una verità: la soppressione di questa creatura,
indesiderata e concepita in un modo indegno della persona, è una violenza che si aggiunge ad una violenza.
In questi frangenti diventa essenziale il consiglio e il sostegno di persone competenti e generose.
“Intervista professore di Teologia”

INTERVISTA: CHIESA CATTOLICA E DIRITTI UMANI INCONCILIABILI?


C’è un aspetto importante della replica della Santa Sede al Rapporto Onu sulle numerose violazioni della
Convenzione sui diritti del fanciullo da parte della Chiesa. Mentre da un lato il Vaticano ribadisce il suo
impegno nella protezione dell’infanzia, facendo ovvio riferimento alle migliaia di casi di pedofilia clericale
su cui l’Onu chiede conto, faith-reason dall’altro mostra stupore e addirittura rincrescimento perché in
alcuni punti del Rapporto si intravede «un tentativo di interferire nell’insegnamento della Chiesa Cattolica
sulla dignità della persona umana e nell’esercizio della libertà religiosa».

Leggendo il Rapporto, non è difficile capire quali siano questi punti: l’Onu chiede una revisione del diritto
canonico e dell’insegnamento morale della Chiesa riguardo alla pedofilia, alla confessione (il cui inviolabile
segreto, pena la scomunica latae sententiae, ha permesso il proliferare indisturbato degli abusi), alla
contraccezione, all’aborto, e alle discriminazioni verso l’omosessualità. Ciò che fa infuriare, in sostanza,
non è tanto la richiesta di rimuovere immediatamente e consegnare alla giustizia i responsabili delle
violenze o chi li ha coperti, né di adottare misure più restrittive per individuare i colpevoli. Al Vaticano non
va giù la richiesta di modificare la legislazione interna e la dottrina, e giustifica l’irritazione denunciando un
presunto tentativo di ingerenza e di violazione della libertà religiosa da parte delle Nazioni Unite.

Il che porta a farsi un paio di domande. La prima: è possibile che la libertà religiosa di alcuni, un aspetto
fondamentale della libertà personale, possa comportare la violazione dei diritti di altri? La risposta è facile:
sì. Non serve guardare all’Islam perché, come l’Onu ci fa notare, anche il cattolicesimo non rispetta alcuni
diritti umani. La seconda domanda invece è insidiosa: si può istituzionalmente tollerare una religione che
promulga la condanna della libera scelta su sessualità e maternità e la discriminazione di intere categorie di
persone – i gay ma anche le donne, che non possono accedere agli ordini sacerdotali – contro la
legislazione nazionale e tutte le convenzioni internazionali sui diritti umani?
Qualsiasi risposta è un autogoal per la democrazia. Se si risponde sì si sta creando una zona franca del
diritto, una sfera protetta, quella religiosa appunto, in cui sono lecite la discriminazione e la violazione delle
libertà fondamentali. Se si risponde no, invece, si infrange il principio di libertà religiosa, come ci ricorda la
replica all’Onu del Vaticano. L’argomento, insomma, è spinoso, perché nell’alveo “religione” può essere
compreso tutto e il suo contrario.

In Italia in particolare siamo in un vicolo cieco, perché riconosciamo l’ordinamento giuridico e morale della
Chiesa addirittura nella nostra Carta costituzionale e le permettiamo, in virtù del Concordato, di insegnare
ai ragazzi delle scuole pubbliche che l’omosessualità è un inaccettabile «disordine morale», che l’aborto è
un peccato tale da portare alla scomunica immediata – anch’essa latae sententiae – della donna e, invece,
che l’abuso su un minore è solo un “delitto contro la morale”, come lo definisce il diritto canonico, e non
un orrendo crimine su un bambino. E questo per restare nell’ambito delle osservazioni dell’Onu, perché
potremmo anche parlare della demonizzazione di altre libertà personali e persino delle distorsioni
scientifiche che compromettono la conoscenza e quindi la capacità di scelta, ma lasciamo perdere.
Ora, che la religione cattolica promuova la discriminazione è un fatto. Perché condanna chiunque scelga in
libertà, e contro gli insegnamenti della Chiesa, sulla sua vita. Perché crea un discrimine tra chi è “giusto” e
chi non lo è. Perché instilla nelle menti che gli appartenenti alla seconda categoria non possono avere gli
stessi diritti degli altri. Perché mischia la morale privata con l’etica pubblica. E a poco valgono esternazioni
quali «Chi sono io per giudicare un gay?» di papa Francesco quando a giudicare i gay ci pensano proprio il
Catechismo e i documenti della Congregazione della dottrina per la fede.

