Materiali e Macchine
nel teatro di
Remondi e Caporossi
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1992
RINGRAZIAMENTI
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Pubblicazione del Dipartimento di Studi Letterari e Linguistici dell'Occidente
Istituto Universitario Orientale, Napoli
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5
INDICE
L I primi esperimenti
7
I materiali nell'esplorazione della
scena classica ........................................................ .. pago 93
La corda e la scoperta del teatro all'italiana ...... . » 98
li irreal tà del mondo del teatro ............................ . » 104 INTRODUZIONE
Descrizione degli spettacoli
Pozzo ....................... , ...... ,., ..... ,., ....... ,., .. ,.,." ........... . » 109
Otninide ,........ "., ........... ,... " .... "" .... ,. ,..... ,." " ... " ... " .. » 113
Antigone .................. " ............. ".,. "." " .......... '" "." " .. » 114
Teatro .............................................. ,..................... " » 116 Renlondi e Capo rossi cominciano a lavorare Insieme come
Bosco ..... "." ...... ,............ , .. ", ................. " ... , .... , ... ,.... . » 120 coppia di autori, registi e attori negli anni Settanta. Del 1973
è Sacco, il primo dei loro lavori che ottiene un ampio successo
di critica e di pubblico.
IV, La ricerca dell'unità Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni
Settanta, i gruppi di teatro sperimentale attivi in Italia accom-
L'uso del teatro .............. ,..................................... .. » 125
Il fascino dell'oggetto ."""" .. " ............ "" .............. . » 135 pagnavano la loro concreta attività artistica con un'intensa di-
Una scelta intimista ................. " ... " ................... ,.. » 138 scussione sulla possibilità, il significato e i modi della loro
Descrizione degli spettacoli stessa esistenza. Il dibattito, in seguito anche ai ripensamenti e
Caduta ...... " ............................................................ . » 143 alle modifiche che in quegli anni avevano caratterizzato l'atti-
Spèra ....................................................................... . » 144 vità delle figure e delle formazioni assunte come punti di rife-
Ameba ..................................................................... . » 147 rimento - sia i gruppi americani, come il Living Theatre e i
Rem & Cap ............................................................ .
" 150 Bread and Puppets, sia i capiscuola europei quali Grotowski e
Quelli che restano ............. , ..................................... ,. » 153 Brook -, esp1'Ìmeva comunque un disagio che aveva un evidente
e macroscopico corrispettivo nella c1'isi sociale e politica che
Conclusioni ................................................................... . » 157
scuoteva !'Italia.
Intervista a Remondi e Caporossi ...... ,.... ,.................. . » 163 Ne! Convegno di Ivrea del 1967 il Nuovo Teatro (teatro
spe1'imentale, teatro di ricerca, neo-avanguardia o comunque lo
Bibliografia ................................................................... . » 179 si voleva chiamare) ebbe il suo primo importante momento di
incontro e organizzazione, Tra gli argomenti centrali - tipica-
Teatrografia .......... ,....................................................... , » 189 mente - era la difficoltà di trovare un posto p<;r la sperimen-
tazione all'interno dell'attività teatrale nazionale e quindi la
necessità di reperire degli spazi al di fuori dei teatri "ufficiali".
Tra il bisogno di individuare personaggi punti di riferimen-
to e luoghi d'origine, e la difficoltà di esistere indipendentemente,
1'impegno maggiore, e conlune a tutti, era sicuramente quello del
rinnovamento del linguaggio teatrale: un rinnovamento che si
poneva come necessario per i ritardi - veri o presunti - del nostro
teatro rispetto alla cultura nazionale o europea, E contemporane-
amente i gruppi del Nuovo Teatro sentivano la necessità di uscire
8 9
dal ghetto delle soluzioni organizzative e produttive marginali, soltanto politico. «Confondendo strutture e sovrastrutture, ri-
nelle quali si erano rifugiati per poter liberamente sperimentare i vendicano pane e cinema, esaltando il liberalismo e imponendo
propri nuovi moduli espressivi, poiché era fondato il timore che l'intransigenza monilistica di nuove censure» scriveva Franco
una simile soluzione potesse trasformare una scelta di libertà in Quadri «la tensione al proprio privato può anche deviare in
una tendenza all'auto-esclusione. intolleranza negatrice dell'altrui, e, nel caso di Autonomia
Ne scaturiva quindi il bisogno di confrontarsi con la società Operaia, riversare in impulsi meramente distruttivi l'odio con-
in cui si operava, e le possibilità erano varie. Alcuni scelsero il tro quel che a tutta prÌlna non si capisce» l.
confronto con il mondo teatrale ufficiale, spinti dal bisogno di In questo ambito sociale, e su un tessuto artistico già
essere accettati come "teatro" a tutti gli effetti - e quindi di ga- percorso da pratiche teatrali di avanzata sperimentazione, si
rantirsi la sopravvivenza - anche a costo di rientrare, dopo tentativi colloca la nascita e lo sviluppo dell' attività artistica di Remondi
diversi condotti per lunghi anni, in spazi tradizionalmente bor- e Caporossi che, fin dall'inizio, sembrano rifiutare "lo spettaco-
ghesi (vedi l'esempio di Dario Fa). Altri invece scelsero la via del lo" per prediligere la situazione! l'arte ambientale, imparentan-
ritorno tra la gente comune, fuori dall'ufficialità artistica, per scon- dosi con esperienze analoghe, come quelle di Simone Carella.
figgere la paura di scoprirsi intellettuali dediti a un lavoro sterile Con quest'ultimo infatti condividono proprio la tendenza ad
e aristocraticamente lontano dal mondo quotidiano. Proprio l'im- attribuire un'importanza quasi esclusiva all'uso degli oggetti e a
portanza di un inserimento materiale all'interno del tessuto sociale concepire la figura dell'attore in termini di semplice "operatore
popolare portò Carlo Cecchi a lavorare tra gli abitanti di un quar- materiale" .
tiere prevalentemente di immigrati al Lingotto di Torino, o Leo Tuttavia Remondi e Caporossi, in un clima culturale che
De Berardinis e Perla Peragallo a trasferirsi a Marigliano associan- già discuteva di impegno e disimpegno, di intimità esistenziale
dosi al sottoproletariato locale per la produzione dei loro spettaco- e vita politica, appaiono particolarmente sensibili ai temi della
li. Questa tendenza al viaggio per allontanarsi dal teatro tradizio- denuncia sociale, vissuti e proposti, però, in modi intenzional-
nale e immergersi invece nella vita reale, lontano da ogni sovra- mente lontanissimi da qualsiasi forma di elaborazione intellet-
struttura borghese, corrispondeva del resto alle regole del "terzo tuale, e privi di qualsiasi tono predicatorio, apostrofe veemente
teatro" di cui alcuni attribuiscono la paternità a Eugenio Barba. o atteggiamento da comizio. La coppia di artisti romani sceglie
Senza voler qui definire la complicata situazione del Nuovo di adoperare segni essenziali, semplici ed elementari: decide di
Teatro negli anni Settanta ricordiamo schematicamente alcune fare teatro utilizzando moduli espressivi che si possano sempre
matrici comuni quali la ricerca di materiali poveri, il rifiuto del "toccare con mano", come le lamiere di Rotòbolo o le camere
testo canonicamente inteso, l'importanza attribuita allo studio d'aria di Sacco. Di conseguenza Remondi e Caporossi si concen-
del gesto e del movimento. trano nella ricerca di un gesto conosciuto. e qUindi selezionano
Proprio sul finire del decennio, mentre qualcuno già e propongono il gesto lavorativo che, applicato alla macchina o
passava dall'arte di attacco, politicamente impegnata, alla chiu- ai materiali in genere, sollecita immediatamente una serie di
sura introspettiva ed esistenziale, il mondo giovanile riesplose, associazioni, tra le quali quella del rapporto vittima-carnefice o
spesso secondo modi e comportamenti suggeriti dalla nuova servo"-padrone.
sinistra americana.
È un periodo in cui la contestazione allo stesso tempo
artistica e sociale è manovrata dai gruppi giovanili di base, che i Franco Quadri, L'avanguardia teatrale in Italia, Torino, Einaudi, 1977,
p. 41.
sarebbero diventati oggetto di pesanti giudizi di carattere non
lO 11
Poco importa se in questa pratica si scoprono ascendenze Il lavoro che segue mira quindi a chiarire, in un con-
beckettiane o riecheggiamenti dell'arte povera (specialmente per testo organico, attento anche alle influenze culturali esterne, lo
guamo riguarda il recupero e l'uso dei materiali): fondamentale sviluppo della poetica di Remondi e Caporossi, letta attraverso
resta l'immediatezza del segno scelto per un determinato conte- l'uso dei materiali e delle macchine che costituiscono i segni
sto, che è poi sinonimo di una ricerca di un ambito culturale concreti e pieni di senso su cui la coppia di autori ha costruito
nel quale riconoscersi ed essere riconosciuti, e che permette di il proprio vocabolario teatrale.
instaurare un rapporto col fruitore dell'opera che abbia come
scopo evidente una forma di comunicazione inedita e nello stes-
so tempo "consueta",
Quest'ultimo dato, insieme alla mancanza di imposizio-
ne diretta di elementi culturali preesistent1, accomuna Re-
mondi e Caporossi a una parte dell'avanguardia teatrale di
quegli anni e rende anche possibile tracciare un parallelo tra
i modi del loro lavoro e le teorie sul "teatro dell'ignoranza"
proposte da Leo De Berardinis e Perla Peragallo nella loro
attività a Marigliano.
Come è poi naturale in ogni processo di formazione ar-
tistica, anche nel lavoro della nostra coppia di autori emerge la
tendenza a utilizzare e rielaborare moduli espressivi ai quali
restano affezionati. Si tratta, come vedremo, di un particolare
uso dei materiali, nonché dell'invenzione e dell'applicazione di
caratteristiche forme di "macchine", E proprio qui, dalla selezio-
ne e dalla manipolazione di materiali caratteristici e dall'impie-
go di macchine singolari, Remondi e Caporossi giungeranno
all'elaborazione di un linguaggio teatrale autonomo e nello stes-
so tempo denso di riferimenti alle condizioni della realtà sociale
ed esistenziale in cui ci troviamo.
Ancora più interessante è però osservare la capacità di
questo linguaggio di piegarsi, in un secondo momento, alle
necessità di espressione nuove e diverse, centrate sull'indagine
della solitudine e della condizione umana, di per sé, al di
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fuori di immediati riferimenti alI'oppressione dei meccanismi
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alienanti della società industriale. E anche in questo nuovo
orizzonte tematico Remondi e Capo rossi riusciranno a non
abbandonare la chiara materialità e costruttività del loro
linguaggio poetico che basa ancora la propria efficacia sulla
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concretezza dei segni usati.
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I PRIMI ESPERIMENTI
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allestire un teatrino, Il Leopardo. Qui lavora sia come regista mente alla loro azione. Retnondi e Caporossi realizzano infatti
che come attore, scrive i suoi primi testi teatrali e presenta al varie sculture in legno, in cemento e ferro, adoperando soprattutto
pubblico autori deU'avanguardia storica, come Arrabal di cui materiali d'uso comune come tubi innocenti o addirittura cartoni
allestisce nel 1968 L'architetto e l'imperatore d'Assiria. per le uova. l due artisti sono alla ricerca di un'espressività diretta,
Contemporaneamente continua a lavorare con Quartucci e sem- che non tenga conto dell'estetica come ricerca del bello. Le loro
pre nel 1968 recita allo Stabile di Torino in Testimoni di Ro- creazioni hanno una fattura certamente grezza, priva di rifiniture
zewicz. Nel 1969 ricopre il ruolo di Sancho Panza accanto a che rivela ed espone imtnediatamente i materiali utilizzati che
Gigi Proietti nel suo Don Chisciotte televisivo. sono privi di una consistente tradizione all'interno delle arti figu-
A Roma, nel 1970 conosce Riccardo Caporossi (1948), rative e restano legati invece al concetto di lavoro manuale e di
che è studente di Architettura. Caporossi proviene da esperienze fatica 2 •
artistiche molto più vicine alla pittura, e cotnincia in quegli Evidente inoltre è la componente "costruttiva" delle loro
anni a interessarsi al teatro. Nel 1971 lavoreranno insieme prime sculture. Queste, oltre a essere delle costruzioni per se
impegnati nello spettacolo Carico che Quartucci allestisce in stesse, sono chiaramente degli assemblaggi di vari pezzi che si
strada, nei pressi di Prima Porta fuori Roma, per inaugurare la mostrano a uno a uno e rivelano abbastanza chiaramente tutte
partenza del suo progetto di teatro itinerante: Camion. le fasi del loro processo di realizza:lÌone. Tali sono, ad esempio,
Abbandonato il gruppo di Quartucci, Remondi e Capo- le sculture ispirate ai due personaggi protagonisti di Giorni Felici
rossi iniziano a impegnarsi nel teatro del Leopardo. La sala è il di Beckerr: Winnie e Willie. I busti delle due sculture in
loro punto di incontro e di discussione, una specie di laborato- cemento, colati in forme di legno, non sono rifiniti e quindi
rio dove i due attori cominciano a scandagliare la loro sensibi- mostrano in modo evidente le itnperfezioni degli statnpi.
lità comune, a lavorare 111sieme con lo scopo preminente di Attraverso queste prime esperienze condotte al teatro del
conoscersi l. Leopardo, i due artisti maturano alcune idee sul testo di Bec-
Già nei loro primi esperimenti, essenzialmente caratteriz- kett, e decidono cosÌ quasi naturalmente di metterlo in scena;
zati dal tentativo di dare libero sfogo alla creatività liberando
l'artista da ogni fine che non sia quello della creazione sponta-
nea che nasce quasi da sola, attraverso il confronto di persona- 2 Caporossi comunque non trova in questo caso un preciso rapporto con
la tendenza dell"'arte povera" attiva in quegli anni perché non crede che i
lità vicine, emergono alcune componenti fondamentali del te-
materiali che utilizzava con Remondi facessero parte di quelli cosiddetti "po-
atro di Remondi e Caporossi che ritroveremo nella· produzione veri". Per lui e per Remondi l'uso del cemento, legno, ferro, nasceva dal
seguente. gusto, ed anche dalle esperienze e consuetudini manuali che avevano maturato.
Innanzitutto il laboratorio nel teatro del Leopardo è domi- Sempre Capol'Ossi, nell'intervista riportata in appendice, afferlna: «Claudio allora
viveva con il fratello prete e d'estate andava dalla sorella che aveva una casa
nato dalla presenza dei materiali, che si impongono prepotente- a Torvaianica. In queste occasioni si ingegnava in operazioni di giardinaggio
o di piccola carpenteria, adoperando così sia il cemento che il ferro o il legno.
lo ho trovato subito interessanti le caratteristiche espressive di questi materiali
1 In questo senso Remondi e Caporossi ricordano quegli anni nell'inter- che sono quindi, naturalmente, diventati oggetti del nostro lavoro comune.
vista rilasciatami nel corso di quattro incontri: a Rimini il 5 giugno 1990; Del resto il ferro, il cemento e anche il legno, erano materiali che potevamo
a Sant'Arcangelo di Romagna il 21 luglio 1990; a Roma il 12 ottobre 1990 trovare e lavorare agevolmente». Questa affermazione di Caporossi evoca
e il 30 gennaio 1991. Ho realizzato parte dell'intervista con Sabina Galasso comunque un significato "povero" dei materiali, proprio in quanto di facile
che desidero qui ringraziare. D'ora in avanti tutte le affermazioni di Remondi reperimento, di uso quotidiano: in questo senso la loro utilizzazione conterreb-
e Caporossi riportate senz'altra indicazione s'intendono tratte da questa inter- be un'implicita contestazione del materiale bello e lussuoso della scultura
vista pubblicata integralmente in appendice a questo volume. tradizionale.
16 17
proseguendo in un lavoro di laboratorio che dai primi esperi- l'oggetto della propria attenzione, ricorda la situazione tipica di
menti fino alla messa in scena copre un periodo di circa due una mostra, di un museo. Indubbiamente i due artisti preferi-
anni. La scelta di Beckett come autore deriva del resto da un scono dare più risalto alle cose, alle situazioni, che all'azione
comune interesse di Remondi e Caporossi. teatl'ale tradizionalmente intesa, e ciò è confermato dai loro
Remondi, nel 1964, proprio agli inizi della sua carriera stessi ruoli nell'ambito dello spettacolo: Remondi è impegnato
artistica, aveva, come si è visto, interpretato il personaggio di in un lungo monologo, inginocchiato a tetl'a mentl'e viene som-
Pozzo in Aspettando Godol. In seguito, insieme allo stesso grup- merso dal brecciolino che Caporossi versa a paIate per ricoprire
po di attori aveva partecipato all'organizzazione di un Festival il compagno. È un'unica e indivisi bile azione che appare signi-
Beckettiano che si era tenuto a Roma. Caporossi si era invece ficativa anche se osservata per una breve frazione del tempo di
avvicinato a Beckett mosso da un interesse più personale. I testi esecuzione totale. E questo accade grazie alla ripetitività dei
beckettiani erano stati infatti le sue prime letture di opere loro gesti, che sarà, tra l'altro, caratteristica di gran parte della
teatrali, all'epoca in cui era studente. Caporossi tuttavia ricorda produzione della coppia.
di aver provato maggior attrazione per i romanzi dello stesso Fin dall'inizio, dunque, è evidente la necessità dei due
autore, che trovava più stimolanti. attori di confrontarsi globalmente col lavoro che affrontano,
Riaffermando insieme un interesse che avevano già colti- negandone, se occorre, la matrice teatrale e chiamando in causa
vato separatamente, Remondi e Caporossi si applicano quindi al le 101'0 esperienze anche esterne al preciso ambito della messa in
testo di Giorni felici (1970-71)'. Oltre alle sculture di cui ab- scena. Emerge inoltre la volontà di intervenire materialmente
biamo già parlato, vengono realizzati alcuni dipinti per lo più sul teatro, la necessità di rendere l'azione eminentemente fisica
ispirati ai personaggi di Winnie e Willie e il teatro comincia attraverso l'applicazione dei personaggi a un'operazione intesa
a riempirsi delle loro creazioni. È un lavoro sullo spazio e principalmente come fatica; ma anche la capacità di spingersi
sull'ambiente che Remondi e Caporossi interpretano comunque oltre la semplice rappresentazione scenica dell'opera, per render-
in chiave "spettacolare": lo stesso testo, in un procedimento di ne le motivazioni profonde, senza irrigidirsi nel mero ossequio
assimilazione totale e di riproposta, viene riscritto sui muri della della parola dell' autore.
sala, dall'ingresso fino al palcoscenico, nei camerini, disperden- Remondi e Caporossi giungeranno a considerare forzata la
dosi e concentrandosi su pareti, pavimento, soffitto. «L'eventua- divisione in due personaggi del dialogo-azione di Giorni felici e
le pubblico», spiega Caporossi, «si sarebbe trovato già calato in quindi riterranno necessaria una riunificazione che avverrà nella
una situazione spettacolare, nella quale avrebbe avuto la possi- persona di Claudio che, come abbiamo già detto, interpreterà il
bilità di muoversi liberamente attraverso tutto il teatro, osser- testo come un unico monologo di Winnie, personaggio che,
vando gli interventi sul luogo e leggendo il testo». anche se di sesso femminile, non sarà esteriormente rappresen-
La mobilità del pubblico che può passeggiare liberamente tato come tale dall'attore. Tuttavia la forte _ptesenza del lin-
all'interno del luogo che lo ospita, scegliendo di volta in volta guaggio verbale, inteso come discorso, ragionamento intellettua-
le, in una fotma così codificata e tradizionale sulla scena (il
monologo), poteva stonare con la evidente consistenza materica,
3 Segneremo, d'ora in avanti, tra parentesi l'anno di produzione dello fisica, segno dominante di tutto lo spettacolo. Remondi e
spettacolo di cui ci stiamo occupando. In questo caso agli interpreti non Capotossi decideranno quindi, prendendo spunto dalle foglie
furono concessi i diritti per la rappresentazione e lo spettacolo non fu aperto
al pubblico: gli anni tra parentesi si riferiscono al periodo dell'elaborazione secche che Beckett, nella sua opera, fa cadere lentamente sul
dello spettacolo. personaggio di Winnie, di creare una continua e lenta cascata
18 19
di brecciolino sulle spalle di Remondi: il fiume di parole S1 Il totem e la macchina per la fabbricazione dei bottoni
materializza in un fiume di brecciolino. L'associazIone tra le
parole e il brecciolino appare rafforzata anche dalla configurazio- Dopo la delusione per la mancata rappresentazione al
ne di una parte del testo, disegnato sul muro, che seguiva il pubblico di Giorni Felki, i due decidono di scrivere loro stessi
percorso della ghiaia: «ogni granellino - ricorda lo Caporossi - il testo del lavoro successivo: Térote (1972).
era una lettera del testo». Lo spettacolo si compone di un monologo e di una
Il testo sembra COS1 materializzarsi per la seconda volta: serie di azioni parallele. Il monologo, recitato di nuovo in-
il monologo, pronunciato sulla scena, inteso come unione di teramente da Remondi, nasce come dialogo, riducendosi poi
due metà, non si appoggia su uno sfondo scenografico di con- al discorso di un solo personaggi0 6 . Caporossi invece è im-
torno, ma trova l'esatto corrispondente in un'azione, che coin- pegnato in una serie di azioni tra cui quella di tracciare dei
volge lo spazio circostant~ e si pone come costruttiva4 • Tutto disegni sul fondo della scena, quasi rispondendo alle parole
ciò rivela l'esigenza di inventare un teatro che non sia messa in del compagno. Tutto questo, come anche la divisione dei
scena di testi, ma costruzione di cose, di azioni dalle quali ruoli tra i due attori corrispondente alla divisione tra parola
nasca il testo sulla scena 5. In questa prospettiva la scelta del e azione, e l'utilizzazione di un testo verbale come punto di
brecciolino al posto delle foglie, come ammettono gli stessi partenza, suggerisce uno stretto rapporto con lo spettacolo
autori, scaturisce naturalmente durante il lavoro e sorge quasi precedente. Evidentemente la drammaturgia verbale non è stata
spontanea nel momento in cui si adopera il cemento e il ferro: ancora rifiutata dai due attori. Infatti, studiando il copione
i tre materiali - cemento, ferro e breccia - sono infatti impa- di Térote, sembra strano notare quanto spazio sia dedicato
rentati dal loro comune impiego nel lavoro edile. alla parola, alle battute del testo, e quanto poco alla descri-
Fin dall'inizlo inoltre Remondi e Caporossi evitano di zione dell'azione, che pure esiste, relegata in sparute didasca-
usare la luce per prodntre effetti o per creare atmosfere. L'illu- lie che compaiono, di tanto in tanto, tra parentesi. Remondi,
mina:done è usata solo nella sua funzione primaria che è quella del resto,' è nato artisticamente come attore di parola e ha
di "far vedere". CosI in Giorni Felici le luci sono piene e non continuato a lavorare a lungo in questa direzione prima di
vogliono in alcun modo guidare l'attenzione del pubblico (che, iniziare la collaborazione con Capotassi. Quest'ultimo, a sua
come abbiamo detto, era libero di muoversi nello spazio del volta, preferisce ricorrere al disegno che appartiene a un lin-
teatro) nè tantomeno n1eravigliarlo o sorprenderlo. guaggio per immagini che sente più vicino7 •
Lo spettacolo, che era nato da un'idea originale, suggerita
ai due autori da una cassa piena di bottoni di tutte le forme
e colori che il fratello prete di Claudio aveva' ricevuto per i
propri parrocchiani e aveva a sua volta donata al gruppo, va in
scena prima in Belgio e poi al teatro della Ringhiera di Roma
~ Nell'intervista menziom.ta, Caporossi sostiene: «Winnie è la figura in
cui noi vedevamo riuniti entrambi i personaggi dell'opera. Nella lettura di
tutto Beckett si presentano sempre queste coppie-unità: Estragone e Vladimi- 6 Caporossi afferma: «Era un testo dialogato, in cui un personaggio aveva
ro, Pozzo e Lucky, sdoppiamenti dell'essere umano (istinto e ragione, anima più corpo dell'altro che invece rispondeva a monosillabi. Poi il dialogo si è
e corpo) in cui l'uno è il completamento dell'altra}}. trasformato in un monologo, anche rispettando la divisione di ruoli che ve-
5 Durante gli incontri con Remondi e Caporossi ho potuto notare che deva Claudio attore di parola».
hanno l'abitudine di redarre in forma definitiva i testi dei loro spettacoli, il 7 Ricordiamo che in quegli anni Caporossi stava per laurearsi in archi-
20 21
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nel gennaio del 1972, e viene accolto dalla critica con un certo stesso afferma in più di una battuta dello spettacolo B . Inoltre
interesse ma anche con qualche riserva8 . A un analisi attenta l'azione scenica non conferisce un valore mitico e totemico alla
appare schematica la divisione dei ruoli tra i due come attore macchina (come avverrà nelle successive creazioni dei due auto-
e pittore e forse non emerge con chiarezza il proposito artistico ri), preferendo invece assegnare tale valore al vestito-scultura di
degli autori'. Nell'opera affiorano però alcune componenti di bottoni che viene adorato alla fine dello spettacolo.
grande interesse che ritroveremo nella produzione successiva. Quelle che saranno le caratteristiche del teatro di Remon-
Innanzitutto la necessità di fare teatro convogliando e combi- di e Caporossi affiorano dunque qui in modo frammentario,
nando nello spettacolo tutte le proprie esperienze artistiche 10. come spunti ancora slegati proposti in metafore diverse. Emerge
Inoltre la presenza di una figura di totem e l'evocazione della il tema della denuncia sociale (come critica al consumismo che
macchina, che è probabilmente la novità fondamentale di que- sottolinea «l'inutilità del gesto imprenditoriale e tecnologico»,
sto spettacolo l l . in un'ottica «di ascendenza vagamente marxistica»14) e viene
Tuttavia la macchina non è ancora fisicamente in scena riproposto l'uso delle luci piene e fisse, spogliate da ogni ten-
in quanto nello spettacolo viene esibito soltanto il «progetto di tativo effettistico per consegnare al pubblico un ambiente "neu-
un impianto per la fabbricazione ottimale del bottone», presen- tro" in cui orientare liberamente l'attenzione. La recitazione nel
tato su un chilometrico rotolo di carta pieno di ingranaggi e senso di interpretazione di un testo è ancora presente e Remon-
calcoli che Remondi prima srotola tra il pubblico lungo la sala di e Caporossi non hanno ancora fissato su di sé quelle "ma-
e poi distrugge in mille pezzettini quando scopre che produce schere", quel modo di essere in scena che li caratterizzerà in
il nulla l2. È questo il vero fine della macchina, come l'attore seguito rendendoli immediatamente riconoscibili, ma è già fon-
damentale la manipolazione dell'ambiente scenico, l'intervento
degli attori con le proprie azioni, con i propri gesti sullo spazio
teatrale: prima dello spettacolo, come nel caso di Giorni felici,
8 Nella recensione dello spettacolo, su "L'Unità" si parla di "ermetismo
o durante la rappresentazione come in Térote.
elevatissimo" e di "contesto oscuro ed indistinto" (Sara Mamone, Tér()te, "L'Uni~
tà", 24 gennaio 1972) mentre Franco Cordelli ritiene "difficile spiegare il Ma oltre all' azione che tende a modificare lo spazio e
senso del monologo" (Franco Cordelli, Tér()te, "Avanti!", 25 gennaio 1972) ad agire sulla struttura che li ospita, Remondi e Caporossi
9 Tutte le recensioni dello spettacolo presentano infatti la coppia come
utilizzano anche un tipo di azione volta a manipolare le
attore e pittore; la critica li considera ancora come elementi separati tra di
loro, non come coppia, anche perché erano le prime volte cbe. si presentavano cose, riproducendo, in alcuni casi, esplicitamente la libertà
al pubblico in tale veste. con la quale i bambini interpretano la realtà nel momento
lO Nello spettacolo rappresentato in prima nazionale nel teatro della
del gioco. ,
Ringhiera a Roma, venne aggiunta, alla pittura ed alla recita:done, una com-
ponente musicale che era assente nella rappresentazione già avvenuta in Belgio Esemplari sono, a questo proposito, la maschera che Ca-
il 16 gennaio 1972: consisteva nell'intervento di un musicista che doveva porossi si costruisce in Térote o il pupazzo che esce dallo
tradurre, suonando dal vivo, l'azione in musica. scatolone di legno, sempre nello stesso spettacolo. «Lo spetta-
Il Il totem era un pupazzo, una sorta di abito~scultura realizzato con
migliaia di bottoni, con la funzione specifica, e dichiarata dagli stessi autori,
di idolo, "dio bottone". Per maggiori notizie vedi più avanti la descrizione
dello spettacolo. 13 Cfr, copione originale dello spettacolo, dattiloscritto, gentilmente for-
12 Questo progetto, steso sull'infinito rotolo di carta, viene individuato nito dagli autori, pp. 59 e 60. Ad esempio a p. 59: «dal tutto la macchina
daUa critica come uno degli elementi fondamentali dello spettacolo. Vedi ad creerà il nulla».
esempio la recensione di Sara Mamone, Térote, apparsa su "L'Unità" del 24 14 Barbara De Miro, II sostantiv() singolare di Claudio Rem()ndi e Riccard()
gennaio 1972. Cap()r()ssi, in La scena, lo scherm() e i simulacri, Foggia, Bastagi, 1984, p. 9.
il 22 23
1.11
tore» sostengono del testo Remondi e Capotassi in una di-
DESCRIZIONE DEGLI SPETTACOLI
chiamzione relativa a Térote «avverte il suo bisogno partecipan-
te a "eseguire" nel momento in cui si "gioca" il cerimoniale
del "cucire"» ed è sollecitato maggiormente «dall'essere testi-
GIORNl FELleI. Dal testo omonimo di Samuel Beckett, diretto e
mone-consapevole del processo avvenuto» 15, L'affermazione pone
interpretato da Claudio Remondi e Riccardo Caporassi. Anno
espressamente in relazione due fattori che hanno molto in
di produzione 1970-71.
comune tra, di loro, facendo riferin1ento alla 1"Ìtualità del gio-
co. E propno la componente Iudica consentirà negli spettacoli
Remondi e Caporassi lavorarano a lungo all'allestimento
succ~ssivi la p:'ese~za e l.'u~~, sempre più importante, di og-
di Giorni Felici. Il lavoro era cominciato come esperienza di
gettI e macchIne lmposslblb, che saranno manipolati con la
laboratorio in cui i due attori, nella sala del teatro del Leopardo
stessa ,convinzione che abitudinalmente si riserva a oggetti e
mettevano alla prova reciprocamente le proprie attitudini arti-
macchIne perfettamente normali, funzionali, così come Remon-
stiche, e non era finalizzato alla messa in scena. Solo in ultirno
di in. Tirate prende estremamente sul serio quell'insieme di
I numerI e scarabocchi disegnati su di un rotolo di carta, Li
Remondi e Caporassi decisero di renderlo pubblico e chiesero
I
perciò l'autorizzazione per rappresentare il testo. La perso~a che
prende tanto sul serio che vorrebbe fondarci un'industria' è
I ne deteneva i diritti per l'Italia oppose però un netto rIfiuto.
in mOD1enti come questo che lo spettacolo rivela la sua ca;ica
I Lo spettacolo non aveva un vero e proprio svolgimento.
ironica, che però diventa subito dopo una angosciante denun-
I L'azione dei due attori era ripetitiva: Remondi, che interpretava
l', cia della società della ptoduzione e del consumo.
il personaggio di Winnie (assumendo su di sé anche quello di
I, Willie) rimaneva fermo, inginocchiato in un angolo, alla base
I del palcoscenico e declamava un lungo monologo; Caporossi,
l! con una pala, all'estremo opposro della sala, faceva cadere della
ghiaia in un canaletto che correva vicino al muro. A ttraverso il
canaletto la ghiaia scivolava fino al compagno, il quale ne era
man mano sommerso.
L'elemento più importante dello spettacolo era la trasfor-
mazione dello spazio fisico del teatro. Durante le prove, erano
state create varie sculture in cemento, ferro, legno, fra cui Winnie
e Willie (in cemento e tubi Innocenti) i cui b)lsti erano cilin-
dri aperti, il primo concavo, rispetto al pubblico, e l',altro con-
vesso; una specie di busto di Winnie (in lastre dI cemento
sagomate e ghiaia); una scultura composta da due piani di, le-
gno sagomati, in parte complementari l'uno all'a~tro ~ uniti da
cerniere; una lastra di cemento colata su un contenItore In cartone
per le uova, in modo da assumerne la forma.
Tutte queste opere erano sistemate all' interno del teatro,
l) Claudio Remondi e Riccardo Caporossi Térote in Franco Quadri, precedentemente svuotato di ogni suppellettile e lasciato com-
L'avanguardia teatrale in
Italia, Torino, Einaudi,' 1977, p. 541.
pletamente nudo, privo del sipario e delle file di sedili per il
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pubblico, La platea si riduceva quindi a una semplice gradinata La rappresentazione ha come protagonisti solo i due attori
in mura tura, e non si avvertiva il distacco dal palcoscenico, e le componenti principali sono due: parole e disegnF.
anch'esso completamente vuoto, tranne che per la presenza di Lo spazio per il quale il lavoro è concepito non ha alcuna
qualche sedia per gli spettatori, peculiarità. È sufficiente disporre di una parete, o comunque
Il testo di Beckett, dal quale prende spunto lo spetta- una superficie, sulla quale sia possibile tracciare dei disegni 2 • Le
colo, era stato scritto su tutte le superfici dello spazio, sulle luci sono piene e, come nello spettacolo precedente, non sono
pareti, sul pavimento, sul soffitto, in tutti i luoghi disponi- dirette a creare nessun effetto particolare.
bili, l'ingresso, i bagni, il guardaroba, la platea, il palcosce- Inizialmente in scena c'è solo Caporossi che cuce un bot-
nico, i camerini .; Di tanto in tanto, nel suo percorso sulle tone], Entra Remondi e cerca di attirare l'attenzione dell'altro
superfici, la scrittura si concentrava in un punto particolare offrendogli dei bottoni, Il gioco continua, ma alla fine Remoncli
per creare delle composizioni grafiche, altre volte sembrava non ha più bottoni da offrire anche perché non vuole cedere
riflettere l'azione dei due attori, come nel caso in cui ilni- quelli deUa sua giacca, Da notare che in questo gioco l'attore
tava, sul muro, il movimento del brecciolino che cadeva sulle cerca di coinvolgere anche il pubblico avvicinandosi e tentando
spalle di Remondi, Alle pareti erano appesi quadri che Ca- di strappare i bottoni dai vestiti degli spettatori.
porossi aveva dipinto ispirandosi alle figure protagoniste del- Nel corso dell'azione il personaggio di Remondi pronun-
l'opera,
cia il lungo monologo che sostanzialmente compone lo spetta-
Le luci, ampie e diffuse, non producevano effetti partico- colo e interloquendo con se stesso, si presenta come un affarista
lari, e ciò per evitare di orientare l'angolazione visiva e l'atten- che v~ole soddisfare-sfruttare il bisogno di bottoni dell' altro4 ,
zione del pubblico che doveva muoversi liberamente nell'am- Caporossi vorrebbe andar via e l'altro lo trattiene. L'ostinazione
biente senza subire l'attrazione di punti "forti", del primo nel suo proposito innervosisce il secondo, che comin-
cia a minacciarlo.
Fonti per la descrizione dello spettacolo:
I
Intervista a Remondi e CaporOJJi, dt. Allora Caporossi inizia a disegnare sul muro una porta
!, Fabio Battoli, Giorni Felici (1971-71), in Branco e il teatro di Renwndi e dietro la quale tenta di nàscondersi. Continuando, risponderà
CaporoJJi, Firenze, La Casa Usher, 1980. sempre con i propri disegni alle parole di Remondi: scriverà
Foto dello spettacolo in B/:.\!", gentilmente concesse da Remondi e Capo-
rossi. Non vi è alcuna indicazione dell'autore né della data e del luogo in «NON CI SONO»; disegnerà un rubinetto che poi, visualizzan-
cui sono state scattate.
Barbara De Miro; Il sostal1tivo singolare di Claudio Remondi e Riccardo
CaporosJi, in La scena, lo schermo e i Jimulacri~ Foggia, Bastogi, 1984.
I Nella messa in scena romana i due attori vengono affiancati da un
26 27
do una minaccia del compagno, trasformerà in una pistola. Man ottimale del bottone», un lungo rotolo di carta pieno di dise-
1nano la sua reazione si trasfofIna in ira, disegna un cane, poi gni, meccanismi, ingranaggi e calcoli che svolge tra il pubbli-
intorno a questo un mastino, poi di seguito un lupo e infine c08 . Si propone C01ne imprenditore aJ pubblico, incitandolo a
un drago. formare una società per lo sfruttamento industriale di questa
La scena si conclude con un netto «VADO VIA» trac- macchina, che subito dopo descrive in questo modo: «L'aria
ciato su tutto il resto). E Caporossi tenta nuovamente di verrà divisa da un oggetto che non ha corpo, il silenzio sarà
allontanarsi. A questo punto Remondi cerca di trattenere il rotto da un rumore inesistente, la luce verrà infranta dal nulla
compagno con un fiUIne di parole, che interrompe solo per poiché dal tutto la macchina creerà il nulla». Dopodiché strac-
prendere fiato. Da un mucchio di breccia afferra un sassolino cia il progetto e lo riduce in farfalle di carta. Caporossi comin-
e lo spaccia come bottone. Caporossi steso a terra traccia la cia a disegnare sul· muro una serie di caricature e particolari
sagoma del proprio corpo. Remondi lo costringe ad un gioco della figura del compagno e scrive poi un lungo periodo in un
di schiaffi dove l'altro perde sempre. Caporossi vuole quindi linguaggio incomprensibile, con lettere inesistenti.
andarsene, ma è minacciato dal compagno infuriato con un'ar- Fallito il progetto di formare con i presenti una società,
ma immaginaria: a questo punto disegna una bara sul muro Remondi si propone al pubblico come idolo, dio del bottone.
e vi si pone dentro. Remondi se ne dispiace e disegna Questa sua azione sembra evocare il vero dio del bottone che si
malamente un fiore, addormentandosi subito dopo. Caporossi ergerà alle sue spalle uscendo da una cassa di legno, portata in
a sua volta traccia prima la sua figura nella bara e poi scena dal compagno'. Il dio del bottone è costituito da una
trasforma quest'ultima in un carro di fiori. Prende una chi- struttura in rete metallica a forma di corazza e sormontata da
tarra e insieme cantano la canzone Regina!do Regina!do6• Se-J un elmo, rivestita da una stoffa sulla quale sono cuciti centinaia
condo il copione Caporossi, quando nel corso della rappresen- di bottoni disposti a secondo della forma e del colore, in modo
tazlOne tenta di allontanarsi, afferra sempre una o due va- da formare dei disegni astratti. Dall'elmo esce una testa di cavallo
ligie. Diverse valigie vengono così ad ammucchiarsi al centro ottenuta modellando della gommapiuma (fig. n. 3). A questa
della. scena, insieme ad altri oggetti che lo stesso attore prende
occaslOnalmente dallo spazio circostante 7 •
Tra le valigie Remondi, che crede definitivamente morto
:'
"
,
8 Sempre Caporossi ricorda: «Claudio prendeva questo progetto, disegna-
5 Franco Cordelli, recensenèo la rappresentazione di Térote al Teatro della to su un lungo foglio di carta arrotolato, e lo srotolava. La sala del teatro
Ringh.i.era, ci ~!ce ch~ ~aporossi, o~tre a disegnare, si fabbrica un paio di della Ringhiera, dove è stato cappi'esentato lo spenacolo, em rettangolare,
z~ccolr, Tirate, Avantl!, 25 gennalO 1972. Inoltre Caporossi interviene col divisa in due pani: una pedana e la platea. Noi avevamo cercato di eliminare
dlseg~o anche sul compagno, s~gnando con il gesso per terra i suoi passi. i tendaggi e tutto ciò che poteva rendere la sala più "teatrale". Il foglio del
È una .d~lle molte canzoOl composte dai due attori nel periodo iniziale progetto veniva sl'Otolato proprio in mezzo al pubblico. Alla fine Claudio,
della loro attlvltà al teatro del Leopardo.
dopo aver proposto agli spettatori una società per azioni che sfruttasse la
7 ~elPintervjsta Caporossi spiega però che il mucchio di valigie, citato
macchina per fabbricare bottoni, ne distruggeva il progetto, lo stracciava, e
nel cOP.lOne, nello spcnacolo véniva sostituito da una grande scatola che con- tutti i pezzetti volavano per l'aria come farfalle. In questo modo Claudio si
teneva 11 pupazzo ricoperto di bo~toni (il dio bottone utilizzato successivamen- muoveva fra pedana e platea}}.
te). "In sala", scrive Sara Mamone nella recensione di Tirote ("[I Unità 24 9 A questo punto il testo non fa parola di ·una maschera a forma di testa
gennaio 1975), "troneggia una cassa da imballaggio". ' di cavallo che Caporossi indossa, come si vede nella fig. n. 3.
28 29
apparizione i due vanno a sedersi tra il pubblico osservando, in II
ado1'azione, il pupazzo lO.
l!
successivi. Quale che sia l'idea spettacolare di partenza, anche se
rossi su Remondi. Tale intervento era ini:dalmente concepito
molto elaborata, ricca di stimoli e complessa, giungono al nu-
come l'azione di uno scenografo o di un costumista e- si inse-
eleo comune, al perno intorno al quale girano tutti gli spunti .,
riva, secondo la più comune prassi teatrale, in una fase pre-
presentati si alla loro immaginazione: l'idea si sviluppa non in-
spettacolare, di allestimento e preparazione4 • Caporossi rifiuta
grandendosi mediante aggiunte o sovrapposizioni di ulteriori
però una divisione netta tra le funzioni specifiche che interven-
suggestioni, bensÌ riducendosi fino al nocciolo, mediante un
gono nell'allestimento di uno spettacolo teatrale, e per questa
processo di sottrazione che elimina tutto ciò che non è
ragione prolunga il suo ruolo di scenografo costumista in quello
strettamente inerente alla sensazione o alla motivazione iniziale.
di interprete dell'allestimento, trasformandolo in una parte in-
L'idea iniziale, dunque, era quella di un costume che
tegrante della rappresentazione: una serie di atti sull' attore e
potesse essere il luogo stesso dello spettacolo e che, contempo-
sullo spazio da svolgere a vista del pubblico. Contemporanea-
raneamente, potesse in qualche modo "contenerlo": proprio l'at-
mente Remondi e Capo rossi, inserendosi in un periodo nel quale
titudine del "contenere" facilita, con relativa immediatezza, il
le problematiche politico-sociali etano intense e oggetto di un
passaggio all'idea del sacco. Quando poi ci accorgiamo che tale
acceso dibattito, non si esimono da un impegno politico, anche
oggetto contiene un essere vivente, possiamo operare una trasla-
se non militante. Quindi, in nome dei loro assunti ideologici,
zione di significato, altrettanto immediatamente, fino all'idea di
utero: ma di questo tratteremo in seguito. pongono alla base del loro teatro la denuncia dei meccanismi
perversi nei quali la società immette l'uomo alienandone la
Lo spettacolo nasce lentamente e continua a modificarsi
componente umana.
anche nel corso delle repliche: un monologo finale di Remondi,
Schematicamente le prime messe in scena di Remondi e
ad esempio, viene abolito perché sembra ripetere ciò che si è
Caporossi, basandosi su tali motivazioni, suggeriscono una con-
già "detto" con l'azione I . Del resto Sacco è un punto di partenza
siderazione precisa: ogni azione può essere interpretata come
significativo per il lavoro della coppia, non solo perché, come si
atto produttivo industriale e quindi come simbolo della aliena-
è detto, è lo spettacolo che procura ai due attori la prima
2 zione, evidentemente dannosa per l'uomo. La confluenza nello
notorietà , ma proprio perché segna il loro decisivo distacco dal
spettacolo di questi due temi (il fuolo di scenografo-costumista
testo, canonicamente inteso. Il copione, in questo C01TIe in
prolungato in quello di interprete e la denuncia politico-sociale
moltri casi successivi, non è altro che un libro a fumetti dise-
dell'alienazione del gesto produttivo) trasformano l'azione com-
gnato da Caporossi, che descrive precisamente tutte le azioni
che si svolgono in scena 3 • piuta da Caporossi, che non è più pittorica o scenografica ma
diventa sadica. Un sadismo suggerito dalla stessa idea di un
Il tema fondamentale dell'azione è l'intervento di Capo-
personaggio che agisce su un altro, e forse, in tetmini psicolo-
gici, costituiscono la visualizzazione di un conflitto interiore, di
lIl monologo è presente nel copione originale dello spettacolo.
2 Nel 1973, con l'allestimento definitivo, partecipano al Festival di Chieri. un'insolvibile, dolorosa scissione di una originale unità.
