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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO “Carlo Bo”

Facoltà di Lingue e Letterature Straniere

Corso di laurea magistrale in


Comunicazione Interculturale di Impresa

“Viaggia come un umano”


L’esperienza di viaggio arricchita grazie all’uso di portali online:
il caso Airbnb

Relatore: Tesi di laurea di:


Prof. FABIO FORLANI VALENTINA FORLIANO

a.a. 2012/2013

1
Ai miei genitori

e a Fabio

2
Indice

Introduzione……………………………………………………………………………...5

1 L’esperienza come dimensione economica…………………………………………..10

1.1. Breve analisi filologica del termine ‘esperienza’……………………………...10

1.2. Il concetto di esperienza di consumo nella letteratura economico-gestionale...13

1.3. Il marketing esperienziale……………………………………………………...22

1.4. L’economia delle esperienze…………………………………………………..27

1.5. Il teatro come modello per la messa in scena di esperienze…………………...36

2 Il turismo in chiave esperienziale…………………………………………………….42

2.1 L’affermarsi di un nuovo modello di consumo turistico……………………….42

2.2 Turismo esperienziale: innovazione di prodotto o di processo?..........................48

2.3 La crucialità dell’esperienza nella definizione del concetto di “prodotto-


esperienza turistica”………………………………………………………….....53

2.4 Diverse configurazioni del “prodotto-esperienza turistica”……………………60

2.5 Gli “ambiti dell’esperienza” turistica………………………………...………...62

2.6 Il teatro come modello di lavoro nell’economia delle esperienze turistiche…...67

2.7 Le componenti fondamentali di un’esperienza turistica………………………..72

2.8 L’esperienza turistica come parte di un ciclo continuo………………………...79

2.8.1 La fase del sogno…………………………………………………………...80

2.8.2 La fase delle sensazioni e delle emozioni…………………………………..85

2.8.3 La fase del ricordo………………………………………………………….88

3 Il “prodotto-esperienza” nell’era del Travel 2.0……………………………………...90

3.1 L’impatto di Internet sul mercato turistico……………………………………..90

3
3.2 Un po’ di numeri a confronto sul turismo online………………………………96

3.3 La tecnologia protagonista nell’evoluzione del turismo: dai sistemi CRS/GDS


alla Internet Revolution…………………………………………………………...100

3.4 Dalla rete di contenuti alla rete di persone con il Web


2.0…………………………………………………………………………………107

3.4.1 La condivisione dei dati sui Social Network e il fenomeno della “Coda
Lunga”…………………………………………………………………………….116

3.4.2 La viralità con cui si diffondono i dati grazie al potere del


“passaparola”……………………………………………………………………...123

3.5 Turismo + Web 2.0 = Travel 2.0……………………………………………...127

3.6 Nuove strategie di comunicazione con il Travel 2.0………………………….137

4 Il caso Airbnb……………………………………………………………………….144

4.1 Desiderio di un’esperienza autentica………………………………………….144

4.2 Cos’è Airbnb?....................................................................................................147

4.3 Tre imprenditori con una grande idea…………………………………………157

4.4 Uno sguardo profondo sui servizi di Airbnb …………………………………162

4.5 Il successo in numeri …………………………………………………………172

4.6 La stampa ne parla…………………………………………………………….176

4.7 Tirando le somme……………………………………………………………..180

Conclusioni……………………………………………………………………………186

Bibliografia……………………………………………………………………………197

Sitografia……………………………………………………………………………...208

Blogosfera……………………………………………………………………………..214

4
Introduzione

Oggi l’ultima tendenza in fatto di viaggi consiste nel dormire sempre meno in
anonime stanze di albergo e sempre di più “a casa di qualcuno”. Si risparmia in termini
di denaro e si guadagna a livello di esperienze. Sarà a causa della recessione, sarà
perché il turista postmoderno avverte un rinato desiderio di un’esperienza turistica
autentica, di un bisogno di appartenenza ad una comunità di persone dagli interessi e
valori condivisi, ma ultimamente nel mondo del turismo si sta affermando
prepotentemente l’utilizzo dell’alloggio privato come nuova pratica turistica. E chi più
di tutti ha saputo cogliere tale attitudine è stato Airbnb, una community marketplace
nata sei anni fa a San Francisco che aiuta a mettere in contatto persone desiderose di
affittare un proprio spazio abitativo extra, anche per brevissimi periodi (un weekend,
una notte), con viaggiatori alla ricerca di “esperienze vere in case vere”. Un’idea
semplice, che presto si è trasformata in un business globale che coinvolge 192 paesi,
Italia compresa.

Non si tratta di un banale sito di prenotazione, ma di un nuovo modo di


intendere e fare turismo, poiché ora grazie ad Airbnb si può “viaggiare come un essere
umano, viaggiare vivendo il territorio con le persone del posto”. Si perché grazie ai
consigli e alla guida delle persone che ci ospitano, veri e propri ciceroni della città, ci
possiamo completamente immergere nella cultura locale e smettere così di ‘visitare’ la
città guardandola con gli occhi del turista, per iniziarla a ‘vivere’ come gli abitanti del
posto. Solo in questo modo potremo portare a casa il ricordo di un’esperienza unica,
autentica, memorabile. Inoltre la gamma di alloggi disponibili su Airbnb sono davvero
sui generis, poiché si va dagli appartamenti, ai cottage, dai castelli alle ville, fino a
comprendere yacht, igloo e case sull’albero, e chi più ne ha più ne metta.

Il boom di tale fenomeno non accenna a fermarsi, tanto da risultare uno dei
mercati in più rapida crescita, sia per il numero di viaggiatori che, mossi dalla crisi ma
anche da un desiderio di vacanza “locale”, si rivolgono al sito per prenotare un alloggio,

5
sia per i proprietari di case e appartamenti che, abbracciando la filosofia della
condivisione e del consumo collaborativo (di cui Airbnb è il principale pioniere),
decidono di aprire le porte delle proprie case a viaggiatori provenienti da tutto il mondo,
con il vantaggio di guadagnare qualche soldino e in alcuni casi stringere anche forti
amicizie.

La ricetta alla base di tale successo, svela Andrea La Mesa, trentenne romano a
capo della sede italiana di Airbnb, sta «nell’offrire un nuovo modo di consumare
esperienze di viaggio, nell’offrire cioè un turismo partecipativo, collaborativo, basato
sul valore dell’esperienza». In pratica grazie alla collaborazione, condivisione e
scambio, i tre capisaldi della “sharing economy”: il viaggiatore può vivere un turismo
esperienziale, contando su un’ampia varietà di sistemazioni che la community di Airbnb
mette a disposizione per tutti i gusti e per tutte le tasche e con il benefit aggiunto
dell’esperienza locale, mentre il padrone di casa può guadagnare soldi extra e conoscere
nuove persone, diventando parte di un network globale. Quindi l’aspetto sociale si
confonde con quello economico.

La parola chiave che emerge da questa iniziativa è dunque quella di


‘esperienza’, che sempre più diventa l’elemento centrale che influenza le scelte del
turista-consumatore. Infatti nel corso della trattazione si vedrà come quest’ultimo nel
scegliere e prenotare una vacanza, andrà ad interessarsi prima delle esperienze che vi
potrà fare, e solo in un secondo momento della località turistica più idonea a rispondere
a tali esigenze. La comprensione di questo aspetto ha fatto sì che gli esperti del settore
iniziassero a concepire l’esperienza come una dimensione economica a sé, come un
modello di offerta da aggiungersi a quelli classici (materie prime, beni e servizi) anzi, di
ordine superiore, poiché è proprio l’esperienza a garantire loro un valore aggiunto.

È questo il tema dominante del primo capitolo in cui, oltre ad una breve analisi
filologica del termine ‘esperienza’, si andrà a considerare in particolare il concetto di
esperienza di consumo e a vedere come questo viene trattato nella letteratura
economico-gestionale. Si entrerà poi nel vivo dell’argomento con il marketing

6
esperienziale, lo strumento atto a consentire la vendita di esperienze ed emozioni nuove
proposto dall’economia dell’esperienze di Pine e Gilmore. I due studiosi in pratica
propongono di riformulare l’offerta di beni e servizi in ottica esperienziale, poiché solo
così facendo i clienti potranno percepire un valore aggiunto connesso al loro acquisto e
l’impresa, quindi, potrà godere di un vantaggio competitivo nei confronti dei propri
concorrenti. In ottica esperienziale, inoltre, è necessario che le imprese assumano il
teatro come modello di riferimento per la messa in scena di esperienze, poiché ora le
imprese non sono più semplici prestatrici di servizi o venditrici di beni, ma sono
“registe di esperienze” chiamate a coinvolgere ed emozionare il cliente in modo
personale.

La rinata attenzione al concetto di esperienza ha dato vita ad un nuovo tipo di


turismo, definito dagli esperti appunto “esperienziale”, argomento di punta del secondo
capitolo, in cui verrà sviscerato in ogni suo aspetto. Qui, infatti, si darà innanzitutto una
spiegazione del motivo per cui si sia affermato questo nuovo modello di consumo
turistico, che si può riassumere in breve nel desiderio del nuovo turista di esprimere,
attraverso la pratica turistica, una propria “vocazione” con la quale affermare la propria
identità individuale e sociale. Si vedrà, inoltre, se si tratta di un’innovazione di prodotto
o di processo, considerato che con il turismo esperienziale si assiste ad un cambio di
prospettiva delle aziende le quali, avendo compreso l’importanza dell’esperienza come
elemento discriminante agli occhi del cliente, non puntano più sui singoli prodotti, ma
sulle percezioni attorno ai prodotti, in modo da “far emozionare il potenziale
viaggiatore”.

A seguito di ciò, il capitolo continuerà andando a definire il concetto di


“prodotto-esperienza turistica”, punto focale di questo nuovo modello turistico, in cui si
intende l’esperienza vissuta dal turista in prima persona come ‘il’ vero prodotto
turistico, e illustrando le varie configurazioni che questo può assumere. Si
analizzeranno, poi, gli “ambiti dell’esperienza” turistica, ma anche come la metafora
teatrale ben si applica all’economia delle esperienze turistiche, visto che gli elementi
tipici di una rappresentazione teatrale si possono sovrapporre a quelli che concorrono a

7
formare un’esperienza turistica. Poi una volta vagliate le sue componenti fondamentali,
il capitolo terminerà con la considerazione che in realtà l’esperienza turistica non si
esaurisce nel mero atto di fruizione dell’offerta vera e propria, ma fa parte di un ciclo
più ampio e continuo, in quanto inizia con la fase del sogno, prosegue con quella delle
sensazioni e delle emozioni e si conclude con quella del ricordo.

Grazie ai progressi avuti in campo tecnologico, il mercato del turismo ha subito


una vera e propria rivoluzione, poiché è sia cresciuto in termini quantitativi,
raggiungendo un pubblico mondiale di proporzioni mai viste prima, e sia è riuscito ad
incontrare maggiormente i gusti e i desideri dei suoi clienti, garantendo loro un’offerta
turistica ancora più esperienziale. Ecco perché nodo centrale del terzo capitolo sarà
l’analisi del “prodotto-esperienza” nell’era del Travel 2.0. Al suo interno, al di là della
valutazione del forte impatto che Internet ha avuto sul mercato turistico, supportato da
diversi dati numerici, si andrà a considerare il ruolo della tecnologia nell’evoluzione del
turismo e, in particolare, ai nuovi scenari che si sono aperti con l’introduzione del “Web
2.0”. Con tale termine, introdotto da O’Reilly nel 2004, si intende il passaggio da una
rete di contenuti ad una rete di persone, in cui l’accesso libero ai programmi, la
collaborazione fra utenti e sito e la condivisione di contenuti sono ormai condizioni
tipiche dello stato attuale di Internet. Il Web 2.0 offre, dunque, una visione partecipativa
del web, in quanto fa riferimento all’uso della rete per “costruire” conoscenza
condivisa, ossia generata dagli utenti stessi.

Pertanto visto l’importanza della condivisione dei dati sui Social Network,
visto il fenomeno della “Coda Lunga” e visto la viralità con cui si diffondono i dati
grazie al potere del “passaparola”, tale filosofia si è presto estesa al settore turistico con
il “Travel 2.0”. Questo rappresenta l’evoluzione della semplice offerta turistica online in
un nuovo approccio, più consapevole e partecipativo da parte degli utenti, in cui il
consumatore assume un ruolo centrale partecipando attivamente alla creazione del
proprio viaggio. Ora grazie alle applicazioni interattive e multimediali offerte dal Web
2.0 (come forum, blog, community, social network, recensioni, commenti, feedback, ma
anche foto e video pubblicati su Internet), il viaggiatore può essere l’artefice della

8
propria esperienza turistica, affrontando la propria vacanza con maggior consapevolezza
e tranquillità, sapendo che gli eventuali consigli e pareri vengono da persone come noi,
senza fini commerciali, e quindi più credibili e affidabili. Visto lo scenario mutato
grazie al Travel 2.0, il capitolo terminerà facendo un’osservazione sulla necessità di
applicare nuove strategie di comunicazione per attirare il turista postmoderno, ormai
impermeabile ai classici messaggi pubblicitari, ma più attento e selettivo nelle proprie
scelte.

Il quarto ed ultimo capitolo di tale elaborato si concentrerà sul caso oggetto del
nostro studio, ovvero la community marketplace per l’affitto di alloggi “non
convenzionali” Airbnb, che a mio avviso è l’esempio più rappresentativo di un’azienda
che è riuscita a mettere insieme e trarre vantaggio da tutte le nozioni fin qui esposte,
ovvero dal concetto di esperienza come dimensione economica e dalla sua applicazione
in ambito turistico con il “turismo esperienziale”, dalle tecnologie interattive e
multimediali del Travel 2.0 e dall’importanza della community nella condivisione di
esperienze. Dunque in questo capitolo si indagherà il motivo per il quale le persone
sentono l’esigenza di utilizzare questo portale, ovvero il desiderio di un’esperienza
autentica, si vedrà di capire cosa significa Airbnb e quali sono tutti i servizi che
propone, come è nata l’idea di utilizzare dei materassini gonfiabili (in inglese “airbed”,
da cui il nome) come pretesto per far vivere un’esperienza unica e locale ai propri ospiti
e infine come tre studenti squattrinati sono riusciti a trasformare un’idea bizzarra in un
business mondiale e in contino sviluppo, con numeri da far girare la testa, suscitando il
clamore dei media nazionali e internazionali.

9
Capitolo 1 – L’esperienza come
dimensione economica
«

»

Aldous Huxley1 (Testi e pretesti, 1932)

1.1 Breve analisi filologica del termine ‘esperienza’

Ai fini di una maggiore comprensione del reale significato del concetto di


esperienza e, in particolare, quella di consumo, e dell’effettivo valore della sua
applicazione nell’ambito della gestione dei rapporti tra impresa e cliente, risulta
necessario partire da un’analisi filologica del termine.

Nel linguaggio comune il termine ‘esperienza’ si usa per indicare, in modo


generico, la conoscenza che un individuo ha del mondo che lo circonda grazie al suo
contatto diretto con la realtà, al suo quotidiano rapporto con le cose e con gli altri ma, in
effetti, esso assume significati diversi a seconda degli ambiti disciplinari cui viene
applicato. A tal proposito alcuni autori si sono preoccupati di stilare un elenco delle sue
possibili accezioni ed è risultato che per le scienze sperimentali, ad esempio, il
significato della parola non si discosta tanto da quello della sua corrispondente forma
latina. Infatti il termine ‘esperienza’ proviene per via colta dal sostantivo latino
‘experientia’, a sua volta derivato da ‘experiens’, participio presente del verbo
‘experiri’, cioè ‘provare’, ‘sperimentare’2. Dunque esso indica la conoscenza diretta di

1
Huxley A. (1894 – 1963): scrittore britannico. Famoso per i suoi saggi di fantascienza, viene spesso
considerato, in alcuni circoli accademici, un leader del pensiero moderno e un intellettuale del più alto
rango.
2
http://www.educational.rai.it/lemma/testi/conoscere/esperienza.htm

10
un aspetto della realtà attraverso la riproduzione di un fenomeno, in particolari
condizioni e con opportuni mezzi, a scopo di indagine scientifica.

Nella tradizione filosofica, l’esperienza è generalmente considerata in relazione


alla conoscenza. Aristotele condusse diversi studi sul concetto di esperienza, giungendo
a definirla come un «insieme di sensazioni e memoria, reso possibile dall’induzione,
ovvero la capacità di cogliere l’universale attraverso i particolari»3. Questa immagine
dell’esperienza prevalse fino all’alba della rivoluzione scientifica del ‘600, quando si
iniziò a privilegiare la via dell’osservazione e dell’esperimento. Ai teorici della nuova
scienza, l’esperienza non si presenta più come una passiva ricezione del mondo esterno,
ma diventa interrogazione attiva della natura, operazione che richiede l’uso della facoltà
sperimentale e razionale4. In questo contesto, l’esperienza non viene più vista come una
forma limitata di conoscenza, ma diventa parte integrante del metodo scientifico, in
quanto costituisce il criterio di verifica delle ipotesi5. Dunque, una volta acquisita la
fiducia nei dati empirici, nella storia del pensiero moderno il problema principale fu
quello di stabilire quanto nella conoscenza acquisita fosse attribuibile all’esperienza o
alla ragione (da cui il conflitto fra empirismo e razionalismo).

Per l’antropologia, il concetto di esperienza rientra in una fase dell’individuo di


transizione e trasformazione. Una sorta di esistenza parallela, un passaggio simbolico
con precisi rituali di ingresso e di uscita, che si conclude con un qualche tipo di
“sanzione” che ha il compito di certificare l’avvenuta trasformazione. Dunque si tratta
di «un’attività relazionale, propedeutica alla definizione dell’identità degli individui e
dei gruppi sociali a cui appartengono»6.

3
Nell’Anima, nell’Etica nicomachea, nell’Etica eudemia, negli Analitici posteriori, nella Metafisica, in
http://it.wikipedia.org/wiki/Esperienza
4
Si tratta delle “sensate esperienze” e delle “necessarie dimostrazioni” di cui parla Galilei.
5
http://www.treccani.it/enciclopedia/esperienza_(Dizionario-di-filosofia)/
6
A. POLLARINI, “Dal prodotto all’esperienza turistica”, in A. ROSSI, M. GOETZ, Creare offerte turistiche
vincenti con Tourist Experience Design, Milano, Hoepli, 2011, Cap.I, p.5.

11
La sociologia si occupa, invece, di tassonomizzare l’idea di esperienza,
individuando la sua appartenenza a tre tipi (conativa, cognitiva e affettiva 7), oppure ad
una combinazione di essi. Inoltre questa scienza sociale associa all’esperienza le
caratteristiche di essere «randomica, frammentata, artificiale e basata sostanzialmente su
atti di consumo, che hanno sostituito i tradizionali modelli lineari di costruzione
dell’esperienza» (Pollarini in Rossi e Goetz 2011, Cap.I, p.6).

La psicologia descrive l’esperienza come un’attività immersiva, interattiva ed


emozionale, che chiede di essere svolta lontano dalle preoccupazioni quotidiane e
«necessita di un immediato feedback che offra all’individuo la possibilità di apprezzare
l’”incremento di abilità” originato dall’esperienza stessa»8. In questa scienza, inoltre,
l’esperienza viene vista come un’attività complessa, essendo il risultato dell’interazione
di fattori cognitivi, emozionali e sensoriali che appartengono all’individuo in quanto
soggetto completo e che, quindi, influenzano il suo comportamento durante l’atto di
acquisto e di consumo. Da queste considerazioni, deriva la consapevolezza di quanto sia
sbagliato cercare di scomporre l’esperienza di consumo, visto che la dimensione
razionale e irrazionale sono nell’individuo strettamente connesse e difficilmente
separabili.

In sostanza, oltre ad essere definita come ‘fonte’ o ‘effetto del conoscere’ e


come ‘prova’ o ‘esperimento’ e oltre a considerare l’impatto che essa può avere

7
L’esperienza conativa può essere riconducibile al volere, desiderare, avere l’intenzione di andare al
mare e andarci; quella cognitiva riguarda il percepire, immaginare o ricordare il mare di fronte a me, o
credere che l’acqua del mare di fronte a me sia fredda; quella affettiva, infine, fa riferimento alle
sensazioni provate davanti ad una cartolina raffigurante il mare
8
M. CSIKSZENTMIHALYI, Flow: The Psychology of Optimal Experience, New York, Harper and Row, 1990,
citato in A. POLLARINI, in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.I, p.6).
L’autore classificando diversi tipi di esperienza in funzione della relazione di due dimensioni (“sfida” e
“abilità”) individua la flow experience, ossia l’esperienza ottimale che si prova durante il “flusso”, inteso
come uno stato mentale che emerge quando una persona è completamente immersa in un’attività. Il
flusso si caratterizza per il totale coinvolgimento, la focalizzazione sull’obiettivo, la motivazione
intrinseca, la positività e la gratificazione nello svolgimento del compito. Quando le sfide e le abilità si
trovano in un alto stato di equilibrio, allora l’esperienza ottimale emerge.
Tale tesi ha influenzato gli studi di marketing e di consumer behaviour contribuendo alla formazione
della teoria secondo cui l’offerta di esperienze straordinarie al cliente deve costituire un fondamentale
obiettivo di gestione delle imprese.

12
nell’arricchimento interiore di una persona e nel suo sviluppo morale, intellettuale e
culturale, il concetto di esperienza si caratterizza anche dalla compresenza di altri
elementi che fanno riferimento alla persona e al suo vissuto nel significato più pieno,
come le sensazioni, i sentimenti, l’abilità cognitiva, la memoria e le relazioni sociali.

Alla luce di quanto detto, emergono quattro forme di valore dell’esperienza


(valore cognitivo, sperimentale, personale e multidimensionale) che sembrano utili alla
sua applicazione nei rapporti tra impresa e consumatore, fornendo le basi per proporre
una gestione dei rapporti tra imprese e mercato più in linea con la complessità
dell’attuale contesto competitivo9.

1.2 Il concetto di esperienza di consumo nella letteratura


economico-gestionale

Neanche nelle discipline economico-gestionali esiste unitarietà nella


definizione del termine esperienza e, nel caso in particolare, dell’esperienza di consumo
(customer experience). Essa, infatti, si arricchisce di significati diversi a seconda della
prospettiva di analisi e dell’ambito culturale o temporale in cui si sviluppano. A tal
proposito, è possibile identificare almeno tre grandi filoni di indagine, riconducibili agli
studi sul consumer behaviour, sull’experiential shopping e sulla customer experience
management10.

Nel settore delle ricerche sul comportamento del consumatore, il termine


‘esperienziale’ riceve legittimazione nei primi anni Ottanta ad opera di Holbrook e
Hirschman, i quali sono stati i primi a mettere in luce l’importanza delle emozioni
legate al momento dell’acquisto di un bene o alla fruizione di un servizio. Secondo tale

9
Cfr. R. RESCINITI, “Il marketing orientato all’esperienza”, in Atti del V Congresso Internazionale Italia-
Francia Le Tendenze del Marketing, Parigi, 21 – 22 Gennaio 2005, pp.7 – 8.
10
Cfr. R. RESCINITI (2005, p.1).

13
impostazione, l’esperienza si presenta come un qualcosa di intimo, personale, a
carattere emotivo e si configura come «un’attività volta alla ricerca di fantasie,
sensazioni e divertimenti»11.

Solo in seguito ad ulteriori studi si inizia a prendere coscienza della complessa


natura dell’esperienza di consumo, in quanto sia sul piano teorico che su quello pratico
è stato verificato che le scelte del consumatore e, di conseguenze, il suo grado di
soddisfazione, vengono influenzate tanto da fattori di natura funzionale, razionale,
quanto da quelli di natura emozionale. Questi studi comportano così l’affermarsi di una
nuova visione, definita “esperienziale”, che inizia a sostituirsi a quella tradizionalmente
accettata, che da sempre identificava il consumatore come un soggetto razionale, in
grado di compiere decisioni in maniera fredda e distaccata e solo a fini utilitaristici12.
Ora con questo nuovo approccio assumono significato tutti quegli «aspetti non
utilitaristici, più o meno inconsci e non espliciti della psiche e del comportamento
umano»13 che fino ad allora erano stati trascurati. In quest’ottica si attribuisce maggiore
importanza alle sensazioni, ai valori simbolici del prodotto (come il design e il brand),
agli elementi cognitivi e affettivi che influiscono sul comportamento del consumatore,
al suo desiderio di divertimento e piacere ed, infine, alla centralità del suo ruolo oltre
che nell’atto di acquisto, anche nell’uso del prodotto e nella scelta del brand14.

11
M.B. HOLBROOK, E.C. HIRSCHMAN, “The experiential aspects of consumption: consumer fantasies,
feelings and fun”, in Journal of Consumer Research, Vol.9, n.2, September 1982, citati in R. RESCINITI
(2005, pp.1 – 2).
12
Questi sono gli elementi caratterizzanti dell’approccio cognitivo e comportamentista, considerati i
filoni egemoni nell’ambito degli studi sul consumer behaviour.
13
M. SANSONE, “Nuovi ambiti di ricerca nei moderni sistemi di scambio: focus sul marketing
esperienziale”, in Atti del V Congresso Internazionale Italia-Francia Le Tendenze del Marketing, Parigi, 20
– 21 Gennaio 2006, p.2.
14
Cfr. M. ADDIS, M.B. HOLBROOK, “On the Conceptual Link Between Mass Customization and
Experiential Consumption: An Explosion of Subjectivity”, in Journal of Consumer Behaviour, Vol.1, n.1,
June 2001, citati in C. GENTILE, L. LAMBERTI, G. NOCI, N. SPILLER, Il Marketing Esperienziale come
elemento incentivante all’instaurazione di rapporti di collaborazione lungo la supply-chain: un’indagine
esplorativa nel contesto dei beni di lusso, in Atti della XVII Riunione Scientifica Annuale dell’Associazione
Italiana di Ingegneria Gestionale, Roma, 12 - 13 Ottobre 2006, p.5.

14
Inoltre, poiché il singolo individuo è orientato alla ricerca di beni e servizi che
abbiano un valore simbolico e non un mero valore di uso, prende piede l’idea per la
quale l’esperienza di consumo rappresenti il campo di manifestazione della personalità
umana e della sua identità. In base a questa prospettiva, infatti, l’esperienza di consumo
viene vista come un modo attraverso il quale l’individuo possa creare la propria identità
e instaurare e curare le proprie relazioni sociali. Questo perché «consumare significa
soddisfare i propri bisogni, ma anche creare e mantenere le relazioni sociali»15: si
intende, così, l’attività di consumo sia come espressione delle proprie scelte individuali
e sia come “forma di interazione e accettazione” da parte del proprio gruppo sociale di
riferimento.

L’idea del consumo come elemento centrale nell’interazione sociale trova un


notevole supporto con l’affermarsi, nel corso degli anni Novanta in ambito
anglosassone, del filone postmoderno16, che porta ad una visione della realtà di tipo
soggettivistico e relativistico. In tale concezione il consumatore diventa un soggetto non
più esclusivamente razionale nelle proprie scelte, ma spinto da fattori emotivi, alla
ricerca di esperienze di acquisto e di consumo piacevoli e coinvolgenti. Tale
consumatore, nel tentativo di soddisfare i propri bisogni e desideri, non è più votato
esclusivamente alla massimizzazione dell’utilità di acquisto, ma va alla continua ricerca
di esperienze e protagonismo nelle scelte. Diventa, cioè, un “consumAttore”17.

15
M. DOUGLAS, B. ISHERWOOD, The world of goods towards an anthropology of consumption,
Harmondsworth, Penguin, 1979, Tr. it., Il mondo delle cose. Oggetti, valori, consumo, Bologna, Il Mulino,
1984, citati in I. CONFENTE, “Gli approcci emergenti: l’esperienza e l’interazione sociale”, in Analisi e
misurazione delle interazioni tra consumatori offline e online a supporto delle decisioni di marketing, Tesi
di Dottorato in Economia e Direzione Aziendale, Università degli Studi di Verona, non pubblicata, XXIII
ciclo, Cap.I, p.31.
16
Il pensiero postmoderno indica una corrente di pensiero che caratterizza l’attuale epoca, che supera e
si contrappone alla modernità, quest’ultima intesa come staticità, determinismo ed esattezza dei
fenomeni. «La postmodernità si contrappone a tale interpretazione statica e meccanicistica, alla visione
dell’universo come governato da leggi inviolabili, ordinate e prevedibili». (F. MORACE, Marketing
mediterraneo e postmoderno, Marsiglia, Edizioni Euromed, 2005, citato in A. DI VITTORIO, “Le
prospettive del turismo ‘esperienziale’ nel contesto dell’economia italiana”, in Economia italiana, n.2,
2010, p.526).
17
Cfr. G. FABRIS, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Milano, Franco Angeli, 2003, citato in A. DI
VITTORIO (2010, n.2, p.526).

15
Abbiamo poco fa accennato al fatto che questo nuovo tipo di consumatore crea
la propria identità attraverso il consumo (“compro, dunque sono”) e fruisce, quindi, di
prodotti, servizi ed esperienze in grado di veicolare un senso per sé stesso e per gli altri.
Ecco, allora, che Fabris coniuga il termine ‘societing’ per indicare lo spostamento della
sfera di analisi e di azione dal mercato alla società, intendendola come «spazio di
relazioni che l’impresa riesce ad attivare con la propria clientela»18. Ciò che deve
interessare non è più il semplice atto di acquisto e di consumo, ma le dinamiche sociali
complessive.

Alla luce di quanto detto, il consumo da agire economico diventa “agire


sociale”, visto che l’acquisto di beni e servizi è sempre più un momento di piacere,
un’esperienza da collegare alle altre esperienze vissute dagli individui nella loro vita. In
proposito si parla di nascita dell’”homo aesteticus”, che inventa nuove forme di
socialità, animate dalle emozioni. «Il consumo diventa così un collante di queste nuove
forme di socializzazione caratterizzate da spontaneità, quotidianità ed empatia» (Fabris
2003 in Confente XXIII ciclo, Cap.I, p.31).

Attualmente, infatti, si assiste ad una ricomposizione sociale basata sulle libere


scelte emotive, dove le comunità si radunano attorno ad un totem, che può essere un
prodotto, un marchio, una pratica di consumo, un’esperienza. È importante sottolineare
il significato che tali dinamiche rivestono per le imprese, le quali non devono più
sforzarsi per cercare di prevedere comportamenti di consumo sulla base di
segmentazioni classiche (demografiche, livelli di reddito e stili di vita), ma possono
sfruttare la cosiddetta auto-segmentazione della clientela, che sceglie autonomamente di
partecipare a gruppi e comunità di prodotto o di marchio. Chi aderisce a tali “tribù”19
deve necessariamente condividere i valori proposti e, pertanto, avrà atteggiamenti e

18
Cfr. G. FABRIS, Societing. Il marketing nella società postmoderna, Milano, Egea, 2008, citato in A. DI
VITTORIO (2010, n.2, p.526).
19
«Insieme di individui con caratteristiche socio-demografiche molto diverse, ma collegati da una stessa
passione ed esperienza e, soprattutto, capaci di azioni collettive vissute intensamente, il tutto in un
modo fortemente ritualizzato». (B. COVA, Il marketing tribale. Legame, comunità, autenticità nel
marketing mediterraneo, Milano, Il Sole 24Ore, 2003, citato in A. DI VITTORIO, 2010, n.2, p.527).

16
comportamenti di consumo più aderenti alle aspettative delle imprese. In questa
prospettiva, «le aziende, facendo leva sul consumo comunitario, creano ed erogano
valore soprattutto in termini di offerta di legami e relazioni, oltre che di soddisfazione
della clientela» (Di Vittorio 2010, n.2, p.527).

In sostanza, sullo sfondo di questo contesto di riferimento, nasce un nuovo tipo


di consumo, definito “esperienziale”, poiché il consumatore adesso non vi ricerca più
soltanto la soddisfazione di determinati bisogni in modo funzionale, ma cerca di dare un
senso alla propria vita, di trovare appagamento nell’utilizzo di un bene e di generare o
rafforzare i legami con altri individui. Pertanto la caratteristica principale riconosciuta a
questa tipologia di consumo è quella di dare spazio alle emozioni, infatti «mentre gli
economisti hanno sempre parlato del consumo in termini di razionalità, tutti gli studi più
recenti ci parlano della continua interferenza delle emozioni nelle scelte di consumo»20.

In virtù del maggior valore assunto dall’esperienza di consumo in ambito


psicologico e sociologico, oltre che economico, alcuni studiosi ritengono importante
studiare anche i fattori emozionali che sottostanno al processo di acquisto, riponendo
così il loro interesse anche al concetto di shopping experience. In sostanza si tratta di
analizzare l’impatto che gli stimoli sensoriali hanno sulle percezioni degli acquirenti e
individuare, così, l’esperienza che si genera o può essere generata nel punto vendita
sviluppando nuove forme “esperienziali” di shopping da implementare nei canali di
distribuzione.

Secondo Brunetti, lo «shopping esperienziale può essere sia una strategia


messa in atto dall’impresa commerciale per differenziare il proprio punto vendita ed
offrire un’esperienza meno faticosa per le merceologie banali e più appagante per le
merceologie problematiche, oppure può essere una strategia realizzata dall’impresa

20
G. FABRIS 2003, citato in F. FORLANI, “L’esperienza come prodotto”, in Marketing, Esperienze e
Territorio, Tesi di Dottorato in Impresa e Mercato, Università degli Studi di Genova, non pubblicata,
2005, Cap.V, p.2.

17
industriale a supporto della scelta esperienziale attraverso l’investimento nella creazione
di uno o più punti vendita “spettacolari”»21.

In pratica, l’impresa deve riconoscere l’importanza e l’influenza che le


emozioni hanno sul consumatore durante l’atto di acquisto e cercare di implementarle
nel proprio punto vendita. Deve, quindi, prestare particolare attenzione agli aspetti
multisensoriali, immaginari ed emotivi, poiché sono questi che faranno emozionare il
consumatore e coinvolgerlo in un processo di shopping. A tal proposito, viene presa in
considerazione la trasformazione del retailing, la cui causa principale è stata individuata
nella trasformazione dell’entertainment. Infatti, il pubblico, probabilmente stanco della
fredda virtualizzazione promosso dalla tecnologia, sembra aver riscoperto l’importanza
del contatto umano e lo ricerca anche nel punto vendita, col quale vuole instaurare un
rapporto partecipativo ed emozionale. Ecco allora che il punto vendita risponde
dotandosi di strumenti comunicativi ed attrattivi basati sulla stimolazione di tutti e
cinque i sensi del cliente (come musica, odori, forme e colori, sapori e caratteristiche
tattili)22.

Il terzo ed ultimo indirizzo di studi, di matrice americana, si sviluppa a partire


dagli anni Novanta tra il management e il marketing e propone un modello di gestione
delle esperienze del cliente (customer experience management), che implica sul piano
operativo una “spettacolarizzazione” delle attività dell’impresa. I primi concetti che
anticipano questo tipo di indagini vengono formulati da Grove e Fisk23 nell’ambito del
marketing dei servizi, servendosi dei principi della drammaturgia per analizzare la
service experience, per cui i servizi stessi vengono intesi come rappresentazioni teatrali.

21
F. BRUNETTI, Pervasività d’impresa e relazioni di mercato: quale futuro?, Torino, Giappichelli, 2004,
citato in F. FORLANI (2005, Cap.V, p.4).
22
In particolare, Enrico Finizi, in riferimento ad una ricerca condotta per Palmolive, ha indicato le nuove
tendenze: vista e udito, pur rimanendo i sensi principalmente coinvolti, sono oggi affiancati dall’olfatto,
in quanto sembra che odori e profumi giochino un ruolo fondamentale, sia nella fase di accostamento al
prodotto, sia nella fase di ricordo. Il cliente, poi, all’illuminazione al neon preferisce le luci soffuse e i
colori tenui.
23
Cfr. S.J. GROVE, R.P. FISK, “The service experience as theater”, in Advances in Consumer Research,
n.19, 1992, citati in R. RESCINITI (2005, p.3).

18
Successivamente, Carbone e Haeckel24 evidenziano la necessità per le imprese
di gestire la customer experience al fine di creare valore e vantaggio competitivo. Essi
definiscono le esperienze come le impressioni che rimangono nelle persone dei beni e
servizi goduti, ovvero «la percezione prodotta quando si consolidano le informazioni
sensoriali» (Resciniti 2005, p.3). Tali impressioni vengono generate da indizi
(experiential clues) basati sulle funzionalità dei prodotti e servizi (performance clues) o
su elementi del contesto (context clues), a loro volta distinti a seconda che vengano
emessi da cose (mechanic clues) o persone (humanic clues). «Experiential clues are the
visual, auditory, tactile, aromatic and taste signals emitted by product, services and the
environment that, in aggregate, form a customer perception»25 (Carbone e Haeckel
1994 in Resciniti 2005, p.3).

Nel 1999 è il fortunato libro di Pine e Gilmore26 a sancire i principi


fondamentali del paradigma esperienziale, definendo l’esperienza come una sorta di
“ultimo stadio” dell’evoluzione dei sistemi di produzione e commercializzazione dei
beni di consumo, finalizzato a rendere quegli stessi beni più attraenti e
significativamente differenti da tutti gli altri27. In tale prospettiva, «le esperienze
rappresentano la forma più evoluta di generazione del valore attraverso la gestione delle
attività economiche come spettacoli in grado di coinvolgere emotivamente il cliente, sia
quello finale che quello intermedio» (Pine e Gilmore 1999 in Resciniti 2005, p.3).

In un periodo in cui le differenze sostanziali tra prodotti dello stesso genere


cominciano a scomparire o ad appiattirsi, l’innovazione che questi accorti studiosi di
marketing apportano consiste nel considerare la customer experience nella sua
dimensione economica. Essa viene intesa, quindi, come una “nuova categoria di offerta”

24
Cfr. L.P. CARBONE, S.H. HAECKEL, “Engineering Customer Experiences”, in Marketing Management,
Vol.3, n.3, 1994, citati in R. RESCINITI (2005, p.3).
25
«Gli indizi esperienziali sono i segnali visivi, oditivi, tattili, olfattivi e gustativi emessi dai prodotti, i
servizi e l’ambiente che, nel loro insieme, costituiscono la percezione del consumatore».
26
B.J. PINE II, J.H. GILMORE, The Experience Economy. Work is Theatre & Every Business a Stage, Boston,
Harvard Business School Press, 1999, Tr. it. L’economia delle esperienze. Oltre il servizio, Milano, Etas,
2000.
27
Cfr. A. POLLARINI in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.I, p.5).

19
che si va ad aggiungere alle tre tradizionali (merci, beni e servizi), al punto che le
imprese, per posizionarsi diversamente nella propria arena competitiva e ottenere un
maggiore valore economico, devono essere in grado di produrre esperienze per i loro
clienti. In pratica si afferma l’idea innovativa di “prodotto-esperienza”, in quanto «la
nozione di esperienza di consumo viene a rappresentare l’essenza stessa del rapporto tra
domanda e offerta e dell’interazione tra il consumatore e il contesto esterno»28.

Per il marketing, una buona esperienza, per essere considerata tale, deve essere
“personale”, poiché appartiene solo all’individuo che la sperimenta in un determinato
momento, e “indimenticabile”29, vale a dire: capace di suscitare emozioni, coinvolgendo
tutti i sensi del consumatore (si parla spesso, infatti, di “esperienza emozionale” o di
emozione come cuore dell’esperienza di consumo nel marketing), ma anche capace di
produrre delle trasformazioni significative nell’individuo. Dunque, seguendo
l’impostazione dell’economy experience, le imprese devono creare esperienze attraverso
la messa in scena di eventi “personali” e “memorabili” per affascinare, coinvolgere e
indurre i clienti a ritornare.

Visto che le esperienze producono una quota di valore economico maggiore


rispetto alle altre forme di offerta, Pine e Gilmore propongono alle imprese di sfruttare
tale vantaggio e quindi di servirsi dell’esperienza come strumento utile ad agevolare lo
scambio di altre tipologie di prodotti (come le merci, i beni o i servizi), in quanto «in
grado di suscitare diverse percezioni positive per il consumatore» (Brunetti 2004 in
Forlani 2005, Cap.V, p.3). Si tratta di individuare, in ottica manageriale, gli strumenti
più idonei atti ad “esperienziare” tali tipologie di prodotti, nel senso di arricchirli di
contenuti semantici ed emozionali in modo da divenire essi stessi generatori di
esperienza. Le imprese devono imparare ad «”esperienziare” le cose concentrandosi

28
C. GENTILE, L. LAMBERTI, G. NOCI, N. SPILLER (2006, p.2).
29
Cfr. B.J. PINE II, J.H. GILMORE, “Welcome to the Experience Economy”, in Harvard Business Review,
July – August 1998, citati in F. FORLANI (2005, Cap.V, p.2).

20
sull’esperienza che i clienti vivono usando i loro prodotti»30, cioè sull’uso che il cliente
fa del bene, piuttosto che sul bene stesso.

Con l’obiettivo di cogliere le opportunità offerte dall’economia delle


esperienze, Schmitt31 suggerisce alle imprese di adottare un approccio di marketing che
sia driven by experience, il cosiddetto “experiential marketing”. Il marketing
tradizionale, infatti, si basa sulle caratteristiche, sui benefici e sulla qualità dei prodotti e
servizi, poichè definiscono l’ambito della concorrenza tra le imprese e l’oggetto di
valutazione razionale dei consumatori. Questi ultimi, però, le considerano come
informazioni scontate, visto che ormai sono più interessati ai «prodotti, alla
comunicazione e alle campagne di marketing che diano loro esperienze in grado di
colpire i sensi, il cuore e la mente» (Schmitt in Gentile, Lamberti, Noci e Spiller 2006,
p.7).

In sostanza, il fondamento di tutto l’approccio esperienziale può essere


riassunto in due punti principali che includono gli aspetti più rilevanti dei contributi sul
tema32: la prima è considerare la natura e le attese dei clienti più articolate di quanto si è
spesso portati a credere. Gli individui, infatti, sono esseri sia razionali che emotivi,
perciò, anche in qualità di clienti, gradiscono venire intrattenuti, stimolati, coinvolti
affettivamente in tutti i momenti di contatto con l’impresa. La seconda riflessione da
fare consiste nel ritenere l’esperienza come un fenomeno complesso, essendo il risultato
di fattori cognitivi, emozionali e sensoriali difficilmente separabili, che riguardano il
vissuto della persona in relazione ad uno specifico contesto fisico, sociale e culturale.
«L’esperienza, infatti, prende corpo e forma sul piano personale in relazione ad una
specifica soggettività e in relazione ai suoi processi cognitivi e affettivi, acquistando un

30
«Ing the thing: any good can be inged» (B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in R. RESCINITI, 2005,
p.3).
31
Cfr. B.H. SCHMITT, Experiential marketing, New York, The Free Press, 1999, citato in R. RESCINITI,
2005, p.3.
32
Cfr. M. RAIMONDI, Marketing del prodotto-servizio. Integrare tangibile e intangibile per offrire valore
al cliente, Milano, Hoepli, 2005, citato in C. GENTILE, L. LAMBERTI, G. NOCI, N. SPILLER (2006, p.8).

21
diverso significato a seconda della cultura e del contesto di riferimento» (Resciniti
2005, p.7).

1.3 Il marketing esperienziale

In un contesto socio-economico in cui il comportamento del consumatore


risponde a motivazioni sempre più psicologiche e, quindi, soggettive e irrazionali33 e in
cui le contrapposizioni tra beni e servizi, prodotti e processi, consumatori e produttori
tendono a sfumare, le imprese iniziano a concepire l’offerta di esperienze come ‘lo’
strumento ideale atto a far percepire ai clienti un valore aggiunto connesso con
l’acquisto di beni e servizi. Solo così facendo esse potranno godere di un vantaggio
competitivo nei confronti dei propri concorrenti.

È in questa logica che nasce nel marketing un nuovo filone di studi incentrato
sul tema della customer experience e definito, appunto, “marketing esperienziale”.
Teorizzato da Bernard Schmitt, si tratta di un «approccio che fa leva sui bisogni evoluti
dei consumatori, i quali manifestano sempre meno interesse verso il possesso di beni,
ma aspirano sempre più a realizzare esperienze di rinforzo dell’identità e di collocazione
di sé nel sociale» (Rossi e Goetz 2011, p.104). Oggi più che in passato, infatti, quote
consistenti di consumo si trasferiscono dall’acquisto di beni materiali alla spesa per
soddisfare esigenze culturali, affettive, sociali e, appunto, esperienziali. Ciò è dovuto al
fatto che il consumatore postmoderno non è più interessato al prodotto in sé e ai suoi
attributi funzionali, ma all’esperienza che può trarre dall’uso di tale prodotto. Dunque il
suo comportamento è influenzato dal “crollo delle ideologie di consumo”34. Altro

33
L’ultima conferma arriva dal convegno organizzato da ItaliaOggi e MF Conference sulle nuove
strategie per studiare il comportamento dei clienti. È emerso, infatti, che il 95% delle scelte dei
consumatori sono dettate dall’inconscio in linea con quanto, da tempo, sostengono i migliori studiosi
della disciplina: «il consumatore non si comporta sempre in modo razionale anzi, nel processo di
acquisto diventa determinante il fattore emozionale».
34
http://www.econ.uniurb.it/materiale/7684_Marketing%20esperienziale%202011-12.pdf

22
elemento caratterizzante del consumatore postmoderno è il fatto che nell’atto di
acquisto vi ricerca coinvolgimento emotivo e sensoriale, pretendendo unicità ed
esclusività negli acquisti, in quanto fonte di esperienza e gratificazione sociale.

Pertanto il marketing esperienziale induce il consumatore a credere che l’unico


modo per vivere emozioni sia attraverso l’acquisto del prodotto o servizio
“esperienziato”, ovvero impreziosito di tale elemento emozionale. A tal proposito,
l’esperienza deve essere “unica” e “personale”, infatti le aziende mettono in scena
un’esperienza ogni qualvolta coinvolgono i clienti mettendosi in contatto con loro in
modo personale e degno di essere ricordato35. Anche le operazioni più banali possono
essere trasformate in esperienze memorabili, in quanto non si tratta altro di eventi che
parlano alla sfera intima dell’individuo, alla sua psiche. Dunque, l’impresa che decide di
arricchire la propria offerta, per farla percepire come unica dovrà trasformarsi in
“regista di esperienze”, ovvero dovrà essere capace di coinvolgere l’individuo a livello
fisico, emotivo, intellettuale e anche spirituale.

Tuttavia il marketing esperienziale non si limita solo all’enfatizzazione


dell’esperienza di consumo, poiché esistono già politiche di marketing con questa
finalità, soprattutto per quanto riguarda i prodotti ad alto coinvolgimento emotivo e
simbolico, come quelli legati al settore del lusso, dell’arte e della cultura 36, da sempre
veicolo privilegiato di emozioni. «La novità di questo nuovo approccio al marketing
consiste proprio nell’esportare tali politiche di successo dai settori sopra citati ad altri in
cui il core business poco si presterebbe all’enfatizzazione del coinvolgimento
emozionale del consumatore»37. E l’obiettivo è proprio questo: instaurare una sorta di
empatia tra l’impresa e il cliente che faccia aumentare il coinvolgimento del
consumatore e la sua “differenziazione percepita” durante il processo di consumo.

35
Cfr. B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in F. FORLANI (2005, Cap.V, p.18).
36
Si tratta di beni e servizi con il cosiddetto “DNA esperienziale”.
37
Tratto da un articolo di L. CHIARI, “Il marketing esperienziale”, in Finanza e Diritto, 25 Novembre 2008,
in http://www.finanzaediritto.it/articoli/il-marketing-esperienziale-2138.html

23
Il consumatore, infatti, sceglie quale prodotto acquistare sulla base delle
alternative che individua sul mercato, quindi tanto più egli percepisce delle differenze
tra le diverse proposte, tanto più l’azienda riesce a produrre un vantaggio competitivo.
Pertanto si potrebbe definire il marketing esperienziale come un insieme di politiche di
marketing recenti e innovative volte alla ricerca di una nuova fonte di vantaggio
competitivo, basato sul coinvolgimento emotivo e sulla creazione di esperienze. In altre
parole, si tratta del «tentativo delle imprese di una più enfatizzata differenziazione»
(Chiari 2008, p.2).

La logica del marketing esperienziale, inoltre, riporta il consumatore al centro


dell’attenzione e questo, per l’azienda, significa rivedere le proprie modalità
organizzative. Per fare “marketing esperienziale”, infatti, le competenze della singola
funzione non bastano più, ma servono anche quelle di altre funzioni e di altri ambiti
disciplinari quali, ad esempio, l’architettura, la musica, il design, oltre alle ormai
consuete psicologia e sociologia, che comunque verrebbero coinvolte con maggior
enfasi.

Dal punto di vista strategico, implementare delle tecniche di marketing


esperienziale significa differenziare la propria offerta inscenando delle esperienze ai
prodotti o servizi già esistenti. Ciò è facile per gli erogatori di servizi, visto la loro
natura intangibile. Essi, infatti, possono: valorizzare l’ambiente in cui il cliente acquista
o riceve il servizio; intensificare le sensazioni più suggestive provate nell’ambiente
controllato dall’impresa ed, infine, capire, per esperienza diretta, qual è il modo
migliore per coinvolgere i clienti e trasformare il servizio in un evento memorabile.

Per quanto riguarda i produttori di beni, gli studiosi Pine e Gilmore nella loro
Economia delle esperienze, rispondono dicendo che «i produttori devono concentrarsi
sull’esperienza che i clienti vivono usando i loro prodotti»38, ossia focalizzarsi sull’uso
che si fa del bene. I due autori riportano come esempio i produttori di automobili e la

38
B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in L. CHIARI (2008, p.6).

24
loro offerta di “un’esperienza di guida”. In ogni caso, è possibile “esperienziare” le cose
avvalendosi di diverse strategie, quali:

 Incorporare le merci in una marca esperienziale - ossia creare un’immagine della


propria marca che evochi dei sentimenti positivi, che trasmetta delle emozioni a
cui il proprio pubblico di riferimento conferisce valore. Si pensi all’abilità della
Nike nel trasformare scarpe da ginnastica in attrezzi da allenamento o alla
maggior parte dei centauri che si tatuano sul corpo il logo della mitica Harley-
Davidson. È quanto hanno fatto, in Italia, la Barilla con il famoso ritornello
“dove c’è Barilla c’è casa” e la Mulino Bianco con “mangia sano, vivi meglio”.

