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IL VESUVIO:

I POSSIBILI SCENARI DI ERUZIONE


E IL PIANO NAZIONALE DI EMERGENZA

101 ª
candidata
sessione
VERONICA MOLESE 13/1/2010
V esuvio era un giovane nobile di
Napoli, follemente innamorato
di una giovane di una casa
nemica, la famiglia Capri. Ma il loro
amore era così avversato dalle proprie
famiglie, che la fanciulla, fatta
imbarcare su una nave diretta verso
una terra straniera, sentendosi
strappar l'anima, si gettò in mare,
«donde uscì isola azzurra e
verdeggiante».

Il cavaliere, «quando seppe della


nuova crudele, cominciò a gittar caldi
sospiri e lacrime di fuoco, segno della
interna passione che l'agitava: e tanto
si agitò che divenne un monte nelle cui
viscere arde un fuoco eterno di amore.
[…] Così egli è dirimpetto alla sua bella
Capri e non può raggiungerla e freme
di amore e lampeggia e s'incorona di
fumo e il fuoco trabocca in lava
corruscante».

Matilde Serao, Leggende Napoletane


(1881)
Il Vesuvio nel mondo non è solo l’immagine più famosa della città di
Napoli, grazie anche ad una ormai celebre fotografia di Achille Mauri, ma
soprattutto il primo vulcano a essere studiato sistematicamente.
Nel 1841 l’istituzione di un osservatorio permanente, l’Osservatorio
vesuviano, voluto dal re Ferdinando II di Borbone, diede vita alla
vulcanologia come vera e propria ricerca scientifica. Negli anni ‘70
l’installazione delle prime stazioni sismiche ha avviato il moderno sistema
di monitoraggio. Dal 2001, l’Osservatorio è divenuto la sezione di Napoli
dell’Ingv (Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia), nato nel 1999 per
raccogliere in un unico polo le principali realtà scientifiche nazionali nei
settori della geofisica e della vulcanologia.
A causa dell’elevata urbanizzazione degli ultimi decenni, prodotto
dell’incontrollata e selvaggia speculazione edilizia, il Vesuvio oggi è uno
dei vulcani nel mondo a più elevato rischio.
Lo stato di quiescenza corrisponde a una fase di riposo che potrebbe
tradursi in una prossima ripresa dell’attività eruttiva con epiloghi tragici.
Nel corso della sua storia, di 25.000 anni, il vulcano ha alternato periodi
di attività eruttiva, con il condotto aperto (79 d.C., 1631, 1944), a periodi
di riposo, con il condotto ostruito.
Secondo recenti studi, nei prossimi cento anni le probabilità di eruzione
violentissima, simile a quella del 79 d.C. (di tipo pliniano) sono dell’1%, di
eruzione simile al 1631 (di tipo sub-pliniano) sono del 27%, di eruzione
simile al 1944 (di tipo stromboliano-vulcanico) sono del 72%.
Il Pnev (Piano nazionale di emergenza del Vesuvio) prevede un’eruzione
di tipo sub-pliniano. Lo scenario atteso: una colonna eruttiva alta diversi
chilometri, la caduta di bombe vulcaniche e blocchi vicino al cratere,
cenere e lapilli per decine di chilometri, flussi piroclastici lungo le pendici.
Tre le aree definite di diversa pericolosità, definite con i colori rosso,
giallo e blu.
La zona rossa, immediatamente circostante il vulcano, è quella di
maggiore pericolosità perché soggetta all’invasione dei flussi piroclastici,
miscele di gas e materiale solido a elevata temperatura, lungo le pendici a
elevata velocità. La rapidità di diffusione e il potenziale distruttivo non
consentono di attendere l’inizio dell’eruzione per mettere in atto le misure
preventive; ragion per cui il Pnev prevede la completa evacuazione prima