3 Remondi e Capotassi hanno pubblicato nel 1974 Sacco ne Il Trovarobe È da una simile scelta che deriva l'introduzione del rap-
I per le edizioni di Maria Pacini Fazzi, Lucca. In questo caso è palese porto vittima-carnefice, perno dello spettacolo. In questo senso
l'intenzione dell'autore di conferire anche un senso autonomo ai fumetti che
quindi non risultano una me~a descrizione dello spettacolo. Possjamo tranquil-
lamente pensare che tale risultato sia dovuto al tentativo di trasferire sulla
pagina l'idea di base usando il linguaggb dei fumetti e alcune volte, quasi 4 Per questa mgione notiamo che nel copione a fumetti dello spettacolo,
come se si facesse prendere la mano, l'autore sembra allontanarsi da quello che il personaggio di Caporossi non appare mai e sembra intervenire sempre dal-
è lo spettacolo vero e proprio. l'esterno della vignetta, così come il ruolo dello scenografo, normalmente, è
esterno all'azione scenica poiché viene espletato prima.
32
33
Caporossi incarna il "puro atto", l'azione alienata, semplice e libe", come Sara Mamone che definisce la macchina il «simbolo
ilumotivata (di ascendenza industriale), che luassacra l'umanità più vistoso della gratuità inutile» e lo spettacolo un «singolare
di Remondi, a sua volta invece "puro istinto vitale". l.'
campionario di oggetti inutili»; o anche Lia Lapini che nota
La parola, nel corso dell'azione, è quasi totalmente rifiu- «l'incredibilità di strumenti di tortura assolutamente inutili, co-
I
tata, resta più che altro sotto forma di suono; la componente me una specie di inoffensiva tenaglia gigante o una vera e
significante è assunta tutta dal gesto affidato principalmente a propria macchina celibe sorta di raddrizzadita»8.
colui che dovrebbe essere lo scenografo, Caporossi, il quale fa sI Sicuramente è da segnalare come, affidato al gesto il se-
che l'attenzione si concentri, quasi guidata da una forza centri- r gno reggente dello spettacolo, fin da questi primi esperimenti
peta, sul sacco.
Remondi e Caporossi proiettino l'azione verso la manipolazione
Ampia, sulla scena, è la presenza di materiali di vario di cose e materiali, scartando la possibilità di 1"Ìcorrere alla pura
genere: la tela di sacco, la corda, il legno, il ferro, la stoffa, la mimica corporea, che apparirebbe peraltro una soluzione compa-
g01uma, e molti altri ancora, tutti caratterizzati però dalla "po- tibile con la quasi assoluta abolizione della parola. Si spiega
verrà". Caratteristica notata anche da Franco Cordelli che defi- cOSI il continuo proliferare di macchine e attrezzi da loro inven-
nisce il lavoro come «uno spettacolo in abiti dimessi e "poveri" tati o ripensati (forche, uncini, tenaglie, lance, lame, coltelli):
ma che conserva, allo stesso tempo, «una ricchezza di scrittura tutta una serie di strumenti e oggetti scelti accuratamente e
scenica»S; o come afferma lo stesso Caporossi parlando del sac- funzionali alla rappresentazione, proprio perché di quest'ultima
co: «stoffa grezza, poverissima». Questo «gusto per la materia costituiscono il linguaggio fondamentale.
che non abbia solo un valore estetico fine a se stesso»6 è sug- In un tale ambito di discorso viene spontaneo richiamare
gerito al gruppo sia dalle condizioni economiche, sia dalla te- alla mente le riflessioni di Rita Cirio che osserva come Remon-
nace volontà di cost1'uire lo spettacolo per e su loro stessi. di e Caporossi, nel loro lavoro, inventino «un mondo dove gli
I materiali vengono ancora adoperati con una certa pro- oggetti sono succedanei delle parole come strumenti di comu-
fusione, quasi con il piacere di sovrapporli per dare un effetto nicazione e il loro affaccendarsi frenetico, ansioso come formi-
di mirabolante "macedonia", cosÌ come succede per tutte le cose chine psicopatiche e disperate intorno a un sacco da aprire L ... ]
che il sacco «vomita»7 fuori: la tendenza alla sintesi, di cui corrisponde alla costruzione di un discorso articolato secondo
abbiamo parlato, sembra agire più sul piano della elaborazione una grammatica in cui alla sintassi si sostituisce una tecnologia
concettuale di base che su quello dei segni scenici ancora, a fantastica, debitrice alle macchine sadomasochiste progettate da
modo loro, abbastanza ricchi.
Roussel o Jarry. Oggetti come parole [ .... ] il loro creare la
Per quanto riguarda le macchine più o meno complicate, realtà, il nominare le cose, avviene appunto attraverso gli og-
lo spettacolo ne è ben provvisto: un argano, strani arnesi di getti, le macchine»9.
tortura, e la critica già li nota attribuendo loro un valore "ce-
lIl'I!I 9 Rita Cicio, Mr. ASJlJrdo è giù nel pozzo, "L'Espresso", 7 maggio 1978.
34
35
I
,: il
I
Non risulta strano quindi che Remondi e Caporossi, pro- che si svolge, priva di un passato e di un futuro, circolare, e
pendendo alla manipolazione, sentano il bisogno di vivere e quindi non modificabile. Inoltre, se andiamo oltre gli scopi più
adattare a loro lo spazio che usano, e rifiutino dall'inizio, come evidenti dello spettacolo, Sacco potrebbe essere la rappresentazio-
si è già visto nei precedenti spettacoli, il palcoscenico tradizio- ne dei rapporti di potere fine a se stessi, benché secondo Bar-
nale, optando, nel caso di Sacco, per lo spazio a schema cen- bara De Miro, «a un livello psicoanalitico di lettura Capotossi
trale, quasi un ring nel quale il pubblico viene «catturato nella potrebbe rappresentare il Super lo e Remondi l'Es di un'uma-
sua condizione di testimone»l0 della lotta o "esperimento" che nità condannata a non reperire mai l'unità della propria psiche
si svolge " . se non in un rapporto intimo di tensione, di sopraffazione e di
Al fine di un'analisi più approfondita, tuttavia, credo sovrapposizione, che implica l'impossibile liberazione del repres-
sia più utile studiare lo spettacolo nell'insieme delle macchi- so, mentre, dall'altro lato, la parte agente non avtebbe la pos-
ne e degli oggetti. Considerando cosÌ il lavoro, tutta l'azione sibilità di espressione, sarebbe impedita (come è impedito Ca-
sembra gratuita e il conflitto vittima-carnefice, cui abbiamo porossi dal cerotto che gli ottura la bocca e dall'ingessatura
accennato, appare dubbio poiché non si regge su una precisa degli arti infetiori)>> 14.
volontà e i due personaggi mancano di qualsiasi storicizzazio·- La tottura, che è poi il gesto essenziale dello spettacolo, non
ne; sono colti nelle valenze di «pura vittima» (Remondi) in avendo altro fine tranne se stessa, non ptoduce nulla, è inutile; non
balìa del «puro carnefice» (Caporossi)12; inoltre gli autori stessi a caso Giotgio Prospeti parla di «incoetcibile coazione a ripete-
dichiarano che «il gioco che il carnefice e la vittima metto- re» 15 e Franco Cordelli di «una dialettica ormai immobile, ridotta
no in atto è ambiguo. Al di là dei ruoli che i due attori a uno stato di autocontemplazione, chiusa nella propria traiettoria
assumono, si riconosce infatti un certo compiacimento da parte circolare, claustrale»16. Questo insieme di considerazioni mi porta
della vittima nel partecipare all'azione, quasi una consapevo- a ritenere lo stesso rapporto tra i due personaggi come "macchini-
lezza della propria condizione, quasi una compiaciuta appro- co", suffragato dal fatto che Caporossi, incetottato e ingessato,
vazione nell'essere vittima» 13 .
I
sembra quasi un robot in contrasto con il puro istinto vitale, ma
La rappresentazione di tale rapporto sadomasochistico ha nel contempo masochistico, di Remondi.
come scopo palese quello di denunciare la violenza gratuita di E proptio proseguendo in questo senso potremmo definire
cui l'essere umano è vittima nella società nella quale consuma questo movimento circolare dello spettacolo come simbolo di
I
la propria esistenza. Ma il quadro globale propostoci nello spet- una meccanica celibe.
tacolo porta con sé qualcosa di notevolmente angosciante, dato
che il sadismo dichiarato non ha nessuna ragionevole motivazio-
ne. Le operazioni di Caporossi ci sono indicate come atti puri, La meccanica celibe
che radicano la propria esistenza nell'esatto ptesente, nell'azione
Leggendo tutti gli scritti inerenti all'attività teatrale di
li" I I LO In tal senso si esprime Claudio Remondi nel Colloquio con C. Remondi Remondi e Caporossi si incontra frequentemente la definizione di
; l'I'! e R. Caporossi, in Barbara De Miro, op. cit., pago 37.
li Cfr. Donata Righe~ti, Si può seviziare anche con ironia, "Il Giorno", lO
:/ aprile 1975.
12 Fmnco Cordelli, Un copione a fumetti per due nel sacco, cito 14 Barbara De Miro, op. cit., p. 12.
B Dalla scheda dattiloscritta di presentazione della rassegna stampa di 15 Giorgio Prosperi, Una vita nel sacco, cito
Sacco, gentilmente fornita dagli autori. 16 Franco Cordelli, Un coPione a fumetti per due nel sacco, dt.
36 37
tnacchine celibi in riferimento agli oggetti, ai macchinari e alle Esposizioni Universali sono un punto di partenza fondamentale
situazioni che i due creano in scena 17 . Il termine ha un significato per comprendere quello che Gemter Metken chiama «antropo-
storiéo-artistico ben preciso e rimanda a esempi noti; è necessario morfismo della macchina nel XIX secolo»".
quindi definire quali siano questi esempi e, in seguito, quale reale In quel momento storico la macchina poteva essere sog-
attinenza abbiano con le proposte teatrali della coppia. getta alle più svariate e anche contraddittode interpretazioni: la
Innanzitutto ricordiamo che la definizione "Celibe" è sni- si vedeva come miglioramento dell'uomo, in quanto costruita
ta data da Marcel Duchamp alla parre inferiore del suo Grand perfettamente funzionale al suo scopo, o anche come vampiro
verre: La mariée mise à nu par ses cé/ibataires, mème, 1915-23 (fig. che' si appropriava della carne e del sangue di coloro che se ne
n. 1). Ma è merito dello scrittore francese Michel Carrouges, servivano, Non era del resto estranea a queste valutazioni nega-
su~ito dopo la guerra, aver isolato e definito il concetto, in tive la constatazione che la m-acchina sottraeva lavoro all'uomo,
Machines cé/ibataires pubblicato per la prima volra nel 1954 per e non a caso, per questa ragione, in Inghilterra, molti telai
le edizioni Arcanes. E sarà proprio sulle definizioni di quest'ul- meccanici furono distrutti nell'insurrezione dei tessitori nel 1844.
timo che baseremo le nostre tesi l8 • Inoltre la tnacchina a vapore, le cui rivoluzionarie appli-
Carrouges nota innanzi tutto come, dal 1850 al 1925 cir- cazioni invadevano l'Europa in quegli anni, si prestava a essere
ca, molti artisti, e soprattutto scrittori, in maniera anche auto- facile oggetto di sovrapposizioni miriche, che l'assimilavano alla
noma l'uno dalI'altro senza. ritrovarsi in nessuna corrente arti-
1
natura umana, alla potenza vidle. Non a caso lo stesso termine
stica precisa, si siano immaginati il funzionamento della storia, "cavallo vapore" tende ad associare un qualcosa di vitale, di
delle interrelazioni dei sessi, il rapporto tra le cose, quello tra organico, a un insieme tneccanico.
queste e l'uomo e tra quest'ultimo e una istanza più alta, sotto CosÌ i decenni che coprono la seconda metà del XIX
la forma di una macchina (non a caso lo stesso Freud, da un secolo e la prima parte del XX appaiono un periodo particolar-
altro punto di vista, definÌ la psiche come un apparato). mente fertile per lo sviluppo della tendenza - d'origine ben più
Viste le date, sembra chiaro che questo fenomeno sia da antica- a elaborare la nozione di macchina come chiave esplica-
porsi in relazione alla rivoluzione industriale, che in quel peri- tiva di realtà più complesse (la struttura corporea dell'uomo e
odo ebbe un momento di grande espansione e rilievo politico- degli animali, l'intera creazione). E proprio sul finire di questo
economico, con le conseguenti Esposizioni Universali organizza- periodo emerge l'immagine di macchina celibe 20 ,
te in quegli anni (quella del 1851 a Londra e del 1855 e 1878 La macchina celibe, come spiega Carrouges, «si presenta
a Parigi) divenute ormai esposizioni delle macchine. Proprio le innanzi tutto come macchina inverosimile. Ma la struttura deter-
minante di questa si fonda su di una logica ,matemarica»21,
N 011 deve essere intesa come macchina nel senso comune del
17 Vedi ad esempio: Lia Lapini, Ballett() - t()rtura c()n rob()t sadic() , "Paese
Sera", 6 dicembre 1975. A volte si è usato anche il termine "macchine inu- termine, e l'atnbiguità è in effetti il suo pdmo carattere. Po-
tili" che è in qualche modo equivalente, vedi a proposito: Aggeo Savioli, Una
.. fabbrica del nulla in "Richiam()", "L'Unità", 4 marzo 1975; Franco Quadri,
I i,
, Richiam(), "Panorama", 20 marzo 1975. 19 Gunter Metken, Dall'u()m()-macchina alla macchina-uom(), Antr()pom()rfism()
, ' l8 Michel Carrouges, Istruzioni per l'us(), in Le macchine celibi a cura di della macchina del XIX sec()l(), in Le macchine celibi, cit., p. 51
,:,1 i': Harald Szeeman, Milano, Electa, 1989, p. 17. In questo saggio Carrouges 20 Sul concetto di macchinismo in generale l"imandiamo a: Alexandre
"'1' riassume molto chiaramente le sue idee riguardo la macchina celibe. L'autore Koyré, Dal m()ndo del pressappoco all'univers() della prefisione, Einaudi, 1967, 1982 7•
'l'I! alla domanda «che cosa sia una macchina celibe?,> risponde che «una macchi- L'autore fa risalire al XVII secolo le origini del macchinismo. Del resto in
,!I I;1i na celibe è un'immagine fantastica che trasforma l'amore in meccanica di
morte».
questo secolo avvengono i primi tentativi di orologeria di precisione.
21 Mlche1 Carrouges, ()p. cit., p. 17.
III
I
38 39
trebbe essere ùrC'lneccanlsmo riconoscibile, nla potrebbe anche in qualche modo, non sono inventati: le divise sono quasi
non esserlo, presentandosi confuso con l'ambiente circostante, reali, la ruota a pale ricorda quella di un mulino. La Ma-
senza alcuno scopo evidente. La macchina celibe infatti è gui- cinatrice di cioccolato, già presente in un opera a se stante nel
data da leggi mentali del tutto soggettive. Per chiarire questo 1913 (fig. n. 2), scaturisce dalla visione di un oggetto reale
punto prendiamo tre dei principali esempi che Carrouges porta che l'artista aveva notato nella vetrina di un pasticciere; i
nel suo scritto Istruzioni per l'uso. Testimoni oculisti, visibili anche in un opera preparatoria del
Il primo è l'opera di Duchamp: Grand verre. La martee 1920, sono in effetti delle tavole oculistishe che Duchamp
mise à nu par des céiibataires, me-nte. Si tratta di una creazione riprese tali e quali.
composta su una grande lastra di vetro alta 2,75m. e larga Distinguiamo quindi un ambito "meccanico", dato pro-
1,75m., esposta al Museo d'arte di Filadelfia, alla quale Du- prio dai meccanismi che vi sono rappresentati, e uno "sessuale"
champ lavorò tra il 1915 e il '1923, anno in cui la abbandonò dato dall'allusione alla sposa, ai maschi celibi e alla nudità.
lasciandola incompiuta. La costruzione è composta, oltre che dal Osservando l'opera è nel contempo evidente la separazione in
vetro, da altri materiali: olii, vernici, lamina e filo di piombo, due unità sovrapposte, maschio e femmina, che, in quanto nega
argento, polvere, acciaio. l'unione tra due opposti, nega qualsiasi possibilità di procrea-
N elI' opera di Duchamp non si riconosce nessuna figura zione e prelude all'idea di morte'4. Idea che è pemltro rafforzata
umana, anche se si parla di sposa e di celibi. Sulla parte superiore dalla immagine scheletrica della parte superiore e dalla impos-
si vede una forma sinuosa e morbida, orizzontale; poi a destra una sibilità di un movimento reale delle macchine rappresentate.
parte angolosa e dura che scende fino a terminare in un' asta sottile Altro punto fondamentale legato al concetto di celibe come
in posizione obliqua. Nella parte inferiore emergono le sembianze sterilità è quello di autoerotismo al quale si allude nei movi-
di nove uomini rappresentate da altrettante divise di fogg.ia diver- menti circolari che riempiono la parte inferiore. A questo pro-
sa, puri involucri esterni; poi, in primo piano, da sinistra a destra, posito riporto le considerazioni di Bailly: ~<La sposa non è stata
si riconosce una slitta o carrello senza rotelle, azionato da una ruota messa a nudo, né lo sarà, è sempre sul punto di esserlo, senza
a pale, che a sua volta aziona le grandi forbici che si incrociano fine. Il dispositivo è un dispositivo d'impedimento, che funzio-
sopra la macchina tritacioccolato. A destra ancora dei cerchi che na come tale, a circuito chiuso, come un rispecchiamento mor-
sono dei "testimoni oculisti". La "macchina", spiega Bailly, «è un tale - e infinito - di due onanismi di ordine diverso»25.
dispositivo erotico in cui la parte superiore, o regno della sposa, e La stessa composizione, al suo interno, ha un movimento
quella inferiore, dove campeggiano gli scapoli (le nove divise), si circolare che va dalla sposa ai celibi, da questi alla slitta a pale,
contrappongono. Il gioco consiste nello stabilire un dialogo [ ... ) alla tritacioccolato, poi dalle forbici, sovrapposte, a quest'ultima,
ma il risultato del dialogo non può essere che l'appagamento finale ai testimoni oculisti, e ritorna direttamente in alto, senza altri
del desiderio. Tuttavia quest'esito non si realizzerà mai»22. passaggi, alla sposa. Carl'Ouges sostiene- che il movimento è
Il meccanismo visibile, concentrato nella parte inferiore, trasmesso dalla parte superiore a quella inferiore attraverso la
è un ingranaggio complesso che, «pur senza evocare nulla di lunga asta a punta dello scheletro femmina che «è agitata da
,
. ~ : reale, non può tuttavia dirsi surreale. È troppo freddo, cere-
brale, deliberato»23; e infatti è composto di meccanismi che, 24 La sbarra che attraversa orizzontalmente la lastra di vetro è stata
i!'" ! inserita solo per renderla più solida dopo la rottura occorsa nel 1926. Bisogna
I 22 Jean-Cbristopbe Bailly, Marcel Duchamp, trad. itaI. di Antonella Mon- quindi notare che almeno inizialmente la parte inferiore e quella superiore
tenovesi, Milano, Jaca Book, 1986, p. 64. non erano separate in modo cdsl radicale.
I 'I! 23 Ivi. 25 Bailly, op.cit., p. 66.
Il ,II
',] 40 41
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1[1
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scosse, caUle la sfera degli orologi elettrici delle stazioni» 26. re un elemento maschile: il soldato a cavallo. Inoltre questa ope-
L'elemento maschile inferiore subisce il movimento e nel con- razione, nel racconto di Roussel, è mostrata da Cantarel, inventore
tempo anche la negazione della propria realizzazione sessuale in della macchina, ai suoi ospiti.
quanto è negata l'unione.
Tutte queste macchine, sostiene Carrouges, «nonostante
. Il ~ra~d verre è sicuramente l'esempio più citato per guanto la completa divergenza degli aspetti esterni [ ... J hanno una
r~guarda 11 dlSCOl'~O sul ten:a della macchina celibe, ma Carrouges struttura molto prossima)}28.
ritrova parte deglt elementi segnalati anche in ambiti artistici non Mentre la macchina in genere è intesa come apparecchio
figurativi chiamando in questione la C%niapena/e di Franz v _,,_
~UtiKa. destinato a produrre, comunicare o trasformare il movimento, le
Nel racconto l'autore descrive infatti una strana macchina di macchine in questione sono innanzi tutto delle macchine menta-
tortura legale, che esegue automaticamente e pubblicamente le li, «il cui funzionamento immaginario serve a produrre un
condanne a morte. Il condannato è steso su un letto meccanico movimento reale dello spirito»29. Ciò perché non seguono la
sottostante a un erpice armato di una lunga punta che, sorretto nel fisica ordinaria ma la patafisica, nozione elaborata principahnen-
centro da una sbarra verticale, e comandato dall'alto, scrive la te da Alfred Jarry che la definì come una scienza totalmente
sentenza sulla pelle del condannato. L'erpice non cessa di oscillare differente da quella ordinaria; è la scienza delle soluzioni imma-
e la sua grande punta alla fine trafigge la ffOnte della vittima. ginarie, agli antipodi della fantascienza che prende spunto dalla
Anche qui sussiste la divisione in due zone: la superiore dove fisica ordinaria. Secondo Carrouges, ogni macchina celibe può
troviamo ~: '~disegnatore" esecutore della sentenza, e quella i~ferio essere una "patamacchina";
te, dove c e 11 condannato. Il movimento è trasmesso da una zona Inoltre la costante presenza degli spettatori, come i testi-
all'altra tramite una lunga asta, che ricorda la baionetta che "uni- moni oculisti del Grand verre, il pubblico clelia Colonia penale,
sce" la Sposa agli Scapoli nell'opera di Duchamp.
gli ospiti di Cantarel in Locus solus, alludono, sempre secondo
. .L'elemento verticale caratterizza anche l'ultimo esempio che l'autore, a una vicinanza delle macchine celibi al concetto di
n~OrtIamo tra .quelli segnalati da Carrouges, la mazzeranga o da- rappresentazione, che egli addirittura colloca in un ambito spe-
mIgella del raItra di denti in Locus So/us di Raymond Roussel. cificamente teatrale·~o.
In.fattl la ~azzeranga è un sottile cilindro verticale, sospeso per Per completare l'analisi di queste opere è importante notare
ana a un ~IC:olo aerost,ato, che termina in basso con degli artigli; che all'interno di una macchina celibe come il Grand verre co-
con que~tI I apparecchlO afferra denti di diversi colori sparsi al esistono anche altri motivi artistici peculiari di Duchamp e
suolo e 11 trasporta su dI un terrapieno per comporre un mosaico tipici delle atti figurative di quegli anni.
rappresentante un raitro (soldato a cavallo) condannato a morte per Duchamp, infatti, come abbiamo già accenl1ato, ricorse nella
aver tentato dI rap.ue una donna, Chtistel, che amava. Anche qui costruzione del Grand verre all'uso di immagini relativamente re-
~n ~len1ento supenore femminile (infatti nel francese comune, per
mdICare la ma~zeran~a, si può usare anche il termine demoiselle)27
che trasmette 11 mOVlmento ad alcuni denti per terra fino a forma- prodotto di un gioco di parole di Roussel, che ha trasformato 1'espressione
"demoiselle à pretendants" (ragazza dai molti pretendenti rivali) in "demoiselle
à reitre endents" (mazzetanga a mosaico di denti raffigurante un raltro)>>.
Michel Carrouges, Istruzioni per l'uso, cit., p. 24.
26 Michel Carrouges, lJtruzioni per l'uso Ctt p 20 28 Ivi, p. 22.
27 . ' .,.
La comun~ ~azzeranga «è Il modello iniziale del cilindro verticale che 29 Ivi, p. 44.
RO~Jss.el ha pr~St1g1?Samente ,trasformato aggiungendovi un areostato, degli 30 Anche Bail1y parla di "incomparabile forza teatrale della Sposa nel suo
artlg11 e moltI altn accesson. Non si tratta di un fatro casuale, ma del sradio finale", op. cit., p. 32.
42
43
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La nozione di macchina celibe si colloca quindi in un ;~ testimoni di una sitlL:'lzione, come se per strada o in piazza
odzzonte in cui si intrecciano diverse caratteristiche connesse stessero assistendo a un incidente, e dovessero capire e testimo-
tra loro:
niare l'accaduto».
- l'inutilità espressa nella sterilità come incapacità di pro- L'idea di morte è presente sia nella tortura, come atto di
creaZIOne;
repressione, che nella continua reclusione del personaggio im-
l'idea di morte connessa alla sterilità' personato da Remondi in un qualcosa di piccolo, costretto. La
la costante di elementi come aste, ~azze, o simili, alla morte è citata inoltre esplicitamente nella scena finale quando
quale è assegnata la funzione di trasmettere il luovimento; l'attore si lascia cadere a terra ed è trascinato via da Caporossi.
la coesistenza di due insiemi: sessuale (il più delle volte Continuando in questo senso, possiamo dedurre che al-
SCISSO in maschile e femminile) e meccanico'
l'interno di una meccanica "celibe" - inutile e sterile - avviene
I la presenza degli spettatori. ' la nascita "celibe" di un essere (Remondi) privo di qualsiasi
I
Tutti questi elementi (insieme agli altri spunti trattati
I,
! come quello sul movimento circolare o il d(erimento al ready
sviluppo. Ogni possibilità di evoluzione gli viene negata in
quanto il meccanismo circolare dello spettacolo lo ricaccia nel
made) consentono di considerare sotto una nuova luce l'attività sacco. La condizione celibe che Brock definiva aristocratica, nel
di Remondi e Caporossi e l'aspetto "macchinico" dei rapporti teatro di Remondi e Capo rossi, collocandosi nel loro discorso
che instaurano tra di loro e i materiali utilizzati. politico, diventa repressiva, castrante.
In Sacco, appunto, abbiamo definito "macchinica" la rela- Naturalmente la vicinanza tematica dei due autori al-
zione tra i due personaggi: un meccanismo dalla traiettoria l'opera di Duchamp e, più in generale, al lavoro dei creatori
circolare e claustrale che sembra rendere tutto inutile , gratuito', delle macchine celibi non è né intenzionale né consapevole.
un sadomasochismo che si esaurisce in se stesso. Remondi non Anzi Remondi e Capo rossi tendono solitamente a negare
riesce a venire veramente fuori dal sacco: infatti, appena ci rie- qualsiasi rapporto diretto tra la loro ricerca e gli esperimenti
sce, viene rinchiuso in una semisfera. delle arti figurative, anche quelli più prossimi: e ciò nono-
Non è riconoscibile in questo spettacolo, come del resto stante l'intenso interesse di Caporossi per la grafica, la sua
in molti altri, la divisione dei due insiemi che Carrouges deli- ampia produzione di disegni. Singolari coincidenze della loro
nea, ma in compenso gli spettatori sono decisamente presenti in produzione teatrale con una parte delle sperimentazioni arti-
qualità di "testimoni oculisti" dell'esperimento, tant'è vero che stiche del periodo (come le opere degli artisti che motavano
vengono chiamati anche a prenderne visione diretta attraverso i intomo alla galleria romana "L'Attico") sono del resto eviden-
mirini posti sopra il cilindro di camere d'aria37 , La luce stessa ti. Ma pur riconoscendole Remondi e Caporossi escludono
ha come scopo quello di mostrare, far vedere chiaramente: non qualsiasi influenza diretta e sottolineano tenatemente la pre-
cela gli spettatori nel buio della sala, ma li mostra, li chiama cisa ol'iginalità del loro prodotto artistico.
in causa. Questa particolare attitudine del pubblico è prospettata «Non si può dire», afferma Caporossi, «che noi guardas-
l dagli stessi autori quando affermano: «gli spettatori erano come simo alle esperienze pittoriche o di arte comportamentale e poi
I;
I ri ~7 Del resto Carrouges rileva che la macchina celibe sembra porre l'esi-
le trasferissimo nel nostro teatro. I nostri esordi si collocano in
'l''
iii genza di. un .pubblico e manifesta cosÌ un'implicita vocazione teatrale. In questa
un periodo in cui due campi artistici differenti conducevano,
separatamente, esperienze simili. Sicuramente ci è accaduto di
prospettiva SI po.trebbe sostenere che il teatro di Remondi e Caporossi ne sia
Il! I 11 naturale comp1mento. Vedi inoltre la descrizione dello spettacolo in appen- renderci conto, trovandoci di fronte a un quadro o una qualun-
dice al capitolo.
li 1:
1
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stro lavoro. Si trattava però di qualcosa che era possibile veri- chilismo e del masochismo del rapporto vittima-carnefice, per
ficare dopo, a distanza di tempo», porre l'accento sulla solidarierà. Già il ritolo, Richiamo (1975),
Tuttavia, specialmente alI' inizio, Remondi e Capotassi sfio- suggerisce la nozione della comunicazione, del rapporto: e infat-
ravano con le loro messe in scena i caratteristici esperitnenti del- ti .questa volta Remondi e Caporossi sono uniti come compagni
l'arte comportamentale. Proprio mentre presentavano le prime di lavoro all'interno di una catena di montaggio, a sua volta
repliche di Sacco in un teartino in via Sant'Agata dei Goti, al rappresenrata dall' elemehto senza dubbio più importante di tutto
Palazzo delle Esposizioni si teneva una manifestazione dove alcuni lo spettacolo: la macchina a ruote dentate'>9.
artisti, pittori e scultori, scivolati nell'arte comportamentale, si La ruota, suggerita da due grandi ingranaggi di carro
auto-esponevano: fra questi anche Claudio Cintoli con Crisalide. armato che Relllondi aveva comprato molto tempo prima, im-
Questi esibiva un grosso sacco di juta da cui uscivano varie cose, pegna la coppia di attori in un lavoro estenuante e inutile
degli stracci e poi lui stesso: le corrispondenze sono evidenti. durante il quale} intorno all' incedere lento e costante della
È chiaro che alla luce delle tesi di Carrouges assume un'im- macchina, si consumano una serie di avvenimenti tra il tragico
porranza particolare anche il progetto di un impianto per la fabbrica- e il comico che segnano la breve esperienza umana dei perso-
zione ottimale de! bottone che abbiamo già incontrato parlando dello naggi emblematici protagonisti dello spertacolo. La 101'0 umani-
spettacolo Térote. Si tratta di una macchina, un insieme di mecca- tà sÌ scontra con un sistema alienante, freddo e meccanico dal
nismi e calcoli che resta ancora a un livello figurativo e concettua- quale saranno resi schiavi.
le. Ma è proprio questa caratteristica a segnalare la stretta paren- Qui la critica alla società industriale diventa il tema
tela con le macchine celibi, più di quanto non lo siano le succesive portante dello spettacolo, anche se resta sempre implicita senza
creazioni dei due autori, in cui la macchina è costruita di fronte al mai assumere i toni clamorosi della denuncia politica diretta.
pubblico, e cioè semplicemente, come dev'essere, anche se solo L'atmosfera, rispetto alle produzioni precedenti, è più rarefatta
nella forma di un progetto. Ciò è dovuto alla sensibilità pretra- e ogni piccolo avvenimento viene evidenziato, fino ad arrivare
lnellte figurativa che caratterizza ancora l'attività di Capotassi, agli iperrealistici frammenti di vita quotidiana come "lo spun-
mantenendola prossima al territorio delle rappresentazioni visive e tino dell'operaio".
quindi alle invenzioni di Duchamp. Osservando il disegno della Anche la scelta dei materiali presenti nello spettacolo diven-
macchina riportato sul copione si ha l'imptessione che sia mosso ta più puntuale e precisa: plastica, ferro, legno, ossa; e ognuno di
dalla stessa "logica" che muove iI Macinino da caffè che Duchamp questi sembra dover assumere un particolare significato.
compose nel 1911 38 • La plastica del. pallone che domina l'inizio dello spettaco-
lo, una massa informe che divora l'uomo sputandone le ossa
come miseri rimasugli, evoca efficacemente, nella sua qualità di
I" Le macchine inutili materiale sintetico e artificiale l'inumanità della società indu-
striale. È una massa mostruosa e mitica al tempo stesso, che dà
40
I Nello spettacolo successivo a Sacco Remondi e Caporossi l'idea di un ventre primigenio, come suggerisce Aggeo Savioli •
l."" decidono di sfumare la loro attenzione sulle l'ematiche del ni- Ma è anche una presenza legara alle forme del mondo contem-
I, I, '
Il 38 Sia il Macinino da caffè che il Progetto,,, di Caporossi sono simili per
",II l'approssimazione del disegeo. Entrambe le opere sono lontane da qualsiasi 39Vedi descrizione dello spettacolo.
11 criterio scientifico di produzione ma suggeriscono Pidea del movimento attra- 40Cfr. Aggeo Savioli, Una fabbrica del nulla in «Richiamo», "L'Unità", 4
'11 , I
verso l'insistenza sull'elemento circolare. marzo 1975.
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poraneo, come ci fa capire Donata Righetti nella sua descrizio- contatto. Proprio con la lnacchina i due personaggi entrano in
ne: <~un'enorlne massa frusciante gonfia e verdastra: la materia un rapporto-scontro nel quale perdono finanche i residui della
viscida e ottusa che fa da placenta al "progresso", il gigantesco propria umanità. Solo nella parte finale dello spettacolo la
fungo cresciuto sugli escrementi della tecnologia». rianimazione di Caporossi sembra allud~re a un riscatto dell 'uo-
Questa presenza iniziale produce un'altra creazione artifi- mo. Infatti Remondi, quando strappa il cerotto dalla bocca del
ciale: la macchina con le sue parti fondatnentali, ruote e tubi, compagno steso a terra immobile, ricambia l'aiuto che Caporos-
in ferro; il metallo, che ci rimanda subito al lavoro nella si gli aveva dato levandogli la benda dagli occhi all' inizio della
fabbrica, alla macchina industriale4l . Gli autori del resto am- rappresentazione. Questi due momenti sono gli unici caratteriz-
lnettono che alcuni materiali come il legno, la pietra, il feno, zati dalla comunicazione, dal rapporto utnano dei personaggi, e
che potremmo definire arcaici, possano avere un valore partico- soprattutto quello del finale sembra evocare un recupero dell' es-
lare una volta messi in scena, in evidenza per quello che sono, sere umano teso nell'estremo tentativo di salvarsi dalla aliena-
e sostengono che in Richiama, l'elementarità, la primitività dei zione che lo uccide. È una situazione difficile e amara quella
materiali usati, li rende, di per se stessi archetipi della tecno- dell'uomo - sembrano dirci i due autori - dalla quale può sal-
logia. La foggia della macchina costruita dai due attori, che ha varci solo la capacità di instaurare un rapporto autentico, affran-
come elemento fondamentale un ingranaggio, sembra inoltre voler cato dai ritmi produttivi industriali. Infatti la possibilità di
ricercare l'archetipo, la metafora lampante della tecnologia indu- riscattare la propria esistenza era stata negata ai due personaggi
striale, della catena di montaggio, riportandoci alla mente l'enor- nella parte centrale dello spettacolo; quando il tempietto di
me meccanismo che divora l'uomo-operaio in TemPi Moderni di mattondni di legno crolla inesorabilmente sulla testa di Re-
Chaplin. mondi 42 . È l'unico momento in cui la coppia di attori abban-
L'idea di mecca01smo, nella costruzione predisposta da dona contemporaneamente il lavoro, lasciando la macchina fer-
Remondi e Caporossi: contiene la nozione di sopraffazione. Per ma; ma lo fa per affidarsi a un altro elemento esterno che, in
questo vengono subito tagliati i rapporti con la parte wnana quanto tale, li inganna costringendoli ancora una volta a lavo-
della macchina, e cioè con l'uomo, che l'ha concepita e che le rare. L'illusorietà di un tale tipo di fuga dalla macchina è espressa
permette di funzionare. Se tali rapporti non venissero tagliati, nei termini più chiari proprio quando il tempietto, svuotato da
la macchina apparirebbe un prolungamento, o ampliamento, ciò che conteneva, crolla disfacendosi in mille parti.
delle possibilità dell'essere umano, che quiudi ritroverebbe ac- Sulla base di tali considerazioni possiamo dire che la dia-
cresciuta la propria potenza grazie alla macchina da lui creata. lettica vittima-carnefice, nota distintiva di Sacco, si muta in
Qui invece i due personaggi non solo non accrescono le proprie quella attigua servo-padrone, dove quest'ultimo ,è ll1aterializzato
possibilità, ma perdono subito ogni potere sulla macchina, ben- nella macchina. E in questa più immediata decifrazione dello
ché ne siano i costruttori. spettacolo nei termini di un'efficace illustrazione del rapporto
Insomma la macchina non è più un oggetto frutto del- uomo-macchina, emerge - di nuovo - l'immagine più ambigua
l'ingegno umano, e quindi controllabile, ma qualcosa di miri co, della macchina celibe.
misterioso, con cui, in un tempo remoto, l'uomo ha perso il È bene però stabilire una prima differenza fondamentale,
che dovrà essere tenuta presente: le macchine celibi di Remondi e
41 Si può, con molta tranquillità, supporre che Remondi e Caporossi
abbiano costruito in legno i cavalletti a cremagliera solo per renderli più
leggeri e maneggevoli, nei diversi spostamenti previsti dallo spettacolo. 42 Vedi descrizione dello spettacolo.
50 51
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Caporossi sono di norma caratterizzate dall' azione che in teatro mella che muore perché innamorata del soffio che la spegne. Lo
copre un tempo reale, definito razionalmente dallo spettatore, stesso Remondi spiega che «in Richiamo c'è la morte bianca di lui
menUe nelle macchine celibi prese come punto di riferimento ed [Caporossi] che viene schiacciato dalla macchina. Dei due perso-
esaminate da Carrouges, l'azione è bloccata nelle realizzazioni figu- naggi uno è robottizzato, quindi non capisce niente e manda avan-
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rative (fatta salva la possibilità dell'opera di comunicare "l'idea di ti la macchina comunque; l'altro, con un ri1nasuglio di umanità,
! !
1novimento" che non si trasforma mai in azione fisica); e appare si mette sotto la macchina, si fa schiacciare e riesce a bloccarla.
totalmente immaginaria nelle opere narrative dove l'azione resta All ude quindi alla morte bianca, al sacrificio è al recupero dell' altro
relegata a uno spazio prettamente mentale. Un'altra generale dif- che si sta perdendo». La morte, del resto, qui può essere anche
ferenza è la tendenza dei due autori a "costruire". 11101'0 teatro può intesa come morte dell'individualità, nel momento in cui Remon-
sicuramente essere visto come costruttivo per la grande importanza di viene trasformato in un robot dal compagno e quindi assimilato
che attribuisce alla manipolazione del materiale scenico. Di contro, alla macchina.
proprio il montaggio delle macchine eseguito in scena, la costru- In Richiamo è comunque il 1novimento che segna tutto lo
zione a vista del pubblico, pezzo per pezzo, la aeazione del con- svolgimento dello spettacolo e attorno al quale giocano le loro
gegno dal nulla (in quanto, all'inizio, il pubblico può vedere solo esistenze i due personaggi. Il movimento può trasformare; e quin-
una serie di oggetti collocati in modo da non far intendere il di ecco che Remondi viene robottizzato e nutrito dal compagno,
risultato finale) può alludere al concetto di nascita-crescita, lonta- che per un momento sembra essere tornato al ruolo di seviziatore
no da quello di creazione celibe che, ci ricorda Bazon Brock, non che aveva in Sacco (ricordato inoltre anche dal cerotto che porta
rispetta l'evoluzione naturale e nasce già completa, cosÌ come de- sulla bocca); il rifiuto di seguire quel movimento non può non
v'esseré 3 . portare alla morte, come avviene appunto a Caporossi in un ultimo
È invece la nozione di sterilità che unisce e sollecita impor- estremo tentativo di salvare la propria umanità. La macchina inol-
tanti analogie. Remondi e Caporossi tendono infatti a definire tre, assorbendo tutte le energie dei due personaggi, sembra impe-
le loro macchine come inutili, produttrici tutta'al più di danni dire ogni comunicazione, facendo esaurire la loro esperienza esi-
e svantaggi per l'uomo, il che poi si associa all'evocazione - stenziale nel mandarla inutilmente avanti. Parallelamente Remon-
propria delle macchine celibi - dell'idea della morte"'. di e Capo rossi asswnono gesti straniati46 , e si assimilano sempre di
Infatti in Rù:hiamo l'involuao che all'inizio contiene la mac- più all'ingranaggio, come testimoniano le catene che si mettono ai
china espelle alcune ossa, subito dopo l'ingresso di Remondi al suo polsi, fino alla trasformazione in robot di Remondi.
interno, proprio come se lo avesse divorato. La nozione di morte Con il suo movimento è la macchina che resta il perno dello
è ancora una volta suggerita nell'ultima parte dello spettacolo, spettacolo tanto è veto che, in questo ambito steril-e, tutto ciò che
quando sembra che il personaggio rappresentato da Caporossi si necessita alla rappresentazione, agli attori, è prodotto dalla stessa
lasci moriré'. Anche la canzoncina del finale allude a una fiam- macchina, o comunque dal suo involucro iniziale (persino il panino
l
'.·'i .! di uno dei due operai). L'unica cosa che viene prodotta dall'uomo
Ii 43 Bazon Brock, Immacolata concezione e macchina celibe, in Le macchine celibi,
cit., p. 79.
è il melagrano che Caporossi estrae da sotto la tuta, quasi come se
fosse una parte del suo corpo, con il quale nutre il compagno
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44 Possiamo riprendere quello che dice lo stesso Remondi: «le definirei proprio quando questi è assimilato alla macchina47 •
"macchine inutili", lo trovo piLI giusto. Qualche volta macchine dannose».
III 4~ È interessante a proposito quanto rammenta Caporossi a proposito
l'I delle prime scene dello spettacolo: «Inizialmente però escono fuori delle ossa, 46 Cfr. Ubaldo Soddu, Richiamo, "Il Messaggero", 1 marzo 1975.
!i i residui dell'animale o di chi comunque è stato inghiottito». 47 Questo potrebbe far pensare alla macchina che si nutre dell'uomo.
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A questa macchina "vistosamente ostile'''18, quindi, i perso- nesso causa-effetto anche se, riflettendoci, non appare tanto im-
naggi sono costretti ad affidare tutta la loro consistenza di es- possibile quanto assurdo. Allo stesso modo Remondi e Caporos-
seri umani, Attorno alla macchina, però, prendono vita tutte si si ingegnano nella costruzione di un oggetto che dimostra
quelle azioni o gags (come quella dell'uovo negli ingranaggi) abbastanza chiaramente di possedere una sua logica scientifica
che hanno spinto i critici a riconoscere sinlilitudini con le in- all'interno (è infatti un ingranaggio certamente riconoscibile)
venzioni esemplari dei grandi comici quali Keaton o Chaplin49 , ma nell'uso tende a esprimere una palese illogicità-inutilità,
Queste "variazioni sul tema" permeate da un'acre ironia, come facendone addirittura l'asse portante dello spettacolo.
l'uscita di scena dei due attori che si saltano giocando "alla Le macchine di Remondi e Caporossi quindi partono dalla
cavallina", ci illuminano sulla componente Iudica degli spetta- scienza ordinaria, ma si sviluppano su una scienza immaginaria
coli di Remondi e Caporossi, la quale a sua volta permette di che abbiamo detìnito più precisamente, nel precedente paragra-
accettare quella che Barbara De Miro chiama "crudelrà di ascen- fo, come patafisica. Per questa ragione tali macchine incarnano
denza artaudiana"50, Sono delle gags che, come scrive Ettore appunto in maniera chiara l'ossimoro dell' «assurdo razionale»
Capriolo, «non allentano la tensione ma la razionalizzano, per- che Barbara De Miro individua come loro figura retorica e che,
mettendo a chi guarda di mantenere un atteggiamento critico guarda caso, li affianca ai surrealisti 52 .
ed evitando nello stesso tempo ogni tentazione di compiaciuto Un riferimento particolare a procedimenti di lavoro di Du-
piagnisteo»51, champ può inoltre essere individuato nell'uso del ready made.