 Produrre i beni di cui hanno bisogno i registi di esperienze – trovandoci


all’interno di un circolo vizioso, in cui l’esperienza viene percepita come valore,
sorge il bisogno di strumenti che sostengano l’evento “esperienza”, come luci,
attrezzature audio, aromatizzanti, portachiavi, animali di peluche che servono
agli ospiti per prolungare il ricordo dell’esperienza provata.

 Rendere i beni di successo rari – a tal proposito, un esempio ci viene dato


dall’azienda americana di peluche, la Ty. Essa, infatti, per assicurarsi che il suo
prodotto scarseggi: limita la produzione totale di ciascun pupazzo, ritira dal
mercato qualcuno dei più venduti e pone alcune restrizioni circa la disponibilità
di ciascun personaggio nei singoli negozi. Facendo diminuire la circolazione dei
propri prodotti, la Ty sublima l’esperienza del possederne uno.

 Sensorializzare i beni – nel senso di coinvolgere i sensi del cliente nella sua
interazione col prodotto, essendo consapevoli di quali siano le sensazioni
provate nel fruire di tale prodotto. Ad esempio, gli editori valorizzano le
copertine e l’interno dei libri attraverso numerose innovazioni tattili (caratteri in
rilievo, superfici ruvide, …) e visive (copertine lucide, grafici tridimensionali,
…). E ancora, quando entriamo in una libreria, la musica, le luci, le poltrone, gli

25
espositori sono tutte pensate avendo come punto di riferimento “l’esperienza di
lettura”, le sensazioni da essa suscitate e i sensi coinvolti.

 Formare un club dei prodotti – si creano delle comunità intorno al prodotto e si


fa percepire al consumatore il prestigio dell’adesione a tale club, rendendone
esclusivo l’accesso. La chiave per lanciare con successo tali club sta nel
complessivo sistema di offerta e nella promozione dell’esperienza, in modo da
indurre il cliente a percepirlo come un valore aggiunto e per cui sia disposto a
pagare.

 Inscenare un evento per i prodotti – collegare il proprio prodotto ad un evento


permette alle aziende di avvicinare il cliente alla propria realtà in maniera
divertente e duratura. L’evento diventa, così, un veicolo dei valori aziendali in
modo indiretto e senza l’invadenza della pubblicità. Una volta realizzato
l’evento, il lavoro del regista di esperienze si esaurisce con la performance, ma il
valore dell’esperienza, che sia positivo o negativo, si protrae nel tempo e nella
memoria di qualsiasi individuo coinvolto nell’evento che, dunque, collegherà il
ricordo al prodotto promotore39.

Per sintetizzare quanto finora esposto, diremo che i cardini fondamentali su cui
poggia tutta la filosofia del marketing esperienziale sono: la consapevolezza del ruolo
prioritario che il consumatore attribuisce alle emozioni nell’atto di acquisto, essendo
considerato come un momento che permette di vivere esperienze emozionali, sensoriali,
relazionali e sociali. Ma anche la possibilità data alle imprese di differenziarsi in modo
sostanziale dai propri concorrenti. Infatti, in un mercato sempre più dominato
dall’omogeneizzazione dell’offerta, l’arena competitiva si sposta su altri parametri,
come la possibilità di far vivere un’esperienza quando il cliente entra in contatto con il
prodotto. Tale approccio innovativo al marketing tende, peraltro, a valorizzare il
prodotto facendo sì che l’esperienza di acquisto e di consumo coinvolgano
emotivamente il cliente, il quale li consideri, così, come un suo valore aggiunto. Infine

39
Cfr. B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in L. CHIARI (2008, pp.6 – 7).

26
al marketing esperienziale bisogna conferire il merito di creare relazioni intense e
durature fra l’impresa e il cliente40.

1.4 L’economia delle esperienze

«Perché si è disposti a pagare dieci volte tanto il suo normale prezzo una tazza
di caffè al Caffè Florian di Venezia?». È in questo modo che gli studiosi Pine e Gilmore
esordiscono il loro Economia delle esperienze per introdurre il tema dell’esperienza
come nuova fonte di valore, ovvero del valore di un prodotto o servizio che viene
percepito e valutato dal cliente in base a fattori che, in realtà, non dipendono dal
prodotto in sé, dalla sua funzionalità diretta, ma dal contesto nel quale il cliente ne
fruisce e, in definitiva, dall’esperienza che il cliente ne trae. Ecco perché, per rispondere
alla domanda iniziale, seduti in una piazza del centro storico di una città d’arte siamo
disposti a pagare un caffè ad un prezzo molto più alto rispetto a quello del bar sotto
casa.

In questa “Nuova Economia”, la semplice produzione di beni e servizi non è


più sufficiente, sono invece le “esperienze” offerte al cliente a costituire il fondamento
della creazione del valore e ad influire sulla determinazione del prezzo. In particolare, le
esperienze cui si riferiscono gli autori comprendono qualsiasi evento memorabile che
impegni sul piano personale il consumatore nell’atto stesso del consumo. In pratica, si
tratta di creare una nuova forma di dialogo con il consumatore attraverso la “messa in
scena” del prodotto/marca e dargli vita, cercando di manifestare la sua identità,
attraverso il coinvolgimento emotivo e sensoriale del consumatore41. Questo perché,
come affermano gli autori, «il lavoro è teatro e ogni business è un palcoscenico»42. È da
notare, tuttavia, che l’esperienza associata alla soddisfazione di un bisogno non è di per

40
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.V, p.5).
41
http://www.econ.uniurb.it/materiale/7684_Marketing%20esperienziale%202011-12.pdf
42
B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in F. FORLANI (2005, Cap.V, p.18).

27
sé una novità assoluta, ma l’approccio veramente rivoluzionario di quest’opera consiste
nell’averla considerata nella sua dimensione economica.

Dunque questo nuovo stadio di valorizzazione, definito da Pine e Gilmore con


l’espressione “economia delle esperienze”, non consiste in un’evoluzione dell’economia
dell’informazione, ma è addizionale ai tre gruppi merceologici tradizionali: le
commodity (materie prime), i beni e i servizi. Infatti «le esperienze costituiscono una
terza proposta economica che si distingue dai servizi, tanto quanto i servizi si
distinguono dai beni» (Pine e Gilmore 1999 in Forlani 2005, Cap.V, p.5). Se le
commodity sono, infatti, materiali fungibili estratti dal mondo naturale; i beni manufatti
tangibili, standardizzati e immagazzinabili; i servizi attività intangibili personalizzate in
base alle richieste di un determinato cliente; le esperienze non saranno altro che eventi
“memorabili” che coinvolgono gli individui sul piano personale43.

Fig.1.1 – Tabella delle distinzioni economiche

Fonte: elaborazione Pine e Gilmore 1999 in Pencarelli e Forlani (2002, n.58, p.240)44

43
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.V, p.6).
44
Cfr. T. PENCARELLI, F. FORLANI, “Il marketing dei distretti turistici – sistemi vitali nell’economia delle
esperienze”, in Sinergie Journal, n.58, 2002, p.240.

28
L’offerta di esperienze ha luogo, pertanto, «ogni qualvolta un’impresa utilizzi
intenzionalmente i servizi come palcoscenico e i beni come supporto per coinvolgere un
individuo. In altri termini, l’impresa, il regista di esperienze, non offre più soltanto beni
e servizi, ma l’esperienza che ne deriva, ricca di sensazioni, creata nel cliente»45.
Dunque mentre nel comprare un servizio una persona paga una serie di attività
intangibili che vengono svolte per suo conto, secondo Pine e Gilmore «nel comprare
un’esperienza una persona paga per poter trascorrere del tempo a gustarsi una serie di
eventi “memorabili” messi in scena da un’impresa, come in una rappresentazione
teatrale, per coinvolgerlo a livello personale» (Pine e Gilmore 1999 in Rossi e Goetz
2011, p.105).

Oltre ad aver introdotto il concetto di “prodotto-esperienza”, ovvero


dell’esperienza intesa come dimensione economica, un’altra innovazione apportata da
Pine e Gilmore e considerata il nucleo centrale della loro visione è quella relativa
all’elaborazione del modello della progressione del valore economico (o modello per
stadi evolutivi della domanda di mercato). Stando a questo modello, a causa
dell’intensificarsi del progresso tecnologico e del conseguente aumento della
competizione tra imprese, quest’ultime per trovarsi in una situazione di vantaggio
nell’arena competitiva sono costrette a differenziare sempre più la loro offerta. Per cui
alla “massificazione” dei prodotti offerti sul mercato, da cui deriva la “regressione del
loro valore economico”, le imprese rispondono sostituendo la domanda saturata con una
domanda di tipo “superiore”. Ciò significa che le imprese compiono un “salto di
business”, personalizzando il prodotto offerto o progettando un prodotto di categoria
superiore per il cliente, con una relativa “crescita del proprio valore economico”.

In altre parole, secondo gli autori e facendo particolare riferimento alla società
americana, si è già passati dalla massificazione delle materie prime ad un’economia
fondata sull’offerta di beni, poi dalla massificazione dei beni ad un’economia fondata
sull’erogazione di servizi. Attualmente sta prendendo corpo una forte crescita della

45
B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.105).

29
domanda di esperienze, che condurrà al passaggio da un’economia dei servizi ad
un’economia delle esperienze. Però le imprese che vogliono entrare in tale economia,
per evitare la massificazione, dovranno prima personalizzare i propri beni e servizi, in
modo da spostarli automaticamente verso l’alto nella progressione del valore
economico. In prospettiva futura, Pine e Gilmore ritengono che anche la domanda di
esperienze subirà una massificazione e quindi si svilupperà un’offerta economica di
maggior impatto, quella delle “trasformazioni”46.

Così come le esperienze, anche le trasformazioni rappresentano una distinta


offerta economica e consistono in «ciò che la persona fuori forma che si iscrive in
palestra, la persona emotivamente turbata che si rivolge dallo psicoterapeuta, i giovani
manager che frequentano corsi professionalizzanti, il paziente in ospedale e l’impresa in
difficoltà, tutti desiderano veramente: essere qualcosa di diverso» (Pine e Gilmore 1999
in Forlani 2005, Cap.V, p.10). Dunque le trasformazioni sono cambiamenti individuali,
in quanto “il cliente è il prodotto”, nel senso che l’offerta economica di un’impresa è la
persona modificata. Tali cambiamenti, però, per essere efficaci, ovvero modificare
l’aspirante in maniera significativa, devono durare nel tempo.

46
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.V, p.7).

30
Fig.1.2 – La progressione del valore economico

Fonte: elaborazione Pine e Gilmore 1999 in Pollarini (2010, n.1, p.229) 47.

In prospettiva aziendale, la progressione del valore economico può essere ben


rappresentata da una piramide, la cosiddetta piramide economica, che identifica le
categorie di offerta economica messe a punto dall’economia delle esperienze come una
sorta di “scatole cinesi”, strettamente dipendenti le une alle altre, il cui singolo
significato risulta nullo se non messo in relazione a quello che lo precede. All’apice
della piramide troviamo l’offerta di trasformazioni, che secondo Pine e Gilmore
costituiranno «la risposta alla prevedibile massificazione delle esperienze»48. Dunque
coloro che inducono l’individuo ad una trasformazione devono programmare in maniera
dettagliata la sequenza di esperienze necessarie a guidare gli aspiranti a giungere a tale
obiettivo. Scendendo in profondità, chi si occupa della messa in scena delle esperienze
deve individuare i servizi che esercitano un’attrazione sull’ospite e inscenarli in modo
tale da creare un evento memorabile. A loro volta, i fornitori di servizi devono essere in

47
Cfr. A. POLLARINI, “I turismi vocazionali”, in “Tutti i colori del verde”, in Rivista di Scienze del Turismo,
n.1, 2010, p.229.
48
B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in F. FORLANI (2005, Cap.V, p.7).

31
grado di mettere insieme in una sorta di “pacchetto” quei beni che risultino i più idonei
all’erogazione delle attività desiderate dai clienti. I produttori di beni devono
selezionare le materie prime da impiegare per i prodotti da creare. Infine i commercianti
di materie prime devono rintracciare i giacimenti minerali da cui estrarli in modo da
servire i mercati che li richiedono49.

Fig.1.3 – La piramide economica

Fonte: elaborazione Pine e Gilmore 1999 in Forlani (2005, Cap.V, p.8).

In base al modello avanzato dai due autori, è possibile sostenere che la


categoria economica che l’impresa si propone di offrire al mercato e, quindi, il business
in cui agisce, è definito da «ciò per cui si fa pagare» (Pine e Gilmore 1999 in Forlani
2005, Cap.V, p.8). Quindi se i clienti pagano un biglietto d’ingresso per vivere delle
emozioni memorabili, allora l’impresa che le mette in scena si troverà nel business delle
esperienze. Per usare le parole di Pine e Gilmore: «la storia del progresso economico
consiste nel far pagare qualcosa per ciò che un tempo era gratuito. In un’Economia delle
Esperienze matura, invece di contare solamente sui nostri mezzi per fare esperienza del

49
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.V, pp.7 – 8).

32
nuovo e meraviglioso (come si è fatto per lungo tempo), sempre più spesso pagheremo
delle imprese che mettano in scena per noi delle esperienze, proprio come ora paghiamo
le imprese per i servizi che un tempo svolgevamo noi stessi, per i prodotti che
fabbricavamo noi stessi e per le materie prime che ricavavamo noi stessi»50.

Una piccola parentesi è da aprire riguardo i servizi, visto che genericamente si


fa rientrare in questa categoria tutto ciò che è terzo rispetto alle materie prime e ai beni,
quindi il business delle esperienze e delle trasformazioni. Così intesi, i “servizi”
presentano delle caratteristiche comuni che li distinguono dai beni fisici, che sono:

- l’intangibilità, nel senso che non sono visibili e non si possono toccare con
mano;

- l’inseparabilità (la simultaneità) fra produzione e consumo;

- la variabilità, che può essere intesa sia come variazione degli standard
produttivi che come volontaria variazione del servizio per soddisfare le
specifiche esigenze del cliente (personalizzazione)51;

- la deperibilità, perché i servizi avvengono in tempo reale (importanza del


fattore “tempo di produzione”) e quindi non possono essere né
immagazzinati e conservati e né restituiti se difettosi.

Analizzando in particolare il carattere di simultaneità fra produzione e


consumo, esso si riferisce al fatto che mentre i beni vengono prima prodotti, poi venduti
e infine consumati, i servizi vengono prima venduti e poi simultaneamente prodotti e
consumati. Tale inseparabilità ha una doppia valenza, implica infatti la partecipazione
sia del consumatore nel processo di progettazione e produzione, che diventa così “co-
produttore” del servizio, sia del personale di contatto. Ciò è tanto più vero se si
considera che chiunque e qualunque cosa entri in contatto con il consumatore presta il

50
B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in F. FORLANI (2005, Cap.V, p.9).
51
Cfr. A.G. MAURI, Le caratteristiche dei servizi e il service marketing, Università IULM, Milano, 2002,
citato in F. FORLANI (2005, Cap.V, p.11).

33
servizio, pertanto anche il personale di contatto, con le sue emozioni, fa parte
dell’esperienza di servizio. In ultimo, anche il fattore “luogo di produzione” diventa
fondamentale, visto che il servizio viene consumato dove si produce52.

Dunque prendendo a riferimento il modello di progressione del valore


economico e la piramide economica, le imprese possono decidere quale tipologia di
prodotto progettare, produrre e vendere e, quindi, in quale business competere. Nella
prospettiva dell’economia delle esperienze, i prodotti si distinguono in materie prime,
beni, servizi, esperienze e trasformazioni a seconda se contengono in misura più o meno
maggiore quelle caratteristiche comuni a tutti i servizi, nello specifico: intangibilità del
prodotto, partecipazione del cliente nella fase di progettazione e produzione, importanza
del fattore “luogo di produzione”, importanza del fattore “tempo di produzione”,
deperibilità del prodotto e variabilità del prodotto. Più rispondono positivamente a tali
attributi, più ci troviamo nel business delle trasformazioni, di rovescio, più si
allontanano dal possedere tali elementi, più ci troviamo nel business delle materie
prime.

Fig.1.4 – Le specificità delle diverse tipologie di prodotti

52
Cfr. J. BATESON, D. HOFFMAN, Gestire il marketing dei servizi, Milano, Apogeo, 2000, citati in F.
FORLANI (2005, Cap.V, p.11).

34
Fonte: elaborazione Forlani (2005, Cap.V, p.14).

Tuttavia l’impresa può scegliere la tipologia di prodotto da progettare, produrre


e vendere solo in seguito ad un’attenta osservazione della domanda e ad un’altrettanto
scrupolosa perizia delle risorse e competenze possedute. Infatti analizzando il grafico
che rappresenta le specificità delle diverse tipologie di prodotti, risulta chiaro come il
cliente attribuisca un valore maggiore ai prodotti più complessi, ossia quelli che
racchiudono al loro interno prodotti di livello e valore inferiore. Dunque la possibilità
per l’impresa di offerte di ordine superiore, che le favoriscano una posizione
competitiva differenziata, è vincolata dalla sua disponibilità di offerte di ordine inferiore
e di risorse e competenze specifiche53, in grado di allestirle e mantenerle
competitivamente nel lungo termine. Infatti secondo Pine e Gilmore le imprese possono
incrementare il loro valore economico e, quindi, aumentare la propria competitività
all’interno di un business, se includono nel loro portafoglio di offerta prodotti e servizi
esperienziati.

Per concludere, appare evidente come il marketing esperienziale teorizzato da


Schmitt sia in contrapposizione al concetto di economia delle esperienze di Pine e
Gilmore, in quanto il primo pone enfasi sul ruolo dell’esperienza nel processo di
consumo, considerandola come un medium per valorizzare al meglio i prodotti e servizi
offerti (che diventano così “esperienziati”), mentre il secondo si concentra su ciò che il
cliente vuole e, quindi, individua l’esperienza come una dimensione economica a sé,
formulando l’idea di “prodotto-esperienza”. Tuttavia, nonostante le differenze
sostanziali, secondo Filser54 è possibile collocare queste due impostazioni lungo un

53
La necessità di risorse e competenze specifiche è determinata dal fatto che «la trasformazione
dell’output dell’impresa in esperienza richiede una forma mentis particolare, secondo cui non si
concepisce più il prodotto come uno strumento che il cliente può e deve utilizzare, ma come una chiave
per l’accesso ad un’esperienza in cui l’impresa gioca un ruolo molto più attivo» (F. BRUNETTI 2004,
citato in F. FORLANI, 2005, Cap.V, p.14).
54
Cfr. M. FILSER, "Le marketing de la production d'expérience. Statut théorique et implications
managériales", in Décisions Marketing, n.28, Octobre – Décembre 2002, citati in A. CARÙ, B. COVA,

35
continuum esperienziale a cui i due estremi si trovano rispettivamente i prodotti a
contenuto esperienziale debole, con un alto contenuto funzionale, e i prodotti-
esperienza, mentre al centro i prodotti “esperienziati”, ossia impreziositi dall’esperienza
di consumo.

Fig.1.5 – Il continuum esperienziale

Fonte: elaborazione Forlani (2005, Cap.V, p.16) su Filser (2002) in Carù e Cova (2003).

1.5 Il teatro come modello per la messa in scena di esperienze

È stato sottolineato più volte come nella logica dell’economia dell’esperienze


le esperienze si qualifichino per la loro unicità e capacità di essere personali, anziché

“Esperienze di consumo e marketing esperienziale: radici diverse e convergenze possibili”, in Micro &
Macro Marketing, n.2, Agosto 2003, citati in F. FORLANI (2005, Cap.V, p.16).

36
personalizzate, oltre che per il fatto di essere “messe in scena” anziché erogate. Le
imprese, dunque, piuttosto che semplici prestatrici di servizi o venditrici di beni, sono
“registe di esperienze” chiamate a coinvolgere e ad emozionare il cliente in modo
personale55. Pertanto, poiché ciò che interessa loro offrire al cliente è lo “spettacolo”,
secondo Pine e Gilmore esse devono considerare il proprio lavoro in una diversa
prospettiva, che prenda a riferimento il modello “teatrale”, in quanto ciascuna azione
compiuta davanti agli ospiti-clienti contribuisce all’esperienza totale che viene
inscenata, perché tutti i lavoratori in realtà sono degli attori. In quest’ottica, infatti, tutte
le azioni visibili agli ospiti sono significative, quindi anche le azioni più banali e
monotone devono essere pensate per coinvolgere i clienti. Per dirla con le parole dei due
autori «il lavoro è teatro e ogni business è un palcoscenico» (Pine e Gilmore 1999 in
Forlani 2005, Cap.V, p.18). Continuano specificando, però, che il teatro non è una
metafora, ma un modello per la messa in scena di esperienze (e non per la gestione
aziendale)56.

Dunque a prescindere dal fatto che un’impresa rientri nel business


dell’esperienze, facendo perciò pagare un biglietto d’ingresso per gli eventi inscenati, e
indipendentemente dalla posizione ricoperta dai suoi dipendenti, ognuno di loro deve
essere considerato come un attore, in quanto ogni volta che entra in contatto con un
cliente ha luogo un atto teatrale57. Tuttavia comportarsi come un attore, “recitare”, «non
significa fingere di essere qualcuno o qualcosa, ma significa agire intenzionalmente per
entrare in contatto con un’audience. Implica fare scoperte interiori, attingere ad un
patrimonio personale di esperienze di vita e utilizzarle per creare un personaggio
credibile per il ruolo dato» (Forlani 2005, Cap.V, p.19). Un attore, infatti, deve
comportarsi in modo totalmente coerente con il personaggio, altrimenti rischia che il

55
Cfr. G.C. ARTIERI, E. VALDEZ RODRÍGUEZ, Economia delle Esperienze, Materiale didattico della Facoltà
di Economia dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, a.a. 2012 – 2013, in
http://www.econ.uniurb.it/materiale/8297_Caso%20Economia%20delle%20esperienze.pdf
56
Nell’economia delle esperienze a cambiare non è la natura dell’impresa, ma la natura del prodotto
che l’impresa trasferisce all’ambiente, ovvero del “prodotto-esperienza”. (Cfr. F. FORLANI, 2005, Cap.V,
p.18).
57
Cfr. B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in F. FORLANI (2005, Cap.V, p.18).

37
pubblico non creda alla sua recitazione e perda interesse nell’offerta. Per evitare ciò è
necessario che l’attore “entri nel personaggio”, ovvero assuma degli elementi
caratterizzanti che lo rendano unico e riconoscibile, come la gestualità, i costumi ma
anche il tono di voce. Questo perché, ai fini di una buona recitazione, risulta importante
non solo ‘cosa’ l’attore dice, ma anche ‘come’ lo dice. Il successo dell’impresa dipende,
però, anche dalle scelte del regista di esperienze riguardo le persone giuste per
interpretare e caratterizzare i singoli ruoli. Infatti a seconda di come il ruolo viene
caratterizzato cambiano le percezioni del cliente circa l’esperienza vissuta. Di
conseguenza, particolare importanza deve essere data anche al processo di selezione
degli attori per i singoli ruoli (il cosiddetto “casting”).

Seguendo la logica del modello teatrale, «l’offerta dell’impresa, ovvero lo


spettacolo, viene considerato come un atto teatrale offerto ad un pubblico su un
palcoscenico, grazie all’interpretazione di specifici ruoli da parte di un insieme di attori,
ossia dalla “compagnia teatrale”» (Forlani 2005, Cap. V, p.19).

Fig.1.6 – Il prodotto-esperienza (The service experience as drama)

Fonte: adattato da Grove e Fisk 1992 in Forlani (2005, Cap.V, p.19).

Il modello teatrale applicato in chiave manageriale può essere ben


rappresentato dal modello rappresentazionale di Schechner58, in quanto esso si basa sui
concetti cardine del modello teatrale (trama, copione, teatro e spettacolo) i quali, a

58
Cfr. R. SCHECHNER, Performance Theory, London, Taylor & Francis Group, 2003, in B.J. PINE II, J.H.
GILMORE 1999, citati in F. FORLANI (2005, Cap.V, p.20)

38
seconda di come si articolano tra di loro, corrispondono a diversi tipi di “azione
scenica”, vale a dire: il copione, il canovaccio e l’improvvisazione.

Entrando in dettaglio, diciamo che Schechner considera lo spettacolo come


«un’intera costellazione di eventi, la maggior parte dei quali passa inosservata, che
hanno luogo sia tra gli attori e l’audience, sia all’interno degli attori e del pubblico, dal
momento in cui il primo spettatore entra in teatro (o luogo dello spettacolo) fino al
momento in cui l’ultimo spettatore se ne va» (Schechner 2003 in Forlani 2005, Cap.V,
p.20).

Elementi dello spettacolo sono, dunque, la trama (o dramma) e il copione. La


trama, che rappresenta il centro di tutto lo spettacolo, consiste in un testo scritto che
illustra il tema dell’esperienza a uso interno, informando gli attori su cosa devono fare.
Secondo Pine e Gilmore, è con Aristotele che si forma il concetto di trama inteso come
«la base di qualsiasi esperienza messa in scena e la sequenza di elementi necessari per
creare l’impressione desiderata, visto che il filosofo greco l’ha definita come “la
disposizione degli eventi”» (Pine e Gilmore 1999 in Forlani 2005, Cap.V, p.20). Il
copione, invece, è «il codice base degli eventi che pre-esiste a qualsiasi data azione
scenica».

Fig.1.7 – Il modello rappresentazionale di Schechner

Fonte: elaborazione Schechner 2003 su Pine e Gilmore 1999 in Forlani (2005, Cap.V, p.20).

39
In base a questo modello, Schechner ritiene che il teatro, inteso come l’evento
messo in scena dagli attori, sia costretto al proprio interno dal copione e all’esterno
dallo spettacolo. A seconda di come il copione e la trama interagiscono tra di loro, si
determinano diversi modi di fare teatro e, di conseguenza, diversi tipi di spettacoli. In
particolare, se il copione è predeterminato e la trama stabile, gli attori dovranno
attenersi scrupolosamente a ciò che il copione recita, producendo così uno spettacolo
statico, ripetitivo prevedibile, tipico del teatro classico.

Se, invece, sia il copione che la trama sono sì presenti, ma non producono
effetto vincolante sugli attori, nel senso che questi possono liberamente scegliere le
proprie battute, le proprie movenze, sempre però rispettando le linee guida dettate dal
canovaccio, allora ci troviamo nell’ambito del teatro dell’arte. In questo tipo di teatro,
infatti, «gli attori mediano tra l’esigenza di avere dei “numeri” pronti ed efficaci e
quella di poter offrire uno spettacolo mutevole che, in base all’atmosfera che si crea, si
adatti al tipo di pubblico. Si crea così una struttura flessibile, in cui gli attori partendo da
un canovaccio (struttura che sviluppa in modo grezzo il tema, diventando l’ossatura
della trama) mettono insieme quei numeri che ritengono più efficaci» (Forlani 2005,
Cap.V, p.21). Infine, se il copione è assente e la trama emerge dall’interazione tra gli
attori sul palcoscenico, si avrà il teatro dell’improvvisazione.

40
Fig.1.8 – Le modalità organizzative dello spettacolo

Fonte: elaborazione Forlani (2005, Cap.V, p.22)

Per concludere, diciamo che le imprese che vogliono applicare i principi del
modello teatrale nelle proprie attività organizzative dovranno essere attente
nell’affrontare due questioni che risultano di fondamentale importanza nell’offrire
esperienze uniche e memorabili. La prima riguarda la scelta della forma di teatro, che
deve essere coerente con l’offerta che l’impresa intende proporre, mentre la seconda
consiste nella necessità di supervisione e coordinamento degli attori, che rimanda quindi
al problema della presenza o meno di un regista. In ogni caso sia che nascano da un
copione, da un canovaccio o dall’improvvisazione, le esperienze sono tutte vere, poiché
frutto dell’interazione tra l’impresa e il “cliente-ospite-attore-spettatore”59.

59
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.V, p.22).

41
Capitolo 2 – Il turismo in chiave
esperienziale
«

»

John Steinbeck60 (Viaggio con Charley, 1962)

2.1 L’affermarsi di un nuovo modello di consumo turistico

Da qualche anno a questa parte l’industria del turismo sta attraversando un


periodo di profonda trasformazione. Tale trasformazione riguarda proprio le attitudini e
i comportamenti dei turisti, i quali ormai scelgono i prodotti turistici non solo in base
alle caratteristiche territoriali della destinazione, ai servizi offerti e al prezzo applicato,
ma per lo più in base al loro significato affettivo, emotivo e alle suggestioni che
riescono a provocare.

Ciò può essere compreso solo se si prende in considerazione il fatto che il


consumatore e, quindi, il turista postmoderno compie le sue scelte soprattutto in
maniera irrazionale, in quanto influenzate dall’inconscio e dalla sfera emozionale,
mentre gli aspetti logici vengono valutati solo in un secondo momento 61. Ecco allora
che il classico schema “bisogno – acquisto – beneficio” diventa una prassi teorica
aderente alla realtà solo in parte, poiché ci troviamo in un settore in cui il consumo, o
meglio, l’esperienza di consumo corrisponde prevalentemente a necessità psicologiche e

60
Steinbeck J. (1902 – 1968): scrttore statunitense tra i più noti del XX sec., autore di numerosi romanzi,
racconti brevi e novelle. Fu per un breve periodo giornalista e cronista di guerra nella seconda guerra
mondiale. Nel 1962 gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione: «Per
le sue scritture realistiche ed immaginative, unendo l’umore sensibile e la percezione sociale acuta». È
considerato uno dei principali esponenti della cosiddetta “generazione perduta”.
61
Cfr. M.B. HOLBROOK, E.C. HIRSCHMAN (1982, Vol.9, n.2).

42
in cui il servizio offerto viene caratterizzato prettamente dalla sua capacità di suscitare
emozioni62. Il turista, infatti, nell’acquistare una vacanza non viene tanto influenzato da
valutazioni di tipo oggettivo, razionale, dagli aspetti meramente funzionali del prodotto,
che ormai si danno per scontato, quanto piuttosto da considerazioni che rientrano nella
sfera del personale, che coinvolgono i sensi, i sentimenti, le aspettative, sognando
quanto più di bello la vacanza riesce ad evocare nella sua mente63. Quando si acquista
un prodotto turistico prima di tutto si è interessati allo svolgimento di determinate
attività che facciano vivere particolari esperienze e solo successivamente alla località
atta a soddisfare il bisogno originario (come la voglia di rilassarsi, di divertirsi, di
arricchirsi culturalmente …)64. Questo atteggiamento sembra confermare la
dichiarazione di Pine e Gilmore che ormai «le persone non acquistano servizi per
ragioni puramente funzionali, ma per gli eventi memorabili che li circondano»65, per la
carica di significati simbolici che portano con sè.

Il turismo, inoltre, dal momento in cui si è trasformato «da fenomeno elitario a


forma di agire diffuso e di massa»66, inizia ad essere visto sempre più non solo come un
diritto primario dell’individuo, ma anche come «uno strumento per la costruzione e
l’attribuzione della sua identità» (Pollarini in Rossi e Goetz 2011, Cap.I, p.2). Questo
perché la pratica turistica altro non è se non l’occasione per sviluppare un senso di

62
Cfr. V. STORELLI, “L’importanza dell’esperienza per il Turismo”, in Turismo esperienziale e hotel
destinazione: nuova frontiera dell’hotellerie del lusso, Tesi di Laurea Magistrale in Turismo, Territorio e
Sviluppo locale, Università degli Studi di Milano “Bicocca”, non pubblicata, a.a. 2009 - 2010, Cap.II, p.55.
63
Cfr. E.J. ARNOULD, L.L. PRICE, “River Magic: Extraordinary Experience and the Extended Service
Encounter”, in Journal of Consumer Research, Vol.20, June 1993.
64
Cfr. L. ROSSINI, “La pianificazione turistica a livello territoriale: il piano di marketing territoriale”, in T.
PENCARELLI, Letture di economia e management delle organizzazioni turistiche, Trieste, Edizioni
Goliardiche, 2003, citati in F. FORLANI (2005, Cap.VI, p.4).
65
B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in M. MORGAN, J. ELBE, J. DE ESTEBAN CURIEL, “Has the
Experience Economy Arrived? The Views of Destination Managers in Three Visitor-dependent Areas”, in
International Journal of Tourism Research, n.11, December 2008, p.208.
66
G. METALLO, La produzione di servizi alberghieri. Aspetti della gestione finanziaria, Salerno,
Cooperativa Universitaria Editrice Salernitana, 1984, citato in F. FORLANI, “Il prodotto turistico: da
prodotto turistico globale a esperienza turistica”, in Marketing, Esperienze e Territorio, Tesi di Dottorato
in Impresa e Mercato, Università degli Studi di Genova, non pubblicata, 2005, Cap.VI, p.1.

43
appartenenza all’interno di una comunità67 in cui esprimere i propri valori di riferimento
(quelli che ci identificano agli occhi degli altri e di noi stessi), instaurare relazioni con
persone che coltivano gli stessi interessi, le stesse passioni e ricevere riconoscimento e
prestigio sociale68. Tutto ciò contribuisce al formarsi dell’esperienza, che è quanto
richiede il turista postmoderno. Pertanto «l’agire turistico diventa uno degli elementi
costitutivi indispensabili dell’esperienza»69.

Alla luce di quanto detto, per gli operatori turistici risulta necessario prendere
consapevolezza degli aspetti emozionali che stanno alla base della decisione di acquisto
di un prodotto turistico e far sì che tutti i loro sforzi e le loro strategie siano indirizzate
nel soddisfare le aspirazioni, i desideri, così come i bisogni più latenti del potenziale
turista70. In pratica devono superare la tradizionale idea di vacanza, sostenuta dal tipico
turismo di massa, per concentrare la propria offerta sui significati simbolici che il turista
ricerca nel prodotto turistico, sulla possibilità di esprimere le proprie vocazioni e,
dunque, di vivere delle esperienze. Si tratta di offrire un nuovo tipo di turismo, in cui
l’esperienza di consumo diventi il fulcro dell’offerta stessa, ‘il’ prodotto nella sua
essenza. Come dicono i due consulenti sull’innovazione della comunicazione turistica,
Rossi e Goetz, si tratta di «uscire dalla “trappola del prezzo” e differenziare la propria
offerta proponendo un nuovo modello di consumo turistico, definito “turismo
esperienziale”» (Rossi e Goetz 2011, p.XV).

Questa nuova forma di turismo cerca in qualche modo di proporre


un’esperienza di consumo “atavica”, ma non per questo mistica, nel senso che anche se
non rinuncia a soddisfare i desideri più disparati del cliente, la sua filosofia consiste
nell’abbandonare il concetto di consumo nella sua accezione puramente materialistica,
per abbracciare quello legato alla soddisfazione interiore, al benessere e

67
Cfr. V.W. TURNER, “Social drama and ritual metaphors”, in Dramas, Fields and Metaphors, Ithaca,
Cornell University Press, 1974.
68
Cfr. J.E. OTTO, J.B. RITCHIE, “The service experience in tourism”, in Tourism Management, Vol.17, n.3,
May 1996. S.C. CURTIN, “Nature, wild animals and tourism: an experiential view”, in Journal of
Ecotourism, Vol.4, n.1, 2005.
69
A. POLLARINI in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.I, p.4).
70
Cfr. M. MORGAN, J. ELBE, J. DE ESTEBAN CURIEL (2008, n.11, p.204).

44
all’appagamento dei propri sensi e, in sostanza, al ritorno delle emozioni71. Quindi in
base all’opinione di Andrea Pollarini72, presidente della Scuola Superiore del Loisir73, il
turismo esperienziale prende vita dalla convergenza dei due modelli di consumo che,
storicamente, hanno posto in essere l’industria del turismo, ovvero il turismo di élite e
quello di massa.

Così da un lato abbiamo il “viaggio” inteso come scoperta e costruzione


dell’identità, che ha avuto origine con il Grand Tour nel XVII secolo, consistente in
viaggi di formazione di giovani aristocratici che ricercavano il proprio essere attraverso
l’esperienza di viaggio in giro per l’Europa e che segnava il passaggio all’età adulta.
Mentre dall’altro abbiamo la classica idea di “vacanza” intesa, invece, come «momento
di sospensione dell’identità»74, che ha preso forma con la “villeggiatura” le cui origini
risalgono al turismo termale e balneare dell’Ottocento. In pratica grazie alla rivoluzione
industriale prima e all’epoca neo-industriale poi, presero piede significativi mutamenti
nella società e, di riflesso, anche nel turismo. Questo periodo infatti fu caratterizzato
dall’affacciarsi sul mercato turistico dei ceti meno abbienti e dall’idea del turismo
concepito come occupazione del tempo libero, cioè come «tempo residuale rispetto a
quello lavorativo, con riconoscimento delle ferie pagate (a tal proposito si parla di
democratizzazione del turismo)»75. Simbolo di questa nuova fase evolutiva del turismo,
definito “turismo di massa”, in quanto ha visto la partecipazione di tutti i ceti sociali alle
attività turistiche, è proprio la “villeggiatura”, la cui filosofia è quella di porre al centro
dell’attenzione del cliente l’idea di relax, di svago e di piacere allo stato puro, possibile
solo grazie alla combinazione di una gamma di prodotti e servizi standardizzati.

71
Cfr. V. STORELLI (a.a. 2009 - 2010, Cap.II, p.56).
72
Cfr. A. POLLARINI (2010, n.1, p.210).
73
Sorta nel 2001 con sede a Rimini si tratta di un istituto di ricerca il cui scopo è quello di indagare il
fenomeno dei nuovi turismi (che, dalla Scuola stessa, sono stati definiti “turismi vocazionali”) e le
complesse dinamiche sorte in relazione all’evoluzione dell’industria turistica.
74
A. POLLARINI in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.I, p.6).
75
A. CRESTA, “Aspetti generali della Geografia del Turismo”, in F. BENCARDINO, M. PREZIOSO, Geografia
del turismo, McGraw-Hill, 2007, Cap.I, p.8.

45
Pertanto con il turismo esperienziale «queste due anime si stanno
sovrapponendo, poiché si fa esperienza e villeggiatura allo stesso tempo»76. Infatti
secondo Pollarini quella che oggi definiamo come “vacanza attiva” (non importa se
culturale o sportiva, naturalistica o religiosa), piuttosto che “turismo esperienziale”,
altro non è che il frutto della confluenza di questi due modelli di consumo turistico e
l’espressione di un nuovo tipo di consumatore che intende la propria pratica turistica
come qualcosa di più che la semplice occasione di godere di un sano riposo o di
staccarsi dalla routine quotidiana, ma come il pretesto per poter dar spazio ad una
propria “vocazione” e, con essa, a nuovi modi di esprimere la propria identità e, quindi,
la propria collocazione nel mondo77. Attraverso il viaggio le persone cercano spazi che
vadano al di fuori delle convenzioni e delle restrizioni che la vita ogni giorno impone e
in cui possano vivere un processo di crescita interiore, di riscoperta di sé, ma anche di
affermazione di una vita reale o ideale78. In sostanza si tratta di un nuovo tipo di
consumatore che «individua nell’esercizio delle proprie passioni il fulcro della propria
identità individuale e sociale e nella realizzazione di “esperienze turistiche” la
possibilità di affermarle» (Pollarini 2010, n.1, p.211).

È emerso così un mondo di viaggiatori, di persone, con gusti e desideri non


ancora soddisfatti e che non si accontentano della tradizionale offerta standardizzata, ma
che desiderano vivere esperienze di viaggio memorabili. Tuttavia è difficile dire quali
caratteristiche debba avere un’esperienza turistica per essere memorabile. Per qualcuno
infatti la chiave di lettura è la scoperta, per cui l’esperienza deve essere nuova,
inaspettata e sorprendente, per altri la dimensione esperienziale afferisce a quella del
benessere, per cui il viaggio deve essere divertente, rilassante, piacevole. Per altri
ancora l’esperienza è data dal cambiamento interiore, che richiede che il viaggio sia
istruttivo, formativo, utile, e per altri ancora non ci può essere un’esperienza senza la

76
M. FERRARESI, B.H. SCHMITT, Marketing esperienziale. Come sviluppare l’esperienza di consumo,
Milano, Franco Angeli, 2006, citati in V. STORELLI (a.a. 2009 - 2010, Cap.II, p.56).
77
Cfr. A. POLLARINI (2010, n.1, p.211).
78
Cfr. W. FRAMKE, “The destination as a concept: a discussion of the business-related perspective
versus the socio-cultural approach in tourism theory”, in Scandinavian Journal of Hospitality and
Tourism, Vol.2, n.2, April, 2002.

46
dimensione sociale dell’incontro79. In realtà non esiste una definizione univoca, proprio
perché «l’esperienza è una percezione che si forma nella mente del turista, il quale
mette a confronto le sue aspettative, ovvero l’immagine interiore di ogni viaggio che si
forma sulla base di una personale chiave di lettura (come i propri valori, le proprie
motivazioni e propensioni), con quanto realmente vissuto da lui o dalla sua rete
relazionale» (Rossi e Goetz 2011, p.XVI).

L’esperienza quindi si forma su base personale, dipende dai gusti, dalle


esigenze o dal tipo di vita delle persone. Basti pensare a quanto diverse sono le
esperienze del primo viaggio da single rispetto a quello organizzato con gli amici, con la
fidanzata o il fidanzato oppure al viaggio di nozze felicemente progettato da due sposini
rispetto alla “vacanza” di una famiglia, organizzata a fatica soprattutto se con figli
piccoli o adolescenti. Dunque chi si occupa di turismo esperienziale deve essere in
grado di proporre soluzioni turistiche personalizzate, ovvero modellate secondo i
desideri, le preferenze dei diversi potenziali turisti, in modo da rispettare i fattori
psicologici che influenzano la scelta di una certa destinazione e rendere quest’ultima
molto più attraente rispetto ad un’altra proposta turistica80.

Nonostante persista ancora una certa reticenza nei confronti di questo tipo di
turismo, pian piano spuntano esempi di operatori turistici che hanno capito e reso
proprio questo approccio innovativo all’offerta turistica81. Quelli più all’avanguardia si
sono infatti resi conto che basare la propria capacità competitiva su un assortimento di

79
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, pp.XV – XVI).
80
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.XVI).
81
Un esempio è dato dal comune di Fiesole (FI) che punta sul turismo esperienziale, mettendo in campo
un progetto per lo sviluppo competitivo dell’ospitalità che punta su originalità e autenticità. In pratica il
comune di Fiesole, insieme all’Università di Firenze, propone un progetto sperimentale intitolato “Dal
prodotto turistico globale al prodotto-esperienza turistica autentica: il caso pilota del turismo rurale
sulle colline di Firenze”, realizzato da un gruppo di operatori turistici riunitisi in Associazione
Temporanea d’Imprese (ATI), con capofila La Fattoria di Maiano. In pratica con questo progetto si vuole
creare un’offerta ben strutturata di prodotti turistici tali da essere percepiti come “esperienza unica e
coinvolgente” ed è volto a sviluppare una strategia originale che, a partire dal riposizionamento
dell’offerta, permetta la progettazione di una proposta turistica-territoriale diversificata, identitaria e
autentica. (Cfr. articolo di G. COLI, “Fiesole punta sul turismo esperienziale”, in Comune di Fiesole, 9
Gennaio 2013, in http://www.comune.fiesole.fi.it/opencms/opencms/comunicato/Fiesole-punta-sul-
turismo-esperienziale/).

47
beni assegnati dalla “storia” o dalla “natura” (come una spiaggia, un paesaggio, un
centro storico o un monumento) non basta più ad attrarre nuovi turisti e, dal momento
che le risorse di cui dispongono e usufruiscono rimangono immutate nel tempo, quello
che possono e devono «imparare a cambiare è il “racconto del mare”, il modo di
rappresentarlo, di fruirlo e di venderlo» (Pollarini in Rossi e Goetz 2011, Cap.I, p.1).

2.2 Turismo esperienziale: innovazione di prodotto o di


processo?

Con il turismo esperienziale ci si propone, dunque, di passare da un’industria


tradizionalmente caratterizzata da staticità, dalla ripetizione infinita dello stesso
prodotto e dello stesso modello di offerta, ad un’industria dinamica e innovativa, che fa
della ricerca dei bisogni e desideri dei propri clienti e dell’innovazione continua di
nuovi prodotti e nuovi processi produttivi atti a soddisfarli l’essenza del proprio
business82. «Innovazione è cambiamento che genera progresso»83.

Intendere l’industria turistica come innovativa significa acquisire piena


consapevolezza del ruolo particolarmente significativo assunto dall’innovazione come
«variabile esplicativa della competitività dell’impresa»84. Infatti la capacità di innovare,
ovvero di saper fare cose nuove o cose già fatte ma in modo nuovo, si posiziona come il
primo tra i fattori strategici per la nascita e lo sviluppo delle imprese e per il progresso
dell’ambiente economico entro il quale tali processi hanno luogo. L’innovazione però
non riguarda solo la tecnologia, ma può essere intesa anche con riferimento allo
sviluppo di nuovi concetti commerciali, nuovi mezzi di distribuzione, ma anche a
82
Cfr. A. POLLARINI (2010, n.1, pp.209 – 210).
83
F. CONICELLA, Il concetto di innovazione... un anno dopo…, in Documenti di Seminario dell’Università
degli Studi di Torino, in
http://www.unito.it/unitoWAR/ShowBinary/FSRepo/Area_Portale_Pubblico/Documenti/S/seminario_2
0111324_conicella_uggeri.pdf
84
F. GANGI, “Elementi di economia dell’innovazione”, in “La gestione del processo innovativo”, in S.
SCIARELLI, Fondamenti di Economia e Gestione delle Imprese, Padova, Cedam, 2004, Cap.XII, p.314.

48
cambiamenti organizzativi e d’immagine, ecc... Dunque tale estensione di applicazione
fa comprendere che tutta l’organizzazione deve partecipare allo sviluppo e alla
creazione di idee innovative, in quanto «l’innovazione tecnologica non deve mai essere
disgiunta dall’innovazione mentale, indispensabile affinchè gli utilizzatori ne possano
trarre tutti i vantaggi che essa è in grado di offrire»85.

A seconda dell’oggetto specifico dell’innovazione, si può distinguere fra


innovazioni di prodotto e innovazioni di processo, come proposto da Joseph
Schumpeter86 nella sua Teoria dello sviluppo economico del 1934. Il primo è rivolto ad
apportare variazioni alla gamma di vendita, poiché consiste nell’introduzione di un
nuovo bene o servizio, mentre il secondo è inteso a migliorare l’efficienza dei cicli di
lavorazione, con l’introduzione di un nuovo metodo di produzione o di distribuzione. È
da sottolineare, però, che in entrambi i casi non deve trattarsi necessariamente di
prodotti, servizi o processi del tutto nuovi, l’importante è che risultino nuovi o
significativamente migliorati rispetto a quelli precedentemente disponibili. Esistono
diverse tipologie di prodotti che vengono considerati nuovi sia rispetto ad un certo
mercato che rispetto alla stessa azienda:

 Prodotti detti breakthrough, che creano cioè un mercato completamente


nuovo, tale persino da modificare il comportamento esistente dei
consumatori (un caso sono le patatine Pringles);
 Nuove linee di prodotto (line extension), si tratta di prodotti che sono
nuovi per l’organizzazione ma non per il mercato e che rappresentano,
dunque, il punto d’ingresso di un’azienda in un mercato ben definito (i
prodotti della Plasmon per problemi di vario tipo del bambino, come
l’inappetenza, le coliche intestinali, il sonno, ecc…);

85
V. SPADA, Innovazioni tecnologiche di processo e di prodotto, in Materiale didattico della Facoltà di
Economia dell’Università degli Studi di Foggia, in
http://www1.economia.unifg.it/Docenti/v_spada/download/Produzione%20di%20merci%20e%20innov
azione%202007-2008/Slides_13_-_Innovazioni_tecnologiche_di_processo_e_di_prodotto.pdf
86
Schumpeter J.A. (1883 – 1950): economista austriaco, uno tra i maggiori del XX sec.

49
 Aumento delle linee esistenti di prodotto (category extension), vale a
dire prodotti che aumentano la linea corrente di prodotti (vedi la
Parmalat che spazia dalla vendita del latte, allo yoghurt, ai succhi di
frutta);
 Miglioramento nei prodotti esistenti, ossia prodotti a cui sono state
apportate delle migliorie in termini di performance o valore e
rimpiazzano i prodotti esistenti (un esempio lampante sono i sistemi
operativi del PC, con continue versioni aggiornate);
 Riposizionamento dei prodotti, che vengono in sostanza indirizzati a
nuovi segmenti di consumatori o vengono posizionati per una nuova
applicazione o utilizzo (il caso dello yoghurt, che può essere intero, con
frutta a pezzi o frullata, può essere per adulti e quindi con fibre,
probiotici, anticolesterolo, e per bambini e quindi liquido, cremoso, con
caramelle, ecc…)87.

L’innovazione di processo richiede, invece, cambiamenti strutturali maggiori


che consentiranno una produzione più efficiente di un dato prodotto o servizio. A tal
fine è necessario che la gestione dell’impresa avvenga in modo sistemico, coinvolgendo
tutte le fasi del processo per elevare in modo significativo la performance aziendale. La
distinzione tra i due tipi di innovazione diventa fondamentale in virtù delle conseguenze
che si avranno al loro sviluppo e, in particolare, si avrà incremento della produttività e
della forza lavoro nel caso di innovazione di processo; creazione di nuovi mercati,
produzioni e lavori nel caso di innovazione di prodotto88.