Ma torniamo alla seconda domanda, e proviamo a superare l’impasse della risposta con una formulazione
diversa: uno Stato democratico che sancisce, giustamente, l’irrinunciabile diritto alla libertà religiosa, può
accettare che questa libertà sia lesiva di altri diritti?
Nel mondo dei sogni una strada per salvare la libertà degli uni e i diritti degli altri c’è. La fede è personale, e
come tale rientra nella libertà di opinione garantita da ogni democrazia. L’istituzionalizzazione della fede,
invece, se va contro i principi di autodeterminazione e non discriminazione che uno Stato garantisce
tramite le sue leggi e la ratifica di convenzioni internazionali, non può essere in alcun modo riconosciuta.
http://www.civiltalaica.it/cms/index.php/chiesa-cattolica-e-diritti-umani-inconciliabili.html

La fecondità del matrimonio


2366 La fecondità è un dono, un fine del matrimonio; infatti l'amore coniugale tende per sua natura ad
essere fecondo. Il figlio non viene ad aggiungersi dall'esterno al reciproco amore degli sposi; sboccia nel
cuore stesso del loro mutuo dono, di cui è frutto e compimento. Perciò la Chiesa, che « sta dalla parte della
vita », ( Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 30: AAS 74 (1982) 116.) insegna che « qualsiasi
atto matrimoniale deve rimanere aperto per sé alla trasmissione della vita ». (Paolo VI, Lett. enc. Humanae
vitae, 11: AAS 60 (1968) 488) « Tale dottrina, più volte esposta dal Magistero della Chiesa, è fondata sulla
connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due
significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo ». (Paolo VI, Lett. enc.
Humanae vitae, 12: AAS 60 (1968) 488; cf Pio XI, Lett. enc. Casti connubii: DS 3717).

2367 Chiamati a donare la vita, gli sposi partecipano della potenza creatrice e della paternità di Dio. (Cf Ef
3,14-15; Mt 23,9.) « Nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla, che deve essere considerato
come la loro propria missione, i coniugi sanno di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e come suoi
interpreti. E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità ». (Concilio Vaticano II,
Cost. past. Gaudium et spes, 50: AAS 58 (1966) 1071.)

2368 Un aspetto particolare di tale responsabilità riguarda la regolazione della procreazione. Per validi
motivi (Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 50: AAS 58 (1966) 1071) gli sposi possono voler
distanziare le nascite dei loro figli. Devono però verificare che il loro desiderio non sia frutto di egoismo, ma
sia conforme alla giusta generosità di una paternità responsabile. Inoltre regoleranno il loro
comportamento secondo i criteri oggettivi della moralità:
« Quando si tratta di comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere
morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va
determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della persona umana e
dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e
della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù
della castità coniugale ». (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 51: AAS 58 (1966) 1072).
uomo come strumento di Dio per la procreazione

CHIESA E OMOSESSUALITA’

2357 L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva
o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle
differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra
Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, (Cf Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor
6,9-10; 1 Tm 1,10.) La Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente
disordinati ». (Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 8: AAS 68 (1976) 85.)
Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una
vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.

Il problema dell’omosessualità secondo la fede cristiana. Un aspetto particolare che ha sempre diviso il
Vaticano. Sotto questo punto di vista, Papa Francesco è molto più progressista rispetto ai suoi
predecessori. Non condanna l’essere omosessuale, ma la sua idea ancora non è abbastanza forte tanto da
poter cambiare un’ideologia così importante.
Opinioni che vengono affrontate con estrema chiarezza nel libro di Epicoco, ma bisogna stare molto
attenti, perché non è tutto oro quello che luccica. È pur vero che ‘la Chiesa accompagna gli omosessuali’,
come afferma Papa Francesco, ma non è questo il punto del discorso. Il pontefice seppur non condanna i
fedeli che ‘scelgono’ il loro orientamento sessuale, condanna a spada tratta chi vuole distruggere la nostra
radice culturale. Ovvero chi si ‘propone di voler far cadere il progetto voluto da Dio per ciascuno di noi,
come la diversità e la distinzione’.

LA VITA IN CRISTO: PARTE TERZA


SEZIONE SECONDA
I DIECI COMANDAMENTI
CAPITOLO SECONDO
«AMERAI IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO»
ARTICOLO 6
IL SESTO COMANDAMENTO
http://www.vatican.va/archive/ITA0014/_P85.HTM

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