Tipico della macchina celibe in Richiamo è inoltre l'elemen- L'ingranaggio di Richiama ad esempio si presenta, sia all'inizio
to di fascinazione che deriva dall'unione tra razionale e insen- che alla fine, come una costruzione ottenuta mediante l'assem-
sato che scaturisce dal bisogno di fondare il proprio lavoro su blaggio di pezzi riconoscibili e comuni di per se stessi, ma
delle tecniche in qualche modo logiche, "scientifiche". Duchamp allucinanti e misteriosi nel momento in cui vengono uniti a
nel Grand verre fa un accurato uso della prospettiva (anche se formare quelli che Bailly chiama Jemi-ready mades come, fra gli
non abbandona completamente l'effetto di superficie), quindi altri, Con rumore segreto (1916) e Why not meeze? (Perché non
adopera un metodo altamente scentifico per ottenere un risulta- starnutire?) (1921)53 di Duchamp. Se il ready made opera lo
to che resta fuori dalla logica comune, che esprime un movi- spostamento di un oggetto usuale in un contesto anomalo,
i,: mento del tutto irrazIOnale. In Colonia penale Kafka ci descrive provocando la rottura dei moduli consueti della comprensione,
una macchina che sembrerebbe addiritura realizzabile poiché e del resto vero che contiene un i1nplicito rifiuto dell'immagine
l'autore "ci spiega" il funzionamento: il "disegnatore" scrive la "artistica" e assume quindi il valore di gesto iconoclasta. In tal
sentenza sul piano superiOl'e collegato all'erpice che la disegna senso anche il funzionamento delle macchine o degli interi
sulla schiena del condannato e poi lo uccide. Sembra un logico spettacoli di Remondi e Capotassi porta in sè ~n gesto' o una
componente antiteatrale, come sembrano suggerire gli stessi autori
48 Barbara De Miro, op. cit., p. 13.
quando dicono "in questo spettacolo [Richiamo) abbiamo sfidato
49 Tra i molti·. Aggeo Savioli, Una fabbrica del nulla in "Richiamo", "L'Uni- il limite di sopportabilità del pubblico»'4, procedendo dunque
tà", 4 marzo 1975; Franco Quadri, Richiamo, "Panorama", 20 marzo 1975;
Donata Righetti, Intorno alla macchina un girotondo' feroce, "Il Giorno", 30 mag- 52 Barbara De Miro, op. cit., p. 36.
gio 1975. 53 ]ean-Christophe Bailly, Marcel Duchamp, cit., p. 54.
50 Barbara De Miro, op. cit., p. 14.
54 Claudio Remondi e Riccarco Caporossi, Senza punti né virgole COJì di
51 Ettore Capriolo, Teatro; l'oppoJizione dell'uomo e due clown meravigliosi,
Jeguito ininterrottamente come l'abbiamo detto, nel programma di sala della mani-
"L'Europeo", 27 giugno 1975. festazione Illusi .. Roma, Ottobre-Novembre 1985, p. X.
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in una direzione opposta a tutti i canoni teatrali al quali il a) elezione dei prescelti (una parte clel pubblico) che ven-
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,l'' gusto degli spettatori è comunque abituato. gono radunati in un luogo sacro di purificazione (il recinto);
! b) transizione a una realtà diversa e sconosciuta che pone il
prescelto in una condizione di maggior coscienza rispetto agli
Metafora ed erperienza della macchina esterni, e quindi di superiorità;
c) pratica di iniziazione condotta da due officianti, che si
Il tema della macchina trova la sua più nitida espressione compone di alcune azioni simboliche (vestirsi di abiti uguali,
in Rotòbo!o, uno spettacolo del 1976 che si colloca sicuramente azionare le ruote, ancorarsi al pavimento);
tra le produzioni più impegnative di Remondi e Caporossi. La d) ritorno della realtà comune recando su di sè il segno
rappresentazione si organizza intorno a un gigantesco cilindro evidente dell'esperienza vissuta (il cerotto sulla bocca).
metallico, lungo dieci metri, largo sei e mezzo, pesante otto È vero comunque che l'interesse verso il meccanismo del rito
tonnellate, all'interno del quale entra parte del pubblico". si aggancia perfettamente alle motivazioni politico sociali dei pre-
La macchina qui non è più la protagonista della scena, ma cedenti spettacoli. Lo stesso procedimento dell'elezione iniziale è
è la scena' stessa: rappresenta così una tappa fondamentale nella ingannevole come sono ingannevoli e negativi i meccanismi selet-
riflessione sullo spazio teatrale che è stata, è sarà, evidente nella tivi della società industriale. Fin dall'inizio l'azione allude infatti
produzione teatrale del gruppo. Anche in Rotòbo!o, come in Ri- a un criterio di scelta che isola alcuni prescelti in uno spa:,do
chiamo, la macchina trae la sua ragion d'essere dal tema portante determinato, il quale, essendo simile a un recinto da pecore, sug-
della poetica dei due autori in questo periodo, la componente gerisce !'ipotesi che il gruppo, quando opera questa falsa selezione,
alienante della società industriale, ma ora il linguaggio scelto basata su criteri inesistenti, tenda invece a esprimere l'idea della
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affonda più precisamente le sue radici nel meccanismo del rito. massificazione, dellivellamento. Inoltre la principale funzione che
Certo la componente rituale, con il conseguente interesse antro- le persone prescelte acquistano nel momento in cui "nascono",
pologico, è stata sempre presente negli spettacoli di Remondi e attraversando la garitta girevole, all'interno della macchina, è quella
Caporossi; basterebbe citare a proposito «il rito del bottone di far girare i cinque rulli di cui è composto il cilindro: una
cucito» nel finale di Térote, o i riti semplici, quotidiani, come funzione prettamente motoria, alienata da tutto ciò che esprime la
il consumo di uno spuntino, o più complessi, come la proces- loro umanità.
sione col tempietto-gabbia, ricordati da Aggeo Savioli recensen- L'attitudine coercitativa di tale meccanismo è chiarita in
do Richiamo", In RÒlobo!o tuttavia tale meccanismo diventa pre- ultimo dal segno distintivo che i prescelti portano con sé al-
ciso, spiccato. Gli stessi Remondi e Caporossi assumono non l'uscita: un grosso cerotto sulla bocca che allude, evidentemente
tanto la veste di attori quanto di gran sacerdoti, officianti di a una menomazìone, alla impossibilità di contestare un sistema
una pratica rituale-iniziatica che rispetta, seppur non scentifica- del quale si è fatto parte e del quale si è conosciuto il funzio-
mente, le fasi fondamentali di un rito di passaggio: namento. Una menomazione che ci è imposta tragicamente dal
'i5 Cfr. la descrizione che lo stesso Caporossi fa di Rotòbolo nell' intervista
fatto stesso di essere entrati nel sistema.
menzionata. Un particolare interessante è che il progetto di questa macchina Questo finale rende il meccanismo del rito circolare. Infatti
è stato contemporaneamente, il progetto con il quale Riccardo Caporassi si è 1 prescelti partono da una situazione di incoscienza tispetto al
laureato in architettura nello stesso anno della messa in scena. È per questo !I
che l'autore ha creato sia (come solitamente fa) dei disegni simbolici della
macchina sia dei progetti r;gorosamente calcolati. namento, e infine, quando vengono rilasciati, rimangono impe-
56 Aggeo Savioli, Una fabbrica del nulla in ((Richiamo", cit .. diti a rivelare ciò che hanno appreso. In questo senso l'esperien-
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56 57 I
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III li''I II
za viene annullata, riportando i pl'escelti all'impotenza caratte- caratteristica di artigianalità evidente acquistando un valore
ristica dello stato iniziale. architettonico a sé stante57 •
Rotòbo!o appal'e dunque orientato nella stessa direzione cri- La caratteristica del movimento circolare riporta però l'in-
tica in cui si erano mossi gli esperimenti precedenti (la rifles- venzione di Rotòbolo al tema delle macchine celibi. Il movi-
sione politico-sociale, la cadenza del rito). Ma qui diventa mento meccanico circolare è una costante degli spettacoli di
manifesta la volontà di Remondi e Caporossi di far rivivere allo Remondi e Caporossi: è presente nell'ingranaggio di Richiamo
spettatore le sensazioni provate dagli stessi attori negli spetta- con la due ruote dentate che avanzano girando sui cavalletti,
coli precedenti, Sacco e Richiamo. Di qui l'esigenza di costruire nei cinque rulli di Rotòbolo, sarà fondamentale in Ameba. La
qualcosa che possa contenere le persone come un gigantesco rotazione cal'attel'izza varie opere di Duchamp: il Macinino da
sacco, e abbia le caratteristiche meccaniche del movimento di caffè (1911), che oltre a essere una delle prime macchin~
Richiamo. celibi da lui disegnate introduce il leit motiv della ctrcolal'lta
L'intenzione è quella di procurare al pubblico l'esperienza nella sua produzione artistica; la Macinatrice di cioccolato (1913)
diretta di ciò che nei passati lavori aveva colto solo in termini che presenta addirittura due movimenti di rotazione contem-
metaforici. Per questo gli spettatori vengono costretti, all'inter- poranei, e poi il Grand verre nel quale il movimento circo-
no della macchina, a una fatica inutile e monotona, COllie quella lare coinvolge non solo le singole figure, ma tutta la strut-
58
dei criceti nelle ruote delle loro gabbie. La metafora in questo tura "narrativa" o, per meglio dire, compositiva dell'opera •
modo si dissolve perché viene a coincidere con la realtà; la Se in molti degli spettacoli di Remondi e Caporossi, la
macchina (Rotòbolo) non rimanda a idee distanti, ma rappre- presenza del movimento rotatorio sembra alludere in modo
senta se stessa, il sistema sociale nel quale si colloca, con la più o meno evidente a una componente sessuale, in Rotòbo!o
chiarezla e la precisione propria dell'immediatezza. questo carattere emerge con particolare chiarezza perch,é la
Inoltre il momento in cui, dall'interno del cilindro, uno macchina può essere intesa come organo sessuale maschtle e
dei presenti viene scelto a caso ed espulso dalla parte posteriore femminile al tempo stesso. I disegni di Capotassi, ispirati e
attraverso un'apertura che ricorda un'enorme vulva llietallica, ispiratori dello spettacolo, avallano tale considerazione mostran-
crea un ulteriore legame con lo spettacolo Sacco. Se accettiamo, do degli immaginari organi sessuali sia maschili che femmi-
infatti, l'interpretazione di questa apertura nel cilindro come un
gigantesco organo sessuale femminile, dobbiamo di conseguenza
57 Certo Remondi e Capotossi restano legati alla necessità di lavorare
considerare il cilindro come un utero, allo stesso ·lliodo di come manualmente in prima persona i matetiali che utilizzano ne?li spc~ta~oli, e
può essere letta l'immagine del sacco (da cui fuoriesce Remon- proprio in queste esperienze riconoscono una dell: c~m~onent1 esscnzmb . del~a
di) nell'omonimo spettacolo. loro produzione. Nell'intervista si preoc~upano qu~ndl dI sp{egare come ,CIÒ SIa
avvenuto anche in Rotòbo!o, nella fase dI montaggiO prespettacolare dell ogget-
Del resto Rotòbolo, mentre riprende alcuni punti fonda- to. È caratteristico del resto come Remondi e Caporossi riescano in 01;\"ni .caso
mentali dell'attività artistica compiuta dai due autori, se ne a salvare il sapore artigianale del loro teatro, perché, fedeli alla propna 1111ea,
distacca per altri. Se la metafora della macchina e dell'alie- volendo creare una immagine diretta della società industriale, nel suo as~etto
più crudamente macchinico, non si lasciano andare a .soluzioni di so~st1cata
nazione senlbra dissolversi nel momento in cui coincide con tecnologia elettronica, fantascientifica, ma restano legatI alla e1ementanetà del
la realtà, dilegua, nello stesso tempo, anche una costante movimento circolare,
58 Ma il movimento circolare chiama in causa anche la Ruota di bicicletta
essenziale delle macchine degli spettacoli precedenti: in Ro-
(1913) che, oltre a essere un famoso ready-made, è uo'altra m~cchina ~nutile,
tòbo!o la macchina è già presente, costruita e perfetta fin con una funzione puramente Iudica, incentrata su di un gratuIto mOVimento
dall'inizio, di fronte al pubblico. L'oggetto perde così la rotatorio,
58 59
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nili che esauriscono quindi in loro stessi l'energia erotica ire un rapporto con le macchine celibi. Assume, anzi, una fun-
sprigionata. zione nuova, essenziale nell'opera dei due attori.
Ricordando l'interpretazione della macchina celibe come Il movimento circolare del cilindro su se stesso è un movi-
macchina desiderante troviamo delle corrispondenze con quanto lnento elementare, e quindi anche il lneccanismo fondamentale
abbiamo detto prima sulla tematica politica di Remondi e della macchina è sempre facilmente comprensibile: incomprensibi-
Caporossi, nel momento in cui ci riferiamo alla seguente rifles- le resta invece il suo scopo, la sua utilità60 • In questo spettacolo i
sione di Schwarz: «La macchina desiderante (l'uomo alienato) due autori non ci propongono quindi la tecnologia fantastica e
[ ... ] è guasta, perché è ugualmente guasto il suo universo improbabile di Térote o di Richiamo, od anche di Sacco (per quanto
energetico (tardo capitalistico): il sistema dinamico di questo riguarda gli oggetti), ma danno al pubblico la sensazione di essere
universo e delle sue macchine è statico, gli antagonismi non innanzi a qualcosa di scientificamente calcolato, con un fine di-
riescono a potenziarsi, ad attualizzarsi, perché gli antagonismi chiarato: macinare l'esperienza teatrale vissuta dagli spettatori schia-
di questo sistema dinamico sono frammentari, dissociati e si vizzati e resi motori per la propria a~todistruzione.
neutralizzano reciprocamente [ ... ]. Cosicché il sistema è diviso Se lo scopo evidente di Retòbo!o è l'autodistruzione o la
in due esteriorità, quella del soggetto agente e quella dell'og- trasformazione, possiamo prudentemente ipotizzare che per la
getto agito (nel senso sociale, per esempio, lo sfruttatore e lo prima volta una macchina di Remondi e Caporossi è utile a
sfruttato), staccate l'una dall'altra»J9. qualcosa: macina l'esperienza e lo sp~~o teatrale per provocare
Abbiamo già analizzato la presenza della morte in Sacco direttamente una trasformazione di chi partecipa al gioco della
e in Richiamo. In Rolòbo!o la morte appare nei termini piit rappresentazione. E se accettiamo la lettura di Rotòbolo come
precisi di fine della individualità su cui i due autori insisto- macchina-n1acina, possiamo citare· ancora una volta Schwarz che
no in parti colar modo operando direttamente sui partecipanti a tali oggetti associa l'idea di trasformazione sia fisica che psi-
allo spettacolo che vengono massificati e spersonalizzati. An- chica all'interno della tradizione alchimistÌca61 • La peculiarità
cora una volta sono illll1ninanti i disegni di Caporossi, dove degli «spettatori che fanno la rappresentazione», rende la mac-
la morte è esplicitamente richiamata alla mente con l'imma- china più reale di quanto non lo siano le precedenti, appunto
gine dello scheletro (fig. n. 11). perché entra in contatto non con personaggi (quali sono Re-
Ma il tema del moto circolare, di cui Rotòbolo è una vera mondi e Caporossi quando recitano nei loro spettacoli), ma con
e propria celebrazione, non esaurisce il suo significato nell'istru- delle persone reali con le quali deve necessariamente trovare un
punto d'incontro. Il legame però tra la macchina e l'uomo,
soprattutto in Rotòbo!o, resta il gesto, fondamento della loro
. 59 Arturo Schwarz, La macchina celibe alchimistica, in Le macchine celibi,
clt., p. 188. Secondo Schwarz c'è una corrispondenza tra il movimento circo-
poetica. Il modo di far teatro dei due attori, seppur non legan-
lare, come quello della ruota ad esempio, e la ruota dell'alchimista che «sim- dosi all'arte del mimo, permette il rapporto uomo-macchina
boleggia il processo autosufficiente (circolare-unitario) della distillazione. L'al- solo attraverso le gestualità, spesso alienata, dell'attore: un gesto
chiI?ista rappresenta questo processo con l'Ouroboros, serpens qui caudam devo-
ravlt [".l. In questo contesto il simbolismo della ruota ha più di un senso:
meccanico che perde la sua umanità per legarsi al ritmo indu-
vi ritroviamo la solidificazione del mito dell'eterno ritorno; l'incremento a striale, «produttivo» della macchina.
1'1tornare a se stessi, all'autosufficienza dello scapolo, la conciliazione degli
ant~gonisti [ ... l della morte e della vita» (ivi, pp. 183, 185). Aggiungo che 60 Cfr. Barbara De Miro, op. cit., p. 17: «appare evidente l'invenzione di
la ~lgura. del serpente che mangia la propria coda è anche il segno di un'au- un meccanismo che ha l'impronta del soggetto e ancora le caratteristiche di
tod~struzlOne attraverso un meccanismo totalmente illogico e infinito; legan- una creatività antropocentrica».
dOSI all'autosufficienza sterile dello scapolo, rimanda all'idea di morte. 61 Arturo Schwarz, ojJ, cit" p. 174.
60 61
Parallelamente al discorso sulla macchina procede quello sui che devono indossare. Questo momento della rappresentazione,
materiali che in questo lavoro si fa più puntuale, ragionato. oltte quello della ribellione della macchina implicita nel modo
Infatti è lo stesso Capol'ossi a chiarire che il materiale usato «è dell'esplusione del pubblico, avalla l'idea di meccanismo attivo
quello per cui l'aspetto di Rotòbolo appate gelido e alienante». di per se stesso, mosso da una volontà propria e autonoma.
Pel' questa ragione è costruito tutto in metallo (acciaio e lamie- Infatti i sai che gli spettatori devono indossare sono srotolati da
ra), materiale freddo, lontanissimo da tutto ciò che è organico un meccanismo presente nella stessa struttura del cilindro.
ma, nello stesso momento, vicino al concetto (o mito) di mac- Quest'ultimo dettaglio ci ricorda una caratteristica già presente
china industrialé 2 , Il pavimento sul quale camminano le petso- in Rù'hiamo: tutto ciò che serve alla rappresentazione è fornito
ne che entrano è concepito per essere .il meno presente possibi- dalla stessa macchina. Inoltre in Rotòbolo i sai, tramite un gan-
le. I due autori vogliono che chi entra veda il cilindro g.irare cio posto alla estremità anteriore di ognuno, svolgono anche la
sotto i propri piedi, e ne resti disorientato. Per questo il pavi- funzione di bloccare, per un certo tempo, alla grata metallica
mento è ridotto a una grata metallica che permette di vedere gli spettatori e di mantenerli in una posizione curvata in avan-
tutta la struttura. Lo stesso Remondi ammette di evocare, attra- ti, cosÌ come le catenelle ai polsi dei due attori avevano lo
verso l'ambiente, una precisa immagine della tecnologia moder- scopo di dichiarate la stretta dipendenza dei due personaggi
na: «l'uomo ci sta dentro ma finisce per non saperla usare e ne dall'ingranaggio in Richiamo.
viene espulso»63. E questa espulsione assume quasi gli atteggia- Fin qui abbiamo parlato solo dell' interno dell' oggetto, ma
menti di una tibellione fisica della macchina. A tal fine Re- anche ciò che si vede all'esterno è importante nell'economia
mondi solleverà tutti i pannelli di cui è costituita la grata di della tappresentazione. Ptima di tutto il tapporto attore-pubbli-
pavimentazione, partendo dal fondo e proseguendo per 1'intera co si moltiplica. All'inizio gli attori agiscono in modo da coin-
lunghezza del cilindro fino all'entrata, in modo che il pubblico volgete una parte di pubblico; all' interno della macchina avvie-
sia costretto a uscire. In questa maniera ai partecipanti verrà ne una trasformazione per mezzo della quale gli attori passano
letteralmente tolto il terreno da sotto i piedi. il loro ruolo alle persone prescelte, che, a loro volta, cominciano
All'interno del cilindro i due attori ricreano un micro-uni- a far girare le ruote, creando un effetto spettacolare che viene
verso meccanico con delle leggi proprie e precise di cui sono fruito da quanti si trovano fuoti, pubblico più o meno passivo
soltanto gli esecutori (tant'è vero che vestono delle tute da che assiste all'evento. La macchina, quindi, tramite questo pro-
operai). Il vero mandante e padrone è un'entità che non è cedimento, sollecita una traslazione di ruoli tra gli attori e una
possibile definire 64 , forse è la macchina stessa che 'vive succhian- zona selezionata del pubblico.
do energia all'uomo. Le persone una volta entrate nel cilindro Rotòbo!o è progettato in modo che chi resta , fuoti, limitan-
vengono ulteriormente uniformate da una serie di sai di tela
.
dosi a osservare il movimento rotatorio della macchina, S1 senta
irri1nediabilmente escluso perché non riesce a comprendere ciò
che sta succedendo all'interno, pur ricavandone l'impressione che
62 R.P., «Rotòbolo» in piazza, "Corriere della Sera", 23 maggio 1976;
{(~ll'interno [del cilindro] la luce è gelida e l'aspetto delle lustre pareti appare l'aggeggio stia facendo poltiglia di chi è enttato. Secondo i
allenante. La metafora della macchina, dal punto di vista emotivo è imme- programmi degli autoti le cinque parti di cui è composto il
diata e aggressiva». '
cilindro avrebbero dovuto ruotare contemporaneamente per dare
63 Claudio Remondi in Pubblico come attore dentro il «rotòbolo» "Il Gior-
nale", 20 maggio 1976. ' l'impressione di un enorme rullo compressore in procinto di
64 Gli autori neU'i~tervist.a, ~anno parlato, a propostito dello spettacolo staccarsi da un momento all'altro e schiacciare tutto ciò che si
Ameba, che prenderemo 10 segulto 10 esame, di un «un burattinaio invisibile». trova sul suo cammino. Una descrizione del genere suggensce
62 63
senza dubbio un'immagine di mitica macchina-mostro, mangia- Remondi e Capo rossi prendono come assunto di partenza
uomini la cui attività permette anche al pubblico in piazza di proprio la neutralità del luogo. La rappresentazione inizia infatti
avvertire il significato di denuncia della società industriale del con l'illlmagine di un cantiere edile (dotato delle caratteristiche
i i quale, abbiamo detto, è portatore lo spettacolo. impalcature) subito trasformato in un teatro dall'azione dei due
La critica è apparsa molto incuriosita da questa nOVIta e protagonisti che creano un elementare boccascena.
l'ha interpretata principalmente come un tentativo di coinvolgi- Questo primo momento ha le caratteristiche proprie del pro-
mento totale. Parlando inoltre di architettura, di scultura, ha logo rispetto all'avvenimento fond31llentale che sarà la costruzione
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ripreso il tema del nichilism065 , arrivando a paragonarla al Luna di u,?- muro nello spaL:io teatrale definito. Tale costruzione, come
Park66 • Mentre invece Pietro Favari e Rita Cifio, recensendo la un percorso, inizia dal centro della scena e prosegue verso destra
messa in scena di qualche anno dopo, sui rispettivi giornali fino a scomparire dal lato destro del boccascena. Rientra poi da
hanno chiamato in causa direttamente le macchine celibi, men- sinistra per tornare al punto di partenza. La costruzione del llluro,
zionando la Macchina tritacioccolato di Duchamp 67. che procedendo segue un preciso itinerario, evoca il movimento di
Richiamo impostato appunto sul percorso della macchina. L'artico-
lazione çlei due spettacoli riproduce del resto uno schema sorpren-
Il materiale e lo spazio dentemente simile nella scansione degli elementi e dei movimenti
significativi, come emerge da un semplice confronto:
In Richiamo! ponendo la macchina come protagonista, Remon-
di e Caporossi hanno messo in evidenza il dolore che può provocare Richiamo Cottimisti
il lavoro quando è inutile, ma contemporaneamente- anche il fasci- Percorso della macchina Percorso del muro
no, il piacere dello stesso lavoro come gioco. In Cottimisti (1977)
invece, anche se il lavoro in tempo reale riempie comunque tutti La costruzione della macchina la costruzione del boccascena
gli istanti dello spettacolo, l'idea della macchina, come oggetto
visibile, risulta più sfumata poiché si colloca all'interno di una Inizia il movimento Inizia la costruzione del muro
rappresentazione nella quale si intrecciano spunti diversi.
In Cottimisti l'accento è posto su due temi fondamentali: lo Pausa del movimento Pausa della costruzione
spazio teatrale e i materiali in scena. Lo spettacolo è stato rap-
presentato per la prima volta in una sala del Teatro in Traste- Entrata del templO con la cor- Entrata delle oche
vere che non aveva le caratteristiche tradizionali del teatro al- nacchia
l'italiana. Era una grande sala rettangolare in cui la zona del
Riprende il movimento della Riprende la costruzione del
pubblico si distingueva da quella dello spettacolo unicamente
macchina nel senso opposto muro dal lato opposto
per la presenza di alcune gradinate.
Finale drammatico (la morte di Finale drammatico (i due at-
65 A.D.F., Il bidone «R?tòbolo», "Il Giornale", 23 maggio 1976. uno dei due attori) tori scompaiono dietro il muro
66 R.P., Di scena «Rotòbolo», Si fa teatro in un tubo a piazza Vetra, "Cor-
riere della Sera", 20 maggio 1976. .\ e compare il globo di metallo)
67 Pietro Favari, Le «sevizie al pubblico» di Remondi e Caporossi, "Corriere
della Sera", 27 settembre 1979; Rita Cirio, È ora/ La scena a chi lavora, In entrambi gli spettacoli il percorso è un percorso lavorativo,
"L'Espresso", 14 ottobre 1979. e il lavoro è mostrato nella sua immagine più tradizionale di attività
64 65
nlanuale. Ma in quanto solamente manuale e fisica, tale attività è il destro della scena, potrebbe anche aver fatto il giro del mondo
segno principale del tema dell'alienazione nella società industriale e rientrando da sinistra non ha fatto altro che chiudere un
che costringe l'essere umano a una «produttività sterile». cerchio che quindi potrebbe essere imlnenso, infinito.
In Cottimisti però i due attori si confrontano, per la prima I due personaggi non sono però condannati alla costruzione
volta, con un solo elemento predominante sulla scena, attorno del muro da una società specificamente industriale (come in Ri-
al quale prendono vita tutta una serie di avvenimenti paralleli. chiamo), ma dalla società intesa semplicemente come aggregazione
In questo senso si salda ancor di più il legame con Richiamo umana, che ha perso il contatto con il significato delle proprie
ipotizzato nello schema: un'azione ripetuta ossessivamente du- azioni. Proprio le azioni produttive provocano, paradossalmente,
rante lo svolgersi dello spettacolo (che sia mandare avanti un come unico risultato, l'impossibilità di comunicare. Alla fine la
ingranaggio o costruire un muro) sulla quale proliferano tutta coppia sarà separata proprio dal mllfO che ha costruito, che neghe-
una serie di gags, trovate comiche o drammatiche, che alla fine rà qualunque rapporto tra i due operai che vada oltre quello pro-
tendono a formare un'immagine unica e compatta. È soltanto in duttivo. E se questi, nella parte finale dello spettacolo, si riuniran-
questi frammenti che possiamo ritrovare briciole di umanità no, sarà solo per scavalcare e scomparire dietro il muro. Calerà
sopravvissute alla totale alienazione dei personaggi. allora dall' alto, tra il muro e il pubblico, una grande sfera di
Cottimisti non mostra più l'U01ll0 come ingranaggio della «grande metallo come quelle da demolizione: è un invito ad abbattere il
macchina» nella catena di montaggio, ma come bestia da lavoro. Di muro e seguire la coppia. In questo modo, anche se in un' atmo-
quest'uomo, inteso come pura «forza lavoro», sono poste in primo sfera sospesa e drammatica, Remondi e Caporossi vogliono lasciare
piano le capacità di resistenza fisica. Lo spettacolo è una «maratona una speranza di riconciliazione con la propria umanità. La fatica in
edile», che ci riporta alla mente le gare stakonoviste nell'Uomo di questo spettacolo, non produce il nulla, bensì materializza proprio
marmo di Wajda. Se però la velocità della costruzione, nel film del l'impossibilità di usufruire del mezzo indispensabile per una tale
regista polacco, «celebrava» il socialismo e la «potenza del proleta- riconciliazione: la comunicazione. Attraverso l'atto del costruire si
riato», nello spettacolo di Remondi e Caporossi non ha alcuno scopo. rappresenta l'incapacità di creare qualcosa di realmente utile. In-
'ii I due autori pare che vogliano descriverei un'umanità non più resa fatti è importante che di questo muro, cosÌ come per le loro pre-
schiava dalla macchina, bensì impoverita dal suo stesso autoridursi cedenti macchine, non si riesca a comprendere l'utilità.
1:1 a macchina all'interno di un sistema del quale non comprende nem- In Cottimisti proseguendo una sperimentazione iniziata con Giorni
meno a fondo le ragioni. La denuncia politica e sociale è lampante: Felici} il gesto teatrale viene polemicamente degradato al puro sforzo
due operai lavorano a cottimo e sono quindi costretti a ritmi serrati manuale. Avviene però contemporaneamente il processo inverso, per
e veloci che li fa assomigliare a macchine, robot specializ:tati. il quale un gesto comune e lavorativo assurge a gestçl artistico per
I Ma è una denuncia che diventa più crudele e incapace di una precisa scelta di Remondi e Capol'Ossi. È possibile cosÌ ipotizzare
suggerire possibilità di salvezza per l'assoluta mancanza di pul- una lettura di Cottimisti} in particolare, come ready made gestuale.
sioni di rivolta nelle azioni dei due protagonisti (fatto salvo il Infatti i due autori attribuiscono valore artistico a gesti della vita
momento in cui Remondi orina sul muro costruito), in una quotidiana~ trasponendoli semplicemente nel contesto convenziona-
quasi totale e passiva accettazione dello stato delle cose. Non le dello spettacolo. Non fanno altro che circoscrivere uno spaccato di
manca tuttavia una componente Iudica, fondamentale per i vita quotidiana, il lavoro in un piccolo cantiere edile, e decontestua-
personaggi che Remondi e Caporossi ripropongono nei loro la- lizzarlo, offrendolo allo sguardo del pubblico teatrale.
vori. Infatti, come afferma la coppia di autori, il llluro ha va- H gesto, come sempre nella attività di Remondi e Caporossi,
lenze fantastiche e assurde: nel momento in cui esce dal lato esiste in quanto artigianalità, manipolazione, e adopera un mate-
66 67
riale che, in questo caso, diventa protagonista e simbolo della loro «deve avete sempre un' applicazione che ha come scopo la costruzio-
fatica: il mattone. Forse ancora di più in questo caso si può parlare ne di un oggetto, è sempre un mezzo. Anche nei riguardi del mattore
di ready made, nel senso in cui è inteso nella storia dell'arte, perché [nel caso di Cottimisti], non c'era un amore esclusivo verso il mate-
alla fine in scena resta un oggetto semplice, il muro, riconoscibi- riale ma era più iInpOl'tante che fossero materie "toccabili", reali».
lissimo in quanto tale, privo di speciali caratteristiche, che in quel Il mattone diventa quindi un materiale col quale giocare per
momento, solo per essere stato scelto come oggetto teatrale dai scoprire le più svariate possibilità espressive. Gli stessi autori hanno
due autori, acquista dei significati nuovi e diversi. A questo pro- più volte chiamato in causa la necessità di una lunga fase di prepa-
posito ricordiamo Italo Moscati che parla di ~n «US? dei n:-ateriali razione pratica dopo l'elaboralione dell' idea di base, proprio perché
meno consueti per il teatro, il loro recupero InVentlVO e ngenera- lo spettacolo definitivo nasceva dal contatto prolungato e attivo col
tore (in senso polemico) al di là di una semplice lettura ideologi- materiale o con l'oggetto protagonista della messa in scena71 •
ca» 68. La costruzione del muro, si legge nella scheda introduttiva Cottimisti non si l'Ìcorda certamente per la presen:.m di
della rassegna stampa, «nella sua fisicità assoluta, nel suo ritmo macchine in scena, ma in ogni caso trovian10 due momenti
esasperante rappresenta una sfida all'illusionismo teatrale»69 .. precisi in cui compare un meccanismo: il ponte sul quale i due
Se il palcoscenico sembra trasformarsi in un cantiere, e mente attol'Ì salgono pet scavalcare il muro e la sfera metallica che
nello spettacolo è finto Ci mattoni sono mattoni, la fatica è fatica compare al finale e cala minacciosa verso il pubblico.
i' reale) gli autori restano assolutamente estranei a qualsiasi intenzione Sono due elementi funzionali all'interno dell'economia dello
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«realistica». Ciò è sottolineato dalla collocazione dell'immagine spettacolo. Il ponte è l'unico mezzo che i due personaggi hanno
I::,: quotidiana - il lavoro dei due muratori - all' interno della cornice per andare al di là del muro dato che potrebbe essere, poten-
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teatrale che denuncia, appunto, l' «irrealtà» dell'operazione. Non a zialmente, infinito (se accettiamo il fatto che uscendo da una
caso questa è la prima volta che i due attori inseriscono tra loro e il parte e rientrando dall'altra potrebbe aver percorso una distanza
pubblico un elemento codificato del teatro tradizionale, il boccasc~: e un tempo immensi); tale passaggio è possibile però tramite
na, e lo costruiscono da sé, al momento, per renderlo ancora plU un movimento instabile e precal'io della rampa che provoca
evidente, a definire in modo inequivocabile la qualità «artistica» panico come testimonia anche la dicitura nella decima scena del
dell'azione che eseguiranno. Ciò tuttavia segnerà anche un primis- copione. È una situazione di tensione che viene incrementata
simo avvicinamento allo spazio teatrale all'italiana che verrà defmi- stando all' intenzione degli autori, dalla successiva apparizion~
tivamente assunto negli spettacoli successivi come Teatro o Bosco. della sfera che cala, minacciosa, sugli spettatori.
Naturalmente il contatto con le arti figurative e la scelta della
cornice teatrale non rientra in una predilezione per l'immagine
«bella», e il materiale specifico di Cottimisti, il mattone, non è stato i propri materiali guidata da una memoria affettiva verso gli oggetti o le
situazioni che sono entrate a par parte della loro vita.
scelto per le sue qualità estetiche ma per la sua predisposizione alla 7l A tal proposito rimandiamo a quanto Claudio Remondi e Riccal'do
manualità dell'uom0 7o • «Per noi il materiale», ricorda CaporossI, Caporossi dicono a proposito di Richiamo in Senza punti né virgole così di seguito
ininterrottamente come l'abbiamo detto, cito p. X: «uno spettacolo che abbiamo
contemporaneamente scritto e realizzato tecnicamente scrivevamo certe cose
68 Italo Moscati, La Jtrana coppia, in Branco e il teatro di Remondi e che ci erano chiare non sapevamo pil:l come andare avanti allora realizzavamo
CaporoJsi, cit., p. 2. tecnicamente l'oggetto su ciò che avevamo scritto poi non riuscivamo a por-
69 Dalla scheda artistica dattiloscritta introduttiva alla rassegna stampa, tare avanti l'oggetto così non è stato scritto prima ma è stato scritto durante
gentilmente concessa da Remondi e Caporossi. . .. la preparazione contemporaneamente noi stessi abbiamo costruito l'oggetto con
70 Remondi afferma di aver lavorato anche come muratore e etò SI in- fatica anche con espenenza facendo degli errori però abbiamo riparato e alla
serisce perfettamente nel procedimento creativo della coppia che di solito sceglie fine l'abbiamo messo in scena senza fare prove».
68 69
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DESCRIZIONE DEGLI SPETTACOLI
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71
Con un asticella metallica sonda l'interno, come si fa per i più, si sforza nel tentativo di ricordare qualcosa, ripetendo più
dolci quando si controlla la cottura. Di tanto in tanto anno- volte: «Ricordo... ricordo ... ».
ta i risultati delle sue sevizie-esperimenti su una cartella. Rientra Caporossi, prende il capo di una corda sbrindel-
Trascina il sacco sotto l'argano, lo copre con un tela bianco, lata dal sacco e comincia a tirare e, mentre la corda fuoriesce,
e lo solleva a circa due metri di altezza. Poi esce di scena. la voce del sacco continua a richiamare alla memoria vaghi
Il sacco emette ancora urla e gemiti. ricordi di famiglia. Il sacco si blocca quando la fune termina e
Rientra Capo rossi con una lunga asta sormontata da una lascia cadere una pallina per terra. Caporossi malmena il sacco
spugna; si introduce sotto il tela e con questa picchietta il lato con violenza, lo trascina e, mentre Remondi sta per uscire
alto del sacco. Con il tela forma, tendendo delle cordicelle agli dall'involucro (lo si vede a torso nudo), gli cala sopra la semi-
angoli, una piramide bianca, sospesa a mezz' aria con dentro il sfera di metallo. Il prigioniero cerca di ribellarsi ma alla fine
sacco. Stende un altro quadrato di tela bianca sotto il sacco. perde e resta chiuso all'interno, smettendo improvvisamente di
Impugna un arco di foggia strana e dall'interno della piramide parlare. Caporossi prende una bacchetta e percuote ritmicamente
scocca una freccia, scappando via subito dopo. La freccia e un il metallo. All'ultima battuta, più forte, spunta un dito da un
po' di sabbia cadono sul tappeto bianco quasi come sangue che foro centrale; Caporossi lo colpisce con la bacchetta per farlo
sgorghi da una ferita. Caporossi capovolge la piramide ed esce ritrarre. Ripete l'operazione fino a quando non spunta tutta la
strisciando da un lato. mano e l'avambraccio. Con uno strano schiaccianoci Caporossi
Dopo aver smontato con gesti sempre molto precisi porge alla mano una noce che viene accettata e tenuta stretta
questa stnlttura di stoffa, Capo rossi pone il secchia al centro nel pugno. La ·mano, stretta intorno alla noce, non riesce più. a
della scena e indossa dei guanti di gomma: da uno squarcio ritirarsi nella semisfera. Caporossi estrae da una valigetta una
del sacco tira fuori una gamba ricoperta però di una guaina specie di tenaglia che stringe intorno al polso che emerge dalla
che la fa apparire tutta lacerata e sanguinante. Sfila la guai- semisfera, bloccandolo. Calza inoltre intorno al polso una fascia
na e con acqua e spugna deterge l'arto. Spunta improvvisa- nera e fa lo stesso con il proprio polso destro. Pone quindi il
mente anche un braccio poi l'altra gamba: il sacco comincia corrispondente pugno sul pugno dell' altro e dà inizio a una
ad agitarsi e a toccarsi, sembra che prenda' coscienza del lotta tra le mani tesa a impossessarsi della noce. La battaglia
proprio corpo. non avrà esito ma il seviziatore riuscirà nel suo intento lnedian-
Caporossi, con una grossa fionda colpisce il sacco che te un altro strano arnese con il quale aprirà a una a una le dita
mima con le gambe una corsa; continua a infierire usando un della vittima.
asta su cui sono fissate delle forbicione, evidentemente finte, Caporossi leva poi le fasce dai polsi, con la
, bacchetta dà
che però vengono strappate dal sacco che comincia a cavalcarle un colpo sulla semisfera e la mano si ritrae. Solleva la semi-
come fanno i bambini con le scope quando giocano. Capo rossi sfera da un lato e mostra al pubblico Remondi fuori dal sacco.
cala il sacco a terra ed esce. Il sacco si agita come un grosso Quest'ultimo si alza in piedi e, mentre il compagno esce, si
lombrico; poi canta a squarciagola gettando delle grandi palline avvicina timidamente alla semisfera; comincia a giocarci, quasi
in aria. Si volta verso il pubblico e, con movimenti secchi, fa come se stesse scoprendo le sue possibilità. Vi monta sopra; ha
uscire dall'apertura un piccolo periscopio col quale osserva gli degli scatti di paura, emette improvvisi e sfiatati suoni.
spettatori. Starnutisce per sette volte; cambia la voce, che di- Quando rientra Caporossi, Remondi si ritrae interamente
venta greve e, fermo al centro della scena, declama una specie nel sacco e, carponi per tena, dice di aver fame. Il primo gli
di litania sul numero "sette". Dopodiché, agitandosi sempre di fa cadere davanti un piccolo sacco ed esce; quindi l'altro spunta
72 73
per metà dal proptio e vi guatda dentro. Scopre che sono pa- RICHIAMO. Scritto, diretto e interpretato da Claudio Remondi e
tate. COlnÌncia a gettarle in aria spargendole per la scena. Si Riccardo Caporossi. Anno di produzione 1975.
accorge però, dal rumore, che c'era anche una pietra e la racco-
glie; ne estrae un'altra dall'interno del sacco e ci gioca batten- Lo spettacolo è ideato per uno spazio che non ha le carat-
dole l'una contro l'altra. Nell'esaltazione del gioco comincia a teristiche del teatro classico all'italiana. Gli stessi autori affermano
esclamare: «IO ... IO», quasi come se si sentisse potente. Entra che Richiamo è uno dei loro lavori che non può essere n1esso in
Capotassi con in mano una grossa pietra, si avvicina e gliela scena su un palcoscenico: «è uno spettacolo con un luogo di rap-
passa. Remondi non riesce a reggerla e gli cade sui piedi. Esce presentazione ben preciso: un percorso. L'idea originale, anche sul
completamente dal sacco, restando in mutandoni bianchi. testo, è la strada, È uno spettacolo che richiede un luogo anomalo,
Caporassi gli si avvicina indossando una maschera quadra- con il puhblico disposto lungo un lato del percorso». Lo spazio
ta' (fatta di più fogli di alluminio) e sorreggendo sul davanti prescelto dovrebbe essere completamente svuotato da ogni suppel-
un manto verde (entrambe le cose prese poco fuori dallo spazio lettile, da ogni ornamento. Una corda tesa a terra divide simboli-
scenico), Remondi gli strappa la maschera e scappa: sotto, tut- camente il pubblico dagli attori, lungo il senso del percorso.
tavia, appare un'altra maschera identica. Remondi ripete l'ope- La luce è bianca e diffusa, e illumina anche il pubblico.
razione ottenendo lo stesso risultato. Quando si avvicina per la In un angolo della scena c'è un enorme pallone di plastica
terza volta il compagno gli mette addosso il manto verde. verde, gonfiato ad aria, alto all'incirca due metri.
Remondi cade a terra immobile. L'altro prende i lembi del Entra prima RelTIOndi 2 vestito con una tuta da operaio di
manto e trascina il fagotto fuori scena. color grigiastro, una benda nera sugli occhi, un fischio a sofBet-
to che fa suonare con la mano sinistra e un bastone da cieco in
Fonti per la descrizione dello spettacolo: quella destra. Muovendosi a tentoni colpisce il pallone e poi
Video dello spettacolo in B/N registrato agli inizi dell'ottobre 1977, ne viene quasi risucchiato. Dall'interno del pallone, subito dopo,
gentilmente concesso da Remondi e Caporossi.
Foto dello spettacolo prive dell'indicazione dell'autore, del luogo e della vengono lanciate varie ossa in scena.
data in cui sono state scattate, concesse in visione da Remondi e Caporossi. Dal lato opposto entra Caporossi, vestito alla stessa maniera
Foto. in B/N di Cesare Accetta scattate al Teatro Nuovo di Napoli nel 1985, del compagno, steso con la schiena su un canellino molto bas-
gentIlmente concesse dall1autore.
Intervista a Remondi e Caporossi, cito so; a testa in avanti si tira con una corda. Ha un grosso cerotto
Copione a fumetti dello spettacolo: Sacco, in Il Trovarobe l, Lucca, Maria sulla bocca. Si libera dal carrellino ma resta steso a terra, aspet-
Pacini Fazzi editore, 1974, tando Remondi, a sua volta uscito dal pallone; lo conduce a sé
Copione originale dello spettacolo, manoscritto, fornito dagli autori,
Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia), tramite il bastone e gli leva la benda dagli occhi. Caporossi
Fabio Barrali, Sacco (1973), op, dt, abbandona la posizione stesa e, quasi in un' atmosfera gioiosa, i
Barbara De Miro, Il sostantivo singolare di Claudio Remondi e Riccardo due personaggi si rallegrano per le ritrovate capacità, visive di
Caporossi, cit,
uno e motorie dell'altro. Poi i due si stringono spalla a spalla
e vanno verso il pallone. Si introducono all'interno e, con
movimenti frenetici, pongono in vista una struttura metallica,
ammassando la superficie di plastica in un angolo.
1 Nel copione è previsto che la maschera sia messa sul sacco, Inoltre
l'intera parte finale dello spettacolo ha solo una vaga corrispondenza con il
finale descritto dal copione a fumetti, che tra l'altro prevede anche un mono- 2 Nel copione è prevista anche la presenza di un cane che accompagna
74 75
In questa costruzione lnetallica si riconoscono due ruote den- provvede a girare la ruota sui tubi e a spostare questi sui ca-
tate poste orizzontalmente una sopra l'altra, a circa un metro di valletti, l'altro, impegnato in una qualche azione parallela, ri-
distanza. Un tubo le unisce e fa da asse; altri cinque tubi, del tipo balta questi ultilni al momento giusto.
che si usano per i ponteggi metallici, sono infilati nelle ruote Tra le azioni c'è il momento in cui Remondi incita il
verticalmente. Si scorgono altri oggetti, però non ancora comple- compagno alla fretta, mentre questo è impassibilmente occupato
tamente riconoscibili. Remondi e Caporossi cominciano a scom- nel suo lavoro (fig. n. 6); oppute il momento in cui Caporossi
porre la costruzione metallica sgombrando la scena dagli oggetti lega due piccole catene, prese dai lati della macchina, ai polsi
che vi trovano e iniziano a montare la macchina. Remondi monta di Remondi. Tutto il movilnento crea un rWllore costante e
quattro cavalletti di legno, bassi e scanalati sulla sommità, a cop- ritmico di ferraglia, al quale si aggiunge adesso anche quello
pie parallele; ai cavalletti sono legati anche altri oggetti che ser- delle catene. In un altro punto dell'azione Remondi si diverte
viranno nel corso dello spettacolo. Estrae poi a uno a uno i tubi di a sistemare un uovo tra gli ingranaggi e poi, mentre resta a
ferro delle ruote dentate, e li sistema sui cavalletti in corrispon- osservare la macchina che lo schiaccia, pronuncia una lunga
denza delle scanalature. Caporossi lo aiuta a sistemare le ruote battuta che allude alle cose di quotidiana banalità, che comun-
dentate sui tubi di ferro con i quali si incastrano perfettamente. que possono avere un significato quando le si lascia.
