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Corso di laurea in Scienze dell’architettura

Laboratorio di progettazione architettonica 1A – prof. Antonio Lavaggi

INTRODUZIONE AL PROGETTO DI ARCHITETTURA


Il primo giorno del laboratorio di progettazione del 1° anno

Tra gli obiettivi del nostro lavoro c'è quello di progettare un piccolo edificio (composto da alloggi associati a schiera);
un'esercitazione alla quale arriveremo gradualmente attraverso un percorso che del mestiere di architetto avrà indagato
in precedenza i fondamenti degli aspetti tecnici e delle questioni teoriche, nell'ottica di quel lavoro interdisciplinare che
è alla base del laboratorio di progettazione.
Dell'operazione progettuale conviene precisare a priori alcuni aspetti dal momento che questa esercitazione vede gli
studenti del 1° anno impegnati a percorrere per la prima volta quel lavoro pieno di fascino e ricco di insidie che conduce
al progetto; un cammino certamente non predeterminato, o da scoprire, ma piuttosto uno dei numerosi percorsi possibili
in una logica che non prevede il progetto, la risposta ma una serie praticamente infinita di risposte possibili. Risposte da
costruire, dunque, in un procedimento logico e consequenziale di scelte successive, nella consapevolezza, appunto, che
la nostra sarà una delle innumerevoli risposte possibili. L'operazione che andremo a fare non avrà perciò il carattere di
una scoperta o di un’invenzione ma piuttosto quello di una costruzione: alla stregua del processo con cui si esplicita un
ragionamento, si sviluppa un tema noi costruiremo un progetto in una sequenza logica, e dunque consequenziale, di
scelte successive. Questa "sequenza di scelte" muoverà da un processo analitico che dovrà precisare tutti gli aspetti del
tema progettuale assegnato; aspetti che hanno a che fare con le molte facce del progetto in quella complessità
interdisciplinare che ho illustrato commentando il programma del corso (storia, rappresentazione, tipologia, luogo,
aspetti strutturali, articolazione formale, tecnologia, aspetti impiantistici, logica distributiva, normativa, …).
Analisi, costruzione, logica, scelte: analizziamo brevemente questi termini nella consapevolezza che le considerazioni
proposte in questa occasione non saranno esaustive dei singoli argomenti ma piuttosto, nella richiamata logica di
gradualità, contribuiranno a precisare quel quadro complessivo all'interno del quale collocare l'operazione-progetto.
Per analisi intendiamo tutte quelle operazioni che sempre precedono e talora accompagnano il progetto e che intendono
qualificare e quantificare le domande alle quali il progetto dovrà rispondere. E' come se noi stessi dovessimo
ulteriormente precisare il tema da svolgere; e già in questa fase la discrezione di chi opera indirizza l'analisi in una
direzione assimilandola in qualche modo a parte del progetto stesso. Se è vero, ad esempio, che l'orografia e
l'esposizione di un suolo rappresentano dati oggettivi e incontrovertibili, non confutabili, dunque, è altrettanto vero che
chi su quel suolo deve progettare un edificio già in fase di precisazione di questi dati può eseguirne una lettura di parte
che in qualche modo contribuirà a rendere tale il progetto a farsi: penso al rapporto con il suolo del convento "La
tourette" di Le Corbusier 1; penso all'incidenza dell'asse eliotermico nel disegno di tanti quartieri razionalisti.
Dunque l'analisi volta a precisare le premesse e le qualità stesse che contribuiranno a connotare il progetto: dunque
l'analisi già potenziale strumento di parte: infatti, in analogia con i risultati di due diverse operazioni progettuali sullo
stesso tema, anche per quanto attiene l'analisi non è prevedibile che due diverse letture possano in qualche modo
coincidere. A fronte di questa "parzialità" va ribadito che anche nel caso dell'analisi la sequenza logica dell'operazione
si andrà a precisare in risultati strettamente connessi in un processo di costruzione razionale e consequenziale.
Costruzione perché si tratta sempre di un'operazione in fieri, una operazione che è il risultato di una fase precedente e
pone nel contempo le premesse per le scelte successive: nel disegno del prospetto individuiamo i vuoti degli infissi;
ogni vuoto deve essere precisato nel rapporto altezza/larghezza/profondità; per ciascun vuoto viene scelto un infisso: a
due, tre ante,… a bilico, a vasistas, a ghigliottina,… in ferro, in legno, in plastica,…con vetri specchianti, trasparenti,
traslucidi,… e poi l'avvolgibile o la persiana, e poi ancora i colori… in un processo di scelte, appunto, che devono
costruire una sequenza logica con carattere di necessità. Ogni scelta dovrà dunque essere motivata e logicamente
connessa a quella successiva. Ed è importante che questa sequenza sia ripercorribile in senso inverso: che dalla maniglia
dell'infisso si possa procedere a ritroso fino al disegno dell'intero prospetto, ancora in una sequenza logica. E laddove un
passaggio risulterà forzoso o comunque non in linea con la sequenza predetta, ecco, allora capiremo di aver commesso
un errore.
E' dunque importante che un'operazione di verifica confermi sempre la logica delle scelte operate. Accade infatti talora,
tanto più frequentemente quanto minore sarà l'esperienza di chi progetta e la sua dimestichezza nel percorrere questo
cammino, che la sequenza logica presenti dei salti, delle soluzioni di continuità; in quel caso sarà necessario riprendere
dall'inizio il filo del discorso; un'operazione insieme di amore e di pazienza che ci porta a ricominciare da capo sulle
ceneri di un lavoro che credevamo concluso; e spesso la sofferenza, la partecipazione che sono nell'etimo di pazienza ci
si presenteranno insopportabili, in tutta la loro interezza.
Disponibilità dunque a ricominciare da capo, a ripercorrere, talora dall'inizio, il tragitto che sembrava stesse per
concludersi ma nella consapevolezza che anche i passaggi a vuoto, causa di questo disastro, contribuiranno in qualche
modo a costruire la nostra esperienza di architetto. Se ricorderete queste considerazioni potrete allora accogliere con
maggiore comprensione l'invito a "ricominciare da capo" che vi sarà spesso rivolto in chiave didattica; è però
1
Le Corbusier, tra i più famosi architetti del 900 (1887-1965)

