1. LATO PRODUZIONE:
• È valore produzione aggregata di beni finali e servizi. Non considera i beni intermedi. Non
deve dipendere dalla modalità in cui è realizzata. Esempio calcolo: costo produzione +
margine guadagno
• È somma Valore Aggiunto = valore produzione - valore beni intermedi
2. LATO REDDITO
• È la somma dei redditi dell’economia
TASSO INFLAZIONE percentuale aumento sostenuto del livello generale dei prezzi
DEFLAZIONE : tasso inflazione negativo
DEFLATORE PIL (Pt): rapporto tra il Pin nominale e Pil reale dell’anno t = €Yt/Yt
Consente di "depurare" la crescita del PIL dall'aumento dei prezzi (ovvero dall'inflazione). Poiché il
PIL è dato dal prodotto dei prezzi per le quantità, è utile capire se la variazione da un anno all'altro
del PIL è data dalla variazione della quantità prodotta o dalla variazione dei prezzi.
Numero indice che non ha interpretazione economica, al contrario tasso variazione del deflatore
(Pt-Pt-1/P t-1) che ha interpretazione geometrica ben precisa, esso dà il tasso di inflazione.
Il deflatore ha una relazione anche con il Pil nominale e il Pil reale dell’anno t : €Yt = PtYt, ovvero
Pil nominale = Deflatore x Pil reale.
Indice dei prezzi al consumo (Ipc) : due prezzi medi posso differire, perché i beni finali a volte non
corrispondono sempre ai beni consumati dai consumatori, per due ragioni:
- alcuni beni non vengono venduti al consumatore ma al governo, imprese ecc.
- alcuni beni non sono prodotti nel proprio paese ma importati.
1
Il tasso di inflazione differisce se usiamo il deflatore del Pil o l’Ipc, ma per approssimazione
indicativa, siccome vanno entrambi nella stessa direzione a braccetto, parleremo di un semplice
livello dei prezzi, senza indicare se è stato usato il deflatore o l’Iapc.
Produzione potenziale: ammontare massimo di beni e servizi che il sistema economico può
produrre in un dato periodo di tempo.
La produzione potenziale dipende dall’evoluzione della popolazione attiva (funzione di fattori
demografici e sociali), dall’accumulazione del capitale (a sua volta influenzata dagli investimenti
precedenti), dalla crescita della produttività (ovvero dal progresso tecnico).
2
c0 : consumo desiderato in corrispondenza di Yd = 0 allora C=C0 (perché C1Yd=0)
Cambiamenti in C0 riflettono cambiamenti nel consumo per un dato livello di reddito
disponibile. Un aumento di C0 riflette il desiderio di consumare maggiormente rispetto al
reddito, una diminuzione l’esatto opposto.
(I)NVESTIMENTI
É variabile esogena, che consideriamo (irrealisticamente) come data perché quando ci sono
variazioni nella produzione, l’investimento non risponde in alcun modo. In realtà non è così.
I = Ī (barretta sopra = variabile esogena) ≠ endogene (consumo nell’equazione) , spiegate nel modello stesso.
Se investimento in scorte nullo vi è EQUILIBRO MERCATO DEI BENI: Y=Z detta equazione di equilibrio.
3
Y = C0 + C1 ( Y – T ) + Ī + G —> Y = C0 + C1Y – C1T + Ī + G —> C1Y + Y = C0 – C1T + Ī + G —>
(1-C1)Y = C0 – c1T + Ī + G —> Y = ( C0 – c1T + Ī + G) / (1-C1)
L’equazione descrive la produzione di equilibrio, ossia il livello di produzione in base alla domanda.
SPESA AUTONOMA : (C0 – C1T + Ī + G) -> componete di Y che non dipende dal livello di produzione
Per essere sicuri che questa sia positiva consideriamo C0 e I sempre positivi, e supponiamo che il
governo abbia un bilancio in pareggio, cioè G=T .
C1 < 1 allora (G-C1T) É SEMPRE POSITIVO quindi ANCHE DOMANDA AUTONOMA SEMPRE POSITIVA
MOLTIPLICATORE : 1/(1-C1) -> numero che moltiplica l’effetto della spesa autonoma.
La propensione del consumo C1 è compresa tra 0 e 1, allora 1/(1-C1) è un numero maggiore di 1.
Quanto più C1 si avvicina a 1, tanto maggiore sarà il moltiplicatore.
L’effetto moltiplicativo deriva dalle interrelazioni tra domanda, produzione e reddito:
la domanda suscita la produzione, la produzione crea reddito, il reddito genera domanda.
Risparmio privato (S) quello dei consumatori: S = Yd – C = reddito disponibile al netto del consumo
Usando la definizione di reddito disponibile : S = Y – T – C
Risparmio pubblico = T – G.
Se imposte eccedono spesa pubblica, il governo ha avanzo di bilancio (risparmio pubblico positivo)
diversamente, il governo ha un disavanzo di bilancio (risparmio pubblico negativo).
Le decisioni di risparmio e di consumo rappresentano in realtà due facce della stessa medaglia:
dato un reddito disponibile, una volta deciso il consumo, risparmio è determinato dalla differenza
e viceversa. L’eq. di comportamento del consumo comporta che il risparmio sia dato da:
S = Y – T – C = Y – T – C 0 – C 1 (Y – T )
Riordinando i termini: S = – C0 + (1 – C1) ( Y – T )
5
CAP. 4 – MERCATI FINANZIARI
LA DOMANDA DI MONETA
• La moneta può essere usata nelle transizioni, ne esistono di due tipi: quella
CIRCOLANTE, la moneta cartacea e metallica e poi ci sono i DEPOSITI DI CONTO
CORRENTE, a fronte dei quali è possibile pagare con assegni, carte di credito ecc.