Tutta la macchina è costruita di profilo al pubblico e quindi Tutti i gesti della coppia di operai sono lenti, straniati,
con i diametri delle ruote posti parallelamente alla corda che di- ripetitivi, o quotidiani come il pettinarsi o l'asciugarsi il sudore.
vide gli spettatori dagli attori. Sull'asta che collega le due ruote Mentre lavorano alla macchina, posti uno di fronte all'altro, Re-
viene appeso una specie di pestone di legno, del tipo di quelli usati mondi passa una delle sue catene al compagno. Sempre alternan-
per spaccare le pietre; sul diametro della ruota, dalla parte del dosi alla conduzione della macchina, i due continuano la loro serie
pubblico, c'è un batacchio che segnerà, quasi come un metronomo, di azioni parallele. Remondi si batte i piedi con lo schiacciasassi
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i tempi dello spettacolo man mano che le ruote gireranno. preso dalla macchina; Caporossi si spoglia della tuta facendone
I due attori si fermano spalla a spalla di fronte alla macchina apparire una identica di sotto. Uno si mette a mangiare un panino,
e con una mano ciascuno danno inizio al movimento facendo avan- ]' altro prende le pose di un arciere con un tridente di legno.
zare la ruota di pochissimo, fino alla scanalatura successiva. Sem- Quando la macchina arriva a un' estremità dello spazio,
pre insieme prendono un tubo da dietro la ruota e lo pongono sul Remondi e Caporossi si scontrano al centro della scena con
davanti facendo si che la ruota abbia sempre un punto d'appoggio violenza ed escono. Capo rossi rientra, immediatamente dopo, con
sul suo cammino mentre avanza sui cavalletti da destra verso sini- due maniglie alle quali sono appesi due sonagli di tronchetti di
stra, seguendo un percorso parallelo alla disposizione del pubblico. bambù; tramite alcuni fìli le maniglie tirano due parallelepipedi
In seguito, per permettere alla macchina di continuare il suo cam- di cemento sui quali poggia i piedi il compagno. Remondi, che
mino, Remondi e Caporassi spostano i due cavalletti posteriori indossa una tela di sacco sulle spalle e in testa, entra fingendo
(ormai superati dall'avanzamento di ruote e tubi) in avanti, con un di sostenere sulle spalle il peso di un tabernacolo-gabbia in
movimento di rihaltamento e rotazione, mantenendoli uniti per legno che è invece sorretto da una specie di alto carrettino
mezzo di cerniere apribili. metallico, tirato dall'attore stesso. Trascina un mucchio di ba-
Questo, in sostanza, è il movimento della macchina , in- rattoli di latta legati ad alcuni fili, e con un fischietto segna il
torno al quale i due attori eseguono diverse gags e azioni, sem- ritmo del proprio movimento.
pre attenti però a dare il loro puntuale contributo al funziona- Sempre camminando su questi blocchi di cemento, tirati
mento del!' aggeggio con uno schema che è il seguente: uno da Caporossi, Remondi compie il giro dello spazio scenico,
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imitando i movimenti di un animale da soma.1 (fig. n. 7). Al- mondi e Caporossi indietreggiano e, saltandosi a vicenda come
l'interno della costruzione c'è una cornacchia che Caporossi in- nel gioco della cavallina, vanno Via.
vita a uscire allettandola con un po' di cibo" Appena l'uccello
esce, il tabernacolo-gabbia. crolla in tanti piccoli pezzetti su Fonti per la descrizione dello spettacolo:. .
Video dello spettacolo registrato durante le repliche. del maggIO. 1987
Remondi che comincia a protestare. I due attori raccolgono
al Teatro in Trastevere, gentilmente concesso da Remondl c Caporossl.
tutti i pezzetti, li caricano sul carrellino e Remondi riparte Foto dello spettacolo in B/N prive dell'indicazione .deIPaut~rc, scattate al
saltellando spinto da un calcio del compagno'. Teatro Mikery di Amsterdam tra il dicembre 19~6 e Il ge~nalO 1977, con-
cesse in visione da Remondi e Caporassi. Foto In B/N di Cesare ~ccet:a,
Terminata la scena, fanno ripartire la macchina nel senso
realizzate alli Oratorio di Caravita a Ruma nell'ottobre del 1985, nell amblto
opposto, ma, immediatamente prima, Caporossi calza un innaffia- della rassegna Illusi .. " gentilmente concesse dall'autore.
toio sulla testa di Remondi che, trasformatosi in un robot, Intervista a Remondi e Caporo,ui, dt.
riprende il lavoro. Caporossi, con movimenti lentissimi, inizia Copione originale dello spettacolo manoscritto, fornito dagli autori.
Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia).
un' operazione dal vago sapore chirurgico e estrae un melagrana Fabio Barrali, Richiamo (1975), op. cit,
da un reggiseno che porta sotto la tuté. Utilizzando una pinza Barbara De Miro, Il sostantivo singolare di Claudio Remondi e Riccardo
chirurgicha comincia a nutrire il robot dal becco dell'innaffiatoio. Caporossi, dt.
Alla fine ne apre il coperchio e infila brutalmehte tutto il
frutto all'interno della testa metallica di Remondi.
Terminata questa operazione, Caporossi va a distendersi ROTònoLO. Scritto e diretto da Claudio Remondi e Riccardo Capo-
sul pavimento davanti alla macchina, lasciando che questa gli rossi. Con: Claudio Remondi, Riccardo Capo rossi, Sabina del
passi sopra. Remondi continua a spostare i tubi fino a quan- Guida, Lillo Monachesi. Dal progetto di tesi di laurea in archi-
do uno di questi cade a terra poiché non c'è nessuno che fa tettura di Riccardo Caporossi (1976). Anno di produzione 1976.
avanzare i cavalletti. Prima resta immobile e subito dopo si
toglie l' innaffìatoio dalla testa, ha un momento di panico e Rotòbolo è un gigantesco cilindro in acciaio e lamiera di
poi piange ['amico che reputa morto. Gli leva il cerotto dieci metri di lunghezza e sei e mezzo di diametro. Pesa otto
I
, dalla bocca, strappandolo con i denti, e cosÌ Caporossi si tonnellate, e si appoggia a una struttura di sostegno sempre
l'i'! rianima, Come se il tempo si fosse fermato, siedono di fron- metallica (fig. nn. 8 e 9). È diviso in cinque sezioni circolari
i"
te al pubblico. Il redivivo si nutre della verdura che il che girano su loro stesse indipendentemente l'una. dall'altra. La
compagno gli offre, poi con una fisarmonica si, accompagna struttura, anche per le complicazioni di montagg1O, ha funz1O-
in una canzoncina che parla di una fiammella che muore nato solo in due periodi: il primo nel maggio del 1976 a
iiii, Piazza Vetra a Milano all'interno della manif~stazione «Con-
perché innamorata del soffio che la spegne. Dopodiché Re-
,
fronti Teatrali»; il secondo nel settembre/ottobre 1979 in Via
i
Sabotino a Roma nell'ambito degli «Itinerari immaginari negh
:!
I, 3 Nel copione originale si allude ad un elefante. spazi teatrali degli anni Sessanta». Lo spet~ac~l. o. si svo~ge al-
::1 4 Nel video consultato manca la cornacchia e Caporossi prende un og-
getto da dentro la gabbia-costruzione.
l'aperto, preferibilmente di sera, ripetendosI plU v~lte In una
!i 5 Nel video si fanno aiutare dal pubblico a raccogliere i pezzetti. sola serata, data anche la brevità dell'azione (45' circa).
I 6 Donata Righetti, recensendo lo spettacolo presentato a Milano, al Teatro Caporossi, suonando alcuni campanelli, raccoglie gli spet-
I,
Officina, parla di un pomodoro (al posto di un melograno) che Caporossi tatori vicino a un recinto di pali di legno e fil di ferro nel
I taglia a ferte. Cfr. Intorno alla macchina un girotondo feroce, "Il Giorno", 30
I: ,
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maggio 197 S. quale fa entrare solo venticinque persone. Partendo dal recinto
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due carrellini, come quelli che si usano agli imbarchi degli Dopo un luomento di pausa Caporossi ricomincerà a ra-
aerei, spinti da due attori, prelevano i prescelti e li conducono dunare gli spettatod vicino al recinto, al suono dei campanelli,
uno alla volta all'ingresso del cilindro. Qui gli spettatori, sem- e inizierà una nuova rappresentazione.
pre uno alla volta, prendono posto su una stretta garitta gire-
vole che, con una brusca rotazione di 180 gradi permette di Fonti per la descrizione dello spettacolo:
entrare all'interno di Rotòbolo. Gli spettatori, camluinando su Foto dello spettacolo allestito a Piazza Vetra <L Milano, prive dell'indica-
zione dell'autore e della data in cui sono state scattate.
una grata metallica sospesa all'interno del cilindro, infilano la Progetto di laurea di Riccardo Caporossi.
testa nei vari fori di una lunga striscia di tela srotolata da un Disegni ispirati allo spettacolo di Riccardo Capo rossi gentilmente conces-
congegno posto subito dopo l'entrata in alto. Remondi e Capo- si dall'autore. .
Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia).
l'OSSI, che hanno accolto il pubblico in tuta da operai, recido- Fabio Battoli, Rotòbolo (1976), op. cito
no, grazie a un sistema di anelli uniti da un'asticella, la tela tra Barbara De Miro, Il sostantivo singolare di Claudio Rernondi e Riccardo
uno spettatore e l'altro in modo da trasformare la lunga stri- CaporoHi, cito
scia in una serie di bianche tunichette simili a semplici sai.
Poi, muniti di guanti dallo stesso Caporossi, gli spettatori sono
co~tretti. a far ruotare le cinque parti ricurve del cilindro appi-
glIandosI alle strutture metalliche. COTTIMISTI. Scritto, diretto e interpretato da Claudio Remondi e
In questo modo Rotòbolo, tra molti rumori, comincia a Riccardo Capo rossi. Anno di produzione 1977.
ruotare su se stesso. Dalla parte opposta alla garitta, attraverso
un'apertura simile a una gigantesca vulva metallica, mediante una Anche questo spettacolo non è stato ideato per uno spazio
barella, viene espulsa una persona scelta a caso tra i venticinque da prettamente teatrale, sebbene sia prevista la sistemazione del pub-
Remondi e Caporossi (la barella con sopra il prescelto viene accu- blico di fronte ai due attori. Le prilne rappresentazioni sono state
ratamente prelevata dagli assistenti esterni). All'interno i due capi- allestite al Teatro in Trastevere che dispone di una sala rettango-
officina fanno levare i guanti agli "operai". Ogni "operaio" viene lare. Parte della sala era occupata da una gradinata sulla quale
quindi allacciato alla grata del pavimento per mezzo di un gancio prendevano posto gli spettatori, in fondo si trovava lo spazio riser-
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SIstemato sull'estremità inferiore della tunica. Poiché le tuniche vato alla rappresentazione, non rialzato e privo di boccascena.
sono sensibilmente più corte delle persone che le indossano, gli In scena è ricreato un piccolo cantiere edile con un pon-
"operai", fissati al pavimento, sono costretti a restare piegati in teggio di tubi, passerelle di legno, due mucchi di mattoni, una
avanti. Poi Remondi e Caporossi fanno spogliare gli "operai" dalle scala, alcuni attrezzi da carpentiere. La disposizione e la quan-
tuniche e offrono loro alcune caramelle come ricompensa per il tità di tali materiali può variare a seconda dello spazio dove
lavoro svolto. avviene la rappresentazione (fig. n. 12).
Remondi comincia sollevare le vade parti che compongo- Le luci sono bianche e diffuse, e illuminano anche il pubblico.
no la grata-pavimento, proseguendo la sua opera dal fondo del Remondi e Caporossi sono in scena vestiti da muratori:
cilindro fino all'entrata. Venendo a mancare la pavimentazione calnicia o maglietta, pantaloni .lunghi per il primo e corti per
i venticinque sono costretti a uscire a uno a uno. Pdma di il secondo. Consumano un frugale pasto finché il segnale di una
farli uscire Caporossi pone a ciascuno un grosso cerotto sulle sirena non indica la ripresa dei lavori.
labbra. Fuori dalla garitta gli spettatori troveranno il compagno La prima azione significativa è il gioco che i due attori
espulso che li bacerà sulla bocca incerottata. eseguono attorno a un martello che cade dall'alto appeso a un
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filo. Remondi lo afferra e lo usa per rompere, man Inano che A questo punto Remondi, al di qua del muro, è visibile
. , sale, tutti i pioli della scala su cui si arrampica fino al ponteg- al pubblico, IneOtre Caporossi, dall'altra parte, resta nascosto e
!
gio. Resta quindi bloccato in alto e il compagno, per farlo separato. Entrambi cercano di incontrarsi, si chiamano a voce,
scendere, costruisce un pilastro di mattoni al centro della scena saltano su loro stessi per vedere al di là del muro. Alla fine
sul quale Remondi appoggia i piedi. Caporassi spunta da un lato del boccascena e raggiunge Remon-
Una volta sul pilastro Remondi si sente "importante" e di. Eseguono qualche piccola azione (Remondi orina sul muro,
assume le pose di un monumento. Caporossi comincia a pren- bevono vino da un tipico fiasco come a rinfrancarsi del lavoro
derlo a martellate sui piedi, e a ogni colpo sottme un mattone svolto). Poi iniziano a intonacare il muro sommariamente, con
dalla cima del pilastro, fincbé Remondi si decide a scendere. un impasto di sabbia e acqua.
Quando entrambi sono a terra, una salva di pistola segna l' ini- Nel copione originale era previsto che i due iniziassero a
zio della costruzione di un boccascena. I due operai si arram- tinteggiare il muro intonacato, uno col blu e l'altro col giallo,
picano sulle impalcature, e con abilità quasi acrobatica, srotola- usando degli spruzzatori a spalla. Quando un muratore dipingeva
no tre teli bianchi, due verticali ai lati e uno orizzontale in la sua parte di muro, l'operazione era simboleggiata da un tela del
alto, creando appunto un elementare boccascena7 • colore corrispondente che veniva calato, dal di dietro, sulla parte
L'azione principale è ora la costruzione di un muro che parte in questione. Entrambi poi procedendo verso destra passavano a
dal pilastro centrale e prosegue verso destra. Prima i due muratori dnteggiare la por.done di muro già colorata dal compagno. Perciò
stabiliscono il "filo"; Remondi, fermo in centro scena di profilo, venivano calati due teli verdi, a simboleggiare la fusione del giallo
: I
tiene il capo di un gomitolo di cordicella che Caporossi srotola e del blu. Subito dopo venivano ritirati tutti i teli, lasciando di
allontanandosi, uscendo da destra, rientrando da sinistra e ritor- nuovo il muro nudo. FerIni davanti al muro i due personaggi
nando al centro, sempre tenendo il filo. Quindi inizia la costruzio- assistevano alla discesa di una passerella, un ponteggio metallico.
ne: Caporossi al di là del muro lancia i mattoni a Remondi al di Lo spettacolo fu presentato in questa forma per poche
qua che li sistema con ossessiva sveltezza, stando quasi di spalle al repliche. Poi l'azione fu abolita perché, secondo la coppia di
pubblico e pronunciando solo di tanto in tanto qualche breve ed autori, appariva troppo "teatrale".
esclamativa battuta8 • Nella versione definitiva i due attori iInpugnano gli spruz-
Quando il muro, e conseguentemente gli attori, sparisco- zatori ma vengono subito interrotti dalla discesa di una passe-
no alla vista del pubblico uscendo verso destra, entreranno da rella, quasi una specie di grande altalena, che si appoggia sul
sinistra alcune oche che per qualche momento saranno le uniche pilastro centrale.
presenze in scena9 . La passerella cala a terra dalla parte dei due operai che vi salgo-
I due operai, con lo stessa procedimento di prima, con- no sopra, guardano al di là del muro, e si riuniscono al centro della
''i,!,l'; tinuano la costruzione del muro rientrando da sinistra e proce- rampa, che si pone in equilibrio orizzontale. La coppia ha paura.
dendo verso destra, fino a ricongiungersi col pilastro centmle. Poi lentamente la passerella cala oltre il muro e Remondi
e Capo rossi scompaiono alla vista del pubblico.
7 Nel copione si parla anche di un fondale dipinto con effetto cielo che Quest'ultimo momento, contrassegnato da una forte dram-
i due attori srotolano dietro il boccascena. maticità, in contrasto con le gags precedenti culmina con l'ap_
a Nel copione non si specifica il senso dell'avanzamento del muro, ma
parizione di una grande sfera metallica che, percorrendo dal
dalle recensioni si nota come costante l'avanzamento verso destra. Inoltre per
semplificare la costruzione i mattoni sono sistemati a secco, senza la calce. fondo la rampa, giunge fino all'estremità più alta e cala
9 Nel copione gli autori indicano la presenza di una sola oca in scena. lentissimamente davanti al pubblico (fig. n. 13).
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l'essere umano partendo da quei brandelli di umanità che la crea altre nel rispetto di una nuova logica che motiva in fl10do
luacchina industriale ha risparmiato. insolito, ma sempre comprensibile, quello che accade. L'intero
Questo è il caso di Pozzo (1978) con il quale la coppia spettacolo è pieno di tensione per la ritmica e costante ripe-
di autori vuole introdurre il pubblico in un mondo fantastico e tizione di un'azione (l'uomo che esce dal pozzo), ma proprio per
nello stesso tempo elementare, con vaghe ascendenze contadine, questo qualsiasi gesto fuori dalla linea ritmica provoca sorpresa
all'interno del quale ogni esperienza conoscitiva viene presentata e ilarità negli spettatori, rompendo l'angoscia che si crea nella
come fondamentale. continua attesa che qualcosa accada.
Per questo spettacolo Remondi e Caporossi adoperano una Questo spettacolo segna un punto di passaggio con la
cantina del Teatro di Trastevere a Roma che ripuliscono e produzione precedente anche perché sembra che il lavoro, la
imbiancano di calce. Vi possono trovar posto una sessantina di fatica, non tocchi ai due personaggi (tranne che per qualche
spettatori. La scena è lo spazio stesso, al centro del quale c'è scena). L'iterazione è condotta dall'elemento esterno, il pozzo, o
un grosso foro circolare con un diametro eli poco meno di un al massimo dall' androide mentre Remondi e Caporossi cercano
metro. di capire, di intervenire in un ciclo che quasi li esclude. «Nien-
Attorno a questo pozzo si svilupperà tutta l'azione. La te più maratone da "cottimisti" con cazzuole, calce e mattoni
coppia di personaggi cetchetà prima di sondarne la profondità intorno a muri sempre più ingombranti e minacciosi», osserverà
con una fune e una pietra: e poi 'ne tirerà fuori alcune cose, le Nico Garrone sulla "Repubblica", «né corse a comando lungo la
piìl improbabili, fino a un androide, un uomo seminudo che catena di montaggio della "macchina crudele" di Richiamo. Non
continuerà a venir fuori, sempre identico a se stesso. I due sono piil le peripezie tragicomiche dell"'homo faber" (anche se
personaggi saranno prima sorpresi da questa epifania e poi os- l'ansia di produrre, di metter ordine, costruire non li abbando-
sessionati poiché non riescono a controllare l'evento. Alla fine na) il tema centrale di questo Pozzo»J.
decideranno di chiudete il pozzo con una pelle di animale. Forse anche perciò la macchina industriale, o anche la sua
Tutta l'atmosfera dello spettacolo è sospesa, ferma. Le luci parvenza, è totalmente a'isente, estranea a un contesto così ar-
bianche illuminano in ogni momento la scena, trasformandola in caico e primordiale. Ma non per questo Remondi e Caporossi
un «sogno di me:lZogiorno dai contorni nitidi dove non c'è posto hanno abbandonato il tema della macchina, che invece è matu-
per l'ombra, il chiaroscuro», come in un disegno a tratto l . rato nella creazione di un vero e proprio congegno "metafisica",
Specialmente nel caso di Pozzo possiamo dire che Re- il pozzo - centro dell'universo o apertura per sondare un uni-
mondi e Caporossi tendono a mostrare l'essere uman'o, compen- verso parallelo quale potrebbe essere il nostro subconscio - che
diato nei loro due personaggi, alle prese con esperienze elemen- genem circolarmente) all'infinito, l'eterna figura dell'ominidé.
,
tari, come afferma Barbara De Miro, ai primordi della cono- Ritornano, in questa nuova proiezione fantastica del moto
scenza, occupati in operazioni che appaiono fisiche ma che celano circolare e infinito della macchina mentale, diversi elementi
delle scoperte intensamente interiori e psichiche2 • Tutta la si- caratteristici degli spettacoli precedenti dove il cerchio, anche
tuazione è infantile, fiabesca, e la realtà poetica creata dai due
autori prende il sopravvento sulle convenzioni quotidiane e ne
3 Nico Gattone, Dal tombino un IIsogno" d'amore) cito
<IItalo Moscati, La strana coppia, in Fabio Bartoli, Branco e il teatro di Remondi
e CaporoSJi, cit., p. 2. È meglio però non rifarsi ad associazioni precise, ci avverte
1 Nico Garrone, Dal tombino un "sogno" d'amore, "La Repubblica", 22 Moscati: «Il buco non è un simbolo. È un buco. Nessuna discesa agli inferi o l' ,
aprile 1978, rifugio nella caverna [ ... ] Nessuna espansione all'interno del sesso femminile.
2 Barbara De Miro, op.cit., pago 19. Nessuna di queste associazioni. 0, meglio, tutte insieme».
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come figura geometrica, rappresenta e compendia lo spazio «non Caporossi si calano negli stessi personaggi che, stranamente, non
euclideo» che i due autori costantelnente ripropongon0 5 • L'itine- hanno altro nome che il loro (... ). Già nella fisionomia sono
rario circolare del muro proposto in Cottimisti, ad eselnpio, è classici, uno [Remondi} piccolo e grasso, l'altro [Caporossi} più
ricordato dalla pietra che i due personaggi gettano nel pozzo lungo e secco; e fedelmente ripropongono gli stessi cliché in
attaccata alla fune e che segna il termine dello spettacolo quan- eterna affettuosa discordia: uno vulnerabile a ogni sbalordimento,
do ricompare calando al centro dall'alto. Circolare è anche l'azione l'altro consapevole e glaciale, quasi sempre muti ( ... ) legati da
dell'ominide (sempre lo stesso attore) che continuamente esce un sottile filo sadomasochistico» 7 •
fuori dal pozzo. Circolare è inoltre il pozzo, come circolari era- Certo il segno distintivo principale resta la vocazione dei
no le ruote dell'ingranaggio in Richiamo e il cilindro di Rotòbolo. due autori a basare ed articolare l'azione scenica su uno stesso
Vere e proprie autocitazioni sono poi la cornacchia che esce dal rapporto di coppia in relazione a un preciso elemento esterno.
pozzo, o la fisarmonica che Caporossi suona all'inizio. E la stes- In Pozzo quest'ultimo è costituito dal buco al centro della sce-
sa pietra che calando lentamente al centro della scena conclude na. Potrebbe sembrare il cilindro di uu prestigiatore dal quale
lo spettacolo ricorda l'incedere lento della sfera metallica nel per magia escono una serie di oggetti (ominidi al posto di
finale di Cottimisti. Ma il movimento circolare è anche un conigli); ma è anche un buco senza fondo, un'apertura verso il
movimento preciso e costante come lo è l'apparizione dell'an- mistero, la rappresentazione del «nulla prolifico e vorace» ac-
droide che con precisione cronometrica esce, a intervalli regola- canto al quale bisogna imparare a vivere. È una di quelle
ri, dal buco nero con la fune e il secchio. Questo è certamente "macchine" con le quali «Remondi e Caporossi hanno l'aria di
un movimento circolare ma è anche un movitnento rettilineo ritrovare l'assurdo, l'insolito, il bizzarro, non solo come segnali
verso l'infinito in quanto Remondi e Caporossi non affermano di allarme, quanto come pertugi da cui sbirciare un altro pos-
mai chiaramente che la figura che esce dal pozzo è sempre lo sibile mondo, incrinature in un troppo compatto sistema di
stesso androide. Anzi ogni volta che appare i due attori stacca- pensieri e di azioni, sfiatatoi per ripulire l'annosfera»8.
no il secchia dalla fune, che l'ominide trascina, e lo depongono Se però tutto lo spettacolo è vicino alle tematiche di fondo
in scena, accumulando così vari secchi sul fondo dello spazio. .della meccanica celibe non lo si può riferire senz'altro alla nozione
Nel corso degli anni Remondi e Caporossi sembrano ri- di macchina inutile poiché il rapporto che i due omini, imperso-
proporre sempre se stessi, un loro collaudato modo d'intendere nati da Remondi e Caporossi, instaurano con il pozzo non è più
e operare nel teatro, che viene tuttavia riproposto ogni volta alienante, bensì conoscitivo. Possiede quindi una finalità evidente
nell'indagine di un eletnento o di una mansione nuova, su cui anche se è contraddistinto dalla meraviglia o dalla incapacità di
la loro poetica si volge e si misura. Dei due attori, nota Poesia, comprendere. E se ricordiamo l'attenzione che Hara)d Szeeman, ,
sono caratteristiche «la sicurezza della mimica, la semplicità nel suo già citato lavoro sulle macchine celibi, in ultimo, dedica
artigianale con cui evitano sofisticazioni e intelletualismi, la forza alla discussione di alcuni temi, scopriamo, del resto, nuove affinità
comica che sanno imprimere a un gesto da nulla, a uno sgra- nell'attività teatrale di Remondi e Caporossi.
nare gli occhi, a un silenzio improvviso»6. E ormai da cinque Tra i temi celibi più importanti che lo scrittore segnala
anni, precisa Franco Quadri, «in ogni spettacolo, Remondi e si ritrovano infatti l'anti-gravitazione, il tempo - Chronos, la
5 Cfr. Barbara De Miro, op. cit., p. 18. 7 Franco Quadri, Pozzo, "Panorama", 13 giugno 1978.
6 Paolo Emilio Poesia, Nel pozzo del mistero, "La Nazione", 12 gennaio 8 Aggeo Savioli, Dal Pozzo escono i fantasmi del giorno, "L'Unità", 22
1979. aprile 1978.
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e fatica (la Sala Pozzo) al quale la coppia di autori era restata sulla scena di Pozzo, era stata propria di Remondi e Caporossi.
legata. E come in Rotòbolo i due attori erano freddi affidanti del rito
I due manichini, vagamente somiglianti a Remondi e meccanico vissuto dagli spettatori (travestiti da capi-officina) così
Caporossi, che lo spettatore incontra all'interno dello stretto in Ominide Remondi e Caporossi sono i testimoni muti del-
spazio, ricordano, per i vestiti, i guardiani di un museo. Stanno l'esperimento (travestiti da guardiani di museo); un esperimento
a guardia di un tronco di legno d'ulivo a cui i due autori che, per usare una metafora, ha come provetta, non a caso, lo
hanno portato alcune aggiunte in modo che assomigli allo sche- stesso luogo che aveva ospitato la loro esperienza.
letro di un uomo accovacciato. Le spoglie di Remondi e Capo- Il lavoro dei due autori questa volta si fonda solo sulla
rossi fanno insomma da guardia a quello che potrebbe essere scelta dei materiali, degli oggetti, che viene operata, come si
definito il centro della loro ricerca in questo periodo, un essere è detto, attraverso il criterio dell'auto-citazione cosciente del
primordiale, o meglio il rappresentante visibile di quell'umani- proprio passato biografico e artistico. Così è per lo spazio, il
tà, fatta di pulsioni elementari, che i due autori cercano di meccanismo d'ingresso, i manichini e il tronco dell'ominide.
presentarci nei loro lavori. Questo era stato trovato in Israele, durante una tournée, ed
Anche la critica nota quanto questo spettacolo sia più era restato per molto tempo nella casa di Caporossi prima di
vicino all'arte figurativa, spoglio di qualsiasi elemento macchi- imporsi alla loro attenzione, cosÌ come .era successo per la
nico, se non il ricordo della macchina di Rotòbolo, e privo di cassa di bottoni per Térote, e per gli ingranaggi di carro
qualsiasi azione, tranne quella dello spettatore. Un lavoro che armato di Richiamo.
non rappresenta ma si mostra. Però proprio la mancanza del
"gesto", pilastro della drammaturgia muta di Remondi e Capo-
rossi, avvicina Ominide alla tematica celibe, di cui si è già par- I materiali nell'esplorazione della scena classica
lato. Risulta quasi immediato il rapporto dei due manichini
con la vita artificiale degli Stampi maschi nel Cimitero delle La riflessione sull'ambiente scenico e la ricerca di soluzio-
Uniformi e detle Livree inserito nella parte inferiore del Grand ni spaziali diverse da quelle consuete del teatro convenzionale
verre di Duchamp. Il riferimento al museo ricorda quello dello maturano, dopo l'allestimento di Ominide, in Antigone, il primo
scienziato Cantarel in Locus Solm di Roussel, e sembra evocare spettacolo di Remondi e Caporossi, dopo Giorni fetici, che non
il voyerismo dei testimoni oculisti, tema costante negli esempi di li vede impegnati come autori del testo l l . È una l'iduzione da
macchine celibi citati da Carrouges nel suo scritto. . Sofocle allestita in un capannone industriale tra Ostia e Fiumi-
Quanto detto focalizza la nostra attenzione sul ruolo dello cino dal marzo al maggio del 1981. Il capannone; un grande
spettatore in Ominide. Infatti, seguendo un procedimento analo- spazio rettangolare, viene completamente svuotato da ogni og-
go a quello utilizzato in Rotòbolo, Remondi e Caporossi attuano getto preesistente e poi riempito di una enorme quantità di
un sottile ribaltamento della situazione che era a fondamento ghiaia, che copre tutta la sua superficie. Sul lato di entt'ata
dello spettacolo precedente. Non sono più i due attori a mo- viene costruito un muro curvo in mattoni di tufo, e sul lato
strarsi nel rapporto col Nulla, con quella bocca dell'infinito opposto è sistemata una piccola gradinata anch'essa curva, sulla
che è il pozzo e che vomita persone e oggetti, ma è il pubbli-
co, il singolo spettatore, che sperimenta se stesso di fronte al-
11 Ricordiamo che quest'opera prende spunto da una precedente realizza-
l'oggetto simbolo di questo Nulla prolifico: il tronco-ominide
zione per la Rai, che poco si distacca da quella teatrale, allestita negli studi
appunto. Vive sulla propria pelle l'esperienza conoscitiva che, televisivi nello stesso anno dello spettacolo teatrale.
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quale prende posto il pubblico. Al centro, sul pietrisco, una il proprio potere. Su quella stessa duna Creante getterà paiate
grande spirale di corda. di ghiaia per ricompattarla, ma forse anche per seppellire suo
L'uso dei materiali a cui Remondi e Caporossi sono affe- figlio morto prematuramente.
zionati (mattoni, pietra, corda) permette una rivisitazione dello Certamente il materiale è soggetto anche ad alcuni usi
spazio teatrale classico. I due autori costruiscono un muro con non assimilabili al testo. Il rumore del calpestio del pietrisco
tre aperture come fondale dell'azione che rimanda alla struttura costituisce ad esempio l'unico commento sonoro allo spettaco-
della scenae [rons romana, Inoltre delimitano l'area della rappre- 10 12 • In questo ambito è sempre grazie al rumore di una pie-
sentazione con una gradinata per il pubblico che ricorda la truzza lanciata a terra davanti a lui che il cieco Tiresia riesce
cavea del teatro classico. È singolare che si richiamino a una a raggiungere il posto dove pronuncerà i propri vaticini.
. struttura classica, estremamente elaborata, qual è la scenae [rom, Inoltre il pietrisco, un pOi come la sabbia, conserva la
mettendo in vista un materiale grezzo come il tufo. Ma è chia- deformazione provocata da un agente esterno, come il passo
ro che il muro di mattoni di tufo conserva un legame con le dell'uomo; di per se stesso registra quindi le cose che accadono,
produzioni passate, secondo la regola dei due autori di inserire quasi come se fosse dotato di una "memoria fisica~'. E mentre
in ogni spettacolo un elemento dei precedenti, e in questo caso conserva visibili le tracce del movimento degli attori in scena,
di Cottimisti. Tuttavia il ripresentarsi degli stessi materiali in la memoria fisica del pietrisco segna in modo nuovo il coinvol-
spettacoli successivi non può essere inteso sempre come auto- gimento del pubblico nello spettacolo; trattenendo le impronte
citazione. Sembra piuttosto rivelare la costante presenza nell'im- degli spettatori che, non a caso, devono entrare dalla parte
maginario, nel bagaglio emotivo dei due autori, di uno o più opposta alla gradinata e percorrere tutta la lunghezza dello spazio.
elementi materici che vengono alla luce non appena se ne pre- n coinvolgimento può essere anche un retaggio della edizione
senta l'occasione, senza essere scelti e selezionati secondo criteri televisiva dove mancava, ovviamente, il pubblico, ma c'era il
puramente estetici. "coro" composto da quindici vecchi e altrettanti bambini. Pro-
La memoria dei materiali è del resto un punto cardine di prio del "coro" gli spettatori della versione teatrale sembrano
questo spettacolo. La pietra, sotto forma di brecciolino, era già aver ereditato il ruolo.
presente in Giorni Felici. Lì era maggiormente soggetta alla La ruvidità del pietrisco ben si concorda inoltre con lo
manipolazione dell'attore, Ora in Antigone la componente della scarno muro del fondo. E soprattutto la ghiaia è un materiale
manualità e dell'artigianalità investe in minor modo i .materiali freddo e inerte, scomodo e ostile come la terra su cui regna il
in scena, forse per la presenza forte del testo di SofoCle, che tiranno Creante e sulla quale Antigone non vuoI più vivere. Il
sposta l'attenzione dei due autori sulla parola. Sovrapponendosi senso di tale disagio è chiaro nelle scene iniziali dove la pro-
a un sostrato ricco di significati, quale quello dell'opera greca, tagonista è raggomitolata al centro della spirale di corda, in
i materiali ne incarnano temi e motivi. La ghiaia suggerisce posizione fetale, sulla ghiaia che, appunto, non ha niente di
l'idea della terra negata alla tumulazione di Polinice, fratello di vitale, ma che anzi, specialmente in quello spazio, richiama alla
Antigone: elemento dal quale prende spunto la vicenda. Con- mente la nozione di deserto e quindi di morte.
temporaneamente è anche la tomba dove la protagonista va a
morire. Il pietrisco rappresenta inoltre la terra come oggetto di
possesso e quindi viene sistemata in modo da formare una duna 12 Proprio per questo Caporossi tiene a specificare: «In Antigone, ad esem-
pio, abbiamo usato come scenografia la ghiaia (il carico di dieci TIR) con cui
davanti al muro (reggia del tiranno) sulla quale Creante si abbiamo creato delle dune. Camminandoci sopra a piedi nudi ci siamo tesi
arrampica, come se stesse scalando una montagna, per affermare conto che questo materiale funzionava come fonte sonora e quindi musicale~~.
94 95
Un altro materiale che ricordiamo come costante nei la-
vori di Remondi e Caporossi è la corda, che in Antigone assume
un ruolo palese date le dimensioni (si tratta di una fune di
circa dodici centimetri di diametro). La corda era già presente
in Sacco e in Pozzo, con una funzione che, come suggeriscono
gli stessi autori, può definirsi di "collegamento". Tale funzione
è confermata e precisata in Antigone dove la corda ricorda chia-
ramente un enorme cordone ombelicale che «collega Antigone
ai suoi antenati». Infatti un'estremità della grossa spirale di
corda sparisce dentro la duna che può essere immediatamente
associata a un tumulo sepolcrale; e quindi, più in generale,
collega Antigone con il mondo dell'al di là, coll'Ade al quale
la donna sembra essere destinata fin dall'inizio.
Nei primi momenti dello spettacolo, il personaggio di
Antigone prende vita quando questa spirale lentamente si scom-
pone in tanti segmenti indipendenti che spariscono dietro la
duna e il muro, alludendo forse alla scissione tra il rispetto
delle leggi dello stato e quelle della famiglia e dell'amore. Subito
dopo la protagonista indossa un gonnellino fatto con segmenti
dello stesso tipo di corda. D'ora in poi la sua esistenza in scena
sarà scandita dal riannodare insieme i vari pezzi di corda fino
a ricomporre una matassa unica, e quindi, metaforicamente, una
scelta dura e rigorosa verso le leggi della famiglia, verso un
martirio che la ricollegherà ai propri antenati. o
Questa scelta, che tra l'altro non sembra neppure essere
tale in quanto Antigone non ci appare per niente dubbiosa sul
da farsi, anzi è di fatto predeterminata (vedi i toni detla reci-
tazione e la mimica), decreterà la sua espulsione dalla società
tirannica e quindi la morte. La coerenza porterà la protagonista
alla morte e la corda sarà il simbolo di ciò che la donna lascerà
come testimonianza di se stessa. Come da copione: (mentre recita
la sua ultima battuta) "sfila l'ultima corda e la annoda alle
altre, completando la grossa matassa che porta sulla spalla»;
dopo poche battute "depone sulla breccia la grossa matassa di
corda e scava nella grande duna» 13.
"""._-----'"
I I
3
1) Grand verrei La mariée mise à nu par Je.! célibataires mème (Jean-Christophe Bailly, Marcel
Duchamp, trad. it., Milano, 1986)
2) }Hacinatrice di cioccolato (Jean-Christophe Bailly, op. cit.) 3) Tèrote} il pupazzo con l'abito di bottoni (teatro Leopardo)
i.
2
l,
2) Sacco, Caporassi cala la pila di copertoni sul sacco per mezzo di un argano
__ .\ carrO ancora chiuso
6
6) Richiamo! Capotassi impassibile manda avanti la macchina a ingranaggi mentre 7) Richiamo) l'entrata del tempietto. Caporossi trascina Remondi che sostiene la
Remondi lo incita alla ft-etta piccola costruzione in legno
9
8) Rotòbolo, il grande cilindro montato in piazza 9) Rotòbolo} il progetto della macchina (disegno di Caporassi)
lO
10) Rotòbolo! gli attrezzi elementari e la fatica del lavoro nel ventre della macchina
(disegno di Caporossi) 11) Rotòbolo! ossa e rottami all'interno della macchina (disegno di Caporossi)
12
13
12) Cottimisti, la scena come appare all1inizio dello spettacolo 14) Pozzo, i due attori calano la pietra nel pozzo per sondarne la profondità
13) CottimiJti, la sfera metallica cala al finale davanti al boccascena (disegno di Caporossi)
15 16
16) Pozzo! i due attori osservano ancora una volta l'ominide che esce con in testa
15) Pozzo! Remondi solleva l'ombrello ed estrae Caporossi dal pozzo un cappello uguale a quello che aveva Caporossl
17
17) Antigone, la scena allestita all'interno del Capannone Industriale 18) Antigone, la protagonista annoda le corde del suo costume
19 20
21
19) Teatro, Remondi e Caporassi nei pri!11i momenti dello spettacolo seduti davanti 21) Avere l'apprendista ne! sole, schizzo a penna di Duchamp (Jean-Christophe Bailly,
al sipado di corda intrecciata op. cit.)
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27) Rem & CaPi i due attori "nelle loro case", La porta girevole al centro divide
25) Ameba} le due macchine si avvicinano mosse dagli attori i due ambienti
26) Ameba} le due macchine sollevate una dietro l'altra 28) Rem & Cap, Remondi e Capotassi si spiano a vicenda dalle serrature
Di contro a tanta attenzione all'uso dei materiali, mancano
completamente invece le macchine in scena ltl. Ciò è logico se si
colloca Antigone all'interno di un periodo in cui la coppia di autori
ha lasciato in disparte l'uso evidente della macchina (ricordiamo
Cottimisti o Pozzo), e del resto i messaggi riferiti all'alienazione e
alla schiavitll, tipicamente legati alla macchina, non avrebbero
avuto ragion d'essere in uno spettacolo che sembra concentrare la
propria attenzione sull' aspetto morale della vicenda.
Di solito la macchina, quando è presente come oggetto, nelle
realizzazioni di Remondi e Capo rossi, tende sempre a distruggere
nei propri ingranaggi l'umanità di chi la manovra e ne è schiavo.
L'esclusione di un simile elemento è quasi immediata poi-
ché Antigone, anche se ha un finale tragico, non dissolve l'umanità
del personaggio, anzi la esalta. Antigone scegliendo il legame con
i propri cari e morendo da una lezione di libertà.
In questa maniera la protagonista accetta la condanna di
Creonte ma, nel contempo, lo lascia, in un certo senso, solo,
privo di sudditi sui quali regnare 15 •
La critica è stata soprattutto colpita dall'uso dei materiali
che ha riconosciuto come protagonisti dello spettacolo.
I materiali, afferma Elio Pagliarini «funzionano perfetta-
mente»16. E i giornalisti hanno unanimamente rilevato la sensa-
zione di deserto e di morte che tutta la scenografia suggeriva l. 7 •
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29) Quelli che restano, il cameriere prepara la lunga tavolata nel finale dello spettacolo
30) Q1Ielli che restano, Caporossi "solitario avventore della taverna"
La corda e la scoperta de! tealro a!!'italiana continua Remondi, «lo abbiamo voluto fare partendo da un
rapporto di verginità, come chi, venendo dall'esterno, non
Nella successiva produzione la scelta di un materiale unico sappia nulla».
e preciso serve a Remondi e Capotassi come mezzo per porsi in Tra i due attori e il teatro c'è la corda che continua ad
relazione con il luogo teatrale tradizionale, il teatro all'italiana. assumere quel ruolo di "collegamento" già ricoperto in altri
Teatro (1982) prende spunto dalla distanza che i due autori lavori (Saav, Pozzo, Antigone). È il diaframma o la porta che
hanno sempre mantenuto con questo tipo di ambientazione bisogna oltrepassare per accedere al palcoscenico. CosÌ la coppia
teatrale. Remondi e Caporossi sembrano andare alla scoperta comincia a disfare il sipario di corda bianca, come se si trattasse
delle possibilità del teatro, come luogo fisico, ma anche come di un enorme lavoro a maglia (e infatti lo è), aprendosi lenta-
luogo fantastico, nel quale possono avvenire cose inaspettate e mente un varco al suo interno, una apertura sul fondo scena
meravigliose. Sulla scorta di questi elementi biografici, nello completamente buio e nero.
spettacolo lo spirito con il quale Remondi e Capotassi si av- Ma la corda è anche il materiale che unisce Remondi e
vicinano allo spazio scenico è proprio quello del bambino che Caporossi nella fatica, COS1 come lo erano i mattoni in Cottimi-
"scopre il mondo", liberando una vena poetica più quotidiana, sti, ed è proprio l'elemento concreto del lavoro manuale che
tra l'infantile e il Iudica. Abbandonate completamente le tema- ritorna prepotentemente a far parte delle loro messe in scena
tiche di denuncia politico-sociale, Remondi e Caporossi si affi- dopo la parentesi di Antigone. La novità è che il ritorno alla
dano a spunti creativi più riflessivi che si aprono alla riconsidera- manualità, al gesto applicato all'oggetto, non segna un analogo
zione della loro esperienza artistica, del resto già presente, ma ritorno al tema dell'inutilità e della sterilità della fatica. Disfare
in modo più frammentario, in tutte le autocitazioni di cui erano il sipario non è un atto distruttivo, bensf creativo, poiché apre
costellati gli esperimenti precedenti. il passaggio per il palcoscenico che permette ai due personaggi
Questo permette anche il radicarsi, nella prassi scenica, di proseguire nella loro scoperta. Paradossalmente questa opera-
dei personaggi che Remondi e Caporossi, anche adesso, ripro- zione può apparire più creativa e positiva di quanto non fosse
pongono. D'ora in avanti fisseranno due "maschere" che pren- la costruzione del muro in Cottimi,rti o l'impiego della macchina
dono vita dalla fusione delle caratteristiche dei personaggi inter- in Richiamo. In Teatro infatti il rapporto con i materiali non
pretati dalla coppia nel corso della propria esperienza teatrale. riduce Remondi e Caporossi al ruolo di macchine produttrici;
Le due "maschere" resteranno più o meno invariate negli spet- non dilegua la loro umanità, anzi, la esalta. Possiamo quindi
tacoli successivi, e i loro costumi ricorrenti saranno due com- dire che le tematiche celibi, fra cui la stetilità è una delle più
pleti grigi o neri di pantaloni, giacca e cappello floscio, più importanti, cominciano a dissolversi per lasciare il posto ad
scarponi (grossi e invecchiati). altri temi di ricerca come la riflessione, appunto, sul luogo
Teatro inizia con i due attori seduti, spalle al pubblico, su teatrale. Non è un caso, del resto, che la presenza di macchine
una panchina, davanti a un sipario fatto di una grossa corda intrec- o meccanismi celibi nell'attività teatrale di Remondi e Caporos-
ciata. È la corda appunto il materiale scelto da Remondi e Capo- si tenda a ridursi con il progressivo distacco dei due artisti dai
rossi come mezzo per la "scoperta" del teatro, usata quasi come discorsi tipicamente impegnati sul versante della critica politica
uno di quei giocattoli che stimola l'apprendimento dei bambini. al sistema sociale contemporaneo.