1
importante, direi decisivo, che vi siano sempre spiegate fino in fondo le ragioni di questo "invito"; diffidate di chi non
saprà motivarle con chiarezza. Accertatevi, inoltre, che tra queste ragioni non vi siano quelle che Gregotti 2definisce
"preoccupazioni a priori di linguaggio espressivo riconoscibile"; se è vero infatti che il "linguaggio espressivo" è uno
degli aspetti che sempre connotano i risultati del percorso progettuale, assumerlo come premessa imprescindibile rischia
di compromettere la sequenza logica che deve informare l'intero progetto; e ciò è particolarmente vero per chi abbia
poca esperienza di progetto.
Questo aspetto del momento del linguaggio e più in generale delle diverse forme con le quali può mostrarsi il progetto,
insieme alle considerazioni precedenti che prospettavano la soluzione progettuale come una delle numerose risposte
possibili alle domande dell'analisi, mi suggeriscono di anticipare le prevedibili differenze che connoteranno sempre le
diverse esperienze didattiche nelle quali avrete a che fare con il progetto di architettura. Al di là dei diversi approcci
metodologici che vi verranno proposti e degli aspetti formali e di linguaggio che talora vi saranno addirittura "imposti",
è importante che abbiate sempre presenti due considerazioni:
1. Deve emergere sempre con chiarezza il cosa e il perché di quanto vi si chiede di fare; è infatti precisa
responsabilità del docente di precisare e qualificare con chiarezza temi e obiettivi del lavoro che propone.
2. Sarete comunque sempre voi il tramite, la griglia, il filtro, attraverso il quale passeranno le proposte e i
suggerimenti che vi verranno di volta in volta prospettati; sarete voi a riconoscere e precisare la vostra "via" al
progetto.
Ne discende l'invito ad affrontare con coscienza il lavoro che vi verrà proposto, a vagliarne criticamente le motivazioni
chiarendovi i molti dubbi possibili e, soprattutto, conclusa l'avventura, a ripercorrerne il tragitto per verificare se e
quando si sia mai interrotta la sequenza logica di cui si diceva.
Ancora: accostatevi sempre al progetto con intenzioni di "semplicità": ricordo al proposito una splendida definizione
che Brancusi3 dà della semplicità: "la simplicité n'est pas un but … mais on arrive à la simplicité malgré soi en
s'approchant du sens réel des choses"4. Una verità universale e particolarmente appropriata nel caso del nostro mestiere:
è infatti importante saper impostare un progetto muovendo da considerazioni semplici, poterne descrivere con
semplicità le ragioni, far sì che semplice ne sia la lettura. Ci ricorda Tessenow 5 che "la semplicità favorisce la chiarezza;
se ciò che è semplice non sempre è il meglio, il meglio è sempre semplice".
Le considerazioni che precedono acquistano maggiore rilevanza se rivolte, come in questa occasione, a studenti del 1°
anno: nel vostro caso, infatti, muoversi con semplicità è un'esigenza anche e soprattutto in considerazione della
inevitabile limitatezza delle vostre conoscenze. L'invito è dunque a privilegiare sempre i progetti impostati con
semplicità muovendo da ragioni e scelte semplici, banali se necessario, ma sempre e comunque trasmissibili e
riconoscibili: qualità queste irrinunciabili del progetto di architettura. Un progetto poco chiaro, di difficile lettura è
spesso un brutto progetto; come un libro, del resto, un film o un brano musicale.
Il passo successivo ci porta ad affrontare di nuovo il concetto di scelta inteso come essenza stessa dell'operazione
progettuale; ricorderei, innanzitutto, che scegliere è espressione di libertà: solo chi è libero, infatti, può esercitare il
diritto della scelta. Ma come è possibile evitare che la nostra sia una scelta condizionata, che le alternative ci sembrino
poco numerose o addirittura inesistenti ? Tra cosa e come scegliere? Evidentemente tra quanto conosciamo; non esiste
alternativa, dobbiamo sempre rivolgerci al mondo delle nostre conoscenze operando con coscienza e discrezione. Ne
scaturisce una sorta di identità tra libertà e conoscenza; la scelta sembra rappresentare lo strumento attraverso il quale
questa identità viene precisata. Dunque chi "più" conosce, più completamente può esercitare questo diritto-dovere della
libertà. Allora rivolgiamoci sempre al mondo delle cose che conosciamo, senza presunzione, evitando di appesantire il
nostro progetto di segni che non sappiamo controllare: sarà sufficiente che una finestra sia una finestra, che la scala
segua uno sviluppo corretto, ancorchè prevedibile, che il prospetto sappia proporre un assetto ordinato, ancora
improntato a scelte semplici, coscienti, comunicabili.
Oggi, per voi, è ancora lontano il tempo dell'eccezione e dell'invenzione; connotazioni peraltro inusuali del progetto di
architettura e comunque sempre di problematico controllo. E' come se uno studente delle elementari, ancora alle prese
con problemi di grammatica e appena iniziato alla sintassi, si proponesse di voler scrivere un saggio per evitare la noia
del dettato e del riassunto.
Cominciamo, dunque, noi docenti di progettazione, col proporvi temi che prevedano anche soluzioni dettate da un
bagaglio di conoscenze ancora modesto, che vi consentano un percorso magari prevedibile ma dettato da quanto già
conoscete; senza peraltro dimenticare che il più semplice dei temi di progetto consentirà sempre soluzioni ricche, talora
addirittura spregiudicate; con buona pace degli studenti che si sentono animati da intenzioni particolarmente vivaci e dei
docenti che ai primi anni propongono il progetto di intere parti di città. Tutto questo nella logica di gradualità (dal più
semplice al più complesso) più volte richiamata.
Dalle considerazioni che precedono appare evidente come sia importante accrescere quanto più è possibile il mondo
delle nostre conoscenze; un dovere, per i giovani e una consuetudine di questo nostro mestiere che ci consente di
2
Vittorio Gregotti, architetto contemporaneo docente della Facoltà di architettura di Milano
3
Constantin Brancusi, scultore romeno (1876-1957)
4
"La semplicità non è un obiettivo … ma si arriva alla semplicità, al di là delle proprie intenzioni, avvicinandosi al
senso reale delle cose"
5
Heinrich Tessenow, architetto tedesco (1876-1950)