M = CIR + DEP
• unità di conto: i prezzi, i salari, i debiti sono espressi in moneta. Sarebbe molto
complicato e poco informativo avere prezzi espressi in unità di misura diversi ad
esempio alcuni in euro, altri in oro e altri in BOT (pensate alla fatica di «tradurre» i
prezzi in una moneta estera)
I titoli pagano un interesse positivo i, ma non possono essere usati per transazioni.
Esistono molteplici titoli, ciascuno collegato ad un tipo di interesse, per ora consideriamo
solo il titolo in cui investire che paga un tasso di interesse i. Nella realtà esistono differenti
strumenti finanziari: azioni, titoli di stato ecc. Esiste un mercato ben preciso per ognuno
di essi e l’equilibrio in ciascuno di questi influenza l’equilibrio negli altri. Il termine “mercati
finanziari” corrisponde all’insieme di questi singoli mercati e in ognuno di essi domanda e
offerta interagiscono tra di loro determinando il prezzo associato a tale strumento. La BC
non agisce su tutti i mercati finanziari ma su quello dei titoli poiché le operazioni di
mercato producono effetti su tutti gli altri mercati finanziari.
Quanti dei 50.000€ vorremmo in moneta e quanti in titoli? Da un lato, tenere tutto in
moneta sarebbe molto comodo: non dovremmo mai telefonare al nostro intermediario, né
pagare i costi di transizione. Significa però non ricevere nessun interesse sulla propria
ricchezza. Dall’altro lato invece detenere tutto il risparmio in titoli frutta interessi ma
6
costringe a rivolgersi spesso all’intermediario, ogni volta che si vuol comprare qualcosa
ecc.
La maggior parte della gente non possiede dei titoli, di fatti molti individui detengono titoli
indirettamente, attraverso i fondi comuni monetari. Questi fondi ricevono fondi da
individui e imprese e li usano per acquistare titoli(es. titoli di stato). Questi pagano un
tasso d’interesse leggermente inferiore a quello pagato dai titoli, la differenza serve al
gestore per crearne un margine di profitto. Oggigiorno infatti i tassi d’interesse sono
molto più bassi e le persone si preoccupano meno di investire i propri importi in questi
fondi comuni.
7
L’equazione riassume che la domanda di moneta aumenta proporzionalmente al reddito
nominale(se il reddito raddoppia anche la domanda di moneta raddoppia). Riassume
anche il fatto che la domanda di moneta dipende negativamente dal tasso d’interesse,
questo ce lo dice il - sotto la (i).
Se la BC compra titoli dagli altri operatori, pagando con moneta, l’offerta di moneta nel
sistema aumenta (operazione di mercato aperta espansiva).
Se la BC vende titoli agli altri operatori, ricevendo in cambio moneta che quindi viene
ritirata dalla circolazione, l’offerta di moneta nel sistema si riduce (operazione di
mercato aperta restrittiva). Se la BC espande l’offerta di moneta effettua una politica
monetaria espansiva; se riduce l’offerta di moneta effettua una politica monetaria
restrittiva.
12
8
La domanda di moneta, disegnata per un dato
livello di reddito nominale, è inclinata
negativamente: un tasso d’interesse più elevato è
associato ad una minore domanda di moneta.
L’offerta è disegnata dalla retta verticale Ms, che è
pari a M e non dipende dal tasso d’interesse i.
L’equilibrio è nel punto A con un tasso d’interesse
pari a i.
E’ utile guardare il bilancio della BC, le sue attività sono costituite dai titoli che tiene in
portafoglio e le passività sono costituite dallo stock di moneta presente nell’economia. Le
operazioni di mercato aperto comportano variazioni sia nell’attivo che nel passivo del
bilancio.
Se la banca compra titoli per tot. soldi, i titoli aumentano e di altrettanto aumenta anche
la moneta in circolazione-> intervento espansivo di mercato aperto(BC compra titoli
emettendo nuova moneta, aumentando così la domanda di titoli che aumentano di prezzo
e fa scendere il tasso d’interesse, e aumenta anche l’offerta di moneta).
Se la banca invece vende titoli per tot. soldi, sia i titoli che la moneta in circolazione
diminuiscono-> intervento restrittivo di mercato aperto(BC riduce l’offerta di moneta
venendo titoli, aumentando cosi l’offerta di titoli diminuendo il loro prezzo che equivale ad
un aumento del tasso d’interesse).
13
9
Nel mercato dei titoli si determina non il tasso d’interesse, ma il prezzo dei titoli. Queste
due variabili sono direttamente collegate:
- Supponiamo che i titoli nella nostra economia siano annuali e non paghino nessuna
cedola e che garantiscano 100€ dopo un anno. Supponiamo che il loro prezzo sia
€Pt(dove t sta per titolo). Se compriamo il titolo oggi per un anno, il tasso d’interesse
sarà: i=(€100-€Pt)/€Pt. (es. se €Pt è 95€, il tasso i sarà 5€/95€=0,053). Quanto è più
elevato il prezzo del titolo, più è basso il tasso d’interesse pagato dal titolo stesso.
- Se conosciamo il tasso d’interesse, possiamo risalire al prezzo del titolo usando la
formula inversa: €Pt= €100/(1+i). Il prezzo del titolo oggi è uguale al rimborso finale diviso
per (1+i). Quanto è maggiore il tasso d’interesse, tanto è minore il prezzo del titolo oggi.
2. le banche detengono fondi, come fonte di riserva(in moneta legale oppure in un conto
specifico presso la BC) in caso di necessità.