«Con Teatro» afferma Caporossi «abbiamo voluto riap- L'uso degli oggetti sfuma la sua componente assurda tanto
propriarci coscientemente dello spazio teatrale all'italiana, fo- nel gioco quanto nel riferimento a riflessioni più intime e paurose
calizzando l'attenzione su un elemento preciso: il sipario. E, come quella affidata a Remondi che, sul finire dello spettacolo,
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seduto con Caporossi su una panchina posta sopra un grosso gomi- L'idea del Nulla è una delle basi su cui si muove la
tolo di corda, recita: «è inutile che ci facciamo illusioni, dopotutto poetica di Remondi e Caporossi, specialmente in questa fase
apparterremo sempre a due mondi diversi» 18. della loro esperienza artistica. Possiamo anzi sostenere che è
Il grosso gomitolo evoca la matassa formata dall'uuione delle proprio il punto di partenza; lo stesso Capo rossi infatti afferma:
due corde che Remondi e Caporossi hanno sfilato dal sipario, e «anche il nostro modo di porci rispetto alla creazione di uno
l'intreccio delle due corde evoca, a sua volta, la stretta unione della spettacolo ci riporta al nulla, in quanto parliamo sempre di
coppia di personaggi. Ciò esalta, ovviamente, anche in chiave sim- "azzeramento", di "desertificazione". Il deserto può essere una
bolica, la funzione di collegamento che assume costantelnente il buona immagine per descrivere il punto di partenza del nostro
matetiale-corda negli spettacoli di Remondi e Caporossi. Alla fine lavoro, perché è dominato da due elementi come il nulla e il
però Remondi pronunciando la sua battuta afferma che questo silenzio che per noi sono molto vicini. È un "nulla" non inteso
collegamento è sostanzialmente fittizio poiché propone un contat- come inconsistenza, bensÌ C01ne fonte delle cose visibili: proprio
to, una c01nunicazione, solamente esteriore. In una riflessione da- di lì esce fuori la concretezza».
gli accenti più intimi, rispetto alla produzione precedente, Re- I due personaggi sulla scena buia, illuminata da luci
mondi e Caporossi prospettano un'umanità irdmediabilmente scis- precise, vivono esperienze minime, che, come accade spesso
sa in molteplici unità, divise come le due corde che si intrecciano, negli spettacoli della coppia di autori, vengono amplificate e
senza però fondersi, I)-ella composizione del gomitolo. assumono la consistenza di momenti di intensa umanità e
Come è già stato per Richiamo o per Cottimisti, l'uso di un di uno spiccato lirismo poetico. Tale è il momento in cui
oggetto o di un materiale, (nel caso di Teatro la corda) sollecita Caporossi si arrampica con una bicicletta su una corda tesa
tutta una serie di accadimenti che formano il corpo della obliquamente da un lato all'altro del palcoscenico. L'episodio
rappresentazione. In Teatro questi accadimenti assumono il sapore rappresenta la confluenza di vari spunti tematici. Da una
infantile del gioco, della meraviglia, ma rivelano anche la attigua parte riconosciamo proprio la volontà di dimostrare che nello
componente della paura verso lo sconosciuto. «L'arco scenico» conle spazio "magico" del teatro tutto può accadere, anche la sfida
ha scritto Maurizio Giammusso «è nudo spalancato su un nulla alle leggi di gravità, e l'azione di Caporossi appare come un
pieno di mistero»19. I due personaggi provano un sentimento misto, gioco fantastico, un'immagine mentale che si materializza
tra curiosità e timore, verso l'universo sconosciuto che si apre die- davanti a noi perché il teatro è il luogo capace di rendere
tro il sipario di corda. Riptopongono "l'aria magica" dell'attesa immediatamente visibili, concrete e reali le fantasie della men-
davanti a qualcosa di sconosciuto che è già stata caratteristica di te. Ma allo steso tempo, questa scena di stupefatta e giocosa
Pozzo. La potenza di questo "mondo nuovo" è compendiata nel acrobazia può evocare, all'inverso, la capacità della lnateria
vuoto totale e neto del fondo della scena: simbolo del Nulla dove manipolata (qui, la corda) di sollecitare imm'agini e azioni
può succedere tutto. «Il palcoscenico vuoto di Teatro», ricorda fantastiche.
Caporossi, «è un "niente" che va oltre il teatro. È il luogo dei Del resto è una peculiarità di Remondi e Caporossi quel-
possibili illusionismi, dove può accadere anche il miracolo. È un la di farsi "tentare" dalle cose che maneggiano e di inventare
nulla dettato dal buio al di là del sipario». anche usi inaspettati e improbabili del materiale che hanno
scelto: in Teatro la corda, oltre che sipario, diventa anche una
Dal copione originale, pago 7
18
strada, una pista per il cielo. Gli oggetti e i materiali non
Maurizio Giammusso, Due clowns e una corda, "Corriere della Sera", 10
19 assumono mai un significato univoco, ma devono essere sempre
marzo 1982. riferiti alla situazione presente: l'importante è l'uso del materia-
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le, la capacità di "viverlo" in movimento. Del resto lo stesso dei materiali e la possibilità di manipolarli - la sostanza insom-
Caporossi inequivocabilmente afferma: «Non tendiamo a catalo- ma del lavoro artigianale - che interessa Remondi e Caporossi.
gare i materiali o oggetti in modo che possano assumere un In un'opera come Teatro, che tocca accenti profondi dietro i
solo significato: anzi nel nostro lavoro ci muoviamo costante- quali si può riconoscere una vena amara e malinconica, trova posto
mente in direzione opposta». anche una componente costante della produzione teatrale di Re-
Resta ancora da notare, nell'episodio della bicicletta, una mondi e Caporossi, che in questo spettacolo diventa lampante:
singolare eco della tematica delle macchine celibi qui trasferita l'ironia. L'ironia permette ai due autori di evitare la mitizzazione
in un contesto estraneo ai motivi della sterilità e della inutilità. del materiale che adoperano, di creare un distacco che serve a
Infatti se i temi della "anti-gravitazione" e della "bicicletta" mantenere comunque il controllo. In fin dei conti la coppia di
sono inseriti da Szeeman nella lista di temi celibi che compila artisti tende sempre ad affermare il riscatto finale dell'uomo (che
alla fine del libro da lui curato, la Ruota di bicicletta e l'imma- quindi ha la meglio sui materiali usati), e a non trasformare mai
gine del ciclista appaiono in Teatro deformate dai loro signifi- l'amarezza in cupo pessimismo. L'ironia di Teatro è chiara nelle
cati complessivi. Utilizzate nel valore puramente iconico assu- scene finali quando Caporossi, seduto con Remondi sul grosso
mono una qualità magica e giocosa distante dalla rete di asso- gomitolo di corda, a sipario completamente disfatto, comincia a
ciazioni che le caratterizzava in origine 20 • Szeeman cita vari lavorare con i ferri a maglia per creare un nuovo ipotetico sipario.
esempi tra cui il Grand verre e la Ruota di bicicletta di Du- Ma ironica, e addirittura umoristica, è la chiusura del "sipario
champ, Dell'artista francese però ricordiamo anche Avere l'ap- invisibile". Due corde, simili a quelle utilizzate in tutto lo spet-
prendista nel sole, È un piccolo disegno, tracciato alla brava sulla tacolo, dietro all'arcoscenico, partendo dai due lati del palco, scor-
pagina di un album da musica: un ciclista che si inerpica fa- rono per incontrarsi al centro, e viceversa, mimando un sipario
ticosamente per una salita (fig, n, 21). Il rapporto con l'analogo che si apre e si chiude mostrando gli attori alle "chiamate" del
episodio di Teatro è evidente, almeno per la somiglianza delle pubblico. Del resto quest'ultima trovata può anche essere portata
immagini. Ma la parentela appare assai più stretta se facciamo come esempio per confermare la tendenza alla rarefazione del se-
nostre le considerazioni di Bailly che individua nel disegno di gno scenico che caratterizza, in particolare, questo momento nella
Duchamp il legame tra l'apprendistato (di qualunque tipo an- produzione artistica di Remondi e Capo rossi, in linea con la scelta
che artistico o morale) e la fatica che il ciclista compie per di un unico e preciso materiale sul quale impostare il lavoro.
inerpicarsi sul faticoso pendio 21 • Così l'opera di Duchamp si La critica nota soprattutto il raffinamento della tecnica
salda con quella analoga di Remondi e Caporossi per i quali la artistica dei due autori, la loro capacità di parlare attraverso le
fatica, come abbiamo atnpiamente detto, è una componente cose, ormai talmente sperimentata da permettere anche dei vir-
essenziale. Anche per il personaggio di Teatro l'arrampicata in tuosismi 22 • Aggeo Savioli afferma, in una visione ottimistica,
bicicletta diventa simbolo di una crescita faticosa e lenta, di che tutto lo spettacolo può essere una metafora della «effimera
una maturazione morale (o artistica) che si materializza nella eterna vitalità del teatro nel fare e disfare»23.
figura del ciclista, sdrammatizzandosi però nel momento in cui
si inserisce in un ambito Iudica. Tutto ciò avviene tramite un
mezzo specifico, il materiale (la corda). Del resto è proprio l'uso 22 Paolo Lucchesini: «la loro [Remondi e CaporossO ennesima irripetibile
esperienza: la scoperta della poesia nelle cose (e nel loro ricordo»>, Il teatro?
Per loro ~ come la tela di Penelope, "La Nazione", 2 febbraio 1983.
20 Le macchine celibi, a cura di Harald Szeeman, cit., pp. 218-219. 23 Aggeo Savioli, Quel siPario che nasconde il gran vuoto, "L'Unità", 27
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L'irrealtà de! mondo del teatro non subiscono la fatica poiché nel lavoro svolto, almeno in questo
spettacolo, manca completamente l'idea di alienazione25 •
Proprio il teatro sarà, ancora una volta, protagonista del L'idea portante di Bosco, all'interno della riflessione sul
successivo spettacolo di Remondi e Caporossi: Bosco (1983). luogo teatrale usuale, pone l'attenzione sull'elemento della fin-
Questa volta i due autori daranno per scontata la possibilità di zione e dell'illusionismo, e la macchina -ha proprio questo ruolo.
agire all'interno dello spazio teatrale tradi:donale, e infatti al- Potremmo quindi leggere la dicitura iniziale del copione in
l'apertura del sipario li troviamo già in scena. Ma affronteranno un'altra luce che la trasformerebbe in «racconto mediante l'illu-
tale possibilità giocando con tutto ciò che c'è di "falso" e "ir- sione teatrale e le sue possibili finzioni (macchinerie)>>.
reale" nel teatro. Ugo Volli definisce con estrema chiarezza la novità dello
La rappresentazione ruota intorno all'azione di due perso- spettacolo quando nota come «quell' elemento di realtà effettuale
naggi (dall'aspetto, un pittore e un poeta) che segano in lungo che vi regnava [nei precedenti spettacoli di Remondi e Capo-
un tronco d'albero posto verticalmente al centro della scena. rossi}, con i muri costruiti davvero con mattoni autentici e
Non se ne vede la cima poiché sparisce oltre il boccascena. Gli buchi scavati fino in cantina, abbia gradualmente lasciato mag-
autori tendono a suggerire un'atmosfera di idillio boschereccio gior spazio al gusto esplicito della finzione, o piuttosto della
dove hanno ragion d'essere anche tre ninfe (o fate) che entrano macchina beffardamente celibe, che allude solamente a una re-
in vario modo in contatto con i due attori. altà lontana e impossibile, ma in verità, fingendo di ricrearla,
Nella presentazione, il copione di Bosco porta la dicitura: mostra concretamente il Trucco del Teatro [ ... ) dove la sostitu-
«racconto mediante il teatro e le sue possibili macchinerie». zione metonimica dell'albero per la foresta è solo il primo anel-
CosÌ fin dall' inizio gli autori dichiarano quale sarà il ruolo della lo di una catena assai lunga di esplicite falsificazioni, di giochi
macchina nello spettacolo. La presenza delle macchine è assai assaI teatrali con l'apparenza e l'illusione»26.
più rilevante rispetto a Teatro; lo stesso aggeggio sul quale i Queste considerazioni si riallacciano alla possibilità di un'ana-
due attori sono seduti per segare il tronco è una macchina per loga riflessione sull'uso dei materiali in Bosco. È chiaro che in
mezzo della quale Remondi e Capo rossi si adoperano in un questo lavoro Remondi e Caporossi si confrontano con uno spazio
esempio di fatica lenta e inutile, o almeno priva di uno scopo teatrale codificato nella tradizione occidentale, il palcoscenico al-
evidente. Il tronco d'albero che si apre in due e fa da passerella l'italiana27 • Non a caso quindi, proprio in questa sede, la coppia
per l'entrata delle ninfe è una macchina. Possiamo aggiungere abbandona la "verità" che era elemento fondamentale delle sue
alla lista anche «l'attrezzo atto a provocare il rumore dello schian- produzioni. Lo spettacolo, che potrebbe sembrare un idillico gioco
to di un albero che si spezza»24; o l'innaffiatoio usato per far della fantasia, tende invece a ingaggiare un confronto critico con
raddrizzare e riunire le due metà del tronco una volta separate. lo spazio teatrale, adoperando il linguaggio che n'rmai appartiene
Tutte queste macchine non sono tanto delle macchine celibi
quanto dei grossi giocattoli; invenzioni ludiche di bambini, e di 25 È interessante notare che anche nel progetto della scena Caporossi
questi ultimi infatti seguono la logica irrazionale e fantastica. disegna una pianta semplicissima, ma caratteristica dello spazio scenico all'ita-
liana, con fondale e quinte laterali. Questo schema sembra quasi fatro apposta
Resta evidente la componente artigianale (ad esempio la lenta per accentuare il contrasto con le modalità e gli spazi delle precedenti rappre-
azione del segare), ma non è inquadrata in una prospettiva sadica sentazioni dei due autori.
o petversa. I "due omini" impersonati da Remondi e Caporossi 26 Ugo Volli, Che fatica però il Gioco del Teatro Jotto l'albero, "La Repub-
blica", 22 novembre 1983.
27 Ricordiamo che lo spettacolo è andato in scena sia al Teatro Goldoni
24 Dal copione originale dello spettacolo, p. 2. di Venezia che al Teatro Valle di Roma.
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ai due autori: quella drammaturgia per oggetti (o muta) di cui si L'unico elemento vero (che non vuole essere altro da quello
è parlato fin dalle loro prime produzioni. che sembra) di Bosco, è l'oggetto scultura che i due attori co-
Il confronto che Remondi e Capo rossi intraprendono con il struiscono alla fine (ricorda le sculture lignee di Ceroli). Ma
luogo teatrale ha come caratteristica principale il dato che tutto è proprio in guanto scultura, l'oggetto si pone al di fuori del-
falso: le travi che i due attori usano per creare la struttura-scultura, l'alubito specificamente teatrale, affermando ancota, in virtù della
che domina il finale dello spettacolo, sembrano di legno, ma sono sua differenza, la falsità del teatro: invade la scena concentran-
in verità in vetroresina, anche il tronco non è di legno e la sega do su sé stesso tutta l'attenzione, che sottrae al fascino delle
non compie veramente il lavoro di dividere in due il fusto d'albero. ninfe idilliache del bosco. E la scultura, appunto, rappresenta
Le fatine che compaiono in scena poco hanno della corporeità e l'unico frutto concreto della fatica umana, l'unica cosa che sem-
della fisicità che caratterizzava i personaggi di Antigone o di Pazzo. bra contare e rimanere, '
La stessa coppia di attori sembra recitare il corrispondente dei La situazione, comunque, non deve apparire come una
ruoli che schematicamente, e banalmente, gli si potrebbe imporre: fuga nello "spensierato mondo dell'illusione", anzi si colloca per-
Caporossi "il Pittore" e Remondi "il Poeta". Non a caso nel mo- fettamente all'interno della poetica di Remondi e Caporossi che
mento di pausa del lavoro Caporossi dipinge il tronco e Remondi mostra di prediligere la riflessione sull'uomo e sulla disperata
legge, Anche i due omini quindi hanno indossato una maschera perdita del contatto con se stesso, usando però in Bosco, una
"teatrale" in Bosco; si sono truccati da loro stessi, ma un loro stessi metafora diversa da quella dei precedenti lavori. Invece della
tutto esteriore (guindi falso). I due attori giungono anche alla cruda verità di quello che siamo all'interno dell'alienante società
palese citazione della massima espressione di illusionismo, la pre- industriale, ci mostrano la falsità di ciò che sognamo attraverso
stidigitazione, quando Caporossi comincia a tirar fuori dal cappel- un'idillio con la natura,
lo del compagno una serie di fazzoletti colorati. La critica accoglie lo spettacolo con giudizi contrastanti.
Ma proprio il "trucco" teatrale è, per i due autori, l'occasio- In molte recensioni si fa riferimento alla noia che la quasi
ne di fuggire qualsiasi tentativo di rappresentazione realist1ca, totale assenza di azioni può suscitare. Si continua per altro a far
Accettando completamente il dato che la scatola del palcoscenico, riferimento alle macchine celibi, senza trovare però un reale
nel teatro all'italiana, è il luogo delle cose non reali, Remondi e aggancio con lo spettacolo in questione. Viene comunque messa
Caporossi la descrivono enfaticamente come il luogo privilegiato in evidenza la novità dell'uso dello spazio teatrale tradizionale
dell'illusione. Infatti l'illusione del teatro può arrivare a tal punto rispetto alle altre produzioni di Remondi e Caporossi 29
da far considerare reale anche t'ombra di ciò che non c'è più, e
quindi è perfettamente "normale", secondo il copione, che le tre
creature del bosco camminino suU' ombra del tronco così come
poco prima avevano fatto sulla sua immagine reale, In questo ambito
può accadere anche che l'ombra del mezzo tronco si abbatta guan-
do Remondi aziona la piccola pressa che dovrebbe provocare il
rumore di un albero che si schianta e che invece ora è muta poiché 29 Giorgio Prosperi, Il «Bosco inutile» di Remondi e Caporossi, "Il Tempo",
priva del pezzo di legno da spezzare 28 • 16 maggio 1984. Gianfranco Capitta nomina «il fascino casalingo della pre-
stidigitazione» in Bosco di scena. Remondi e CaporoJsi maestri falegnami, "Il
Manifesto", 22 novembre 1983, Maurizio Giammusso interpreta lo spettacolo
28 Questo è un esempio tra i molti episodi di Bosco nei quali Remondi
come un «componimento candidamente gratuito», Due omini nel «Bosco»,
e Caporossi ripropongono una stessa azione lievemente variata. "Corriere della Sera", 13 maggio 1984.
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DESCRIZIONE DEGLI SPETTACOLI
l Remondi esce da uno dei corridoi ciechi della sala. Sempre lo stesso
avrà la funzione di camerino per gli attori.
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afferrano gli estremi cominciando a drarli. Il cieco avanza fino porossi (fig. n. 16), un trombone. Dal pozzo proviene anche il
al pozzo. Facendo scorrere un carrellino, fatto con un vecchio suono di una fanfara e quindi i due attori cominciano a tirar
rubinetto, sulla fune inclinata, Remondi e Caporossi gli fanno su con la corda delle trombe, un talnburino.
arrivare dei fogli scritti in braille. Scomparendo lentamente nel Rinvenuti dal primo sbigottimento Remondi e Capo-
pozzo, sempre attaccato con una mano alla fune, il cieco legge rossi tentano degli esperimenti sull'ominide. Gli consegnano
i nomi di alcuni spettatori in sala 2 • il capo di una corda alla estremità della quale è legato un
I due attori, trascinati dai due capi della corda, raggiun- secchia di metallo. L'ominide esce. I due personaggi attendo-
gono loro malgrado il pozzo. Abbandonano la fune solo nell'at- no sul bordo del pozzo. Di qui rispunta l'ominide, con il
timo in cui stanno per precipitare, quindi osservano il pozzo. capo della corda in mano. Sempre tenendo in mano il capo
Costruiscono una carrucola sul pozzo e, con una corda, della corda che continua a venir fuori dal pozzo l' ominide
calano lentamente una grossa pietra, per sondare la profondi- attraversa la sala ed esce. Remondi e Caporossi afferrano la
tà (fig. n. 14). Remondi, per la stanchezza, non controlla corda e tirano fino ad afferrare il secchio pieno d'acqua che
più l'attrezzo e la pietra precipita liberamente tirando con se Remondi svuota in un catino e ripone al fondo scena. Non
tutta la corda che si stacca dalla carrucola. Segue una lunga hanno nemmeno finito l'azione che riecco uscire l'ominide,
e interminabile attesa del tonfo che però non aniva. ancora con il capo della corda che si trascina dietro, all'estre-
Sui bordi del pozzo spunta una mano, poi 1'altra, appare mità della quale c'è un'altro- secchia d'acqua. Questa scena si
una testa e a poco a poco esce fuori un uomo (l' ominide) ve- ripete meccanicamente per sei volte. Alla fine, lnentre la
stito solo di un paio di calzoncini aderenti color carne (Lillo coppia attende l'uscita dell'ominide, salta fuori dal pozzo un
Monachesi). Con un'espressione fissa esce di scena senza curarsi secchio privo della corda, che Capo rossi prende a volo. Si
minimamente dei due personaggi. palleggiano tra di loro il secchia e poi lo depongono.
Attorno a questa azione, che si ripeterà costantemente, si Dal pozzo esce ancora l'ominide portando sulle spalle un
affaccenderanno per tutta la dutata dello spettacolo Remondi e sacco, che però gli scivola ricadendo nel pozzo. Remondi steso
Caporossi. L'apparizione dell'ominide - che emerge dal pozzo, a terra canta una canzoncina e Capo rossi si commuove sfilando
attraversa la sala, esce, e poco dopo torna a riemergere dal platealmente dalla tasca un fazzoletto colorato.
pozzo, attraversa la sala, ed esce nuovamente, all'infinito'" - cre- Riappare il sacco sull'orlo del pozzo, sulle sl>alle del-
erà litigi, dispute nella coppia che prima sarà interessata, incu- l'ominide; il sacco gli scivola, di nuovo, ma questa volta i
riosita, e poi infastidita, turbata, impaurita. L'ominide spunta due compagni riescono a prenderlo e, mentre l'uomo va via,
dal pozzo con oggetti diversi; un cappello come quello di Ca- depongono a terra quello che si rivela più chiaramente come
uno zaino al quale è legata una imbracatum. Da questa si
dipanano una serie di cordini che, tirati dai due, estraggono
2 Ai primi spettatori viene chiesto di lasciare il nome al momento del- dal pozzo un paracadute colorato. Remondi e Capo rossi lo
l'ingresso in sala. stendono sul pozzo. Si vede una figura emergere, sotto il
3 Remondi e Caporossi hanno completamente ristrutturato questa cantina
paracadute. Remondi e Caporossi la imprigionano nel tela
del Teatr? in Trastevere appositamente per lo spettacolo che nasce quindi per
uno spazlO preciso. Per consentire il continuo apparire di Lilla Monachesi ma, mentre la stanno per legare, dal pozzo esce l'01ninide
(l'ominide) hanno rialzato il pavimento della sala in modo da ottenere uno che attraversa la sala e se ne va.
spazio, sotto il buco centrale, capace di contenere una persona accovacciata.
I due compagni restano sbigottiti, lasciano la preda cattu-
~anno predisposto poi dei cunicoli, sempre sotto il pavimento, che collegano
11 pozzo con i punti di uscita dell'ominide. rata che lentamente esce di scena selnpre dentro il paracadute.
110 111
Passa ancora una volta l'ominide, e allora la coppia decide OMINIDE. Azione scenica di Remondi e Caporossi. Anno di pro-
di bloccare l'imboccatura del pozzo con una pelle di animale duzione 1979.
presa dallo zaino. La fissano alla bocca del pOZlO respingendo le
mani dell'ominide che tenta di riemergere. L'ominide preme Non si tratta di uno spettacolo vero e proprio. Più che
dall'interno e Remondi e Capotassi lo percuotono con due altro è un'auto-esposizione di Remondi e Caporossi che allesti-
clave. Battendo provocano però un rumore strano, come se col- scono un ambiente con oggetti e materiali provenienti dal loro
pissero del legno. Impauriti fuggono via, nella stanzetta da cui passato artistico e privato.
era entrato Remondi all'inizio. Lentamente dall'alto cala una L'azione è totalmente affidata agli spettatori: gli attori
pietra tenuta da una corda, che termina la sua discesa sospesa non vi prendono parte. Dopo aver prenotato il proprio turno
a poca distanza sopra al pozz04. d'ingresso lo spettatore accede alla Sala Pozzo (quella usata per
Le luci in sala si spengono e segnano cosÌ la fine della l'omonimo spettacolo) attraverso la garitta girevole che era stata
rappresentazione. utilizzata in Rotòbolo. La garitta vien fatta l'notare dal custode
che avverte lo spettatore del tempo a disposizione: dieci minuti.
Fonti per la descrizione dello spettacolo: La garitta è l'unico passaggio per la cantina ed è inserita in una
Video dello spettacolo in B/N registrato al Teatro Litta di Milano nel
novembre del 1989.
parete divisoria costruita con i mattoni di Cottimisti. Lo spetta-
Foto dello spettacolo in B/N prive dell'indicazione dell'autore, scattate tore in assoluta solitudine incontra due manichini con divise da
alla Sala Pozzo del Teatro in Trastevere di Roma nel 1978, gentilmente custodi che fanno la guardia a un pezzo di tronco di ulivo. Il
concesse da Remondi e Caporossi. Foto in B/N di Cesare Accetta, scattate al
tronco, lavorato dai due attori, assomiglia allo scheletro di un
Teatro Clemson a Roma, nell'ottobre del 1985, nell'ambito della rassegna
Illusi, .... , gentilmente concesse dall autore. uomo accovacciato a terra. In un angolo c'è uno specchio. Lo
Lo spettacolo, infatti, anche se nacque specificamente ideato per la can- spettatore può girare liberamente in questo spazio bianco calce,
tina in disuso del Teatro in Trastevere, è stato poi riallestito in modo da
che ricorda una cripta, per dieci minuti, fin a quando un cam-
poter essere rappresentato anche nei teatri tradizionali all'italiana; cosÌ come è
avvenuto in occasione della rassegna romana dedicata a Remondi e Caporossi. panello non lo avverte che il suo tempo è scaduto.
Pozzo, copione a fumetti disegnato da Riccardo Caporossi.
Copione originale dello spettacolo, manoscritto, gentilmente fornito dagli Fonti per la descrizione dello spetracolo:
autori. Foto in B/N, prive dell'indicazione dell'autore e della data in cui sono
Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia). state scattate, fornite da Remondi e Caporossi.
Intervista a Remondi e CaporoSSi, cito Copione originale dello spettacolo, dattiloscritto, gentilmente concesso
Fabio Bartoli, Pozzo (1978), op. cito dagli autori.
Barbara De Miro, Il sostantivo singolare di Claudio Remondi e Riccardo Intervista a Remondi e Caporossi, cito
Caporossi, cit. Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia).
Fabio Bartoli, Ominide (1979), op. cito
Barbara De Miro, Il sostantivo singolare di Claudio Remondi e Riccardo
CaporosJi, cito
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ANTIGONE. Riduzione da Sofocle di Remondi e Caporossi, diret- Sulla porta laterale SInistra del lnuro (che è posta a una
ta da Remondi e Capo rossi. Anno di produzione 1981. certa altezza da terra e si affaccia su di un piccolo cumulo di
Personaggi e interpreti: ghiaia) spunta Creante vestito di un abito in pelle nera (pan-
CREaNTE, Claudio Remondi taloncini corti e un panciotto). Si lascia cadere sul pietrisco,
ANTIGONE, Sabina de Guida corre alla duna e arranca per raggiungere la vetta. Una volta
TIRESIA, Piero Orsini sopra al cumulo di brecciolino inizia un monologo (recitato
IL SELVAGGIO, Piero Cegalin. accademicamente) con il quale intende ricordare agli astanti che
Tecnici fuori scena: Riccardo Caporassi e Lilla Monachesi. la legge si impone e gli uomini devono ubbidire; e per questa
ragione la salma di Polinice. non deve essere sepolta.
Lo spettacolo è allestito in un capannone industriale vuo- Il selvaggio, dal ciglio del muro, lancia dei sassolini verso
to, tra Ostia e Fiumicino, alI'esterno del quale, sulla vetrata in la porta di destra, dove appare Tiresia, narratore cieco, vestito
alto, campeggia la scritta "Antigone". di una tunichetta rossa (ha in Inano una sedia e un libro).
Lo spazio all'interno è rettangolare, ed è immerso in una Tiresia, guidato dal rumore dei sassi che il selvaggio continua
luce bianca piena e fissa. Posti rispettivamente nei pressi dei a gettargli innanzi, giunge di fronte al pubblico e si accomoda
due lati più corti del rettangolo si trovano un grosso muro sulla sedia che porta con sé. Leggendo in braille, pronuncia i
ricurvo, in mattoni di tufo, e una gradinata semicircolare con suoi vaticinio Nel contempo Creante perviene al suo trono sul
diverse sedie per la sistemazione del pubblico. Tra questi due punto più alto della gradinata dietro gli spettatori.
elementi si stende un manto di ghiaia bianca a grana grossa Al tennine del n10nologo di Tiresia inizia un aspro e duro
che forma una duna alta all'incirca tre metri immediatamente dialogo tra il tiranno e Antigone che era restata accovacciata ai
davanti al muro di tufo (fig. n. 17). piedi della duna. Mentre parla, la protagonista indossa un abito di
Il pubblico, quando entra, trova, sulla distesa di ghiaia, corde. Avanza poi sfilando a una a una le corde dell'abito e anno-
una grossa corda (circa 12 cm di diametro) del tipo di quella dandole l'una all'altra in modo da formare un solo grosso filo (fig.
utilizzata per gli ormeggi pesanti. Partendo dalla duna, la corda n. 18). Viene fermata dal selvaggio che la cattura e la trascina di
disegna per terra una grossa spirale, al centro della quale è nuovo ai piedi del cumulo di ghiaia. Poi il selvaggio sparisce.
stesa, raggomitolata in posizione fetale, una piccola donna che Antigone ricomincia ad avanzare e ad annodare le corde, parla
veste una calzamaglia color carne. In lei si potrà facilmente mescolando i ricordi dei fratelli morti alle frasi di ribellione.
riconoscere il personaggio di Antigone. Recita con una cadenza piatta e monotona, ripetendo sempre lo
Sul ciglio del muro compare un uomo selvaggio, seminudo. stesso gesto, con la fredda determinazione di un robot. Creante
I suoi movimenti sono animaleschi, e cammina a quattro zampe. scende dal trono e si aggira tra il pubblico. Antlgone arriva alla
Lentamente la grossa spirale di fune si scompone in tanti base della gradinata e poi, quando Creante ha decretato anche la
piccoli segmenti, tirati da altrettante corde più piccole che scor- sua condanna, si allontana. Il dialogo prosegue tra il tiranno e
rono sotto il pietrisco. I segmenti procedono verso il muro e Tiresia, finchè anche Creante esce lasciando il narratore a pronun-
spariscono in un cunicolo alla base della duna oppure dietro di ciare da solo i suoi vaticinio
essa dopo averla superata. Durante questa operazione, della durata Il selvaggio appare e scompare. Tiresia si alza e si allon-
di una decina di minuti circa, l'unico rumore in scena è quello tana: esce da dove è entrato, lasciando il libro sulla sedia. Creante
della ghiaia rimossa. Antigone cerca di trattenere la corda e appare sulla grande duna e scende lentamente, portando tra le
V1ene trascinata fino alla grande duna. braccia Antigone rannicchiata in posizione fetale. Dichiara che
114 115
Il.
la sua condanna a morte purificherà il suo regno. Pone la donna Lentamente si illumina il sipario di luce radente e si sentono
al centro della spianata. Antigone ricomincia a recitare, questa tre colpi (che nel copione vengono definiti di inizio spettacolo).
volta in tono pill rassegnato, e continua ad annodare le corde. Dopo aver sentito il rumore i due attori cominciano a muoversi.
Creante, piangendo la morte del figlio, lancia palate di Remondi va verso il sipario, Capol'Ossi accenna a suonare il violino
breccia sulla cima della grande duna, finché cade sfinito sul che aveva nascosto tra le braccia~ chiuso nella sua custodia. Poi
pendio di pietrisco. Si rialza e ritorna sulla porta dalla quale era ritornano seduti nella posizione di prima.
apparso; di spalle al pubblico si lascia cadere al di là del muro. Si sentono altri tre colpi. I due attori si sistemano alle estre-
Antigone, sola in scena torna indietro verso il cumulo di mità della panchina e afferrano due capi di corda pendenti alla
ghiaia e annoda l'ultima corda alle altre, formando una grossa base del sipario. Ancora tre colpi d'inizio. Remondi e Caporossi
matassa che porta in spalla. cominciano a tirare la corda e a disfare il sipario, con movimenti
I! selvaggio appare e scompare per l'ultima volta. ritmici. Aprono così una piccola apertura al centro ed entrambi la
La protagonista, recitando quasi un addio al mondo, arriva esplorano brevemente. Risuonano altri tre colpi e i due personaggi
alla duna di pietrisco, depone la matassa di corda e si "auto-tumu- si risiedono sulla panchina ricominciando a sfilare la corda.
la" sparendo all'interno della feritoia centrale del cumulo. I! sipario è formato da singole fasce di corda intrecciata che
scendono dal graticciato. La corda sfilata si accumula ai lati della
Fonti per la descrizione dello spettacolo: panca. Quando hanno disfatto due fasce di corda intrecciata, Re-
Foto dello spettacolo in B/N prive delPindicazione dell'autore, scattate al
Capannone Industriale nel 1982, gentilmente concesse da Remondi e Caporossi.
mondi e Caporossi ottengono un'apertura abbastanza grande per
Copione originale dello spettacolo, manoscritto, gentilmente fornito dagli consentire il passaggio. Entrambi sono curiosi di esplorare il buio
autori. al di là del sipario. Caporossi è più intraprendente e avanza nel
Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia).
palcoscenico: nel buio appende la sua giacca a un attaccapanni
Intervista a Remondi e Capot'orsi, cito
Barbara De Miro, II sostantivo singolare di Claudio Remondi e Riccardo sospeso a un filo invisibile. Remondi invece è più prudente e tenta
Caporossi, dt. di trattenere il compagno. Ritornano alla panchina e, uno di spalle
all'altro ricominciano a tirare la corda. Il varco nel sipado è sem-
pre più grande. Caporossi si prepam a suonare il violino ma risuo-
nano di nuovo tre colpi che lo interrompono. Deposita il violino
Scritto, diretto e interpretato da Claudio Remondi
TEATRO. nel buio e ricomincia a sfilare. L'apertura è sempre più grande e
e Riccardo Caporossi. Anno di produzione 1982. i due attori si fermano a osservarla.
I due personaggi dividono la panca in due metà che sistemano
La rappresentazione si svolge in un teatro tradizionale. ai lati del palcoscenico. Contemporaneamente la corda si accumula
All'inizio la sala è completamente buia, solo un "occhio di bue" al suolo. Riuniscono le panchine e, uno di spalle all'altro, di profilo
(un proiettore con fascio di luce molto concentrato e sagomato al pubblico, proseguono la loro fatica. Stanchi, Remondi e Caporossi
a circolo) illumina due personaggi, seduti su una panchina, sul sembrano addormentarsi. Caporossi però si alza e si rimette la giacca
proscenio, spalle al pubblico. Vestono entrambi un completo che aveva lasciato al di là del sipario; si appresta a suonare il vi'alino
nero con un cappello floscio. Caporassi calza grossi e vecchi ma si arresta, cadendo a terra come un fantoccio floscio. Il rumore
scarponi. Sono immobili e si sostengono a vicenda, di fronte a della caduta sveglia Remondi. Insieme a Caporossi ricomincia a
un sipario formato da una grossa corda bianca, intrecciata come sfilare la corda, questa volta restando in piedi.
un enorme lavoro a maglia (fig. n. 19). I due personaggi sistemano i panchetti oltre il sipario. Con-
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sumano un frugalissimo pasto e poi ricominciano. Remondi recita: della scena. Rumore di un campanello, quindi Remondi porta in
«e se tra di noi un giorno ci fosse una rottura?». Subito dopo scena un grosso gomitolo di corda e lo sistema dietro il lllucchio.
iniziano a portare i mucchi di corda ammassati a terra verso i lati Appare Caporossi che si nasconde dietro al gomitolo. I
del palcoscenico. Si ritrovano entrambi a prendere uno stesso due si rincorrono e poi si fermano per ricominciare a disfare
mucchio di corda e inscenano un tiro alla fune. Remondi è più l'ultima parte del sipario. Giocano con la corda usandola come
agitato. Dall'alto cade un pezzetto di corda annodato che Remondi vestito e come ornaillento e formano due n1ucchi ai lati della
raccoglie e getta nel buio del palcoscenico. scena. Alla fine si liberano di tutti i resti della corda, si diri-
Al di là del sipario c'è una corda stesa a terra che attraversa gono verso il gOlllitolo e lo fanno rotolare in avanti fino ad
tutto il palcoscenico. I due attori la tendono e la sollevano sopra assestarlo sul mucchio di corda. Rotolando, il gomitolo rivela
le loro teste. La corda resta in questa posizione e sembra suggerire alla vista del pubblico una panchina che, alla fine della rotazio-
ai due personaggi la prf'senza di un muro. Infatti cercano di vedere ne, resta fissata alla sommità, in posizione orizzontale. Entrambi
cosa ci sia dall'altra parte, finché Relllondi scavalca la corda-muro. gli attori, con in mano i capi delle corde che compongono le
I due compagni si ritrovano separati, uno di fronte all'altro. La ultime parti del sipario, si siedono sulla panchina, in cima al
corda si abbassa e Remondi e Caporossi cercano di abbracciarsi, ma gomitolo. Remondi recita: «È inutile che ci facciamo illusioni,
la corda risale e li divide. dopotutto apparrerrelllO sempre a due mondi diversi». Quindi
Poi la corda si riabbassa, Remondi passa al di là sparendo disfano molto in fretta l'ultima parte del sipario finché gli
nel buio. Caporossi resta in luce e sale sulla panca per affacciarsi estremi della corda non cadono a terra.
oltre la corda, guardando il pubblico, poi aha le mani oltre la Allora Caporossi prende da dietro il gomitolo un lavoro
corda e manda dei messaggi con l'alfabeto dei sordo-muti. Inscena, a maglia e comincia a sferruzzare. Remondi incuriosito chiede:
con le scarpe, una serie di giochi sopra la corda, poi tira le scarpe «cosa mi fai? un maglione? una berretta? una sciarpa?» Capo-
in alto, le riafferra e si mette in disparte (al di qua del muro). rossi resta muto. Allora Remondi con estrema gioia esclama:
Entra Remondi con in mano tre piumini colorati (secondo il co- «un sipario!». Il compagno sogghigna.
pione dovrebbero essere pennacchi di carabinieri). Mentre incede Due corde tese verticalmente dai lati dell'arcoscenico, si
con passo marziale la corda cade e i due attori scappano via, la- avvicinano al centro e di allontanano, per varie volte (simulando
sciando gli scarponi di Capol'Ossi in scena. il sipario teatrale che, a fine spettacolo, copre e svela gli attori
La corda si tende di nuovo ma questa volta lungo la al pubblico per gli applausi). Ogni volta che le corde si chiu-
diagonale del boccascena. Caporossi appare su una bicicletta dono i due attori si comportano come se il pubblico non li
inserita in una grande ruota, e si inerpica sulla fune, portando vedesse. Alla fine, nel buio, resta illuminato solo il gomitolo,
con se il violino; avanza entrando in un cerchio di luce verso finché anche l'ultima luce pian piano si affìevo(isce.
il centro della scena e poi sparisce (fig. n. 20). Remondi segue
meravigliato la sua acrobazia e poi si siede sulla panchina e Fonti per la descrizione dello spettacolo:
ascolta il suono di un violino in lontananza. Video dello spettacolo in B/N registraro al Teatro Comunale di Narni, di cui
non conosciamo la dara né l'autore. Gentilmente concesso da Remondi e Caporossi.
I resti del sipario disfatto, sparsi per terra in mucchi di Disegni ispirati allo spettacolo di Riccardo Caporossi.
corde, vengono tirati fuori scena da due macchinisti nascosti dietro Foto dello spettacolo in B/N di Cesare Accetta, scattate al Capannone
le quinte anteriori delle due estremità del palcoscenico. La musica Industriale di Ostia nel 1982, e al Teatro Olimpico di Roma nell'ottobre del
1985, nell'ambito della rassegna Illusi ... , gentilmente concesse dall'autore.
si fa sempre più impetuosa e poi tace improvvisamente. Remondi
Copione originale dello spettacolo, manoscritto, gentilmente fornito dagli
va a prendere della corda che deposita in un mucchio al centro autori.
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Intervista a Remondi e Caporo!si, cito traverso la fenditura; oppure il pittore ritocca la corteccia del tron-
Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia).
Barbara De Miro, Il sostantivo singolare di Claudio Remondi e Riccardo co con i colori e il poeta legge.
Caporossi, cito Giunti alla base si sistemano uno di fronte all'altro, avendo
al centro il tronco, poi il poeta fa ruotare l'albero, mettendone una
parte in ombra. Il taglio della sega è cosÌ visibile al centro del
tronco. I due attori scambiano poche battute tra di loro. Remondi
Bosco. Scritto e diretto da Remondi e Caporossi. Anno di pro- aziona con la mano un attrezzo, simile a una piccola pressa, che,
duzione 1983. spezzando un minuscolo pezzo di legno, simula il rumore dello
Personaggi e interpreti: schianto di un albero che si spezza. Al rumore il mezzo tronco dal
PITTORE, Riccardo Caporossi lato del pittore crolla lentalTIente verso le quinte, ma la sua cima
POETA, Claudio Remondi resta sempre fuori scena. Il mezzo t(onco è inclinato come se fosse
CREATURE DEL BOSCO, Giulia Ripandelli, Sandra Ugolini, appoggiato sulla propria chioma. Caporossi ripete l'azione del
Lucia Viglianti. compagno con la piccola pressa e crolla lentamente anche l'altro
mezzo tronco. Nel riquadro del boccascena il tronco dell'albero è
aperto in due metà. I due attori si siedono sulla cupoletta del
Lo spettacolo è ideato per uno spazio teatrale tradizionale. suggeritore e osservano il tronco spaccato.
Quando il sipario si apre, al centro del riquadro del boccascena Dal lato della scena, passando sulle due metà del tronco,
si erge il tronco di un albero la cui cima sparisce in alto e non entrano tre ragazze, vestite di veli leggeri e 1TIulticolori. Canta-
è visibile. Una luce proietta sul piano del palcoscenico l'ombra no dolcemente emettendo a ripetizione tre o quattro note ugua-
del lungo tronco. Davanti all'albero, sulla scena, ci sono un li con voce acuta di testa. Spariscono dall'altro lato della scena
cavalletto da segheria e la cappottina della buca del suggeritore. sotto gli sguardi interessati dei due personaggi. Caporossi pren-
Si sente il rumore di una sega e, annunciati dalla propria de un innaffiatoio dalla buca del suggeritore e innaffia la pro-
ombra, appaiono dall'alto del boccascena Remondi e Caporossi che pria metà di tronco, che, con vari sussulti, raggiunge di nuovo
segano verticalmente il fusto. Sono seduti su una specie di strana la posizione verricalé. Remondi vorrebbe riabbattere il mezzo
altalena che scorre all'interno della fessura aperta da una grande tronco e si avvicina alla pressa che produce il rumore dello
sega a quattro mani che i due attori muovono ritmicarilente 5• Così scbianto. È però interrotto dall' apparizione delle tre ninfe che
facendo altalenano e scendono lentamente lungo il tronco. Capo- ripetono la stessa azione di prima, mentre la metà verticale del
rossi indossa un costume composto da un. paio di pantaloni alla tronco ritorna in posizione obliqua per farle passare. Quando
zuava, retti da bretelle, una camicia bianca e un cappello floscio da Remondi si avvede che il tronco è già abbattuto, aziona lo
pittore, ai piedi calza due grossi scarponi. Remondi indossa un stesso il meccanismo perché, dice, «mi piace lo stesso»7.
paio di calzoni normali, retti da bretelle, una camicia bianca e un Il pittore è affascinato da queste apparizioni e siede tra-
cappello panama bianco. Caporossi è più esile del compagno e sognato tra i due mezzi tronchi a canticchiare. Con sua sorpresa
quindi, sotto il proprio sedile, ha appeso un masso che fa da con-
trappeso. Durante la discesa, talvolta si fermano e si studiano at-
6 Prima di prendere Pinnaffiatoio dalla buca del suggeritore chiede: «Che
cosa mi suggerisci?». Pronuncerà la stessa frase anche in seguito quando ri-
5 Da notare che il dondolo scorre nella fessura che la sega dovrebbe peterà l'azione.
aprire, ma prima che la sega abbia ipoteticamente tagliato il legno. 7 Dal copione originale dello spettacolo, pago 4.