2
continuare ad apprendere fino al nostro ultimo giorno da architetto. Dunque lo studio, la tensione continua a rendere
questo patrimonio più ricco, più consistente attraverso libri e riviste di settore, il ridisegno di progetti altrui,
un'attenzione ossessiva al "saper guardare".
Per quanto attiene i libri e le riviste è importante saper scegliere: si stampano infatti troppi libri e troppe riviste di
architettura e non è agevole muoversi con cognizione in un campo così rigoglioso e nel quale è molto frequente
imbattersi in testi di nessun interesse o addirittura fuorvianti per chi, come voi, non ha ancora affinato le proprie
capacità di discernimento. E poi non solo i libri di architettura: dobbiamo imparare a trovare architettura anche altrove;
penso a testi famosi come "Le città invisibili" di Calvino o "Le memorie di Adriano" della Yourcenar, libri che vi invito
a leggere da subito; e poi provate a ripensare tutte le letture già fatte per scoprirci quell'architettura che allora non avete
saputo o voluto trovare. E ancora il cinema, la televisione ….. l'azione si svolge spesso in uno scenario artificiale nel
quale è possibile scoprire il disegno di una scala, la composizione di una facciata o il ritmo delle arcate di un ponte. Per
quanto riguarda il lavoro che dovremo fare insieme sarà mia cura indicarvi per tempo la bibliografia utile per i temi che
vi proporrò. Al momento limitatevi ai già menzionati libri di Quaroni 6 e Rossi 7 sui temi più generali dell'edificio e
della città.
Il "ridisegno di progetti altrui" e il "saper guardare" sono operazioni che rimandano in qualche modo al mondo
dell'architettura già progettata e, talora, anche realizzata. Perché il ridisegno ? Quando si guarda un progetto di
architettura (piante, prospetti, sezioni, talora immagini dell'edificio realizzato) si corre sempre il rischio di non coglierne
qualche aspetto, di non riuscire ad individuare le ragioni meno evidenti, ma talora di fondo, di quella vicenda
progettuale. Soprattutto voi, appena entrati in Facoltà, più frequentemente di altri potete incorrere in questa evenienza;
e allora sarà importante ricorrere quanto più spesso potete al ri-disegno di quel progetto nei suoi elaborati più
significativi; imparerete a sentire le ragioni di quel progetto sotto la punta della vostra matita. Talora sarà sufficiente un
semplice, rapido schizzo per farvi apprezzare segni, rapporti e geometrie che una lettura sia pure attenta vi aveva celato.
Questa capacità di leggere un progetto scomponendolo criticamente, alla ricerca delle tracce del percorso compiuto
dall'autore, diverrà con l'esperienza più agevole, non richiederà così frequentemente di dover ricorrere al ridisegno e ci
restituirà sempre e comunque tesori di conoscenze. Un esercizio che, se applicato al mondo degli edifici con i quali
veniamo a contatto, con la città che viviamo, il "saper vedere" appunto, ci consentirà di andare al di là dell'immagine
che di volta in volta ci si prospetta per entrare nel cuore e nella mente di chi quell'edificio l'ha progettato.
Naturalmente come per libri e riviste anche nel caso dell'architettura che ci circonda bisogna fare attenzione e saper