• Ogni giorno correntisti versano o prelevano dai propri conti corrente quindi siccome
entrate ed uscite non saranno mai uguali, è giusto che la banca tenga contante a
disposizione.
• Ogni giorno correntisti spostano denaro da una banca ad un’altra e quindi per lo stesso
motivo di prima è meglio tenere contante di riserva.
14
10
• NB: anche avendo riserve più che adeguate esiste sempre un potenziale rischio di
corse agli sportelli innestato dal timore generalizzato (magari infondato) che una o più
banche non siano in grado di restituire i fondi depositati. Per far fronte a questa
eventualità che comporta il fallimento le BC hanno il ruolo di prestatore di ultima
istanza.
Osservando il bilancio della BC, in relazione ad altre banche, le attività sono costituite dai
titoli che detiene nel portafoglio. Le passività invece sono costituite dalla moneta
emessa dalla BC, più semplicemente moneta della BC.
L’equilibrio richiede l’uguaglianza tra domanda e offerta di moneta emessa dalla BC:
L’offerta di base monetaria Hs è esogena, controllata dalla BC tramite le operazioni di
mercato aperto e non dipende dal tasso d’interesse i, Hs è rappresentata dalla rete
verticale H0: Hs=H0.
La base monetaria Hd=⍬€YL(i) (data dalle riserve bancarie) è simile alla curva di
domanda di moneta.
15
11
• Negli USA mercato c’è un mercato per le riserve, nel quale il tasso di policy e è
determinato dall’interazione tra la domanda e l’offerta di riserve. Esso è chiamato
“Federal funds market” e il tasso d’interesse determinato al suo interno “Federal
funds rate”. La Fed, la BC americana, fa variare questo tasso attraverso aggiustamenti
dell’offerta di riserve. In Europa, la BCE si comporta in maniera più complicata rispetto
alla Fed. Esistono diversi tassi d’interesse controllati direttamente dalla BCE, quello più
importante è il “tasso di rifinanziamento principale” oppure “tasso di
rifinanziamento”-> è il costo dei prestiti che le banche ottengono dalla BCE ed è
strettamente legato all’offerta di moneta della BC.
TRAPPOLA DI LIQUIDITà
Il tasso d’interesse non può scendere sotto lo zero, un limite conosciuto con il nome di
zero lower bound. Quando il tasso d’interesse è sceso a zero, la politica monetaria non è
in grado di ridurlo ulteriormente. La politica monetaria non funziona più e l’economia
viene considerato una trappola di liquidità.
La curva Md dopo il
punto A coincide con
l’asse orizzontale. Se
i=0 gli operatori sono
disposti a vendere titoli
(a detenere moneta) in
quantità illimitata.
Una volta che la BC ha ridotto il tasso d’interesse a zero creando una Ms pari a OA,
qualunque incremento ulteriore di Ms non ha nessuna influenza sul tasso d’interesse i. Gli
operatori sono disposti a detenere tutta la moneta che la BC crea con operazioni di
mercato aperto espansive.
16
12
Capitolo 5
- Il livello delle vendite: consideriamo un’impresa che debba far fronte ad un aumento
delle vendite e debba aumentare la produzione, di conseguenza per produrre di più
deve investire dei soldi per acquistare nuovi macchinari.
- Il tasso d’interesse: consideriamo un’impresa che debba far fronte ad una scelta di
acquisto di un nuovo macchinario o meno. Per fare ciò deve spendere una certa
quantità di denaro e chiedere un prestito. Tanto più alto è il tasso d’interesse, meno
conveniente sarà la scelta di indebitarsi per realizzare il nuovo investimento. Useremo
due semplici semplificazioni: la prima è che tutte le banche prendano prestiti allo
stesso tasso i(nella realtà non è così). La seconda è che ignoreremo la distinzione tra
tasso d’interesse nominale e reale.
17
13
- ZZ disegnata in modo che fosse più piatta della retta inclinata 45°. In altre parole
abbiamo assunto che un aumento unitario della produzione conduca un incremento
meno che unitario della domanda. Quando la produzione aumenta, la somma degli
incrementi del consumo e dell’investimento potrebbe eccedere l’aumento iniziale della
produzione.
L’equilibrio nel mercato dei beni viene raggiunto nel punto in cui la domanda è uguale alla
produzione, cioè nel punto A in corrispondenza dell’intersezione della ZZ con la retta a
45°. Il livello di equilibrio della produzione è Y.
CURVA IS-> per ogni possibile livello del tasso d’interesse, si individua il corrispondente
reddito di equilibrio con riferimento ai mercati di bene.
Supponiamo che la curva di domanda ZZ e l’equilibrio iniziale sia nel punto A, e che il
tasso aumenti il suo valore da i a i’. Quindi la curva di domanda ZZ si sposta verso il
basso e diventa ZZ’. Il nuovo equilibrio si trova in corrispondenza dell’intersezione della
nuova curva ZZ’ con la retta a 45° nel punto A’. Il livello della produzione ora è Y’.
Cioè un aumento del tasso d’interesse riduce l’investimento, che a sua volta fa diminuire
la produzione, e di conseguenza riduce ulteriormente il consumo e l’investimento
attraverso l’effetto del moltiplicatore.
18
14
Spostamenti della curva IS
La curva IS è costruita per un dato livello delle due variabili di politica fiscale G e T.
Sappiamo che la politica fiscale (variazioni di G e/o T) influenza ZZ. La politica fiscale
allora modifica anche la posizione della curva IS.
Per qualunque tasso d’interesse, una politica fiscale espansiva – p.e. un aumento della
spesa pubblica G da G a G (o una riduzione delle imposte T) - porta a un aumento della
1 2
domanda aggregata di beni e del reddito di equilibrio ciò significa che una politica fiscale
espansiva sposta la IS a SINISTRA.
