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Capitolo I

L’individuo e le relazioni giuridiche

17. L’essere umano. Il tema dell’uguaglianza.

Ogni diritto è stato costruito per gli uomini, il giurista Ermogeniano usa due termini fondamentali homo e
persona, qui con il medesimo significato. Il diritto è nato per opera degli uomini e in funzioni della loro vita.
Esso regola le attività che ciascuno consapevolmente compie, le ispira, le guida, le sorregge.
È propria dell’età moderna la presenza di:

-cittadini sui iuris-> non sottoposti ad altri e dotati dei poteri più ampi
-cittadini alieni iuris-> dagli schiavi alle donne, ai figli, agli stranieri.

Il diritto è teoricamente uguale solo per le persone sui iuris, che sono libere e indipendenti. Sono esclusi
dall’uguaglianza giuridica gli schiavi, come altre figure alieni iuris, cioè dipendenti dal potere di altri.

Con lo ius gentium l’uguaglianza giuridica si estende, per determinare fattispecie, agli stranieri. I quali
stabiliscono relazioni economiche con i romani e perciò i loro comportamenti sino attratti nelle norme e
negli schemi giudiziari romani, con una parità di trattamento delle rispettive condotte, funzionali allo
sviluppo del commercio.

18. Figure individuali nel linguaggio giuridico.

Si tratta di forme linguistiche mutevoli e segnate da una pluralità di impieghi.


Homo e persona sono le parole chiave più usate, la divisione fondamentale del diritto delle persone
consiste nel fatto che tutti gli uomini sono liberi o schiavi.

Homo-> il suo significato rimane il più delle volte circoscritto all’esistenza fisica.

Persona-> indicava inizialmente la maschera teatrale, poi diventa la base per abbozzare uno sdoppiamento
tra l’individuo empirico e la sua posizione giuridica. Esso può inoltre indicare il ruolo ascrivibile nella vita
giuridica ad entità diverse dall’essere umano.

Corpus-> indica la struttura fisica, essenziale per gran parte del lavoro servile.

Caput-> letteralmente significa testa, indica di solito il singolo integrato in una collettività.

Status-> tale termine mette in luce il fatto che l’individuo sia membro di una determinata organizzazione.
L’essere libero è uno status che appartiene al cittadino. La stessa cittadinanza è uno status, o anche l’essere
sottoposto al potere di un pater familias.
19. La nascita

L’essere umano si individua giuridicamente con la nascita. Deve nascere vivo, non prima del settimo mese
dal concepimento, e deve avere sembianze umane. La persona esiste soltanto dopo il distacco fisico dalla
madre.

Per il nato deforme, con un aspetto che appare mostruoso o comunque per chi risulti disabile, non esiste un
criterio certo in base al quale stabilire se sia o no persona o se possa esser parte di relazioni giuridiche. La
prima decisione spetta al pater , che può escluderlo dalla comunità familiare con la exposito, cioe con
l’abbandono.

Secondo Paolo il criterio di distinzione tra chi è persona e chi non lo è va ricercato nella forma del corpo e
nelle sue condizioni fisiche.

Ulpiano invece, pur accettando la durezza della discriminazione dei deformi, ne definisce la condizione con
uno sguardo che va oltre l’apparenza del corpo.

20. La rilevanza giuridica del concepimento.

Il concepimento che sia stato seguito dalla nascita assume rilevanza giuridica in una serie di fattispecie
perché:

- In primo luogo, in relazione al tempo della fecondazione, può stabilirsi la condizione giuridica del
nato in relazione alla familia o alla civitas .
- In secondo luogo, la posizione del nato nell’ambito dei rapporti ereditari viene definita a partire dal
momento in cui egli è stato concepito.
Vi sono varie situazioni:

- Chi nasce da due persone unite in matrimonio, segue la condizione di cittadino o non cittadino, di
appartenente all’una o all’altra famiglia, che era propria del padre al momento in cui il figlio è stato
concepito.
- Chi nasce fuori dal matrimonio, allora sarà la qualificazione della madre al tempo del parto che
determinerà lo stato giuridico del figlio. Può essere in gioco la sua condizione di libero o di schiavo.
Il nato è libero, se la schiava che lo ha partorito era libera al tempo del concepimento, oppure se lo
è stata, anche per un breve tratto.
- Nei matrimoni tra un peregrino e una cittadina romana, o tra un romano e una peregrina, purché la
persona straniera abbia la capacità di contrarre matrimonio, il figlio assume la cittadinanza che il
padre aveva all’atto del concepimento, se non vi è tale capacità, il nato da un peregrino da una
romana è peregrino, in base ad una l’ex Minicia.