dell’inizio dell’eruzione. La zona comprende diciotto comuni (San Giorgio a
Cremano, Portici, Ercolano, San Sebastiano, Pollena Trocchia, Massa di
Somma, Ottaviano, Sant’Anastasia, Somma Vesuviana, Cercola, San
Giuseppe Vesuviano, Terzigno, Boscoreale, Pompei, Torre Annunziata,
Torre del Greco, Trecase e Boscotrecase), per un’estensione di 200 km e
600mila abitanti. Ogni comune, secondo il piano, è gemellato con una
regione italiana che, in caso di eruzione, ne ospiterà gli abitanti.
La zona gialla presenta una pericolosità minore e corrisponde all’area
che potrebbe essere interessata, per il 10%, dalla ricaduta di cenere e
lapilli, possibile causa di crollo dei tetti, per l’eccessivo sovraccarico, e di
problemi alle vie respiratorie. Diversamente dalla zona rossa, la
pericolosità non è immediata, per cui sarà possibile attendere l’inizio
dell’eruzione per verificare con esattezza quale sarà l’area colpita e
procedere, se necessario, all’evacuazione dei 96 comuni interessati nelle
province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno, per un totale di 1.100
km e 1.100.000 abitanti.
La zona blu ricade all’interno della gialla, ma con un livello di
pericolosità ulteriore. Si tratta della “conca di Nola”, soggetta per le sue
caratteristiche idrogeologiche a inondazioni e alluvionamenti. 14 i comuni
interessati nella provincia di Napoli, per un totale di 180mila abitanti.
L’eruzione del Vesuvio non sarà improvvisa, ma, a differenza degli
eventi sismici, sarà preceduta da una serie di fenomeni precursori
identificabili tempo prima dall’Osservatorio vesuviano che monitora 24 ore
su 24 l’attività del vulcano. Il piano nazionale individua tre livelli di allerta
successivi: attenzione, preallarme, allarme.
Colloquio con Lucia Pappalardo, primo ricercatore
dell’Osservatorio vesuviano, Stefano Ciavela, Luisa
Madeo e Antonella Scalzo, Ufficio gestione emergenze
della Protezione civile, Stefano Ciolli, Servizio rischio
vulcanico della Protezione civile.
Come si arriva a definire lo scenario di eruzione vulcanica? E come
si è arrivati a predisporre il Piano nazionale di emergenza del
Vesuvio?
Ciolli. Per definire uno scenario e quale sarà la possibile eruzione di un
vulcano ci sono tre passi fondamentali: il primo è conoscere la storia
eruttiva di quel vulcano, studiando i prodotti eruttati attraverso il
rilevamento vulcanologico, ricostruendo in tal modo una sorta di
cronologia; poi c’è l’indagine sullo stato attuale del vulcano con la
tomografia sismica per studiare la struttura in profondità; infine, le
simulazioni con modelli matematici del percorso magmatico all’interno del
condotto e al momento dell’espulsione, prevedendo fenomeni diversi
(colate piroclastiche o dispersione delle ceneri).
In questo modo si è arrivati a capire quali sono le possibili classi di
eruzione del Vesuvio: eruzione di tipo pliniano (79 d.C.) con probabilità di
accadimento attualmente al di sotto dell’1%, eruzioni di tipo sub-pliniano
(1631) con probabilità del 27% ed eruzioni di tipo stromboliano (1944) con
probabilità del 72%.
Avendo basato il Pnev sul modello sub-pliniano ci siamo cautelati,
valutando non l’evento più probabile e meno pericoloso, cioè di tipo
stromboliano, ma un qualcosa di più, escludendo solo l’ipotesi di eruzione
pliniana con possibilità di accadimento effettivamente molto remota.

Quando è stato stilato il Piano?