Un’ulteriore discriminante è il grado di novità, che permette di classificare le


innovazioni in incrementali e radicali. Le prime consistono in un sensibile

87
Cfr. T. ROGGIO, “Innovazione di prodotto/processo”, in Presentazione presso Confindustria di Porto
Conte Ricerche srl, Cagliari, 16 Maggio 2007, in
http://www.confindustria.it/aree/docixiwk.nsf/6476236166B856BAC12572F200304423/$File/Presentaz
ione%20Roggio.pdf
88
Cfr. A. LOMONACO, “Ruolo dell’innovazione tecnologica”, in Il finanziamento dell’Information and
Communication Technology nel processo di innovazione tecnologica, Tesi di Laurea sulle ICT, Cap.I, in
http://www.villaggiomondiale.it/ictinnovazioneprodotto.htm

50
miglioramento delle prestazioni o delle tecniche produttive già esistenti, al contrario le
seconde implicano una cesura con le caratteristiche funzionali e le tecnologie disponibili
in precedenza, essendo del tutto nuove (l’esempio più rappresentativo di tutti è
l’introduzione di Internet). Pertanto le innovazioni incrementali sono degli eventi
continui, che producono effetti diluiti nel tempo, dal rischio contenuto, frutto di
investimenti organizzati (tipici di settori maturi e consolidati), il cui obiettivo è quello di
migliorare l’offerta di un prodotto o processo già esistente sul mercato. Mentre le
innovazioni radicali sono completamente l’opposto, in quanto «segnano una rottura
rispetto al passato, dando la possibilità di accedere a nuovi paradigmi produttivi
all’interno dell’impresa o, addirittura, facendo nascere un nuovo settore industriale»89.

Per ritornare al turismo esperienziale e per applicare quindi il concetto di


innovazione al settore turistico, diciamo che un’impresa turistica per essere competitiva
e appetibile sul mercato deve essere innovativa, cioè deve essere in grado di realizzare
una serie di prodotti e processi volti a valorizzare l’attrattività della propria offerta in
modo da soddisfare i gusti di tutti i suoi pubblici. Per essere innovativi dal punto di vista
turistico, occorre analizzare l’offerta, la destinazione che si intende promuovere
attraverso la SWOT analysis, vagliando attentamente tutti i suoi punti di forza e di
debolezza, ma anche le opportunità e le minacce che derivano dal suo ambiente
competitivo.

Bisogna inoltre tener conto delle trasformazioni in atto dal punto di vista
tecnologico e, in particolare, al crescente ruolo di Internet durante la ricerca di
informazioni, ma anche per la scelta e l’acquisto di una vacanza. Il turismo infatti,
essendo un settore ad alto contenuto informativo, è stato fortemente interessato dalle
nuove possibilità tecnologiche. Dunque la questione della presenza su Internet da parte
di una singola impresa o di una località turistica è fondamentale per aumentarne le
opportunità di visibilità e, quindi, di probabile scelta. Ma ciò avverrà solo se il turista è
invogliato a scegliere una certa destinazione, trovando su Internet le informazioni che

89
http://www.villaggiomondiale.it/ictinnovazioniradicali.htm

51
più desidera, pertanto sarà più utile illustrare le attività che si potranno svolgere, gli
incontri che si potranno fare, le esperienze che si potranno vivere, piuttosto che
descrivere una località “anonima”, contraddistinta semplicemente dalla presenza del
mare, della spiaggia e del sole. Solo in questo modo il turista potrà scegliere un viaggio
in linea con le sue necessità e le sue passioni.

Sempre con riferimento al web è importante dire che, nonostante la sua


crescente importanza, l’Italia occupa comunque un posto di secondo piano rispetto agli
operatori stranieri, la cui posizione in termini di quota di mercato del turismo
internazionale nei prossimi anni potrebbe espandersi ancora di più 90. Proprio perché i
beni turistici sono i prodotti più acquistati in rete, in ottica innovativa sarebbe
necessario che tutte le imprese di una certa area si aggregassero territorialmente,
attraverso una serie di incontri in cui analizzare il fattore di presenza e visibilità su
Internet e discutere circa il maggiore sfruttamento della tecnologia nei processi
gestionali aziendali91.

Per concludere, ma anche per rispondere alla domanda che dà il titolo al


paragrafo, ovvero se il turismo esperienziale implichi un’innovazione di prodotto o di
processo, diciamo che l’una non esclude l’altra, anzi, sono l’una funzionale all’altra.
Infatti con il turismo esperienziale si propone l’offerta di un nuovo prodotto, o almeno
di porre l’accento su un attributo già appartenente al prodotto ma ultimamente rivalutato
(innovazione di prodotto incrementale), ovvero sul fattore esperienza, sulla possibilità
di vivere un’esperienza unica e memorabile. E il mezzo più efficace per veicolare tale
offerta è proprio il web, simbolo a tutti gli effetti della rivoluzione tecnologica
(innovazione di processo radicale). Con il suo avvento si è profilato, infatti, uno
scenario del tutto estraneo a qualche decennio fa. Grazie alle infinite potenzialità del
web, le imprese possono essere più visibili, il turista può acquisire, in modo economico,
informazioni dettagliate senza limiti di orario, può pianificare la propria vacanza da casa
e in tutta tranquillità, può effettuare prenotazioni in modo molto più rapido e comodo

90
Attualmente raggiungono il 25% del valore del fatturato del turismo sul web.
91
http://www.italianvalley.it/

52
rispetto ai metodi tradizionali, può confrontare diverse offerte tra cui scegliere quella
più rispondente ai propri bisogni e, infine, costruire la vacanza dei suoi sogni.

2.3 La crucialità dell’esperienza nella definizione del concetto di


“prodotto-esperienza turistica”

Le motivazioni che spingono le persone a viaggiare sono tante e svariate. C’è


chi viaggia per necessità, chi per desiderio, per passione, per sfuggire ad una realtà
troppo oppressiva, per riscoprire sé stesso, per rinsaldare un rapporto di coppia, per
conoscere nuove persone, per rilassarsi, per parlare con personaggi famosi, per cercare
un momento di pausa dalla routine quotidiana oppure per organizzare una vacanza
all’insegna delle proprie passioni o inclinazioni, come la pesca subacquea, il trekking o
il pellegrinaggio. Ma a prescindere da chi intraprende un viaggio per necessità, che
quindi decide di spostarsi per esigenze di lavoro, di studio, di salute o per motivi
religiosi (e per cui si parlerà di “turista in senso lato”, il cui viaggio è finalizzato al
raggiungimento di uno specifico scopo), la pluralità di motivazioni o, meglio, di
desideri92 precedentemente menzionati sono tutti accomunati dal bisogno, che l’uomo di
tanto in tanto avverte, di evadere dalla vita ordinaria e di appropriarsi così di spazi e
tempi in cui poter seguire le proprie inclinazioni e manifestare i propri stati d’animo93.

A parer di Brunetti, «la radice fondamentale del bisogno turistico può essere
rintracciata in un “groviglio” di stati fisici quanto mentali, che portano l’individuo alla
ricerca di un cambiamento generalizzato, di un’interruzione nel fluire dell’esistenza
quotidiana, di una modificazione dei canoni ordinari della vita, nella convinzione,

92
Sarebbe più opportuno utilizzare il termine ‘desideri’, visto che «i desideri umani sono costituti
dall’individuazione di qualcosa di più specifico in grado di soddisfare i bisogni più profondi», in questo
caso il bisogno turistico. (Cfr. F. FORLANI, 2005, Cap.VI, p.3).
93
Cfr. F. BRUNETTI, Il turismo sulla via della qualità, Padova, Cedam, 1999, citato in F. FORLANI (2005,
Cap.VI, p.3).

53
peraltro indispensabile, che il distacco dal proprio modo di essere abituale non sia
definitivo ma temporaneo» (Brunetti 1999 in Forlani 2005, Cap.VI, p.3).

In sostanza il comportamento del turista è dettato da una serie di bisogni che si


possono riassumere nella sua necessità di “cambiare aria” (o varietà esistenziale
temporanea)94, nella ricerca di emozioni e stati d’animo fondamentali per riportare il
suo stato psico-fisico ad una condizione di equilibrio. Pertanto il valore del viaggio è
legato proprio a questo aspetto, alla capacità di ripristinare l’equilibrio esistenziale
dell’individuo che lo compie. E visto che si tratta di un evento memorabile che
coinvolge l’individuo sul piano personale, sembra possibile, se non del tutto scontato,
estendere il concetto di esperienza formulato da Pine e Gilmore anche al settore
turistico.

In realtà sarebbe più opportuno dire ‘applicare’ il concetto di esperienza al


mondo del turismo, visto che la scintilla che è scoccata nella mente dei due autori
ispirandoli a comporre la loro opera Economia delle Esperienze si può rintracciare sulla
base di alcune ricerche condotte pure in questo ambiente. Infatti analizzando
l’andamento economico delle attrazioni turistiche americane, come parchi tematici,
concerti ed eventi sportivi, Pine e Gilmore si sono resi conto che queste registravano
una crescita in termini di fatturato, impiego della forza lavoro e incidenza sul prodotto
interno lordo di gran lunga superiore agli altri settori economici. Secondo i due autori,
dietro tale successo ci sono le “esperienze”, nel senso che tutte queste attrazioni
turistiche riscuotono grande fama presso il pubblico proprio perché propongono
esperienze uniche, memorabili e coinvolgenti. Al contrario, e anche per effetto
dell’introduzione di Internet, i servizi si stanno “mercificando”, in quanto sempre più
omogenei e indifferenziati e pertanto acquistati solo sulla base del prezzo e della
disponibilità95.

94
Cfr. T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, p.237).
95
Un esempio sono il crescente numero di compagnie aeree low-cost che, essendo caratterizzati da
qualità e servizi standard e applicando prezzi altamente competitivi, fanno sì che il cliente si rivolga ad
una data compagnia solo sulla base dell’offerta più conveniente.

54
Per sopravvivere a questa “mercificazione dei servizi”96 e ai cambiamenti del
mercato in generale, è indispensabile che tutte le imprese e le destinazioni turistiche
passino da un’economia dei servizi ad una basata sulle esperienze. Infatti solo trovando
«soluzioni innovative per sfruttare al meglio le risorse della loro creatività e le naturali e
culturali caratteristiche della loro località, ossia solo creando esperienze desiderabili agli
occhi dei loro visitatori»97, potranno ottenere vantaggi competitivi di lungo termine.
Dunque risulta evidente come il concetto di “economia delle esperienze” avanzato da
Pine e Gilmore si possa ben applicare anche in ambito turistico anzi, possiamo dire che
è di particolare rilevanza per la sopravvivenza delle destinazioni turistiche98.

Il binomio “bisogno turistico – esperienza” non è del tutto estraneo al


vocabolario degli studiosi dei fenomeni turistici. Molti di loro, infatti, hanno da sempre
impiegato il termine ‘esperienza’ o per riferirsi al semplice atto di utilizzo dei servizi
turistici o per identificare l’idea di “prodotto turistico globale”, ossia il prodotto turistico
considerato dal punto di vista del consumatore. A tal proposito è bene sviscerare il
significato di tale espressione, in modo da poter comprendere meglio la portata
innovativa dell’intuizione di Pine e Gilmore riguardo il fatto di considerare l’esperienza
come dimensione economica a sé e, quindi, di compiere un ulteriore salto concettuale in
ambito turistico arrivando a definire il concetto di “prodotto-esperienza turistica”.

Fino ad oggi la maggior parte degli esperti in materia sono stati concordi nel
ritenere il “prodotto turistico globale” come l’unico oggetto d’interesse del turista,
intendendo con ciò quell’insieme di «elementi eterogenei che, nel complesso, rendono
di fatto possibile il soddisfacimento del bisogno di “varietà esistenziale controllata”
attraverso uno spostamento geografico temporaneo» (Brunetti 1999 in Forlani 2005,
Cap.VI, p.7). In pratica si tratta di tutto quell’insieme di componenti ambientali e

96
Cfr. M. MORGAN, J. ELBE, J. DE ESTEBAN CURIEL (2008, n.11, p.201).
97
EUROPEAN COMMISSION, “Innovation in tourism – broadening the horizons for European travel”, in
Innovation and Technology Transfer, May 2005.
98
Cfr. J. KING, “Destination marketing organizations – connecting the experience rather than promoting
the place”, in Journal of Vacation Marketing, Vol.8, n.2, April 2002. A. WILLIAMS, “Tourism and
hospitality marketing: fantasy, feeling and fun”, in International Journal of Contemporary Hospitality
Management, Vol.18, n.6, 2006.

55
strutturali (come la presenza di fattori di attrattiva nel territorio, di infrastrutture e mezzi
di trasporto, di servizi e operatori turistici e l’uso di strumenti di comunicazione atti a
veicolare l’immagine della destinazione)99, attraverso cui il turista esprime la propria
domanda e, così, l’esperienza turistica che vuole vivere. Secondo questa prospettiva,
dunque, il «prodotto turistico rappresenta l’esperienza turistica globalmente vissuta
dall’utente, che è data dall’insieme delle percezioni generate dai servizi ricevuti e
dall’apprezzamento delle attrattive locali»100.

In altre parole, il turista percepisce il prodotto turistico globale non come un


bene materiale, ma come una vera e propria “esperienza” che egli vive in prima
persona101. Tale esperienza, tuttavia, per lasciare veramente esterrefatto il turista che
l’ha vissuta non deve proporre solo attività fisiche, che coinvolgano unicamente il
corpo, ma deve offrire anche stimoli intellettuali, di sviluppo e apprendimento di nuove
competenze e conoscenze102. Su questa linea di pensiero risulta molto importante anche
la crescita interiore, spirituale. Il viaggio infatti può essere inteso come un
“pellegrinaggio”, in cui le persone si avventurano in luoghi sacri per riscoprire sé stessi,
per cercare il senso della propria vita, oltre che per condividere esperienze dal
significato sociale molto intenso. Secondo questa prospettiva, proprio perché si tratta di
esperienze straordinarie diverse da quelle vissute quotidianamente103, le attività
turistiche possono essere viste come una sorta di “riti di passaggio”, momenti di ri-
scoperta del proprio ‘io’ e di comune celebrazione per l’avvenuta “rivelazione”. Alla
luce di quanto detto appare ovvio dire che chi decide di intraprendere un viaggio lo fa

99
Cfr. F. CASARIN, Il marketing dei prodotti turistici. Specificità e varietà, Torino, Giappichelli, 1996,
citato in T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, p.238).
100
V. DELLA CORTE, La gestione dei sistemi locali di offerta turistica, Padova, Cedam, 2000, citato in F.
FORLANI (2005, Cap.VI, p.7).
101
Cfr. F. BRUNETTI 1999, citato in T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, pp. 242 – 243).
102
Cfr. J. BEARD, M.G. RAGHEB, “Measuring leisure motivation”, in Journal of Leisure Research, Vol.15,
n.3, 1983. J. FORLIZZI, B.D. MUTLU, C. DI SALVO, “A study of how products contribute to the emotional
aspects of human experience”, in Proceedings of the Design & Emotion Conference Emotion and
Experience, Ankara, 2004. S.H.G. POULSSON, S.H. KALE, The experience economy and commercial
experiences, in The Marketing Review, Vol.4, n.3, 2004.
103
Cfr. R.D. ABRAHAMS, “Ordinary and Extraordinary Experience”, in V.W. TURNER, E.M. BRUNNER, The
Anthropology of Experience, Chicago, University of Illinois Press, 1986, Cap.III.

56
più per motivi esistenziali, spirituali, di ricerca interiore, di scoperta di nuove emozioni,
piuttosto che per il semplice godimento di determinati beni e servizi.

Pertanto parlare di bisogno turistico in prospettiva esperienziale non


rappresenta una novità assoluta, ma ciò che lo è veramente è, invece, la proposta
avanzata da Pine e Gilmore nella loro Economia delle Esperienze e che ha trovato
feconda applicazione sul versante dell’offerta turistica. Il vero cambiamento è infatti
rappresentato dall’introduzione del concetto di “prodotto-esperienza turistica” in campo
turistico, secondo il quale l’impresa turistica deve intendere l’esperienza come
un’ulteriore proposta economica, che vada ad aggiungersi a quelle classiche, ma di
ordine superiore, in quanto capace di creare maggior valore per i clienti di quanto non
riescano a fare i tradizionali beni e servizi104.

Inoltre Pine e Gilmore affermano che le caratteristiche principali


dell’esperienza sono l’unicità e la personalizzazione, visto che «le aziende mettono in
scena un’esperienza ogni qualvolta coinvolgono i clienti mettendosi in contatto con loro
in modo personale e degno di essere ricordato» (Pine e Gilmore 1999 in Di Vittorio
2010, n.2, p.530). Dunque, seguendo l’idea dei due studiosi americani, le imprese
turistiche che decidono di arricchire la propria offerta in modo da farla percepire come
unica, devono intendere l’esperienza non solo come uno strumento operativo, ma anche
strategico, devono cioè basare la loro strategia competitiva sul concetto di esperienza105.
E per far questo devono trasformarsi in “regista di esperienze”, perché «work is theatre
and every business a stage»106. Solo ponendo al centro del proprio business la
possibilità di far vivere esperienze autentiche e memorabili, le aziende potranno

104
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.VI, pp.7 – 8).
105
Cfr. S. SMITH, A. MULLIGAN, Uncommon Practice: People Who Deliver a Great Brand Experience,
Harlow, Financial Times Prentice Hall, 2002.
106
Cfr. B.J. PINE, J.H. GILMORE 1999, citati in A. DI VITTORIO (2010, n.2, p.530).

57
differenziarsi dai propri concorrenti e, di conseguenza, godere di un elevato ritorno
economico107.

In pratica, l’offerta deve fornire risposte fortemente innovative agli emergenti


bisogni di “esperienzialità” dei turisti, i quali sono capaci di “trasformare” qualsiasi
settore dell’industria turistica (singole imprese, insieme di imprese e sistemi territoriali)
nel palcoscenico di un teatro, ossia sono in grado di plasmare lo spazio fisico della
destinazione in cui si ritrovano per costruire il proprio personale “spazio esperienziale”
secondo i propri gusti e necessità108. Infatti nell’economia delle esperienze i turisti non
sono solo spettatori, ma anche attori coinvolti, che partecipano attivamente alla “messa
in scena” delle esperienze. Proprio per questo motivo la partecipazione all’esperienza
tende ad essere sempre più collettiva, dato che l’attività turistica difficilmente può aver
luogo senza la presenza di altri soggetti, le cosiddette “comunità provvisorie”, la cui
interazione determina il formarsi di dinamiche particolari, che a volte perdurano in
relazioni successive al periodo di viaggio (come la nascita di amicizie, di amori, di
rapporti lavorativi, di collaborazione)109.

Considerando quanto detto finora, si può sostenere che il turista non domanda
semplicemente beni e servizi considerati singolarmente (approccio unbundling) o sotto
forma di pacchetti (approccio bundling), ma esperienze turistiche complesse e
coinvolgenti, da vivere in modo personale e partecipativo. Questo tipo di esperienze
nascono dall’insieme di relazioni socioeconomiche che avvengono fra un ospite e il
complesso sistema di attori e risorse che insistono su un delimitato territorio. Ecco
perchè è possibile dire che il turista-ospite deve essere considerato non come uno
spettatore passivo, ma come uno spettatore attivo, come un attore, le cui sensazioni ed

107
Cfr. S. SMITH, J. WHEELER, Managing the Customer Experience: Turning Customers into Advocates,
Harlow, Financial Times Prentice Hall, 2002. C. SHAW, Revolutionize Your Customer Experience,
Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2005.
108
Cfr. J. SUVANTOLA, Tourist’s Experience of Place, Farnham, Ashgate, 2002.
109
Cfr. M. CERQUETTI, “Il turismo delle esperienze”, in “Gestione e Marketing delle Destinazioni”, in
Organizzazione e Gestione delle Imprese Turistiche, in Materiale didattico dell’Università degli Studi di
Macerata, Mod.II, in http://docenti.unimc.it/docenti/mara-cerquetti/organizzazione-e-gestione-delle-
imprese-turistiche/modulo-ii-gestione-e-marketing-delle-destinazioni/il-turismo-delle-esperienze

58
emozioni costituiscono l’output finale. Dunque «il vero prodotto è dentro l’ospite»
(Pencarelli e Forlani 2002, n.58, p.245).

Quest’ultimo aspetto consente di chiarire il motivo per cui il prodotto turistico


viene concepito in due differenti modi, a seconda che si tratti del turista o del produttore
di servizi turistici. Il primo, infatti, lo individua in una dimensione orizzontale, nella sua
complessità di “esperienza di vita” (prodotto di livello L), generata da tutto
quell’insieme di servizi offerti dai vari soggetti che costituiscono l’offerta turistica del
territorio, come le strutture ricettive, i fattori di attrattiva, la presenza di infrastrutture,
ecc… Per quanto riguarda il produttore di servizi turistici, invece, il prodotto turistico
viene inquadrato in una dimensione verticale, poiché ai suoi fini risulta importante
concentrarsi solo sull’offerta di singoli servizi (prodotto di livello L-1), come la
ristorazione, il pernottamento che, considerati nella loro totalità, permettono il
determinarsi della vacanza110.

In definitiva risulta chiaro come, nell’ottica dell’economia delle esperienze, il


prodotto turistico rappresenti il punto di unione in cui si intersecano le due differenti
proposte economiche: le esperienze (prodotto di livello L) e i servizi (prodotto di livello
L-1). Infatti, secondo tale prospettiva, si ritiene che la vacanza venga visualizzata e
acquisisca valore nella mente del turista più per le fantastiche esperienze da poter
vivere, piuttosto che per l’insieme di servizi turistici e di risorse da poter godere e
sfruttare in un delimitato territorio111. Quindi ciò che garantisce la soddisfazione del
turista non è più la semplice erogazione di beni e servizi, ma l’emersione di
un’esperienza vissuta in prima persona. Questo perché «la vacanza sostanzialmente è
vita, è un processo emergente, è un flusso di emozioni» (Forlani 2005, Cap.VI, p.9).

110
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.VI, p.8).
111
Cfr. M. MORGAN, J. ELBE, J. DE ESTEBAN CURIEL (2008, n.11, pp. 204 – 205).

59
2.4 Diverse configurazioni di “prodotto-esperienza turistica”

Si è concluso il paragrafo precedente dicendo che, in base alla visione


esperienziale, «la vacanza è un “qualcosa” che “va oltre” i semplici servizi turistici che
la compongono» (Forlani 2005, Cap.VI, p.10), in quanto è il frutto della reciproca
influenza tra il turista e i vari soggetti che formano l’offerta turistica di un certo
territorio. In questo scenario di riferimento, l’esperienza turistica si configura, dunque,
come un fenomeno dal «carattere sistemico-dinamico»112, giacché emerge grazie alla
continua interazione tra il turista-ospite e gli attori interni ed esterni al sistema turistico
territoriale che, messi insieme, costituiscono il “sistema relazionale complesso di uno
specifico e delimitato territorio”. In particolare, si tratta delle relazioni che si instaurano:
da un lato, tra il turista e il cosiddetto “collante del territorio turistico”, vale a dire le
singole imprese turistiche, ma anche agricole e commerciali, gli enti pubblici e la
comunità locale; e dall’altro tra le strutture della località turistica e il mercato turistico
globale113.

L’intrecciarsi di questi due tipi di relazioni su un dato territorio determinano


l’emergere di un nuovo sistema d’offerta turistica, che peraltro trae valore proprio dalla
partecipazione e dal coinvolgimento attivo del turista al suo processo produttivo,
condizione necessaria per la sua stessa esistenza. Infatti, come scrive Brunetti, «il
prodotto turistico è, prima di ogni altra cosa, un’esperienza vissuta individualmente dal
turista, che quindi non può in alcun modo mancare o fruire per interposta persona. Il
turista, inoltre, non solo deve essere fisicamente presente, ma deve partecipare
attivamente nella progettazione e nella confezione, quantomeno esercitando una serie di

112
‘Sistemico’ perché il prodotto turistico è composto da numerosi elementi eterogenei che devono
costituire un’unità coerente e perché si definisce prendendo in considerazione anche le attività di
produzione e consumo, che coinvolgono sia il turista e sia l’insieme di attori appartenenti all’offerta
turistica di un dato territorio. ‘Dinamico’ perché queste relazioni non sono statiche e predeterminate,
ma sono soggette ad una costante evoluzione. (Cfr. M. TAMMA, “Destination management: gestire
prodotti e sistemi locali di offerta”, in M. FRANCH, Destination management. Governare il turismo tra
locale e globale, Torino, Giappichelli, 2002, citati in F. FORLANI, 2005, Cap.VI, p.10)
113
Cfr. T. PENCARELLI, Marketing e performance nell’industria turistica, Urbino, Quattroventi, 2001,
p.145.

60
opzioni relative alle attività che intende svolgere durante la sua vacanza» (Brunetti 1999
in Forlani 2005, Cap.VI, p.11).

In virtù di quanto detto è possibile affermare che nessuna esperienza è uguale


all’altra, visto che, come sostengono Pine e Gilmore, «le esperienze sono eventi
personali che coinvolgono l’individuo a livello emotivo, fisico, intellettuale e
spirituale»114, e inoltre che il peso del turista nella creazione della propria vacanza è così
intenso da poter essere definito, non tanto come un “co-produttore”, quanto come il vero
«creatore di valore del prodotto turistico»115.

Ritornando alle relazioni interne ed esterne al sistema turistico territoriale e alle


loro modalità di interazione, gli autori Rispoli e Tamma116 ritengono di poter
individuare tre diverse configurazioni del prodotto turistico emergente, ovvero quella
punto-punto, package e a network, a seconda che il grado di partecipazione
dell’utilizzatore sia maggiore o minore rispetto al livello di controllo del sistema delle
imprese. Tuttavia queste configurazioni, come ammettono gli stessi autori, sono solo
delle semplificazioni di una realtà più complessa e perciò vanno intese come degli
espedienti grazie ai quali i produttori dell’offerta turistica potranno orientarsi tra i
diversi tipi di domanda e trovare, così, un punto di accordo tra le caratteristiche del
prodotto e le esigenze del turista.

Quindi tra le soluzioni proposte dai due autori, ad un estremo troviamo la


configurazione punto-punto, che è caratterizzata dalla completa autonomia
dell’utilizzatore, nel senso che quest’ultimo gestisce da solo e in maniera separata l’una
dall’altra i rapporti con i diversi attori del sistema di offerta. In pratica, è l’utilizzatore
ad occuparsi del processo produttivo della propria vacanza, in modo da risultare
conforme alle proprie esigenze e, pertanto, la coerenza e la qualità del prodotto turistico
sono imputabili soltanto alle sue capacità di saper unire fattori di attrattiva presenti sul
114
Cfr. B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in A. DI VITTORIO (2010, n.2, p.531).
115
R. NORMANN, R. RAMIREZ, Le strategie interattive d’impresa. Dalla catena alla costellazione del
valore, Milano, Etas Libri, 1995, citati in T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, pp. 251 – 252).
116
Cfr. M. RISPOLI, M. TAMMA, Risposte strategiche alla complessità: le forme di offerta dei prodotti
alberghieri, Torino, Giappichelli, 1995, citati in F. FORLANI (2005, Cap.VI, pp.12 – 13).

61
mercato in maniera “slegata”. Ad un altro estremo troviamo la configurazione package,
che è distinta per il totale controllo dell’attività di progettazione e assemblamento del
prodotto turistico da parte di un’impresa turistica (il tour operator), la quale verifica in
via anticipata l’unità e la coerenza dell’insieme di beni e servizi predisposti per il
pacchetto e che, quindi, si delinea come l’unica responsabile se ciò non dovesse essere.
Un limite di questo modello è rappresentato dalla mancanza di flessibilità del prodotto e
dall’assenza di partecipazione del cliente in fase di creazione.

A fungere da punto di contatto tra queste due soluzioni è la configurazione a


network, in cui confluiscono i vantaggi derivanti da ogni modello, ovvero la possibilità
di intervenire da parte del cliente da un lato e il mantenimento di un certo grado di
controllo da parte dell’impresa turistica dall’altro. In pratica, in questa configurazione il
prodotto turistico rappresenta il frutto dell’intesa tra diverse aziende specializzate su
determinati standard di qualità e di prezzo da offrire all’utilizzatore. Quest’ultimo, dal
canto suo, ha la facoltà di selezionare, anche in tempo reale e in loco, il prodotto a lui
più gradito tra una vasta gamma di alternative e di godere di condizioni economiche
favorevoli. Pertanto la configurazione a network permette il determinarsi di una duplice
condizione: il cliente contribuisce al confezionamento del prodotto, grazie alla
possibilità di scegliere entro un determinato ventaglio di alternative, mentre l’impresa
turistica continua a detenere un certo controllo sulla propria offerta, decidendo quali
alternative offrire al cliente117.

2.5 Gli “ambiti dell’esperienza” turistica

Da sempre le esperienze costituiscono il cuore dell’intrattenimento, dalle


rappresentazioni, ai concerti, dai film, agli spettacoli televisivi, ma negli ultimi decenni
il numero di opzioni per l’intrattenimento è arrivato a comprendere tantissime

117
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.VI, pp.12 – 13).

62
esperienze nuove. Per ripeterlo con le parole di Pine e Gilmore, «le aziende mettono in
scena un’esperienza ogni volta che coinvolgono i clienti mettendosi in contatto con loro
in modo personale e degno di essere ricordato» (Pine e Gilmore 1999 in Rossi e Goetz
2011, p.106). Dunque inscenare delle esperienze non significa intrattenere i clienti, ma
coinvolgerli sul piano personale. Il turismo è una delle principali occasioni in cui le
destinazioni o gli operatori, pubblici e privati, possono mettersi in contatto in modo
diretto con il turista, visto l’alto livello di interattività.

Un’esperienza può coinvolgere gli ospiti in dimensioni diverse. Pine e Gilmore


considerano come prima dimensione la partecipazione degli ospiti, che può essere
passiva, se i clienti non intervengono né incidono in modo esplicito sulla performance
(come avviene per i concerti), o attiva, se gli utenti agiscono personalmente sulla
performance o sull’evento che produce l’esperienza (nel caso degli sportivi). Mentre la
seconda dimensione è rappresentata dal tipo di connessione o di rapporto ambientale
che unisce i clienti con l’evento. Questo trova come poli opposti: l’assorbimento, che
consiste nell’occupare l’attenzione di una persona al fine di captare l’esperienza con la
mente (come quando si guarda la televisione) e l’immersione, che consiste nel rendere il
cliente fisicamente o virtualmente parte dell’esperienza stessa (come quando si
partecipa ad un esperimento in laboratorio)118.

Intersecando queste due dimensioni è possibile individuare quattro tipologie di


esperienza o, meglio, di “ambiti dell’esperienza” che, a seconda del livello e del tipo di
coinvolgimento, contribuiscono a creare eventi di: intrattenimento, educazione,
evasione ed esperienza estetica.

118
Cfr. B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in A. DI VITTORIO (2010, n.2, p.533).

63
Fig.2.1 – Gli ambiti dell’esperienza

Fonte: elaborazione Pine e Gilmore 1999 in Di Vittorio (2010, n.2, p.523)

L’esperienza di intrattenimento si verifica quando le persone assorbono


passivamente quel che accade attraverso i sensi, come solitamente capita quando si
ascolta della musica o si legge per piacere119. Ma se è vero che molte esperienze
intrattengono, non tutte costituiscono un intrattenimento vero e proprio, definito come
«l’atto di catturare l’attenzione di una persona in modo piacevole, divertendo» (Rossi e
Goetz 2011, p.106). L’intrattenimento non solo fornisce una delle più consolidate forme
di esperienza, ma è anche una delle più sviluppate, comuni e familiari.

Anche nell’esperienze educative l’ospite assorbe le circostanze che si svolgono


davanti ai suoi occhi ma, diversamente dal caso precedente, l’educazione sottintende la
partecipazione attiva dell’individuo e, in particolare, della sua mente o del suo corpo a
seconda che si tratti di educazione intellettuale o allenamento fisico.

119
Cfr. T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, p.247).

64
Le esperienze di evasione, invece, comportano un’immersione del soggetto il
quale, infatti, concentra in maniera attiva tutte le sue forze ed energie sulla performance,
influenzando in tal modo il suo andamento. Classici esempi di esperienze di questo tipo
sono la pratica di sport estremi durante una vacanza, ma anche il frequentare i casinò, le
chat room, le realtà virtuali.

Con l’esperienza estetica gli individui si immergono in un evento o ambiente


restando fondamentalmente passivi, avendo cioè un’ascendente così minimo da lasciare
l’ambiente circostante immutato. Le tipiche esperienze estetiche sono quelle turistiche,
come ad esempio osservare un tramonto in riva al mare, visitare una galleria d’arte o un
museo. L’estetica di un’esperienza può essere naturale (parco naturale) o artificiale
(parco a tema), nonostante ciò è importante sottolineare che «l’esperienza artificiale non
esiste, in quanto a prescindere dal tipo di impulso ricevuto, ogni esperienza creata
nell’individuo è reale» (Pencarelli e Forlani 2002, n.58, p.248).

Considerando tutti e quattro gli ambiti, le esperienze più belle risultano essere
proprio quelle derivanti da un loro mix, in quanto fermarsi ad un solo campo sarebbe
solo limitante per l’ospite. Quindi per i produttori dell’offerta turistica è fondamentale
considerare la struttura esperienziale come una serie di suggerimenti e linee guida che li
assistano nella valorizzazione dell’esperienza che desiderano mettere in scena. Di
conseguenza appare ovvio come tale modello possa essere applicato, seppur con
qualche variazione, anche al settore turistico, il cui prodotto viene già per sua natura
caratterizzato dal fatto di essere sempre un’esperienza estetica e di produrre una
completa immersione del turista (visto che chi compie un viaggio si sposta dal proprio
luogo di residenza per pernottare per un certo periodo di tempo in un altro)120.

In quest’ottica, le dimensioni dell’esperienza turistica vissuta dagli ospiti


coincidono con quelle menzionate precedentemente, ma rispettano un ordine diverso.
La prima è quella insita al prodotto turistico, in quanto viene provocata dal fatto stesso
di intraprendere un viaggio ed è la dimensione estetica (esserci), ovvero quella

120
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.VI, p.16).

65
sensazione legata all’atmosfera della vacanza, che fa desiderare agli ospiti di entrare e
fermarsi in un certo luogo. La seconda è la dimensione dell’intrattenimento (divertirsi),
che risulta naturale in offerte turistiche all’insegna dello svago, ma che comunque deve
essere presente anche in esperienze più articolate, sotto forma di momenti distensivi e
relax, in modo da richiamare e gestire l’attenzione degli ospiti. Segue poi la dimensione
dell’evasione (provare), nel senso che occorre ritagliare uno spazio durante il quale
l’ospite possa cimentarsi in attività che vadano al di fuori dei propri canoni, della
propria routine. In questo modo si può stimolare di più il turista, incitandolo a prender
parte a delle attività “senza impegno”, «dove la gratificazione non risiede nell’aver fatto
bene una cosa, ma nell’averci provato»121. Infine c’è la dimensione dell’educazione
(apprendere), che si delinea come l’esperienza meno richiesta dai turisti. Eppure si tratta
di un elemento che nasce dall’interazione di quelli sopraindicati, in quanto «le
dimensioni dell’estetica, dell’intrattenimento e dell’evasione creano nelle persone il
desiderio di conoscere meglio la realtà che li ospita» (Forlani 2005, Cap.VI, p.17).

Fig. 2.2 – Gli ambiti dell’esperienza turistica

121
A. DI VITTORIO (2010, n.2, p.535).

66
Fonte: elaborazione Forlani (2005, Cap.VI, p.16)

Prendendo la struttura esperienziale come punto di riferimento per la


produzione e creazione di esperienze memorabili, appare evidente come, nonostante
l’indispensabilità della dimensione estetica, questa da sola non basta a coinvolgere il
cliente in maniera unica e personale e, perciò, è necessario aggiungere a questa anche
gli altri ambiti dell’esperienza (intrattenimento, evasione ed educazione). Come effetto
di ciò, «la “sceneggiatura della vacanza”, che descrive la sequenza delle azioni
dell’ospite su un certo territorio, dovrebbe seguire il seguente ciclo: esserci –
intrattenersi – provare – imparare»122.

2.6 Il teatro come modello di lavoro nell’economia delle


esperienze turistiche

Nel capitolo precedente è stato affrontato il tema del “service-as-drama-


metaphor”123, ossia del teatro come modello per la messa in scena di esperienze e della
necessità, quindi, per l’impresa di comportarsi come un “regista di esperienze”, visto
che «non offre più soltanto beni e servizi, ma l’esperienza che ne deriva, ricca di
sensazioni, creata nel cliente» (Pine e Gilmore 1999 in Rossi e Goetz 2011, p.105).
Infatti, secondo i fautori dell’economia delle esperienze, un cliente che acquista
un’esperienza paga per poter trascorrere del tempo a gustarsi una serie di eventi
memorabili realizzati da un’impresa o da un’organizzazione, come in una
rappresentazione teatrale, per essere coinvolto a livello personale124.

122
Tale ciclo può essere inoltre compiuto all’interno di un’unica esperienza, tuttavia nel turismo è più
realistico pensare che questo avvenga attraverso la ripetizione dell’esperienza stessa. (Cfr. A. DI
VITTORIO, 2010, n.2, p.535).
123
Cfr. M. MORGAN, J. ELBE, J. DE ESTEBAN CURIEL (2008, n.11, p.204).
124
Cfr. B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.105).

67
Assumendo ora questa prospettiva in ambito turistico, non stupisce notare una
netta sovrapposizione fra gli elementi tipici di una rappresentazione teatrale e quelli che
concorrono a formare un’esperienza turistica. Infatti «la “vacanza” altro non è se non lo
spettacolo che viene messo in scena dall’insieme degli operatori economici (il cast), in
uno specifico ambiente (il palcoscenico), per e con specifici ospiti-turisti (il pubblico) in
un certo arco di tempo»125.

Fig. 2.3 – Il modello teatrale per la produzione della vacanza

Fonte: elaborazione Forlani (2005, Cap.VI, p.19)

Andando ad esplicitare ogni singolo elemento, vediamo come lo spettacolo


(cosa? e come?) rappresenti il motivo per il quale tutti i soggetti coinvolti concentrino i
propri sforzi per una buona riuscita. Nelle attività turistiche, dunque, esso rappresenta il
nucleo gravitazionale attorno cui si svolge tutta l’attività economica che l’impresa
intende proporre al cliente, ovvero l’esperienza turistica nella sua essenza. Per questo
motivo è importante che nella sua progettazione si ponga la stessa attenzione e cura del
dettaglio come per la messa in scena di uno spettacolo teatrale126.

Il palcoscenico (dove?), invece, raffigura il luogo fisico sul quale gli attori
recitano per mettere in scena la performance e, in questo caso, il territorio. Altra

125
«Lo spettacolo ha un inizio e una fine». (F. FORLANI, 2005, Cap.VI, p.20).
126
Cfr. R. HARRIS, K. HARRIS, S. BARON, “Theatrical service experiences: Dramatic script development
with employees”, in International Journal of Service Industry Management, Vol.14, n.2, 2003.

68
componente importante nel teatro è il pubblico (per chi?), che può essere definito come
tale anche essendo composto da poche persone o al massimo una sola, ma senza il quale
non si può parlare di evento teatrale127. Nel turismo il pubblico è appunto rappresentato
dal turista-ospite, che è il destinatario della performance.

Ultimo ma non per questo meno importante è il cast (chi?), riferendosi con
questo termine a quel gruppo di soggetti la cui recitazione risulta determinante per la
messa in scena di uno spettacolo efficace. Il successo di un’impresa, infatti, è
strettamente legato alle persone che fanno parte del suo cast, perciò è importante la
scelta degli attori e l’assegnazione dei ruoli. Inoltre una recitazione è vincente quando
non si percepisce l’individualità delle singole azioni, ma quando prevale il lavoro di
squadra per creare un effetto di coerenza totale128.

All’interno del cast non tutti hanno gli stessi compiti, ma ognuno svolge un
proprio ruolo a seconda che si tratti di attori, comparse, regista e
drammaturgo/sceneggiatore. In particolare nel settore turistico vediamo gli attori essere
impersonati dagli operatori turistici, mentre le comparse, ovvero quelle persone e
organizzazioni economiche che non agiscono attivamente e consapevolmente all’interno
del sistema di offerta, dalla popolazione locale. Invece per quanto riguarda il regista e il
drammaturgo/sceneggiatore, si tratta di due figure la cui presenza o assenza risulta
fondamentale nel definire diverse modalità organizzative dello spettacolo e, di riflesso,
diverse modalità organizzative dell’esperienza turistica.

A seconda del livello di interazione tra colui che organizza e coordina la


rappresentazione (il regista – come?) e colui che scrive la trama, ossia la sequenza degli
eventi che devono aver luogo durante la vacanza (il drammaturgo/sceneggiatore –
cosa?), si possono presentare tre differenti modelli teatrali e, dunque, tre possibili

127
Ciò che differenzia il teatro dal cinema è proprio la presenza simultanea degli attori e del pubblico
nello stesso posto e nello stesso momento. (Cfr. F. FORLANI, 2005, Cap.VI, p.19).
128
Cfr. F. FORLANI, 2005, Cap.VI, p.19.

69
percorsi di messa in scena dell’esperienza turistica129: l’esperienza da copione (basata
su una regia centrale e un copione), l’esperienza da canovaccio (con una regia debole e
un canovaccio) e, infine, l’esperienza da improvvisazione (caratterizzata da una regia
collettiva e dall’improvvisazione).

Nel primo caso, lo spettacolo è il risultato dell’esecuzione fedele, da parte degli


attori, di ciò che viene indicato sul copione e delle istruzioni impartite dal regista
(riguardo le battute, le azioni, i tempi). Quest’ultimo riesce, così, a dirigere un elevato
numero di soggetti, dai compiti molto precisi e specializzati e, inoltre, a mettere a punto
uno spettacolo che viene ripetuto un numero infinito di volte a prescindere dalla
numerosità e dalle reazioni dello specifico pubblico. In ambito turistico si parla di
vacanza strutturata vissuta in modalità package, ossia pacchetti turistici tutto compreso
(come viaggio, alloggio, intrattenimento, guide turistiche, …).

Nel secondo caso, si ha la performance in quanto gli attori si auto-organizzano


attorno ad un canovaccio, in cui vengono fissate le indicazioni di massima date dal
capocomico. In pratica a partire da una struttura fissa e predeterminata, gli attori,
influenzati anche dalla partecipazione del pubblico, possono apportare delle variazioni
all’ordine delle azioni e battute, cosicchè ogni performance si adatti in modo dinamico
al contesto e, quindi, acquisti una sfumatura diversa dalle altre. Così, sotto la direzione
di un capocomico, «si ottengono spettacoli dalla struttura modulare, in cui i singoli
moduli nascono come improvvisazioni date dalle interazioni casuali»130 tra gli attori in
scena e gli attori ed altri elementi imprevedibili (come il pubblico, il contesto, …). In
ottica turistica si tratta di una vacanza semistrutturata vissuta in modalità a network,
vale a dire di pacchetti turistici semistrutturati, come quelli che comprendono solo il
vitto e l’alloggio.

Nel terzo ed ultimo caso non c’è nessuna figura di riferimento, ma lo spettacolo
“emerge” spontaneamente in seguito allo «scambio multidirezionale di informazioni,

129
Questa proposta “rilegge teatralmente” le tre diverse configurazioni del prodotto turistico emergente
di Rispoli e Tamma. (Cfr. M. RISPOLI, M. TAMMA 1995, citati in F. FORLANI, 2005, Cap.VI, pp.12 – 13).
130
F. FORLANI (2005, Cap.VI, p.24).

70
sensazioni, emozioni instauratesi tra attori, comparse e pubblico» (Forlani 2005,
Cap.VI, p.22), ma anche grazie all’abilità degli attori a mettere in scena un evento
solamente sulla base dell’ascolto e della comprensione delle necessità degli altri.
Nonostante l’imprevedibilità e la libertà creativa proprie dell’improvvisazione, è
importante sottolineare che la capacità relazionale fondamentale per la riuscita della
performance non è naturale nell’attore, ma questi deve esercitarla attraverso metodi
sistematici e premeditati, che aiutino a formulare «concetti apparentemente non legati
fra loro e combinarli in modi insoliti per fare scoperte precedentemente inarticolate»
(Pine e Gilmore 1999 in Forlani 2005, Cap.VI, p.23). In sostanza siamo di fronte ad una
vacanza destrutturata vissuta in modalità punto-punto, ovvero al turismo fai da te.

Fig. 2.4 – La partecipazione del turista alla produzione della vacanza

Fonte: elaborazione Forlani (2005, Cap.VI, p.24)

71
2.7 Le componenti fondamentali di un’esperienza turistica

Il modello teatrale ha permesso di mettere in evidenza le componenti


fondamentali che si trovano alla base della progettazione di un’esperienza turistica e che
sono:

 il viaggiatore e il suo sistema di relazioni (il pubblico);


 tutti i soggetti che partecipano a vario livello alla formazione dell’esperienza
turistica di un viaggiatore e, più in generale, tutto il sistema di accoglienza
presente su un dato territorio (il cast, con attori e comparse);
 il territorio, come insieme di risorse e capacità del sistema (il palcoscenico);
 il concetto esperienziale e le modalità di svolgimento (lo spettacolo e la forma
di teatro);
 le motivazioni o i fini che inducono i vari attori dell’offerta ad organizzarsi in
modo sistemico (la filosofia)131.

Pertanto un sistema turistico locale che decide (perché?) di proporre al mercato


la possibilità di vivere esperienze turistiche uniche e coinvolgenti (cosa?) deve
innanzitutto individuare il target di clientela (per chi?) a cui rivolgere la propria offerta,
in modo da sviluppare le modalità di fruizione più idonee (come?) nelle quali possono
confluire gli attori interni (chi?) ed esterni (per chi?). Solo da questa interazione è
possibile far emergere su un dato territorio (dove?) un’offerta sistemica, in cui cioè i
vari attori si organizzano per “fare sistema” e sfruttare al meglio le proprie risorse e
offrire una vacanza che sia coerente con il proprio “profilo turistico”132.

131
Risulta il vero collante del sistema di offerta territoriale. (Cfr. T. PENCARELLI, F. FORLANI, 2002, n. 58,
p.255).
132
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.VI, p.25).

72
Fig. 2.5 – Un modello di analisi per la produzione di esperienze turistiche

Fonte: elaborazione Forlani (2005, Cap.VI, p.25)

Con riferimento al viaggiatore e al suo sistema di relazioni, c’è da dire che


essendo l’esperienza una percezione, la sua definizione non può che essere data su base
personale, attraverso l’analisi del «mondo vocazionale del viaggiatore»133, ovvero dei
suoi valori, dei suoi desideri, del suo stile di vita (anche con riferimento alle attività di
decisione e consumo) ma, soprattutto, del suo mondo interiore. Solo così facendo «il
viaggiatore smette di essere un “target senza volto” e diventa una persona che vive, si
esprime e si relaziona con altre persone» (Rossi e Goetz 2011, p.18).

Quindi al fine di progettare un’esperienza turistica che corrisponda alle sue


esigenze, è necessario approfondire la conoscenza del viaggiatore e del suo network
relazionale e, per far ciò, è necessario che l’operatore turistico sfrutti ogni momento di
interazione134 utilizzando un approccio di ascolto attivo ed empatico. Ciò significa che

133
A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.18).
134
Cfr. C. LOVELOCK, “Why marketing management needs to be different for services”, in J.H.
DONNELLY, W.R. GEORGE, Marketing of Services, Chicago, American Marketing Association, 1981.

73
bisogna tener conto dei sentimenti e delle emozioni del viaggiatore, in modo da creare
relazioni basate sul rispetto e sulla reciproca fiducia, attraverso le quali poter carpire
informazioni realmente significative135.

Per quanto riguarda i soggetti coinvolti nella formazione dell’esperienza


turistica di un viaggiatore, è importante ricordare che l’accoglienza verso il turista e,
quindi, il successo di un prodotto turistico dipendono fortemente dal grado di coesione
di tutti gli elementi appartenenti al sistema turistico. Questo è un aspetto rilevante da
non trascurare, in quanto il turista, una volta tornato a casa, tenderà a ricordare
maggiormente i fastidi, i disservizi, piuttosto che i momenti felici trascorsi in vacanza.
C’è quindi il rischio che, per colpa di un elemento dissonante, tutta l’esperienza vissuta,
e la relativa struttura che l’ha posta in essere, viene etichettata come negativa,
sicuramente da non ripetere e magari da sconsigliare. Perciò è fondamentale che
l’organizzazione nel suo complesso, con le sue strutture, i suoi sistemi e la sua cultura,
lavori all’unisono per garantire unitarietà di offerta e per assicurare al cliente un servizio
ed un’esperienza di alta qualità in ogni momento della vacanza136.

Per ritornare ai soggetti coinvolti nella formazione dell’esperienza diciamo che


questi si possono suddividere in: autorità pubbliche (Destination Management
Organisation – DMO)137, ovvero le organizzazioni turistiche a livello nazionale,
regionale e locale; intermediari, come le agenzie di viaggio, i tour operator, le agenzie
incoming e i sistemi di prenotazione automatica138; trasporti (linee aeree, bus, ferrovie,
navi, autonoleggi); fornitori primari, comprendenti la ricettività, la ristorazione, le
attrazioni, lo shopping e altri servizi di supporto al turista; fornitori secondari, vale a
dire le organizzazioni sportive, l’agricoltura e l’enogastronomia, l’artigianato e i
135
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, pp.18 – 19).
136
Cfr. D. NIJS, “Imagineering: engineering for imagination in the emotion economy”, in F. PEETERS, F.
SCHOUTEN, D. NIJS, Creating a Fascinating World, NHTV Breda University, 2003.
137
Organizzazione che ha la responsabilità di sviluppare un approccio coordinato tra gli stakeholder
delle varie destinazioni turistiche, viste come «un’amalgama di prodotti turistici», in modo da accrescere
la loro competitività. (D. BUHALIS, “Marketing the competitive destination of the future”, in Tourism
Management, Vol.21, n.1, 2000).
138
Tali sistemi erano noti prima come CRS (Computer Reservation System) e poi come GDS (Global
Distribution System).