Il figlio nato dopo la morte del padre e che sia stato concepito nell’ambito di un matrimonio, in
mancanza di testamento, è erede del padre. Nel momento in cui la gravidanza è iniziata, si determina
un’aspettativa a favore di colui che nascerà. Se non vi è nascita, se non è generato un individuo vivo, e
con sembianze umane, nulla avviene, nessun effetto giuridico si produce. Per tutelare il concepito il
pretore può nominare un curator ventris nominato dal pretore: una sorte di garante della gestazione,
che cura gli interessi del nascituro e sovraintende all’adempirsi della successione.
21. L’aborto.

Il processo vitale che si svolge con la gestazione può essere interrotto dall’aborto. Se, l’interruzione
della gravidanza è artificialmente provocata, se è il risultato di una specifica attività della donna, con il
concorso di altri o altre, entrano in gioco qualificazioni giuridiche e sanzioni, che cambiano con il
mutare dei costumi e delle ideologie.

Nell’ambito dell’aborto viene utilizzata la lex Cornelia, che punisce tra l’altro l’omicidio e
l’avvelenamento con la pena capitale. L’applicazione di essa non è scontata, anzi sembra piuttosto un
caso eccezionale, che rimane privo di seguito e che è forse determinato dalla posizione sociale
eminente dei protagonisti.

Agli inizi del III secolo d.C si torna a punire l’aborto, con modalità simili . Viene introdotta una nuova
norma, che prevede un processo penale secondo le forme delle cognitiones extra ordinem, quando
l’aborto sia contro la volontà e l’interesse del padre. La pena è l’esilio non perpetuo, ma limitato al
tempo che stabilirà il giudice.

22. Identificazione degli individui. Il nome e il censo.

Durante l’età repubblicana e durante il principato, fino al III secolo d.C, ai cittadini romani vengono
assegnati tre nomi.

Praenomen-> di solito abbreviato e menzionato attraverso la consonante iniziale. Viene attribuito con
la nascita.

Nomen-> indica tutte le persone libere appartenenti ad una medesima gens, vale a dire riconducibili ad
un capostipite comune e con ascendenti liberi, mai manomessi né mai ridotti in schiavitù.

Cognomen-> un appellativo scelto in quanto spesso ricorrente nella famiglia di appartenenza.

Le donne portano il nome gentilizio del padre.


Gli schiavi conservano il proprio nome, trasformandolo in cognomen ed unendolo al nome di colui che
li ha affiancati.

23.La morte.

Con la morte, la cessazione delle funzioni vitali, viene meno la persona, come centro di riferimento di
relazioni giuridiche. Alla morte si ricollegano vari effetti come l’apertura della successione ed il lutto a
cui è tenuta la moglie che non può risposarsi per un tempo di dieci mesi. Chi viola le regole del lutto è
sottoposto alla sentenza sociale dell’infamia. I sepolcri solo collocati al di fuori della città, secondo una
prescrizione delle Dodici Tavole.
24. La capitis deminutio.

L’argomento della capitis deminutio è contiguo al tema della morte. L’individuo cessa di appartenere ad
una determinata comunità perché:

- Si estingue fisicamente
- Cambia status
La capitis deminutio si identifica nel concetto di mutamento di status, o meglio perdita di status. Essa può
essere di tre tipi:

- la capitis deminutio maxima-> con la quale si perde la libertà, quindi automaticamente si perde la
cittadinanza e non si è più membro di una familia.
- Capitis deminutio minor o media-> quando si perde la cittadinanza conservando la libertà
- Capitis deminutio minima-> quando si esce da una familia, eventualmente per entrare in un’altra,
restando comunque libero e cittadino.

L’esito è uguale: si cancella l’esistenza del singolo nell’ambito della comunità di volta in volta indicata.

L’ipotesi più drastica è quella della trasformazione di un uomo libero in uno schiavo.

CAPITOLO II
La distinzione tra liberi e schiavi

25.La summa divisio.

Secondo Gaio, gli uomini sono liberi o schiavi, queste parole riassumono anche un’immagine della società.
Mettono in luce una discriminazione, che riguarda la distribuzione ineguale di poteri tra chi è destinatario
delle ricchezze e chi lavora per produrle.

Gli atti che compaiono, anche quando sono giuridicamente rilevanti, producono effetti soltanto entro la
sfera giuridica della persona libera cui essi appartengono e che esercita su di loro la potestas.