Pappalardo. Il Pnev fu redatto nel 1995 dai membri della commissione
nazionale dei Piani di emergenza presieduta dal capo del dipartimento
della Protezione civile e composta dai rappresentanti delle diverse
amministrazioni coinvolte, come Prefetture, Vigili del Fuoco, Regione
Campania, Provincia di Napoli, l’Ingv, Comuni dell’area interessata e
dipartimento della Protezione civile stesso, oltre a professori
dell’università nominati come esperti direttamente dal capo del
dipartimento della Protezione civile.
Scalzo. Successivamente, nel 2001, è stato rivisto, recependo anche lo
stimolo delle critiche mosse, prevedendo l’allontanamento della
popolazione con mezzi propri e individuando così nel mezzo pubblico una
soluzione alternativa solo per chi ne dovesse avere bisogno. Quindi il
cittadino può allontanarsi autonomamente, comunicando semplicemente
dove va al proprio comune di appartenenza e recandosi dove crede o,
sempre in alternativa, nelle strutture ricettive appositamente adibite.
I diciotto comuni della zona rossa come e in che misura sono
coinvolti?
Ciavela. Il dipartimento ha cercato di incontrare, assieme alla Prefettura e
alla Provincia, i comuni interessati. Alcuni hanno risposto all’invito, altri no.
È un mondo variegato, ma c’è da dire che molti sindaci già sono a lavoro,
pianificando a livello locale quali sono o potrebbero essere le vie di fuga,
seguendo dei “paletti” in termini di viabilità e sensi di marcia da noi
predisposti, grazie all’aiuto della facoltà di Ingegneria dei trasporti
dell’università la Sapienza.
Scalzo. Alcuni sindaci potrebbero essere definiti addirittura virtuosi per
l’impegno profuso nell’ipotizzare le diverse forme di allontanamento, c’è
chi ha scelto di “muoversi” per zone e chi ha invece svolto una sorta di
censimento delle persone con handicap o non autosufficienti, le quali
verranno allontanate per prime.
Impressionante come la speculazione edilizia abbia fatto man
bassa di un territorio “a rischio”.
Ciavela. Purtroppo non è la prima volta. Non parlando di un piccolo
comune, ma del Vesuvio, il vulcano più conosciuto nel mondo, la cosa
sconcerta ma, ripeto, non è la prima volta. Lo Stato cerca solo di
intervenire, facendosi carico di una situazione che potrebbe essere, come
una possibile eruzione. I problemi purtroppo sono a livello regionale,
provinciale e comunale. Lo Stato può arrivare dove arriva.

Le ipotesi di uno scenario futuro?


Pappalardo. Attualmente il vulcano è in un periodo a condotto chiuso e a
circa 8 km di profondità esiste un esteso bacino magmatico (400 km2).
La capacità di questo serbatoio magmatico di generare una eruzione
altamente esplosiva dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche del
magma. Uno studio di cui io sono autrice ha dimostrato che questo
serbatoio magmatico potrebbe già contenere magma ricco in silice e gas
in grado di produrre eruzioni altamente esplosive.
Se una eruzione esplosiva di questo tipo dovesse verificarsi, un’area
estesa fino ad almeno 15 km dal vulcano sarebbe a rischio di distruzione;
questo territorio include anche l’area metropolitana di Napoli fino ad oggi
non inserita nel piano di emergenza e abitata da circa 3 milioni di persone.
Recenti studi indicano che la probabilità di accadimento di un’eruzione
pliniana al Vesuvio è molto ad di sopra della soglia di trascurabilità (< 1%),
con probabilità media dell’11%.
In caso di ripresa dell’attività vulcanica è molto probabile che l’eruzione
sarà preceduta da fenomeni precursori (terremoti, deformazioni del suolo,
variazioni del chimismo o temperatura del gas alle fumarole).
Questi fenomeni possono precedere l’eruzione di ore, giorni, mesi, o
anni.
Se l’emergenza dovesse durare anni ci sarà il rischio di falsi allarmi,
come già successo per altri vulcani al mondo.
1944

(fonte Protezione Civile)

zona rossa (fonte Protezione civile)


S.Giuseppe Vesuviano
Cercola
Ottaviano

S
Terzigno

Portici

S.Anastasia
Pompei Ercolano

Somma Vesuviana

Pollena Trocchia S. Sebastiano al Vesuvio


Massa di Somma

Boscoreale

S. Giorgio a
Cremano

Trecase
Boscotrecase

Torre Annunziata

Torre del Greco

(fonte Protezione Civile)

(fonte Protezione Civile)

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