74
prodotti locali, la cultura e le tradizioni, la natura e l’ambiente e i servizi di supporto
alle persone (ospedali, banche, …); altri stakeholder; popolazione locale e altri turisti.

Tutte queste componenti del sistema turistico, definito come “sistema turistico
allargato” perché vengono inclusi anche i fornitori secondari, la popolazione locale e gli
altri turisti, devono unitariamente concorrere a fornire un’esperienza dell’accoglienza
coerente. Perché è l’esperienza nel suo complesso, non solo i picchi di emozioni, che le
persone ricordano. A questo proposito è necessario, dunque, una «diffusione della
cultura dell’accoglienza a tutti i livelli del territorio, possibile solo attraverso strutture di
collaborazione, come le reti di imprese, che consentano di definire in maniera condivisa
obiettivi e strategie per fornire esperienze soddisfacenti e, dunque, per garantire il
successo del prodotto turistico» (Rossi e Goetz 2011, pp.29 – 30).

L’esigenza di un sistema di offerta turistica coerente è funzionale anche alla


capacità competitiva di un territorio, in quanto elemento discriminante rispetto ad altre
aree geografiche presenti nella stessa arena turistica. Infatti anche se il settore turistico è
dominato da tante piccole imprese, queste insieme ad altre possono incrementare
l’elemento distintivo e la competitività di una destinazione, perché molto spesso è
proprio attraverso loro che i turisti vivono momenti di gioia e divertimento, rendendo
l’esperienza e la destinazione unica e memorabile139. In questa prospettiva, dunque, è
fondamentale comprendere le opportunità offerte da un determinato contesto territoriale
e creare, così, una strategia narrativa volta a comunicare i tratti distintivi e autentici di
un territorio, in modo da valorizzare l’offerta turistica territoriale. Per far ciò, bisogna
dar vita a idee innovative che rispondano ai bisogni di specifici segmenti di mercato
come, ad esempio, proporre la fruizione del territorio secondo tante chiavi di lettura,
quante sono le vocazioni individuate dei turisti140.

In pratica, ragionare in chiave esperienziale significa riconoscere che tutto


concorre alla formazione di un giudizio sull’esperienza turistica di un territorio, dagli

139
Cfr. M. MORGAN, J. ELBE, J. DE ESTEBAN CURIEL (2008, n.11, p.213).
140
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, pp.15 – 16).

75
elementi tangibili come i fattori di attrattiva (ad esempio gli elementi naturali,
paesaggistici, architettonici o le manifestazioni in grado di esercitare un richiamo per i
turisti) e di ambientazione (per esempio la pulizia del mare o il grado di conservazione
dei centri storici). Ma anche l’accessibilità fisica (considerando le infrastrutture e i
mezzi di trasporto, come l’esistenza di un porto turistico, di un parcheggio, ma anche la
facilità di raggiungere una destinazione turistica, la buona qualità dei trasporti locali) e
l’accoglienza (vale a dire l’esistenza di servizi turistici di supporto e facilitazione, per
citarne qualcuno: gli uffici di informazioni turistiche o i servizi di noleggio di
biciclette). Fino agli elementi più intangibili come l’accessibilità informativa (cura dei
contenuti informativi), l’animazione (per esempio il livello generale di cortesia della
comunità ospitante e la loro conoscenza delle lingue straniere) e, più in generale, tutti
gli elementi in grado di influire sull’esperienza turistica, come gli stili di vita proposti,
la cultura, le arti e le tradizioni culinarie locali141.

L’ultimo elemento da analizzare è quello del concetto esperienziale, di portata


innovativa in ambito turistico, in quanto con esso ci si propone di offrire un nuovo tipo
di esperienza turistica la quale, nonostante conservi e racchiuda in sé gli elementi più
autentici dell’offerta stessa, comunque riesca a captare e interpretare le passioni, i
bisogni e gli interessi dei diversi turisti, superando in tal modo il modello di “vacanza
tradizionale”. Il concetto esperienziale si configura, così, come l’espressione di un
punto di vista originale in grado di «creare valore simbolico e tangibile per i diversi
segmenti di mercato» (Rossi e Goetz 2011, p.19).

L’esperienza turistica per risultare memorabile, deve essere autentica, originale


e costantemente rinnovata. Anche se si tratta di una questione complessa, in quanto il
concetto di esperienza turistica acquisisce un’accezione diversa per ogni soggetto
implicato nella sua progettazione, comunque il metodo allo sviluppo innovativo del
concetto esperienziale è uguale per tutti i tipi di offerta turistica, sia essa territoriale, di

141
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.17).

76
viaggio organizzato o di ricettività. Infatti, secondo gli autori Rossi e Goetz142 si
possono individuare tre diverse categorie di innovazione del concetto esperienziale:

 l’innovazione del modello culturale – si ha quando si vuole determinare un


nuovo posizionamento di un’area territoriale o di un sistema turistico attraverso
l’offerta di un “viaggio originale”, in cui una parte dei viaggiatori possa
identificarsi (come il caso del “prodotto Ibiza”)143, o quando un tradizionale
modello culturale viene rivisitato in una nuova luce (per esempio lo slow
tourism)144.

 l’innovazione del framework esperienziale – si determina quando le diverse


“vocazioni” di un’area territoriale o di un sistema turistico vengono prima
smontate in tanti insiemi e sottoinsiemi esperienziali e poi rimontate fino a
costituire un’offerta armoniosa, capace di garantire un vantaggio competitivo.
Ad esempio, un territorio caratterizzato dalla presenza di numerose aree
naturali può trovare espressione nell’offerta di diversi turismi esperienziali,
come il biowatching145, il geoturismo146, l’archeoturismo e l’extracting
tourism147. Questi, a loro volta, si possono articolare in altre “sottoesperienze”,

142
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, pp.19 – 22).
143
Il “prodotto Ibiza” è un sistema esperienziale in cui pubblico e privato hanno saputo creare un’offerta
distintiva, mirata e apprezzata dal target dei “nottambuli”, in grado di avere ripercussioni positive su
tutti gli operatori turistici del territorio, perfino quelli più piccoli. (Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ, 2011, pp.20 –
24).
144
Definito anche “turismo responsabile”, si tratta di un tipo di turismo le cui caratteristiche
fondamentali sono: l’attenzione per l’ambiente, il rispetto del territorio e delle diversità culturali, la
volontà di sostenere le economie locali, la promozione dell’accoglienza e la formazione di un viaggiatore
consapevole attraverso la diffusione di nuovi valori del viaggiare. (Cfr. articolo di A. SIOTTO, “Le nuove
frontiere del turismo: sostenibilità e responsabilità”, in Slow Tourism Club, in
http://www.slowtourismclub.eu/main/index.php?option=com_content&view=article&id=203%3Ale-
nuove-frontiere-del-turismo-sostenibilita-e-responsabilita&catid=38%3Aeventi-
umbria&Itemid=32&lang=it).
145
Si tratta di un turismo naturalistico di osservazione, che include la fotonatura (come la fotografia
naturalistica e il fotosafari), l’osservazione di tracce e l’osservazione di animali selvatici (come il
birdwatching).
146
Comprende la speleologia (grotte turistiche e cavità naturali), la paleontologia (come i musei di storia
naturale e i parchi preistorici) e il turismo geologico e minerario (come i geoparchi e le antiche miniere).
147
Raccolta di erbe, piante selvatiche, funghi, tartufi, castagne, ma anche la raccolta di conchiglie e di
fossili minerali e perfino i cercatori d’oro, di navi e tesori scomparsi.

77
come l’osservazione di animali selvatici, la speleologia, la paleontologia, la
caccia all’oro e altri tesori scomparsi, ecc… In sostanza turismi e sottoturismi
sono tutti accomunati dal tema della biodiversità.

 l’innovazione del focus esperienziale – si verifica quando ogni singolo insieme


esperienziale viene declinato in maniera diversa e inconsueta per raggiungere
particolari nicchie di turisti e migliorare, così, la qualità della loro esperienza
turistica. A titolo esemplificativo, citiamo l’ente nazionale scozzese per il
turismo (Visit Scotland)148, che offre una grande varietà e ricchezza di temi
esperienziali, appositamente studiati e progettati per specifici interessi turistici
e per particolari segmenti di mercato. Ad esempio, tra le possibili attività di
avventura proposte per le famiglie (Family Adventures)149 troviamo: la canoa,
la mountain bike, il rafting, i tornei di tiro con l’arco, ma anche attività dai
piaceri più spirituali, come l’osservazione di animali selvatici.

Comunque, al di là del tipo di innovazione da apportare al concetto


esperienziale, in base all’opinione dei due pionieri dell’economia delle esperienze150 è
necessario tenere bene a mente alcune mosse strategiche al fine di progettare prodotti
turistici originali e memorabili. Innanzitutto bisogna tematizzare l’esperienza turistica,
ovvero garantire un «motivo di fondo» (Forlani 2005, Cap.VI, p.30) attorno cui
sviluppare tutta l’offerta in maniera creativa e dinamica, tale da innescare nel turista
ricordi ricchi e persistenti. A questo proposito, però, il tema deve risultare coerente con
gli altri elementi appartenenti al prodotto turistico, così da avvalorare il tipo di
esperienza che si è voluto creare per il turista, suscitando in lui delle impressioni
indelebili151. La questione della coerenza è fondamentale in quanto, nel caso in cui
durante la progettazione qualche elemento venga ignorato, minimizzato o non sia
lineare con il tema esperienziale, si potrebbe verificare una situazione di disagio per

148
http://www.visitscotland.com/
149
http://active.visitscotland.com/features/Active-Family-Adventures/
150
Cfr. B.J. PINE II, J.H. GILMORE, citati in F. FORLANI (2005, Cap.VI, pp.30 – 31).
151
La seconda mossa strategica consiste, dunque, nel prevedere degli stimoli, degli indizi positivi che
producano delle impressioni. (Cfr. F. FORLANI, 2005, Cap.VI, p.30).

78
l’ospite-turista, il quale poi metterebbe in discussione l’impianto narrativo di tutta
l’offerta turistica152.

Altro passo importante da compiere, sempre in ottica esperienziale, è quello di


coinvolgere i cinque sensi, considerando che «le sensazioni e le emozioni vissute dal
turista non sono la conseguenza della propria offerta economica, ma sono la
componente fondamentale della stessa» (Forlani 2005, Cap.VI, p.30). Ultimo aspetto da
considerare è quello di integrare l’esperienza turistica con oggetti ricordo, come i
souvenir, il cui possesso evoca e rafforza il ricordo nella mente del turista. Anche se la
carica simbolica dell’oggetto ricordo è ancora molto forte, quando il viaggio diventa
esperienziale il souvenir assume un carattere marginale, rispetto a ciò che il turista
“porta via con sè”, come la testimonianza di un incontro importante, di un’attività
manuale svolta da lui stesso, magari all’interno di un laboratorio di ceramica, o la
celebrazione di un momento di un suo cambiamento interiore153.

2.8 L’esperienza turistica come parte di un ciclo continuo

L’esperienza turistica è un processo che non si esaurisce nel solo godimento


dell’offerta turistica vera e propria, ma fa parte di un ciclo più ampio e continuo, in
quanto inizia nel momento in cui il turista formula il desiderio di viaggiare e comincia
ad informarsi per definire le proprie preferenze, per poi proseguire, al termine del
viaggio, con il ricordo dell’esperienza vissuta e con lo scambio di impressioni attraverso
le sue reti sociali. In quest’ottica l’esperienza turistica si articola in tre fasi principali:
pre-experience (fase del sogno), in-experience (fase delle sensazioni e delle emozioni) e
post-experience (fase del ricordo).

152
La terza mossa strategica riguarda l’eliminazione degli indizi negativi (Cfr. F. FORLANI, 2005, Cap.VI,
p.30).
153
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, pp.30 – 31).

79
Pertanto in fase di progettazione del prodotto turistico, oltre a considerare gli
elementi e le “mosse strategiche” proposte nel paragrafo precedente, è utile mettere in
conto anche la definizione di queste tre fasi, in particolare andando ad identificare ciò
che sono stati definiti dai due consulenti sull’innovazione della comunicazione turistica
come i “punti esperienziali”, ossia i fattori che, entrando in contatto con il turista, lo
influenzano nelle varie fasi del ciclo esperienziale. Solo così facendo è possibile
garantire un’offerta turistica omogenea e coerente, che faccia vivere esperienze
memorabili ai viaggiatori e che sia quindi in grado di massimizzare il loro livello di
soddisfazione154.

Concepire il turismo in termini esperienziali significa, infatti, «imparare a


sviluppare capacità empatiche, narrative, di coinvolgimento e di risoluzione dei
problemi dei turisti, considerando il viaggio non più come un qualcosa che si offre, ma
come l’occasione per far emozionare il possibile viaggiatore» (Rossi e Goetz 2011,
p.137).

2.8.1 La fase del sogno

La prima fase con cui inizia l’esperienza turistica consiste in tutto ciò che
accade nel periodo precedente al viaggio (pre-experience) e, in particolare, nel
momento in cui nella mente del turista sorge il bisogno di viaggio e si appresta,
pertanto, alla ricerca di informazioni atte a stimolare ancora di più questo desiderio. Una
volta acquisito un consistente bagaglio informativo, il turista può costruirsi il proprio
ventaglio di offerta e valutare le alternative a lui più congeniali, continuando così a
“sognare ad occhi aperti”, ovvero cercando di prevedere l’esperienza e immaginare le
sensazioni che potrà vivere. Come dice Giacomo Corna Pellegrini155 «immaginare un

154
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.136).
155
Cfr. G. CORNA PELLEGRINI, “Turismo, cura di sé e immaginazione cognitiva”, in Revista Bibliográfica
de Geografía y Ciencias Sociales, Universidad de Barcelona, n.195, 9 Gennaio 2000, citato in A. ROSSI, M.
GOETZ (2011, p.11).

80
viaggio, o ricordarlo, assume un valore del tutto simile al piacere di leggere un buon
romanzo o assistere a un film avvincente. In una certa misura, ci si traspone in un altro
tempo, un altro luogo e un’altra vita, assumendo una buona parte degli stimoli e delle
percezioni che essa può dare» (Corna Pellegrini in Rossi e Goetz 2011, p.11). Infine
dopo un’attenta valutazione, il turista è finalmente pronto a prenotare il prodotto
turistico che vuole acquistare.

Andando ad esplicitare ogni singola attività, vediamo che nel turista il


desiderio, la necessità di intraprendere un viaggio può dipendere da fattori di spinta
(motivazioni di tipo push) o da fattori di attrazione (motivazioni di tipo pull). I primi, di
natura psico-sociale, possono essere il bisogno di evasione, di staccare dalla vita
quotidiana, di relax, ma anche la voglia di avventura e di svolgere sport estremi. In
pratica si passa dalla necessità di riaffermare la propria sicurezza e il proprio status
sociale alla voglia di cambiamento e novità, di stravolgere per un breve periodo il
proprio modo di essere. I secondi, invece, derivano più da stimoli esterni ambientali,
ovvero dalla capacità degli imprenditori turistici e delle destinazioni di attrarre il turista
mediante politiche di marketing mirate156. Queste possono consistere in luoghi e spazi
appositamente realizzati per far sì che il turista possa vivere nuove e diverse esperienze,
come ad esempio la costruzione a Bournemouth157 di una barriera artificiale per gli
amanti del surf158, ma anche in eventi sportivi, festival musicali e culturali, come la
Settimana dedicata a Cervantes che ha luogo nella sua città natale, Alcalá de Henares159,
fin dal 1976. Questo evento si svolge nei giorni vicini alla data di nascita dello scrittore
spagnolo (9 Ottobre 1547) e prevede atti di ogni tipo, come conferenze,
rappresentazioni teatrali, concerti e così via. Da non perdere sono la Settimana
Gastronomica, in cui vi prendono parte circa 20 ristoranti della città che preparano

156
Cfr. T. PENCARELLI, D. BETTI, F. FORLANI, “L’attività di ricerca di informazioni per la scelta del
prodotto turistico”, in Sinergie Journal, n.66, 2005, pp.6 – 7.
157
Vivace cittadina costiera a sud dell’Inghilterra, tradizionale meta estiva degli inglesi.
158
http://www.guidaviaggi.it/notizie/94310/una-barriera-artificiale-bournemouth-amanti-surf/
159
Situata nella comunità autonoma di Madrid, città spagnola il cui centro storico è stato dichiarato
Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nel 1998.

81
menù ispirati alla cucina del Don Chisciotte, e il Mercato Barocco, che viene allestito
nel cuore del centro storico e riproduce un mercato tipico del XVI – XVII secolo.160

A proposito di eventi e alla loro funzione di catalizzatore di turisti soprattutto


in periodi di bassa stagione e nei weekend161, un esempio particolare potrebbe essere
dato dai cosiddetti “eventi-matrimoni”, che sempre più stanno suscitando l’attenzione
degli operatori turistici in quanto leva di marketing turistico-territoriale162 tanto da dar
vita al fenomeno del “destination wedding”163. Con tale espressione si intendono «quei
flussi turistici che si generano quando una coppia decide di celebrare il proprio
matrimonio in una località che non rappresenta il luogo di abituale residenza di nessuno
dei due sposi»164. Pertanto per una destinazione turistica diventare location di matrimoni
può soltanto comportare effetti positivi perché consente di: aumentare il numero dei
propri visitatori, potenziare la propria immagine e notorietà, migliorare il
posizionamento di marca165, contribuire alla destagionalizzazione turistica (con la
permanenza degli sposi o degli ospiti nel luogo dove si è celebrato il matrimonio, o
nella visita degli stessi in un momento successivo come tradizionali turisti) e alimentare
il passaparola166. Si pensi a città italiane come Verona e Venezia che hanno fatto del
matrimonio un vero e proprio business167.

Per ritornare al nostro discorso diciamo che per quanto riguarda la ricerca di
informazioni, questa attività cambia da turista a turista a seconda del livello di

160
http://www.spain.info/it/vive/fiestas/madrid/semana_cervantina.html
161
Cfr. D. GETZ, “Event Tourism: definition, evolution and research”, in Tourism Management, Vol.29,
n.3, June 2008.
162
Cfr. M.G. CAROLI, Il Marketing territoriale, Milano, Franco Angeli, 1999.
163
Cfr. M. DANIELS, C. LOVELESS, Wedding planning and Management. Consultancy for Diverse Clients,
Oxford, Butterworth - Heinemann, 2007.
164
F. FORTEZZA, G. DEL CHIAPPA, “Il wedding-based tourism come leva di valorizzazione territoriale”, in
XXIV Convegno annuale di Sinergie Il territorio come giacimento di vitalità per l’impresa, Lecce,
Università del Salento, 18 – 19 Ottobre 2012, p.330.
165
Cfr. S. FERRARI, Event Marketing. I grandi eventi e gli eventi speciali come strumenti di marketing,
Padova, Cedam, 2002.
166
Cfr. G. DEL CHIAPPA, “Disintermediation of hotel reservations: the perception of different groups of
Italian online buyers”, in Proceedings of TTRA Europe and AFM Conference Creativity and innovation in
tourism, Archamps, 11 – 13 April 2011.
167
http://www.sposalicious.com/turismo-matrimonio-verona-venezia/

82
esperienza pregressa, del tipo di viaggio che si vuole affrontare, del rapporto tra costi e
benefici e del grado di rischio associato all’acquisto. Infatti da una ricerca effettuata su
un campione di studenti iscritti all’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” 168, è
emerso che all’aumentare del livello di esperienza di viaggio tende ad aumentare il
“turismo fai da te”, pratica utilizzata soprattutto per l’acquisto di prodotti turistici a
bassa complessità (breve durata, destinazioni conosciute, basso costo). Mentre ci si
rivolge ad un’agenzia di viaggi per acquistare viaggi articolati e complessi (lunga
durata, destinazioni sconosciute, alto costo). Dunque appare chiaro come l’importanza
della ricerca di informazioni cresca proporzionalmente all’aumentare della complessità
del prodotto (per località conosciute basta il consiglio di parenti e amici, per località
sconosciute c’è bisogno di una ricerca approfondita su internet) e all’aumentare del
coinvolgimento emotivo del turista.

Inoltre bisogna dire che il turista tende a cercare informazioni non solo nella
fase che precede il viaggio, ma anche durante e dopo il viaggio stesso. In pratica si può
individuare un’attività di ricerca “pre-acquisto”, così come una di tipo “continuativo”, la
cui finalità non è tanto quella di scegliere tra varie alternative, ma quella di aggiornarsi
ed informarsi, per soddisfare sia la propria sete di conoscenza, che per migliorare le
possibili scelte future. Questi due tipi di ricerca sono così strettamente dipendenti l’uno
dall’altro, tanto da ipotizzare che «quanto maggiore e accurata sarà la ricerca
continuativa, tanto più rapida ed efficace sarà la ricerca collegata all’acquisto e al
consumo del prodotto turistico» (Pencarelli, Betti e Forlani 2005, n.66, p.12).

Ulteriore considerazione da fare riguarda l’oggetto della ricerca, le fonti e i


canali informativi. In fase di acquisizione delle informazioni necessarie per pervenire ad
una decisione di acquisto, ciò che il turista cerca sono: i tratti della destinazione, il
prezzo, la tipologia di alloggio e trasporto, il periodo e la durata, la modalità
organizzativa della vacanza, ovvero tutti quegli aspetti propri del prodotto turistico, ma
168
Obiettivo dello studio è quello di analizzare come si modificano i processi di ricerca delle informazioni
al variare delle caratteristiche del turista (esperienza di viaggio e propensione al rischio) e al mutare
della complessità del prodotto turistico. Indagine svolta attraverso la somministrazione di questionari
nell’ottobre 2003. (Cfr. T. PENCARELLI, D. BETTI, F. FORLANI, 2005, n.66, pp.17 – 27).

83
anche le alternative di prodotti turistici esistenti. A questo proposito bisogna
sottolineare che le soluzioni che una persona riesce a prendere in considerazione sono,
in realtà, solo una piccola parte del vasto universo di proposte disponibili sul mercato
turistico.

Con riferimento alle fonti e ai canali informativi, bisogna distinguerle in


interne ed esterne. Le prime consistono nella conoscenza diretta, nelle esperienze
passate, mentre quelle esterne si articolano a loro volta in fonti personali e fonti non
personali. Le fonti personali vengono rappresentate dagli amici, parenti e conoscenti,
ma anche dal passaparola nelle chat e nei forum, molto utilizzato per ricevere
suggerimenti, consigli e “anticipazioni” su ciò che si troverà nella destinazione turistica
scelta. Le fonti non personali, invece, si suddividono in commerciali (pubblicità di tour
operator e agenzie di viaggio, in formato cartaceo e online) e pubbliche, come le
organizzazioni dei consumatori.

Una volta acquisite le informazioni necessarie, il turista può imbattersi nella


costruzione e valutazione delle alternative. Si tratta di un processo ad esclusione, nel
senso che il turista prima individua i prodotti turistici che possano grosso modo
soddisfare le sue esigenze e poi, poco per volta, inizia a “scartare” quelli che non
rispondono ai suoi criteri personali, finanziari, fino ad isolare un insieme di alternative
corrispondenti alle sue preferenze, per poi giungere alla sua scelta finale 169. In questa
fase, il prodotto turistico viene confrontato a vari livelli, ad esempio ci può essere un
confronto con prodotti sostitutivi (tra beni di lusso oppure tra vari modi di vivere il
tempo libero nel luogo di residenza o in zone limitrofe), ma anche con destinazioni
turistiche (ad esempio tra mete a breve, medio e lungo raggio, prodotto mare, montagna,
città d’arte, enogastronomia, cultura, …).

In questa fase bisogna altresì distinguere tra turisti allocentrici e turisti


psicocentrici. I primi sono amanti del rischio, dell’avventura, gli piace imbattersi in
situazioni insolite, di perlustrare posti mai visti prima, quindi cercano esperienze

169
Cfr. T. PENCARELLI, D. BETTI, F. FORLANI (2005, n.66, p.7).

84
turistiche che li aiutino a sfuggire dalla noia della vita quotidiana. I secondi, invece,
rispettano le proprie abitudini anche in vacanza, poiché in questo modo si sentono
tranquilli e protetti, di conseguenza prediligono esperienze turistiche rassicuranti, che
ricreino lo stesso stile di vita che conducono normalmente170.

Rintracciata l’alternativa più idonea alle aspettative e alle esigenze del turista,
questi può procedere con la prenotazione della vacanza che, a seconda della sua cultura,
delle sue abitudini, ma anche della situazione dell’offerta rispetto alla domanda, può
essere effettuata con largo anticipo (da poche ore a diversi mesi). Inoltre la prenotazione
può avvenire sia ricorrendo all’agenzia turistica oppure rivolgendosi direttamente ai
fornitori di servizi (il più delle volte ricettività e trasporto).

In ottica esperienziale, tutte queste attività possono essere ricondotte in


sostanza alla “fase del sogno”, i cui punti fondamentali consistono: nel modo in cui si
viene a sapere della possibilità di fare un viaggio (esperienze passate, passaparola,
comunicazione commerciale), nella carica emotiva con cui si vive l’attesa, nella ricerca
di informazioni (e le relative fonti) e, dunque, nelle impressioni che si creano nella
mente del turista e, infine, nella decisione di prenotazione, acquisto e partenza per la
vacanza.

2.8.2 La fase delle sensazioni e delle emozioni

La seconda fase (in ordine cronologico, ma principale dal punto di vista


dell’esperienza turistica) che garantisce la possibilità di vivere un’esperienza
memorabile è quella in-experience, ossia tutto quanto accade nel periodo relativo al
viaggio, al soggiorno, all’esperienza vissuta nella destinazione e al viaggio di ritorno. In
pratica si tratta del momento di consumo vero e proprio, che include tutte le sensazioni

170
Cfr. T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, p.237).

85
possibili che il turista può provare, come l’appagamento, la soddisfazione (ma anche
l’insoddisfazione), l’irritazione, ecc…

Questa fase è caratterizzata da una serie di attività che il turista può svolgere e
che sono, ovviamente, viaggiare, muoversi sul territorio, assaporare l’ambiente e
l’atmosfera dell’accoglienza, esplorare il territorio da soli e accompagnati, organizzare
attività sul territorio, ricevere informazioni e supporto alla fruizione sul posto,
relazionarsi in mobilità, risolvere eventuali problemi durante il viaggio e rientrare.

In particolare vediamo come l’esperienza di viaggio in sé coinvolga,


solitamente, due tipi di operatori turistici: il vettore dei trasporti, poiché il “viaggio”
rientra nel suo core business e l’operatore territoriale di una destinazione turistica, il cui
grado di accessibilità diventa un fattore competitivo determinante. Però anche gli altri
operatori turistici devono saper sfruttare il momento del viaggio, in quanto può
diventare un’occasione per migliorare l’esperienza del cliente. Ad esempio un turista
che decide di fare un viaggio in Sudafrica inizia a vivere un’esperienza unica quando
all’aeroporto vengono esposti dei prodotti dell’artigianato locale171.

Anche la presenza e la qualità delle infrastrutture rappresentano una condizione


basilare affinchè abbia inizio un’esperienza turistica soddisfacente. Un esempio che
riassume in sé l’essenza di quanto detto è il servizio di Maggia Parking all’aeroporto
della Malpensa. Si tratta di un servizio di parcheggi alternativi a quello di dotazione
dell’aeroporto, costruiti su terreni privati adiacenti all’area di interesse, il cui fattore
innovativo consiste, oltre all’offerta di un servizio gratuito di navette, anche il ripristino
gratuito in caso di batteria scarica dell’auto e la possibilità di acquistare
un’assicurazione furto e incendio172.

Riguardo le attività da organizzare sul territorio, è bene ricordare che una parte
di turisti sceglie una destinazione non tanto per le sue caratteristiche, quanto per la
capacità di un operatore turistico di offrire un sistema di offerta che corrisponda a

171
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.163).
172
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.164).

86
precise esigenze. Ad esempio alcuni scelgono la Grecia perché possono frequentare un
corso di vela o perché ci sono programmi di animazione di sicuro divertimento. Quindi
la promozione di una meta turistica si basa anche sull’organizzazione di attività
originali e innovative, tali da costituire per certi tipi di turisti la ragione del proprio
viaggio (come i campi da golf, lo shopping, i parchi a tema, le terme, le cure mediche,
ecc…).

Per quanto concerne le informazioni da ricevere come supporto sul posto,


secondo gli autori Rossi e Goetz i punti fondamentali per migliorare l’esperienza
informativa dei turisti una volta arrivati nella destinazione turistica sono: la
profilazione, ovvero la disponibilità di informazioni rilevanti per i diversi pubblici; la
geolocalizzazione, cioè la disponibilità di informazioni relative ad attività di interesse e
proprie dell’area geografica in cui si trova il turista in quel momento; il tempo reale e
l’interazione, attraverso la possibilità di effettuare prenotazioni e anche transazioni173.

Tuttavia è necessario tener presente che viaggiare è un’attività che può sempre
presentare incognite e imprevisti. Infatti ritardi, scioperi, eventi naturali, possono avere
un impatto negativo sull’esperienza dei turisti e, quindi, anche sulla valutazione della
performance di un operatore turistico. I possibili problemi possono dipendere da
elementi oggettivi (come la perdita di un bagaglio, il riscaldamento guasto, la mancanza
di igiene), da elementi soggettivi (servizio e cortesia del personale turistico) e da
elementi culturali (caratterizzati da comportamenti inadeguati, a causa di una
conoscenza superficiale di usi, costumi, esigenze di alcuni segmenti di turisti). Per i due
consulenti gli approcci alla gestione della crisi e dei problemi durante il viaggio possono
essere quattro:

 Approccio reattivo: quando sorge il problema, lo si valuta e lo si risolve.


 Approccio reattivo organizzato: i problemi vengono valutati caso per caso, ma
comunque si preparano una serie di soluzioni per risolvere tali situazioni.

173
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, pp.168 – 169).

87
 Approccio proattivo: si analizzano i possibili rischi che possono insorgere
durante un’esperienza turistica e creare una strategia di “gestione del
disservizio”.
 Approccio esperienziale attivo: si crea una sorta di “mappa” di tutto il ciclo
esperienziale con l’intento di ridurre i potenziali fattori di insoddisfazione per il
turista, tenendo sotto regolare controllo l’eventuale miglioramento
dell’esperienza e intervenendo con decisione in caso di problemi174.

In prospettiva esperienziale, questa è la “fase delle sensazioni e delle


emozioni”, caratterizzata dalle emozioni provate durante il momento d’interazione tra il
cliente e la destinazione (personale turistico, altri turisti e l’ambiente con la sua
atmosfera), dai sensi coinvolti nella partecipazione del turista ai servizi turistici e alle
varie attività organizzate appositamente per attirare la sua attenzione e dalle
informazioni acquisite sullo svolgimento delle attività dalla partenza da casa alla fine
del viaggio175.

2.8.3 La fase del ricordo

L’ultima fase che un turista vive durante un’esperienza turistica è quella


relativa a tutto ciò che accade nel periodo successivo al viaggio (post-experience). Si
tratta di uno stadio in cui il turista valuta l’esperienza turistica, la comunica e la
condivide con la sua rete relazionale, rievoca il viaggio, decide di approfondire la
conoscenza di ciò che lo ha incuriosito e, infine, esprime un giudizio sugli operatori
turistici.

In pratica «si ripropone alla memoria del turista quanto di positivo elaborato
durante il viaggio e ciò può essere fonte di fidelizzazione, di riacquisto e di
passaparola» (Rossi e Goetz 2011, p.172). A questo proposito, il fondatore
174
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, pp.170 – 171).
175
Cfr. F. FORLANI (2011, p.32).

88
dell’economia comportamentale, Daniel Kahneman176, durante i suoi studi ha
individuato una differenza tra l’esperienza turistica e la sua memoria. In sostanza, egli
sostiene che nonostante esista una connessione diretta tra la soddisfazione di un viaggio
e il tipo di esperienza vissuta (con il relativo ricordo), mettendo a confronto due
esperienze di diversa intensità, nella memoria del turista si forma e perdura il giudizio
migliore indipendentemente dalla maggiore intensità dell’esperienza trascorsa.

Inoltre se è vero che il viaggiatore al termine della vacanza condivide le


proprie esperienze, allora sarà il ricordo dell’esperienza ad influenzare le sue scelte
future. Infatti secondo gli psicologi israeliani Kahneman e Tversky, «le persone non
scelgono in base alle esperienze vissute, ma in funzione dei ricordi di queste esperienze,
pensando al futuro come memorie anticipate» (Kahneman e Tversky 2000 in Rossi e
Goetz 2011, p.177).

Dunque in questa terza ed ultima “fase del ricordo”, gli elementi di rilievo
riguardano le impressioni che il turista “porta via con sé”, in termini di emozioni,
sensazioni e valutazioni concernenti, ad esempio, i benefici conseguiti dall’esperienza
vissuta, i propositi sulla ripetizione del viaggio nella stessa meta turistica o con lo stesso
tour operator e i sentimenti verso la comunità locale che li ha ospitati177.

176
D. KAHNEMAN, A. TVERSKY, Choices, Values, and Frames, Cambridge, Cambridge University Press,
2000, citati in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.177).
177
Cfr. F. FORLANI (2011, p.33).

89
Capitolo 3 – Il “prodotto-esperienza”
nell’era del Travel 2.0
«

»

Tim Berners-Lee178 (L’architettura del nuovo Web, 1999)

3.1 L’impatto di Internet sul mercato turistico

I progressi avuti in campo tecnologico, con particolar riferimento allo sviluppo


di Internet, hanno introdotto numerose e profonde trasformazioni su interi settori
economici e sociali. Ad esempio i confini geografici, che un tempo limitavano l’accesso
a determinati beni e servizi, ora non rappresentano più un problema, in quanto Internet
ha fatto sì che ogni angolo del mondo, anche il più sperduto, prendesse coscienza del
proprio potenziale179 aumentandone la visibilità e concorrenzialità. Come conseguenza
di questo abbattimento delle barriere territoriali e in seguito all’importanza crescente
assunta dalle tecnologie dell’informazione, anche le relazioni commerciali sono
cambiate in modo repentino, poiché ora l’arena competitiva si è allargata su scala
mondiale.

L’industria che più di tutti ha beneficiato di tali progressi è proprio quella del
turismo in quanto, essendo caratterizzata da attività ad alto contenuto informativo, non è
da stupirsi che sia stata fortemente interessata dallo sviluppo di nuove tecnologie di

178
Berners-Lee T.J. (1955 - ): informatico britannico, co-inventore insieme a Robert Cailliau del World
Wide Web. Proprio per questo è stato denominato dal Time Magazine come “persona del secolo”.
st
«He wove the World Wide Web and created a mass medium for the 21 century. The World Wide Web is
Berners-Lee’s alone. He designed it. He loosed it on the world. And he more than anyone else has fought
to keep it open, nonproprietary and free.» (“Tim Berners Lee – Time 100 People of the Century”, in Time
Magazine, in http://it.wikipedia.org/wiki/Tim_Berners-Lee)
179
Cfr. A. POLLARINI in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.I, p.2).

90
informazione e comunicazione. Considerando infatti che l’acquisizione e la
trasmissione delle informazioni costituiscono un aspetto fondamentale per le attività
turistiche e tenendo conto della natura intangibile dei prodotti turistici, appare ovvio che
Internet abbia trovato nel comparto turistico una delle prime e più efficaci
applicazioni180. A tal proposito l’Organizzazione Mondiale del Turismo (in inglese
United Nation World Tourism Organization)181 ha evidenziato l’importanza
fondamentale che ha assunto Internet nel settore dei viaggi e del turismo, «diventando
un cruciale canale di distribuzione attraverso il quale le organizzazioni turistiche
possono promuovere le loro destinazioni raggiungendo un numero di persone di
proporzioni inimmaginabili alle “vecchie” guide turistiche»182. Pertanto il presidio di
questo canale online rappresenta un fattore strategico di massimo rilievo per le imprese
turistiche183, perché «if you are not online, you are not on sale»184 (UNWTO 1999 in
Chabot 2006 – 2007, p.17).

Una considerazione da fare riguarda le attività di ricerca e consultazione di


informazioni, le quali in rete vengono declinate in base alla metafora del viaggio e
dell’esplorazione (come “visitare un sito web” o “navigare su internet”), stando a
confermare ulteriormente lo stretto legame tra Internet ed il mondo del turismo e ad

180
Cfr. F. TODISCO, “L’impatto del web sul mercato turistico”, in Turismo e Web Marketing, Tesi di
Laurea in Economia e Gestione delle Imprese Turistiche, Università degli Studi di Napoli “Federico II”,
non pubblicata, a.a. 2008 – 2009, Cap.I, p. 22.
181
Si tratta di un’agenzia delle Nazioni Unite, con sede a Madrid, specializzata nel coordinamento delle
politiche turistiche e nella promozione di un turismo responsabile e sostenibile.
182
UNWTO, Marketing tourism destinations online: strategies for the information age, Madrid, 1999,
citato in A. CHABOT, “Travel 2.0: Future of Tourism? An investigation into the web 2.0 and its impact on
the travel and tourism industry”, in MA European Tourism Management, Bournemouth University –
Fachhochschule Heilbronn, 2006 – 2007, p.17.
183
Cfr. M. ESPOSITO, “Introduzione”, in L’evoluzione tecnologica nel settore turistico: il caso Galileo, Tesi
di Dottorato in Scienze Aziendali, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, non pubblicata, XXI ciclo,
p.2.
184
«Se non sei connesso, non sei in vendita».

91
indicare l’illusione dello spostamento, dell’evasione che la tecnologia e l’architettura
della rete riescono ad evocare nella mente dell’utente185.

A ciò si deve aggiungere il fatto che Internet non si configura solo come il
mezzo ideale per mettere in contatto, in tempo reale, persone residenti in diverse zone
del mondo che vogliano trasmettersi informazioni, ma anche per creare e proporre
nuove categorie di prodotti. Infatti mentre fino a qualche anno fa veniva semplicemente
utilizzato come «uno strumento di amplificazione e diffusione capillare dell’immagine
di una destinazione, adesso appare come un vero e proprio marketplace, come ‘il luogo’
in cui prendono forma i nuovi mercati e i nuovi prodotti turistici» (Pollarini in Rossi e
Goetz 2011, Cap.I, p.2). Il web, infatti, ha facilitato la creazione di comunità che si
costituiscono attorno ad interessi comuni, facendo emergere nuovi bisogni e, quindi,
nuove modalità turistiche atti a soddisfarli.

In sostanza la comparsa di Internet ha rappresentato una vera e propria


rivoluzione per il mercato turistico, in quanto grazie alla rete è possibile compiere in
maniera molto più facile e immediata alcune attività prima svolte in altro modo, come la
ricerca di informazioni o la comunicazione interpersonale186. Pertanto il turista, avendo
accesso ad una quantità di informazioni che prima gli era preclusa (essendo di esclusivo
patrimonio degli operatori del settore)187, ora può essere l’artefice della propria vacanza,
avendo possibilità di valutare tutte le alternative messe a disposizione dalla rete,
scegliere quelle che più soddisfano le sue esigenze, formare le proprie preferenze,
pianificare il proprio viaggio, esprimere opinioni e fornire suggerimenti ad altri
viaggiatori.

Non solo dal lato della domanda, ma anche dal lato dell’offerta si è avuto un
forte cambiamento poiché, avvalendosi delle nuove tecnologie, le imprese turistiche
«hanno potuto ridefinire non solo la propria struttura organizzativa, ma anche quella
185
Cfr. V. CAROLLO, “Internet a supporto dell’azienda turistica. Il business elettronico nel turismo e le
politiche dell’Unione Europea”, in Rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti e dell’Ambiente, Vol.5, 11
Giugno 2007, Cap.I, p.4.
186
Cfr. F. TODISCO (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, pp. 9 – 10).
187
Cfr. M. ESPOSITO (XXI ciclo, Intr., p.3).

92
relazionale con le altre organizzazioni partner, riuscendo così nel duplice obiettivo di
ottimizzare i costi di gestione da un lato e di aumentare la capacità di generazione di
valore per il cliente dall’altro» (Carollo 2007, Vol.5, Cap.I, p.7). Dunque grazie alle
ICT le imprese turistiche sono ora in grado di aumentare la propria efficienza ed il
proprio potere di mercato, riducendo notevolmente i costi di gestione e ampliando la
propria gamma di prodotti e servizi da proporre al cliente. Come sostiene
l’Organizzazione Mondiale del Turismo, «it can cost no more to be on sale globally as
it does to be on sale locally»188 (UNWTO 1999 in Chabot 2006 – 2007, p.19). Inoltre
fatto da non trascurare è che lo sviluppo delle nuove tecnologie ha favorito anche i
rapporti relazionali fra imprese, portando alla creazione di network allargati attraverso i
quali poter condividere le informazioni relative al mercato e permettere quindi
all’offerta di comprendere e avvicinarsi alle esigenze espresse dalla domanda189.

Con Internet, dunque, l’operatore turistico ha per la prima volta l’occasione di


far conoscere a tutto il mondo la propria offerta, raggiungendo direttamente ogni angolo
del globo senza dover spendere un capitale, facendo sì che «la competizione turistica
diventi realmente globale»190. Sempre più operatori turistici e destinazioni sono entrati
in rete, consapevoli del fatto che ormai il loro vantaggio competitivo si misura nel
mondo online, piuttosto che nei luoghi tradizionali. A tal proposito risulta interessante
prendere in considerazione alcuni dati per valutare l’entità di questo fenomeno, con
particolare riferimento all’e-commerce191 turistico. Secondo una ricerca effettuata nel
2012, in Italia gli acquisti online hanno raggiunto complessivamente i 18.970 miliardi di
euro (nel 2011), con una crescita di fatturato del 32% rispetto al 2004. Dopo il tempo

188
«Costa di più essere in vendita localmente, che globalmente».
189
Cfr. H. WERTHNER, S. KLEIN, Information Technology and Tourism. A Challenging Relationship,
Vienna, Springer Verlag GmbH, 1999, citati in V. CAROLLO (2007, Vol.5, Cap.I, p.7).
190
M. GOETZ, C. MASSARENTI, “Turismo, turisti, Internet”, in E. MARRA, E. RUSPINI, Altri turismi. Viaggi,
esperienze, emozioni, Milano, Franco Angeli, 2010, p.27.
191
Il commercio elettronico (e-commerce) può essere definito come quell’insieme di transazioni per la
commercializzazione di beni e servizi tra produttore e consumatore realizzate attraverso Internet.

93
libero (principalmente giochi d’azzardo), che rappresenta più della metà del mercato
(56,9%), il settore leader nell’e-commerce è il turismo, con il 24,8%192.

Con riferimento al turismo elettronico, Passantino sottolinea come «spesso


venga erroneamente identificato con la compravendita di viaggi e biglietti su Internet. In
realtà si tratta molto di più che la semplice esecuzione di transazioni commerciali con
trasferimento di fondi via Internet, in quanto implica una relazione con l’utente finale
completamente nuova»193. Prendiamo ad esempio il caso di Costa Crociere, dove è
possibile prenotare la propria crociera online, ma la conclusione della trattativa deve
realizzarsi sempre nell’agenzia di viaggi più vicina194.

I numeri sopra citati stanno a dimostrare come quello dei viaggi sia stato uno
dei mercati più colpiti dalle nuove tecnologie di comunicazione. Non è un caso se ciò
sia avvenuto, in quanto esistono dei motivi ben fondati alla base di questo rapporto
molto intenso, corrispondenti alle caratteristiche del prodotto turistico. Si deve, infatti,
tener conto che si tratta di un prodotto intangibile, a volte percepito come “a rischio”,
che necessita dunque di una grande quantità di informazioni prima di essere acquistato,
ma anche che si tratta di un prodotto deperibile e complesso. Pertanto niente meglio del
web può far fronte a tutte queste problematiche. Internet, infatti, ha apportato dei
notevoli vantaggi sia per il consumatore che per le imprese del settore. Per il turista il
web rappresenta lo strumento ideale per195:

 acquisire, in modo economico e in tempo reale, numerose informazioni;


 confrontare più offerte tra cui scegliere quella maggiormente
rispondente alle proprie esigenze;

192
Dati provenienti dal rapporto redatto da Casaleggio Associati, “Rapporto sull’E-commerce in Italia nel
2012”, in Corriere delle Comunicazioni, in
http://www.corrierecomunicazioni.it/upload/images/04_2012/120417164746.pdf
193
F. PASSANTINO, Turismo ed innovazione tecnologica, 2003, p.1, in
http://www.iteam5.net/francesco/consulenza/fpassantino-turismo.pdf
194
Cfr. F. TODISCO (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, p.15).
195
Tratto da un testo di E. SALA, “ICT e Turismo. L’impatto di Internet e delle ICT sull’industria turistica e
le sue implicazioni future”, in Thinktag Smart, p. 4, in
http://www.thinktag.it/system/files/1151/Estratto_XV.pdf?1292012530

94
 pianificare la propria vacanza da casa e in tutta tranquillità;
 evitare agenti di intermediazione;
 effettuare prenotazioni in modo molto più rapido e comodo rispetto ai
metodi tradizionali;
 effettuare una sorta di “prova emozionale” del viaggio, sfruttando
appieno le potenzialità della comunicazione multimediale (foto, video,
tour virtuali).

Anche per l’operatore turistico Internet costituisce un’importante risorsa, in


quanto grazie ad esso può:

 vendere l’inevaso (grazie al suo costante aggiornamento);


 aumentare la velocità delle operazioni e snellire le procedure
amministrative, migliorando i livelli di efficacia e di efficienza della
gestione196;
 evitare problemi logistici, come la distribuzione e la conservazione,
visto che nel turismo l’unica cosa da consegnare è il titolo di viaggio
che può essere sostituito dai voucher;
 acquisire visibilità;
 instaurare un contatto diretto con la propria clientela, soprattutto in
termini di promozione dell’impresa e del marchio, come l’invio di
informazioni e proposte attraverso newsletter o materiali stampati con
maggiori dettagli;
 monitorare i giudizi dei turisti e l’evoluzione delle loro preferenze;
 rivoluzionare i sistemi di distribuzione commerciale, attraverso la
comparsa di agenzie di disintermediazione che favoriscono il settore
Business to Consumer (B2C), ovvero la vendita diretta di servizi come
biglietti aerei e ferroviari;

196
Ad esempio attraverso i sistemi di yield management (o gestione dei ricavi) compagnie aeree e
imprese alberghiere possono variare le tariffe in funzione del reale andamento della domanda, con
l’obiettivo di massimizzare e ottimizzare il volume d’affari in ogni periodo dell’anno.

95
 costruire rapporti di cooperazione interaziendale Business to Business
(B2B), ovvero con imprese dello stesso settore interessate a collaborare,
in modo più semplice e veloce197.

Come scrive Carollo, «la tecnologia ha avuto, ed ha tuttora, un ruolo molto


importante nei confronti del fenomeno turistico, sia come facilitatore della sua crescita
in termini quantitativi, sia come fattore grazie al quale incrementare e garantire la
positività dell’esperienza del turista» (Carollo 2007, Vol.5, Cap.I, p.4).

Affinchè ciò sia vero, è necessario che tutti i soggetti del mondo del turismo a
tutti i livelli comprendano i fenomeni in atto e li inglobino nel loro modo di fare
business, così da guadagnare in posizioni competitive. Infatti in assenza di tale
condizione, se cioè l’impresa turistica non cambia la propria mentalità strategica e
operativa, l’impiego delle ICT può risultare negativo e perfino dannoso, in quanto la
tecnologia non è una specie di bacchetta magica che risolve tutti i problemi
organizzativi anzi, di solito li amplifica, e comunque non c’è soluzione tecnologica che
tenga di fronte alla sete di competizione dei propri avversari198. Pertanto le imprese
turistiche che vogliano adoperare queste tecnologie devono essere molto caute e
professionali nel farlo, in quanto il web rappresenta sicuramente un’opportunità per
incrementare il loro presidio sul mercato, ma può rivelarsi anche una minaccia se non
vengono adottate le misure appropriate199.

3.2 Un po’ di numeri a confronto sul turismo online

Nel paragrafo precedente abbiamo fatto riferimento ad alcuni dati riguardo l’e-
commerce turistico per mettere in risalto il forte impatto che lo sviluppo delle ICT

197
Cfr. F. TODISCO (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, pp. 25 – 26).
198
Cfr. M. ESPOSITO (XXI ciclo, Intr., pp. 5 – 6).
199
Cfr. F. TODISCO (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, p.28).

96
(Information and Communication Technology) ha avuto sul settore turistico. Ora
entreremo più nel dettaglio, considerando in particolar modo l’approccio e
l’atteggiamento del nuovo turista a queste nuove forme di comunicazione.

Sull’onda dell’evoluzione tecnologica, non solo l’offerta si è dovuta adeguare,


ma anche la domanda si è evoluta di pari passo, diventando più sofisticata. Abbiamo
infatti a che fare con un turista dinamico, versatile, non identificabile in un unico
segmento di domanda, ma pieno di interessi e passioni, interessato quindi più a vivere
delle esperienze che assecondino le sue diverse inclinazioni, piuttosto che a visitare
determinati luoghi. Come dicono Rossi e Goetz, «una stessa persona può assumere
identità multiple (per esempio una moglie può essere anche una madre, una dirigente
d’azienda, un’appassionata di musica celtica, una giocatrice di golf, ecc…) rivelando, in
momenti diversi, bisogni differenti»200. Il nuovo turista, inoltre, si trova a proprio agio
con le moderne tecnologie, soprattutto con Internet, attraverso la quale ricerca in totale
autonomia tutte le informazioni di cui necessita e che stimolano la sua curiosità.
Dunque si tratta di un turista più attento, consapevole, esigente, informato, che valuta,
confronta e sfrutta i dati disponibili in rete per crearsi un giudizio personale.