L’equazione M=€YL(i) stabilisce una relazione tra moneta, reddito nominale e tasso
d’interesse. In questo caso intendiamo una relazione tra moneta reale( in termini di beni
acquistabili), reddito reale(in termine dei beni che possono essere acquistati) e il tasso
d’interesse. Il reddito nominale diviso per il livello dei prezzi P, è uguale al reddito reale,
quindi: M/P=YL(i). In questo modo la nostra condizione di equilibrio possiamo definirla
come eguaglianza tra offerta reale di monete e domanda reale di moneta che a sua volta
dipende dal reddito reale Y e il tasso d’interesse.
(es. Se un caffè costa 1,20€ e voglio la moneta sufficiente per due caffè, mi servono
2,40€-> questa è la domanda di moneta nominale. Allo stesso modo mi servirebbe
detenere una qualità di denaro per due caffè-> domanda reale di moneta.)
Il vantaggio di scrivere le cose così perchè sul lato dx dell’equazione abbiamo il reddito
reale Y invece che quello nomina €Y.
19
15
Curva LM-> è l’insieme delle combinazioni di i e Y associate all’equazione del mercato
della moneta. Nella derivazione della curva LM dobbiamo decidere come caratterizzare la
condotta della politica monetaria: se in termini di scelta dell’offerta di moneta M o del
tasso d’interesse i.
20
16
Queste due relazioni determinano la produzione. Sotto
la curva IS e la curva LM sullo stesso grafico. La
produzione (reddito) è misurata sull’asse orizzontale, il
tasso d’interesse su quello verticale. Ogni punto della
curva IS (inclinata negativamente) corrisponde ad un
possibile equilibrio nel mercato dei beni. Ogni punto
della curva LM (incilinata positivamente) corrisponde
ad un possibile e equilibrio nei mercati finanziari. Solo
nel punto E le due condizioni sono soddisfatte in
entrambi mercati.
Politica fiscale: Il governo reagisce solitamente con politiche fiscali. Quando dobbiamo
ridurre il disavanzo di bilancio attraverso un aumento delle imposte mantenendo invariata
la spesa pubblica usiamo un consolidamento fiscale. Quando invece dobbiamo
aumentare il disavanzo di bilancio dovuto all’incremento della spesa pubblica o alla
riduzione delle imposte usiamo un espansione fiscale. (Un aumento delle imposte
sposta la curva IS verso sinistra. Questo porta ad una diminuzione della produzione di
equilibrio.)
Mix di politica economica: A volte politiche fiscali e politiche monetaria possono essere
usate contemporaneamente, questo mix si chiama politica economica. Possono andare
entrambe verso la stessa direzione, quando per esempio l’economia è in recessione e la
produzione troppo bassa. In questo caso la politica fiscale e quella monetaria possono
essere usate per aumentare la produzione. A volte possono essere anche usate in
direzioni diverse quando per esempio abbiamo un consolidamento fiscale con
un’espansione monetaria -> es. negli USA nel 1992 con l’amministrazione Clinton.
21
17
Capitolo 6
e
Il tasso d’inflazione attesa è π .
22
18
L’equazione porta con se alcune implicazioni:
- Poiché l’inflazione attesa risulta quasi sempre positiva, il tasso d’interesse reale si
equivalgono.
- Per un dato tasso di interesse nominale, maggiore è l’inflazione attesa e minore sarà il
tasso di interesse reale.
Molte decisioni di spesa degli operatori, in particolare gli investimenti che legano l’oggi al
domani, dipendono dal tasso di interesse reale.
Alcune imprese sono più rischiose di altre: per assumersi tale rischio, coloro che
comprano titoli(cioè quelle che prestano denaro) richiedono un premio al rischio.
23
19
Il primo fattore che determina il premio al rischio è la probabilità di fallimento del debitore.
Maggiore è la probabilità e maggiore è il tasso d’interesse che richiedono agli investitori.
Chiamiamo i il tasso d’interesse su un titolo privo rischio e i+x il tasso d’interesse su un
titolo rischioso, che è un titolo con probabilità p di fallimento. Chiamiamo x il premio per il
rischio e viene fuori la seguente relazione: (1+i)=(1-p)(1+i+x)+(p)(0).
Il lato sx corrisponde al rendimento del titolo privo di rischio e il lato dx al rendimento del
titolo rischioso. Con probabilità 1-p non ci sarà nessun rischio e il titolo pagherà 1+i+x,
con probabilità p invece ci sarà il fallimento del debitore e il titolo non pagherà nulla.
Riorganizzando l’espressione diventa: x=(1+i)p/(1-p).
Il premio per il rischio su un titolo dipende dall’avversione al rischio del creditore (x)
e dalla probabilità di fallimento del debitore (p).
Finora abbiamo visto il finanziamento diretto, cioè quando il debitore prende a prestito
direttamente dal creditore. Il realtà la maggior parte dei prestiti avviene attraverso degli
intermediari finanziari, che sono istituzioni finanziarie che ricevono fondi dai risparmiatori
o dagli investitori per poi prestarli ad altri(finanziamento indiretto). Tra queste istituzioni
troviamo banche(istituzioni finanziarie bancarie) ma anche le istituzioni finanziarie
non bancarie(es. compagnie mutui ipotecari, fondi comuni monetari). Essi sviluppano
una conoscenza specifica dei singoli debitori e possono adattare i prestiti alle loro
esigenze. Danno a prestiti però a tassi d’interesse leggermente maggiori di quelli pagati
per prendere a prestito. (Di tanto in tanto il meccanismo di blocca-> accaduto nella crisi
recente)
Scelta della leva finanziaria: due definizioni in primis, quota di capitale sugli
impieghi(capital ratio) e quella di leva finanziaria(leverange ratio). La quota di capitale
sugli impieghi di una banca è definita come il rapporto tra il suo capitale e le sue
attività(es. capitale=20, attivo=100-> 20/100=20%). La leva finanziaria invece è il rapporto
tra le sue attività e il suo capitale(es. 100/20=5%). Ci concentriamo sul valore di leva
finanziaria invece su quello della quota di capitale sugli impieghi.