scegliere; ridisegnare, dunque, e saper guardare edifici che valgano la pena dell'operazione. E questa capacità di filtrare,
cernere, di operare le scelte giuste sarà generata direttamente dall'aver ripetuto tante volte, talora invano, quell'esercizio
attento. E se è vero che il progetto è uno "strumento di conoscenza" della realtà fisica e in particolare dell'aspetto della
realtà costituito dal mondo delle forme naturali e delle forme costruite dall'uomo nel corso del tempo, allora
rivolgiamoci al luogo che è sede elettiva di queste forme: la città. Quella in cui viviamo e lavoriamo è ricca di splendidi
edifici; guardarli con la dovuta attenzione, con l'intenzione precisa di penetrarne le ragioni, di spiegarci i perché,
contribuirà ad arricchire in maniera determinante il patrimonio delle nostre conoscenze: patrimonio al quale torneremo
ad attingere ogni volta che lavoreremo ad un progetto.
Dunque il mondo delle conoscenze che ci portiamo appresso farà sì che il foglio del nostro progetto non sia mai
completamente bianco: saranno infatti le tracce della nostra memoria a guidarci la mano mentre tracciamo i primi segni.
Parafrasando una celebre frase di Picasso possiamo affermare che "quando progettiamo non siamo mai soli". E allora la
questione consisterà nel far sì che ci tiene compagnia in quel momento sia stato invitato con la dovuta coscienza
(attenzione agli "inviti a sproposito" e ai "sempre presenti") e, soprattutto, che i tanti assenti siano tali per scelta e non
perché non ci sono mai stati presentati.
Questo mondo delle nostre conoscenze, in continua inarrestabile crescita, è dunque la materia prima alla quale
rivolgerci al momento del progetto: allora, infatti, non potremo che riproporre parte di quanto conosciamo e la nostra
capacità di comporre, articolare, usare con maestria sarà la discriminante che testimonierà della nostra disponibilità al
progetto.
Se è vero, come ho cercato di dimostrare, che il progetto appartiene al mondo della razionalità ed è un processo che,
nella sequenza descritta, rischia di apparire meccanico e forse ripetitivo, è pur vero che a fronte di tutto ciò resta quella
componente imprescindibile che sinteticamente connota un architetto: le sue qualità, le sue capacità e, soprattutto, la
sua sensibilità, il suo cuore. E resta, all'origine del progetto quello che Rossi definisce "un punto di riferimento
emozionale, che sfugge all'analisi"; altri ha parlato di scatto immaginativo, di lampadina che si accende; Quaroni ci dice
degli "occhi della mente" che ci fanno vedere sinteticamente, quasi un bagliore, l'idea di progetto.
In conclusione direi che paradossalmente questo momento dell'emozione, dell'irrazionalità, se volete, che insieme ci
affascina e sgomenta, sarà tanto più presente nella nostra vita di architetti quanto più spesso avremo vissuto
quell'incredibile vicenda che è il progetto di architettura

6
Ludovico Quaroni "Progettare un edificio" 1977 Mazzotta editore Milano
7
Aldo Rossi "L' architettura della città", 1966, Marsilio editori Padova

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