A dimostrazione di ciò, i dati dell’Osservatorio Turismo Online201 attestano


che nel periodo 2010 – 2011 il 78% dei turisti si è rivolto al web come principale fonte
di travel information. In particolare si è riscontrato un doppio trend: mentre da un lato è
aumentato il numero di persone che consultano in modo regolare i siti web per cercare
informazioni e valutare proposte in vista di una vacanza (+6%), dall’altro è diminuito il
numero di persone che fanno affidamento alle agenzie di viaggio (-8%). Il motivo per
cui non si utilizza più l’agenzia come canale informativo risiede nella semplicità del
reperimento delle informazioni tramite Internet e la preferenza dell’auto-informazione,
nel senso che ormai le persone, avendo acquisito fiducia e dimestichezza con il canale

200
A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.3, p.38).
201
Si tratta della terza edizione della ricerca Osservatorio Turismo Online, condotta da Travelpeople.it
con il patrocinio e la collaborazione di Confindustria Assotravel e la sponsorizzazione per questa
edizione di MSC Crociere, in Adriatic Sea Network,
http://www.adriaticseanetwork.it/index.php?page=5&sub=37&idnews=3942#vedi_contenuto

97
online, preferiscono di più operare in totale autonomia, consci delle opportunità che la
rete offre loro in termini di risparmio di tempo e denaro.

Rispetto al periodo precedente, negli anni 2010 – 2011 si è registrato un


incremento anche nell’acquisto di prodotti e servizi turistici online (+11%), voce che si
colloca al primo posto tra i prodotti acquistati sul web (53%). Per quanto riguarda la
tipologia del prodotto e servizio acquistato, la ricerca ha evidenziato che: il 78% degli
utenti ha acquistato almeno un biglietto aereo, il 66% ha effettuato almeno una
prenotazione alberghiera, il 18% ha comprato un pacchetto viaggio, il 18% un servizio
di autonoleggio e il 13% un’assicurazione viaggi. Sul web iniziano ad essere acquistati
anche biglietti di traghetti e crociere.

Un’altra ricerca condotta da Netcomm e Human Highway202 evidenzia come


nel giugno 2012 oltre la metà degli utenti intervistati abbia dichiarato di aver fatto
almeno un acquisto in vista delle proprie vacanze estive: il 31,2% ha comprato un
biglietto di viaggio, il 25,8% un periodo di soggiorno (hotel, appartamento, campeggio,
…) e il 12 – 14% un capo di abbigliamento per le vacanze. È interessante notare che per
quanto riguarda l’acquisto di biglietti, gli utenti prima di completare la transazione
cercano informazioni su Internet per verificarne la qualità o valutare le possibili
alternative, mentre per quanto riguarda la scelta e l’acquisto di soggiorni online, gli
utenti ricorrono e fanno affidamento soprattutto ai giudizi e ai consigli degli altri utenti.
Ciò sta a dimostrare il peso preponderante che sta assumendo il lato social nella fase di
acquisto di prodotti e servizi turistici203.

202
Human Highway è un istituto di ricerca specializzato nell’analisi dei servizi, della comunicazione e del
marketing online. È socio di Netcomm, Consorzio del Commercio Elettronico Italiano, per il quale cura la
misurazione dell’indice mensile sull’e-commerce italiano.
203
Tratto da un post di A. GOLUB, Vacanze 2012: gli italiani le organizzano online, 4 Agosto 2012, in
http://www.milanin.com/members/andrey.golub/weblog/2914.html

98
Fig. 3.1 – Tipologia di beni acquistati per le vacanze estive

Fonte: Netcomm (giugno 2012)

Ulteriore dato da sottolineare è che gli italiani che acquistano online non
rinunciano a essere connessi nemmeno quando si trovano in vacanza. Infatti il 60%
degli intervistati dichiara che andrà in vacanza con un device mobile per la connessione
ad Internet (Pc, tablet, smartphone, ecc…) e tra i due servizi ritenuti più utili da avere
sui propri dispositivi vengono indicati l’email (62,4%) e le mappe geografiche della
città (38,5%)204.

In sostanza queste ricerche confermano l’importanza che Internet ha assunto


per lo sviluppo del settore turistico, apportando radicali cambiamenti sia nei
comportamenti e nelle abitudini dei consumatori che nelle modalità di promozione e
commercializzazione dei servizi turistici. Negli ultimi anni, infatti, si è assistito al
proliferare di una serie di siti web che offrono la possibilità di vivere esperienze e
204
Cfr. A. GOLUB (Agosto 2012).

99
vacanze uniche e indimenticabili, in linea con i tanti gusti dei diversi pubblici e Internet
si è dimostrato un efficace canale di comunicazione in tal senso, sostituendosi man
mano alle varie agenzie di viaggio e agli stessi tour operator che propongono le solite
brochure illustrative, con banali e anonime descrizioni. Dunque, visto la serrata
competizione sul fronte online, risulta necessario e vitale per le imprese far proprie le
enormi potenzialità che il web mette a disposizione, in quanto ignorare o non dare la
giusta importanza al fenomeno significa perdere in termini di competitività e di
visibilità tra la miriade di soluzioni e offerte proposte. In definitiva è necessario che le
imprese turistiche non perdano l’occasione di sfruttare una grande opportunità, ma
prendano consapevolezza che «oggigiorno il turismo parla il linguaggio delle nuove
tecnologie»205.

3.3 La tecnologia protagonista nell’evoluzione del turismo:


dai sistemi CRS/GDS alla Internet Revolution

Il settore del turismo e le tecnologie per l’informazione e la comunicazione


hanno da tempo un rapporto stretto e privilegiato, ma negli ultimi trenta anni esso si è
andato intensificando ancora di più. Questo lasso di tempo è stato infatti caratterizzato
da diverse “ondate tecnologiche”, che hanno contribuito a modificare l’assetto
organizzativo delle imprese turistiche e a permettere la nascita di rapporti collaborativi
con altre organizzazioni del settore. In particolare negli anni ’70 si è assistito alla
nascita dei Computer Reservation System (CRS), che poi negli anni ’80 sono diventati
Global Distribution System (GDS) e a partire dalla seconda metà degli anni ’90 c’è stato

205
FEDERALBERGHI, Internet e Turismo. Più valore per il cliente, più efficienza per l’impresa, Rapporto di
ricerca realizzato da Federalberghi, in collaborazione con l’Istituto Dinamiche e la Facoltà di Economia
dell’Università “La Sapienza” di Roma, Roma, Edizioni ISTA (Istituto Internazionale di Studi e
Documentazione Turistico Alberghiera “Giovanni Colombo”), 2009, p.5. Volume realizzato nell’ambito
del piano formativo Format 1, cofinanziato dal Fondo Paritetico Interprofessionale Nazionale per la
Formazione Continua nel Terziario (For.Te), in
http://www.federalberghi.it/pubblicazioni/internet%20e%20turismo.pdf

100
l’avvento della Internet Revolution206. Tali tecnologie hanno influito profondamente
sulle applicazioni manageriali e organizzative delle imprese turistiche, infatti con le
prime agenzie di viaggio è stato possibile creare, sviluppare e rendere globale la
disponibilità di servizi turistici elementari, essendo le uniche ad avere accesso esclusivo
ai sistemi di prenotazione automatizzati. In seguito Internet ha esteso tale possibilità al
consumatore finale, ridefinendo il sistema di business e la nozione di canale distributivo
dei prodotti turistici207. «Oggi queste “ondate tecnologiche” convivono e competono,
esercitando un impatto strategico sul modo di operare di tutti gli attori del mercato»208.

Il primo approccio delle ICT con il mondo del turismo è avvenuto grazie alla
compagnia aerea American Airlines che nel 1960 sviluppò il primo sistema
computerizzato di prenotazione di biglietti aerei denominato Sabre, acronimo di Semi-
Automated Business Research Environment. Si trattava del primo sistema informatico
grazie al quale tutti gli operatori potevano accedere al database della compagnia ed
effettuare la prenotazione dei voli in tempo reale. Quando nel 1971 anche la United
Airlines introdusse Apollo (divenuto oggi Galileo) come proprio software di
prenotazione aerea e poiché anche le agenzie di viaggio iniziarono ad utilizzare tali
sistemi come principale strumento di biglietteria, divenne necessario avere un’unica
interfaccia che fosse in grado di integrare i vari sistemi di prenotazione delle diverse
compagnie aeree e renderle disponibili attraverso un unico collegamento. Nacque così
la tecnologia CRS (Computer Reservation System), il cui impiego garantì un duplice
vantaggio per la compagnia aerea e per l’agenzia di viaggio: la prima, infatti, godendo
di particolari sconti rispetto agli altri canali di distribuzione, poteva finalmente
promuovere e vendere i propri prodotti, in base al reale andamento della domanda, su
scala mondiale. Mentre la seconda aveva possibilità di accesso alle banche dati di tutte

206
Cfr. D. BUHALIS, “Strategic use of information technologies in the tourism industry”, in Tourism
Management, Vol.19, n.5, 1998, citato in V. CAROLLO (2007, Vol.5, Cap.I, p.7).
207
Cfr. F. PASSANTINO (2003, p.1).
208
M. ESPOSITO, “ICT nel mercato turistico”, in L’evoluzione tecnologica nel settore turistico: il caso
Galileo, Tesi di Dottorato in Scienze Aziendali, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, non
pubblicata, XXI ciclo, Cap.I, p.9.

101
le compagnie aeree informatizzate, percependo una percentuale fissa per ogni
prenotazione andata a buon fine, avendo utilizzato il sistema209.

Negli anni ’80 l’inarrestabile successo dei CRS è progredito al punto da


trasformarli in GDS (Global Distribution System), ovvero sistemi informatici atti alla
gestione e prenotazione non solo di biglietti aerei, ma anche di biglietti ferroviari, di
hotel, auto a noleggio e crociere. Con questi sistemi, dalla tecnologia altamente
sofisticata e la cui espansione è stata travolgente, tanto da coprire l’intera superficie
terrestre, i prodotti turistici hanno visto un’impennata nelle proprie vendite. Per l’agente
di viaggi, infatti, riferirsi a tali sistemi costituiva una prassi consolidata e pertanto al
cliente veniva garantita un’esperienza di acquisto comoda e senza rischio, sia per
prodotti semplici che per pacchetti complessi. In pratica i GDS210 raggiungevano il
cliente finale grazie alle locali agenzie di viaggio, che operavano attraverso una fitta rete
di accordi tra i vari sistemi automatizzati di prenotazione di differenti organizzazioni
turistiche211. «Dunque i GDS non solo hanno consentito ai fornitori “primari” (linee
aeree, catene alberghiere, …) la riduzione dei costi operativi, ma sono stati a pieno
titolo i protagonisti dell’informatizzazione e della globalizzazione dell’industria del
trasporto aereo» (Esposito XXI ciclo, Cap.I, p.13).

In sostanza i principali attori della filiera turistica (agenzie di viaggio, tour


operator, produttori di servizi turistici), con la comparsa delle prime tecnologie e, in
particolare, dei sistemi di prenotazione automatica CRS/GDS, hanno potuto dotare le
proprie strutture di strumenti capaci di connettere in una rete di dimensione globale
l’offerta di servizi turistici, modificando così la struttura del loro mercato212.

209
Cfr. M. ESPOSITO (XXI ciclo, Cap.I, pp.12 – 13).
210
I principali GDS erano: gli americani Sabre e Worldspan e gli europei Amadeus e Galileo (ex Apollo).
211
Cfr. F. PASSANTINO (2003, pp.1 – 2).
212
Cfr. F. TODISCO (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, pp. 36 – 39).

102
Fig. 3.2 – Struttura del mercato turistico con i sistemi CRS/GDS

Fonte: elaborazione Martini 2001213 in Todisco (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, p.39)

Mentre i sistemi CRS/GDS interponevano una barriera tra loro e l’utilizzatore


finale, con al centro l’agenzia di viaggio che fungeva da intermediario e, comunque,
implicavano alti costi di gestione e una competenza specialistica da parte degli operatori
del settore, l’Internet Revolution ha portato con sè importanti cambiamenti in tal senso.
«Internet, infatti, ha messo a disposizione di qualsiasi attore della filiera turistica un
mezzo attraverso il quale raggiungere ed essere direttamente raggiunto dal consumatore
finale» (Passantino 2003, p.2).

A seconda del tipo di orientamento strategico, è possibile identificare cinque


categorie di attori turistici presenti in rete214:

 Organizzazioni produttrici di servizi turistici, che si mostrano in rete


suddivise per categoria di mezzo di trasporto per le aziende che si
occupano appunto dei trasporti in genere (compagnie aeree, ferroviarie,
di navigazione, autonoleggi), mentre per le aziende del settore ricettivo,

213
Cfr. U. MARTINI, “Internet e le imprese turistiche: un’analisi dell’impatto della rete sul funzionamento
del mercato turistico leisure”, in Micro & Macro Marketing, Vol.10, n.2, 2001.
214
Cfr. F. PASSANTINO (2003, pp. 4 – 5).

103
queste possono essere visibili online con un sito proprio o con un sito
comune ad altre aziende partner. Questa tipologia di sito, in particolare,
dà la possibilità di prenotare una camera in più località o in più
categorie di offerta della stessa zona.
 Organizzazioni tradizionali di intermediazione turistica (GDS, tour
operator e agenzie di viaggio), la cui presenza online ha consentito di
estendere il proprio business a livello globale. Per quanto riguarda i
GDS, naturalmente il passaggio alla rete ha comportato una completa
riscrittura delle informazioni relative ai prodotti, al fine di renderle
comprensibili e, così, accessibili all’utente finale. Per quanto riguarda,
invece, i tour operator e le agenzie di viaggio, a volte si tratta di siti
esclusivamente promozionali e istituzionali215, a volte di veri e propri
marketplace, che offrono servizi di prenotazione diretta a prezzi molto
competitivi.
 Organizzazioni di qualità216, che puntano sull’eccellenza e sulla qualità
dei servizi, offrendo ad esempio attività di post-vendita online in modo
da fidelizzare il cliente.
 Portali, ovvero dei “siti vetrina” realizzati a scopo puramente
informativo e che, quindi, non richiedono un aggiornamento costante e
che propongono una gamma di servizi eterogenea, non per forza di
stampo turistico.
 Operatori di nicchia217, che si specializzano su certi prodotti o
argomenti e propongono programmi di fidelizzazione, attraverso
comunicazioni personalizzate (come forum di discussione, raccolta di
diari di viaggio dei turisti, …).

215
Cfr. F. TODISCO (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, pp. 40 – 41).
216
Esempi di organizzazioni di qualità sono i siti: www.discoveritalia.it e www.thetrip.com
217
Come www.agriturismo.net o www.biztravel.com

104
È evidente come la comparsa di Internet non abbia lasciato inalterata la
struttura del mercato turistico, poiché ha rivoluzionato il modo di promuovere e vendere
i servizi turistici e ha dato vita a nuove relazioni. Da una parte, infatti, si sviluppano
nuove forme di Business to Consumer, ovvero grazie agli strumenti offerti dalla rete gli
operatori turistici possono direttamente raggiungere e attrarre il cliente e proporgli i
propri prodotti in modo del tutto innovativo e coinvolgente. Dall’altra parte, invece, sul
canale online si intensificano assumendo nuova vita quei rapporti di cooperazione
interaziendale già ben saldi dal punto di vista tradizionale, in cui imprese appartenenti a
diverse categorie merceologiche decidono di unirsi e “fare impresa”, facendo rientrare
sotto un’unica offerta servizi differenti. In pratica si tratta della possibilità offerta al
cliente di usufruire in un’unica soluzione diverse tipologie di servizi, ad esempio nel
momento della prenotazione di un volo aereo, è possibile effettuare anche la
prenotazione di una camera di albergo e del noleggio di un’auto218.

Fig. 3.3 – Struttura del mercato turistico a seguito dell’Internet Revolution

Fonte: elaborazione Martini 2001 in Todisco (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, p.42)

In virtù di quanto detto è possibile aggiungere che, come sostengono Goetz e


Massarenti, «Internet ha contribuito a riequilibrare l’asimmetria informativa che, dagli
218
Cfr. F. TODISCO (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, p.42).

105
anni ’50 - ’60, con lo sviluppo del turismo di massa, ha giocato a favore degli operatori
turistici e delle agenzie di grandi dimensioni, spesso internazionali, dando un nuovo
potere ai viaggiatori, che hanno potuto trovare in rete un’enorme quantità di
informazioni, di offerte turistiche e di opinioni di altri viaggiatori sulle loro esperienze
di viaggio, in base alle quali poter formare le proprie preferenze di acquisto»219. Grazie
al web le persone possono cercare informazioni, confrontare offerte e pervenire a delle
scelte rispettando le proprie aspettative e i propri interessi in totale autonomia. Pertanto
Internet non deve essere considerato semplicemente come un nuovo mezzo di
comunicazione su cui trasferire i contenuti che precedentemente venivano veicolati
attraverso altri media, come una “vetrina” su cui esporre in maniera statica i propri
prodotti, ma come l’occasione per comunicare e relazionarsi con il potenziale cliente in
modo interattivo220.

La sola presenza sul web non basta più per essere considerata come fattore
imprescindibile di successo, in quanto bisogna riformularla in ottica “customer-
oriented”. È necessario, cioè, che gli operatori turistici comprendano che il loro modo di
promuovere il proprio sistema di offerta non è in linea con il modo con cui gli utenti
utilizzano la rete per cercare informazioni. Infatti i primi concentrano la loro attenzione
sulle caratteristiche del prodotto, mentre i secondi semplicemente sui propri bisogni e su
come soddisfarli. Pertanto al fine di guadagnare in posizioni competitive, risulta vitale
per gli operatori turistici prendere consapevolezza di questa sostanziale differenza e
«riformulare la propria proposta spostando il focus dal prodotto al cliente, dalla
destinazione all’esperienza turistica» (Rossi e Goetz 2011, Cap.III, pp. 33 – 34). In
pratica dal «fornire informazioni per rendere attrattivo il sistema di offerta e per
stimolare le vendite di prodotti turistici, bisogna passare all’analisi dei bisogni del
viaggiatore»221. Solo così il cliente potrà ricevere proposte più attinenti ai propri gusti e
poter scegliere, in tutta serenità, l’esperienza turistica che più desidera vivere in quel
determinato momento.
219
M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.29).
220
Cfr. F. PASSANTINO (2003, p.3).
221
A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.III, p.34).

106
3.4 Dalla rete di contenuti alla rete di persone con il Web 2.0

La necessità di centrare l’offerta turistica sul consumatore e sull’analisi dei


suoi bisogni tanto invocata nel paragrafo precedente dai due consulenti sull’innovazione
della comunicazione turistica Rossi e Goetz è stata di fatto resa possibile grazie
all’evoluzione del web che ormai, come ha detto il suo fondatore Tim Berners-Lee, «the
Web does not just connect machines, it connects people»222. Tale evoluzione ha infatti
contribuito a rendere reale e concreto il concetto di rete inteso come «naturale
estensione delle relazioni sociali, come prolungamento della nostra società in cui la
conoscenza di informazioni e la loro condivisione diventano condizioni necessarie per
la produzione di valore aggiunto»223.

Internet è sempre stato uno straordinario sistema di comunicazione e


conoscenza di informazioni e contenuti, infatti esso nacque proprio a questo scopo, per
mettere in contatto in modo rapido i ricercatori del più importante laboratorio di fisica
europeo riguardo le scoperte fatte in ambito scientifico. In pratica nel 1991 il capo
ricercatore del CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) di Ginevra, Tim
Berners-Lee, colpito da come alcuni suoi colleghi italiani usavano trasmettersi
informazioni tramite linea telefonica da un piano all’altro dell’istituto visualizzando i
contenuti su un monitor, elaborò insieme ad un suo collega, Robert Cailliau, un
software per la condivisione di documentazione scientifica in formato elettronico. Si
trattava della nascita del primo programma per il World Wide Web (WWW), definito
“browser” (o “navigatore”), in grado di usufruire dei servizi di connettività in rete e di
navigare sul web, grazie alla capacità di leggere il linguaggio HTML (HyperText

222
«Il Web non si limita a connettere macchine, ma connette le persone». Tratto dal discorso al Knight
Foundation avuto luogo a Washington il 14 Settembre 2009, in
http://www.webfoundation.org/about/community/knight-2008-tbl-speech/
223
Cfr. L. BISOGNIN, “Introduzione”, in E-democracy 2.0: verso una nuova generazione di democrazia
elettronica?, Tesi di Laurea Specialistica in Politiche dell’Unione Europea, Università degli Studi di
Padova, non pubblicata, 2010, p.4.

107
Markup Language)224 e il protocollo di rete HTTP (HyperText Transfer Protocol)225,
necessari per interpretare i contenuti delle pagine dei siti web e visualizzarli in forma di
ipertesto226. Quest’ultimo concetto è molto importante a proposito, in quanto Tim
Berners-Lee ha concepito tutto il web come un grande ipertesto, in cui tutti i siti di tutto
il mondo possono essere consultati da tutti. Pertanto la pagina web è il solo documento
e la “navigazione” è il passaggio da un sito all’altro, ma anche da una pagina all’altra
dello stesso sito o in un altro punto della stessa pagina, tramite le parole chiave (in
inglese “hyperlink” o “collegamenti ipertestuali”). E l’interfaccia per visualizzare i siti
web e, quindi, le pagine ipertestuali contenute, è proprio il browser.

Dopo i primi anni in cui il primo browser “Nexus” fu usato solo dalla comunità
scientifica e per meri scopi dimostrativi, nel 1993 il CERN decise di metterlo a
disposizione del più vasto pubblico rinunciando ad ogni diritto d’autore. La semplicità
della tecnologia decretò un immediato successo, infatti in pochi anni si assistette al
susseguirsi di vari programmi applicativi, come “Mosaic”, che diventò poi “Netscape
Navigator”, il cui grande clamore presso il pubblico indusse la società informatica
Microsoft, a metà degli anni ’90, a dar vita ad una vera e propria “guerra dei browser”.
Infatti visto che Netscape introdusse delle innovazioni così sofisticate tanto da
rappresentare una potenziale minaccia per i propri interessi, Microsoft indisse una
battaglia prima commerciale e poi di immagine nei suoi confronti, che alla fine vinse
grazie al trionfo che ebbe la pubblicazione del suo browser “Internet Explorer”,
224
Il linguaggio HTML è un linguaggio di marcatura usato per la formattazione (non per la
programmazione) di documenti ipertestuali disponibili in rete sotto forma di pagine web. Ciò significa
che serve a descrivere le modalità di impaginazione o visualizzazione grafica (layout) del contenuto,
testuale e non, di una pagina web attraverso tag di formattazione. Questi ultimi sono delle etichette che
descrivono caratteristiche come la funzione, il colore, le dimensioni, la posizione relativa all’interno della
pagina.
225
Il protocollo HTTP è un protocollo di trasferimento di un ipertesto e viene quindi usato come
principale sistema per la trasmissione di informazioni sul web.
226
Insieme di documenti messi in relazione tra loro per mezzo di parole chiave, solitamente viene
configurato come una rete, in cui i documenti ne rappresentano i nodi. Dunque l’ipertesto consiste in un
collegamento alla parola chiave (opportunamente evidenziata allo scopo), che talvolta appare sullo
schermo anche sotto forma di icona. Selezionando o posizionandosi su tale parola o oggetto e facendo
click con il mouse, oppure dando invio tramite tastiera, si ottiene l’apertura di un altro documento, che
si può trovare sullo stesso programma applicativo o altrove. Quindi le parole chiave funzionano come
collegamenti ipertestuali, che consentono all’utente di navigare verso informazioni aggiuntive.

108
applicabile sul proprio sistema operativo “Windows”, risultato essere il più diffuso al
mondo. Dunque anche se Internet è nato grazie alla mente di “qualche pazzo visionario”
molto tempo prima, comunemente la sua data di nascita si fa risalire proprio a quel
1995, che coincide con ciò che oggi viene definita “era del web”227.

Ma dalla prima comparsa ad oggi la rete non ha accennato ad arrestare la sua


evoluzione. È passata infatti dall’essere uno strumento statico, concepita come l’unico
modo per visualizzare documenti ipertestuali in cui testo e contenuto erano inseparabili
e la cui pubblicazione era di solo appannaggio di utenti esperti dei linguaggi informatici
e «con disponibilità economiche tali da poter coprire l’insieme dei costi della
costruzione e della manutenzione dei siti»228, all’essere uno strumento dinamico e
sociale. In questo nuovo stadio evolutivo l’utente non è più un “navigatore passivo”, al
quale è consentito solo leggere e fruire contenuti pubblicati da altri, poichè ora è lui
stesso che crea informazione (o contribuisce a crearla) e la condivide con il popolo della
rete. Si è passati dunque dal Web degli esordi, definito successivamente Web 1.0 per
differenziarlo rispetto alla versione successiva, caratterizzato dal fatto che l’utente
poteva visitare i diversi siti web, navigare tra le pagine, leggerne i testi, passare da un
sito ad un altro attraverso i vari collegamenti ipertestuali, ma a scopo puramente
informativo, senza nessun tipo di interazione al Web 2.0, in cui il concetto di
collaborazione, condivisione e interazione tra utente e sito diventano fondamentali per
la sua esistenza. Si è passati, in sostanza, dalla rete che connette i contenuti alla rete che
connette le persone229.

Il termine Web 2.0 fu coniato nel 2005 da Timothy O’Reilly230, sostenitore del
software libero e dei movimenti “open source”231, durante una sessione di

227
http://it.wikipedia.org/wiki/World_Wide_Web#La_nascita
228
M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.29).
229
http://reteparcosud.wordpress.com/le-imprese/comunicazione/piacenza-maurizio/dal-web-1-0-al-
web-3-0/
230
Fondatore dell’omonima casa editrice americana O’Reilly Media specializzata nella pubblicazione di
libri e siti riguardanti le nuove tecnologie informatiche.
231
Con il termine “open source” ci si riferisce allo sviluppo distribuito e alla programmazione
collaborativa di software, nel senso che molti programmatori rendono il proprio codice e le proprie

109
brainstorming all’interno di una conferenza organizzata dalla MediaLive International
sulla promozione delle ICT232. Il motivo della nascita di questo neologismo risiede nella
necessità di indicare con un unico termine tutte quelle applicazioni online sorte in
seguito allo scoppio della bolla dot-com che permettono un elevato livello di interazione
tra il sito web e l’utente, dando grande importanza all’aspetto partecipativo e alla sua
implicazione sociale. In pratica O’Reilly si rese conto di quanto vitale fosse stata
l’esplosione della bolla speculativa per la rete, segnando appunto il suo momento di
svolta. Infatti mentre dal punto di vista azionario si è trattato di un totale disastro,
determinando il crollo della Borsa che nell’autunno del 2001 ha interessato le azioni di
quelle società di servizi che sviluppavano la maggior parte del proprio business
attraverso un sito internet di primo livello233, paradossalmente la rete non è stata
intaccata da questa catastrofe. Anzi, in questa fase storica la rete divenne più importante
che mai, con il sorprendente proliferare al suo interno di interessanti applicazioni e siti
che iniziavano a porre l’enfasi sull’apertura, la collaborazione e la condivisione di
contenuti come fattori imprescindibili di successo e sopravvivenza per la società234.

La vastità e la varietà del fenomeno può essere ben rappresentata da una lunga
lista di attività che il nuovo utente può fare avvalendosi delle odierne tecnologie
multimediali235, caratterizzate dagli User Generated Content, ossia contenuti digitali
prodotti dai consumatori, in opposizione agli Information Generated elaborati solo da
società specializzate o dagli esperti di marketing aziendali:

 Pubblicazione di recensioni e raccomandazioni online su beni e servizi;

applicazioni disponibili a tutti, con lo scopo di ottenere una cooperazione per l’ulteriore sviluppo dello
stesso. Metodo conosciuto anche come “peer production”, ossia produzione tra pari.
232
T. O’REILLY, “What Is Web 2.0. Design Patterns and Business Models for the Next Generation of
Software”, in O’Reilly Media, 30 September 2005, in http://oreilly.com/web2/archive/what-is-web-
20.html
233
http://moneypedia7.blogspot.it/2011/05/la-bolla-delle-dotcom-un-po-di-storia.html
234
Cfr. T. O’REILLY (September 2005).
235
Cfr. F. FORLANI, “Il web 2.0 e la comunicazione non convenzionale nel turismo, le opportunità per il
Destination Marketing”, in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI, Comunicazione e branding delle destinazioni
turistiche. Una prospettiva manageriale, Milano, Franco Angeli, 2009, p.6.

110
 Pubblicazione di commenti su popolari siti di news;
 Creazione di un proprio “blog” (dalla contrazione di “web” e “log”)236,
una specie di diario online su cui pubblicare testi, foto e video e poi
condividerli con altri utenti;
 Attività di “podcasting” (da “ipod” e “broadcasting”), ossia scaricare
da un determinato servizio un file audio o video, chiamato “podcast”, e
caricarlo su un altro supporto, come il lettore mp3;
 Creazione di uno spazio personale su un “social network”, trattasi di
una piazza virtuale in cui gli utenti possono conoscersi, incontrarsi e
interagire gli uni con gli altri (i più diffusi sono Facebook e Twitter);
 Attività di “tagging”, ossia assegnazione di parole chiave (“tag”) a siti,
immagini o video per identificarli e che vengono poi consultati e
condivisi dagli altri utenti;
 Attività di “videosharing”, vale a dire condivisione di video su canali
specializzati (il più noto è YouTube);
 Collaborazione a progetti aperti come ad un “wiki”, che consiste in un
sito web che consente ai propri utenti non solo di aggiungere contenuti
(come accade solitamente nei forum), ma anche modificare e
cancellare quelli inseriti da altri, in ottica di ottimizzazione di
informazioni a scopo collaborativo (l’esempio più eclatante è
l’enciclopedia libera Wikipedia).

Un anno dopo la sua comparsa il termine Web 2.0 suscitò molta curiosità, con
circa 9,5 milioni di click su Google237, numeri che indirettamente rivelano l’elevato
livello di gradimento da parte del grande pubblico, consacrandolo così come standard
indiscusso per descrivere la fase evolutiva e dinamica che sta vivendo Internet negli
ultimi periodi. Tale successo è dovuto alla semplicità di utilizzo garantita dalla
rivoluzione delle interfacce grafiche che lo ha reso più comprensibile e accessibile

236
Termine coniato nel 1997 da Jorn Barger per riferirsi alle pagine che gestiva sul suo sito personale.
237
Cfr. T. O’REILLY (September 2005).

111
anche da quella parte di utenti (la stragrande maggioranza) che non possiedono
competenze informatiche. Ad esempio se prima la costruzione di un sito web richiedeva
la padronanza di codici e linguaggi di programmazione, oggi con semplici programmi
guidati (“editor”)238 chiunque è in grado di creare pagine web su cui pubblicare i propri
contenuti e condividerli con altri utenti, con la possibilità di modificarli e personalizzarli
graficamente senza possedere alcuna particolare preparazione tecnica.

Nonostante ciò persiste ancora un forte scetticismo a proposito del suo


significato. Molta gente, infatti, come l’inventore del linguaggio XML (eXtensible
Markup Language)239 Tim Bray240, insiste nel considerare il Web 2.0 semplicemente
come un termine di marketing alla moda ma privo di significato, ‘buzzword’241, usato
solo per persuadere media e investitori sulle opportunità legate ad una tecnologia
apparentemente nuova, ma in realtà immutata nel tempo. Non si tratta di pura
mistificazione, in quanto è lo stesso fondatore a sostenere che «il Web 2.0 non
rappresenta nulla di nuovo»242, visto che tutte le applicazioni che dovrebbero
caratterizzarlo in realtà esistevano già dalla sua nascita. Strumenti interattivi come la
posta elettronica, le piazze virtuali fatte di conversazioni oltre che di transazioni (ad
esempio eBay e Amazon) erano presenti già da tempo.

O’Reilly continua dicendo che il significato di Web 2.0 non può essere
determinato in maniera univoca, poichè esso «non ha confini rigidi, ma piuttosto un

238
Software per la produzione di pagine web che dispongono di un’apposita interfaccia grafica che
permette di creare immagini, testi e componenti in modo semplice ed immediato, convertendo in modo
automatico i testi e la grafica nel linguaggio di programmazione.
239
Si tratta di un linguaggio di markup, ovvero di un linguaggio marcatore basato su un meccanismo
sintattico che consente di definire e controllare il significato degli elementi contenuti in un documento o
in un testo.
240
Cfr. L. GRIVET FOIAIA, Web 2.0, guida al nuovo fenomeno della Rete, Milano, Hoepli, 2007, citato in V.
FREDA, La tecnologia “2.0” in biblioteca: operazione di marketing o innovazione di servizi?, 2010, p.10,
http://www.vincenzofreda.it/primo_livello/chi_sono/saggi/Tecnologia_2.0_in_biblioteca.pdf
241
Termine dispregiativo che, scimmiottando il gergo tecnico, viene spesso usato per illustrare concetti
privi di significato e di moda da parte di persone non tecniche per dimostrare familiarità con
l’argomento della discussione.
242
V. DI BARI, Web 2.0: Internet è cambiato. E voi? I consigli dei principali esperti italiani e internazionali
per affrontare le nuove sfide, Milano, Il Sole 24 Ore, 2007, citato in V. FREDA (2010, p.11).

112
centro gravitazionale»243. Proprio per questo motivo egli elabora nell’ormai famosa
sessione di brainstorming la sua Meme Map, una sorta di “mappa concettuale” in cui
mostra le numerose idee che scaturiscono dal cuore del Web 2.0. In pratica egli
visualizza il web di seconda generazione come «un insieme di principi e procedure che
collegano un autentico sistema solare di siti che dimostrano questi principi, o parte di
essi, ad una distanza variabile dal centro» (O’Reilly 2005 in Bisognin 2010, Cap.III, pp.
46 – 47).

Fig. 3.4 – Web 2.0 Mappa Meme

Fonte: rielaborazione in italiano della Meme Map in O’Reilly Media (September 2005)

243
T. O’REILLY 2005, citato in L. BISOGNIN, “Web 2.0 e Social Software. Il popolo della rete partecipa”, in
E-democracy 2.0: verso una nuova generazione di democrazia elettronica?, Tesi di Laurea Specialistica in
Politiche dell’Unione Europea, Università degli Studi di Padova, non pubblicata, 2010, Cap.III, p.46.

113
In sostanza come afferma lo stesso ideatore «il Web 2.0 di fatto è solo
un’espressione gergale»244, che di per sé non significa niente, ma che nella sua
accezione più ampia rappresenta una rivoluzione epocale nel modo in cui le persone
interagiscono l’una con l’altra. Dunque ciò che evoca veramente di innovativo è
l’attuale percezione del web da parte della collettività. Infatti grazie alla combinazione
di fattori tecnologici e culturali, le persone oggi sono consapevoli della loro centralità
nel processo di creazione di valore e quindi usano gli strumenti multimediali e
interattivi offerti dalla rete con maggior consapevolezza e pragmatismo. Proprio per
questo motivo la rivista americana “Time” nel 2006 ha dedicato la tradizionale
copertina a “You”, ovvero al nuovo navigatore del web, come protagonista dell’anno e,
quindi, della rete. «Yes, you. You control the Information Age. Welcome to your
world»245.

Alla luce di quanto detto è necessario intendere il Web 2.0 non come un
particolare software o come una nuova tecnologia, come il suffisso 2.0 lascerebbe
intendere, ma come una nuova visione di Internet, come un «cambiamento culturale nel
modo di concepire il web»246, grazie al quale gli utenti possono usare la rete in modo
nuovo e innovativo, passando cioè dalla condizione di fruitori, consumatori passivi di
contenuti, a co-creatori di conoscenza e di valore attivi e partecipativi. Bisogna dunque
pensare alla rete come ad una «piattaforma che consente di “liberare” le capacità
creative e relazionali delle persone, come ad una grande “intelligenza collettiva”, in cui
i contenuti vengono generati non dal singolo utente o sito internet, ma dalle
conversazioni, ossia dall’interazione e dalla partecipazione degli stessi alla vita della
rete»247.

244
V. DI BARI 2007, citato in V. FREDA (2010, p.11).
245
«Si, tu. Tu controlli l’Era dell’Informazione. Benvenuto nel tuo mondo», in
http://www.time.com/time/covers/0,16641,20061225,00.html
246
V. FREDA (2010, p.8).
247
F. LAURENT, Marketing 2.0: l’Intelligence Collective, Paris, M21 Editions, 2008, citato in F. FORLANI in
T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, pp.2 – 3).

114
Pertanto «la componente tecnologica incorpora quella sociale»248. Nel Web 2.0
non ci si trova di fronte a improvvise e sorprendenti scoperte tecnologiche o a nuovi
protocolli di trasmissione, ma si assiste all’affermarsi di un percorso di continuous
improvement e di adozione progressiva»249 di tecnologie già esistenti, ma plasmate a
supporto dell’utente che le fruisce in senso bidirezionale. Si è passati, ad esempio, dalla
diffusione dell’AJAX (Asynchronous JavaScript and XML), cioè un uso combinato di
diverse tecnologie per rendere le pagine web più interattive, all’API (Application
Programming Interface), un insieme di procedure disponibili al programmatore che gli
permettono di evitare di riscrivere ogni volta tutte le funzioni necessarie al programma
dal nulla. Ma anche dai feed RSS (Really Simple Syndication), che permettono agli
utenti di ottenere una serie di contenuti aggiornati di frequente, al “mash-up” di dati,
ossia applicazioni che usano ricombinare testi, immagini e video da più sorgenti per
generare un servizio completamente nuovo e in linea con i gusti degli utenti250.

Dunque anche se dal punto di vista strettamente tecnologico non c’è differenza
tra Web 1.0 e Web 2.0, in quanto entrambe si basano sulla stessa infrastruttura di rete, la
differenza risiede proprio nell’approccio con il quale gli utenti si rivolgono al Web.
Questi infatti sono passati dalla semplice consultazione online di siti statici
all’opportunità di contribuire in maniera dinamica e propositiva, popolando e
alimentando la Rete di propri contenuti a basso costo e senza dover possedere
particolari competenze tecniche. Come ha detto il suo fondatore «il Web 2.0 non è una
tecnologia, ma un’attitudine» (O’Reilly September 2005).

248
L. BISOGNIN (2010, Cap.III, p.48).
249
L. GRIVET FOIAIA 2007, citato in V. FREDA (2010, p.7).
250
Cfr. A. MARCHITIELLI, “Web 2.0 e Library 2.0: un’introduzione”, in Atti del seminario Library 2.0: bluff
o rivoluzione?, Venezia, 13 Ottobre 2008, citato in V. FREDA (2010, p.7).

115
3.4.1 La condivisione dei dati sui Social Network e il fenomeno della
“Coda Lunga”

Abbiamo detto in precedenza che i concetti fondamentali su cui si basano le


tecnologie del Web 2.0 sono quelli della partecipazione, della condivisione e dello
scambio interattivo di contenuti. Tale visione collaborativa ha ovviamente influito
sull’utente e sul suo modo di interagire in rete, poichè grazie alla facilità di utilizzo di
queste nuove applicazioni chiunque, a prescindere dalle abilità informatiche possedute,
può accedere al canale online e pubblicare qualsiasi tipo di informazione in modo
semplice ed immediato. Persone di tutto il mondo, infatti, utilizzano le nuove tecnologie
per dare libero sfogo alla propria voce, ai propri sogni, scrivendo, suonando, filmando,
dialogando. Ad esempio cortometraggi, musica di cantanti e band senza etichetta,
articoli di giornalisti senza albo possono trovare spazio su Internet, che dà la possibilità
di pubblicare i propri lavori ovunque e a costo zero251 e renderli visibili ad un pubblico
mondiale. Pertanto ora l’utente non solo è diventato «parte attiva della rete»252, ma
viene considerato come «il vero protagonista della comunicazione»253, in quanto ora il
ruolo di creatore di contenuti appartiene proprio a lui.

Un esempio lampante di “architettura della partecipazione”, concetto


presentato da Timothy O’Reilly nella sua Mappa Meme nell’ormai famosa sessione di
brainstorming durante la conferenza organizzata dalla MediaLive International come
uno dei nodi cruciali di tutta la filosofia del Web 2.0, necessario a favorire la creazione
di sistemi il cui valore aumenti proporzionalmente all’aumentare dei contenuti
pubblicati dai suoi utenti e, quindi, dal grado di condivisione dei dati e, più in generale,
di partecipazione collettiva alle dinamiche della rete, può essere sicuramente
rappresentato dall’enorme successo dei Social Network.

251
Cfr. L. BISOGNIN (2010, Cap.III, p.57).
252
F. TODISCO (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, p.48).
253
F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.5).

116
I Social Network o per meglio dire i Social Network Service sono «reti
informatiche che consentono il costituirsi sul web di relazioni sociali reali o virtuali»254.
In pratica si tratta di strutture sociali composte da individui o organizzazioni, chiamate
“nodi”, connessi tra loro in base ad una o più tipologie di interdipendenza, che possono
essere i legami di amicizia, di parentela, ma anche i rapporti nati sul posto di lavoro o in
seguito alla condivisione di interessi comuni. Ed è proprio questo il fattore che ha
innescato il fenomeno dei Social Network, in quanto grazie alle applicazioni
multimediali le persone non solo possono continuare a coltivare relazioni già attive
lungo i canali tradizionali, ma ne possono intraprendere di nuove e sorprendenti con la
partecipazione alle cosiddette “comunità virtuali”. Si tratta di spazi comuni, creati dagli
stessi utenti, in cui persone di differente sesso, età, estrazione sociale o posizione
lavorativa entrano in contatto a più livelli, dal semplice scambio di informazioni alla
condivisione di valori, emozioni e interessi comuni, instaurando una vera e propria “rete
sociale”.

Nonostante il concetto di rete sociale sia nato diversi anni fa in ambito


sociologico con l’obiettivo di comprendere la natura e le modalità tipiche
dell’interazione umana, solo in seguito all’affermarsi della filosofia del Web 2.0 e al
conseguente sviluppo della cultura della condivisione aperta, la notorietà dei Social
Network è esplosa a livello mondiale, conquistando l’attenzione dei mass media e del
grande pubblico. Questo perchè la rete, con le sue tecnologie interattive e multimediali,
mette a disposizione degli utenti fantastiche applicazioni per poter socializzare e
collaborare, ma anche perché, data la sua natura, è risultata essere un ottimo strumento a
tal proposito, fungendo da intermediario naturale nella relazione tra due soggetti
inizialmente sconosciuti255.

Si tratta di applicazioni di diverso tipo e con diverse finalità, che consentono


quindi di attivare diversi tipi di reti sociali a seconda delle attività e degli argomenti
254
E. MARESCA, G. PASCOLINI, G. DE LUCA, “La Rete Sociale e la Comunità Virtuale”, in Rete sociale &
Social Network Service: affinità e divergenze, Tesina di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e Scienze
della Mente, Università degli Studi di Torino, non pubblicata, 2011, Cap.II, p.10.
255
Cfr. L. BISOGNIN (2010, Cap.III, p.60).

117
della community. Ad esempio si va dal puro social networking, il cui interesse
principale consiste nel bisogno di “fare gruppo”, ossia mantenere i contatti con persone
già conosciute, ma anche cercare di socializzare con altre persone, allargando il proprio
cerchio di amicizie, ai forum di discussione incentrati sulla condivisione delle più
svariate e stravaganti passioni ed interessi. E ancora dalle applicazioni di file sharing
(video, foto, musica) che comunque dispongono di spazi interattivi sui quali gli utenti
possono liberamente interagire, alle chat amorose, luoghi in cui poter incontrare l’anima
gemella, fino ad arrivare alle piattaforme progettate a scopi professionali, dove la
domanda e l’offerta si incontrano per chiedere/offrire lavoro sulla base dei curricula
inseriti.

Tra i vari Social Network ricordiamo quelli più conosciuti e usati al mondo:
Facebook, MySpace, Twitter e LinkedIn.

Facebook è il primo Social Network di massa nella storia del web. Nato nel
2004 da un’idea dello studente dell’Università di Harvard Marck Zuckerberg, allo scopo
di ritrovare i vecchi compagni di scuola, il sito delle “facce” si è presto trasformato in
una piazza virtuale su scala mondiale. Nel 2011 risultavano iscritti più di 700 milioni di
persone, circa il 10% della popolazione mondiale256. Anche se l’idea di tale progetto
non era del tutto originale, visto che servizi di ricerca di vecchi amici, colleghi o
compagni di scuola esistevano già, uno dei suoi punti di forza è consistito nella sua
gratuità e semplicità di utilizzo. Infatti con pochi click chiunque poteva inserire in rete il
proprio profilo, una specie di “carta d’identità online”, curandosi di inserire fotografie e
informazioni atti a descrivere la persona che si è257. I primi contatti si stabiliscono con
gli amici e dopo si comincia con il conoscere gli amici degli amici e la visione dei dati
dettagliati del profilo è consentita solo alle persone appartenenti alla propria cerchia.
Nel corso degli anni il Social Network ha ampliato i propri servizi, introducendo la
possibilità di curare online degli album fotografici personalizzati, di creare dei gruppi e
delle pagine di interesse, di segnalare news, video ed eventi, di creare delle applicazioni,

256
http://www.okpedia.it/social-network
257
Cfr. E. MARESCA, G. PASCOLINI, G. DE LUCA (2011, Cap.II, p.11).

118
giocare online, ecc… In pratica è diventato una sorta di “seconda Internet”, in cui poter
trovare gran parte delle notizie di interesse senza dover ogni volta cambiar sito258.

MySpace è una piattaforma nata nel 2003 che combina il servizio di social
networking con quello di file sharing, consentendo agli utenti di creare una pagina
personale in cui pubblicare foto, video, musica, interessi personali e opinioni. Visto
l’alta frequenza di visite da parte di artisti e gruppi musicali viene considerato come il
primo Social Network verticale incentrato sulla musica. Esso, infatti, consente di
caricare video ed anche Mp3 di brani autoprodotti dai gruppi, contribuendo così a far
emergere talenti altrimenti esclusi dal panorama discografico. Nel 2005 si trasforma in
un fenomeno globale, divenendo il primo Social Network a conquistare la notorietà su
scala mondiale. Ma con l’arrivo di Facebook inizia a perdere la prerogativa, trovandosi
ora al secondo posto, anche perché, con la possibilità di personalizzare le pagine
direttamente con il codice HTML, il suo utilizzo risulta un pò più difficile e riservato
solo ai veri appassionati259.

Twitter si distingue dagli altri Social Network per la particolarità di limitare la


lunghezza dei messaggi a soli 140 caratteri. Nato nel 2006 a San Francisco è il Social
Network dei messaggini, infatti oltre a fornire un perfetto servizio di social networking
si occupa anche di microblogging, ossia della pubblicazione e dell’aggiornamento
costante di piccoli contenuti in rete, sotto forma di testo, immagini, audio e video. Data
la brevità dei messaggi, la comunicazione è molto stringata, simile a quella degli SMS,
ed appare come un continuo cinguettio tra gli utenti (i cosiddetti “tweet”). Tale Social
Network ha conquistato il pubblico per la sua facilità e immediatezza di utilizzo, in
quanto è possibile pubblicare i post non solo tramite il sito stesso, ma anche con
cellulari e smartphone, diventando nel 2011 secondo a Facebook per numero di iscritti.
Inoltre Twitter ha svolto un importate ruolo come fonte di informazione anche per i

258
http://www.okpedia.it/facebook
259
http://www.okpedia.it/myspace

119
mass media tradizionali. Ad esempio nel caso del terremoto in Abruzzo del 6 aprile
2009, i suoi utenti hanno segnalato la notizia prima dei media tradizionali260.

LinkedIn è attualmente il Social Network leader nel settore professionale. Nato


nel 2002 come database delle utenze professionali, nel corso del tempo si è trasformato
in un vero e proprio “business”. Infatti da un lato viene utilizzato per mantenere i
contatti con una lista di persone conosciute e ritenute affidabili in ambito lavorativo, in
modo da cercare offerte di lavoro, opportunità di fare affari grazie all’aiuto di qualcuno
presente all’interno del proprio network. Da un altro lato i datori di lavoro possono
pubblicare offerte di lavoro e individuare i potenziali candidati sulla base delle
esperienze pregresse e dei contatti mantenuti. Questo Social Network viene
particolarmente apprezzato nel mondo lavorativo americano, dove rappresenta una
realtà consolidata, ma anche in Europa inizia ad essere diffuso ed apprezzato.261

Il clamore suscitato dall’affermarsi e diffondersi di questi Social Network,


sorte di piazze virtuali in cui gli utenti si incontrano e si conoscono e dalle cui
interazioni sorgono vere e proprie reti di relazioni sociali, sta nel fatto che grazie al web
mondo reale e mondo virtuale si sono gradualmente avvicinati, sono entrati in contatto
tra loro e oggi sembrano addirittura confondersi262. Infatti le persone che si conoscono e
si ritrovano nella vita reale parlano di quello che accade nei loro Social Network
preferiti e viceversa, fondendo inevitabilmente le due dimensioni. Come ha scritto
Christopher Locke nel suo Gonzo Marketing «Internet ha messo in contatto reciproco
gli individui, e le persone così collegate oggi parlano l’una all’altra di ciò che realmente
ha valore per loro»263.

In ottica manageriale tali conversazioni, ma considerando più in generale tutte


le «piattaforme del Web 2.0 con le quali gli utenti hanno iniziato a pubblicare i propri
contenuti e a costruire il proprio palinsesto personale, in funzione dei loro gusti e delle
260
Cfr. L. BISOGNIN (2010, Cap.III, p.63).
261
http://www.okpedia.it/linkedin
262
Cfr. E. MARESCA, G. PASCOLINI, G. DE LUCA (2011, Cap.II, p.12).
263
C. LOCKE, Gonzo Marketing. Vincere negli affari dando il peggio di sé, Milano, Hops, 2002, citato in F.
FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.7).

120
loro preferenze, hanno favorito lo sviluppo in rete di tante proposte di nicchia, creando
ciò che poi Chris Anderson avrebbe definito come la teoria della “Coda Lunga”, la
cosiddetta “The Long Tail”» (Rossi e Goetz 2011, Cap.III, p.34).

Con tale espressione, comparsa per la prima volta nel 2004 su un omonimo
articolo di Wired Magazine264, Anderson voleva indicare la rappresentazione grafica
riguardante i cambiamenti avvenuti nel settore delle vendite online grazie alle nuove
tecnologie di Internet, cioè il passaggio da un “mercato di massa” ad una “massa di
mercati” 265, ossia ad un sistema diversificato, dalle scelte quasi infinite, che permette di
raggiungere e soddisfare sempre più nicchie di mercato266.