Nel decidere quale leva usare, la banca si concentra su due fattori: da un lato una
maggiore leva finanziaria implica un più elevato tasso di profitto. Dall’altro implica un
maggior rischio di fallimento. Una banca infatti deve scegliere una determinata leva
finanziaria che bilancia questi due fattori. Una troppo alta traduce un alto rischio di
bancarotta portato dall’insolvenza, una troppo bassa implica troppo poco profitto.
Una banca è solvente quando il valore delle sue attività eccede il valore delle passività,
insolvente il contrario.
24
20
Crisi di liquidità
La banca in crisi di liquidità può cercare di fare rientrare i prestiti e vendere (fire sales) i
titoli all’attivo per trasformarli in cash. Spesso non è però semplice valutare bene il valore
dei titoli in possesso della banca. Le riserve aumentano ma aumentano anche gli NPL, si
riduce l’attivo e il capitale netto, magari fino all’insolvenza.
Sul mercato dei beni (curva IS) rileva il tasso dell’interesse reale, corretto per il premio per
il rischio (tasso dell’interesse sui prestiti).
Sul mercato monetario (curva LM) rileva il tasso dell’interesse nominale, controllato da
BC (tasso di policy).
e
IS: Y = C(Y-T)+I(Y, i-π +x) + G = C(Y-T) + I(Y, r+x) + G
LM: i=i
25
21
SHOCK FINANZIARIO
26
22
Capitolo 7
Per semplicità si torna all’economia chiusa per studiare come variano i prezzi e per
analizzare il funzionamento del mercato del lavoro.
Nel mercato del lavoro sono cruciali i flussi che attraversano ciascuna grandezza che
determina l’assetto del mercato del lavoro: se in ogni periodo il numero di disoccupati
rimane costante, i flussi in entrata nella disoccupazione pareggiano quelli in uscita dalla
disoccupazione.
12
23
Se in ogni periodo (p.e. un trimestre) i flussi in entrata (e in uscita) sono pari a 40, il
mercato del lavoro è fluido (o flessibile) e si trova lavoro con facilità: in tre trimestri si
rinnova completamente il pool dei disoccupati e quindi, in media, si trova lavoro.
Evidentemente con altrettanta facilità si perde il lavoro.
Se invece i flussi sono pari a 10, il pool dei disoccupati si rinnova lentamente e il numero
di trimestri necessario a rinnovarlo completamente è pari a 12 trimestri (che è quindi il
tempo che in media un lavoratore passa nella condizione di disoccupazione, prima di
trovare un’occupazione). In questo mercato rigido e protetto è altrettanto difficile essere
licenziati.
In media, nel caso con flussi elevati in entra e in uscita ci saranno di norma molti
disoccupati per brevi periodi, mentre nel secondo caso, con flussi ridotti, la
disoccupazione si annida in un gruppo specifico che non riesce a trovare lavoro per
lunghi periodi.
Le imprese fissano i prezzi sulla base dei costi di produzione con l’obiettivo di
raggiungere un certo livello di profitto. I costi di produzione dipendono dalla quantità degli
input utilizzati e dal loro prezzo.
13
24
La contrattazione del salario dipende dalla forza contrattuale che a sua volta dipende da
due caratteristiche; dal costo dell’impresa per sostituire un lavoratore e la difficoltà del
lavoratore di trovare un ulteriore lavoro). Sono entrambi legati tra loro-> più alto il costo
della sostituzione più è facile trovare un nuovo lavoro. Tutto ciò dipende dalla natura del
lavoro.
I due fattori fondamentali comuni a tutti i modi con cui si stabiliscono i salari che
influiscono sulla contrattazione salariale sono: disoccupazione e il livello atteso dei
prezzi. Le imprese date le peggiori condizioni economiche sono restie ad aumentare i
salari. Tutto ciò costringe i lavoratori ad accettare salari più bassi piuttosto che diventare
disoccupati. In conclusione: emerge una relazione inversa fra disoccupazione e livello del
salario nominale.
PREZZI ATTESI
In conclusione: esiste una relazione positiva fra prezzi attesi e salari nominali
Indichiamo con z la variabile che esprime gli effetti di questi fattori sul salario.
z è costruita in modo che un suo aumento indichi un effetto positivo sui salari (ad
esempio un aumento del sussidio di disoccupazione aumenta z e fa crescere i salari). Un
aumento del sussidio di disoccupazione o del grado di protezione dei lavoratori aumenta
la loro forza contrattuale e fa aumentare il salario, a parità di prezzi attesi e
disoccupazione.
14
25
EQUAZIONE DEI PREZZI->I prezzi fissati dipendono dai costi. A loro volta i costi
dipendono dalla natura della funzione di produzione(funzione che collega i fattori
produttivi impiegati nella produzione e la quantità di prodotto ottenuto). Assumiamo che
le imprese abbiano un unico fattore produttivo e la funzione di produzione data da Y=AN.
In cui Y è la produzione, N l’occupazione e A la produttività.