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gli risponde un'eco; mentre il poeta traffica alla base del tronco. ripl'enderselo, ma Caporossi se ne impossessa. Giocando estrae
Per breve tempo appare in scena una delle ninfe e lascia cadere dal cappello tre fazzoletti colorati, assumendo le pose di un
un lembo del vestito per terra, mentre da lontano si ode un prestigiatore. Rientrano le tre ninfe e riprendono i loro fazzo-
canto. Le due metà di tronco si dividono e vengono trascinate letti. Remondi e Caporossi cominciano a costruire una gabbia
ognuna da un lato della scena fino a sparire. triangolare intorno alle creature, servendosi di travette di legno
Entrano una alla volta le altre due ninfe, sempre cantando, quadrate lunghe quattro metri che vengono lanciate in scena
e lasciano cadere, separatmnente, due lembi dei loro vestiti. Da qui dalle quinte8 . Le tre creature in gabbia cantano. Come ipnotiz-
parte una delicata scena durante la quale si svolge un gioco con i zati i due attori scompongono la gabbia e costruiscono, al cen-
lembi di stoffa: prima le ninfe e poi Remondi e Caporassi raccol- tro scena, una diversa architettura, quasi una scultura.
gono, lasciano cadere e raccolgono di nuovo i lelnbi colorati in Le tre creature, liberate, si avvicinano alla scultura e la
vario modo, scambiandoseli v.icendevohnente. L'ultimo lembo vie- girano, quasi per mostrarla meglio al pubblico. Una di loro
ne raccolto da una ninfa che esce velocemente. comincia a suonare il sassofono, mentre il poeta e il pittore
Remondi e Caporossi siedono sulla cupoletta del suggeritore escono (fig. n. 22). Rientrano di lì a poco con due asce in
e guardano l'ombra del tronco d'albero (ora aperta in due) che è mano che, nel finale, incrociano, fermi in una posa plastica.
rimasta visibile sul suolo, anche se il tronco è materialmente assen-
te. Il pittore ripete l'operazione iniziale con l'innaffiatoio e l'ombra Fonti per la descrizione dello spettacolo:
Foto dello spettacolo in B/N di Cesare Accetta, scattate al Teatro Valle
si sposta assumendo una posizione verticale. Il poeta aziona la
di Roma nel 1984, gentilmente fornite dall'autore.
piccola pressa che provoca il rumore dello schianto, ma non ne Copione originale dello spettacolo, manoscritto, gentilmente fornito dagli
ricava alcun suono in quanto manca il minuscolo pezzo di legno autori.
Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia).
da rompere. L'ombra descrive il crollo del mezzo tronco del pitto-
Intervista a Remondi e CaporoSJi, cito
re. Il poeta si nasconde nella buca del suggeritore. Barbara De Mim, Il sostantivo singolare di Claudio Remondi e Riccardo
Rientrano le tre ninfe vestite con veli di colore diverso, Capor()JJi, cito
seguendo l'ombra dell'albero, come se ballassero al suono di una
musica. Capotassi estrae dall'innaffiatoio dei campanacci che però
non producono alcun rumore. Il poeta, uscito nel frattempo dal
suo nascondiglio, cerca di far comprendere al pittore che i cam-
panacci non suonano poiché al loro interno ci sono dei fazzolet-
ti. Remondi esce di scena.
Le tre fatine cominciano a giocare tra di loro gettandosi
una palla di stracci da una parte all'altra della scena, e rincor-
l'endosi vorticosamente intorno al pittore, finché la palla non si
disfa negli indumenti del poeta. Le tre creature indossano ri-
spettivamente il cappello, la giubba e il pantalone, assumendo
poi una posizione che le fa assomigliare a un gigantesco fantoc-
cio dalle sembianze del poeta. Poi escono, saltellando e lascian-
8 In realtà le travette (cm 8 x cm 8 x cm 400) sono in vetmresina
do in scena il cappello. dipinta in modo tale da apparil'e di abete stagionato. In tutto le travette sono
Rientra Remondi che riconosce il suo cappello e tenta di trenta. \
122 123
IV
LA RICERCA DELL'UNITÀ
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due autori sulla parola e quindi sul suono, scisso nelle sue mondi mediante i disegni tracciati sulla parete di fondo. Caduta
componenti fondamentali (parola - musica - canto) senza una comunque, forse proprio per la sua unicità, non rivela un par-
particolare gerarchia qualitativa tra le parti. In questo ambito ticolare uso delle macchine o dei materiali, che si ripropone
trovano un' appropriata collocazione le improvvisazioni free di un invece nello spettacolo successivo: Spèra (1985).
trio jazzistico e i vocalizzi di tre attrici (le stesse che imperso- Se con Teatro ci trovavmno di fronte alla infinita manipo-
navano le ninfe in Bosco) che scandiscono lo spettacolo. Proprio lazione di un materiale specifico (la corda), in questo spettacolo
quella componente sonora, tanto controllata e ri.dotta nei prece- assistiamo a una «commedia senza parole)}, come viene definita
denti lavori di Remondi e Caporo,si, qui diventa il fulcro dello nel copione, "scritta" con quegli oggetti che sono ormai diven-
spettacolo; al punto da spingere Nicola Fano a riconoscervi tati familiari alla poetica di Remondi e Caporassi: la sfera, gli
«l'intenzione di spettacolarizzare una lettura tramite un impian- scarponi e i cappelli.
to espressivo free», il tentativo di usare una tecnica propriamen- Una provata caratteristica dei due autori è quella di mettere
te jazzistica per una materia teatrale 1 • in scena un particolare oggetto o materiale quando è stato comple-
Caduta possiede le caratteristiche proprie di un'opera che si tamente assimilato nella loro memoria, quando, dopo una presenza
pone in un momento di passaggio dell'attività di Remondi e quasi invisibile nella loro vita quotidiana e artistica, assume im-
Caporossi, non solo per la messa in disparte dei modi di rappre- provvisamente, a causa di una associazione di idee o di una parti-
sentazione consueti alla coppia di autori, ma anche perché lascia colare sollecitazione emotiva, dei significati nuovi e inaspettati 2 •
intravedere il superamento di quella riflessione sullo spazio teatra- Gli scarponi, ad esempio, oltre a essere una costante,
le di cui abbiamo parlato nel precedente capitolo. Da questo insieme ai cappelli, di molti spettacoli di Remondi e"-'Caporossi,
momento il teatro non è considerato l'oggetto dello spettacolo ma riflettono una loro memoria emotiva privata. Gli scarponi, come
viene "usato" dai due autori e quindi accettato a priori come luogo afferlnano gli stessi autori,- sono elementi tipici dell'abito, quin-
della rappresentazione. Questa evoluzione è comprovata, del resto, di vicini all'uomo; ma acquistano ancora più valore alla luce di
dall'uso delle luci, che trova applicazioni più elaborate come il quanto ricorda Remondi: «Mio padre era artigiano edile. Ha
neon sagomato che disegna la figura di un rubinetto mentre lascia lasciato un paio di scarponi che aveva usato negli ultimi dieci
cadere una goccia che va a rompersi sul palcoscenico. È evidente anni della sua vita. Riccardo [Caporossi] li ha visti, li ha indos-
che la caduta della goccia introduce e rimanda ad alrre cadure sati e da sempre se li sta portando dietro. Sono cose che il
quali sono i temi portanti dello spettacolo: quella di Remondi da pubblico non sa, ma che per noi sono molto importanti».
un'impalcatura durante una prova di Cottimisti e quella del Dortor Inoltre la messa in scena di Spèra conferma il fascino che
Faust destinato a precipitare negli inferi. la figura geometrica del cerchio ha su Remondi e Caporossi. La
Bisogna contemporaneamente tener presente che durante stessa immagine della sfera era presente nella grande palla
la rappresentazione, sullo sfondo della scena, vi sono alcune metallica di Cottimisti, attrezzo demolitorio, nel gigantesco go-
invenzioni pittoriche, luci, teli dipinti che scorrono, immagini mitolo in cui si arrotolava il sipario in Teatro, ma anche nella
di farfalle: rutte opere di Caporassi (che agisce principalmente semisfera che imprigionava uno dei due -Personaggi in Sacco. È
fuori scena, e appare solo nel finale). È. un modo di concepire insomma un altro di quei continui riferimenti al proprio pas-
l'allestimento del lavora teatrale che ci riporta alla mente Térote sato artistico secondo una volontà chiaramente espressa da Re-
dove Caporossi, appunto, interveniva su un monologo di Re-
2 Ricordiamo a tal proposito la cassa di bottoni di Tèrote e il tronco
1 Nicola Fano, Dr. Faust a ritmo di jazz, in "l'Unità", 10 aprile 1984. d'ulivo di Ominide.
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1nondi quando afferlna: «noI trasferiaIllo sempre qualcosa degli comincia a dividersi in due metà, una munita di gambe e l'altra
spettacoli vecchi in quelli nuovi». di testa, tronco e braccia. Queste due cellule, frutto dell'originaria
Nello spettacolo ritorna anche l'elemento caratteristico della scissione, saranno le protagoniste di tutto il primo tempo dello
corda che qui si minimalizza nell'immagine dei tanti fili che, spettacolo. Mentre sono ancora sulla scala le due metà lasceranno
legati agli scarponi e ai cappelli, permettono agli attori e ai caderé, rispettivamente, un cappello e una scarpa: saranno proprio
loro assistenti fuori scena di "animare" e muovere gli oggetti. questi elementi a innescare i movimenti dei due attori.
Questa caratteristica, oltre a voler affermare la qualità artigiana- Gli oggetti, che si moltiplicano continuamente sul palco,
le del loro teatro mediante il palesamento del meccanismo, si sono considerati quasi alla stregua di personaggi autonomi con
inserisce sulla funzione comunicante che l'immagine della corda i quali è possibile interagire, tanto da poter "reggere" da soli,
ha negli spettacoli della coppia. Il filo è lo strumento che secondo l'intenzione degli autori, lo spettacolo. Scrive "a propo-
permette il contatto con gli oggetti. In questo caso la corda-filo sito Rodolfo Di Giammarco: «Non può non porsi rilievo anche
non collega più l'uomo con l'uomo (come accadeva in Teatro) all'oggetteria animata: cosÌ, ecco promossi al ruolo di attori i
ma l'uomo con gli oggetti; e la differenza assume un particolare cappelli borsalino che si fanno imprendibili o si sdoppiano al-
significato perché in Spè-ra gli oggetti operano come personaggi. l'infinito, ecco i familiari scarponi di Remondi e Caporossi
In Spèra però - ed è questa una novità tispetto alle pro- dialogare coi feltri, con effetti chapliniani» 4. Del resto fin dal-
duzioni precedenti - tutti questi elementi materiali non costrin- l'inizio, nella quarta scena, il copione prevede solo «una scarpa
gono i due personaggi ad alcun lavoro faticoso e alienante, la e un cappello vicini accanto alla scala»5. Questi oggetti si
stessa sfera non assume quell'aria tninacciosa che le era invece muovono "autonomamente" (tirati da fili fuori scena), e l'inter-
attribuita in Cottimisti, e gli oggetti non separano più la coppia vallo ha come protagonista un cappell~ che si solleva a un
di attori in scena ma, al contrario, contribuiscono a creare un metro e settantacinque centimetri sopra un paio di scarpe.
canale di comunicazione, problema fondamentale della poetica Gli oggetti possono anche mutare la realtà dei personaggi,
di Remondi e Caporossi. Lo spettacolo è infatti il continuo basta infatti che un cappello venga appoggiato sulla semisfera fornita
interagire dei due personaggi che usano come medium le scar- delle gambe (momentaneamente rovesciata) e questa si munisce, di
pe, i cappelli o le sfere. In contrasto con quanto avveniva in conseguenza, e all'inverso, di una testa e un busto. Remondi, nel
Caduta, qui dominano il silenzio e le cose, la cui consistenza secondo tempo, si meraviglia che tra le scarpe e il cappello, sepa-
materica è subito denunciata quando, nel breve prologo, il si- rati durante l'intervallo, manchi la persona; quasi come se la pre-
pario chiuso si gonfia e si ritrae, ripetutamente quasi come se senza di questi due elementi fosse indissolubilmente legata alla
respirasse, o come se non riuscisse a contenere tutto ciò che si presenza umana. Insomma, ancora una volta, i personaggi inter-
trova sul palcoscenico e stesse per traboccare3 • pretati da Remondi e Caporossi riscoprono una protonda umanità;
Subito dopo però, in un gioco di contraddizioni, il sipario
si apre su una scena quasi vuota dove al centro c'è una scala in
4 Rodolfo di Giammarco, Qttesta è ingegneria astrale, "La Repubblica", 13
verticale sulla quale, a metà altezza, è ferma una sfera color metallo
novembre 1985. Rita Cirio, a proposito, scrive: «Tra le loro "dramaris per-
lucente. L'azione vera e propria inizia nel momento in cui la sfera some" (che sono mattoni, sacchi, pozzi, ruote, corde, tubi, pietre, bulloni,
chiavi inglesi, argani, carriole, paracaduti, campanacci da mucca, secchi, assi
3 «lI sipario si prepara, si muove, si gonfia, si allarga, si amplia, si di legno, carrucole, cuscinetti a sfera) Remondi e Caporossi sembrano avere un
tende, si espande, si impone, si carica, cresce, avanza, incombe, intimorisce, occhio amoroso soprattutto per la sfera», in Chi spera e chi dispera, "L'Espres-
trabocca, ingigantisce, minaccia,), dal copione originale dello spettacolo, Pro- so", 8 dicembre 1985.
logo, p. 1. ~ Copione originale dello spettacolo, Quarta Scena, p. 4.
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rivelano un loro mondo poetico, legandosi strettmnente alla mate- con il semplice gesto del dito, assumendo un atteggiamento freddo
da delle cose. Ancora una volta i "due omini" assomigliano sempre e distaccato. Allora la separazione sembra accentuarsi dato che
di più a dei fumetti, poiché si inseriscono in un quadro scenico Remondi insiste nella propria vitalità istintiva cominciando a
usato come la cornice di una strip i:tll'interno della quale è lecito emettere i versi di vad animali. È evidente COlne in questo caso il
umanizzare le cose: in questo modo anche i due personaggi, alla gioco di contraddizioni, instituito nel prologo del sipario, conti-
stessa maniera degli scarponi, dei cappelli, della corda, dei matto- nui. Infatti, subito dopo la scena qui descritta, che potrebbe sug-
ni, diventano più che altro simboli o metafore dell'universo poe- gedre una inimediabile scissione, Caporossi si arrampica sulla scala,
tico di Remondi e Caporassi. lascia le proprie scarpe a terra e i pantaloni appesi sulla scala; a sua
Se, come abbiamo già accennato, in Spèra la componente volta Remondi vi aggiunge la giacca ed ecco ricomposta l'unità di
del lavoro è assente nella sua accezione comune di fatica, ciò cui si erano quasi perdute le speranze.
non toglie che la nozione di lavoro sia presente, e che magari Tutto lo spettacolo è condotto sulla complen1entarità dei
si trasformi, assumendo il significato più intimo di ricerca. A due personaggi; ognuno infatti possiede una gran quantità di
partire infatti dalla scissione iniziale, tutto lo spettacolo consiste ciò che l'altro cerca: Remondi ha molti cappelli mentre Capo-
nella continua ricerca di qualcosa, degli scarponi o dei cappel- rossi ha molti scarponi. Sempre questi oggetti aiutano a sta-
li, del compagno, ma è soprattutto la dcerca della propria unità. bilire un contatto, o ne sono semplici testimoni; sono, a volte,
Anche nel copione notiamo che non si parla mai di due i sitnboli dell'unione inscindibile che si instaura tra i due attori
personaggi distinti ma di due metà che si dividono sempre di quando, ad esempio, si 1"Ìtrovano legati per i lacci delle scarpe
più fino ad assumere i nomi di «uno» e «due», quando abban- e, malgrado gli sforzi, non riescono a separarle e devono quindi
doneranno le semisfere. L'unità di cui si parla può essere intesa lasciarle in scena forse prop1"Ìo come testimonianza di un lega-
come la possibilità di una comunicazione reale, di un rapporto me. Quest'ultimo, in quanto tale, può anche essere considerato
intenso: proprio la qualità che - sembrano suggerirci Remondi limitante, ma resta l'unica possibilità di sopravvivenza dell'uma-
e Caporossi - caratterizza l'essere umano. L'umanità sta proprio nità personale: proprio questa opposizione interna è difficile da
nella capacità di unire all'interno del soggetto le scissioni, i due accettare. la ricerca di unità è costellata da sentimenti contrap-
contrari, le due metà complementari, la logica e l'istinto. posti che devono trovare una forma di coesistenza.
Sulla separazione i due autori avevano già basato alcuni loro Dalla iniziale scissione della sfera sulla scala esplode una
lavori, come Sacco, ad esempio, dove Caporossi era "pura logica moltitudine di personaggi - sia cose che persone - e in que-
repressiva" e Remondi "puro istinto vitale". Questo motivo ritorna st' ottica Remondi e Capo rossi non sono delle individualità ma,
in Spèra. Infatti nel primo atto Remondi incarna la parte inferiore per ogni scena, una moltiplicazione di se stessi o meglio di una
del corpo, da sempre sede dell'istinto, e per lui, nel copione, si usa sola unità, quella iniziale. Gli stessi autori definiscono Spèra
1'espressione «sente» quando si accorge di qualcosa, mentre la stessa «uno sforzo di immaginazione, un sogno lucido, un salto co-
azione è segnalata con il termine «nota» quando è compiuta da sciente nell'illusione di vivere in un mondo popolato da tanti
Caporossi che espone invece la parte alta della figura e la testa, me stesso, da una folla di me: il deserto» 6 •
simbolo esplicito dell'intelletto e del ragionamento cosciente. Nel finale dello spettacolo, una simile proliferazione viene
Anche quando hanno ormai abbandonato le se1nisfere, la subito ricondotta, secondo un processo circolare - ancora una
divisione dei ruoli è conservata, Nella scena decima del primo
tempo, infatti, Remondi è a tena, vitale, e vonebbe esprimersi in G Dalla scheda dattiloscritta introduttiva alla rassegna stampa dello spet-
qualche modo, parlare o gridare, ma Caporossi, in piedi, lo zittisce tacolo, consei'vata da Remondi e Caporossi.
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volta -, all'unità. Non a caso gli autori ci mostrano una sfera tra lo stesso Capo rossi afferma che in questo spettacolo inizia
un cappello e un paio di scarpe; è una situazione simile a quella un cambiamento della loro attività artistica. Ad esempio è eviden-
della scena iniziale, solo che ora si svolge a terra ed è rivolta al te l'abbandono del carattere "quotidiano" che denotava i preceden-
pubblico. È come se lo spazio tra il cappello e le scarpe frutto ti allestimenti, e l'apertura ad atmosfere più lnetafisiche e surreali,
della scissione iniziale, sottolineato durante l'intervallo, fosse col- suggerite principalmente dalla presenza delle sfere color metallo.
nlato con un oggetto fortemente simbolico, che si associa alla Se un sacco, un muro o un sipario sono oggetti fortenlente radicati
nozione di atomo, monade, principio e fine di tutta la realtà. La nel concreto, il linguaggio scenico di Remondi e Caporossi può
sfera incarna metaforicamente il nulla infinito al quale si allude- operare il passaggio a un ambito di completa astrazione solo, e
va con lo spazio lasciato tra il cappello e le scarpe: può essere cOlllunque, grazie alla presenza attiva di un oggetto: la sfera che,
tutto e niente secondo il principio degli stessi autori per il quale come afferma Paolo lucchesini, «è una forma magica, l'unica a
dal nulla prolifico, dal deserto può nascere ogni cosa. L'andamen- possedere il segreto del movimento», assommando le miriadi di
to circolare della rappresentazione si completa e si rinnova total- associazioni che questa figura geometrica può suggerire. Certo un
mente, come suggerisce la frase che Remondi e Caporossi pon- contributo verso questa dimensione astratta viene anche dalla as-
gono al termine della scheda introduttiva alla rassegna stampa: senza del lavoro inteso come fatica fisica e quindi dall'assenza di
«sono solo, divento tanti, mi ritrovo solo»7. una dimensione temporale reale. L'assenza di oggettivi parametri
Certamente tutto ciò (il contrasto tra solitudine e comuni- temporali (fatta eccezione per l'intervallo) rende questo spettacolo
cazione, la circolarità, il nulla prolifico) si inserisce nello spettaco- particolarmente aperto alla suggestione di immagini mentali, come
lo, in armonia con la poetica dei due autori, ma lo scarto con la quella della distanza tra il cappello e le scarpe che può contenere
produzione precedente esiste per ciò che riguarda il rapporto con tutta l'essenza dell'uomo.
lo spazio scenico. Remondi e Caporossi, come abbiamo già accen- Se il "viaggio" che Remondi e Caporossi si accingevano a
nato, non considerano più il teatro come soggetto della loro rifles- intraprendere nello spazio scenico tradizionale in Teatro era conno-
sione ma lo usano dando naturalmente per scontato il fatto di agire tato dalla verginità dei soggetti agenti nei confronti del mondo da
al suo interno. Questo processo era già presente in Caduta, ma è esplorare, in Spèra il "viaggio" procede, ma con la coscienza propria
da notare che l'intero allestimento appariva singolarmente distante di chi conduce una ricerca, e per questa ragione lo spettacolo si
dalle loro abitudini di messa in scena. La peculiarità di Spèra va apre a quelle situazioni concettuali di cui abbiamo accennato.
ricercata nella coesistenza dei consueti modi di rappresentazione Usando il teatro all'italiana Remondi e Caporossi mettono
dei due autori (specialmente per tutto quanto riguarda la recitazio- da parte il gusto dei materiali "puri" (come i nlattoni, il pie-
ne) con l'uso del teatro all'italiana. trisco o la corda, il metallo) per concentrarsi inv(jce sulla dispo-
In Spèra Remondi e Caporossi tendono a sfruttare le possi- sizione delle immagini all'interno del quadro scenico. Le sfere,
bilità che sono offerte da un palcoscenico tradizionale (senza co- che sembrano metalliche (ricordiamo però che sono in vetro re-
struire alcun ragionamenco a riguardo, come accadeva in Bosco): sina), non sono progettate per fingete di essere di un qualche
scompaiono in alto oltre il boccascena; ricorrono a effetti quasi materiale particolate (al contrario di quanto accadeva in BOHO).
illusionistici quando uno dei due sparisce dietro la sfera che .gli Con il loro (falso) aspetto metallico intendono solo suggerire
passa davanti lasciando a terra solo le scarpe e il cappello'. l'idea di tecnologia.
7Ivi.
SAggeo Savioli nella recensione allo spettacolo parla di. cappelli. e. sc~~ sorprendenti) si animano», Remondi e Caporossi, piccola odissea nello spazio scenico,
poni che «mediante semplici trucchi (ma ce ne sono anche dI raffinatISSImI e in "L'Unità", 17 novembre 1985.
132 133
f
I,
L'ingresso nello spazio teatrale tradizionale coincide, come maturgia per oggetti, oggettivando qui se stessi senza però smen-
era già avvenuto in Teatro e in Bosco, con l'abbandono di quella tire i sentimenti, le angosce, i fiati irrisori e ridicoli dell'Uomo»12
meccanica, povera ed elementare tipica di Sacco, Richiamo, e con
l'avvicinamento a una scenotecnica teatrale, che non si lascia
mai andare a miraholanti effetti spettacolari, ma che comunque Il fascino dell'oggetto
permette a Capotassi di sparire in alto oltre il boccascena e
ricomparire poco dopo di lato in basso; di far girare sul palco, Sarà proprio il fascino di un oggetto-macchina che provo-
o sospese in aria, varie sfere quasi come se fossero provviste di cherà tutta una serie di associazioni nlentali che andranno a forma-
un movimento autonomo9 . re la successiva produzione di Remondi e Caporossi: Ameba (1986),
Questa tappa del percorso artistico di Remondi e Capo- Chiariamo innanzi tutto che questo spettacolo, più di tutti
rossi coincide inoltre con una scelta di estrema e cosciente gli altri, nasce da una gratifica:.done anche soltanto estetica da
economia di segni scenici. Come afferma Franco Quadri, i due parte dell'oggetto costruito, tanto è vero che il lavoro così
attori sono giunti a «una rarefazione assoluta, a un risparmio di come fu presentato al Teatro Romano di Fiesole, è pri;cipal-
gesti [ ... ] ogni atto è minuziosamente programnlato e concreto, mente frutto delle suggestioni che il modellino costruito in
sia nelle allusioni sia nei materiali usati» 10. scala uno a dieci sollecitava durante le ore di prove-gioco, nelle
Se nei precedenti spettacoli (come, ad esempio, Cottimisti o quali Remondi e Caporossi componevano gli oggetti nelle figu-
Teatro) riconoscevamo un solo elemento posto in evidenza rispetto razioni più svariate fino a trovare quella che più li convinceva13,
comunque ai molti altri presenti in scena, e quindi potevamo La passione per un simile oggetto, un cilindro in vetro-
adoperare la definizione di "materiali privilegiati" adesso, con resina di due metri e mezzo trapassato da mazze asportabili di
Spèra, siamo autorizzati a parlare di una scelta selettiva che tende circa sei metri di lunghezza, nacque tempo lJfima, nel 1985, in
a escludere tutti gli altri elementi che non siano quelli che gli occasione di un progetto sulla }'ireoze medicea con il Centro
autori ritengono fondamentali per la rappresentazione. Internazionale di Drammaturgia di Fiesole, all'interno di una
I due autori manifestano quindi una tendenza alla rarefazio- manifestazione particolarmente elaborata che avrebbe impegna-
'ne stilistica che fa sì che, in questo spettacolo, gli unici oggetti to, tra gli altri, Remondi e Caporossi, Ronconi, De Simone,
"drammatizzati" siano le sfere, gli scarponi e i cappelli l1 . «Ancora Gregoretti. Descritto in breve, il progetto prevedeva la spetta-
una volta», spiega Rodolfo di Giammarco, «Claudio Remondi e colarizzazione del centro storico di Firenze mediante varie ini-
Riccardo Caporossi, creano, nel senso esatto di procreare, una dram- ziative teatrali di tipo diverso.
Per quanto riguardava il loro contributo, Renl0ndi e Capo-
rossi si misero alla ricerca di un oggetto o un'immagine che con-
9 Nello stesso articolo Aggeo Savioli elogia comunque la semplicità delle
tenesse l'idea del movimento, poiché avevano deciso di lavorate
messe in scena di Remondi e Caporossi specialmente in confronto alle «fre- intorno a un'azione spettacolare che fosse itinerante per le strade.
nesie tecnologiche» della nuova spettacolarità che in quegli anni si andava L'immagine che suscitò subito il loro interesse fu quella di un
affermando sulle scene italiane.
lO Franco Quadri, Ma alla fine s'incontreranno, "Panorama", 1 dicembre
1985. Paolo Lucchesini si spinge oltre scrivendo: «si nega in buona parte 12 Rodolfo di Giammarco, Questa è ingegneria astrale, "La Repubblica", 13
l'eloquenza del gesto, ridotto all'essenziale, più allusivo che palese», II sogno di novembre 1985.
una cosa per un teatro astratto, "La Nazione", 18 gennaio 1985. 13 La genesi principalmente estetica di Ameba è testimoniata anche dal
Il A tale elenco si può aggiungere la scala, che va ricondotta però a un fatto che i due autori ne realizzarono dei modellini in cristallo intesi come
esemplificato arredo scenico funzionale. semplici oggetti di arredo.
134 135
araldo che potesse interferire con gli altri spettacoli che si svolgrc- l'enti alla macchina industriale e il conseguente gusto per i
vano in contemporanea. Di qui si applicarono, quindi, alla proget- materiali sceltj16. Il punto di unione tra Ameba e le tematiche
tazIone di un oggetto-macchina capace di movimenti agili in modo che sono state alla base dell'attività artistica di Remondi e
da aggirarsi agevolmente anche in spazi stretti e superare gli osta- Capo rossi fino a questo spettacolo, è invece riscontrabile nella
coli più vari. Tutti questi elementi portarono subito i due autori componente della fatica; un continuo affaccendarsi dei personag-
a collegare la loro idea originale con l'ameba 14 , gi attorno ai due rulli per un movimento che ogni volta è
L'impegnativo progetto di Firenze non fu realiz:.mto per minimo: l'inutilità che scaturisce da un rapporto sproporzionato
motivi economici, ma intanto Remondi e Caporassi avevano ab- tra il risultato e l'enorme spreco di energia.
bozzato già la prima idea dell'oggetto e sentirono la necessità di Anche Caporossi riconosce la distanza di Ameba dalla
non abbandonarla. Furono quindi istituiti, al Centro Interna:cÌona- nozione di alienazione industriale quando spiega: «penso che
le di Drammaturgia, nel 1986, in due fasi successive, due labora- qui [in Ameba} la macchina era più la metafora del potere in
tori: il primo mirava al puro studio dell'oggetto ideato, menue il sé». Il tema dell' alienazione si apre quindi ad allusioni più
secondo si occupò delle possibilità di spettacolarizzazione e quindi estese, giungendo al concetto stesso di potere che schiavizza. È
di una ipotetica messa in scena. Durante i laboratori si perfezionò pur vero che continuando su questa strada di associazioni men-
la forma della struttura in vetroresina fino ad arrivare a quella tali, è possibile ipotizzare atmosfere più metafisiche e quindi
proposta nello spettacolo che conosciamo. Man mano però, in questo accogliere la riflessione di Remondi quando afferma: «Lo spet-
periodo di studio, si vennero ad aggiungere nuovi significati e tacolo conteneva dei riferimenti al rito, alla religione, ai grandi
nuove possibilità della macchina-oggetto fino a stravolgere le ideali asserviti. Ameba era un oggetto al quale i personaggi si
motivazioni iniziali, fatta salva la caratteristica del movimento. Ma dedicavano completamente senza avere nulla in cambio, tranne
anche quest'ultimo, alla fine, mutò la sua funzione, trasformando un appagamento- spirituale o psicologico».
quello che doveva eSsere lo spostamento in uno spazio preciso (il Remondi e Caporossi spettacolarizzano queste tematiche
centro storico di Firenze) in una competizione, una gara che pre- usando COlne spunto la nozione di "torneo", quasi un grande
scinde dal luogo in cui si svolge. Una simile scelta tematica im- gioco dove si definiscono infatti come Cavalieri e Scudieri. Una
plicò conseguentemente lo sdoppiamento dell'oggetto in due unità simile scelta può essere compresa solo se ricordiamo che nella
gemel el h
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c e S1 scontrano m un campo aperto .
15
genesi dell'idea dello spettacolo rientrava la Firenze medicea e
Nello spettacolo allestito al Teatto Romano di Fiesole, quindi un ambiente storico dove ben si inserivano le giostre
quattro personaggi (tra cui Remondi e Caporossi), divisi in cavalleresche. È evidente però che la scelta di allestire un lavoro
coppie, manovrano due oggetti-macchine. A una prima analisi teatrale usando come struttura portante una situazione che è di
questa caratteristica fondamentale potrebbe avvicinare Richiamo per se stessa spettacolare (il torneo) è nuova p~r 1ft coppia di
e Ameba. Ma c'è una grande distanza tra i due lavori poiché autori che sono sempre partiti da situazioni anti -spettacolari per
nell'ultimo non vengono presi in considerazione quei temi ine- eccellenza (muovere un ingranaggio, costruire un muro, disfare
un sipario, segare un tronco).
14 L'ameba è un organismo unicellulare la cui caratteristica fondamentale
è il movimento: lancia in avanti degli pseudopodi nei quali, subito dopo,
trasferisce il plasma di cui è composto, spostandosi e mutando continuamente 16 Come era già accaduto per SPèra, il materiale scelto dagli autori ri-
la propria forma. sponde a una semplice esigenza di funzionalità. La vetroresina (il materiale di
15 Lo sdoppiamento fu sl:.ggerito anche da una intrinseca attitudine alla cui sono composte le due amebe) non assume nessun significato intrinseco
riproducibilità seriale che l'oggetto possedeva a parere dei due autori. come la pietra o il mattone .
• 1
136 137
questi anni i due autori concentrano la loro attenzione sul tema
Questo nuovo esperimento è suggerito ai due autori anche della ricerca dell'unità, utilizzando sempre di più spunti di
dalla convinzione che il potere (sulla nozione del quale è imposrato origine décisamente autobiografica. La dinamica basata sul rap-
il lavoro), quando si manifesra puhblicamenre, lo fa sempre in porto e sulla comunicazione, che all'inizio della loro attività era
chiave spettacolare. I "due omini" che solitamente riconosciamo connotata da precise esigenze- di tipo politico e sociale, ora si
nei personaggi di Remondi e Caporossi, sono qui invece assimilati scioglie in un'attenzione non più volta verso l'esterno, bensÌ
agli altri due collaboratori nel ruolo di manovratori-macchinisti , orientata a cogliere momenti di forte intimità psicologica.
che vengono a loro volta manovrati - come affermano i due autori Nella nuova fa,>e non si riscontra una reale evoluzione
_ da un burattinaio che resta invisibile, quasi come se fossero nell'uso dei mareriali o nel gioco della macchina. Ed è evidente
esecutori di un rito intorno a un totem le cui radici profonde sono COlne Remondi e Caporossi, dopo anni di lavoro scenico, in
inconoscibili. Il fascino dell'oggetto sembra accentrare su di sé buona parte artico~ato sulla selezione e l'uso di materiali parti-
tutta l'attenzione e non dà spazio neanche a quei brandelli di colari ed elaborazioni ludiche e metaforichc dell' immagine della
umanità dei personaggi che comunque trovavano un varco nell'at- macchina, posseggano ormai non solo uno stile teatrale maturo
mosfera asettica dei primi spettacoli. In Ameba è più che mai e compiutamente definito, ma addirittura un lessico perfetta-
l'oggetto il protagonista, e infatti i quattro partecipanti allo spet- mente riconoscibile e sperimentato, costituito dalla manipolazio-
tacolo si allontanano sempre di più dall"'interpretazione" per av- ne propria di materiali consueti e da modi specifici di riferi-
vicinarsi alla prestazione adetica a uso e consumo della macchina 17. mento al funzionamento della macchina.
Tema fondamentale resta in ogni caso quello 'della comuni- Con ciò non si vuole assolutamente sostenere che la coppia
cazione e del rapporto che però negli ultimi spettacoli dei due di autori esaurisca la propria poetica ed entri in una fase di stanca
autori prende le forme di una riflessione sull'esigenza di ricostitu- ripetizione; piuttosto la loro poetica si concentra su altri obiettivi.
ire un'unità saldata da forze che sono comunque quelle dell'affetto In Rem & Cap (1988)rautobiografismo non resta più soltanto uno
e dell'amore. Si intravede una coinvolgente contraddizione tra il spunto che - come avveniva nelle produzioni precedenti - affiora
bisogno di unione e la necessità di riconoscere se stessi come in- insieme ad altri temi nella costruzione dello spettacolo, ma diventa
dividuo. Quei temi già chiaramente introdotti in Teatro (special- l'elemento fondamentale della messa in scena. Già il titolo sugge-
mente la scena del gomitolo) emergono ora in modo lampante: una risce immediatamente l'ipotesi di un'opera nata come riflessione
sfera-monade che si scinde in due metà o due amebe che si scon- sul proprio rapporto, inteso non solo in senso artistico. Lo spetta-
trano fino a fondersi in un'immagine unitaria. colo ha del resto una trama fatta di piccolissime cose che riman-
dano tutte a una dimensione privata della vita quotidiana, come ad
esempio alcuni gesti che gli attori compiono (mangiare una mela,
Una scelta intimista l'ammendarsi un calzino). In tal senso funziona anche l'ambienta-
zione scenica che pone i due attori in uno spazio prevalentemente
Nel periodo che si colloca sul finire degli anni Ottanta, neutro, simbolicamente scissi l'unp dall'altro, sul palco, in due
dunque, possiamo, con ragione di causa, affermare di trovarci in zone separate da una porta 18. Qui, divisi, vivono delle loro piccole
una nuova fase del lavoro artistico di Remondi e Caporossi. In
18 Non può non colpire il riferimento - forse non intenzionale - alla vita
. 17A tal proposito ricordiamo che Remondi e Caporossi pensavano anche pri,"at~ de~la coppia di autori che vivono io due appartamenti attigui in
dt proporre lo spettacolo come semplice gara tra gruppi di pet'sone scelte a un unIca vtlletta.
caso per manovrare le due macchine.
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azioni; si spogliano e si rivestono; cercano e contemporaneamente comunicazione all'interno di una coppia omosessuale. Creatività e
sfuggono l'incontro. comunicazione appaiono singolarmente legate nel movimento cir-
La continuità con le produzioni precedenti è lusira nella strut- colare della porta che, nel medesimo atto, ruota e separa.
tura dello spettacolo che riprende il tema dell'incontro e dello scon- L'impossibilità di cOlnunicare, inoltre, è rafforzata dal
tro. E qui si ritrovano appunto tlloduli già sperimentati nell'utiliz- sonoro scattare delle serrature ogni volta che la porta viene
zazione dei materiali e nel funzionamento della macchina, proiettati aperta nella ossessiva - e frustrata - ricerca di un incontro.
ora in una precisa riflessione sulla vita privata degli autori. Proprio il problema della comunicazione elnerge in ma-
Mentre 110n appare alcuna clamorosa novità nella selezio- niera clamorosa nella successiva produzione: Quelli che restano
ne dei materiali e nella messa in opera di meccanismi inediti, (1989)20, Azione, materiali, macchine: niente di tutto questo.
il lessico teatrale consueto della coppia riaffiara, orientato in Ci sono solo due silenziosi e immobili avventori (Rem e Cap)
una nuova direzione. Il fulcro dell'ambito narrativo di Rem & in una taverna fantasma dove il cameriere ripete ritualmente e
Cap è certo ancora una volta una macchina, che ora si presenta freneticamente i gesti che era abituato a fare in presenza di una
nella forma di una porta girevole: «elemento materiale e sim- moltitudine di persone 21.
bolico insieme, che fa da perno alle invenzioni paradossali e Remondi e Caporossi ottengono questo risultato proiet-
surreali della strana coppia [ ... ) una porta massiccia, forse blin- tando direttamente nella forma di uno spettacolo quello che per
data, a due battenti, splendente di serrature, catenacci e cate- loro era il consueto punto di partenza: il deserto. L'elemento
nelle»19. E questo elemento, privo di qualsiasi connotazione di fondamentale è l'assenza: mancano gli avventori, manca l'am-
tipo industriale o tecnologico, anzi appartenente al nostro quo- biente, sembra mancare addirittura l'azione interiore, come se
tidiano, non arricchisce la fenomenologia dell'uso della macchi- tutto si fosse già svolto prima e in quel luogo ci fosse solo ciò
na nel teatro di Remondi e Caporossi, ma si ripropone appunto che resta: dei tavolini vuoti. Il tema della comunicazione quin-
come "segno" noto e peculiare della loro "drammaturgia". di, non viene trattato ricorrendo alla manipolazione di un modulo
Ritorna fondamentale il movimento circolare poiché la por- materiale, sia esso oggetto o macchina, ma definendo, attraverso
ta (ma in realtà sono due porte affiancate) ruota su un perno cen- dei segni chiari di una memoria evocativa d'ambiente, una at-
trale, come le porte girevoli che di solito si t!"Ovano all'entrata dei mosfera precisa. Il bar o la taverna vuoti sono infatti dei luoghi
grandi alberghi: sicché, spingendo in contemporanea, dai lati op-
posti, i due attori si ritrovano sempre divisi. Ma mentl"e in Richia-
20 Lo spettacolo prende spunto dal video Trucco (1989) ideato da Capo-
mo o Rotòbo!o il segno-movimento circolare era associato al discorso rossi. Anche nel video l'azione era semplice ed essenziale: due persone (Re-
sull'alienazione della società industriale, ora ci racconta invece le mondi e Caporossi) in una saletta, seduti a due diversi tavolini, come quelli
contraddizioni proprie di un rapporto di coppia. utilizzati poi nello spettacolo, sono immobili, mentre la tel~camera lentamente
si muove fino a inquadrare uno specchio che riflette l'immagine di Remondi.
E appare allora clamorosamente come proprio la nozione Con un sofisticata trucco di sovraimpressione elettronica la figura man mano
originaria di macchina celibe possa chiarire il significato profondo scompare all'interno dei propri vestiti che alla fine saranno ridotti a un muc-
della presenza della macchina-porta in questo spettacolo. Il moto chietta grigio di panni sopra la sedia.
21 Chiamiamo i personaggi Rem e Cap poiché gli stessi autori in questo
!"Otatorio della macchina celibe è insieme la manifestazione di un modo li nominano nel copione dello spettacolo. È importante notare che proprio
processo che non conosce sviluppo reale ed è costitutivamente ste- in queste due ultime produzioni Remondi e Caporossi dichiarano in maniera
rile: caratteristica che si inserisce prepotentemente nel tema della così palese il parallelismo autobiografico tra se stessi e i personaggi che in-
carnano perché, credo, ciò contribuisce a rafforzai'e la continuità esistente tra
le due produzioni sia per attinenze tematiche (la comunicazione) sia per modi
19 Aggeo Savioli, Una porta tra Rem e Cap, "L'Unità", 14 gennaio 1988. di messa in scena.
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che ttadizionalmente il nostro immaginario collettivo associa alla DESCRIZIONE DEGLI SPETTACOLI
solitudine e di conseguenza alla difficoltà di comunicazione
all'interno dei rapporti umani. La precisione alla quale abbiamo
accennato deriva appunto dalla scelta puntuale di oggetti forte- CADUTA. Tratto dal Dottor FauJt di Thomas Mann, diretto e inter-
mente connotati, quali i tavolini, i bicchieri~ e di immagini pretato da Claudio Remondi e Riccardo Caporossi. Musicisti:
emblematiche come quella di due uomini seduti uno di spalle Riccardo Lay, Antonello Salis, Sandro Satta. Voci: Giulia Ri-
all'altro. Il processo di rarefazione stilistica che informa in questo pandelli, Sandra Ugolini, Lucia Viglianti. Anno di produzio-
periodo, in generale~ il lavoro artistico di Remondi e Capotossi ne 1984.
mostra quindi i suoi risultati anche nella selezione degli ele-
menti evocativi atti a suggerire un' atmosfera. Chiarisce lo stesso
Remondi: «È vero che in Rem & Cap e in Quelli che restano si Quando il pubblico entra in sala il palcoscenico è buio.
avverte una trasformazione del nostro atteggiamento, che ci ha Poi sul fondo, in alto a sinistra, si accende un neon sagomato
portati a un lavoro dove il materiale non è più tanto l'oggetto, che disegna l'immagine di un grande rubinetto. Da questo si
quanto una situazione», stacca un' enorme goccia, sempre disegnata con il neon sagoma-
Di contro alla novità di un uso evocativo dell'ambiente, to, che lentamente cade sul palco. Al momento dell'impatto si
si dirada il lavoro sulla nozione di macchina, che tanto aveva ode un suono violento simile a una cascata di sonagli, e una
influenzato gli spettacoli passati, restando presente solo come luce chiara invade il palco.
cifra stilist1ca ormai chiaramente riconoscibile nel teatro della Remondi entra dal fondo e avanza fino al centro della
coppia di autori, Riemerge in tal senso la loro spiccata attitu- scena dove trova un leggio sul quale appoggia alcuni fogli.
dine alla manualità e al gesto lavorativo nel gioco-smontaggio Indossa una vestaglia da camera e un paio di pantofole. In-
delle colonne di tavolini che sono liberati l'uno dall'altro me- forcati un paio di occhialetti tondi comincia a leggere le
diante alcuni movimenti ripetuti, e con l'aiuto di tiri e di pagine tratte dal Dottor Faust di Mann. Si tratta dell'episodio
argani posti sul graticcio del teatro. in cui Adrian Leverkuhn, che ha venduto l'anima al diavolo
Se inoltre Remondi e Caporossi sembrano rinunciare Com- in cambio di ventiquattro anni di creatività, invita un grup-
pletamente, come abbiamo detto, all'azione in scena, è pur vero po di amici ad ascoltare una sua composizione; ma davanti
che il personaggio del cameriere rivela una gestualità fortemen- a essi crolla, rivelando senza pudori il suo segreto.
te iterativa e monotona (versa del vino a inesistenti avventori). Remondi legge giocando con i toni della voce e inter-
Sembra cosÌ assumere su di sè l'inutilità e la ripetitività delle rompendosi, di tanto in tanto, per cedere il passo alla mu-
macchine alienanti che Remondi e Caporossi ci hanno presen- sica. A questa si aggiungono i vocalizzi di I tre ragazze in
tato in gran parte delle loro produzioni, sollecitando l'ipotesi di scena, vestite in calzatnaglia nera aderente, che compiono una
una traslazione del rapporto alienante, solitamente vissuto con serie di azioni di contorno al parlato di Remondi.
la macchina, in direzione della recitazione. Remondi e Caporossi Durante il racconto, sul fondo, appaiono delle immagi-
non si confrontano più con un oggetto inanimato, bensÌ con ni pittoriche, tutte ispirate alla figura della farfalla. Alla fine
altri attori svelando, nel lavoro sul tema della solitudine e una grande farfalla multicolore appare sul fondo, svelata dal-
dell'alienazione, ,risvolti ancora più inquietanti di quelli a lungo l'aprirsi di pannelli. Al centro, tra le ali, c'è Capotassi ve-
individuati ed espressi nel gioco ossessivo con la macchina. stito di bianco che, con voce impostata in falsetto, annuncia
la morte del Faust.