In pratica analizzando il mondo della musica, Anderson si rese conto che nel
mercato tradizionale della vendita al dettaglio i brani più conosciuti al grande pubblico
erano anche quelli più venduti, mentre quelli più ricercati, poco noti a livello di fama,
rimanevano circoscritti all’interno di piccoli gruppi, composti solo da veri appassionati
del genere. Ma con Internet tutto è cambiato, in quanto si è passati dal “mondo della
scarsità”, in cui prevalevano solo le offerte che generavano maggior fatturato, a quello
dell’”abbondanza”, in cui la maggior parte dei guadagni è dovuta ai vari prodotti di
nicchia, piuttosto che ai pochi prodotti di successo.

Dunque mentre prima della comparsa di Internet, le nicchia di mercato non


potevano essere raggiunte per i costi troppo elevati dovuti al magazzino, allo spazio
necessario per l’esposizione e alla minor possibilità per gli utenti di documentarsi, ora
risultano molto più attraenti dei mercati di massa. Anderson ha descritto questo
fenomeno con la metafora delle maree: «mentre le hit sono come delle isole che
spuntano dal mare, l’avvento di Internet può essere rappresentato come una bassa

264
http://www.wired.com/wired/archive/12.10/tail.html
265
Cfr. C. ANDERSON, La Coda Lunga. Da un mercato di massa a una massa di mercati, Torino, Codice
Edizioni, 2007, p.108.
266
Cfr. E. RISSO, Coda lunga: la teoria in breve, 16 Maggio 2011, in
http://newssocial.altervista.org/blog/tag/teoria-della-coda-lunga

121
marea, che ha messo in luce la terraferma (i mercati di nicchia) prima nascosti dal
mare»267.

Fig. 3.5 – La Coda Lunga

Fonte: elaborazione Anderson (2007, p.110)

Il grafico mostra un picco iniziale (“testa”), che rappresenta le vendite dei


prodotti di maggior successo e poi una lunga curva (“coda”) che discende gradualmente
senza mai arrivare a zero, stando ad indicare che da sola riesce a generare
complessivamente più profitto della prima parte, anche se in tempi più lunghi.

Nonostante lo “spazio infinito” del web, non c’è rischio di perdersi in quanto la
rete mette a disposizione dell’utente avanzati strumenti, come consigli,
raccomandazioni, recensioni di altri navigatori e classifiche prodotte sui motori di
ricerca che lo guidano nelle sue scelte e gli consentono di “filtrare” i contenuti. Grazie
al passaparola tra i numerosi blog e tra gli svariati siti di discussione tematici, è
possibile ampliare la conoscenza dell’offerta e, soprattutto, trovare la propria nicchia.
Per concludere con le parole di Anderson, «senza filtri la coda rischia di essere solo
rumore» (Anderson 2007, p.111).

267
Tratto da un articolo di M. DE ACETIS, “Internet ha la coda lunga”, in Torino Scienza, 1 Settembre
2008, in http://www.torinoscienza.it/articoli/internet_ha_la_coda_lunga_1631

122
3.4.2 La viralità con cui si diffondono i dati grazie al potere del
“passaparola”

Ultimamente a stupire è stato un articolo pubblicato dal Corriere della Sera268


che presentava i risultati di una ricerca condotta in collaborazione dal Politecnico di
Milano e dal Mimesi (gruppo Read Business Information) intitolata “La pubblicità che
non si vede”. In pratica è emerso che «ci sono 8 milioni di italiani che cambiano idea su
un prodotto o un servizio che stanno per acquistare lasciandosi convincere da quel che
gli altri dicono e scrivono su Facebook, nei loro blog, su Twitter, nelle community. E ve
ne sono altri 15 milioni che, cosa ancor più rara, dicono di fidarsi di quel che blogger e
commentatori dichiarano online».

Eppure non c’è bisogno di meravigliarsi di fronte a questi dati, in quanto


confermano ancora una volta l’attuale tendenza dei consumatori a fidarsi di più dei
giudizi e delle opinioni espresse da altri utenti sui social media o, come li definì Locke,
“micromedia”269, piuttosto che delle promesse fatte dalla tradizionale pubblicità. Infatti
come disse Locke, «alla gente non interessa più la pubblicità, ma interessano i siti web
dalla voce genuina, composti cioè da gente reale con passioni ed entusiasmo reali»
(Locke 2002 in Forlani, in Pencarelli e Gregori 2009, p.8). E più la fonte viene percepita
come imparziale, svincolata cioè da ogni tipo di interesse diretto (a differenza dei media
tradizionali), più aumenta la credibilità, l’attendibilità del messaggio e più questo si
propaga in rete come una sorta di virus. Infatti dal momento che un utente acquisisce
fiducia nel contenuto di un messaggio, questo lo diffonde ai suoi contatti, che a loro
volta lo comunicano ad altri contatti e così via, diffondendosi a tal punto da raggiungere
tutti gli utenti della rete come una specie di epidemia.

268
Tratto da un articolo di E. PERASSO, “Uno spot? Meglio un commento sui social”, sul Corriere della
Sera – Scienze, 8 Giugno 2012, in http://www.corriere.it/scienze/12_giugno_08/pubblicita-social-
network_a3faab60-b17a-11e1-ba93-c93b078addf8.shtml
269
Cfr. C. LOCKE 2002, citato in F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.8).

123
Bisogna dire che questa specie di “epidemia di informazioni” è sempre esistita,
infatti da sempre ci siamo rivolti ad amici e parenti per avere un consiglio circa dove
acquistare un prodotto o dove organizzare la prossima vacanza e da sempre ci siamo
fidati del parere fornitoci, magari non direttamente dal nostro amico, ma da un amico di
un amico270. Inoltre a nostra volta abbiamo diffuso raccomandazioni positive o negative
riguardo l’esperienza fatta con l’uso di un certo prodotto o il servizio ricevuto in un dato
albergo. Dunque il cosiddetto ‘passaparola’ (in inglese “word-of-mouth”), ossia la
«trasmissione di informazioni, opinioni, considerazioni su un prodotto o brand che
avviene da persona a persona in modo informale»271, è da sempre esistito e da sempre
considerato dal consumatore come una delle più importanti fonte di informazioni272. Il
motivo che sta alla base di ciò è semplice e consiste nel fatto che con il passaparola la
gestione della comunicazione è nelle mani del consumatore stesso, piuttosto che in
quelle degli operatori di marketing e, pertanto, il messaggio veicolato viene ritenuto più
credibile e affidabile273.

Tuttavia mentre in passato il passaparola aveva una vita breve e fulminea,


dall’effetto evanescente, con l’avvento di Internet e soprattutto con lo sviluppo delle
tecnologie collaborative questa caratteristica viene meno, innescando una vera e propria
evoluzione di concetto e di utilizzo. Dall’essere infatti un semplice meccanismo nato tra
i consumatori per scambiarsi consigli circa i disservizi o la buona riuscita di un prodotto
o di un brand, è diventato una sorta di “influenzatore indotto” di scelte. Le imprese,
infatti, prendendo atto delle conseguenze positive o del potere devastante (a seconda che

270
Tratto da un post di R. PERINI, Passaparola (Word of Mouth), 21 Gennaio 2010, in
http://www.riccardoperini.com/passaparola-word-of-mouth.php
271
S. BOLESO, L’importanza del passaparola, 11 Giugno 2012, in
http://stefaniaboleso.wordpress.com/2012/06/11/limportanza-del-passaparola/
272
Cfr. D. GODES, D. MAYZLIN, “Using Online Conversations to Study Word-of-Mouth Communication, in
Marketing Science, Vol.23, n.4, 2004, citati in I. CONFENTE, “Il Word of Mouse: un’evoluzione del word-
of-mouth nel contesto virtuale”, in Analisi e misurazione delle interazioni tra consumatori offline e online
a supporto delle decisioni di marketing, Tesi di Dottorato in Economia e Direzione Aziendale, Università
degli Studi di Verona, non pubblicata, XXIII ciclo, Cap.III, p.95.
273
Cfr. J. BROWN, A.J. BRODERICK, N. LEE, “Word of mouth communication within online communities:
Conceptualizing the online social network”, in Journal of Interactive Marketing, Vol.21, n.3, August 2007,
citati in I. CONFENTE (XXIII ciclo, Cap.III, p.96).

124
le raccomandazioni siano positive o negative circa un determinato prodotto o servizio)
del passaparola, hanno deciso di avvalersi anche loro di tale strumento. In pratica
individuando tra i vari consumatori quelli ritenuti più rispettabili, le imprese hanno
cercato di influenzarli cosicchè questi, grazie alla loro reputazione e affidabilità,
avrebbero influenzato anche gli altri in base al principio del passaparola. La ragione di
ciò risiede nell’evidente tendenza del consumatore a fidarsi più di un prodotto
raccomandato da un amico, che dal personale di vendita274.

Ora grazie alle possibilità offerte dall’ambiente virtuale e sfruttando gli spazi
messi a disposizione dai Social Network e, più in generale, dalle piattaforme online, le
imprese non si limitano a tenere in dovuta considerazione solo gli influenzatori, ma
mirano le loro attività di marketing a tutti gli utenti della rete, focalizzando la loro
attenzione sul forte ruolo assunto dal consumatore nel processo di creazione dei prodotti
e servizi. Oggi tutti possono parlare con tutti di tutto275, innescando così un meccanismo
virale di un’entità tale da essere potenzialmente difficile da gestire in termini di durata e
di intensità e comunque irrealizzabile in un ambiente tradizionale. Sulla base di tale
presupposto nasce una forma di comunicazione non convenzionale276 definita
“marketing del passaparola” (chiamata anche “word-of-mouth marketing” o “buzz
marketing”), che consiste nel cercare di «dare alle persone un pretesto per parlare dei
prodotti e servizi di una data azienda e fare in modo che queste conversazioni

274
Cfr. E. DICHTER, “How Word-of-Mouth Advertising Works”, in Harvard Business Review, Vol.44, n.6,
November - December 1966, citato in I. CONFENTE (XXIII ciclo, Cap.III, p.104).
275
L’aspetto dell’anonimato è molto importante ai fini del meccanismo del passaparola, poiché incentiva
i consumatori ad essere più diretti e a condividere i propri pareri con più sincerità, senza dover trovare
mezzi termini e giustificare quanto detto. E ciò è possible solo attraverso il canale online. (Cfr. R.E.
GOLDSMITH, D. HOROWITZ, “Measuring motivations for online opinion seeking”, in Journal of
Interactive Advertising, Vol.6, n.2, 2006, citati in I. CONFENTE, XXIII ciclo, Cap.III, p.98).
276
Si intende con “forme di comunicazione non convenzionale” tutte quelle soluzioni alternative alle
forme di pubblicità tradizionali, basate su creatività e budget molto ristretti, che hanno lo scopo di
«raggiungere ed impressionare pubblici esterni, ottenendo al contempo consensi da pubblici interni».
Oltre al word-of-mouth marketing, tra queste rientrano anche il “viral marketing”, il “guerrilla
marketing” e l”ambient e street marketing”. (Cfr. F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI, 2009, pp.
10 – 15).

125
trasparenti prendano il via facilmente»277. Il ‘pretesto’ viene anche chiamato “buzz”, che
letteralmente vuol dire “ronzio”, con il quale si intende una sorta di passaparola indotto
dall’impresa con lo scopo di alimentare le conversazioni delle persone attorno ad una
specifica marca, suscitando così curiosità nei suoi confronti278. Il word-of-mouth
marketing consiste, quindi, nel cercare di incentivare e “guadagnarsi” delle
raccomandazioni positive dalle persone stesse279.

Tuttavia l’ininterrotto flusso di parole scatenato dal word-of-mouth può essere


governato solo se le imprese si organizzano in forma di network che, partendo dalla
soddisfazione delle esigenze del singolo cliente, riescono ad appagare i bisogni di tutta
la comunità di potenziali clienti, stakeholder inclusi280. A tal proposito non bisogna solo
soffermarsi sulla “gestione delle relazioni con i clienti”, ma risulta necessario
abbracciare anche quella relativa alla “gestione delle relazioni complessive”. È questo
cambio di paradigma quello che prospettava Gummenson281 con il suo “marketing
relazionale totale”, un marketing che pone enfasi sull’importanza di costruire relazioni
a lungo termine non solo con il cliente finale, ma con tutti i livelli dell’organizzazione, a
prescindere dalla posizione ricoperta.

Pertanto solo combinando le tecnologie del Web 2.0, che pongono l’accento
sul ruolo attivo del consumatore e sull’importanza del passaparola, con il marketing
relazionale totale le imprese potranno ottenere dei risultati davvero sorprendenti in
termini di fatturato e di fiducia. La questione della fiducia è molto importante, in quanto
è alla base di tutto, infatti non basta affidarsi agli strumenti di word-of-mouth marketing

277
Definizione fornita dalla WOMMA (Word of Mouth Marketing Association), associazione costituita nel
2004 negli Stati Uniti e in pochi anni divenuta di riferimento del WOM a livello internazionale, con
membri provenienti da tutto il mondo, come aziende, agenzie e istituti di ricerca.
278
Cfr. B. COVA, A. GIORDANO, M. PALLERA, Marketing non convenzionale. Viral, guerrilla, tribal e i 10
principi fondamentali del marketing postmoderno, Milano, Il Sole 24 Ore, 2007, citati in F. FORLANI in T.
PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.12).
279
Cfr. R. PERINI (Gennaio 2010).
280
Cfr. P. KOTLER, C.J. DIPAK, M. SUVIT, Il marketing che cambia. Un nuovo approccio al profitto, alla
crescita e al rinnovamento, Milano, Il Sole 24 Ore, 2002, citati in F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L.
GREGORI (2009, p.25).
281
Cfr. E. GUMMENSON, Total Relationship Marketing. Rethinking management: from 4Ps to 30Rs,
Oxford, Butterwort-Heinemann, 1999, citato in F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.26).

126
per ottenere credibilità, ma questa si può ottenere solo costruendo relazioni di lungo
periodo sia con il cliente, che con soggetti diversi da lui282. In definitiva solo se si
«smette di guardare le cose dall’alto, ma si comincia a mettersi a fianco del cliente,
ascoltando attivamente ciò che si dice in rete a proposito dei propri prodotti o servizi e
partecipando direttamente alle conversazioni»283, le imprese potranno correggere quei
comportamenti considerati in maniera negativa dai consumatori e indurre la propria
performance ad essere più in linea con le loro aspettative e i loro bisogni, quasi
anticipandoli.

3.5 Turismo + Web 2.0 = Travel 2.0

La forza dirompente del Web 2.0, che abbiamo visto imporsi come una
«democratica acquisizione dell’informazione da parte dei consumatori»284, i quali
possono in totale autonomia creare e aggiungere contenuti in rete, ha coinvolto e si è
diffusa in molti settori della società: dalla medicina (con i forum sulle malattie), alla
gastronomia, alla cultura (vedi il fenomeno dell’enciclopedia libera Wikipedia), perfino
alla politica, le cui attuali elezioni del Presidente della Repubblica da parte di un gruppo
parlamentare hanno visto l’impiego di tecnologie collaborative.

Tale scenario evolutivo non poteva di certo lasciare indifferente il mondo del
turismo, trovandovi anzi terreno fertile per stravolgere la classica offerta turistica online
e proporla in ottica più consapevole e partecipativa da parte dell’utente285. Infatti dacchè
Internet veniva utilizzato semplicemente per trovare informazioni, cercare orari,
confrontare prezzi e prenotare viaggi, ora grazie alle tecnologie messe a disposizione

282
Cfr. S. BOLESO (Giugno 2012).
283
F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, pp. 23 – 24).
284
Tratto da un articolo di C. PÉLOQUIN, “You haven’t heard the last of Web 2.0!”, in Tourism
Intelligence, 27 June 2006, in http://tourismintelligence.ca/2006/06/27/you-havent-heard-the-last-of-
web-20/
285
Cfr. M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.32).

127
dal Web 2.0 le persone possono essere i creatori del proprio viaggio, personalizzandolo
non solo in base ai propri gusti e desideri ma anche in base a quanto circola in rete. La
questione della condivisione risulta molto importante ai fini turistici, poiché ora le
persone prima di effettuare l’acquisto di una vacanza preferiscono ascoltare i racconti di
persone che magari sono già state in quella determinata località sui blog, leggere le
recensioni delle strutture turistiche scelte su TripAdvisor, prendere in considerazione i
commenti e le opinioni pubblicate su Facebook, guardare le foto inserite su Flickr e i
video caricati su YouTube, partecipare a forum di discussione tematici286. Tutto ciò per
affrontare la vacanza con maggior consapevolezza e tranquillità, sapendo che i pareri e i
consigli vengono da persone come noi, che non hanno interessi commerciali e che
pertanto risultano essere le fonti più affidabili nel proporre la migliore offerta al miglior
prezzo. I turisti, infatti, percepiscono come più credibili, utili e aggiornate le
informazioni pubblicate in rete da altri utenti, che raccontano storie ed esperienze
realmente vissute, piuttosto che quelle provenienti dagli operatori turistici, considerati
invece come meri venditori dei propri prodotti287. Come ha detto il fondatore del portale
turistico travel-IQ, Konstantin Schlüter, «personal experience is the best advisor»288
(Chabot 2006 – 2007, p.38).

Bisogna aggiungere però che queste nuove applicazioni non solo hanno
influenzato il comportamento dei turisti, ma hanno anche indotto le stesse industrie
turistiche a ripensare alla loro strategia e a cavalcare l’onda del Web 2.0, concependola
come una straordinaria opportunità per innescare il passaparola su destinazioni
altrimenti sconosciute al grande pubblico e per attirare perfino quei turisti ormai
immuni ai più classici mezzi di comunicazione. Come afferma Corrado Peraboni,

286
Cfr. F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.21).
287
Cfr. U. GRETZEL, Online Travel Review Study. Role & Impact of Online Travel Reviews, Laboratory for
Intelligent Systems in Tourism, Texas A&M University, 2007, citato in A. CHABOT (2006 – 2007, p.38).
288
«L’esperienza personale è la miglior consigliera».

128
Direttore Generale di Fondazione Fiera Milano, il Web 2.0 «è uno strumento ineludibile
per chi lavora oggi nel turismo. O lo si adotta o si rischia di essere scavalcati»289.

Alla luce di quanto detto appare ovvio come negli ultimi anni il mondo dei
viaggi e del turismo abbia inglobato in sè la filosofia del Web 2.0, mutuando da questa
la presa di coscienza del ruolo centrale del consumatore e della relativa importanza di
coinvolgerlo in maniera attiva e interattiva nel processo di creazione dei propri
contenuti e, dunque, nella catena del valore del proprio prodotto turistico. Il forte
emergere di questo trend, che peraltro è in costante evoluzione, ha fatto sì che gli
operatori del settore iniziassero a parlare di “Travel 2.0” o “Turismo 2.0”.

Con tale espressione, entrata ormai nell’uso comune per indicare il nuovo
stadio evolutivo del settore turistico, si intendono tutte quelle applicazioni online
specializzate nel settore dei viaggi che hanno lo specifico scopo di ospitare le esperienze
di viaggio degli utenti, siano esse sotto forma di diari, recensioni, itinerari, foto o video
di viaggi. Si tratta di applicazioni che non solo consentono di prenotare online, ma che
soddisfano il bisogno sempre più impellente degli utenti di condividere opinioni, di
organizzarsi tra di loro per scambiarsi informazioni ed esperienze, di creare e pubblicare
contenuti che fissino emozioni e ricordi (testi, video, foto), di valutare ed eventualmente
modificare i contenuti creati dai loro pari e di creare reti sociali altamente focalizzate su
precisi interessi condivisi290.

Fra i primi siti turistici che hanno sfruttato le nuove tecnologie collaborative di
rete, contribuendo a «rendere reale e concreta la “centralità del consumatore”»291, vi è il
meta-motore di ricerca turistica Side Step. Fondato nel 2000, ma messo in rete nel 2005,
si tratta di un servizio di ricerca avanzata che, interrogando e confrontando
contemporaneamente diversi motori di ricerca e più di 200 siti web dedicati al turismo,
offre al viaggiatore la migliore offerta al miglior prezzo con un solo click. In seguito
289
http://www.spazioimpresa.biz/strategie_di_impresa/nuovo-spazio-per-il-turismo-di-qualita-con-il-
web-20--182.php
290
Tratto da un post di G. VENTRUCCI, La rivoluzione del Travel 2.0, 13 Febbraio 2009, in
http://marketingarena.it/2009/02/13/la-rivoluzione-del-travel-20/
291
M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.32).

129
all’acquisizione di TravelPost (nato come sorta di blog turistico e poi divenuto sito web
di valutazione di strutture turistiche), Side Step iniziò ad offrire uno spazio in cui poter
pubblicare recensioni e guide di viaggio editoriali. Nel 2007 fu venduto al suo stretto
concorrente Kayak, consacrandolo come leader indiscusso della meta-ricerca nel settore
dei viaggi attraverso l’acquisizione di TripUp (un Social Network sui viaggi e sul
turismo) e il lancio di due applicazioni Facebook, che attualmente contano più di 150
mila utenti292.

Ma oltre a questi servizi finalizzati prettamente alla ricerca di offerte e sconti in


ambito turistico, anche i motori di ricerca per così dire “generali” si affacciano in questo
mondo sfruttando le tecnologie del Web 2.0. Ad esempio da un’infografica proposta da
Travopia293 risulta evidente come il motore di ricerca più visitato al mondo, Google,
abbia acquisito e stia acquisendo in maniera quasi incontrastata una maggiore influenza
nel turismo, facendo pensare quasi ad un servizio di “Google Travel”. Esso infatti conta
di svariate applicazioni in questo senso, come i Google Books per le guide di viaggio, i
Google AdWords per il marketing delle compagnie turistiche, i Google Flights per
trovare i voli, i Google Hotels per i dettagli sui prezzi, le stanze, per prenotare pacchetti
vacanze, per noleggiare auto e il tutto pagabile attraverso i Google Wallet o
Checkout294, specie di carta di credito supportate dagli smartphone. Oltre a tutte queste
applicazioni di stampo turistico, il noto motore di ricerca mette a disposizione degli
utenti una ulteriore, denominata Google+, attraverso la quale gli utenti possono svolgere
attività di blogging, inserendo le proprie esperienze sul servizio Blogger, e attività di
file sharing, pubblicando foto e video di viaggi sul servizio di condivisione Picasa.
L’obiettivo degli ideatori di tale progetto è quello di portare sul web «le sfumature e la

292
http://www.crunchbase.com/company/sidestep
293
Piattaforma turistica rivolta a professionisti ed appassionati del settore nata per discutere e
condividere conoscenze circa tutto ciò che ruoti attorno a questo mondo.
294
Tratto da un post di D. GALVANI, L’importanza di Google nel turismo fa pensare a un servizio Google
Travel, 25 Agosto 2012, in http://www.danielegalvani.it/limportanza-di-google-nel-turismo-fa-pensare-
a-un-servizio-google-travel/

130
ricchezza delle interazioni che sono proprie della vita reale»295, possibile solo
condividendo sul web così come nella vita reale.

Fig. 3.6 – Infografica sull’importanza di Google nel turismo

Fonte: elaborazione Prabu in Travopia296

Tuttavia a prescindere dagli strumenti di ricerca fin qui analizzati, che


comunque sono stati accolti con grande entusiasmo da parte del potenziale pubblico
turistico dal momento in cui hanno introdotto e utilizzato i software multimediali, il
vero successo nella sfera del Travel 2.0 è da attribuire alla nascita dei blog personali con

295
V. GUNDOTRA, Progetto Google+: condividere sul Web come nella vita reale, in
http://gplusproject.appspot.com/static/it.html
296
K. PRABU, “Google Can Disrupt Travel Industry With Their Suite of Products – “Google Travel” On The
Cards?”, in Travopia, 15 August 2012, in http://www.travopia.com/2012/08/google-products-in-travel-
industry.html

131
finalità turistiche. Con questi finalmente si concretizza e si risponde all’esigenza dei
turisti di raccontare i loro viaggi, di condividere le loro esperienze non solo con amici,
parenti e familiari, ma con tutti gli utenti della rete. I blog infatti vengono visti dagli
utenti come l’occasione per dare libero sfogo alla propria voce, come uno «spazio
creativo che rappresenta una finestra aperta a cui tutto il mondo si può affacciare»
(Forlani in Pencarelli e Gregori 2009, p.5).

Come conseguenza del proliferare in rete di questi blog di viaggio personali


sono nati una specie di “aggregatori tematici”, i cosiddetti Travelblog, il cui compito è
quello di suddividerli e categorizzarli in base ai temi trattati e all’esperienze di viaggio
raccontate, in modo da garantire una maggiore visibilità e una più ampia condivisione
d’informazioni tra utenti accomunati da stessi interessi e passioni297. Si va ad esempio
da quelli dedicati alla vita urbana (Moleskinecity) a quelli riguardanti tutte le attrazioni
e le località meno conosciute (Atlas Obscura) fino ad arrivare a quelli che propongono
itinerari che possono essere completati in massimo 48 ore, per prendere il meglio di un
weekend fuori porta (48 Hour Adventure).

Questi Travelblog non devono colpire tanto per la quantità di informazioni


turistiche raccolte, quanto piuttosto per l’originalità con cui viene descritto un luogo,
per la sincerità dei racconti e anche per le raccomandazioni chiaramente oneste.
Dimenticando di guide turistiche ormai datate e di brochure pubblicitarie che potrebbero
risultare poco affidabili, ora si fanno largo tanti travelblogger, persone piene di passioni
e sempre aggiornate sugli ultimi brusii della rete, che hanno fatto del viaggio il fulcro
dei loro interessi e che pertanto risultano essere delle fonti accreditate per decidere
l’itinerario della prossima vacanza298.

Oltre ai blog tematici, ai Travelblog e alle attività di file sharing tra turisti, ciò
che caratterizza fortemente il Travel 2.0 è anche il cosiddetto “geotagging”, ossia la
possibilità di associare a qualsiasi oggetto, come foto, video, ma anche siti web, precise

297
Cfr. M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.34).
298
http://navigareinsieme.telecomitalia.it/news/i-migliori-travel-blogger-da-seguire-per-il-2012/

132
e aggiornate informazioni sul suo posizionamento tramite coordinate geografiche e altri
dati (come altezza e velocità), in modo da poter facilmente organizzare, ricercare e
visualizzare graficamente le informazioni su mappe digitali, utili per raggiungere una
destinazione o una struttura turistica. Il servizio che più di tutti garantisce fluidità,
dettaglio e precisione nella rappresentazione grafica delle informazioni è quello di
Google Earth, che anzi permette una navigazione tridimensionale tra le mappe digitali
costruite299.

Sulla scia del successo ottenuto dalla piattaforma wiki300 e dal suo esperimento
ben riuscito di enciclopedia collaborativa multilingua più famosa al mondo (Wikipedia),
anche il Travel 2.0 è stato interessato da tale fenomeno con la nascita nel 2003 di
Wikitravel. Si tratta di un progetto per la creazione di una guida turistica mondiale che
sia completa, aggiornata, affidabile e a contenuto libero. Utilizzando infatti la
tecnologia wiki, i viaggiatori di tutto il mondo possono contribuire alla sua costruzione
inserendo propri contenuti, come esperienze di viaggio, frasari per viaggiatori e
suggerimenti su itinerari. La collaborazione dei viaggiatori, i cosiddetti wikitravellers, si
estende a tal punto da coprire qualsiasi livello di dettaglio geografico che possa essere
utile al turista, tanto da vincere nel 2007 il Webby Award come miglior sito di viaggi.
Inoltre è da aggiungere che nello stesso anno è sorta anche la Wikitravel Press, ditta che
produce e vende guide stampate sulla base del materiale scritto e raccolto dagli utenti di
Wikitravel301.

Altra applicazione mutuata dal Web 2.0 e molto utilizzata dai potenziali
viaggiatori è quella del “social bookmarking”, con la quale gli utenti possono salvare i
link alle pagine web che desiderano ricordare e condividere organizzandoli sotto forma
di elenchi di segnalibri (“bookmark”), creati dagli stessi utenti e liberamente
consultabili. Alla base di questo metodo, in cui non si condividono direttamente le
risorse, ma si condividono i segnalibri di riferimento, vi sono i feed RSS, un modo
299
Tratto da un post di A. BERTOLINI, Cosa è il Foto Geotagging e come si utilizza, 7 Luglio 2007, in
http://abtechno.org/index.php/2007/12/07/foto_geo_tagging_come_si_utilizza
300
Software collaborativo i cui contenuti vengono sviluppati e aggiornati dai suoi stessi utilizzatori.
301
http://it.wikipedia.org/wiki/Wikitravel

133
semplice ma potente di raccogliere i contenuti di maggior interesse dai siti web preferiti
e ricevere i loro aggiornamenti direttamente sulla propria email, senza doverli andare a
visitare ogni volta singolarmente. Al fine di rendere le ricerche dei potenziali turisti più
veloci e mirate e sull’esempio di Delicious, il sito web per eccellenza di social
bookmarking basato sulle modalità di funzionamento degli aggregatori di contenuti, è
nata Travelicious, una piattaforma specifica per il mondo dei viaggi302.

Ma il sito web che più di tutti costituisce l’emblema del Travel 2.0 e che è in
cima alle classifiche tra i siti turistici più cliccati è l’ormai famoso TripAdvisor.
Fondato nel 2000, nel giro di pochi anni ha subito contato cifre da record. Infatti con più
di 35 milioni di recensioni su oltre 200 mila hotel e attrazioni turistiche, più di 30 mila
destinazioni al mondo presenti in elenco e 29 milioni di visitatori ogni mese, costituisce
il “portale di viaggi più grande del mondo”303. Si configura come una sorta di guida di
viaggio mondiale in cui, ad esempio, le recensioni su alberghi e ristoranti, i consigli sul
miglior servizio ricevuto, le informazioni sulla presenza o meno di attrazioni turistiche,
ma anche foto e video delle strutture turistiche visitate vengono inseriti liberamente e
gratuitamente dagli stessi utenti. È proprio questo aspetto che ha innescato un
meccanismo di fiducia e credibilità verso i suoi contenuti, determinando così la sua
popolarità, in quanto TripAdvisor «offre veri consigli da veri viaggiatori» (Forlani in
Pencarelli e Gregori 2009, p.20).

Tuttavia la libertà con cui si possono inserire i contenuti si è rivelata un’arma a


doppio taglio, in quanto chiunque può recensire negativamente un albergo pur non
avendovi soggiornato o pubblicare recensioni più che lusinghiere, ma lontane dalla
realtà304. Sul sito, infatti, pur registrandosi con nome e cognome, i recensori possono
scegliere di rimanere anonimi e pertanto non è possibile verificare se si tratta degli
stessi proprietari delle strutture, che con recensioni negative cercano di denigrare i loro
concorrenti, o di amici e parenti che, pur non avendovi soggiornato, cercano di

302
Cfr. M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, pp.34 – 36).
303
http://it.wikipedia.org/wiki/TripAdvisor
304
Cfr. FEDERALBERGHI (2009, p.10).

134
compiacerli pubblicando commenti a tutto loro vantaggio. Proprio in seguito ad episodi
di questo tipo, il sito ha deciso di aggiungere un suo network di viaggio, grazie al quale
è possibile «identificare i contatti, condividere itinerari e, conoscendo la fonte del
messaggio, fidarsi maggiormente delle opinioni altrui» (Forlani in Pencarelli e Gregori
2009, p.20).

Oltre a condividere informazioni su luoghi e destinazioni turistiche, a


pubblicare commenti sui siti di hotel reviews, i viaggiatori hanno iniziato anche a dar
vita all’anima più autentica del Web 2.0, intessendo relazioni virtuali con persone dalle
stesse passioni ed interessi, con le quali poter condividere la stessa esperienza turistica.
Come evidenziato da Pollarini, «nel corso degli ultimi anni è emerso prepotentemente
un nuovo modello di consumo turistico di carattere “vocazionale” in base al quale
l’agire turistico non è più soltanto un’occasione di svago e di vacanza, ma si configura
piuttosto come il punto di incontro tra il bisogno di identità degli individui e l’identità
dei territori»305. In rete, infatti, stanno sempre più prendendo piede piattaforme verticali
nate allo scopo di fare conoscere ed incontrare potenziali turisti accomunati dalla stessa
“filosofia di viaggio”. Ci sono ad esempio comunità specializzate per i viaggi in rosa,
per sole donne (Permesola), per i viaggiatori single (Solitair), per quelli attenti
all’ecologia (Na.tu.re), per quelli amanti del surf (Glissers), ma ci sono ancora quelle
più di nicchia come Airlinemeals, in cui si condividono le foto dei piatti serviti dalle
compagnie aeree.

In pratica con queste nuove comunità virtuali si sta realizzando ciò che Chris
Anderson aveva previsto con la sua teoria della Coda Lunga, ossia il dilagare e
sopravanzare in rete di tanti “micromercati” che «consentono di spostare quote sempre
più rilevanti di domanda turistica dalla testa alla coda»306. Si evidenzia così un processo
lento di trasformazione del turismo, caratterizzato da diversi stadi. Inizialmente nato
come turismo di massa, tipico dei pacchetti turistici dei villaggi vacanze, caratterizzati
dal motto “stessa spiaggia, stesso mare”, poi con l’emergere dei segmenti si è evoluto in

305
A. POLLARINI 2010, citato in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.39).
306
C. ANDERSON 2007, citato in F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.22).

135
“turismi”. In questa fase il cliente è cambiato profondamente, in quanto è lui che decide
e, pertanto, non si accontenta più di un prodotto standardizzato, ma ne vuole uno su
misura. Tuttavia anche se il prodotto viene orientato sul turista, dando vita a diversi
segmenti turistici (come il “turismo business” e quello “leisure”), di fatto risulta
standardizzato. Ma con lo sviluppo delle nuove tecnologie, che permettono al cliente di
non essere più soltanto un fruitore passivo, ma un soggetto attivo e partecipativo al
processo di creazione del prodotto turistico, si inizia a parlare di “turismo di nicchia”.
Con esso l’offerta finalmente riesce a realizzare prodotti in linea alle richieste della
domanda proprio grazie alla sua collaborazione. Tuttavia il mercato oggi è costituito da
nicchie che non sono costituite semplicemente da qualche decina di appassionati, ma da
decine di migliaia di turisti, che insieme rappresentano la maggior parte del mercato.
Ciò fa sì che queste nicchie si frammentino in tante “micro-nicchie” o
“micromercati”307, come li definisce Anderson, in cui la vacanza viene concepita come
un momento per affermare la propria identità e per condividere un’esperienza con una
“tribù” di propri simili, ossia con persone dagli stessi valori e dalle stesse attitudini.

A tal proposito è interessante notare che nell’era del Web 2.0, in cui le
informazioni turistiche generate dagli stessi utenti hanno iniziato ad occupare sempre
più svariati campi di discussione, contraddistinti da una rilevanza considerevole e da
una ricchezza di contenuti, la segmentazione del pubblico si è sempre più affinata fino a
diventare “auto-segmentazione”308. Essendo sempre più informati e selettivi, alla ricerca
di proposte specifiche e non generiche, i nuovi turisti tendono a consultare quei siti e ad
usare quelle applicazioni in cui potersi identificare, che gli consentono cioè di ritrovare
persone con le quali poter condividere le stesse vocazioni, esperienze, fantasie. Il nuovo
turista, infatti, può essere definito come un “animale sociale”, attivo e partecipativo che,

307
Cfr. J. EJARQUE, “Il turismo liquido”, in Destinations & Tourism. Rivista di Destination Management e
Marketing, n.1, Marzo 2010, pp. 3 – 4.
308
Cfr. M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.37).

136
con un rinnovato bisogno di socialità e riscoprendo il valore delle relazioni, vuol far
sentire la sua voce all’interno del coro di voci della comunità alla quale appartiene309.

In definitiva, visto le smisurate potenzialità interattive e multimediali offerte


dal Web 2.0, visto l’emergere delle “micro-nicchie”, nate in risposta alle esigenze delle
nuove tribù di vivere esperienze di viaggio all’insegna della condivisione di passioni ed
interessi e visto il potere sempre più forte del consumatore nella creazione e diffusione
di contenuti, gli operatori turistici non solo non possono esimersi dal prendere atto della
portata innovativa di questi cambiamenti, ma devono saperli affrontare, prevenire e
utilizzare al meglio, così da ottenere un vantaggio competitivo e risultare agli occhi dei
potenziali turisti appetibili nel panorama mondiale. Come dice Anne Chabot «sembra
che la rete, con tutte queste applicazioni interattive, sia diventata una specie di enorme
guida turistica che immerge il turista nell’esperienza di viaggio ancor prima della sua
effettiva partenza» (Chabot 2006 – 2007, p.28).

3.6 Nuove strategie di comunicazione con il Travel 2.0

È sotto gli occhi di tutti come i tradizionali meccanismi di comunicazione,


socializzazione siano cambiati e, soprattutto, siano in continua evoluzione e
trasformazione, così come i comportamenti e le abitudini delle persone. Oggi un
numero crescente di persone utilizza i social media prima di effettuare la prenotazione
di una vacanza, in quanto, come confermano i dati di una recente indagine310 condotta
dalla London’s Business Design Centre, il 66% di loro ritengono maggiormente
credibili e affidabili i racconti, le esperienze pubblicate dagli utenti stessi, piuttosto che i
messaggi pubblicitari dei marketers. Come ha detto Dale Brill, CMO al Visit Florida,

309
Cfr. F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.4).
310
Indagine condotta il 26 – 27 Giugno 2007 dalla London’s Business Design Centre sull’adozione dei
social media da parte delle aziende turistiche e denominata Online Marketing 2007. (Tratto da un
articolo di J. LICHTENBERG, “Travel meets Web 2.0: a match made in heaven”, in Social Media, 21
September 2007, in www.imediaconnection.com/content/16597.imc)

137
unità ufficiale del Sunshine State, «ad speak and market speak are dead. Consumers
don’t want to hear ad copy. They want to hear first-person from people who are out of
there»311.

Dunque anzichè precludersi la possibilità di sfruttare le enormi risorse messe a


disposizione dalla rete, gli operatori turistici dovrebbero utilizzarle come una delle leve
principali di promozione turistica. A tal proposito è necessario che questi riformulino le
loro strategie di comunicazione, perché oggi «il cliente non è più un gruppo, ma un
individuo con un proprio specifico profilo» (Ejarque Marzo 2010, n.1, p.3). Proprio
perché il mercato è cambiato, la classica comunicazione standardizzata, unidirezionale,
non basta più a garantire un vantaggio competitivo. Ora bisogna essere “unici”, bisogna
differenziarsi dalla concorrenza e ciò è possibile solo attivando una comunicazione che
vada al di fuori dei canoni tradizionali, che sia cioè originale, spiritosa, a dir poco
scenografica e, al tempo stesso, ambigua, discutibile, che faccia parlar di sé e del
prodotto che veicola. Inoltre, per ottenere risonanza tra le fila del pubblico, è molto
importante che la comunicazione coinvolga il cliente in una sorta di rapporto speciale,
personalizzando il messaggio a lui rivolto e rendendolo complice nella messa in atto
della azioni promozionali, in modo che sia proprio lui a diffonderle. In sostanza bisogna
fare un salto concettuale e passare «dal fare comunicazione all’essere
comunicazione»312.

Per far sì che questo salto concettuale si avveri è indispensabile che le aziende
turistiche non rimangano indifferenti ai cambiamenti del mercato, ma compiano una
svolta nel modo di comunicare e promuovere i loro prodotti. Infatti mentre prima
dominavano la scena brochure e campagne pubblicitarie meramente informative e
rivolte ad un pubblico indifferenziato, oggi questo non è più possibile, in quanto il
turista ormai si informa da solo, cercando sul web le notizie che gli interessano e
condividendo e confrontando la sua esperienza con altri utenti. Quindi in questo
311
«La parola pubblicitaria del mercato è morta. I consumatori non vogliono leggere articoli, vogliono
ascoltare esperienze in prima persona». (J. LICHTENBERG September 2007).
312
FOUR TOURISM, “Una nuova comunicazione turistica per assicurare il successo”, in Destinations &
Tourism. Rivista di Destination Management e Marketing, n.3, Luglio 2010, p.2.

138
scenario evolutivo la comunicazione e la promozione turistica devono concentrare le
loro forze ed energia in immaginazione, poichè ora «l’obiettivo principale delle
destinazioni turistiche non è tanto quello di informare i turisti circa la loro esistenza,
quanto quello di catturarne l’attenzione, suscitarne l’interesse e stimolarne la
curiosità»313. Gli strumenti che più di tutti rispondono a tali esigenze sono quelli del
marketing non convenzionale i quali, assumendo forme inedite, creative, pensate per
colpire l’utente, hanno lo scopo di stimolare la conversazione, stabilire delle relazioni
con i potenziali clienti, far conoscere e aumentare la notorietà della destinazione o
dell’azienda turistica che li mette in atto.

A differenza del marketing tradizionale, che parte dal prodotto per definire la
campagna di comunicazione, quello non convenzionale funziona al contrario,
diffondendo un messaggio “camuffato” per poi rivelarne il vero significato. Come
prima azione si lancia un’idea a proposito di una destinazione, di un’azienda o di un
prodotto turistico che sia il più possibile stravagante, in modo da creare scompiglio
nella rete e far sì che costituisca l’argomento di discussione nelle conversazioni online.
Poi una volta che l’effetto virale del passaparola ha preso piede, si lancia il messaggio
vero e proprio che, grazie al clamore suscitato e alla conoscenza acquisita dal mercato,
riesce ad aumentare la visibilità e la reputazione della località turistica promossa. Alla
base di tutto vi è il passaparola. Infatti più il cliente ne rimane sorpreso, incuriosito, più
sarà portato a condividere l’esperienza e a diffonderla in modo incontrollabile,
diventando lui stesso promotore del messaggio314.

Tuttavia considerando che il passaparola è il mezzo di comunicazione più


efficace in ambito turistico, dal potere devastante in caso di commenti negativi, gli
operatori turistici non possono permettersi di lasciare che questa diffusione capillare di

313
J. EJARQUE, “Il nuovo marketing per le destinazioni turistiche”, in Destinations & Tourism. Rivista di
Destination Management e Marketing, n.7, Marzo 2011, pp.3 – 4.
314
Cfr. FOUR TOURISM, “Un nuovo modo di pensare il destination marketing”, in Destinations &
Tourism. Rivista di Destination Management e Marketing, n.6, Gennaio 2011, pp.4 – 5.

139
informazioni “vegeti spontaneamente”315, ma devono prendervi parte attiva con una
precisa strategia in modo da non ottenere risultati controproducenti.

Innanzitutto bisogna avere ben chiara la situazione reale di partenza, la


domanda di mercato, le strategie adottate dai diretti avversari. Poi si deve individuare la
clientela di riferimento con i suoi gusti e i suoi interessi, riconoscere i soggetti più
influenti all’interno di tale comunità e capire come questi scambiano e condividono tra
loro i contenuti, così da creare le occasioni giuste per veicolare e far recepire il
messaggio in modo adeguato. Una volta elaborate tutte queste informazioni, è possibile
mettere in atto la strategia. In questa fase bisogna prestare molta attenzione ai tempi,
alle modalità con le quali deve avvenire il passaparola, ma anche alla grafica e allo stile
delle azioni di marketing, che devono essere riconoscibili agli occhi degli utenti,
facilitando così il processo di “familiarizzazione”. Anche il messaggio e l’immagine che
si lanciano devono essere coerenti con la realtà della destinazione, della struttura
ricettiva o del prodotto turistico che si vuole promuovere, perché non devono creare
falsi miti o disattendere le attese dei potenziali turisti. Momento cruciale è quello del
“follow-up”, ossia quello successivo all’effetto immediato della messa in campo del
messaggio316. Qui, infatti, non bisogna trascurare la relazione instaurata con il cliente,
ma curarla, coltivarla, perché «un cliente soddisfatto sarà maggiormente disposto a
ripetere l’esperienza e a suggerirla ad altre persone, scatenando il prorompente vortice
del passaparola» (Four Tourism Gennaio 2011, n.6, pp. 6 – 7).

Tuttavia per avere una buona riuscita della propria strategia di marketing è
necessario anche avere un buon sito web, perché le persone incuriosite da tali azioni
devono poter essere in grado di trovare in rete la destinazione o azienda turistica che le
ha messe in campo. In particolare, un sito di destinazione per essere efficace e generare
risultati positivi deve avere quattro requisiti fondamentali: contenuti di qualità, una

315
Cfr. F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.19).
316
Cfr. FOUR TOURISM (Gennaio 2011, n. 6, pp. 6 -7).

140
grafica funzionale e accattivante, la possibilità di prenotare e comprare i servizi online
ed essere integrato con i social media317.

Il contenuto deve essere il più possibile aggiornato, dettagliato, accattivante e


tradotto in diverse lingue. In pratica deve fornire informazioni curiose, brevi reportage
di esperienze vissute, video, immagini, commenti e tutto ciò che può attirare e stimolare
l’interesse del potenziale viaggiatore. Inoltre deve anche fornire un quadro completo di
tutto ciò che la destinazione può offrire, in uno spirito di collaborazione con tutti gli
altri attori del territorio.

Anche la grafica è importante, perché è l’interfaccia attraverso la quale l’utente


visita il sito. Pertanto questa da una parte deve facilitare la navigazione, rendendola
immediata e intuitiva, dall’altra deve stimolare curiosità, facendo uso di diverse
applicazioni interattive e multimediali, come i tour virtuali, che consentono all’utente di
immergersi nell’esperienza ancor prima dell’esperienza.

Da non sottovalutare anche l’aspetto dell’e-commerce, che permette all’utente


di prenotare comodamente da casa qualsiasi tipo di prodotto o servizio turistico, dai
biglietti aerei ai pacchetti tutto compreso. Poco interessa se il sito si appoggia su
piattaforme esterne o rimanda ad altri siti, l’importante è che questi strumenti di
commercializzazione siano presenti, in quanto incentivano l’uso e la frequenza da parte
degli utenti, fidelizzandoli in un certo senso.

Ultimo elemento da considerare, ma attualmente di rilevanza primaria per la


sua influenza nelle decisioni di acquisto in ambito turistico, è l’integrazione con i social
media. Oggi per un sito di destinazione è basilare essere presente sui principali portali
tematici, forum, blog, community online e social network perché questi «stanno
diventando dei “filtri” capaci di veicolare importanti flussi turistici»318. Per questo oggi
è così importante esser sui social media, perché «il mercato sono conversazioni

317
Cfr. FOUR TOURISM, “I siti di destinazone”, in Destinations & Tourism. Rivista di Destination
Management e Marketing, n.5, Novembre 2010, pp. 6 – 7.
318
C. ANDERSON 2007, citato in F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.22).

141
aperte»319, sono fatti di persone e non di segmenti, e quindi le relazioni sono il nuovo
reale vantaggio competitivo per le imprese. Dunque per le destinazioni risulta vitale per
la loro sopravvivenza e competitività essere presenti sui sociali media per una serie di
ragioni: perché è lì che ci sono i turisti, perché se non sei in rete rischi di scomparire,
perché è un fenomeno dalle dimensioni troppo grandi da poter ignorare, perché le
persone desiderano conversare con i luoghi dove vanno o andranno in vacanza.

Ma essere presenti sui social media non significa semplicemente creare un


profilo della propria struttura su Facebook o inserire l’applicazione direttamente sulla
home page del proprio sito, ma significa raccontare, dialogare, conversare, creare una
comunità interessata, promuoversi. Ma significa anche ascoltare le “conversazioni di
mercato”320, ossia cosa si dice in rete sul conto della propria struttura, che influiscono in
maniera preponderante sulla propria reputazione. Proprio per questo motivo e allo scopo
di accrescere la fiducia riposta da parte degli utenti, è essenziale che gli operatori
turistici sviluppino al proprio interno un gruppo di persone che quotidianamente si
occupi dei social media, il cui ruolo sia quindi quello di creare informazioni utili e
diffonderle in rete, monitorare e rispondere ai feedback degli utenti, aggiornare blog e
raccontare storie che suscitino interesse, curiosità nella propria offerta. Allo stesso
tempo il cliente racconta, chiede e comunica con gli altri utenti, fornendo informazioni
utili al fine di diffondere e promuovere la conoscenza della destinazione321.

Dunque questi social media devono essere percepiti come una straordinaria
opportunità che il mercato offre alla destinazione turistica per stabilire un contatto
diretto con il proprio cliente, attraverso il quale percepire i suoi umori, i suoi desideri, i
suoi bisogni ed attivarsi affinchè questi siano realizzati nell’offerta di prodotti di nicchia

319
Tesi fondante del Cluetrain Manifesto, sito internet, blog, movimento e testo che Locke ha scritto
assieme a Levine, Searls e Weinberg nel 2000. (Cfr. F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI, 2009,
p.7).
320
A questo proposito uno strumento semplice consiste nel crearsi un “alert” sia con TripAdvisor che
con Google Alert, un servizio di aggiornamenti via email sugli ultimi commenti pubblicati in rete sulla
propria struttura.
321
Cfr. FOUR TOURISM, “Il turismo e il social marketing”, in Destinations & Tourism. Rivista di
Destination Management e Marketing, n.7, Marzo 2011, pp.5 – 6.

142
sempre più ricchi, dettagliati, customizzati e in linea con i loro gusti e le loro tendenze.
In definitiva, una destinazione turistica attua una comunicazione di successo solo «se
parte dalle persone per parlare alle persone e con le persone» (Four Tourism Gennaio
2011, n.6, p.6). E il Travel 2.0 propone proprio questo, «far parlare le persone, perché è
nel web che si coltiva il viaggio»322.