Nella realtà la produttività del lavoro non è costante e A varia nel tempo. Nella nostra
ipotesi A è costante e donominiamo A=1. -> Y=N. Questa relazione comporta che il costo
di un’unità aggiuntiva di prodotto è uguale al costo di impiegare un lavoratore e quindi
uguale anche al salario W. Quindi il costo marginale di produzione è uguale a W.
15
26
Se la concorrenza fosse perfetta il prezzo di unità di produzione sarebbe uguale al costo:
P uguale a W. Ma siccome molti mercati non sono concorrenziali e le imprese caricano
un prezzo superiore al costo marginale-> P=(1+m)W/A. In cui m è il ricarico sul costo di
produzione(markup).
NB: Un aumento di m aumenta il livello dei prezzi e riduce il salario reale. Un aumento
della produttività A provoca una riduzione dei costi e quindi i prezzi e aumenta il salario
reale.
16
27
MERCATO DI LAVORO NEOCLASSICO
Nella prospettiva di analisi keynesiana, il mercato del lavoro è popolato da agenti con
potere di mercato (quali i sindacati e le organizzazioni padronali) e da numerosi e
importanti vincoli di carattere istituzionale (che limitano inoltre la flessibilità di prezzi e
salari).
Nella prospettiva di analisi neoclassica, il mercato del lavoro è analizzato con una
grande attenzione agli aspetti microeconomici. Il modello di base del mercato del lavoro
neoclassico nel suo approccio di base, si basa sulle decisioni di offerta e di domanda di
lavoro derivate dai comportamenti ottimizzanti delle imprese e dei lavoratori. Il mercato del
lavoro raggiunge l’equilibrio tramite la flessibilità del salario reale. Il mancato o lento
raggiungimento dell’equilibrio è spiegabile da «fattori esogeni» (p.e. le norme sui salari
minimi, che rendono poco flessibile W/P).
17
28
Capitolo 8
CURVA DI PHILIPS
Abbiamo deciso di eguagliare il livello atteso dei prezzi con il livello attuale dei prezzi
facendoci venire fuori la formula: P=P e(1+m)F(u,z)
18
29
Un aumento del livello atteso dei prezzi porta ad aumento dei salari, un amento del tasso
di disoccupazione ad una riduzione dei salari nominali. Quindi è utile assumere una
specifica forma per la funzione F: F(u,z)=1-αu+z
Questa funzione ci fa capire che tanto è maggiore il tasso u tanto minore è il salario, tanto
maggiore è z tanto maggiore è il salario.
Ora passiamo alla relazione tra inflazione, inflazione attesa e il tasso di disoccupazione.
e
Denominiamo il tasso di inflazione π e il tasso d’inflazione atteso π e sostituendoli al
posto del prezzo e del prezzo atteso e facendo piccoli passaggi algebrici diventa:
π=π e+(m+z)+αu
Questa relazione che lega queste componenti è chiamata CURVA DI PHILIPS.
π e↑ π ↑
• Data l’inflazione attesa, un aumento del markup o un aumento dei fattori che
influenzano la determinazione dei salari, porta un aumento dell’inflazione.
m, z ↑ π ↑
u↑ π↓
La curva originariamente in termini reali viene espressa con gli indici temporali e quindi è
e
scritta: πt=π t+(m+z)+αut. Non ci sono indici temporali per m e z perché anch’essi
variano nel tempo ma molto lentamente quindi li consideriamo costanti.
Nella formulazione di Philips l’inflazione era bassa e stabile quindi un’inflazione di media
π | =π e quindi inserendolo nell’equazione πt=π | t+(m+z)+αut
Nella curva originaria, l’effetto delle aspettative d’inflazione (inosservabili) era quindi
incorporato in una costante (che indichiamo con h) che comprendeva anche z ed m.
19
30
Milton Friedman nel 1968 (quando ancora la curva di Phillips sembrava spiegare bene
l’evidenza empirica) individuò una importante contraddizione teorica nella formulazione
originaria della curva che implicava l’assenza del tasso naturale di disoccupazione. La
contraddizione consisteva nel fatto che, di fronte a un continuo aumento dei prezzi ovvero
a una inflazione persistente (nel grafico π=4%) che frustra regolarmente le aspettative di
e
maggiori salari reali, i lavoratori continuano ad attendersi π 0=0. Friedman sostenne
che il trade-off poteva esistere solo se i lavoratori avessero continuato a fissare i salari
senza tener conto dell’inflazione. Per Friedman, infatti, è ragionevole pensare che i
lavoratori anticipino l’inflazione e fissino i salari in base all’inflazione attesa, per evitare
di ritrovarsi con un salario reale più basso di quello atteso. Se i lavoratori contrattano
tenendo conto dell’inflazione effettiva, e se il governo cerca di tenere una disoccupazione
bassa, inferiore al tasso naturale di disoccupazione, il trade-off scompare. Il governo non
ha quindi altra scelta che tenere la disoccupazione al livello naturale un. Oggi c’è un
consenso quasi unanime sul concetto di tasso naturale di disoccupazione e sul fatto che
il trade-off e la curva di Phillips originaria fossero scomparsi per l’azione delle aspettative
inflazionistiche nel comportamento degli operatori.
20
31
21
32
Esiste un trade–off inflazione disoccupazione di breve periodo. E’ possibile portare
l’economia in u < un ma questo accresce l’inflazione effettiva e attesa.
Per mantenere nel tempo u < un l’inflazione deve crescere sempre più.
Nel medioperiodo la crescita dell’inflazione si stabilizza solo se u=un. Quindi il trade-off
non esiste nel medio periodo. Nella curva di Phillips originaria sembrava possibile sfruttare
il trade-off sia nel breve che nel medio periodo.