142 143
Fonti per la descrizione dello spettacolo: filo che continua a tenere nelle mani, uno scarpone. In scena
Foto in B/N dello spettacolo prive dcll'indica:lione dell'amore e del luo- resta quindi un cappello.
go e della data in cui sono state scattate, gentilmente concesse da Remondi
e Caporossi. Rientra Remondi che continua a cercare il suo scarpo-
Copione originale dello spettacolo, manoscritto, gentilmente fornito dagli ne. Poi rientra anche Caporossi che stringe in mano vari fili
autori. ai quali sono attaccati altrettanti scarponi, prende il cappello
Intervista a Retnondi e Caporossi, cito
Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia). da terra e, inchinandosi, saluta la mezza sfera inferiore. Le
due semisfere si salutano più volte vicendevolmente, e poi la
mezza sfera inferiore, compiendo un inchino troppo pronun-
ciato si rovescia, restando con i piedi in aria. Entrambe le
SPÈRA. Scritto, diretto e interpretato da Claudio Ren10ndi e Ric- figure si ritirano all'interno delle sen1isfere, mentre il grap-
cardo Capotossi. Anno di produzione 1985. polo d i scarpe, sempre legato ai suoi fili, viene trascinato
fuori scena. Sulla semisfera di Capotossi spuntano un paio di
Lo spettacolo si svolge preferibilmenre in uno spazio scarpe e su quell' altra un cappello. Capo rossi appare dalla
teatrale tradizionale, all'italiana. All'inizio della rappresenta- vita in su senza cappello, mentre dall'altra mezza sfera si
zione il sipario è chiuso, ma, lentamente, dall'interno, si gonfia innalza una pila di cappelli molto alta. La pila però si ritira
e ritorna al suo posto più volte. Quindi si apre mostrando immediatamente nella semisfera da cui, poco dopo, i cappelli
un palcoscenico quasi vuoto: si vede solo una scala che parte vengono lanciati fuori scena. Caporossi ne afferra uno rimasto
da terra e sparisce oltre l'arco scenico. A metà della scala è sul palco, fa per indossarlo ma poi decide di metterlo sul-
sistemata una sfera color metallo del diametro di circa due l'altra mezza sfera e va via. Dalla meZza sfera rimasta in
metri. Dalla sfera, in alto, spuntano una testa, due braccia e scena appare Remondi, dalla vita in su, che) con il cappello
il torso di un uomo, di spalle (Capo tossi) e in basso un paio sulla testa, soddisfatto, se ne va.
di gambe (Remondi) (fig. n. 24). La parte superiore della La scena resta vuota per un momento, quindi appare
figura umana veste una giacca nera e un cappello borsalino, Remondi con il corpo libero mentre fugge inseguito da una
la parte inferiore calza un paio di pantaloni neri e due vecchi sfera. L'azione si ripete nel verso opposto e nella situazione
scarponi. Le due mezze figure si allontanano rispettivamente contraria: è l'attore a inseguire la sfera. Capo rossi entra in scena
verso l'alto e verso il basso fino a scindere la sfera in due e osserva calmo il movimento. Entra Remoncli che sen1bra a sua
metà. Durante l'azione cadono sia il cappello che uno scar- volta osservare interessato l'azione dell'inseguimento che si sta
pone, La metà superiore sparisce in alto, oltre l'arco scenico, ipoteticamente svolgendo dietro le quinte.
mentre quella inferiore scende sul palco e comincia a cercare Remondi, a terra, e Caporossi, in piedi, si ritrovano entram-
la sua scarpa tastando in terreno con il piede nudo. Trova bi, uno di fronte all'altro, alla base della scala. Il primo vorrebbe
infine lo scarpone, ma quest'ultimo si allontana, mentre la salutare, parlare, ma il compagno lo zittisce con un gelido gesto
metà inferiore lo insegue uscendo di scena. Entra, dal lato del dito. Nello sforzo represso di parlare, Remondi comincia a
oppostO, la metà superiore con in testa un cappello borsalino gemere, a urlare, e poi a produrre versi di vari animali, fino al
nero, arrotolando con le mani un gomitolo di filo. Si intrat- silenzio, mentre il compagno è sempre impassibile.
tiene giocherellando con il suo cappello e con quello che è Caporossi si sfila le scarpe) si volge verso la scala, comincia
rimasto per terra. Poi esce, inseguendo un cappello che viene a salirvi e sparisce verso l'alto scivolando fuori dai pantaloni che
tirato dalle quinte. Uscendo, porta in scena, trascinato dal restano appesi alla scala. Remondi a sua volta osserva l'azione del
144 145
rì" ll
compagno e poi la completa attaccando la propria giacca al di una delle sue scarpe al compagno che la infila al piede. Quindi
sopra dei pantaloni e appoggiando il cappello sulle scarpe. Poi si Remondi e Caporossi calzano, una per uno, le due scarpe rimaste
accuccia aggrappandosi ai piedi della scala. in scena. Felici della riuscita operazione fanno per andarsene ma si
Entra una sfera che si divide in due metà al centro della accorgono che le due scarpe del paio che hanno spartito sono legate
scena. Si ritira subito dopo, silenziosamente, dietro le quinte mentre tra loro dai lacci. Si salutano, si abbracciano, tentano di sfilare le
la scala indietreggia e sparisce dietro il fondale. scarpe che li trattengono: alla fine ci riescono, si salutano di nuovo
In scena restano il cappello e le due scarpe. Si accendono le e, lasciando in scena un paio di scarponi, se ne vanno con un piede
luci in sala e una voce alle spalle del pubblico annuncia: «Inter- nudo ciascuno.
vallo a sipario aperto. Il tempo dell'intervallo corrisponde al tempo Prima da destra e poi da sinistra fa capolino una sfera sulla cui
necessario perché il cappello si sollevi dalle scarpe fino all'altezza sommità è sistemato un cappello. La sfera scompare e poi riappare
di metri uno e settantacinque. Tempo reale: dieci minuti.». dal fondo, giunge fin sopra le scarpe e si fenna in questa posizione:
Nei dieci lninuti successivi il cappello si solleva come è una sfera tra un cappello e un paio di scarpe.
stato preannunciato. Inizia cosÌ il secondo tempo. Remondi entra
da sinistra, camminando all'indietro, di profilo al pubblico. Indos- Fonti per la descrizione dello spettacolo:
Foto dello spettacolo a colori prive deWindicazione dell'autore, del luogo
sa un completo bianco e un borsalino nero; in mano trasporta una e della data in cui sono stare scattate, concesse in visione da Remondi e
pila di identici cappelli ed è a piedi nudi. Da destra entra invece Caporossi. Foto in B/N di Cesare Accetta scattate al Teatro Argentina di
Caporossi, speculare al compagno, vestito anch'egli di bianco, sen- Roma nell'ottobre del 1985, nell'ambito della rassegna Illusi ... , gentilmente
concesse dall'autore.
za cappello ma con un paio di scarponi neri, e trasporta un grap- Copione originale dello spettacolo, manoscritto, gentilmente concesso dagli
polo di identiche scarpe. Quando giungono allo spazio occupato autori,
dal cappello sopra le scarpe, i due si fermano di colpo, come se Copione illustrato con disegni di Riccardo Caporossi, gentilmente fornito
dall'autore,
avessero urtato qualcosa (fig. n. 23) e lasciano cadere ciò che tra-
Intervista a Remondi e Caporossi, dt.
sportano. Si salutano. Remondi calza le scarpe e Caporossi il cap- Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia).
pello in modo da completare il loro vestiario. Dal fondo entrano
due sfere che passano davanti ai due attori nascondendoli alla vista
del pubblico. Quando le sfere escono di scena, sul palco non si
vede che il solo Remondi, senza cappello e senza scarpe. Poco più AMEBA. Scritto e diretto da Claudio Remondi e Riccardo Capo-
in là un borsalino è appoggiato sopra un paio di scarponi. Remon- rossi, interpretato da Claudio Remondi, Riccardo Caporossi,
di, frastornato, solleva il cappello dalle scarpe quasi stupito dell'as- Lilla Monachesi, Piero Cegalin. Anno di produzione 1986.
senza del compagno, e fissa il punto in cui, sotto il cappello,
dovrebbero essere gli occhi. Lo spettacolo è progettato per spazi ampi e sgombri da
Entra Caporossi vestito di bianco, con scarpe e cappello neri. qualsiasi aggettaI. Il pubblico è seduto sul lato lungo dello
Saluta Remondi che continua impassibilmente a fissare il punto spazio scenico. Le luci sono piene, a giorno. Al centro dello
sotto il cappello. Caporossi inserisce improvvisamente la sua testa spazio è composto un mucchio di aste, gettate alla rinfusa, che
sotto il cappello e spaventa il compagno, quindi porge il proprio forma una rozza raggiera. DalI'esterno avanza lentamente un
cappello a Remondi e lo conduce verso gli scarponi rimasti in
scena, incitandolo a calzarli. Il piede di Remondi sembra però 1 Non a caso lo spettacolo fu presentato al Teatro Romano di Fiesole e
i essere respinto dallo scarpone. Dopo vari tentativi Caporossi dà al Tendastrisce.
Il
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corteo formato dai quattro attori. Due uomini (Lilla Monachesi L'azione viene ripetuta sette volte, fino a coprire la di-
e Piero Cegalin), vestiti di casacca e pantaloni grigi e con i stanza di ventidue metri che divideva le due amebe, che si
sandali ai piedi, trasportano a spalla un tronco di due metri e ritrovano così una davanti all'altra, sullo stesso asse. Prima una
mezzo di lunghezza e con un diametro di cinquanta centin1e- e poi l'altra le due amebe vengono sollevate sulle aste fino
tri 2 • Il tronco è attraversato diametraltnente da quaranta fori all'altezza di un uomo (fig. n. 26). Il suono di una campana
sulla traccia di due eliche parallele descritte sulla sua superficie, segna un breve momento di pausa nell'azione.
con un "passo" di cinquanta centimetri. Subito dopo le due macchine sono calate a terra e ven-
A cavallo del tronco c'è Caporossi che ha in testa un gono separate dai quattro uomini che le trascinano di nuovo
copricapo simile alla scultura del finale di Bosco, e ha in mano fino ai lati opposti dello spazio.
un'asta a mo' di lancia. Di seguito viene Remondi che tramite I quattro attori si dirigono al centro della scena. Remon-
un'asta trasporta a spalla un altro tronco identico al precedente; di e Caporossi sono bendati dai due compagni e posti spalla a
ha in testa un largo cappello di paglia. Remondi e Caporossi spalla. Si agganciano con le braccia e restano immobili. I due
vestono lo stesso completo grigio e indossano dei sandali. compagni afferrano due aste alle cui estretnità appendono due
Quando il corteo è giunto al mucchio di aste, uno degli grossi sacchi di tela che calano sopra Remondi e Caporossi.
uomini che trasportano il tronco abbandona il suo posto per Questi riescono a estrarre, dai sacchi che li avvolgono, le
raggiungere Remondi che si è fermato di fronte a Caporossi, braccia e la testa e quindi vengono manovrati e mossi dai due
dall'altro lato della raggiera. Ognuna delle due coppie che si compagni mediante le aste. I quattro attori interagiscono in
sono così formate prende sulle spalle le due estremità di un'asta vario modo, sistemandosi in combinazioni diverse. Poi le due
con la quale trafigge il proprio tronco. Quindi comincia a ruo- macchine vengono di nuovo avvicinate e Capo rossi è sollevato
tare intorno al mucchio centrale delle aste descrivendo .una spirale in alto, al centro, sopra una delle due.
sempre più ampia. In questo modo le due coppie finiscono per Le due amebe sono di nuovo separate e fatte rotolare
trovarsi ai lati opposti dello spazio scenico. Depongono i rispet- alle estremità dello spazio. Lungo il percorso tutte le aste,
tivi tronchi e cominciano a chiamarsi. Poi iniziano la costruzio- tranne una, scivolano fuori da ciascuno dei due tronchi, re-
ne delle due amehe. Ogni coppia prende alcune aste dal muc- stando sul suolo.
chio e trafigge il proprio cilindro forato. Alla fine ai due lati Utilizzando le due aste rimaste Lilla Monachesi e Piero
estremi della scena si sono formate due creature gemelle che Cegalin trasportano i tronchi al centro della scena e li sistema-
assomigliano a due enormi ricci con lunghi aculei. no verticalmente, come una colonna alle spalle di Remondi e
I quattro attori, due per ameba, danno inizio a un nuovo Caporossi. Poi raccolgono le aste dal suolo e trafiggono i tron-
movimento. Ogni coppia afferra, mediante un particolare stru- chi, cosicché alla fine Remondi e Capo rossi, appaiono esplicita-
mento, le cinque aste che, infilate attraverso il tronco, toccano mente simili all'immagine sdoppiata di un San Sebastiano martire
terra dal lato opposto. Quindi indietreggia facendo scorrere le alla colonna.
aste, per tutta la loro lunghezza, attraverso il tronco. Infine
solleva l'estremità delle cinque aste afferrate facendo così roto- Fonti per la descrizione dello spettacolo:
lare il tronco, finché l'estremità delle cinque aste successive, Foto delle prove all'aperto dello spettacolo, in B/N, prive dell'indicazione
toccando terra, lo blocca (fig. n. 25). dell'autore, del luogo e della data in cui sono state scattate, concesse in
visione da Remondi e Caporossi. Foto in B/N di Cesare Accetta, scattate al
Teatro Romano di Fiesole nel 1986, gentilmente concesse dall'autore.
2 Le aste, lunghe sei metri, e il tronco sono in vetroresina trasludda. Disegni ispirati allo spettacolo di Riccardo Caporossi.
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Copione dello spettacolo, pubblicato dal Centro Internazionale di Dram-
maturgia di Fies.ole ~el 1986, contenente i disegni di Riccardo Caporossi e le scena. Man mano la luce illumina zone diverse del palco pre-
foro del modelllflo lfl scala 1 :10 usato per le prove; gentilmente concesso cedendo il percorso seguito da Remondi e Capo rossi e alla fine
dagli autori. quando gli attori sono vicini, si espande in una 'impersonal~
Intervista a Remondi e CapoY{jJJi, cit.
R,ecensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia). luce di servizio. Viene quindi illuminato, al centro del palco,
un piano sistemato su una piccola pedana e situato di taglio
rispetto alla platea, il quale separa Remondi giunto da destra,
da Caporossi giunto da sinistra. Il piano è in realtà formato da
due porte in successione collegate da un perno centrale e ricche
REM & CAP. Scritto diretto e interpretato da Claudio Remondi
di chiavistelli e serrature.
e Riccardo Caporossi, luci di Amerigo Varesi. Anno di
I due attori infilano nelle serrature varie chiavi e cominciano
produzione 1988.
a girarle provocando un forte rumore di chiavistelli che scorrono.
Due fasci di luce laterali alle loro spalle sostituiscono la luce di
Lo spettacolo è specificamente progettato per i teatri all'italia-
servizio, proiettando le due ombre dei personaggi sulle porte. Queste
na. Il palco è delimitato da un tendaggio nero. Gli spettatori,
alla fine si aprono, ma girano sullo stesso cardine e nello stesso
entrando in sala, trovano il sipario apeno e una luce di servizio,
verso, mostrando di nuovo un piano unico obliquo rispetto al
bianca e diffusa, che illumina il palcoscenico, al centro del quale
pubblico. Remondi e Caporossi avanlano in direzione l'una oppo-
due abiti (pantaloni, giacca e cappello neri) sono sistemati come su
sta all'altra oltreppassando l'asse delle due porte, e si ritrovano cosÌ
due manichini privi delle esrrernità. Le falde dei borsalini calati in
di nuovo separati e in posizione speculare.
avanti coprono i volti delle due figure. Tra ì due abiti è sistemato
Ognuno dei due attori nota per terra una lettera: la af-
un bastone da passeggio che termina in alto con due manici infi-
ferra e la intasca senza leggerla. Quindi richiude dietro di sé la
lati nelle tasche delle giacche. Una sciarpa con due larghe fasce
propria porta con la solita abbondanza di mandate.
bianca e nera unisce i due abiti.
I due attori guardano attraverso lo spioncino, dopodiché
Quando tutto il pubblico ha preso posto in sala la luce
Relnondi indietreggia mentre Capo rossi si pone con le spalle
di servi:do viene gradualmente spenta mentre si accende una
alla porta. Il primo appende il cappello alla porta e poi indie-
luce diretta sui due abiti. Il fascio si concentra e si espande poi
treggia fino alla propria sedia-inginocchiatoio. Contemporanea-
di nuovo a tutto il palco. Lentissimatnente i due abiti prendono
mente il secondo procede in avanti e depone il cappello sulla
vita e rivelano al loro interno le figure di Remondi e· Caporossi.
propria sedia-inginocchiatoio. Poi entrambi depongono sciarpa e
Prima spuntano le mani, poi le scarpe, e in ultimo i due attori
bastone sempre sulle sedie-inginocchiatoio. Remondi si toglie la
alzano il capo mostrando i volti.
giacca e la compone sulla spalliera mentre Caporossi estrae un
Di nuovo la luce si concentra sulle due persone che nel
paio di guanti dalla tasca della sua giacca e li getta nel cap-
frattempo si allontanano verso le estremità opposte del prosce-
pello. Anche il primo prende i guanti dalla giacca e il secondo
nio. Il bastone si spacca aprendosi a "V", mentre la sciarpa si
li riprende dal cappello. Insieme si dirigono verso la porta.
tende dividendosi nelle due fascie che la componevano, bianca
Scoprono di avere ognuno due guanti della stessa mano.
per Caporossi e nera per Remondi. Anche il bastone finisce per
Riaprono quindi con gran rumore le porte, escono e ripercor-
dividersi completamente e, nello stesso tempo, la luce si con-
rendo i due tragitti a semicerchio seguiti all'inizio, preceduti
centra in due fasci sui due personaggi. Ognuno dei due attori,
dalla luce; ritornano al punto in cui si erano separati, SI scam-
c01npiendo un percorso a semicerchio, si porta al centro della
biano il guanto e di colpo cala un buio totale.
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Nel buio i due attori vanno a sistemarsi nello spazio dieno la Estraggono dalle tasche la lettera c rispettivamente la
propria porta, facendo di nuovo scattare le serrature. Caporossi ac- mettono sotto la porta dell' altro.
cende una candela: il piano della porta è ora frontale rispetto al Raggiungono di nuovo il centro dove si erano separati. Si
pubblico e nasconde Remondi che, dall'altra parte, bussa alla porta. fermano e alzano i bastoni fino a unirne le estrelnità. Imn1edia-
A sinistra si intravede la sedia-inginocchiatoio con sopra il cappello tamente il buio segna la fine dello spettacolo.
(prima vi era deposta la giacca di Remondi). Dopo aver guardato
dallo spioncino Caporossi, con le solite innumerevoli mandate, apre Fonti per la descrizione dello spettacolo:
Video dello spettacolo in B/N, registrato nel 1988 al Teatro Orione di
la pona che, girando sullo stesso cardine, si pone di taglio rispetto Roma, privo dell'indicazione dell'autore e della data precisa di registra'lione,
al pubblico. Per un atrimo i due attori (Caporossi di spalle e Remon- gentilmente concesso da Remondi e Caporossi.
di di fronte) sono fermi, ognuno ha in mano una candela. Subito Foto delle prove dello spettacolo, in B/N, di Cesare Accetta, scattate al
'featro Orione di Roma nel 1988, gentilmente concesse dall'autore.
dopo però si accende una luce violenta e i due cadono a terra. Ritorna Disegni ispirati allo !-ipettacolo eseguiti da Riccardo Caporossi.
una luce diffusa. A destra c'è la sedia-inginocchiatoio con sopra la Copione originale dattiloscritto, gentilmente fornito dagli amori.
giacca (mentre prima c'era il cappello di Caporossi). Grazie agli Intervista a Remondi e Caporo.ui, cito
Recensioni dello spettacolo (vedi la bibliografia).
indumenti che hanno cambiato posto i due personaggi si accorgono
di aver scambiato le case. Ognuno va nella metà opposta del palco-
scenico, passando per la porta alla quale fa compiere mezzo giro (la
porta quindi è sempre di taglio). Caporossi è a sinistra mentre
Remondi è a destra. Chiudono con forza le serrature mentre la luce QUELLI CHE RESTANO. Scritto e diretto da Claudio Remondi e
definisce precisamente i due ambienti. Riccardo Caporossi, interpretato da Claudio Remondi, Ric-
Entrambi vanno a sedersi e ritrovano nel proprio spazio i cardo Caporossi, Massimo Grigrò, musiche di Antonello Salis.
loro indumenti. Alla porta di Caporossi è appesa una giacca e Anno di produzione 1989.
a quella di Remondi un cappello. Sulla sedia di Caporossi c'è
il cappello con la sciarpa e il bastone, su quella dell'altro c'è la Come è ormai solito negli ultimi spettacoli di Remondi
giacca con la sciarpa e il bastone. e Caporossi, ci tl'oviamo in uno spazio scenico all'italiana. La
Seduti, immobili, cantano una canzoncina a due voci. Si sala è buia, e, sempre nel buio, lentamente si apre il sipario.
avvicinano alla porta e vi attaccano tutti gli indumenti, restan- Dopo qualche secondo solo due lampadine illuminano debol-
do così in mutande lunghe e maglia di lana. Tornano a sedersi; mente il piano di due tavolini. Due uomini sono seduti ognuno .'
"
, li
compiono dei gesti quotidiani: uno si cuce un calzino mentre a un tavolino illuminato e si voltano le spalle. Ritorna il buio, , I:
l'altro mangia una mela (fig. n. 27). entra il personaggio del cameriere e apre una seconda tenda-
Una serie di fari incrociati sul boccascena crea un sipario di sipario che permette a una luce a giorno di irrompere sul pro-
luce che nasconde il resto del palco. Il silenzio è interotto dalla scento. Siamo ora in grado di riconoscere chiaramente una stra-
suoneria di una sveglia. La luce ridiventa quella di servizio. Re- na architettura costituita da due torri di tavolini quadrati,
mondi, che nel frattempo si è completamente rivestito, bussa alla impilati l'uno sull'altro a diagonali incrociate, presso le quali
porta di Capo rossi che è invece ancora spogliato. Si veste quindi sono seduti, di spalle, due persone (Remondi e Caporossi) su
lentamente, Ognuno di fronte alla porta, i due compiono il gesto due alti sgabelli, immobili. Un ragazzo vestito da inserviente
di osservarsi prima dallo spioncino e poi dalla serratura, spaventan- (con una camicia chiara, pantaloni scuri e grembiule) comincia
dosi e ritraendosi ogni volta (fig. n. 28). a pulire il palco, armato di scopa, paletta e piumino. Al centro,
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tra le due torri, vi sono due paia di scarpe. L'inserviente le Sposra i bicchieri in modo da raddoppiare le coppie (fig. n. 30).
spazzola, saluta gli attori seduti in alto e poi esce. Quando la musica si interrompe, torna a sedere al proprio posto:
Remondi e Caporossi si calano scivolando su una gamba dei su otto tavoli ci sono quattro bicchieri ciascuno, mentre sui restan-
rispettivi sedili e vanno a calzare, sempre di spalle l'uno all'altro, ti otto nessuno. L'inserviente entra con trentadue bicchieri e li
le scarpe. Vestono il loro consueto c01npleto, di giacca e pantaloni, depone a quattro a quattro sui tavolini liberi ed esce. Rientra, e
nero. Lasciano sul tavolo in alto i loro cappelli. Iniziano quindi a con la caraffa riempie di vino i bicchieri. Esce. Una musica di
S1nontare le torri, aiutati da un sistema di tiri che gli permette di fisarmonica, con un ritmo più incalzante, proviene dall'esterno.
liberare, uno alla volta, i tavolini, partendo dal basso e calando Caporossi si avvicina alle spalle di Remondi. Torna a sedere. Ri-
man mano la struttura. A ritmo alterno, ognuno smonta la propria pete l'azione ma, questa volta, mentre la musica si inter~01npe,
torre ponendo i tavolini ricavati al centro del proscenio. Il ritmo Remondi, alzatosi, avanza, costringendo il compagno a ind1etreg-
è calcolato in modo che l'inserviente, rientrando, possa prendere giare. Entrambi si muovono alternando lo spostamento in avanti
il tavolino, sistemarlo sul palco secondo uno schema diagonale, e o indietro con dei piccoli giri su se stessi: suggeriscono chiaramen-
pulirlo. Gli ultimi due tavolini, su cui sono sempre posati i cap- te l'immagine srilizzata di una coppia che balla.
pelli sono sistemati ai lati opposti della scena, al limite del palco. L'inserviente entra e, senza badare ai due personaggi, co-
Remondi e Caporossi si dirigono verso i propri tavolini. mincia ad accatastare i tavolini, sui quali sono restati i bicchieri,
L'inserviente abbatte i due sgabelli che calano paralleli al sul fondo. Mentre Remondi e Capo rossi continuano a ballare al
boccascena poiché sono incernierati al palco. Subito dopo, con un ritmo di una musica che non c'è più, l'inserviente tira la tenda-
movimento della scopa sgancia le due cerniere e gli sgabelli ven- sipario sul palco, nascondendo alla vista del pubblico i ravolini.
gono tirati via dalle quinte. Sistema quindi due sgabelli ai tavoli Restano fuori solo i due più larerali dell'inizio. Sono appena illu-
di Remondi e Caporassi, i quali, sempre di spalle l'uno all'alrro, minati da due lampadine mentre la luce dei proiettori cala d'in-
si siedono. L'inserviente va a prendere dei vassoi carichi di bicchie- tensità fino a spegnersi. La fioca luce illumina anche un tavolino
ri e li sistema su tutti i tavoli, partendo dal fondo e terminando sul fondo al centro, lasciato apposta dal cameriere. Questi traspor-
con quelli dei due attori. Esce e rientra con una caraffa colma di terà in avanti il tavolo centrale, fino a scontrarsi con Remondi e
vino e lo serve nei bicchieri, sempre con l'identico gesto, seguendo Caporossi che interrompono la loro danza. Depone il tavolino al
lo stesso ordine adoperato per la sistemazione dei bicchieri. Esce e centro, sulla linea degli altri due; lo copre con una tovaglia che
si ode un suono di una fisarmonica. porra sul braccio. Prende i due sgabelli dai tavoli laterali e li porta
Durante la musica Remondi si alza e, muovendosi tra i vicino a quello centrale. Andando a prendere il necessario dietro le
tavoli, cambia posto ad alcuni bicchieri trasferendoli da un tavolo quinte, lo apparecchia con i coperti pei' due pei'sope e vi sistema
all'altro, accoppiandoli. La musica si interrompe e Remondi torna anche una zuppiera fumante. Esce.
al suo posto. Su otto tavolini ci sono due bicchieri, mentre otto Ritorna la musica di fisarmonica. Remondi e Capoi'ossi si
tavolini, compreso quello di Remondi, sono senza bicchieri. Due siedono di spalle l'uno all'altro al tavolo apparecchiato. La musica
tavolini, compreso quello di Caporossi, sono con un solo bicchiere. finisce. Rientra l'inserviente ,e, in una sola volta, sparecchia e
L'inserviente entra carico di sedici bicchieri, li depone a porta tutto via dal tavolo. Rientra e accenna a portar, via il
coppia sui tavolini liberi, lasciando per ultimo Remondi ed tavolo, ma si blocca; guarda i due personaggi seduti dI spalle
esce. Rientra e serve dell'altro vino per colmare i bicchieri vuoti. al tavolo centrale, e poi decide di avvicinare, invece, i due
La musica di fisarmonica riprende, mentre la luce cala. tavoli laterali. Prende man mano dal fondo quattro coppie di
Questa volta è Capo rossi ad alzarsi e aggirarsi tra i tavoli. tavolini (rovesciati uno sull'altro), disponendoli in una fila paral-
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~--r
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caso una nuova forza proprio perché è inserita all'interno di ruote dentate di Richiamo, il cilindro di Rotòbolo, le corde di
una scelta di linguaggio dettata più da una sensibilità indi- Teatro, ecc.) che via via hanno incarnato la relazione vittinla-
viduale che da un precostituito ordine di idee. Anche il carnefice, servo-padrone, o la dipendenza alienante dalla macchi-
cosiddetto "impegno", quindi, è assunto dalla coppia di au- na, o ancora la ricerca dell'unità emotiva e di comunicazione.
tori come intima ispirazione creativa, e la denuncia sociale, Da una scelta di linguaggio così rigorosa e costante de-
chiaramente presente in Richiamo (come in altri spettacoli), riva anche il l'ascino degli spettacoli di Remondi e Caporossi,
non diventa per Remondi e Capo rossi impeto aggressivo e che dimostrano di possedere una eccezionale capacità intuitiva
comiziante, bensì occasione per una riflessione sulla lOcomu- nella scelta c nell'utilizzo dei materiali e delle macchine alle
nicabilità. quali applicare il proprio ed originale "gesto inutile", unita a
Scopriamo allora che l'impegno creativo alla base di una evidente esperienza nel creare o riassemblare oggetti in
spettacoli come Rem & Cap o Quelli che restano, particolarmente modo da accrescerne la portata significante sulla scena. Una
concentrato sullo studio della presenza dell'attore in scena, qualità che gli oggetti acquistano anche perché sono solitamen-
poggia sullo stesso nucleo tematico che regge il precedente e te scelti da Remondi e Caporossi secondo un criterio affettivo,
ampio lavoro intorno alle macchine e ai materiali (la dralll- mediante una selezione basata sulla incidenza che dimostrano di
maturgia muta sviluppata negli anni di ricerca comune), e possedere sulla memoria, per lo più privata, della coppia di
insiste, in fondo, su un unico tema principale: la comunica- autori. Per questo nelle loro diverse produzioni incontriamo
zione, via via distorta, negata, tentata e, in qualche momen- alcuni oggetti come scarponi, cappelli, corde, che appaiono sin-
to, perfino riuscita. golarmente "costanti", caricandosi, così, immediatamente di ca-
La comunicazione, in tutti gli spettacoli di Remondi e pacità e valenze intimamente comunicative.
Caporossi, è colta come necessità di un rapporto che può essere La macchina spettacolare, che tanta parte ha avuto nella
del genere piìl diverso - istintivo, quotidiano, casuale, emotivo, tradizione scenotecnica di cui l'Italia è storicamente sede d'ori-
sentimentale, ludico, lavorativo - ma deve comunque apparire gine, viene reinventata dai due autori che non la intendono più
profondo e radicato. Altrimenti, sembrano sostenere i due auto- come strumento o sostegno nascosto di un' operazione estetica e
ri, si avvilisce e si consuma l'umanità stessa dell'uomo. Se l'og- spettacolare, ma la spogliano, la mostrano e la descrivono nel
getto del lora lavoro muta nel corso degli anni (dalle macchine suo lento comporsi, smontata, sezionata di fronte agli occhi del
al materiale, all'attore, all'ambiente) non cambia però la scelta pubblico. Remondi e Caporossi portano in scena i sapienti car-
linguistica. Sia quando si presentano come personaggi muti (Sacco, pentieri del teatro, i macchinisti che di solito lavorano dietro le
Richiamo, Pozzo), sia quando scelgono dei testi dialogati (Térote, quinte, e ne esibiscono il lavoro che, proprio in quanto mostra-
Antigone), il medium che Remondi e Caporassi scelgono per to quasi attraverso una lente d'ingrandimentd, si trasforma:
incarnare le proprie idee sulla comunicazione resta il gesto "inu- non è più solo lavoro teatrale, ma "il lavoro" in generale, in
tile". Le azioni dei "due omini", però, si caricano di significati una sorta di «artigianato in progress»l , che assume, di fronte al
ambigui ed evocativi proprio grazie al carattere illusorio di utilità pubblico, caratteri inediti, capaci di coniugare con sorprendente
che, per contrasto, rivelano; un carattere derivante quasi inte- evidenza i modi dell'arte con quelli della politica.
ramente dal costituirsi del gesto in stretto rapporto a un ele- Come abbian10 detto questi due termini convivono in
mento materiale, che sia un oggetto o una macchina. Ed è
all'interno di questa prassi creativa che Remondi e Caporossi I Gianfranco Capitta, Programma di sala della rassegna ILLUSI , svoltasi
hanno impiantato alcune strutture "spettacolari" riconoscibili (le a Roma nell'ottobre - novembre 1985.
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atmonia proptio petché scaturiscono da un'intima convinzione piuto da Remondi e Caporossi, non tanto "chiuso" quanto piutto-
sull'arte del teatro, ma dobbiamo anche notare che trovano un sto completamente svolto e assimilato. La sua scansione e il suo
pumo di coagulo privilegiato nella figura di macchina celibe. sviluppo definiscono in maniera sempre più evidente un modo
Come le macchine celibi, le macchine di Remondi e Caporossi particolare - e particolarmente efficace - di affrontare in termini
sono prima di tutto macchine mentali, meccanismi perversi che scenici il tema del rapporto umano centrato sul binomio comuni-
a volte non hanno nemmeno bisogno di manifestarsi in forma cazione-sepatazione, visto sia in chiave politica e sociale sia in
consueta ma restano a un livello astratto e generalizzato che quella più intimista e autobiografica che, nei momenti migliori, si
può comprendere anche tutta la struttura dello spettacolo come allontana dall'esposizione narcisist1ca delle memorie private, per
nel caso di Pozzo. E la stessa natura concettuale della macchina giungere all'individuazione dei caratteri fondamentali, e quindi
celibe si riflette nell'azione scenica e nell'uso, apparentelnente accomunanti, della propria condizione umana.
semplice ma in realtà elaborato ed estremamente complesso, dei Abbiamo però, sempre a proposito di Quelli che restano (in
materiali "elementati". special modo per il personaggio del came1"Ìere), anche ipotizzato
Nella prima fase del lavoro teatrale della coppia le macchine una traslazione del rapporto alienante, solitamente sperimentato
sono di ascendenza industtiale, ed emerge con particolare evidenza dai due autori con la macchina o i materiali, in direzione della
il tema della denuncia politica e sociale. Ma seguendo un itinerario recitazione. Ricordiamo ora che molto spesso Remondi e Capo-
che ha segnato la cultura italiana di quegli anni, Remondi e Ca- rossi hanno lavorato insieme a gruppi di giovani attori (Branco,
parassi hanno poi, man mano, spostato la loro attenzione verso 999999, Passaggi) specialmente in occasione di esperienze di
argomenti e spunti più privati, e ciò in coincidenza con l'assorbi- laboratorio condotte all'interno di scuole di teatro. Se mettiamo
mento dell'uso della macchina e dei materiali all'interno del pro- in relazione quindi la traslazione di cui sopra e .il lavoro con i
prio, e ormai maturo, linguaggio teatrale che, sviluppato un pro- ragazzi, emerge quello che potrebbe essere il centro della loro
prio codice operativo, diventa progressivamente più sofisticato e attività in questi ultimi anni. l "due omini", ormai fissati in
allusivo, attraversando un processo di rarefazione generale nell'uso maschere costanti, rivelano la necessità di confrontatsi non più
del linguaggio. Questa rarefazione stilistica traspare in special modo con un elemento macchinico o comunque inette, bensì con la
nelle loro ultime produzioni (a partire da Spèra), e coinvolge i recitazione degli attori, adoperando però moduli espressivi simi-
materiali adoperati, che diventano sempre più funzionali e speci- li a quelli già usati nel rapporto con i materiali e le macchine.
fici al loro scopo, senza per questo ridursi a mera attrezzetia sce- Questa ipotesi nasce fondmnentalmente da una considera-
nica, ma conservando e mnplificando il proptio valore· evocativo. zione. La recitazione di Remondi e Caporossi non ha mai trovato
Resta, il loro, un teatro di idee, incarnate però in moduli il suo sostegno essenziale nell'espressione immediata della vita
espressivi che mostrano, quasi giocosamente, la trasparenza cristal- psichica individuale del personaggio. Si è costituita piuttosto nella
lina propria di ciò che è pieno di senso, perché è semplice e im- descrizione del rapporto delle pulsioni vitali - emozioni e senti-
mediato e, allo stesso tempo, direttamente lnanipolabile, come i menti - coagulate nella figura umana, con macchine o oggetti. Il
materiali caratteristici del lavoro primitivo ed elementare, che loro lavoro è proseguito in questa ditezione esasperando i termini
appaiono incapaci di smarrire completamente valore e significato dello scontro, e ipotizzando anche una trasformazione degli uo-
anche all'interno di azioni che sembrano mettere in discussione la mini in cose e viceversa. Ora notiamo che il lavoto con i giovani
possibilità stessa di ritrovare un senso p.egli oggetti e nelle cose. attori non tende quasi mai a mostrare al pubblico la psicologia dei
Il percorso artistico tracciato fino a Quelli che restano ci per- singoli personaggi, ma illustra l'immagine di un gruppo più o
mette di considerare il lavoro sulle macchine e sui materiali com- meno compatto, meccanismo unitatio composto da singoli ingra-
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naggi. Proprio dal movimento di questi ingranaggi scaturisce quella
umanità, lacera o integra, che resta sempre il fulcro del lavoro
della coppia di autori. INTERVISTA A REMONDI E CAPOROSSI 1
Remondi e Capo rossi inoltre non si inseriscono mai nel la-
voro del gruppo, assumendo piuttosto una funzione "direttiva" o
comunque "di confronto". Sembrano piuttosto studiare la relazione
che si instaura tra i "due omini" e il nuovo elemento esterno, Domanda - Sfogliando la rassegna stampa dei vostri spettacoli si nota che man-
riproducendo, in forma nuova, il rapporto che nei lavori precedenti tenete in repertorio alcuni tra i primi lavori come Sacco e Richiamo. La ragione sta nel
°
veniva istituito tra i due omini e un materiale particolare una fatto che li ritenete i Più rappresentativi della vostra produzione?
Remondi - Le ragioni sono due: sono gli spettacoli che non richiedono una
macchina. Anche negli ultimi tre spettacoli realizzati insieme a un
grossa spesa di riallestimento, e sono sicuramente quelli piil rappresentativi,
gruppo di giovani attori (Coro, Leggenda, Personaggi) l'arte di ma- quelli che hanno segnato i punti più importanti nello sviluppo del nostro lavoro.
nipolare i materiali inanimati sulla scena si trasforma nella capa- D. - Buona parte della critica ha meJJo in evidenza la dimemione politica di
cità di manipolare un materiale questa volta umano. Con la stes~a un}ampia serie dei vostri lavori - tanto Sacco e Richiamo} quanto Cottimisti e altri
sensibilità alchemica con la quale la coppia di autori metteva 1n ancora - ponendo particolarmente Faccento sul tema delFalienazione. Ripensando a
relazione l'esperienza umana con gli ingranaggi di due ruote o con quegli anni, vi riconoJcete in quella lettura politica del vostro lavoro?
R. - Si, ci ritroviamo. Anzi, credo, che quegli spettacoli siano stati molto
un sipario di corda intrecciata, cosÌ ora prova a far reagire la pro-
importanti perché con essi prendevamo le distanze dal cosiddetto "teatro po-
pria esperienza teatrale con un gruppo di aspiranti attori, lasciando litico" che in realtà era teatro di partito. Certo anche da parte della sinistra sono
trasparire una attitudine esclusiva alla regia. Forse,. ancor~, ~ la venute allora delle critiche. Ad esempio qualcuno ci ha accusato, nel caso di
voglia di sperimentare più ampiamente la loro tecnlCa reCltatlVa: Richiamo, di non tener conto delle grandi conquiste della classe operaia, mentre
decisamente singolare, di metterla alla prova come metodo, magari penso che lo spettacolo fosse un discorso sullavom e sulla morte bianca, un
per arrivare, dopo più di vent'anni di attività comune, alla teoriz- problema attiIalissimo anche oggi.
D. - L'allusione politica, caratteristica nelle vostre produzioni almeno fino a
zazione accademica del loro modo di intendere l'arte del teatrO.
Cottimisti} sembra però assente nei due primi spettacoli che avete allestito} Giorni felici
e Térote.
Caporossi - Forse, ma certamente quei due lavori contenevano gli spunti
fondamentali che si sarebbero pii} tardi sviluppati nel nostro teatro. In Giorni
felici, ad esempio, c'è quella matrice beckcttiana che ci hanno poi sempre
attribuito (il che a noi in fondo non dispiace). Certo in Giorni felici lavoravamo
ancora su un testo d'autore, mentre in seguito abbiamo tentato di sviluppare
una drammaturgia propria e originale.
D. - Come è iniziato il lavoro su Giorni felici?
C. - È nato spontaneamente in forma di laboratorio. Il teatro del Leopar-
do, che gestivamo all'inizio degli anni Settanta, era diventato lo spazio dove
c'incontravamo per lavorare. Ristrutturando il locale, realizzando delle SClU-
ture, abbiamo a poco a poco cominciato a interessarci al testo di Giorni felici.
Inizialmente non seguivamo un progetto di messa in scena: abbiamo sempli-
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cemeote realizzato delle sculture in cemento e preparato delle canzoni. Ciò che di laboratorio, abbiamo automaticamente sentito il bisogno di applicare que-
animava il nostro lavoro era probabilmente il bisogno di conoscersi sta cifra espressiva anche alla messa in scena. Il fascino di un elemento scatu-
reciprocamente. Di qui è nata la voglia di visualizzare la figura di Winnie, e risce da tante cose: dal rumore, dalla forma. In GÙJrni felici il ric01'so alla
io la raffiguravo su alcune tele o sulle pareti. Ricordo che tra il nostro arrivo breccia tendeva a creare un'atmosfera angosciante proprio tramite il progres-
al Teatro del Leopardo, l'esecuzione dei diversi lavori non finalizzati a una sivo seppellimento di Claudio. Sulla parete laterale della sala erano scritti
rappresentazione teatrale, la fabbricazione delle sculture, il lavoro sul testo di alcuni brani del testo e le parole erano disegnate lungo il percorso del cana-
Giorni felici e la seguente messa in scena, saranno passati circa due anni. letto in modo che seguissero idealmente la breccia che scorreva. C'era un'as-
D. - L'uso di materiali come it cemento e il ferro nella realizzazione delle sculture sociazione precisa fra testo e breccia: ogni granellino cm una lettera del testo.
era suggerito da una particolare sensibilità at!'arte figurativa e visiva del periodo? D. - A quest'mo dello spazio in forma non convenzionale corrisponde:va un
C. _ Non credo. Non mi sembra che i materiali che adoperavamo faces- analogo imPiego dette luci?
sero parte di quelli che allora venivano detti poveri e usati in campo figura- C. - Decidemmo immediatamente di risolvere il problema delle luci
tivo. Il loro LISO era piuttosto suggerito da esperienze personali. Claudio allora illuminando lo spazio in maniera uniforme in mcxlo che l'assenza di punti
viveva con il fratello prete e d'estate andava dalla sorella che aveva una casa· messi particolarmente in evidenza lasciasse il pubblico essenzialmente libero
a Torvaianica. In queste occasioni si ingegnava in operazioni di giardinaggio di muoversi e in grado di distogliere l'attenzione da una situazione precisa per
o di piccola carpenteria, adoperando così sia il cemento che il ferro o il legno. seguirne altre, liberamente.
lo ho trovato subito interessanti le caratteristiche espressive di questi mate- D. - Un'altro intervento radicale nella realizzazione del testo di Beckett è stata
riali che sono quindi, naturalmente, diventati oggetti del nostro lavoro la decisione di affidare a Claudio un personaggio femminile,
comune. Del resto il ferro, il cemento e anche il legno, erano materiali che C. - È stata una decisione fondamentale. Winnie è la figura in cui noi
potevamo trovare e lavorare agevolmente. vedevamo riuniti entrambi i personaggi dell'opera. Nella lettura di tutto
D. _ Dunque, la scelta di materiali specifici, insieme atta necessità di approfon- Beckett si presentano sempre queste coppie-unità: Estragone e Vladimiro,
dire la conoscenza reciproca e all'interesse per Beckett, sono stati i punti di partenza per Pozzo e lucky, sdoppiamenti dell'essere umano (istinto e ragione, anima e
la realizzazione di Giorni felici. Come siete arrivati al risultato finale? corpo) in cui l'uno è il completamento dell'altro. Nel testo di Giorni felici la
C. _ Lo stesso lavoro che avevamo realizzato sul luogo, nel teatro, era per figura complementare a Winnie, Willie, sta nella sua buca e parla pochissimo.
noi lo spettacolo. L'eventuale pubblico si sarebbe trovato già calato in una Il testo è in realtà uo monologo. lo, che nello spettacolo scaricavo la ghiaia
situazione spettacolare, nella quale avrebbe avuto la possibilità di muoversi addosso a Claudio, non rappresentavo l'altro personaggio, ma ero solo una
liberamente attraverso tutto il teatro, osservando gli interventi sul luogo e sorta di servo di scena o un meccanismo scenico scoperto.
leggendo il testo. D. - Quando è nato il vostro interesse per Beckett? Già prima del lavoro al teatro
D. _ Insomma) fino spettacolo teatrale che si preJentava come una mostra, un'espo- del Leopardo?
sizione? R. - L'interesse per Beckett è stata una costante di quasi tutta la mia
C. _ Penso che fosse anche qualcosa di più. La struttum del Leopardo era pratica teatrale, anche prima della collaborazione con Riccardo. Ricordo che
ancora fortemente connotata come teatro, con tutte le norme aUora imposte, per me fu importantissimo, ad esempio, la messa in scena di Aspettando Godot
con l'ingresso, i bagni, il guardaroba, la platea, il palcoscenico, i camerini. con la regia di Carlo Quartucci, dove interpretavo il personaggio di Pozzo.