26. A proposito di storia della schuavitù.

Nell’epoca repubblicana, le guerre sono le occasioni principali di acquisizione e di commercio degli schiavi.
Nell’età imperiale sono la riproduzione e l’allevamento sotto il dominium dei patres, determinano il
consolidarsi e l’estendersi di una popolazione servile, che non proviene dalle guerre.

L’aumento degli schiavi determina probabilmente l’origine del così detto “processo di libertà” o causa
liberalis , un tipo di giudizio volto all’accertamento della condizione libera o servile di una persona.

Nel frattempo i giuristi discutono del rapporto dominus-servus e di come proteggerlo da interferenze
esterne.

Sotto l’impero di Augusto, nel 10 d.C, viene emanato un senatoconsultum, così le leggi augustee promosse
per limitare l’affrancamento dei servi mediante manumissiones, mirano a contenere di nuovi cittadini e il
moltiplicarsi di persone capaci di compiere atti giuridici a proprio nome.
27.Le manumissioni

Lo schiavo può passare dallo stato servile alla libertas o per decisione del padrone o in seguito a
situazioni che comportino l’acquisto da parte sua della libertà, indipendentemente dal volere del
padrone o contro di esso.

La manumissio è l’atto giuridico con il quale il dominus rinuncia al proprio potere sullo schiavo e
quindi lo rende libero. La liberazione esplica tutti i suoi effetti, se l’atto del dominus si compie
secondo modalità determinate.

- Manumissio testamentaria-> il testatore dichiara libero lo schiavo e la disposizione si attua nel


momento in cui il patrimonio ereditario è acquistato dal successore, oltre che liberare lo schiavo
può designarlo come erede, non vi è aditio la successione è automatica.
- Manumissio vindicta-> quando viene messo in scena un processo fittizio e simbolico, davanti ad un
magistrato. L’adsertor, che è di solito un ausiliario del magistrato, tocca lo schiavo con una piccola
verga e dichiara solennemente che lo schiavo è libero.
- Manumissio censu-> in sede di registrazione quinquennale dei componenti della familia e dei beni
che a questa fanno capo, si inserisce nelle liste del censo il nome dello schiavo, attribuendogli
anche il nome del padre e qualificandolo come uomo libero.
- Manumissio Inter amicos-> concessione della libertà viene affermata e resa nota in una cerchia di
persone legate al dominus da relazioni di reciproca cooperazione e di potere.
- Manumissio per epistulam-> il dominus dichiara in uno scritto di voler affrontare il servo e tale
scritto serve come prova della manomissione.
- Manumissio per mensam-> consiste nel trattare lo schiavo come libero, nell’assegnargli una
posizione sociale nuova, un po’ come avviene nelle manumissio precedente, anche qui il padrone
realizza di fatto l’assunzione del servo tra i liberi, facendolo partecipare alla propria mensa.

Editto dell’imperatore Claudio-> L’acquisizione della libertà può essere l’effetto di un comportamento
inumano del dominus verso lo schiavo, al servo che il padrone ha abbandonato in una condizione di grave
infermità spetta la libertà.

Rescritto di Marco Aurelio-> quando lo schiavo sia stato venduto con l’accordo che il compratore dovesse
manometterlo entro una certa data ed invece tale clausola non sia stat adempiuta, in base a ciò si introduce
una norma che assegna la libertà allo schiavo come se egli fosse stato manomesso.

28. Il postliminium.

I liberi possono perdere la propria condizione e divenire servi. Tra le altre forme di declassamento vi è la
riduzione in schiavitù dei prigionieri di guerra. Gli stranieri sconfitti e catturati vengono destinati al lavoro
servile e spesso deportati in territori lontani dai loro luoghi di origine.

Vi è una identità sotto il profilo funzionale tra lo schema della capitis deminutio e l’imprigionamento del
romano. Le due situazioni hanno una diversa origine, la prima è un cambiamento di status, le cui cause
generatrici sono all’interno dell’organizzazione giuridica romana, la seconda riguarda il rapporto tra due
organizzazioni giuridiche separate e autonome.

Se il civis che è stato catturato sfugge all’assoggettamento e torna nel territorio di Roma con l’intenzione di
rimanervi, viene reintegrato nella libertà e nella condizione anteriore alla prigionia.
Queste sue ipotesi di reintegrazione sono unitariamente ricondotte al concetto di postliminium, che si
applica a tutte le forme si asservimento da parte di una comunità straniera, in guerra e in pace.

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