Se il governo vuole riportare l’inflazione ai valori iniziali deve attuare politiche restrittive,
spingendo l’economia in recessione (con u > un)
22
33
Capitolo 9
MODELLO IS-LM-PC
Per definizione sappiamo che il tasso di disoccupazione è u=U/L (disoccupati/forza
Lavoro) ed è uguale a =(L-N)/L=1-N/L, da ciò si ricava N=L(1-u).
23
34
Supponiamo ora che il punto di equilibrio sia A, con Y=Yn e r=rn, l’inflazione è stabile.
Supponiamo che il governo sia in disavanzo e quindi deve risanare il bilancio aumentando
le imposte, la curva IS si sposta verso sx e quindi la curva LM non varia ma varia il punto
di equilibrio A’ che si trova in corrispondenza di una produzione minore Y’ e con il solito
tasso rn l’inflazione inizia a diminuire(nel breve periodo). Nel medio periodo invece la
produzione Y non vaia ma siccome che r diminuisce, aumentano gli investimenti ciò
controbilancia il consumo e/o la spesa pubblica.
24
35
NB: Un incremento del tasso di disoccupazione naturale comporta uno spostamento
della curva di Phillips verso l’esterno nello spazio e uno spostamento verso l’interno di
tale curva nello spazio.
25
36
Capitolo 17
Capitolo 17
ECONOMIA APERTA
Il mercato dei beni in economia aperta considera anche importazioni(IM) ed
esportazioni(X).
• Come il prezzo della valuta nazionale in termini di valuta estera(es. dollari che servono
per compare 1€)
• Come il prezzo della valuta estera in termini di valuta nazionale(es. euro che occorrono
per comprare 1$)
- un DEPREZZAMENTO della moneta nazionale è una riduzione del prezzo della moneta
nazionale in termini di moneta estera -> L’euro si deprezza quando le esportazioni
aumentano e le importazioni si riducono a favore della produzione nazionale dei beni.
Tasso di cambio reale-> (E$/€Pm)/(Pv) (es. prezzo in $ della maglia IT/ prezzo in $ del
videogioco USA)
Il Pil misura il valore aggiunto internamente, il Pnl invece misura il valore aggiunto dai
fattori nazionali di produzione. In economia chiusa i due coincidono, in economia aperta
invece differiscono. Il reddito dei residenti in economia aperta deriva anche dal reddito
guadagnato all’estero, dagli interessi ricevuti dall’estero.
Indichiamo con RNE (redditi netti dall’estero) la differenza fra i redditi da lavoro e capitale
guadagnati all’estero da residenti e i redditi da lavoro e capitale guadagnati in Italia da
non residenti. Poiché nel PIL rileva il concetto di residenza mentre nel PNL rileva il
concetto di nazionalità risulta: PNL=PIL+RNE
1
37
Non tutto il reddito rimane all’interno della nazione. Questo grazie ai trasferimenti
(pagamenti da e verso il resto del mondo). Il saldo tra trasferimenti in entrata ed uscita è
detto trasferimenti netti all’estero (TNE).
BILANCIA DEI PAGAMENTI (BP) -> composta da conto corrente, conto capitale e conto
finanziario.
CONTO FINANZIARIO
Nella BP si distingue fra operazioni che creano debiti o crediti (p.e. vendita o acquisto di
titoli) e operazioni che non li creano, registrate in conto corrente.
Nel conto finanziario si registrano i pagamenti che derivano dalla vendita o dall’acquisto
di attività finanziarie nazionali ed estere.
Z=C+I+G+X-IM/ε
Il consumo(su beni nazionali o esteri) in un ec. aperta continua a dipendere dal reddito
disponibile:
C=C(Y-T)
Gli investimenti delle imprese dipendono dal livello del reddito e dal tasso d’interesse
reale che determinano il costo del finanziamento:
I=I(Y,i)
La spesa pubblica G rimane una scelta esogena.
- Se Y↑, IM↑-> Se Y cresce consumiamo più beni nazionali e anche esteri e quindi le
IM aumentano
- Se ε↑, IM↑-> Quanto è più alto il prezzo dei beni nazionali rispetto ai beni esteri,
tanto maggiore sarà la domanda di beni esteri da importare. Viceversa il contrario.
- Se Y*↑, X↑ -> se Y*(reddito estero) cresce, l’estero consuma più beni sia nazionali che
esteri e quindi investe di più e le esportazioni aumentano.
- Se ε↑, X↓ -> Quanto è più alto il tasso il prezzo dei beni nazionali rispetto ai beni
esteri, tanto è minore la domanda estera dei beni nazionali. Viceversa il contrario.
IM=IM(Y,ε)
X=X(Y*,ε)
NX=NX0+xY*-mY-nε
3
39
- Y cresce
4
40
MARSHALL-LERNER ED EFFETTO J
Abbiamo studiato il mercato dei beni in economia aperta tenendo fissi il tasso di interesse
e il tasso di cambio. Esaminiamo il ruolo di queste variabili. In economia aperta vi sono la
valuta domestica (€), la valuta estera ($), AF nazionali e AF estere (titoli denominati in $).
Peraltro, nel nostro paese, la valuta estera non è mezzo di pagamento, per cui conviene
eventualmente investire titoli esteri, che offrono un interesse. In economia aperta, la
scelta degli operatori finanziari domestici è quindi tra moneta (valuta domestica), AF
domestiche o AF estere (e vv. per gli operatori esteri).
Il tasso di cambio ossia il prezzo delle valute si determina sulla base della domanda
e dell’offerta di valuta espresse in questo mercato. La maggior parte degli scambi sul
mercato valutario deriva da operazioni finanziarie (acquisto/vendita di titoli e altre AF dei
vari paesi) motivate dalla ricerca di profitto piuttosto che dal commercio di beni.