D. - Voi dove vi sareste disp9sti durante lo spettacolo? C. - Per quanto mi riguarda gli scritti di Beckett so110 state le prime
C. _ Dalla platea erano state tolte tutte le panche in modo da lasciare solo letture teatrali: penso a Giorni felici, Atti senza parole, Finale di partita, Aspet-
una gradinata in muratura. Claudio si sarebbe trovato in un angolo sotto il tando Godot. Penso però anche ai romanzi che forse ho trovato addirittura più
palcoscenico, e lì immobile avrebbe recitato il monologo di Winnie, mentre affascinanti.
io, dall'alto, tramite un canale vicino alla parete, e servendomi di una pala, D. - Il rapporto con Beckett continua, come sostiene la critica, anche adesso?
avrei fatto scivolare del pietrisco fino a sommergerlo a poco a poco sottO un R. - Forse ci ha lasciato un profondo segno, ma se dovessimo accorgerci
mucchio di breccia. che qualcosa in una nostra produzione ci ricorda direttamente Beckett, allora
D, _ Nel testo di Beckett, su Winnie cadono delle foglie. Non trovate che il lasceremmo cadere il riferimento. Se sono gli altri a dircelo ci fa piacere, ma
passaggio dalle foglie atta breccia costituisca una trasformazione radicale dell'indica- evitiamo le azioni che ci appaiono intenzionalmente connotate, ripetute.
zione del testo? D, - In ogni caso nei successivi spettacoli si può parlare solo di ((atmosfere"
C. _ Lavorando con il cemento, con il ferro, con la breccia, nel periodo beckettiane, anche perché avete generalmente smesso di usare testi, o comunque di
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lavorare a un teatro di parola. Fa eccezione il vostro secondo spettacolo, Térote, che, c la platea. Noi avevamo cercato di eliminare i tendaggi e tutto ciò che poteva
a differenza delle produzioni succemve, si basa su un lungo monologo, ~endere la sala pi~ "teatrale". Il foglio del progetto veniva srotolato proprio
C. - Bisogna dire che io ho conosciuto Claudio quando lavorava ancora 10 mezzo al pubblIco. Alla fine Claudio, dopo aver proposto agli spettatori una
con Quartucci, e a quel tempo aveva già sedtto dei testi per il teatro. All'ori- societ~ per azioni che sfrutt~sse la macchina per fabbricare bottoni, ne distrug-
gine Claudio era un attore di parola: oltre gli autori di cui ho già parlato, aveva geva 11 progetto, lo straCCIava, e tutti i pezzetti volavano per l'aria come
messo in scena La moscheta di Ruzante nel 1959, L'architetto e nmperatore di farfalle. In 9uestù modo Claudio si muoveva fra pedana e platea.
Assiria di Arrabal oel1968, e alcuni suoi copioni. All'inizio ci sembrò quindi D. - Come erano sistemate le luci?
naturale lavatare sulla parola, C. - Le luci erano sempre piene e bianche, con l'unica funzione di "far
D. - Térote nasce da un!idea teatrale originale? vedere", senza produrre nessun effetto particolare.
C. - Si. Era un testo dialogato, in cui un personaggio aveva più corpo D. - C'era una colonna sonora?
dell'altro che invece rispondeva a monosillabi. Poi il dialogo si è trasformato in C. - No. A un certo punto però Claudio cantava una call'L.one mentre io
un monologo> anche rispettando la divisione di ruoli che vedeva Claudio attore lo accompagnavo con la chitarra. Si tratta di Reginaldo, canzone poi ripresa in
di parola. Infine decidemmo che io potevo sostenere il mio ruolo non con le Rem e Cap, che componemmo nel periodo di Laboratorio al Leopardo, insieme
parole, ma con le immagini, linguaggio di cui ero sicuramente più padrone. ad altre, come anche quella della fiammella che canto nel finale di Richiamo.
D. - L'oggetto principale dello spettacolo, costantemente mostrato o citato, è il Abbiamo composto in tutto una decina di canzoni.
bottone. Come è nata questa scelta? D. - Dove era collocato il pupazzo di bottoni?
C. - Lo spunto per la creazione dello spettacolo è stato dato proprio da C. - Il pupazzo era sistemato in una cassa alta due metri e in ultimo quasi
una cassa piena di bottoni di tutte le forme e i colori che il fratello prete di a rifiutare l'idea di fabbricare bottoni, veniva innalzato.il to;em su cui Claudio
Claudio aveva ricevuto per i propri parrocchiani. Guardando e riguardando cuciva l'ennesimo oottone dopo una cerimonia in<.ui io portavo ago, filo e furbici.
questi bottoni è nata l'idea di utilizzarli per costruire il pupazzo che domina D. - Il tuo personaggio era mmpletamente muto e si esprimeva solo tramite azioni?
il finale dello spettacolo. C. - Si. Ad esempio segnavo le impronte di Claudio mentre camminava>
D, - Avete pensato prima al pupazzo e poi al testo'? c anche quelle del pubblico. Inoltre mi fabbricavo degli zoccoli, fingevo di
C. - Si. Dopo i primi disegni e le prime proposte di realizzazione è venuto trasportare a fatica la cassa, disegnavo una figura distesa e poi intorno una bara
fuori un abito sostenuto all'interno da una sorta di corazza. La parte superiore con tutti i fiori. Mi costruivo una maschera da cavallo con il cartone che
era armata con una rete metallica, sovrastata da un elmo. I bottoni erano cuciti riprendeva il viso di cavallo, ili. gommapiuma dipinta, del totem.
sulla stoffa che rivestiva questa struttura cd erano disposti a seconda della D, - Anche nel successivo Jpettacolo, Sacco, è l'azione fisica che ha un'importanza
forma e del colore, e in modo da formare dei disegni. E ciò era molto impor- preponderante. Com'è nata l'idea di organizzare tutta la messa in scena intorno a un
tante, perché, per quanto mi riguarda> è il disegno che restituisce una dimen- attore (Claudio) racchiuso, appunto, in un sacco?
sione scenica alla realtà. Claudio, nel testo, insiste> ad esempio, in vario modo C. - In quegli anni procedevamo per tentativi. Pensavamo alla scenogra-
per entrare in una porta che io ho disegnato. E per tutta l'azione scenica fia non COme supporto> qualcosa che stia alle spalle o che circondi l'attore, ma
continuo a disegnare: figure di animali che sono una risposta alla sua aggres- c~me parte dell'~zione scenica, dello spettacolo. In-questo caso la scenografia
sività (dalla pecora-cane al mastino, al serpente, alleane, al drago> all'orso), dIventava anche Il costume, l'oggetto, e tutto era concentrato su una persona.
mobili per barricarmi, un rubinetto che diventa una pistola. Pensavamo anche a qualcosa che potesse trasformarsi, avere la forma di una
D. - Disegnavi su una parete bianca? fortezza, di un castello, potesse essere insomma il luogo dove sviluppare
C. - Sì. Anche se quando ci è capitato di realizzare lo spettacolo in una l'azione. Ce~cavamo un elemento base che contenesse tutte queste immagini,
scuola abbiamo usato dei grandi fogli di carta sistemati sui muri. e, per sintesi> siamo arrivati alla cosa più povera che potessimo immaginare:
D. - Nello spettacolo, scandito dal monologo di Claudio, si possono individuare il sacco. Il sacco è fatto di una stoffa grezza, poverissima, ma nel contempo è
alcune azioni centrali come appunto il tuo disegnare sulle pareti o l'apparizione del il contenitore per eccellenza. Lo spettacolo comunque non concedeva molto al
pupazzo di bottoni, Tra queste credo che si debba inserire anche la presentazione del pubblico. Creavamo una situazione tesa, anche se poi, arrivati al punto
progetto della macchina per la fabbricazione dei bottoni. Come si svolgeva l'azione? culminante, la tensione veniva rotta da alcuni interventi che provocavano una
C. - Claudio prendeva questo progetto, disegnato su un lungo foglio di risata liberatoria. Gli spettatori erano come testimoni di una situazione, come
carta arrotolato, e lo srotolava. La sala del teatro della Ringhiera, dove è stato se per strada o in piazza stessero assistendo a un incidente, e dovessero capire
rappresentato lo spettacolo, era rettangolare, divisa in due parti: una pedana e testimoniare l'accaduto.
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D. - Anche in Sacco la luce è pienct e diffusa? Ifreddi", e quindi specificamente adatti a rappresentare un rapporto alienante nei
R. - Si ma, questa volta, in alcuni momenti, l'attenzione del pubblico confronti della macchina?
veniva orientata su zone o punti particolari della scena. Quando Riccardo mi C. - Per noi il materiale deve sempre avere un'applicazione che abbia come
chiudeva sotto la cupola dalla quale spuntava, attraverso un foro posto in alto, scopo la costruzione di un oggetto, è sempre un mezzo. Anche in CottimiJti,
solo una mia mano, ael esempio, aveva ini:t:io una lunga scena di lotta tra la dove si impone la presenza dei mattoni, ciò che importava era che questi fossero
mia mano e la sua: Riccardo, per isolare visivamente le due mani, sistemava materia "toccabile", reale. Magari in uno spettacolo simile a CottimiJti altri
due fascic nere sui rispettivi polsi. Il tutto però a luce piena. avrebbero usato la gommapiuma, più leggera e quindi più comoda.
e. - Potrebbe essere proprio l'equivalente di un primo piano cinema- D. - Ci sono quindi delle differenze di scelta e di utilizzo tra materiali naturali
tografico. e Jintetici?
R. - Ci hanno anche chiesto perché non proiettavamo un cono di luce sulle R. - In verità non ci poniamo alcun limite prestabilito nella scelta dei
mani, ma io ho sempre ritenuto che fosse più efficace isolarle con le fasce nere. materiali.
D, - Forse perché temevate che gli effetti di luce ottenuti con un proiettore creassero D. - Nella manipolazione dei materiali sulla scena, Richiamo presentava uno
un'impressione artificiale di finzione, che potesse compromettere il carattere di verità e scenario tecnologico inteso come costrizione schiavizzante che annulla e schiaccia l'uomo.
autenticità dei vostri lavori? È questa la concezione fondamentale della tecnologia, presente nei vostri spettacoli?
R. - Giusto. E poi qualsiasi artificiosità avrebbe stonato con quella lotta R. - In quel caso sì. Ma presentavamo poi questa concezione dell'attività
che era di una cattiveria spaventosa. tecnologica in maniera molto semplice. Con pochi mezzi cercavamo di illu-
D. - In questa prospettiva, costantemente orientata dall'esigenza di evitare ogni strare e di evocare una situazione molto più ampia, generale.
effetto "artificiale"! si potrebbe allora collocare la scelta dei materiali che adoperate:. C. - Penso che Richiamo sia impostato su un'ottica specificamente umana.
materiali direttamente tratti dal mondo ureale", che appaiono assai poco "teatralj'i, E È l'uomo che diventa architetto delle cose, di trasformazioni sia naturali che
possibile collegare questa scelta anfhe alla dimensione politica degli spettacoli, e par- artificiali, diventandone però man mano schiavo, a scapito del rapporto con
ticolarmente al tema dell!alienazione? le altre persone.
C. - Credo che si debbano tener presenti due aspetti. Uno è quello D. - Ma in Richiamo l'uomo, rendendosi schiavo della macchina! sembra
artigianale, della fabbricaL'.ione dell'oggetto. L'altro è la metafora della schia- addirittura provocare la propria morte.
vitù tecnologica. Richiamo è stato letto come denuncia della macchina, del R. - Nello spettacolo c'è un chiai'O rimando alla "morte bianca" di
ciclo di produzione, dell'alienazione del mondo. Una denuncia della riduzione Riccardo che viene schiacciato dalla macchina. Dei due personaggi uno è
dell'essere umano a servo della macchina e quindi della sua cancellazione, ridotto a robot, e quindi non è più padrone di se stesso, l'altro, in un ultimo
D, - Alcuni materiali come il legno! la pietra, il ferro, che potremmo definire palpito di umanità, si mette sotto la macchina facendosi schiacciare, e solo così
arcaici! possono assumere significati particolari quando vengono portati sulla scena? riesce a bloccarla. Per noi è una chiara allusione al sacrificio teso al recupero
R. - Lo prendono. Noi siamo pronti a cogliere e utilizzare il significato dell'altro che si sta perdendo.
che i materiali assumono nell'uso scenico. D. - Certo in Richiamo /'elementopiù visibile èla macchina a ingranaggi, Que.rt!ul-
C. - Il significato comunque non sta mai nel materiale in sé, ma nella sua tima però si arresta proprio in una scena particolare: quando entra la piccola costruzione in
manipolazione concreta. Anche nella costruzione della macchina di Rotòbolo, legno, quasi una gabbia, con un uccello all'interno, La scena costituisce un momento di
che è stata affidata a un'officina, siamo intervenuti noi, manualmente. rottura all'interno dell'impianto drammaturgico! anche perché il ritmo del/'azione muta
R. - Non prendiamo mai in esame un materiale per individuarne un bruscamente quando il volatile fugge e, conseguentemente, la struttura crolla.
significato o una funzione intema, che porterebbe in sé, ma stiamo attenti a R. - In verità i due personaggi, per un attimo, prendono coscienza della loro
tutto ciò che può esprimere anche casualmente o nella manipolazione involon- condizione di schiavi della macchina, quindi fuggono via abbandonandola, Si
taria. In Antigone, ad esempio, abbiamo usato come scenografia la ghiaia (il rifugiano però negli ideali ambigui materializzati nel tempietto che entra. Senon-
carico di dieci TIR) con cui abbiamo creato delle dune. Camminandoci sopra ché, quando !'idolo (bada bene, non il dio) fugge, il tempio crolla addosso ai due
a piedi nudi ci siamo resi conto che questo materiale funzionava come fonte che sono così costretti a ritornare alla macchina. È una evasione nulla, inutile.
sooora e quindi musicale. Il nostro sforzo non è di coordinare i vari elementi C. - L'uomo cerca costantemente di evadere dalle proprie angosce e dalle
della messa in scena, ma di impastarli. fatiche della vita quotidiana ma tende a rifugiarsi in una immagine o aspira-
D. - Si possono attribuire, secondo voi, dei segni caratteriJtici a un materiale? zione proiettata fuori dalla realtà. In quella scena mettiamo in evidenza la
Possiamo definire i materiali fondamentali di Richiamo (ferro' e plastica) come precari età di questi ideali.
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I
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J
D. - Perché nella scena del t~mpietto 11n personaggio entra ~mnminando su due proprio gmzie a un processo di sottmzione, "asciugando" tutto, sintetLLLando
sostegni di cemento manovrati dal/'altro? i movimenti.
R. - È un segno per indicare la tentazione di elevarsi sugli altri e che D. - Nella vostra concezione della macchina è anche jJresente un'implicita rifles-
rimanda generalmente alla funLione dei pammenti sacri. E del resto l'evasione sione sul ,'oncetto stesso di tecnologia teatrale?
a cuI abbiamo accennato viene sempre segnalata con pratiche che assumono C. - Il nostro atteggiamento rispetto alla tecnologia teatrale è diverso da
valori sacrali. quello di altri gruppi. Di solito per tecnologia teatmle si intende un supporto
D. - Anche gli oggetti che escono dal pallone di plastica nella prima sama di tecnologico alla scenografia o comunque un meccanismo per produrre un
Richiamo hanno un significato particolare? , effetto spettacolare. Si utiliLzano palcoscenici che si muovono, pompe idmu-
e. - Sono gli oggetti che messi insieme compongono la macchina. Ini- liche di sollevamento: tutti quei meccanismi che fanno parte del teatro e della
zialmente però escono fuori delle ossa, i residui dell'animale o di chi comun- scenografia di memoria ancora rinascÌmentale o barocca. La nostra diversità
que è stato inghiottito. sta nel fatto che l'oggetto, la macchina, è veramente protagonista dello spet-
D. - Si è parlato Jpesso, in riferimento ai vostri lavort~ delle "macchine celibi" tacolo.
accennando così alle opere di Duchamp, Roussel, Kafka. Se doveste dare un nome alle D. - La macchina, la temologia, sono proprio le protagoniste di Rotòbolo, in
vostre macchine, le definireste celibi, oppure in altro modo? cui trasformate radù;almente il rapporto spaziale con gli spettatori, che si muovono
R. - Le definirei "macchine inutili", lo trovo più giusto. Qualche volta all'interno di un universo temologù;o. Come è nata l'idea di questo spettacolo?
macchine dannose. e. - L'idea di partenza era quella di condensare in un'unica operazione
D, - Dannose per chi? lo spettacolo e l'ambiente teatmle. Rotòbolo era allestito all'aperto, preferibil-
R, - Per l'uomo che crede di usarle, Sono macchine inutili che nell'im- mente in una piazza, all'interno della quale montavamo la stmttura. Tutto
piego diventano estremamente dannose. il cilindro di Rotòbolo era costituito da sette cerchi indipendenti, che ruotavano
e. - Per me potrebbe andar bene la definiLione di "celibi". azionati dagli spettatori all'interno. Cercavamo di fadi girare insieme, in
D, - È singolare come in Richiamo, pur muovendovi in un ambito di denuncia modo che ci fosse una coincidenza nel movimento.
politica e sociale, non ricorriate mai a macchine mostruose, dotate di enormi ingranaggi, D. - In Ameba il protagonista è un groJJo aggeggio che può rientrare nella
come quelle presenti in Tempi Moderni di Chaplin, Chaplin è del resto un autore al tiPologia della macchina inutile ma è essenzialmente diver;o dal meccanismo a ingra-
quale la critica vi ha spesso paragonato, naggi di Richiamo, Si tratta di una variante nella mncezione della macchina?
R. - A me piace ricordare che ci san bastate solo due ruote. e. - La differenLa con Richiamo è che in Ameba si impone subito chiara
e. - SicUl'amenre poi c'è lo scarto rappresentato dai due diversi linguag- l'immagine della schiavitù dell'uomo.
gi, cinematografico e teatrale. Credo che a teatro, con dei segni minimi, si R. - È anche vero che Ameba è un oggetto-macchina inutile ma anche
possa giungere agli stessi risultati. affascinante. Lo spettacolo conteneva dei riferimenti al rito, alla religione, ai
R. - lo, ad esempio, sono trasformato in un robot col semplice gesto di grandi ideali asserviti. Ameba era un oggetto al quale i personaggi si dedica-
inmarmi sul capo un innaffiatoio, al quale avevamo tolto il fondo, Era un vano completamente senza avere nulla in cambio, tranne un appagamento
segno povero, che comunque serviva a cancellare l'uomo. spirituale o psicologico. Mi ricordava i momenti in cui la gente si getta in
D. - Si può parlare quindi di minimalismo? ginocchio davanti ai santi, ai monumenti o a una bandiera.
R. - A un certo pumo, grazie alla mancanza di mezzi, siamo stati costret- e. - L'idea originale di quella macchina ci veniva prgprio da un organi-
ti a scop1'ire !'importanza della sottrazione, e ci siamo accorti che un semplice smo unicellulare come l'ameba, con le caratteristiche del movimento e della
gesto può essere molto più esplicativo di creazioni che costano milioni. trasformazione, ma una trasformazione che avviene nel movimento.
e. - Esiste, del resto, nelle nostre messe in scena, un particolare tipo di D. - In Ameba citate il ((torneo", chiamando in causa flcavalieri e s,"udieri".
n:on:aggio delle azioni che isola quella principale tra altre che nel contempo R. - Infatti lo spettacolo è proprio una gam tra le due amebe che si
SI SVIluppano. È una recnica che consente di non far perdere "il filo del scontrano; alludendo così anche alle antiche macchine di guerra.
discorso" allo spettatore. L'abbiamo utilizzata anche in Richiamo, ed è presente D. - Ma qui dunque la schiavitù non potrebbe apparire minore perchi, diversa-
ad esempio nella stl'Uttura "drammaturgica" della scena in cui io trasformo mente da Richiamo, sono i cavalieri e gli scudieri a guidare la macchina?
Claudio in robot e lo nutro. Questa azione è compiuta mentre continuiamo R. - Ma ne sono anche guidati. Nello spettacolo c'è una scena molro
a muovere la macchina, ma il pubblico riesce comunque a coglierla come importante, dove due persone vestono le altre due, mediante delle aste, con
sequenza di gesti unitari e non frammentati. Un simile risultato si ottiene dei costumi quasi da frate, e poi li fanno girare come vogliono, e quelli che
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si muovono sembrano dei burattini investiti di qualcosa che non conoscono. D. - È il vostro bagaglio emotivo che è sempre presente?
1 burattinai sono a loro volta servi di un burattinaio invisibile. In Ameba le due C. - Cerro. Poi magari qualche elemento si nota di più perché diventa
aste non fanno altro che condurre due partecipanti a scontrarsi: sono due ricorrente.
cavalieri bendati c investiti di eroismo. R. - Il tutti i nostri spettacoli, ad esempio, c'è la corda, partendo da Sacco
D. - In Ameba per la prima volta la morte dei perJonaggi (il martirio alla per arrivare a Teatro o ad Antigone.
(:olonna) è provocato non dalla macchina, ma da altri personaggi flmani, e in una D. - La preJenza ricorrente della corda è conneJSa a un motivo particolare?
forma che, nella sua semplicità, è particolarmente violenta. Tutto ciò risponde a un R. - È di natura intuitiva; è una di quelle elementari scoperte dell'uomo
motivo preciso? che servono a tante cose, ad esempio a collegare.
C. - Penso che in questo spettacolo la macchina rappresentasse soprattut- C. - Inoltre è un materiale strettamente congiunto al lavoro manuale nel
to la metafora del potere in sé. La situazione del gioco-torneo è un termine teatro.
spettacolare attraverso il quale viene messa in evidenza la metafora del potere D. - Quindi la funzione peculiare della corda è quella del collegare? In Sacco
che rende schiavi. la cordet collega la vittima al suo carnefice.
D. - Di che materiale è l'oggetto? R. - Infatti in Sacco la corda esce fuori dallo "stomaco" o dalla "bocca" del
R. - In vetroresina, perché ci serviva un materiale leggero e resistente. grosso fagotto protagonista dello spettacolo. In Antigone collega la protagoni-
D. - La componente artigianale del lavoro è una caratteristica frequente dei vostri sta con i suoi antenari: è un cordone ombelicale.
spettacoli. Molti critici f' hanno notato, in particolare mettendo in luce la vostra abilità D. - E in Teatro vi collega al palcoscenico, rappre.fentando il diafmmma che siete
nel costruire il muro di Cottimisti. costretti a passare per accedervi.
R. - Questo proviene sia dall'esperienza, in quanto io da giovane ho fatto R. - Certo, e inoltre lo stesso gomitolo che appare nel finale di Teatro è
il muratore, sia dall'attenta osservazione dci materiali. Tutti hanno visto dei di corda. L'immagine è legata a una battuta molto importante che dice: «È
, mattoni, come si usano, ma in genere nessuno vi dedica un minimo di osser- inutile che ci facciamo tante illusioni, malgrado tutto apparterremo sempre
i: vazione. Ora il materiale, sottratto alla sua funzione più consueta e inserito in a due mondi differenti». Infatti il gomitolo, questo piccolo pianeta, è ipote-
una situazione diversa, come quella teatrale, diventa "parlante" spettacolare, ticamente fatto della mia e della sua corda, quindi sono due individualità
senza per questo giungere al realismo. Oltre lacollocazioncper noi è importante intrecciate insieme ma comunque separate.
l'uso del materiale, la capacità di "viverlo" in movimento, in un rapporto D. - In generale gli oggetti che ricorrono, scarponi, cappelli, corde, proprio come
reciproco. In Cottimisti è quasi il materiale che ci invita a usarlo e noi, succubi, i materiali utilizzati, .fOno semplici, immediatamente riconoscibili, ({quotidiani", ma
obbediamo. L'c!emento che ne risulta, un muro, ha una precisa funzione: ci nell'uso scenico diventano inconsueti o addirittura inquietanti. '
separa. R. - Certo. Possono esserci delle,situazioni dove un semplice cappello suscita
C. - Tutto viene cosrruito di fronte al pubblico che osserva. All'inizio di una grossa emozione in chi guarda, proprio perché va a toccare, evidentemente,
Cottimisti ci sono tanti mucch.i di mattoni che noi mettiamo in opera uno alla quei punti in cui ognuno di noi cela qualcosa di soffocato, di nascosto.
volta, proprio al contrario di quanto accade nel procedimento estetico usuale, D. - Rita Cirio, recensendo un vostro lavoro, ha parlato di IIdrammaturgia degli
in cui al pubblico viene mostrata un'immagine già compiuta. È' come se noi, oggetti", di CO.fe come parole. Ci sono degli oggetti che hanno assunto un significato
avvicinandoci alla scenotecnica del teatro tradizionale, allestissimo uno spet- particolare e univoco nel vostro lavoro?
tacolo che si basasse sul mettere a posto le rondelle della macchina che apre R. - Non credo. Tutto è sempre riferito alla situazione scenica: è sempre
il sipario o solleva il fondale. un rapporto in movimento.
D. - Una scelta tanto precisa nell'uso dei materiali implica altrettanta atten- C. - Non tendiamo a catalogare i materiali o oggetti in modo che possano
zione nella scelta degli oggetti. Nel VOJtro teatro appaiono oggetti ricorrenti come assumere un solo significato: anzi nel nostro lavoro ci muoviamo costante-
scarponi e cappelli. menre in direzione opposta.
R. - Sono degli elementi tipici dell'abito, quindi vicini all'uomo. E poi D. - Nello spettacolo Spèra, oltre a scarponi e cappelli, l'oggetto sempre presente
fondamentalmente ci piacciono. Mio padre era artigiano edile. Ha lasciato un è appunto la sfera. Ciò non allontana la situazione dal quotidiano proiettando la scena
paio di scarponi che aveva usato negli ultimi dieci anni della sua vita. Riccardo in una dimensione che tende Più al fantascientifico o al metafisica?
li ha visti, li ha indossati e da sempre se li sta portando dietro. Sono cose che R. - Potrebbe essere l'uno e l'altro insieme. In quello spettacolo abbiamo
il pubblico non sa, ma che per noi sono molto importanti. Noi trasferiamo voluto creare un riferimento all'alta tecnologia, nel senso che per noi la sfera
sempre qualcosa degli spettacoli vecchi in quelli nuovi. è un concetto sintetico. .
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D. - Di (he materiale sono le rfere? za. Parlavo prima di protesi e di come ce ne liberavamo nel corso dello
C. - In vctroresina, dipinte con una vernice che dàl'iclea del metallo. Non spettacolo, ma in quel caso ci liberavamo anche di noi stessi. Ci è sottratta
c'era però alcuna intenzione di nascondere o camuffare il materiale reale. Ci l'umanità, l'esistere. Per questo, quindi, in quel momento, mostriamo cappel-
SC1vÌva solo un colore neutro quale quello del metallo. li e scarpe che girano senza uomini.
R. - Le sfere sono delle protesi. Infatti usciamo da una sfera, nella scena C. - Mostrare un cappello sollevato su un paio di scarpe è quasi come
iniziale, come se fossimo una sola figura, che subito dopo, però, si spezza. Di definire gli estremi, all'interno dei quali esiste tutto ciò che è riconducibile
lì inizia la difficoltà di comunicazione, il tentativo di ricomporsi. Allora i due all'uomo.
personaggi cominciano a girovagare mutilati, in cerca dell'altra parte di se D. - In Teatro l'idea di "nulla" è legata alla visione di uno spazio vuoto - in
stessi, portandosi dietro, in sostituzione della pane mancante, una protesi qUeJto ~'aso il palcoscenico del teatro all'italiana. È .ftata la prima volta che avete ideato
chiaramente artificiale che allude alla tecnologia di cui oggi disponiamo. uno Jpettacolo per Un simile spazio teatrale?
D. - La critica, parlando di Spèra, nomina un "congegno celibe" col quale voi C. - Prima è venuta l'esperienza di Cottimisti, dove abbiamo ricostruito
cronometrate il tempo de/t intervallo dello spettacolo. il palcoscenico come un'impalcatura da cantiere. Teatro è sicuramente il
C. - Non è proprio un congegno. Era la prima volta che consideravamo momento in cui "saliamo" sul palcoscenico superando la barriera classica
l'intervallo nel nostro lavoro, e decidemmo di inglobarlo nella struttura dello determinata dal sipario.
spettacolo. Alla nostra ultima uscita restavano in scena un paio di scarponi su D. - Come definireJte il vostro rapporto con il t'eatro tradizionale all'italiana?
cui era collocato un cappello. La luce si concentrava su questi oggetti. Una R. - Di disponibilità. Quando parliamo di spazio scenico noi intendiamo
voce annunciava !'intervallo dicendo che la durata sarebbe stata quella neces- un luogo dove si possa fare teatro: quindi dappertutto. A un certo punto siamo
saria a far sollevare il cappello a un metro e settantacinque di altezza: l'altezza ritornati sul palcoscenico, ma avendo chiara !'intenzione di una riscoperta, di
media di un uomo. una reinvenzione.
R. - L'intervallo risultava quindi la continuazione dello spettacolo. Il C. - Secondo me si tratta di un percorso preciso, segnato anche da alcuni
secondo tempo iniziava infatti con il nostro ingresso in scena e con l'incontro spettacoli. Fin dall 'inizio del nostro lavoro, nel Teatro del Leopardo, con l'alle-
con quest'essere inesistente. stimento di Giorni felici, è stato proprio il luogo l'oggetto dei nostri esperimenti.
D. - L'idea di assenza, il ilniente", ricopre un ruolo di primo Piano nei vostri Il testo era tutto scritto sulle pareti e immaginavamo che fosse un percorso;
lavori. E de! resto è proprio ilil niente" che si trova dietro il siPario di Teatro. cercavamo un possibile impasto (fa lo spettacolo e il luogo. Volevamo coinvol-
C. ~ Il palcoscenico vuoto di Teatro è un "niente" che va oltre il teatro. gere lo spazio in ciò che si rappresentava, e di qui è nata l'esigenza di rompere
È il luogo dei possibili illusionismi, dove può accadere anche il miracolo. È con lo schema tradizionale della rappresentazione. Probabilmente ci trovavamo
un nulla dettato dal buio al di là del sipario. anche in sintonia con una tendenza del periodo. Infatti, tranne Térote, inteso
R. - Ma è anche una fonte-madre del gomitolo che arriva in scena. come esperienza di mezzo, Sacco è nato coll'idea di schema centrale: proprio un
C. - Non credo che l'idea del "nulla" debba essere legata solo al fatto ring con il pubblico intorno. Certo adesso Sacco lo rappresentiamo anche su
teatrale. Il "nulla" è quello che si contrappone alla vita. È sempre usato come palcoscenici tradizionali, ma per noi le motivazioni non cambiano.
termine di paragone, come opposto di una concretezza di una realtà. C'è D. - C'è stato quindi un proceJso di rifiuto, o di allontanamento, razionale e
sicuramente un dato apparente che è quello del "costruire", come nei primi cosciente, rispetto alto spazio scenico all'italiana?
spettacoli in cui ci confrontiamo con un oggetto che costruiamo o distruggia- R. - Con Richiamo, ad esempio. questo spettacolo nq,n può esser fatto su
mo. Ma c'è anche un dato impalpabile, secondo il quale anche ciò che costru- un palcoscenico.
isci può azzerarsi nel nulla. Del resto anche il nostro modo di porci rispetto C. - Richiamo è uno spettacolo con un luogo di rappresentazione ben
alla creazione di uno spettacolo ci riporta al nulla, in quanto parliamo sempre preciso: un percorso. L'idea originale, anche sul testo, è la strada. È uno
di "azzeramento", di "desertificazione". Il deserto può essere una buona im- spettacolo che richiede un luogo anomalo, con il pubblico disposto lungo un
magine per descrivere il punto di partenza del nostro lavoro, perché è domi- lato del percorso. La ricerca sul rapporto pubblico-spettacolo, per noi, ha il
nato da due elementi come il nulla e il silenzio che per noi sono molto vicini. suo culmine con Rotòbolo, dove lo spazio e l'azione scenica hanno trovato un
D. - Si tratta quindi di un dgserto che non è sterile, ma è anzi molto fecondo? momento di fusione nel funzionamento dell'oggetto durante il quale il pub-
C. - Certo. È un "nulla" non inteso come inconsistenza, bensì come fonte blico diventa il protagonista dell'azione.
delle cose visibili: proprio di lì esce fuori la concretezza. R. - In Rotòbolo lo spazio era la scenografia e la scenografia era lo spazio.
R. - È con Spèra, credo, che abbiamo dato il segno più grande dell'assen- C. - Nello spettacolo successivo, Cottimisti, abbiamo voluto riproporre,
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o almeno alludere, al luogo del teatro, flEetendoci anche alla sua funzione c. - Del resto il palcoscenico tradizionale, all'italiana, per noi non costi-
illusionistica. Partendo da una situazione di cantiere, prima della costruzione tuisce un punto di riferimento essenziale, né positivo né negativo. Il teatro
del muro, salivamo sull'impalcatura trascinandoci dietro dei teli che, a un all'italiana è una struttura nata in un preciso periodo, ma prima di essa ne
i certo momento, formavano a vista il boccascena. esistevano altre come il teatro greco, il sagrato delle chiese. Certo il teatro
R. - Il boccascena era importante perché volevamo dare l'illusione che il all'italiana è quello che è restato fino a oggi, ed è una struttura consacrata
muro continuasse all'esterno, e potesse ritornare. Ma invitavamo lo spettatore comunque alla messa in scena. Questo però anche perché non c'è stato alcun
a entrare nel gioco "spiegandogli il trucco". esperimento che abbia prodotto una diversa impostazione che si sia radicata
D. - Il gio(o dell'illusione in rapporto allo Jpazio scenico continua anche con nella storia e che abbia superato e trasformato questa struttura. Tra l'altro il
Pozzo? palcoscenico all'italiana resta la struttura più disponibile per l'attività teatrale.
R. - In quel caso il diaframma tra gli spettatori e una realtà diversa era D. - RiJpunta dunque, seppure in termini re!ativt~ una sorta di posizione
il foro stesso: nel contempo sipario e fome meravigliosa. privilegiata che assegn?tmo al pakoscenico all'italiarta, inteso come punto di riferimento
C. - Un'altra importante tappa è poi segnata da Antigone, dove lo spazio inevitabile della nostra cultura teatrale, con mi dobbiamo confrortt'arci sempre. Seguen-
scenico coinvolgeva spettatori e spettacolo, Questa è la ragione pet la quale do però l'itirterario delle vostre produzioni sembra po.'ìSibile riconoscere una prima fase
abbiamo scelto un capannone industriale di seicentocinquanta metri quadrati, in cui cercavate di contrapparvi a queJta soluzione spaziale, epoi una fase in cui avete
vicino a Ostia antica. Anche in questo caso ci muovevamo alla precisa ricerca cominciato a {(esplorarla",
di un particolare ambiente che aderisse alla nostra idea spettacolare. R, - lo penso che non sia il teatro come architettura il termine a cui
D. - Il muro presente nell'allestimento di Antigone è un richiamo alla scaenae bisogna contrapporsi. Bisogna contrapporsi all'uso comodo, facile e consueto
frons romana? di tale struttura.
C. - Certo, Con T'eatro invece, come già detto, abbiamo voluto riappro- D. - Insomma, siccome per voi il teatro è essenzialmente ricerca, sul palcoscenico
priarci coscientemente dello spazio teatrale all'italiana, focalizzando l'atten- tradizionale diventa difficile sperimentare davvero per le stratificazioni culturali dJe
zione su un elemento preciso: il sipario. questo si porta addosso'?
R. - Ma lo abbiamo voluto fare partendo da un rapporto di verginità, C. - Anche lì si può condurre una ricerca, ma bisogna precisare che se fai
come chi, venendo dall'esterno, non sappia nulla. ricerca in un luogo come quello, devi superarlo. È questo comunque il para-
C. - E così via, il processo continua, e abbiamo prodotto Bosco, Spèra, e dosso: tmte le varie esperienze andate in porto, non sono riuscite a produrre
in quest'ultimo è proprio la scatola teatrale a permettere il gioco, che va al di un'idea nuova e radicata di spaLio scenico.
là del tempo reale espandendosi in una dimensione metafisica. Negli altri D. - Negli esperimenti che avete condotto l'impiego del teatro all'italiana è legato
spettacoli, Richiamo, Cottimisti, il tempo è reale, quello necessario a svolgere all'uso Più complesso dell'illumirtazione, Quando è entrata a far parte del vostro
le nosrre azioni. In Spèra esiste un tempo immaginario e i movimenti non sono linguaggio J'cenico l'articolazione delle luci?
strettamente legati al tempo che passa. C. - Il primo spettacolo clave abbiamo cominciato a creare dei movimenti
R. - Ricordiamo però che anche negli altri spettacoli ci sono delle con le luci è Teatro, Voglio precisare però che la luce deve entrare e definirsi
parentesi di tempo "mentale". In Cottimisti, ad esempio, 'dal mo"mento in cui di per sé, senza essere diretta a sottolineare un effetto, Il particolare uso delle
il muro esce di scena da un lato e quello in cui rientra dall'altro, appaiono luci in Rem & Cap, ad esempio, è stata una combinazione di fattori diversi
alcune oche e potrebbe essere passato un tempo infinito, quello necessario, poiché lo spettacolo ha delle scene che si svolgono su un/palcoscenico VUOto,
forse, a fare il giro del mondo. senza alcun tendaggio, con le scritte luminose tipo "vietato fumare" o le luci
D. - Nel momento in cui superate la bat1'iera del sipario, con Teatro, e salite sul di servizio, alternate ad altre in cui l'illuminazione del palco è il risultato di
palcoscenico, e un palcoscenico tanto prestigioso come quello del Teatro Valle di Roma, un accurato e preciso uso dei riflettori.
voi rappresentate Bosco. La caratteristica fondamentale di questo spettacolo risiede R. - Non usiamo la tecnologia per illudere. Le luci di Rem & Cap
nella evidente falsità dei materiali presentati in scena unitamente a una costante servivano a condurre la coscienza dello spettatore. L'illuminazione è usata
citazione della pratica dell'illusionismo. Non c'è una vena polemica in questo comin- come un materiale, che segue un discorso attivo: si sottrae e poi ritorna.
ciare a fingere proprio quanch usate un palcoscenico tradizionale? C. - In Rem & Cap, in effetti, la luce diventa un personaggio. Delle quinte
R. - No, si trattava di un'intenzione più che altro giocosa. L'idea del e dei fondali, mossi elettricamente, creavano dei momenti in cui il nero
giocoliere è presente anche in Sacco, nell'emergere di tanti oggetti disparati invadeva tutto, tranne gli ambienti creati dalla luce che seguiva un proprio
che escono dall'involucro. percorso, come un personaggio appunto,
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D. - Nei vostri ultimi spettacoli si avverte un'importante trasformazione. Le
maahine inutili spariJcono, e {'ctttenzwne si concentra sulla presenza preminente della
figura umana,
R. - La macchina era riuscita a combinare tutto quello che poteva, BIBLIOGRAFIA
lasciando l'uomo solo e nudo. Quest'ultimo, quindi, restava l'unico elemento
a nostra disposizione.
C. - Ma al di là degli oggetti e delle macchine, fin dall'inizio l'elemento
fondamentale, il succo del nostro lavoro, è sempre stato l'uomo. Anche se, per
quanto mi riguarda, nelle nostre messe in scena c'è sempre qualcosa di Testi di Claudio Remoodi e Riccardo Caporossi
invadente che domina il tutto.
D, - La critica} di solito, individuava nei vostri spettacoli una chiara contrap- Sacco, "Il Trovarobe 1"; Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, 1974.
posizione vittima-carnefice, padrone-servo, oppure scorgeva la difficoltà di rajJjJorto tra Pozzo, copione illustrato con disegni di Riccardo Caporossi, stampato
i personaggi caUJata dalla presenza della macchina. AdesJo cosa è cambiato?
dagli stessi autori a Roma nel 1978.
R. - È vero che in Rem & Cap e in Quelli che restano si avverte una
Senza punti né virgole così di seguito ininterrottamente come l'abbiamo detto ... in
trasformazione del nosrro atteggiamento, che ci ha portati a un lavoro dove
Illusi ... programma illustrato della personale su Remondi e Capo-
il materiale non è più tanto l'oggetto, quanto una situazione: una situazione
rossi svoltasi a Roma dall'ottobre al novembre del 1985, edito a
però altrettanto materiale. La tendenza alla sottrazione ci ha portato a togliere
tutto. Rem & Cap è concentrato sulle due porte, che sono due ingressi. I "due Firenze ad opera degli stessi autori nel 1985, pago x/xv.
omini", messi sul palcoscenico, non comunicano, non si guardano. Però vivo- Ameba, copione illustrato con disegni di Riccardo Caporossi e foto
no, cantano in casa propria, uno si cuce un calzino. È l'assoluta solitudine. degli stessi autori, Firenze, Centro Internazionale di Drammaturgia
Tutto è pieno di questo elemento mareriale che è l'assenza di tutto. di Fiesole, 1986,
D. - Ciò che invece resta costante nel VOSt1'O lavoro è il particolare modo di concePire Presentazioni alla rassegna Jtampa di ogni singolo spettacolo, dattiloscri-
i copioni come fumetti, e tutto questo si unisce a una intensa jJroduzione iconografica, ti in loro possesso gentilmente concessi dagli autori.
tra disegni e dipinti. Anche nei vostri primisJimi spettacoli, come Giorni felici o
Tèrote, i disegni hanno tanta parte insieme alle sculture. A posteriori riconoscete un
legame con le esperienze compiute dalle arti figurative in quegli anni? Sul teatro di Remondi e Caporossi
C. - Per quanto si possa parlare di coincidenze, non c'è stata nessuna
influenza diretta. Non si può dire che noi guardassimo alle esperienze pitto- FRANCO QUADRI, L'avanguardia teatrale in ltalia r Torino, Giulio Einau-
riche o di arte comportamentale e poi le trasferissimo nel nostro teatro. I nostri di editore, 1977.
esordi si collocano in un periodo in cui due campi artistici differenti condu- FADIO BAR1'OLI (a cura di), Branco. Il teatro di Remondi e Caporossi,
cevano, separatameore, esperienze simili. Sicuramente ci è accaduto di render- Firenze, La Casa Usher, 1980.
ei conto, trovandoci di fronte a un quadro o una qualunque immagine, del- BARBARA DE MIRO, Il sostantivo singolare di Claudio Remondi e Riccardo
l'affinità che potevano presentarsi con il nostro lavoro. Si trattava però di Caporossi, in La scena, lo schermo e i simulacri, Foggia, Bastagi, 1984.
qualcosa che era possibile verificare dopo, a distanza di tempo. Direi che GlANFRANCO CAPITfA (a cura di), La politica dei materiali, io Illusi ...
allora, benché i ctitici e il pubblico avvertissero questa comunanza, emergesse
cito
comunque lo scollamento fra le arti visive e il teatro. A Roma, in quel periodo,
FRANCA SILVESTRI (a cura di), A passo d'uomo l, Coro, Ravenna, Essegi, 1991.
nasceva il teatro-immagine, di cu.i noi però non ci siamo mai sentiti parte,
perché non avevamo mai privilegiato l'impatto viSIVO, anche se nel nostro
lavoro diverse cose hanno anche un loro fascino come immagine. Questo, del
resto, rientra nel nostro modo di procedere, dato che, non praticando un teatro Testi sulle macchine celibi
verbale, diamo spesso la parola agli oggetti, alle cose. In ogni caso, per noi,
l'immagine non è mai fine a se stessa. MICHEL CARROUGES, Les Machines célibataires, Parigi, Arcanes, 1954. II
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