322
http://www.portalidiprenotazione.com/descrizione/travel20.html

143
Capitolo 4 – Il caso Airbnb

4.1 Desiderio di un’esperienza autentica

Finora abbiamo visto come il turismo definito di massa, «identificato da una


domanda di consumo standardizzata e ripetitiva, facilmente programmabile ed
esaudibile»323, oggi non ha più alcuna ragione di esistere, in quanto il turista
postmoderno è alla ricerca di prodotti turistici che gli facciano vivere esperienze uniche,
memorabili, autentiche. La questione dell’autenticità è molto importante ai fini della
soddisfazione del turista. Proprio per questo una delle tendenze emergenti è quella di
proporre un tipo di turismo alternativo, che faccia vivere esperienze indimenticabili
basando la propria offerta su una profonda ricerca di autenticità, di incontro ed effettivo
scambio con le persone del posto. Infatti mentre prima col turismo di massa si era
esposti a ciò che lo storico Boorstin324 chiamava “pseudo-eventi”, ossia attrazioni
progettate a tavolino che ignoravano le reali dinamiche del mondo ad esse circostante,
ora con questo tipo di turismo si esaudisce quella voglia di vivere un’esperienza
naturale, vera, culturale, tipica del turista postmoderno.

Con il termine ‘autenticità’ si intende il desiderio da parte del turista di visitare


i luoghi più significativi con gli abitanti del posto, naturali ciceroni della zona, di
perdersi intenzionalmente per poi scoprire gemme di rara bellezza, luoghi sconosciuti

323
V. CAROLLO (2007, Vol.5, Cap.I, p.14).
324
Cfr. D.J. BOORSTIN, The image: A guide to pseudo-events in America, New York, Harper and Row,
1964, citato in F. GATTI, F. ROMANO PUGGELLI, Nuove frontiere del turismo. Postmodernismo, psicologia
ambientale e nuove tecnologie, Milano, Hoepli, 2006, p.25.

144
anche ai più aggiornati operatori turistici, di frequentare i locali, i luoghi di ritrovo tipici
di quella destinazione e consigliati magari da passanti o da gente conosciuta lì, piuttosto
che dalle patinate guide turistiche, di imparare la lingua nativa e assaporare la cucina
locale, di partecipare insieme alla gente del posto all’esercizio delle loro attività
quotidiane e, in pratica, di «vivere la vita normale e reale della comunità ospitante»325.
Solo smettendo di indossare i panni del turista ma iniziando a prendere parte attiva, in
maniera piena e spontanea alla vita del luogo visitato326, allora il viaggiatore vivrà
un’esperienza davvero autentica, raggiungendo così i più alti livelli di soddisfazione e
gratificazione.

Dunque l’esperienza turistica può essere considerata come autentica solo se il


turista-ospite riesce a superare la “barriera delle apparenze”, tipica di dépliant turistici e
brochure pubblicitarie, per arrivare ad immergersi nella vita vera della popolazione
locale e a respirare la stessa aria che respirano loro, andando oltre quella che
Goffman327 definisce la “front region”, ossia la realtà che viene appositamente
predisposta e mostrata al visitatore, verso la scoperta della “back region”, cioè il
retroscena, l’aspetto più autentico e celato di ogni cultura.

E l’idea di “viaggiare come un essere umano, viaggiare vivendo il territorio


con le persone del posto”328 rientra perfettamente nella filosofia del nuovo portale
online oggetto del nostro caso studio, anzi possiamo dire che la sua mission consiste
proprio in questo. Infatti mettendo in contatto persone che hanno a disposizione uno
spazio in più da affittare con quelle che stanno cercando un posto dove andare in
vacanza, Airbnb consente agli “host” di guadagnare del denaro extra semplicemente
condividendo quello che già possiedono e ai “guest” di immergersi nella cultura locale

325
Cfr. G. GULOTTA, L. MAMIA, Psicologia turistica, Milano, Giuffrè, 1997, citato in F. GATTI, F. ROMANO
PUGGELLI (2006, p.26).
326
Cfr. C. RYAN, Recreational Tourism: A Social Science Perspective, London, Routledge, 1991, citato in F.
GATTI, F. ROMANO PUGGELLI (2006, p.26).
327
Cfr. E. GOFFMAN, The Presentation of Self in Everyday Life, New York, Anchor Garden City, 1959, Tr.
It. La vita quotidiana come rappresentazione, Bologna, Il Mulino, 1969.
328
Cfr. M. GEROSA, R. MILANO, Viaggi in Rete. Dal nuovo marketing turistico ai viaggi nei mondi virtuali,
Milano, Franco Angeli, 2011, p.150.

145
di chi li ospita accedendo a spazi unici in metropoli, città d’arte o angoli di campagna
come mai fatto prima.

Dunque, come vedremo nel corso della trattazione, questo portale per l’affitto e
la condivisione di alloggi “non convenzionali”329 fornisce una risposta al bisogno del
viaggiatore postmoderno di un’esperienza turistica complessa e coinvolgente, da vivere
in modo personale e partecipativo330. Airbnb infatti ha compreso perfettamente che chi
decide di intraprendere un viaggio ormai non è tanto interessato al semplice godimento
di determinati beni e servizi, quanto piuttosto alla possibilità di vivere in prima persona
un’esperienza turistica unica e memorabile331. In altre parole il turista non si accontenta
più della classica offerta standardizzata, che intende il viaggio come la semplice
occasione di svago e relax, ma desidera vivere un’esperienza del tutto diversa e davvero
autentica, che gli consenta cioè un arricchimento del proprio bagaglio culturale, una
crescita interiore, spirituale, un appagamento dei propri sensi, in sostanza che lo
coinvolga emotivamente332.

Avendo compreso inoltre che tale esperienza emerge soltanto in seguito alle
sensazioni provate dal turista nella sua continua interazione con la comunità
ospitante333, l’offerta di Airbnb concentra la sua attenzione proprio sul significato
affettivo, emotivo e sulla carica simbolica del proprio prodotto turistico, ovvero «sugli
eventi memorabili che lo circondano»334. Questo portale, infatti, pone al centro del
proprio business la possibilità data al turista di immergersi nella comunità locale di chi
lo ospita e prendere parte attiva alla vita del territorio viaggiando con le persone del
posto, facendo nuove conoscenze, stringendo nuove amicizie, così da fargli vivere
un”esperienza di vita” nella sua totalità, essendo questo il “vero” prodotto turistico da
329
Tratto da un post di P. BELLELLI, “Airbnb, il marketplace per le case vacanze tra social e mobile”, in
Ninja Marketing, 20 Aprile 2011, in http://www.ninjamarketing.it/2011/04/20/airbnb-il-marketplace-
per-le-case-vacanze-tra-social-e-mobile/
330
Cfr. T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, p.245).
331
Cfr. A. POLLARINI (2010, n.1, p.211).
332
Cfr. V. STORELLI (a.a. 2009 - 2010, Cap.II, p.56).
333
Cfr. Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.VI, p.10).
334
B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in M. MORGAN, J. ELBE, J. DE ESTEBAN CURIEL (2008, n.11,
p.208).

146
lui richiesto e percepito335. Per cui focalizzando la propria offerta sulla capacità di
suscitare emozioni e sul coinvolgimento attivo del turista, che in prima persona può
vivere esperienze autentiche, Airbnb si configura come un modello assoluto di consumo
turistico esperienziale.

4.2 Cos’è Airbnb?

Airbnb è una piattaforma web che consente a chiunque di condividere un


proprio spazio inutilizzato mettendolo in affitto per un periodo di tempo limitato. Ma la
vera novità consiste nel fatto che non è solo un sito di prenotazione di alloggi, ma è ciò
che separa me, viaggiatore, dal mio prossimo affittuario ed “amico” nella località in cui
desidero andare336. Si perché grazie ad Airbnb il turista-ospite non è più considerato
come uno spettatore passivo, estraneo alla “messa in scena” dell’esperienza, ma è
invece un attore coinvolto che partecipa in maniera attiva337 e spontanea alla vita della
collettività, della comunità ospitante, con la quale condivide esperienze dal significato
sociale molto intenso e dalla cui interazione possono sorgere anche rapporti di amicizia
che a volte perdurano alla mera fruizione del viaggio. Attraverso Airbnb, dunque, il
turista non si avvale semplicemente di un posto dove dormire, ma può godere di
un’esperienza di viaggio complessa grazie alle coinvolgenti dinamiche sociali che
emergono dalla sua interazione partecipativa e personale con la realtà della comunità
locale che lo ospita.

335
Cfr. F. BRUNETTI 1999, citato in T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, pp. 242 – 243).
336
Cfr. C. CESARANO, “Pernottare a New York, Berlino, Roma? Airbnb ti trova un posto dove stare
[STARTUP HUNTING]”, in Ninja Marketing, 10 Febbraio 2011, in
http://www.ninjamarketing.it/2011/02/10/pernottare-a-new-york-berlino-roma-airbnb-ti-trova-un-
posto-dove-stare-startup-hunting/
337
Cfr. FORLANI (2005, Cap.VI, p.9).

147
Nata come start-up dalle menti di alcuni giovani studenti, appartenenti alla
nuova generazione di Y-imprenditori338 (uscita proprio dall’incubatore Y Combinator339
fondato dal programmatore informatico Paul Graham)340, che hanno iniziato ad offrire
per primi ospitalità nel loro loft nel 2007, si è ben presto trasformata in una community
di successo. Il segreto di ciò sta nell’aver saputo intercettare i cambiamenti in atto nel
panorama turistico, dovuti soprattutto all’emergere delle tecnologie collaborative di
rete, e a volgerli a proprio favore. I fondatori di Airbnb, infatti, hanno agito con la
consapevolezza che, grazie alle smisurate potenzialità interattive e multimediali offerte
dal Web 2.0, oggi il turista è sempre più informato e selettivo, alla ricerca di proposte
specifiche e non generiche, con un ruolo centrale nel processo di creazione e diffusione
dei contenuti in rete. Si tratta di un “animale sociale”, attivo e partecipativo che, con un
rinnovato bisogno di riaggregazione sociale341, vuole incontrare persone accomunate
dalla sua stessa “filosofia di viaggio” e con le quali instaurare una vera e propria “rete
sociale”.

Considerando quanto detto Airbnb ha dato vita ad una community altamente


identificativa, nata in risposta alle esigenze del nuovo turista di vivere esperienze di
viaggio autentiche e reali e di condividerle con una “tribù” di propri simili, ossia con
persone dagli stessi interessi e dalle stesse passioni342. Tratto caratteristico è quello di
consentire al viaggiatore di muoversi sul territorio smettendo di indossare i panni del
turista per calarsi in quelli del locale, dell’abitante del posto in modo da ‘viverlo’ a tutti

338
Con il termine Generazione Y ci riferiamo solitamente alle persone nate dal 1980 al 2000, che non
vengono identificate per l’appartenenza ad una determinata fase storica, ma per il possesso di una
caratteristica ben poco straordinaria. Infatti la Generazione dei Baby-boomers è stata quella della
Ricostruzione, la Generazione X quella della paura della bomba atomica e della Guerra Fredda, la
Generazione Y invece è connessa. (Cfr. post pubblicato da S. DAELLI, “Generazione Y: la generazione
connessa”, in Market Revolution, 18 Gennaio 2012, in http://www.marketrevolution.it/generazione-y-
la-generazione-connessa/)
339
Si tratta di una joint venture fondata nel 2005 che offre capitale iniziale e finanziamenti alle start-up
in nascita. Tra le principali: Airbnb, Dropbox, Stripe e Reddit.
340
Cfr. post pubblicato da S. DAELLI, “Intervista ad Airbnb: viaggiare in modo umano”, in Market
Revolution, 30 Marzo 2012, in http://www.marketrevolution.it/intervista-ad-airbnb-viaggiare-in-modo-
umano/
341
Cfr. F. FORLANI in T. PENCARELLI, G.L. GREGORI (2009, p.4).
342
Cfr. J. EJARQUE (Marzo 2010, n.1, pp. 3 – 4).

148
gli effetti e non più soltanto ‘visitarlo’. Nata in sordina, tale community grazie
soprattutto ai social network e al potere travolgente del passaparola, ha subito raggiunto
proporzioni inimmaginabili, a conferma del fatto che sempre più turisti sono stanchi del
classico modello di offerta ma aspirano ad esperienze di viaggio da vivere in modo
coinvolgente e personale. Pertanto come dicono i fondatori di Airbnb, «per avere
successo non basta una grande idea, ma bisogna creare una relazione, una
community»343, in quanto sarà questa stessa a dar vita al buzz sui canali online e offline
a decretarne così la popolarità.

Airbnb in pratica si tratta di una community marketplace, con sede principale a


San Francisco (California), per la ricerca e l’affitto di spazi abitativi unici nel genere in
tutto il mondo. E l’unicità è proprio il carattere distintivo di Airbnb. Prendendo il nome
dall’umile materassino gonfiabile (“airbed” in inglese), oggi la community è cresciuta a
tal punto da offrire qualsiasi tipo di alloggio che permetta di dormire comodamente.
Quelli più comuni sono appartamenti e case, interi o condivisi, con tutti i tipi di stili e
comfort: dai moderni loft zen alle incantevoli case vittoriane, dai futon sul pavimento
fino al lusso delle lenzuola di seta. Ma gli annunci pubblicati su questo portale
includono anche castelli, ville, barche, baite, case sugli alberi, igloo, isole private e
perfino interi paesi.

Ed è proprio tale ventaglio di proposte, con le relative esperienze che esse


evocano nella mente del turista, a costituire il vero punto di forza e a rendere Airbnb
leader indiscusso in fatto di turismo esperienziale. Avendo compreso che «l’esperienza
è una percezione che si forma nella mente del turista»344 in base ai suoi gusti, alle sue
esigenze o alle sue aspirazioni, il portale con una gamma talmente eterogenea e carica di
significati simbolici riesce a solleticare la sfera emozionale del turista e a soddisfare il
suo bisogno di vivere esperienze di viaggio uniche. Ascoltando infatti le conversazioni
tra i membri della sua community, Airbnb riesce a proporre una sorta di “soluzioni
turistiche personalizzate”, ovvero modellate secondo i loro desideri, le loro preferenze,

343
C. CESARANO (Febbraio 2011).
344
A. ROSSI, M. GOETZ (2011, p.XVI).

149
in modo da fornire risposte fortemente innovative agli emergenti bisogni di
“esperienzialità” dei turisti345 e da soddisfare così i gusti di tutti i suoi pubblici.

Fig. 4.1 – Gli alloggi unici di Airbnb

Fonte: https://www.airbnb.com/about?locale=en

Di qualsiasi tipo di alloggio si tratti, con pochi click e attraverso un’interfaccia


gradevole e funzionale, Airbnb mette in contatto persone da tutto il mondo che cercano
un posto per dormire con persone della zona che hanno uno spazio extra da affittare (si
badi bene persone ‘reali’ e non agenzie immobiliari). Dunque l’obiettivo, oltre a far
incontrare domanda e offerta per la condivisione di alloggi “non convenzionali”, è
soprattutto quello di offrire un’esperienza di viaggio autentica, favorendo la completa
immersione del turista nella cultura locale grazie alla guida e ai consigli di chi lo
ospita346, che diventano veri e propri ciceroni della città e con i quali poter stringere
sincere amicizie347. Ma se questi non sono disponibili a condividere il soggiorno con i

345
Cfr. J. SUVANTOLA 2002.
346
Cfr. P. BELLELLI (Aprile 2011).
347
http://vocearancio.ingdirect.it/focus/airbnb-il-nuovo-turismo-social-e-low-cost/

150
propri ospiti e preferiscono allontanarsi dall’abitazione non c’è problema, in quanto
Airbnb mette a disposizione un servizio di Concierge telefonico, grazie al quale è
possibile avere delle “dritte” su ristoranti, prenotazioni aeree, assistenza stradale o
informazioni per trovare un medico di guardia.

In questo modo i viaggiatori non si sentiranno disorientati, ma potranno


facilmente muoversi nella città quasi come se fossero dei veri abitanti del posto,
vivendo così un’esperienza originale, del tutto fuori dal comune. Sul sito, infatti, sono
presenti alloggi unici in oltre 34 mila città in 192 paesi appartenenti a diverse fasce di
prezzo. Questo perché il turismo ormai ha acquisito piena centralità nella vita
dell’individuo postmoderno, essendo considerato come un suo diritto primario al pari
del lavoro, della salute e dell’istruzione348 e quindi il viaggio deve essere un’emozione
accessibile a tutti. Ad esempio gli amanti della birra possono scegliere di dormire in una
vera botte della pregiata bevanda ambrata, utilizzata per il suo scopo fino al 1995, e
diventata un singolare letto per due ad Ostbevern (Germania)349 al costo di 99 euro per
notte, oppure, per meno di 140 euro a testa, sentirsi un vero artista in un loft a Los
Angeles.

Pertanto utilizzando questo tipo di portale il turista potrà non solo essere
fisicamente presente su un dato territorio, indotto a visitarlo dall’atmosfera della
vacanza ma lasciando l’ambiente circostante immutato, oppure intrattenersi in attività
piacevoli che gli facciano godere momenti di svago, di relax, di divertimento
assorbendo però in maniera passiva quel che gli accade intorno. Potrà anche immergersi
completamente nella vita locale visitando i luoghi più significativi con gli abitanti del
posto, naturali ciceroni della zona, frequentando i locali, i luoghi di ritrovo tipici di
quella destinazione e consigliati magari da passanti o da gente conosciuta lì,
assaporando la cucina locale, partecipando insieme alla gente del posto all’esercizio
delle loro attività quotidiane. In pratica con Airbnb il turista potrà «vivere la vita
348
Cfr. A. POLLARINI in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.I, p.2).
349
Tratto da un post di M. PODETTI, “Airbnb hotel: una notte in una botte di birra”, in Ninja Marketing,
15 Gennaio 2013, in http://www.ninjamarketing.it/2013/01/15/airbnb-hotel-una-notte-in-una-botte-di-
birra/

151
normale e reale della comunità ospitante»350. Inoltre conoscendo meglio la realtà di chi
lo ospita, il turista potrà vivere anche un’esperienza istruttiva, educativa, di crescita
interiore. Dunque la ricetta per proporre esperienze turistiche uniche e memorabili
consiste proprio nell’includere all’interno della propria offerta la possibilità di vivere
eventi che rientrano negli ambiti (in ordine): dell’estetica, dell’intrattenimento,
dell’evasione e dell’educazione351. E l’offerta di Airbnb si configura come unica nel suo
genere proprio perché riesce a toccare tutte queste dimensioni esperienziali.

Fig. 4.2 – Una notte in una botte di birra

Fonte: https://www.airbnb.it/wishlists/unique-places-to-stay/listings/213370

In soccorso ai turisti che non sanno dove andare, Airbnb ha inoltre creato le
Guide ai Quartieri delle città più importanti al mondo, suddivisi anche per il tipo di
quartiere che si sta cercando e consigliando il mezzo di trasporto più efficace. Ad
esempio a Roma, dove il centro storico è circondato da un’efficiente linea
metropolitana, è preferibile muoversi con questo mezzo con la possibilità di scegliere
tra il quartiere con i ristoranti, quello amato dai Romani, dove si fa musica dal vivo,

350
Cfr. G. GULOTTA, L. MAMIA 1997, citato in F. GATTI, F. ROMANO PUGGELLI (2006, p.26).
351
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.VI, pp.16 – 17).

152
famoso per la vita notturna, quello creativo, per fare shopping, quello prettamente per
turisti, quello storico o dove si concentrano i mercati.

Fig. 4.3 – Conoscere una città a partire dai suoi quartieri

Fonte: https://www.airbnb.it/locations/rome

In aggiunta alle Guide ai Quartieri Airbnb ha pensato bene di creare una


pagina dedicata alle Wish List, ossia una modalità grafica e divertente per salvare,
condividere e scoprire gli annunci più interessanti e gettonati di tutto il mondo. Oltre
che a creare le “personali Wish List”, si possono esplorare anche le raccolte per trovare
spettacolari annunci salvati da qualcun altro. Ce ne sono di diversi tipi: quelle
“popolari” creati dalla community, poi se il proprio account è collegato a Facebook si
possono vedere quelle create dai tuoi amici e loro possono vedere le tue, ma è possibile
setacciare anche i “preferiti di Airbnb”, cioè le raccolte create dal team.

Inoltre queste Wish List vengono suddivise per categoria e tematizzate, per cui
vedremo quelle dedicate alle isole private, alle caverne, al lusso in movimento, alle
forme insolite (come dormire in una casa a forma di navicella UFO), ai trattamenti
regali (castelli, ville, dimore antiche), ma anche al fascino vintage e una intitolata “ciak,

153
si alloggia!”, riguardante tutti i set cinematografici o i luoghi che in qualche modo sono
stati coinvolti nelle riprese dei film e molto altro ancora. C’è un’ulteriore raccolta
denominata “Top 40”, in cui vengono proposti dal team di Airbnb i 40 migliori spazi al
mondo, le proprietà più belle, assolutamente straordinarie e stravaganti, pronte per
essere prenotate e vissute. L’aspetto più importante è che le Wish List consentono di
condividere gli annunci preferiti con i propri amici, di mantenerli segnalati e di avere
accesso a posti ed esperienze inimmaginabili, collaborando con gli altri utenti della
community nell’organizzazione di viaggi da sogno352. Insomma ce n’è per tutti i gusti e
l’unico limite è solo la fantasia.

Grazie a questa strabiliante varietà di proposte Airbnb incontra le esigenze di


un nuovo tipo di consumatore che intende la propria pratica turistica come qualcosa di
più che la semplice occasione di godere di un sano riposo o di staccarsi dalla routine
quotidiana, ma come il pretesto per poter dar spazio ad una propria “vocazione” e, con
essa, a nuovi modi di esprimere la propria identità e, quindi, la propria collocazione
nella società che lo circonda353. Grazie alla sua ampia rosa di alloggi “non
convenzionali” Airbnb propone al viaggiatore spazi che vanno al di fuori delle
convenzioni e delle restrizioni che la vita ogni giorno gli impone e in cui egli possa
vivere un processo di crescita interiore, di riscoperta di sé, ma anche di affermazione di
una vita reale o ideale354. Infatti chi ad esempio volesse sentirsi almeno per una volta
una vera principessa con Airbnb questo desiderio si può realmente esaudire con la
possibilità di prenotare una notte, una settimana, ma anche un mese in un castello
oppure per gli amanti del surf Airbnb dà la possibilità di esprimere tale passione in
luoghi appositamente selezionati (in base alla conformazione geografica, all’intensità
dei venti, alla disponibilità di attrezzatura dedicata) in cui potersi ritrovare con una
“tribù” di propri simili e condividere con loro le stesse esperienze di viaggio.

352
https://www.airbnb.it/help/question/337
353
Cfr. A. POLLARINI (2010, n.1, p.211).
354
Cfr. W. FRAMKE (2002, n.2, Vol.2).

154
Per prenotare il proprio alloggio o offrire ospitalità basta registrarsi
gratuitamente sulla community del portale online o tramite il proprio cellulare e mettersi
in contatto con gli altri utenti, seguendo una simpatica video-guida355 che spiega come
funziona e quali sono i vantaggi e i guadagni che si possono trarre dal suo utilizzo. Si
perché grazie ad un servizio di assistenza clienti disponibile tutti i giorni e tutto il giorno
e ad una community di utenti sempre in crescita, Airbnb è il modo più semplice e sicuro
per conoscere nuove persone con la passione dei viaggi, diventare parte di un network
globale, condividere storie su meraviglie esotiche e guadagnare dall’affitto della propria
casa o del proprio spazio inutilizzato. A tal proposito c’è una sezione sul portale
chiamata Life dove sono pubblicate infinite testimonianze di persone che sono riuscite a
trarre profitto grazie ad Airbnb, trasformando le proprie camere in un business. Ad
esempio c’è chi, proprio con i guadagni extra provenienti dall’impiego di questo
portale, è riuscito a risparmiare per qualcosa di speciale, come un matrimonio, chi per
comprare una casa più grande, per pagare il mutuo di ogni mese, per pagare le bollette,
per finanziare la ristrutturazione della propria casa. Ma c’è anche gente che con i soldi
guadagnati con Airbnb è riuscita a godere di una pensione migliore, a viaggiare, a fare
shopping e a lasciare il proprio lavoro per inseguire i propri sogni, poiché è diventato il
reddito principale e quindi ora si è imprenditori di sé stessi356.

Insomma come dice Andrea La Mesa, managing director di Airbnb con sede in
Italia, questo portale non va inteso come una specie di competitor rispetto all’industria
del turismo tradizionale, quanto piuttosto un servizio ad esso complementare357, poiché
va a coprire delle esigenze di mercato che nessuno, finora, ha mai coperto. Airbn infatti
offre la possibilità di vivere un turismo alternativo in alloggi non convenzionali e sarà
poi il turista a scegliere che tipo di esperienza affrontare e, quindi, in quale tipologia di
alloggio soggiornare. In particolare, dal lato della domanda vengono appagate le
esigenze di chi vuole una sistemazione adatta alle proprie necessità, ad un prezzo

355
https://www.airbnb.com/info/how_it_works
356
https://www.airbnb.it/life
357
Cfr. A. LA MESA in S. DAELLI (Marzo 2012).

155
ragionevole e con il benefit aggiunto dell’esperienza locale e dell’amicizia358. Infatti
Aribnb propone un modo di viaggiare del tutto unico, ossia ‘vivere’ i luoghi che si
visitano e creare veri e propri legami tra host e guest di tutto il mondo. Mentre dal lato
dell’offerta chiunque può cogliere l’occasione di entrare in questo settore
semplicemente pubblicando in modo facile e sicuro un annuncio, corredato di foto che,
tramite la community, sarà visibile in tutto il mondo. Proprio per questo il magazine
americano “Time” nel 2009 lo ha definito come «l’eBay degli alloggi»359.

C’è da dire che oggi ci troviamo nell’era della “sharing economy”,


nell’economia dello scambio, del consumo collaborativo, in cui l’accesso e l’uso di un
determinato bene o servizio sono più importanti che il suo semplice possesso, anche
perché così facendo si possono risparmiare un bel po’ di soldi360. Qualsiasi cosa si
voglia prendere in prestito o affittare, un appartamento, una bicicletta, una macchina, un
tosaerba o una tenda da campeggio è possibile trovare un sito, o meglio, un marketplace
con la formula peer-to-peer, basata cioè sulla possibilità di guadagnare risparmiando,
che faccia al caso nostro. E Airbnb si è inserita perfettamente in questo contesto
applicando la filosofia della sharing economy al mondo del turismo, in modo che
chiunque possa accedervi in modo semplice, veloce e conveniente. Pertanto per
ritornare alla considerazione fatta inizialmente, è tanto più vero che «Airbnb propone un
servizio integrativo al consueto concetto di hospitality quanto più si considera che
questo nuovo approccio al turismo sta trovando pieno sviluppo proprio nei mercati più
saturi in questo senso» (La Mesa in Daelli Marzo 2012).

358
Tratto da un post di A. CARCIOFI, “Dal low cost al no cost? Come viaggiare nell’era del consumo
collaborativo”, in Ninja Marketing, 22 Novembre 2010, in
http://www.ninjamarketing.it/2010/11/22/dal-low-cost-al-no-cost-come-viaggiare-nellera-del-
consumo-collaborativo/
359
«Airbnb is a sort of eBay for places to stay», in
http://www.time.com/time/specials/packages/article/0,28804,2087815_2088173_2088177,00.html
360
Tratto da un post di E. SWALLOW, “The Rise of the Sharing Economy”, in Mashable, 7 February 2012,
in http://mashable.com/2012/02/07/sharing-economy/

156
4.3 Tre imprenditori con una grande idea

Prima di andare ulteriormente avanti risulta necessario, utile e divertente capire


come sia nata questa brillante idea. Nel 2007 due studenti della Rhode Island School of
Design, Joe Gebbia361 e Brian Chesky362, si trasferirono in un loft a San Francisco, città
che in quel periodo era stata scelta come teatro per la conferenza annuale della
Industrial Design Society of America (ISDA)363. Si trattava di una conferenza molto
importante per il mondo del design e di forte richiamo per gli appassionati del settore, i
quali ovviamente si riversarono tutti nella città per assistere all’imperdibile evento,
facendo sì che la disponibilità delle camere degli alberghi fosse completamente satura.
A questo punto i due studenti, vivendo il credo della loro facoltà “la creatività può
risolvere i problemi”364, decisero di aiutare chi non era riuscito a trovare una
sistemazione offrendo un posto letto, con una gustosa prima colazione e un pizzico di
ospitalità locale a tre sconosciuti arrivati per assistere all’evento. In questo modo Joe e
Brian riuscirono a tirar su qualche soldo e pagare così l’affitto della loro abitazione ,e
gli sconosciuti, dal canto loro, per soli 6 dollari365 hanno potuto vivere la città non da
turisti, ma da “abitanti del posto”, portando a casa il ricordo di un’esperienza davvero
autentica.

361
Joe rappresenta l’esperienza Airbnb, visto che si dedica a creare un’esperienza stimolante e
accessibile per gli utenti tramite un design chiaro e intuitivo, e a strutturare il prodotto per renderlo tale.
Apprezza i prodotti che semplificano la vita e che hanno un impatto positivo sull’ambiente,
assicurandosi che la società rispetti questi valori. Il suo sogno è quello di dormire una notte al The
Eames Case Study House No.8 a Pacific Palisades (California), ciò che lui considera “un artefatto vivente
di grande design”.
362
Brian dirige la vision, la strategia e la crescita di Airbnb. Mira a stravolgere il settore turistico con idee
che possano cambiare il modo in cui la gente viaggia. Per capire a pieno l’impatto dell’esperienza
possibile con Airbnb, nel Giugno del 2010 ha deciso di lasciare il suo loft vivendo per mesi nelle case
della Airbnb community. Crede che ciò che contraddistingue l’azienda sia l’accesso a spazi unici che
altrimenti sarebbero inaccessibili e sarebbe onorato di affittare un giorno la stanza di Lincoln tramite il
sito.
363
Tratto da un post di J. CHOE, AirBed&Breakfast for IDSA Connectin ’07, 10 October 2007, in
http://www.core77.com/blog/events/airbed_breakfast_for_connecting_07_7715.asp
364
https://www.airbnb.it/story
365
Cfr. M. GEROSA, R. MILANO (2011, p. 150).

157
Grazie a questo episodio si aprì un mondo per i due studenti di design, in
quanto si resero conto che c’erano molte altre persone in cerca di un posto dove stare
per non perdersi la conferenza, che non fosse costoso e che comunque garantisse un
certo tipo di ospitalità. Capirono che l’idea di far dormire le persone su dei materassi
gonfiabili (in inglese “airbed”), di preparare loro la colazione e di offrire accoglienza e
disponibilità, condividendo magari spazi e tempi della propria quotidianità, poteva
trasformarsi in un’attività imprenditoriale. La lampadina si illuminò, elaborando così il
concetto di «viaggiare come essere umano, viaggiare vivendo il territorio con le persone
del posto» (Gerosa e Milano 2011, p.150). A questo punto nella squadra fece l’ingresso
un esperto programmatore software, Nathan Blecharczyk366, grazie al quale nel 2007 il
progetto chiamato AirBed&Breakfast si potè concretizzare in un sito web che da lì a
poco sarebbe diventato una forza dirompente nel mondo del turismo per come lo
conoscevamo fino ad ora367.

Fig. 4.4 – Sito originale di AirBed&Breakfast (2007)

Fonte: http://digitalcapitalism.com/2009/02/airbed-and-breakfast/

366
Nathan è l’architetto che dirige dietro le quinte il progetto Airbnb. Una persona di polso che
trasforma la vision e il design in un prodotto tangibile, utilizzando i dati per identificare e raggiungere
grandi opportunità di crescita. Sotto la sua guida, il team di ingegneri hanno sviluppato un solido e
sicuro marketplace in grado di facilitare un enorme numero di transazioni commerciali ogni giorno.
Essendo un vero amante della tecnologia, un giorno spera di vedere la casa di Bill Gates disponibile fra le
pagine di Airbnb.
367
http://www.fastcompany.com/most-innovative-companies/2012/airbnb

158
Ma il vertiginoso successo che ormai ha raggiunto Airbnb e che ora è sotto gli
occhi di tutti, non era di certo prevedibile se si considerano i primi passi compiuti dai
suoi fondatori i quali, avendo esordito con grandi difficoltà e incertezze, non facevano
presagire nulla di buono. I tre ragazzi, infatti, anche se avevano avuto un’idea geniale,
che avrebbe rivoluzionato il modo di viaggiare e fare turismo, e nonostante avessero
investito tutti i loro risparmi per la realizzazione di questo progetto, erano sempre
troppo pochi, non bastavano a renderlo appetibile agli occhi del pubblico e quindi a far
decollare gli accessi al sito web368. La situazione era abbastanza critica perché senza
visualizzazioni, senza introiti iniziali e con 20 mila dollari di debiti 369, di certo non si
poteva pensare di avere vita lunga.

Eppure Joe, Brian e Nathan non si persero d’animo e si impegnarono per


trovare una soluzione che potesse dare slancio e visibilità al loro sito web. Alla fine
realizzarono che l’intuizione che tanto cercavano era proprio sotto i loro occhi ed era
veramente creativa. In pratica visto che offrivano anche un servizio di prima colazione,
perché non creare dei cereali con il proprio brand? E visto che nell’estate del 2008 si era
in periodo di febbre da elezioni presidenziali, perché non sfruttare le ripercussioni che
avrebbe comportato tale circostanza? Perciò approfittando della campagna elettorale di
Barack Obama, i tre acquistarono una grande quantità di cereali generici (Cheerios e
Chex) e li trasformarono nei cereali Obama O’s & Cap’n McCain’s targati
AirBed&Breakfast. Le confezioni, realizzate da un artista di Berkeley, erano molto
divertenti perché ritraevano i due aspiranti Presidenti alla Casa Bianca in stile cartoon.
Inoltre queste furono lanciate sul mercato in edizione limitata370, alimentando una
specie di caccia ai “cereali da collezione”, accompagnate da due jingle accattivanti371 e
con un rimando alla pagina del sito web Airbnb su cui votare i cereali preferiti. Questa
fu una mossa molto furba, perché nessun americano poteva esimersi dal patteggiare per

368
Cfr. M. GEROSA, R. MILANO (2011, p.151).
369
http://www.fastcompany.com/most-innovative-companies/2012/airbnb
370
Ne hanno messi in circolazione solo 500, tutti numerati individualmente, ad un costo di 40 dollari a
scatola.
371
Jingle Obama: http://tctechcrunch2011.files.wordpress.com/2008/10/obama_jingle.mp3
Jingle McCain: http://tctechcrunch2011.files.wordpress.com/2008/10/mccain_jingle.mp3

159
un candidato o per l’altro e, di riflesso, per mostrare la propria preferenza per un cereale
o per l’altro, aumentando così l’accesso alle pagine del proprio sito.

Fig. 4.5 – Airbnb è fiera di presentare i cereali Obama O’s & Cap’n McCain’s

Fonte: https://www.airbnb.com/obamaos

In qualche modo il piano funzionò, riuscendo nell’intento di far conoscere e


promuovere il proprio servizio. Dell’iniziativa dei fondatori di Airbnb, infatti, se ne
occuparono i media nazionali come CNN e Good Morning America e la cantante Katy
Perry organizzò un’asta per vendere ai suoi fan una confezione di questi cereali da lei
autografata372. Così in soli due mesi, sfruttando l’eco della campagna elettorale di
Obama e la predisposizione dell’americano medio a consumare grandi quantità di
cereali a colazione, arrivarono a guadagnare 30 mila dollari. Tuttavia anche se i soldi
derivanti da questa campagna di marketing erano sufficienti per mantenere la società a
galla, comunque le visite al sito web erano nettamente inferiori alle aspettative373 e
perciò i tre ragazzi continuavano a trovarsi a dover combattere con gravi problemi
finanziari. Questo periodo fu infatti caratterizzato da forti dubbi e incertezze che i tre
iniziavano a nutrire circa la buona riuscita della loro piattaforma web.

372
http://www.fastcompany.com/most-innovative-companies/2012/airbnb
373
Cfr. M. GEROSA, R. MILANO (2011, p.151).

160
Ma durante una cena con i fondatori di Justin.tv, una web TV di San Francisco
che fornisce gratuitamente un servizio di live streaming, furono persuasi ad avanzare
una richiesta di finanziamento all’incubatore di idee Y Combinator. Si tratta di una
società fondata nel 2005 dal programmatore informatico Paul Graham, allo scopo di
accelerare lo sviluppo di start-up nel settore delle ICT, offrendo loro un contributo di
capitale iniziale (in media circa 18 mila dollari). Una volta finanziate, queste si
trasferiscono per tre mesi nella Silicon Valley per lavorare intensamente al
miglioramento dell’idea imprenditoriale. Ogni ciclo termina nella Demo Day, ovvero
una giornata di presentazione della neonata società ad un folto pubblico di potenziali
investitori374. Nel Gennaio 2009 la domanda dei tre ragazzi venne accettata ed Airbnb
iniziò a raccogliere i frutti dei suoi sforzi. La visibilità infatti iniziava a crescere, la
curiosità nell’utilizzare questo nuovo servizio attirava molti utenti, la massa critica
diventava superiore alle aspettative, le maggiori testate giornalistiche americane (come
“Business Insider”375 e “The Wall Street Journal”376) ripresero la notizia e diedero al
progetto ampio risalto377. Da lì in poi per Airbnb fu un cammino tutto in discesa e come
si suol dire, il resto è storia.

In sostanza ciò che è iniziato in un loft di San Francisco con tre studenti e dei
materassini gonfiabili ora si è trasformato in un business di successo. Da semplici spazi
condivisi, l’offerta si propagò a vista d’occhio comprendendo anche appartamenti,
intere case, fino ad includere e proporre gli alloggi più bizzarri e impensabili, come case
sugli alberi, igloo, barche a vela, appartamenti di design, dimore antiche e chi più ne ha
più ne metta. Con l’imbarazzo della scelta in oltre 34 mila città e in 192 paesi, Airbnb
apre le porte a spazi unici in tutto il mondo. Ora le persone possono scoprire il lato

374
http://www.ycombinator.com/
375
Tratto da un articolo di P.E. GOBRY, “Moustache Monday is Airbnb’s weapon of choice in the war for
talent”, in Business Insider, 6 July 2011, in http://www.businessinsider.com/silicon-valley-war-for-talent-
2011-7
376
Tratto da un articolo di G. FOWLER, “The perk bubble is growing as tech booms again”, in The Wall
Street Journal, 6 July 2011, in
http://online.wsj.com/article/SB10001424052702303763404576419803997423690.html?mod=googlen
ews_wsj
377
Cfr. M. GEROSA, R. MILANO (2011, p.151).

161
autentico e non turistico delle città e delle culture che visitano, dando a chi li ospita la
possibilità di ricavare qualche soldino. Dunque Airbnb «contribuisce a dare un sorriso e
una speranza, e non solo economica» (Gerosa e Milano 2011, p.152).

4.4 Uno sguardo profondo sui servizi di Airbnb

Tenendo presente quanto detto finora, è importante procedere ad esaminare più


a fondo i servizi che Airbnb mette a disposizione, essendo i tratti distintivi che lo
rendono unico e riconoscibile agli occhi degli utenti e della concorrenza. Questo perché
seguendo la scia del suo successo, in rete sono immediatamente comparsi diversi cloni
alcuni dei quali (come Wimdu e 9flats), peraltro, stanno riscuotendo anche un discreto
successo. Pertanto rispetto a questi Airbnb si differenzia, come afferma Andrea La
Mesa, contando su suoi tre capisaldi, che sono: «la community, il brand e la cultura
aziendale» (La Mesa in Daelli Marzo 2012).

La community può essere definita come la “spina dorsale” di Airbnb, essendo


caratterizzata da un altissimo livello di fiducia tra i suoi utenti e da una forte
trasversalità di utilizzo. Infatti è difficile disegnare un profilo tipico per l’host e il guest,
si pensi che le prime persone ad usufruire di tale servizio erano tutte over 35. Quindi il
punto forte di Airbnb è proprio questo, ovvero quello di avere una community sempre
più diversificata ed eterogenea, che non comprende solo viaggiatori zaino in spalla,
scatenati e poliglotti, ma anche uomini di affari, coppie di novelli sposini, fino ad
arrivare alla signora anziana del piano di sotto.

A tal proposito senza dubbio l’arma vincente è la forte integrazione “social”,


cioè l’invito da parte dello staff ad una partecipazione e ad un coinvolgimento attivo del
turista alla vita della community, peraltro condizione necessaria per la sua stessa

162
esistenza. Infatti visto che il «vero prodotto è dentro l’ospite»378, cioè che sono proprio
le sue sensazioni, le sue emozioni a costituire l’output finale, lo staff di Airbnb insiste
affinchè i membri della sua community si raccontino, condividano le loro storie, i loro
viaggi utilizzando i social network, come Twitter, Facebook, Google+ e Youtube. Infatti
solo connettendosi al servizio con l’account dei propri profili “sociali” si verrà
«riconosciuti come persone e non come utenti anonimi»379, dando così maggiori
garanzie e un senso di sicurezza e affidabilità. Ad esempio, nel momento in cui si cerca
un posto per dormire in una data località, oltre a scegliere la tipologia di alloggio, il
periodo, il prezzo e la distanza dal centro storico, è possibile valutare anche il feedback
di chi, in quella casa, c’è già stato e decide di raccomandarla380. Ciò a riprova del fatto
che l’esperienza turistica non si esaurisce nel solo godimento dell’offerta vera e propria,
nella fase delle sensazioni e delle emozioni, ma fa parte di un ciclo più ampio e
continuo, in quanto inizia nel momento in cui il turista formula il desiderio di viaggiare
e comincia ad informarsi per definire le proprie preferenze (fase del sogno) per poi
proseguire, al termine del viaggio, con il ricordo dell’esperienza vissuta e con lo
scambio di impressioni attraverso la sua rete sociale381.

La questione dell’affidabilità è fondamentale, poiché la scelta finale molto


probabilmente dipenderà proprio dalle raccomandazioni ricevute, dal fatto che ci si
sentirà più rincuorati se magari quella casa che abbiamo visto è stata valutata
positivamente da altre persone o, meglio ancora, dai propri “amici social”. Oltre a ciò è
possibile anche verificare l’identità della persona che ci ospiterà, scoprendo il suo
profilo Facebook, leggendo le referenze (se non ha mai ospitato fino ad ora) o le
recensioni382 pubblicate dai membri della community per farsi un’idea sul suo stile di
vita, sulle sue amicizie, insomma sul suo mondo. E ovviamente la stessa cosa vale al

378
Cfr. T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, p.245).
379
A. LA MESA in S. DAELLI (Marzo 2012).
380
Cfr. C. CESARANO (Febbraio 2011).
381
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, pp. 136 – 137).
382
Dato che si può scrivere una recensione solo dopo che la prenotazione è stata completata, si può
stare sicuri del fatto che ogni recensione è il frutto di una persona ‘vera’ che ha effettivamente
soggiornato o ospitato un altro membro della community.

163
contrario, nel senso che si potrà decidere di rifiutare una richiesta di prenotazione
proprio perché il futuro inquilino gode di cattiva reputazione in rete.

Inoltre, e forse è proprio questo il potere di Airbnb, host e guest possono


interagire attraverso un sistema di messaggistica istantaneo, con il quale poter porre
tutte le domande necessarie e discutere di tutti i dettagli riguardo il soggiorno ed avere,
così, un primo approccio conoscitivo. Fattore da non trascurare è che il turista può
scegliere di inviare un messaggio solo agli host con un’alta percentuale di risposta e
recensioni positive, in quanto segno di presenza attiva nella vita della community. A
tutela dell’ospite vi è anche la funzione di segnalazione che permette di avvisare il team
di Airbnb nel caso non ci si senta sicuri o se chi ospita vuole completare la prenotazione
al di fuori del sito383. Questo perché il peso del turista nella creazione della vacanza è
così intenso da poter essere definito non tanto come un “co-produttore”, quanto come il
vero «creatore di valore del prodotto turistico»384.

Dunque le Connessioni Social sono vitali per la community di Airbnb, in


quanto consentono di trovare una sistemazione con risultati di ricerca personalizzati,
ovvero mostrano i migliori posti disponibili all’interno della propria cerchia di amici,
posti approvati da persone che si conoscono. In sostanza grazie a questo tipo di
connessioni, che registrano numeri stratosferici (oltre 600 milioni in costante aumento),
l’ospite può filtrare i risultati della ricerca per vedere un alloggio che i propri amici
hanno commentato, recensito, raccomandato o per scoprire le relazioni che questi
intrattengono con altre persone. Ma anche l’host ne può trarre vantaggio, poiché avrà la
possibilità di comparire fra i primi nei risultati di ricerca delle proprie Connessioni
Social. Secondo David Armano, dell’Harvard Business Review, Airbnb è «il miglior
esempio di come la contrattazione fra chi offre e chi fruisce un servizio sarà sempre
meno intermediata. O meglio, sarà destinata a passare per i social network»385.

383
https://www.airbnb.it/help/question/traveling/145
384
R. NORMANN, R. RAMIREZ 1995, citati in T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, pp. 251 – 252).
385
D. ARMANO, “Six Social Media Trends for 2012”, in Harvard Business Review, 12 December 2011, in
http://blogs.hbr.org/cs/2011/12/six_social_media_trends_for_20.html

164
Ma il sito trasmette la propria anima “social” anche con la presenza di un blog
e di una web tv (AirbnbTV), sui cui la comunità si incontra per raccontare, postare,
condividere esperienze, su cui è possibile conoscere alcuni dei proprietari delle
case/camere in affitto, oltre che guardare i video e i filmati girati dagli utenti stessi
immortalando luoghi e spazi davvero unici, pronti per essere visitati e vissuti. A questi è
da aggiungere anche il servizio Feedback, ossia una pagina dedicata all’ascolto e alla
condivisione di idee, commenti, spunti da parte degli utenti atti a far fare di più e a
migliorare ogni volta le prestazioni del portale, il cui costante obiettivo è quello di
regalare fantastiche esperienze rendendo accessibili alloggi unici in tutto il mondo386.

Ecco perché Airbnb viene definita come un’industria dinamica e innovativa


all’interno del mercato turistico. Perché fa della ricerca dei bisogni e desideri dei propri
clienti e dell’innovazione continua di nuovi prodotti e processi produttivi atti a
soddisfarli l’essenza del proprio business387. In particolare sviluppa da un lato
un’innovazione di prodotto incrementale388, in quanto pone l’accento su un attributo già
appartenente al prodotto turistico, ma con esso rivalutato e cioè sulla possibilità di
vivere un’esperienza unica e memorabile viaggiando il territorio con le persone del
posto, “viaggiando come un umano”. Dall’altro un’innovazione di processo radicale389,
poiché ha sfruttato a proprio favore tutti i progressi tecnologici per formare una
community altamente rappresentativa, i cui membri si identificano e si fidano l’uno
dell’altro a tal punto da essere loro stessi i promotori della sua offerta tanto sul canale
online quanto su quello tradizionale.

Airbnb persegue il suo scopo anche “a portata di mano”, grazie alla possibilità
di scaricare da App Store o da Google Play la sua applicazione gratuita disponibile su
qualsiasi dispositivo mobile (iPhone, smartphone, Android), nominata tra l’altro come

386
https://www.airbnb.it/feedback
387
Cfr. A. POLLARINI (2010, n.1, pp.209 – 210).
388
http://www.villaggiomondiale.it/ictinnovazioneprodotto.htm
389
http://www.villaggiomondiale.it/ictinnovazioniradicali.htm

165
“Miglior Travel iPhone App” dall’App Store Rewind390 nel 2011. In questo modo è
possibile prenotare o offrire ospitalità anche quando si è già in viaggio, magari per
programmare la prossima tappa o per una decisione presa all’ultimo minuto.

Altro servizio di rilevanza primaria che Airbnb mette a disposizione dei suoi
utenti è quello della gestione dei pagamenti attraverso una piattaforma sicura, comoda e
affidabile, che permette inoltre di usare diverse valute e metodi di pagamento. In pratica
Airbnb funge da intermediario tra chi offre e chi cerca spazi, in quanto nel momento di
prenotazione dell’alloggio gli ospiti pagano391 attraverso questa piattaforma, la quale
poi si preoccuperà di inviare il denaro all’host tramite deposito diretto, Paypal, assegno
o bonifico bancario 24 ore dopo il check-in del guest. In questo modo si ha il tempo di
arrivare a destinazione e verificare che tutto sia come previsto. Inoltre visto che la
pubblicazione dell’annuncio è gratuita, diversamente dai propri competitor, il portale va
ad ottenere guadagni solo nel momento in cui si inizia a guadagnare. Ciò significa che
per ogni prenotazione completata a chi ospita viene addebitato una commissione del 3%
che serve a coprire i costi di transazione, mentre il viaggiatore contribuisce con una
commissione che va dal 6 al 12% (in una percentuale inversamente proporzionale al
valore della transazione) in base alla prenotazione392.

Ulteriore aspetto che Airbnb tiene molto a cuore è quello della sicurezza degli
host, soprattutto in seguito ad un grave episodio di vandalismo avvenuto nell’estate del
2011 a casa della signora E.J. a San Francisco la quale, al ritorno da un viaggio, l’ha
trovata saccheggiata, derubata e devastata393 (la descrizione di tutti i danni sono ben
riportati sul suo blog394). Dunque l’azienda dopo esser finita sotto accusa per la gravità

390
Sezione pubblicata ogni anno da Apple e dedicata alle migliori applicazioni, divise per categoria,
rilasciate su App Store durante tutto l’anno. Le applicazioni selezionate tengono conto delle opinioni
degli utenti, di quelle degli esperti e anche i dei dati di vendita.
391
Airbnb non accetta pagamenti in contanti, ma tutte le transazioni devono avvenire tramite il sito.
Solo così il pagamento sarà al sicuro e protetto dalle condizioni previste, come i Termini di Cancellazione
o le Condizioni di Rimborso Spese.
392
https://www.airbnb.it/life
393
Tratto da un articolo di A. LONGO, “Casa Devastata. Bufera su Airbnb”, su La Repubblica – Viaggi, 1
Agosto 2011, in http://viaggi.repubblica.it/articolo/casa-devastata-bufera-su-airbnb/224273
394
http://ejroundtheworld.blogspot.it/2011/06/violated-travelers-lost-faith-difficult.html

166
del fatto, che ovviamente ha scatenato un buzz inarrestabile e di cui se ne sono occupati
anche i media di tutto il mondo395, ha fatto della sicurezza la sua principale priorità
pubblicando sul suo blog Our Commitment to Trust and Safety396. In sintesi vengono
annunciati tutti quei rimedi e quelle garanzie che, concretamente, rispondono alla falla
che si è pesantemente evidenziata con questo episodio. Perciò viene rafforzato un
Centro Assistenza Clienti che può essere reperibile tramite email o tramite telefono (per
questioni urgenti) 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, su cui sono inseriti anche dei tutorial per
spiegare il funzionamento del portale, una guida per aiutare ad iniziare, sia che si tratti
di guest che di host, e tutte le FAQ (Frequently Asked Questions) suddivise per
categoria, ovvero: Airbnb, Ospitare, Viaggiare e Tasse, ognuna delle quali con gli
argomenti a loro pertinenti.