Per capire come si determina il tasso di cambio e come si effettua la scelta fra titoli
nazionali ed esteri esaminiamo le motivazioni che spingono gli operatori a investire in
titoli dei vari paesi e a questo fine a scambiarsi le varie monete.
- Supponiamo che l’unico elemento che interessa a tutti gli operatori sia il rendimento che
possono ottenere sui titoli e non la sua qualità (rischio, probabilità di fallimento
dell’emittente, liquidità,...). Gli operatori tra titoli italiani e americani, domandano quindi il
titolo che offre il maggior rendimento.
- Ipotizziamo una perfetta mobilità dei capitali - non vi sono ostacoli o restrizioni al
movimento dei capitali. Con un mercato dei capitali perfetto, piccole differenze fra i
rendimenti generano ingenti flussi di capitali verso il paese che offre rendimenti più elevati
(ipotesi non troppo lontana dal vero).
5
41
6
42
7
43
Capitolo 19
1) L’equilibrio nel mercato dei beni in economia aperta, come abbiamo già visto, è:
Y=C(Y-T)+I(Y,r)+G+X(Y*,ε)-IM(Y,ε)/ε
Affinché il mercato sia in equilibrio il lato sx(la produzione nazionale) deve essere uguale
al lato dx la domanda dei beni nazionali.
IS: Y=C(Y-T)+I(Y,r)+G+NX(Y*,Y,E)
LM: i=i
(1+i)=(E/E e)(1+i*)
IRP: E= (1+i/1+i*)E e
(un aumento del tasso d’interesse interno prova un aumento del tasso di cambio, un
aumento del tasso di interesse estero prova una riduzione del tasso di cambio, un
aumento del tasso di cambio atteso prova un aumento del tasso di cambio corrente)
8
44
Il Modello Mundell-Fleming è composto da curva IS-LM in economia aperta e dalla
condizione di equilibrio finanziario tra l’economia domestica e quella estera.
Infatti queste tre relazioni qui sopra determinano la produzione, il tasso di interesse e il
tasso di cambio. Tutte e tre insieme non possiamo maneggiarle e di conseguenza le
trasformiamo a due:
LM: i=i
Analizziamo prima la curva IS, e vediamo gli effetti di una variazione del tasso di
interesse. Un aumento del tasso di interesse due effetti:
• Il secondo (solo in ec. aperta) è l’effetto che opera attraverso il tasso di cambio:
aumento del tasso i interno genera un deprezzamento, quindi una riduzione delle
esportazioni nette e quindi una riduzione della domanda di beni nazionali e della
produzione.
Anche in questo caso la curva IS si sposta al variare delle variabili esogene (es. se
aumenta G si sposta verso dx).
9
45
POLITICHE MONETARIE: La BC decide di ridurre il tasso i comporta la traslazione della
curva LM verso il basso. L’economia si sposta dal punto A al punto A’: portando così una
crescita del reddito e un deprezzamento della moneta.
Spiegazione
• La riduzione del tasso di interesse e rende i titoli nazionali meno convenienti (canale
estero) .
• Gli operatori sono incentivati ad acquistare più titoli esteri. La maggiore domanda di
valuta estera che ne deriva deprezza la moneta nazionale.
• La politica monetaria provoca quindi una crescita dei consumi, degli investimenti e delle
esportazioni nette NX.
10
46
POLITICHE FISCALI: Supponiamo di avere un reddito Y inferiore al normale e un
aumento della spesa pubblica G. L’economia dal punto A si sposta verso dx in A’.
Dato che la banca non modifica il tasso d’interesse la curva LM rimane invariata, stessa
cosa anche il grafico IRP rimane invariato.
Spiegazione
11
47
Capitolo 19
CAMBI FISSI
Esempi: GS(fino al 1° dopoguerra), Bretton Woods(1944-1971/73), SME(1979-1992).
• Un cambio fisso può fungere da ancora nominale ossia da vincolo per i policy makers
nel controllo dell’inflazione, pena la perdita di competitività internazionale. Questo
avviene specialmente se l’ancora nominale interna non è credibile.
Quando gli operatori credono all’impegno della BC-> E|=E^e con le varie semplificazioni
si ottiene i=i*.
26
48
Benefici
• Incentivano il commercio internazionale eliminando l’incertezza dovuta alle fluttuazioni
del cambio
27
49
Costi
• Fissando E, la correzione degli squilibri commerciali avviene solo tramite le quantità e
non anche con una variazione del prezzo sui mercati internazionali
• Il controllo del valore del cambio richiede uno strumento di controllo: l’offerta di
moneta / il tasso dell’interesse interno. Inoltre variazioni di ì* non possono essere
neutralizzate. Quindi si rinuncia alla politica monetaria e rimane solo uno strumento di
politica economica per influenzare l’equilibrio macroeconomico
• Gli aggiustamenti del cambio vengono spesso ritardati e quindi provocano delle crisi
valutarie / di bilancia dei pagamenti (sudden stops).
Costi e benefici vanno quindi analizzati e cambiano nello spazio e nel tempo
LA SVALUTAZIONE
ossia la BC può decidere di modificare il valore a cui tiene fisso il tasso di cambio talvolta
detto “parità”. Se lo porta a un valore più alto si parla di rivalutazione. In caso contrario di
svalutazione. Per svalutare o rivalutare la moneta è sufficiente che la BC annunci che da
questo momento in poi comprerà o venderà qualunque ammontare di valuta estera
offerta o domandata al nuovo tasso di cambio.
KEYNES -> “beggar thy neighbour policy (politica che impoverisce il vicino)
28
50