Oltre al Centro Assistenza Clienti vengono creati una serie di strumenti per
informarsi sugli ospiti che si andranno a ricevere nella propria abitazione, in modo che
non si debba mai accettare una richiesta fino a che non si è completamente sicuri. Ad
esempio si possono acquisire informazioni dei potenziali ospiti tramite i profili utente, si
possono leggere le recensioni di persone a cui hanno già offerto ospitalità, controllare e
mandare messaggi agli ospiti in tutta sicurezza, senza dover lasciare i propri contatti. E
ancora, grazie ai campi da riempire come la Descrizione, i Servizi e le Regole della
Casa, è possibile impostare la visibilità del proprio annuncio definendo chiaramente le
proprie esigenze e comunicarle in via diretta ai propri ospiti, senza doversi trovare poi
di fronte a sgradevoli sorprese.

Ma proprio per garantire il massimo della sicurezza e per dimostrare tutto


l’impegno che sta mettendo per creare una comunità sicura e affidabile, Airbnb concede
una Garanzia Host. Si tratta di un rimborso spese per perdite o danni dovuti a furti o atti
vandalici causati da un membro della community al proprio alloggio, per ogni
prenotazione accettata, che può arrivare fino a 700 mila euro. Ciò significa che ogni

395
Cfr. post pubblicato da R. MILANO, Il caso Airbnb: crisi del turismo partecipativo?, 2 Agosto 2011, in
http://www.robertamilano.com/2011/08/il-caso-airbnb-crisi-del-turismo-partecipativo.html
396
http://blog.airbnb.com/our-commitment-to-trust-and-safety

167
prenotazione su Airbnb è coperta da questa garanzia senza alcun costo per chi ospita, ad
un livello di protezione mai visto nel settore turistico, scegliendo come partner i Lloyd’s
di Londra, uno dei nomi più importanti nel mondo delle assicurazioni. Tuttavia questo
tipo di garanzia non è attivo in tutti i Paesi397 e non è da intendersi come un surrogato
dell’assicurazione proprietari o affittuari. Infatti la Garanzia Host non copre: contanti e
titoli, collezioni, gioielli, opere d’arte, animali e responsabilità civile. Il consiglio è
quello di mettere al riparo o rimuovere gli oggetti di valore quando i propri alloggi
vengono affittati e di considerare l’opzione di un’assicurazione indipendente per coprire
tali beni398.

Altri motivi per ospitare su Airbnb sono: la possibilità di gestire il proprio


annuncio in tutto il mondo con un solo account; di pubblicarlo una sola volta, in quanto
rimarrà attivo finchè non verrà rimosso; ricevere notifiche direttamente sul proprio
cellulare; veder tradotto automaticamente il proprio annuncio in 7 lingue; ricevere
traffico ed esposizione grazie a Google; fissare prezzi e tariffe flessibili, utilizzando tutti
i tipi di valute; avere completa libertà sui termini di cancellazione e avvalersi di un
fotografo professionista in modo gratuito, i cui scatti verranno pubblicati sul proprio
annuncio399.

Anche se Airbnb dà a chiunque la possibilità di diventare una sorta di


“imprenditore turistico”, comunque non ci si può totalmente improvvisare e per questo
il portale mette a disposizione un Manuale dell’Ospitalità400 per diventare un perfetto e
responsabile padrone di casa, in quanto l’ospitalità regala splendide esperienze ma
richiede anche un certo impegno. In breve per essere un host responsabile bisogna
essere rispettosi nei confronti dei vicini di casa e quindi comunicare agli ospiti le regole
del palazzo, gli eventuali divieti di fumo, le aree adibite a parcheggio, l’ammissione o

397
La Garanzia Host copre solo i seguenti Paesi: Australia, Austria, Canada, Danimarca, Finlandia,
Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Israele, Islanda, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Porto Rico, Regno Unito,
Stati Uniti, Svezia, Svizzera e Turchia.
398
https://www.airbnb.it/guarantee
399
https://www.airbnb.it/info/why_host
400
https://www.airbnb.it/downloads/HostingManual_it.pdf

168
meno di animali in casa, le “condizioni sulle feste” e, in generale, assicurarsi che non
facciano rumore. Bisogna altresì avere tutti i permessi necessari per poter offrire
ospitalità e assicurarsi che non ci siano divieti relativi al subaffitto o qualsiasi altra
restrizione sull’ospitalità. Importante controllare anche se sia conforme alle leggi
vigenti, alle normative fiscali e a qualsiasi altro tipo di permesso, restrizione e
normativa locale. Da non sottovalutare anche la sicurezza dell’abitazione, dando i
numeri di pronto intervento locali, creando un kit di primo soccorso facilmente
accessibile, accertandosi che la propria casa sia conforme alle norme di sicurezza della
zona, dotandola di un estintore funzionante, segnalando chiaramente l’uscita di
sicurezza con una mappa della casa bene in vista. Inoltre è necessario verificare che la
casa sia a norma di bambino e sia priva di ostacoli di ogni tipo. Ultimo, ma non meno
importante, è l’aspetto dell’assicurazione, cioè bisogna appurare di avere un’adeguata
copertura assicurativa in caso di risarcimento e per la protezione della proprietà401.

Chi ospita, oltre a doversi attenere agli obblighi sopra citati, deve anche
rispettare sei regole d’oro. 1.Descrivere accuratamente il proprio alloggio, essendo
chiari sui prezzi, i servizi e le aspettative. 2.Aggiornare la disponibilità sul calendario.
3.Rispondere subito ai messaggi e alle richieste di prenotazione, il feedback di risposta
ripagherà. 4.Coordinare il check-in e lo scambio delle chiavi con largo anticipo alla data
effettiva, accogliendo i propri ospiti con un grande sorriso. 5.Garantire le prenotazioni,
altrimenti contattare lo staff di Airbnb. 6.Risolvere in modo tempestivo qualsiasi
imprevisto sorto.

Ma visto che Airbnb è una community marketplace, e visto che la


partecipazione di ogni membro può avere un grande impatto sull’esperienza degli altri,
anche l’ospite deve rispettare sei semplici regole d’oro. 1.Comunicare l’ora del check-in
e la modalità di scambio delle chiavi dopo la prenotazione e, in caso di imprevisto,
contattare il team di Airbnb entro 24 ore dall’arrivo. 2.Avere rispetto per l’ambiente
circostante e per i vicini della porta accanto. 3.Non invitare ospiti extra o, al massimo,

401
https://www.airbnb.it/responsible-hosting#

169
discuterne con il proprietario di casa. 4.Rispettare l’alloggio come se fosse casa propria.
5.Avvisare immediatamente l’host in caso di problemi durante il soggiorno. 6.Lasciare
un commento, una recensione su chi ha ospitato402. Solo seguendo scrupolosamente
queste piccole indicazioni si potrà offrire/vivere un’esperienza di viaggio fantastica,
esclusiva, indimenticabile.

Considerando il Manuale dell’Ospitalità, ma anche queste sei regole d’oro sia


per l’host che per il guest, e prendendo a riferimento il modello teatrale per la messa in
scena di esperienze turistiche, è possibile pensare al prodotto-turistico emergente
dall’offerta di Airbnb come ad un”esperienza da canovaccio”403. Qui infatti la
performance (esperienza di viaggio) vien fuori in quanto gli attori (host e guest) si auto-
organizzano attorno ad un canovaccio (linee guida sopra citate) in cui vengono fissate le
indicazioni di massima date dal capocomico (staff di Airbnb). In pratica a partire da una
struttura fissa e predeterminata, si ottengono esperienze di viaggio del tutto
improvvisate e casuali, visto che gli ospiti e i padroni di casa cambiano in continuazione
e anche il territorio, con la sua comunità locale, non è sempre lo stesso. Quindi poichè il
palcoscenico, gli attori, le comparse sono elementi mutevoli e imprevedibili, ogni
performance, ogni esperienza di viaggio fatta con Airbnb acquista una sfumatura
diversa dalle altre.

Dopo tutto questo lungo e dettagliato excursus sui servizi che Airbnb mette a
disposizione dei propri utenti e che lo rendono un modello di consumo turistico
esperienziale altamente distintivo nel panorama mondiale, facciamo un salto indietro e
ritorniamo ai tre capisaldi con cui abbiamo esordito questo paragrafo e completiamo la
loro analisi. Al di là della community, la cui influenza abbiamo a fondo vagliato, sono
stati citati anche il brand e la cultura aziendale. Ora diciamo che il brand è
l’identificazione della società agli occhi degli utenti, intendendo con ciò il fatto che
Airbnb è stato il primo portale o, per meglio dire, la prima community marketplace ad
offrire un servizio del genere, ovvero un’esperienza di viaggio autentica e reale, mentre

402
https://www.airbnb.it/goldenrules
403
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.VI, p.24).

170
gli altri sono soltanto delle brutte copie. Per contrastare l’ascesa di queste succursali,
sono state messe in pratica diverse tecniche da parte dello staff Airbnb:
dall’acquisizione di alcuni, come nel caso della tedesca Accoleo404 e dell’inglese
Crashpadder405, all’invio di email ai propri host per invitarli a diffidare delle nuove
piattaforme, trattandosi di “impostori”, in quanto la loro strategia consiste nel creare
piattaforme simili, che poi vengono vendute alle originali per svariati milioni406.

Quindi a differenza di questi, Airbnb è riconosciuta e riconoscibile proprio per


la sua forza indiscutibile di evocare viaggi, incontri, persone dai mille volti e mille
culture di cui potersi fidare. Come abbiamo detto precedentemente, il suo valore è
determinato proprio dall’alto livello di fiducia all’interno della sua community. Per
quanto riguarda il terzo nodo, la cultura aziendale, questa è fortemente peculiare poiché
non si tratta di una società tradizionale, né aspira a diventarlo, ma si identifica in un
team fresco, dinamico, anticonvenzionale. Ad esempio i dipendenti di Airbnb non si
creano problemi nell’indossare felpe con cappuccio o comunque un abbigliamento
casual alle conferenze stampa o ai business meeting. Si tratta di una società che si sforza
tutti i giorni per offrire il modo migliore di vivere esperienze uniche al mondo, che
crede in quello che fa e lavora duramente per renderlo reale, ma almeno lo fa
divertendosi. A tal proposito Joe Gebbia ha detto che «Airbnb è una scuola divertente
dove per di più ti pagano»407. Per tutti questi motivi Airbnb si configura come
un’azienda sveglia, prestante, dalle performance altamente soddisfacenti e in continua
evoluzione408.

404
Cfr. post di T. BRADSHAW, “Airbnb moves ‘aggressively’ into Europe”, in Financial Times, 31 May
2011, in http://www.ft.com/cms/s/2/9051978c-8baf-11e0-a725-00144feab49a.html#axzz1TMEvqinE
405
Tratto da un post di C. TAYLOR, “Airbnb acquires UK-based Crashpadder as part of international
growth push”, in Tech Crunch, 20 March 2012, in http://techcrunch.com/2012/03/20/airbnb-acquires-
uk-based-crashpadder-as-part-of-international-growth-push/
406
Tratto da un post di C. CESARANO, “Da Airbnb a Wimdu: che la guerra dei cloni abbia inizio!”, in Ninja
Marketing, 5 Luglio 2011, in http://www.ninjamarketing.it/2011/07/05/da-airbnb-a-wimdu-che-la-
guerra-dei-cloni-abbia-inizio/
407
«Airbnb is like a really fun school where you get paid». (G. FOWLER, July 2011).
408
Cfr. A. LA MESA in S. DAELLI (Marzo 2012).

171
4.5 Il successo in numeri

Per dare ancora più senso all’impressionante crescita di Airbnb, andiamo ad


osservare un po’ di numeri del suo successo. Innanzitutto diciamo che da quando è stata
incubata da Y Combinator nel Gennaio del 2009, accorciando successivamente il nome
da AirBed&Breakfast ad Airbnb nel Marzo dello stesso anno, fu tutto un susseguirsi di
trionfi per i tre ex giovani studenti. Infatti grazie a Paul Graham ottennero un
finanziamento iniziale di 20 mila dollari, con il quale poterono andare al di là del primo
concetto di offrire un posto per dormire nella propria abitazione, ampliando l’offerta di
alloggi proposti fino ad arrivare ad una gamma varia e sofisticata delle più strane
soluzioni abitative in tutto il mondo. In questo modo Airbnb riportò un salto nel numero
di transazioni verso il proprio sito e una crescita del 50% dei propri profitti409.

Fig. 4.6 – Sito attuale di Airbnb (2009)

Fonte: https://www.airbnb.com/?locale=en

409
Tratto da un post di L. RAO, “Y Combinator’s Airbed&Breakfast casts a wider net for housing rentals
as Airbnb”, in Tech Crunch, 4 March 2009, in http://techcrunch.com/2009/03/04/y-combinators-airbed-
and-breakfast-casts-a-wider-net-for-housing-rentals-as-airbnb/

172
Visto l’esplosione di accessi, nel Giugno 2010 il loft di Joe e Brian divenne
l’ufficio dell’azienda e sia per dare spazio al proprio team (che pian piano si riempiva di
gente appassionata e competente), e sia per studiare il prodotto da vicino, Brian decise
di lasciare la propria camera e vivere seguendo la filosofia dell’azienda. Ha cioè
trascorso mesi trovando ospitalità tra i membri della community, fino a che la società
non si spostò definitivamente nei nuovi uffici. Si trattò di un’idea brillante, perché non
solo il fondatore di Airbnb si rese conto di persona com’è vivere un’esperienza
attraverso questo portale, ma ha anche potuto conoscere la gente che forma la sua
community, vero traino della società. Come ha ammesso lo stesso Brian, «posso essere
considerato sia come un imprenditore senza casa o come una persona con 650 case a
San Francisco, dipende dai punti di vista»410.

Intanto la società continuava ad espandersi e nel Novembre 2010 annunciò di


aver ricevuto 7.2 milioni di dollari da Sequoia Capital e Greylock Partner (che si
andavano ad aggiungere ai 600 mila dollari che questi “angeli investitori” gli avevano
già dato in seguito alla Demo Day alla Silicon Valley)411, e di aver contato 700 mila
notti prenotate, di cui l’80% solo negli ultimi sei mesi412. Ma lo sviluppo di Airbnb era
inarrestabile, infatti a Febbraio del 2011 festeggiò 1 milione di notti prenotate,
affermandosi come una delle società americane in più rapida crescita, registrando un
aumento di fatturato del 65% solo rispetto al mese precedente413.

Ma i fondi iniziarono ad arrivare anche da chi uno meno se lo aspetta. A


conferma di ciò fu il fatto che nel mese di Maggio di quell’anno, l'attore e partner della
A-Grade Investments, Ashton Kutcher, comunicò che avrebbe fatto un importante
investimento nella società, fungendo da suo testimonial. Per Airbnb fu una mossa

410
R. WAUTERS, “Airbnb founder eats his own dogfood, goes ‘homeless’ for months”, in Tech Crunch, 21
June 2010, in http://techcrunch.com/2010/06/21/airbnb-brian-chesky/
411
Cfr. C. LUKEZIC, “Airbnb announces funding and product advancements”, in Airbnb Press Release, 11
November 2010, in http://assets.airbnb.com/press/press-releases/Airbnb_PressRelease_11112010.pdf
412
Cfr. J. WORTHAM, “Airbnb raises cash to expand budget-travel service”, 10 November 2010, in The
New York Times, in http://bits.blogs.nytimes.com/2010/11/10/airbnb-books-more-cash-to-connect-
travelers-with-cheap-digs/
413
Cfr. C. LUKEZIC, “Airbnb celebrates 1mln nights booked”, in Airbnb Press Release, 24 February 2011,
in http://assets.airbnb.com/press/press-releases/Airbnb_1M_Nights_Booked_Press_Release.pdf

173
importante, nel senso che nonostante l’attore sembrasse poco credibile, visto tutti i film
e le commedie “leggere” che aveva girato, comunque aveva un folto pubblico che lo
seguiva su Facebook e Twitter (rispettivamente 6.8 milioni e 9.7 milioni di fan). Proprio
per questo, accostare la sua immagine a quella di Airbnb risultò di funzione strategica,
visto che il brand iniziò ad essere conosciuto anche a livello popolare414.

Altri soldi arrivarono nel Luglio del 2011, quando Airbnb ricevette 112 milioni
di dollari da un altro partner, Andreessen Horowitz, raggiungendo così la valutazione di
1 miliardo di dollari415. Ma la società prosperava ancora e ancora, arrivando a
conteggiare nel Gennaio 2012 5 milioni di notti prenotate e nel Giugno seguente
addirittura 10 milioni, segnando una pietra miliare nella storia di Airbnb e nell’era della
sharing economy. Come ha detto Brian Chesky, CEO e co-fondatore della società,
«Airbnb è stata costituita per risolvere un nostro problema finanziario dell’epoca,
guadagnando mettendo in affitto uno spazio in più che avevamo a casa. Ora ci sono
milioni di persone in giro per il mondo che usano Airbnb a loro beneficio, quindi la
nostra community sta dimostrando l’intrinseco valore sociale, economico e culturale
della sharing economy, che sta offrendo nuove opportunità di guadagno a tutte le
persone in ogni angolo del mondo»416. Al di là delle 10 milioni di notti prenotate, la
società deve ritenersi soddisfatta per altri traguardi raggiunti nel 2012, che sono i
seguenti:

 disponibilità di più di 300 mila proprietà in oltre 34 mila città sparse in


192 paesi del mondo;

414
Cfr. J. WORTHAM, “An actor who knows start-ups”, in The New York Times, 25 May 2011, in
http://www.nytimes.com/2011/05/26/technology/26ashton.html?_r=0
415
Tratto da un articolo di G. FOWLER, “Airbnb is latest start-up to secure $1 billion valuation”, in The
Wall Street Journal, 26 July 2011, in
http://online.wsj.com/article/SB10001424053111904772304576468183971793712.html
416
E. JOFFRION, “Airbnb’s worldwide momentum continues with 5mln nights booked”, in Airbnb Press
Release, 26 January 2012, in http://assets.airbnb.com/press/press-
releases/Airbnb's%20Worldwide%20Momentum.pdf

174
 apertura di 7 nuovi uffici in tutta Europa, che vanno a costituire il
secondo mercato dopo gli Stati Uniti. In ordine cronologico: Amburgo,
Parigi, Londra, Milano, Barcellona, Copenaghen e Mosca417;
 apertura della prima sede sud americana a San Paolo (Brasile), con
circa 20 mila proprietà tra il Centro e il Sud America;
 apertura di sedi anche in area asiatica, con uffici a Sydney, Singapore e
Nuova Delhi;
 lancio di ulteriori 9 mercati a Rio de Janeiro, in Polonia, Ucraina,
Svizzera, Austria, Israele, Tailandia e Indonesia418;
 solo negli USA sono state prenotate 4.4 milioni di notti, con un
incremento del 300% dall’anno scorso, mentre la domanda di alloggi
sempre negli USA è aumentata del 240% dall’anno precedente;
 per quanto riguarda l’eurozona, si è registrata una crescita rispetto al
2011 del 748% per il Regno Unito, 425% per la Francia, 719% per la
Spagna ed un sorprendente 946% per l’Italia419.

Dunque l’Italia è stato il paese a maggior tasso di crescita, vantando un giro di


affari da 5.2 milioni di euro. Difatti nel solo 2011 ben 18,500 annunci sono stati fatti per
l’Italia con destinazioni ambite molto anche all’estero, come Roma, Firenze, Milano e
Venezia e le più piccole come Sorrento, Taormina, la Puglia, la Toscana, ma non solo.
Si contano così più di 160 mila viaggiatori che hanno sostato in Italia grazie a questo
servizio420. Spiega Andrea La Mesa, managing director di Airbnb con sede a Milano,
che il motivo di questo risultato eccezionale deriva da un mix di fattori, ovvero dalla
considerazione che in realtà siamo un popolo di imprenditori, e che quindi ogni
possibilità di guadagno viene colta al volo, e poi anche, ma soprattutto, dal fatto che
l’Italia è un paese contraddistinto da “unique spaces”, posti unici e angoli di terra

417
Oltre a Berlino già aperto nel 2011.
418
https://www.airbnb.com/annual/
419
https://www.airbnb.it/global-growth
420
Cfr. post pubblicato da G. L’ABBATE, “Airbnb , mercato da 5.2 milioni in Italia negli ultimi 12 mesi”, in
Ninja Marketing, 14 Marzo 2012, in http://www.ninjamarketing.it/2012/03/14/airbnb-mercato-da-52-
milioni-in-italia-negli-ultimi-12-mesi/

175
inesplorati. Perciò Airbnb si posiziona come il servizio perfetto per fare turismo in
questi luoghi, a volte sconosciuti, e per guadagnare condividendo qualcosa di
inutilizzato421.

Se tutti questi numeri ancora non bastano, allora è bene andare a considerare la
frequenza di prenotazioni sul sito per avere una prova schiacciante e ad ulteriore
conferma dell’enorme trionfo di Airbnb. Basti solo dire che nel 2008 si aveva accesso al
portale per prenotare una notte una volta al giorno, nel 2009 ogni cinque minuti, nel
2010 ogni minuto, nel 2011 ogni dieci secondi e nel 2012 ogni due secondi. Numeri da
far girare la testa che pongono con ogni evidenza la crescita senza precedenti che questa
piattaforma di affitto per alloggi non convenzionali ha avuto e che non accenna a
fermarsi422.

4.6 La stampa ne parla

I risultati fin qui citati dello strabiliante boom di Airbnb non potevano di certo
passare inosservati, ma sono riecheggiati su tutti i media nazionali ed internazionali,
sulla stampa locale ed estera. A tal proposito terminiamo il lavoro facendo una piccola
rassegna stampa per vedere come i giornali, i magazine, le riviste e il mondo
dell’informazione in genere hanno reagito ai cambiamenti in atto nel settore del turismo
non convenzionale e cioè come hanno trattato l’argomento Airbnb.

Iniziamo con il “Corriere della Sera” che parla del fenomeno Airbnb
intitolando il suo articolo A.A.A. offresi stanza a prezzi stracciati423. Qui si mette in

421
Cfr. A. LA MESA in S. DAELLI (Marzo 2012).
422
Cfr. E. JOFFRION, “Airbnb celebrates record growth with 10mln guest nights booked”, in Airbnb Press
Release, 19 June 2012, in http://assets.airbnb.com/press/press-
releases/Airbnb%2010%20Million%20Guest%20Nights%20Booked%20Press%20Release.pdf
423
M. PENNISI, “A.A.A. offresi stanza a prezzi stracciati. Londra 42 euro a notte. Il sito dove i privati si
accordano (e si aiutano)”, in Corriere della Sera, 4 Agosto 2012, in

176
risalto lo spirito che caratterizza Airbnb, che consiste nell’«aprire le porte della propria
dimora a viaggiatori di tutto il mondo e di godere della condivisione di spazio e tempo
con chi varca la soglia». Inoltre, in seguito al traguardo raggiunto di 10 milioni di notti
prenotate, viene dipinto anche come «il punto di riferimento per chi progetta online
vacanze low cost». Oltre a ciò e per dimostrare come il Bel Paese abbia risposto bene
agli stimoli provenienti dal web, vengono riportate le esperienze di due giovani italiani
che hanno ospitato o hanno trovato ospitalità grazie ad Airbnb. Ad esempio si parla di
un certo Matteo che ha messo a disposizione una delle sue stanze della sua casa di
Roma e ha ospitato una giovane australiana e un agricoltore di San Francisco, i quali lo
hanno successivamente invitato al loro matrimonio. Oppure di una ragazza di Milano
che è partita alla volta di Göteborg (Germania), dove ad accoglierla ha trovato Dan,
coinquilino della ragazza che aveva messo l’annuncio. Poiché lei trascorre gran parte
del tempo tra Stoccolma e Copenaghen, lascia la sua stanza ai turisti per ammortizzare i
costi dell’affitto.

Ma il “Corriere della Sera”, o meglio il suo design magazine “Casamica”, tra le


notizie sulle Ultime tendenze riguardo dove andare dedica altre righe al portale turistico
che sta spopolando sul web. Ad esempio nel suo articolo A casa degli altri424, si intende
Airbnb come «un nuovo modo di viaggiare che si sta diffondendo sempre più, perché
oltre al risparmio offre la possibilità di vivere un’esperienza davvero locale. Per chi odia
sentirsi un turista». Inoltre in quest’articolo viene intervistato il direttore della sede
italiana Andrea La Mesa, il quale spiega che nonostante in Italia l’attaccamento alla
propria casa sia piuttosto forte, si tratta solo di un pregiudizio, poiché le 20 mila case
messe a disposizione dalla community italiana dimostrano l’esatto contrario. E continua
dicendo che lui stesso sta provando l’esperienza di vivere in Airbnb, cambiando casa a
Milano ogni tre giorni, ricevendo un calore mai sperimentato nelle hall degli alberghi.

http://archiviostorico.corriere.it/2012/agosto/04/offresi_stanza_prezzi_stracciati_co_9_120804057.sht
ml
424
P. MENALDO, “A casa degli altri. Airbnb conquista l’Italia: da San Francisco un nuovo modo di
viaggiare”, in Corriere della Sera – Casamica, 9 Febbraio 2012, in
http://atcasa.corriere.it/Tendenze/Dove-andare/2012/02/09/airbnb-case-in-affitto-viaggiare.shtml

177
Questo perché «l’ospitalità fa parte della nostra cultura ed è un peccato non sfruttarla».
Infine conclude dicendo che si tratta di un buon modo per aprire gli occhi sul mondo e
per iniziare a fidarsi del prossimo, poiché solo «chi viaggia così impara a fidarsi».

Anche la rivista di moda “Vanity Fair” nella sua rubrica Lifestyle si occupa di
Airbnb, considerando l’ultima tendenza in fatto di viaggi ad utilizzare l’alloggio privato
come una conseguenza della recessione e anche «perché a casa (e non necessariamente
la propria) si sta bene»425, quindi si risparmia e si vive un’esperienza unica. E se non si
conoscono le persone giuste, non c’è problema perché esiste questa community di
persone che ti aiuta a trovare un letto in tutto il mondo.

Dello sbarco in Italia di Airbnb viene dato risalto sulla rivista “Wired”426, in
cui viene spiegato che, in virtù del fatto che l’Italia è il primo paese ad utilizzare il
portale, sono necessari «un approccio e una presenza localizzati» proprio per stare più
vicino all’utenza tricolore e per rendere sempre più affidabile l’operato della
community. Ma anche “GQItalia” interviene su tale tema con un articolo denominato
Gli Affittacamere427, dove Airbnb viene definito come «una sorta di supermercato delle
offerte di affitto, una manna per turisti e uomini d’affari che vogliono trovare
sistemazioni low cost senza rinunciare al comfort di una vera casa». Qui per di più
vengono nominati i fattori chiave che stanno alla base del suo successo, e che sono
quello economico, che consente alle persone di risparmiare, e quello sociale, nel senso
che persone che non si conoscono si ritrovano a condividere lo stesso tetto, a scambiarsi
esperienze e perché no anche a diventare amiche.

Altre riviste non propriamente del settore che danno spazio al prodigioso
fenomeno di Airbnb sono: il mensile femminile più venduto e letto in Italia, “Glamour”,

425
M. FOSSATI, “Da me o da te? Appartamenti, cottage, castelli e ville: oggi quando si viaggia si dorme
sempre di meno in hotel e sempre di più ‘da qualcuno’”, in Vanity Fair, 18 Aprile 2012, in
http://assets.airbnb.com/press/press-releases/Vanity_Fair.pdf
426
M. PENNISI, “Airbnb sbarca in Italia”, in Wired, 7 Febbraio 2012, in
http://daily.wired.it/news/internet/2012/02/07/intervista-gebbia-airbnb-italia-
19833.html?page=1#content
427
R. MEGGIATO, “Gli Affittacamere”, in GQItalia, 14 Febbraio 2012, in http://www.gqitalia.it/hi-
tech/articles/2012/2/airbnb-il-sito-internet-di-affitti-arriva-in-italia#?refresh_ce

178
e il settimanale “Tu Style”. Entrambe affrontano il tema della sharing economy, del
movimento dell’economia della condivisione e in cui Airbnb si configura come leader
indiscusso. Nel primo, con un articolo intitolato Con la mia casa guadagno (non solo
soldi!)428, si parla di «trasformare le proprie mura domestiche in una risorsa, di portare
il mondo dentro casa» attraverso forme di microbusiness che consentono di fare
conoscenze internazionali e di acquisire maggiore visibilità. Si tratta della filosofia della
sharing economy la quale, sfruttando l’onda della crisi economica, fa crescere in noi
non solo il desiderio di mettere in atto forme alternative pur di guadagnare, ma anche «il
bisogno di condividere le nostre passioni, di confrontarci con gli altri e l’abitazione è il
luogo perfetto, intimo, autentico». E questo concetto, ovvero quello del “trust and
sharing” è alla base della community di Airbnb, rappresentando il suo vero punto di
forza. Anche nel secondo, dal titolo lampante Sharing economy. Ragazze,
condividiamo!429, si discute sull’importanza di questo nuovo modo di fare business, che
più che essere visto come un modello economico innovativo, può essere considerato
come un vero e proprio “modus vivendi”. Si perché si tratta di una nuova filosofia di
vita, di un cambiamento radicale di mentalità, in cui le proprie cose vengono viste come
una risorsa comune, in cui la condivisione di oggetti prevale sul loro semplice possesso,
perché ciò aiuta a semplificare e a migliorare la vita. E l’esempio più rappresentativo di
tale approccio alla vita è proprio Airbnb il quale, nonostante i pregiudizi iniziali, si è
rivelato un modello imprenditoriale vincente.

Oltre la stampa nostrana, anche quella estera si è incuriosita del ciclone Airbnb
riservandogli qualche servizio anzi, essendosi generato proprio al di fuori dei nostri
confini, sembrerebbe strano il contrario. “The New York Times”, ad esempio, nella
sezione Travel, in un suo articolo argomenta sul più grande portale di affitti a breve

428
S. GAVINO, “Con la mia casa guadagno (non solo soldi!). Porta il mondo dove vuoi tu. Obiettivo: micro
business, conoscenze internazionali, visibilità. Scopri come”, in Glamour, n.241, Marzo 2012, in
http://assets.airbnb.com/press/press-releases/2012.03.01_AIRBNB_GLAMOUR.pdf
429
P. DELL’ORTO, “Sharing economy. Ragazze, condividiamo! Basta accumulare: in tempo di crisi si
mette in comune appartamenti per l’estate o borse, uffici oppure abiti griffati. Per risparmiare (grazie al
web) soldi, tempo ed energie vitali, in Tu Style, n.30, 31 Luglio 2012, in
http://assets.airbnb.com/press/press-releases/2012.07.31_AIRBNB_TuStyle_PP.41-42%20(2).pdf

179
termine qualificandolo come un “B&B social network”, in quanto grazie alla sua
community Airbnb offre la possibilità di usufruire nello stesso momento «della cortesia
di un albergo, dei comfort di una casa e dei prezzi flessibili di un ostello»430. Aspetto da
non trascurare è che così facendo i turisti possono finalmente ‘vivere’ e non soltanto
‘visitare’ la città, attraverso gli “occhi dei locali”.

Alla lista si aggiunge anche “The Guardian”, che ha addirittura nominato


Airbnb come Migliore Sito Web di Viaggi del 2011, giustificando tale scelta con il fatto
che ha saputo «soddisfare la “fame” della gente di un’esperienza di viaggio più reale,
fresca e radicata, a differenza delle anonime catene d’albergo»431. Come evidenzia lo
stesso sito web, «Airbnb fornisce molto di più che un tetto sotto il quale poter dormire,
ma invita caldamente le persone a mettersi in contatto con i locali, ad assaporare la vita
del posto come solo chi ci è nato sa fare, ad immergersi nella città e a non essere più un
semplice turista. Airbnb parla la lingua della comunità, ed è proprio questa la sua
lezione, pensare globalmente per vivere localmente».

4.7 Tirando le somme

Concludiamo il lavoro dicendo che, in virtù di quanto detto, non si possono


chiudere gli occhi di fronte all’impero che tre ex studenti, con problemi di affitto ma
tanta creatività, nel giro di pochi anni sono riusciti ad erigere. Da un’idea
apparentemente assurda, da tre materassini gonfiabili sono riusciti a creare un progetto
concreto, credibile e affidabile. Sono stati bravi nell’aver saputo intercettare i bisogni, le
esigenze e i desideri di turisti non più soddisfatti dall’offerta tradizionale, ormai piatta,

430
B. LANYADO, “Europe without hotels”, in The New York Times, 15 July 2010, in
http://travel.nytimes.com/2010/07/18/travel/18couch.html?pagewanted=1&_r=0
431
N. KHAN, “Airbnb: grown-up couch-surfing. Airbnb winner of the Best Website category in our Travel
Awards 2011, lets travellers bag a bargain stay in a private home – but what’s it like to be a host?”, in
The Guardian, 7 October 2011, in http://www.guardian.co.uk/travel/2011/oct/07/airbnb-grown-up-
couch-surfing?INTCMP=SRCH

180
banale e insignificante e di proporne perciò una che vada al di fuori degli schemi, briosa
e ricca di stimoli, in grado di far portare a casa il ricordo di un’esperienza unica e
irripetibile.

Airbnb infatti non si configura tanto e semplicemente come un sito per l’affitto
di alloggi “non convenzionali”, come una piattaforma tecnologica per la
commercializzazione di originali spazi abitativi, ma più che altro come un nuovo
modello di consumo turistico il cui obiettivo è quello di far “viaggiare come un umano,
viaggiare vivendo con le persone del posto”. Ciò significa che avendo la possibilità di
accedere a spazi unici in metropoli, città d’arte o angoli di campagna come mai fatto
prima, il turista può immergersi nella comunità locale grazie alla guida e ai consigli di
chi lo ospita e muoversi sul territorio smettendo di indossare i panni del turista per
calarsi in quelli del “locale”, dell’abitante del posto in modo da ‘viverlo’ a tutti gli
effetti e non più soltanto ‘visitarlo’. Tratto caratteristico di Airbnb è infatti proprio
quello di consentire al viaggiatore di prendere parte attiva alla vita del territorio,
viaggiando con le persone del posto, naturali ciceroni della zona, acquisendo nuove
conoscenze, stringendo nuove amicizie, così da vivere un”esperienza di vita” nella sua
totalità.

Ed è proprio questo aspetto sociale che rende l’esperienza di viaggio con


Airbnb unica nel suo genere. Perché a differenza dell’offerta dei tradizionali siti di bed
& breakfast, questo portale intende il viaggio non solo come un momento di svago e
relax, ma soprattutto come l’occasione per incontrare in maniera piena e spontanea
gente proveniente da ogni parte del mondo, con la quale poter stringere perfino sincere
amicizie, fino a sentirsi parte di un network globale. Conoscendo nuovi luoghi abitati da
persone con tradizioni, lingua e cultura completamente differenti dai nostri, è possibile
arricchire il proprio bagaglio culturale e, quindi, attraversare un processo di crescita
interiore e spirituale. Insomma con Airbnb il turista non si avvale semplicemente di un
posto dove dormire, ma può godere di un’esperienza di viaggio del tutto diversa e
davvero autentica grazie alle dinamiche sociali che emergono dalla sua interazione
partecipativa e personale con la realtà della comunità locale che lo ospita.

181
Ma Airbnb si delinea come leader indiscusso nell’offerta di un nuovo modello
di consumo turistico, basato sulla capacità di suscitare emozioni e sul coinvolgimento
attivo del turista, che in prima persona può vivere esperienze autentiche, anche perché è
stata in grado di intercettare i cambiamenti in atto nel panorama turistico, dovuti
soprattutto all’emergere delle tecnologie collaborative di rete, e di volgerli a proprio
favore. Il portale, infatti, in risposta alle esigenze del nuovo turista di vivere esperienze
di viaggio autentiche e reali e di condividerle con una “tribù” di propri simili, ossia con
persone accomunate dalla sua stessa “filosofia di viaggio”432, ha creato una community
dall’interazione sociale così forte da far crescere a dismisura la notorietà del suo sito e
della sua innovativa offerta turistica.

Avvalendosi dei social network e degli strumenti del Travel 2.0 in generale, gli
utenti possono partecipare attivamente e dinamicamente alla vita della community di
Airbnb condividendo pareri, impressioni, esperienze, pubblicando e leggendo
recensioni, ponendosi domande, scambiandosi consigli, “dritte” su luoghi assolutamente
da vivere o al contrario da evitare, guardando le foto, i video, tenendo conto dei
feedback, scatenando il buzz, il passaparola su questo e quello. Ed è proprio grazie a
questo “fermento sociale” se Airbnb è diventata il più grande portale in fatto di turismo
esperienziale. Infatti ascoltando le conversazioni tra i membri della sua community,
Airbnb è riuscita a creare una gamma di soluzioni turistiche talmente eterogenea e
carica di significati simbolici da fornire risposte fortemente innovative agli emergenti
bisogni di “esperienzialità” dei turisti433 e da soddisfare così i gusti di tutti i suoi
pubblici.

Pertanto possiamo dire che con Airbnb cambia non solo il tipo di esperienza
turistica che si può vivere, ma cambia anche la modalità atta a promuovere e
commercializzare tale innovativo modello di consumo turistico e, anzi, possiamo dire
che l’una risulta di fondamentale importanza per la stessa sopravvivenza dell’altra, e
viceversa. In pratica l’offerta su cui Airbnb concentra il proprio business, ovvero la

432
Cfr. J. EJARQUE (Marzo 2010, n.1, pp. 3 – 4).
433
Cfr. J. SUVANTOLA 2002.

182
possibilità di vivere un’esperienza unica e memorabile viaggiando il territorio con le
persone del posto, “viaggiando come un umano” non potrebbe sussistere senza la forte
integrazione “social”, cioè l’attiva partecipazione del turista alla vita della sua
community. Infatti Airbnb è riuscita a creare una community altamente rappresentativa,
i cui membri si identificano e si fidano l’uno dell’altro a tal punto da essere loro stessi i
“veri” promotori della sua offerta, tanto sul canale online quanto su quello tradizionale.
E viceversa la community di Airbnb non potrebbe esistere se i suoi membri non si
rispecchiassero, se non si sentissero rappresentati, se non provassero un forte senso di
appartenenza al modello di esperienza turistica proposto. In sostanza il portale è
riconosciuto e riconoscibile nell’arena competitiva del turismo esperienziale proprio per
la sua forza indiscutibile di evocare viaggi, incontri, persone dai mille volti e mille
culture di cui potersi fidare. Perché, come abbiamo detto precedentemente, il suo valore
è determinato proprio dall’alto livello di fiducia all’interno della sua community.

Tuttavia “non è tutto oro quel che luccica”, nel senso che ultimamente questo
portale è entrato nel mirino di una polemica scoppiata a New York a seguito di una
condanna al pagamento di una multa emessa contro un cittadino per aver affittato una
parte del suo appartamento tramite Airbnb434. In pratica un residente del quartiere di
East Village, tale Nigel Warren, è stato multato di ben 2,400 dollari per aver violato le
leggi che regolano i soggiorni a New York. Il reato contestato è stato quello di aver
affittato, tramite la community marketplace, una parte del suo appartamento soltanto per
tre giorni, quando la legge locale vieta espressamente l’affitto temporaneo di una
proprietà privata per meno di 30 giorni435. Questo dispositivo legale era stato introdotto
proprio per funzionare da deterrente, visto che la Grande Mela era stata teatro di diverse
frodi e speculazioni da parte di grandi proprietari che hanno trasformato i loro
appartamenti e le loro seconde case in alberghi di fatto. Ma anche se la legge era stata

434
Cfr. post di M. VECCHIO, “Airbnb, l’affitto illegale a New York”, in Punto Informatico, 22 Maggio 2013,
in http://punto-informatico.it/3802433/PI/Brevi/airbnb-affitto-illegale-new-york.aspx
435
Tratto da un articolo di O. SMITH, “Airbn rulled ‘illegal’ in New York”, in Travel, in The Telegraph, 22
May 2013, in http://www.telegraph.co.uk/travel/travelnews/10072651/Airbnb-ruled-illegal-in-New-
York.html

183
ideata per alcuni casi specifici, comunque viene applicata a tutti i cittadini che utilizzino
le loro abitazioni per altri scopi oltre che la residenza privata. Dunque, anche se i
rappresentanti legali di Airbnb sono intervenuti in sua difesa obiettando tale sentenza,
sostenendo che assolutamente non era questo lo scopo del signor Warren, a parer del
giudice la norma è stata violata definendo l’affitto tramite il portale un “business
illegale” e condannando perciò il cittadino al pagamento di una multa, seppur inferiore
ai 7mila dollari richiesti in partenza.

A proposito del caso newyorchese lo staff di Airbnb si è giustificato dicendo


che, dal momento che il portale è presente in 192 paesi del mondo, è difficile agire
come “consulenti” per tutti i loro utenti. Poiché infatti le normative locali sono diverse
da regione a regione e perfino da comune a comune, l’unica cosa che Airbnb può fare è
quella di raccomandare genericamente i suoi utenti di consultare un esperto del settore
per capire come agire nel rispetto delle leggi. Ed è proprio questa una delle criticità
fondamentali del portale, poichè aggira il problema della “legalità” semplicemente
delegando la responsabilità all’host, il quale sarà lui a doversi interessare dell’esistenza
di eventuali leggi locali, contratti e qualsiasi altra disciplina in materia di affitto e a
doversi attenere al loro rispetto. Airbnb si limita soltanto a sottolineare l’importanza di
essere conformi alle normative vigenti nei suoi Termini di Servizio, nelle pagine
dedicate agli Host Responsabili e anche nella realizzazione di un manuale dedicato
all’host perfetto in cui viene esplicitamente indicato l’importanza di seguire la
legislazione ad ogni livello territoriale.

Io credo che non debba lasciare tutto al caso, non debba semplicemente
raccomandare gli host di attenersi e rispettare le normative locali, tirandosi così in
disparte da eventuali irregolarità, ma garantire effettivamente un supporto pratico a chi
decida di rivolgersi al suo portale per mettere a disposizione un proprio spazio abitativo.
Secondo me per ovviare al problema come quello del caso newyorchese, Airbnb
dovrebbe arricchire la propria offerta inserendo nella sezione dedicata agli annunci da
pubblicare dei link, suddivisi per paese, che rimandino alla legislazione nazionale, la
quale poi si articolerà internamente toccando ogni livello territoriale riguardo tutte le

184
disposizioni di carattere legale, fiscale e qualsiasi altra norma che regolamenta gli
affitti. Così ad esempio io che voglio inserire un annuncio, prima di completare
l’iscrizione, potrò essere al corrente di tutte le restrizioni vigenti in materia di affitti non
solo nel mio paese, ma anche nel mio territorio, nella mia regione e perfino nel mio
comune, e di tutte le sanzioni a cui potrei andar incontro in caso di infrazione. Così
facendo potrò essere in grado di valutare in maniera più consapevole se è il caso o meno
di andare avanti con la pubblicazione del mio annuncio. Io penso che adottando questa
soluzione semplice ma efficace, Airbnb potrebbe evitare di essere coinvolta in ulteriori
polemiche come quella infuriata nella Grande Mela, che ha rischiato di minacciare e
offuscare seriamente il suo business, ma risultare ancora più innovativa e competitiva,
poiché non abbandona il proprio utente, ma lo assiste nel processo di creazione e
pubblicazione del proprio annuncio anche dal punto di vista meramente formale.
Pertanto da un lato il turista potrebbe affrontare l’esperienza turistica con maggior
consapevolezza, e dall’altro l’offerta di Airbnb potrebbe risultare agli occhi della sua
community ancora più vicina ed attenta ai suoi bisogni di quanto non lo sia già in realtà.

185
Conclusioni

In questo elaborato abbiamo sviscerato in ogni sua componente il concetto di


esperienza nell’accezione proposta dai due studiosi Pine e Gilmore, ovvero come
dimensione economica a sé stante, essendo risultata l’elemento caratterizzante della
società contemporanea, in cui «il lavoro diviene teatro e ogni business un
palcoscenico»436. Partendo da questo presupposto, l’abbiamo declinata in ambito
turistico in quanto, come abbiamo potuto constatare durante la trattazione, il modello
dell’economia delle esperienze si adatta perfettamente al prodotto turistico che richiede
il viaggiatore postmoderno437. Questi, infatti, quando viaggia e soggiorna non dimostra
più interesse verso la presenza di questo bene o quel servizio in una data località
turistica, dandoli ormai per scontato, ma ciò che desidera e ricerca è la possibilità di
vivere esperienze di viaggio uniche e memorabili438. In pratica egli aspira ad
un’esperienza turistica che sia complessa, che lo coinvolga cioè sul piano personale e
che lo faccia sentire partecipe nelle dinamiche che si creano con «il complesso sistema
di attori e relazioni del territorio dove si mette in scena lo spettacolo del turismo» (Di
Vittorio 2010, n. 2, p.542).

In questa prospettiva si inserisce il “turismo esperienziale”, la cui offerta si


basa proprio sulla considerazione che il prodotto turistico non va più inteso come un
qualcosa di estraneo al suo fruitore anzi, è a lui intimamente e intrinsecamente legato
attraverso la sua sfera sensoriale, poiché sono proprio i sentimenti e le impressioni
provate dal viaggiatore a rappresentare l’esperienza di viaggio nella sua totalità439. È
questo il cambio di paradigma che propone il modello dell’economia delle esperienze e
sul quale si basa, appunto, il turismo esperienziale. Si tratta di riconfigurare l’offerta di
beni e servizi in ottica esperienziale, in quanto è l’esperienza a costituire il vero valore

436
B.J. PINE II, J.H. GILMORE 1999, citati in A. DI VITTORIO (2010, n.2, p.530).
437
Cfr. J. KING (2002, Vol.8, n.2). A. WILLIAMS (2006, Vol.18, n.6).
438
Cfr. M. MORGAN, J. ELBE, J. DE ESTEBAN CURIEL (2008, n.11, pp. 204 – 205).
439
Cfr. F. CASARIN 1996, citato in T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, p.232).

186
aggiunto440. Ecco perché ora si parla di “prodotto-esperienza turistica” come elemento
distintivo e competitivo di un’impresa turistica441. Perché solo immettendo sul mercato
prodotti e servizi ricchi di valori e di esperienze, l’impresa turistica potrà incontrare i
gusti e i desideri del turista postmoderno, soddisfacendo la sua domanda, e distinguersi
dai suoi concorrenti, ottenendo ottimi ritorni economici nel lungo periodo442.

Tuttavia turismo esperienziale non significa solo traslare le sensazioni ed


emozioni del viaggiatore nel prodotto turistico, ma implica anche comprendere e
acquisire l’idea, ormai radicata nella società odierna, che il turismo costituisce un diritto
primario dell’individuo, al pari del lavoro, della salute e dell’istruzione. Infatti «quello
che fino a poco tempo fa chiamavamo semplicemente “tempo libero”, attribuendogli fin
dalla definizione un ruolo subordinato rispetto al tempo del lavoro, ora ha perso la
propria residualità per assumere un’assoluta centralità» (Pollarini in Rossi e Goetz
2011, Cap.I, p.3). Il turismo, in pratica, ha acquisito un proprio significato ed è
diventato lo ‘spazio’ in cui, sempre più spesso e sempre più volentieri, esprimiamo le
nostre passioni, i nostri valori e stringiamo relazioni con il mondo esterno443. Ciò
significa che, grazie alla pratica turistica, emergono comunità di individui che si
identificano non tanto per l’appartenenza allo stesso luogo o alla stessa condizione
sociale, quanto piuttosto per la condivisione degli stessi interessi, delle stesse
“vocazioni”, ragion per cui sono motivati ad intessere relazioni e a scambiarsi
esperienze444.

Inoltre essendo tali “comunità vocazionali” delle comunità disperse, in quanto


possono prendere forma in ogni parte del mondo, queste per ritrovarsi, per conoscersi
ma anche per vivere semplicemente delle esperienze sono obbligate a spostarsi, a
muoversi, a viaggiare, insomma ad alimentare la macchina del turismo. Di conseguenza
diciamo che «l’agire turistico diventa uno degli elementi indispensabili dell’esperienza»

440
Cfr. F. FORLANI (2005, Cap.VI, pp.7 – 8).
441
Cfr. BRUNETTI 1999, citato in T. PENCARELLI, F. FORLANI (2002, n.58, pp. 242 – 243).
442
Cfr. S. SMITH, J. WHEELER (2002). C. SHAW (2005).
443
Cfr. A. POLLARINI in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.I, p.3).
444
Cfr. V.W. TURNER (1974).

187
(Pollarini in Rossi e Goetz 2011, Cap.I, p.4). Perciò quello che viene definito come
“turismo esperienziale” altro non è se non la manifestazione di un nuovo modello di
consumo turistico che si configura come «strumento di costruzione e attribuzione di
identità»445, attraverso il quale cioè l’individuo afferma la propria identità individuale e
sociale446 dando spazio alle sue passioni, alle sue vocazioni e condividendo momenti
felici, spensierati, delle esperienze preziose con perfetti sconosciuti ma accomunati
dagli stessi interessi, in una sorta di “comunità vocazionale” alla quale si sente
fortemente appartenere447.

In virtù di quanto detto l’operatore turistico non deve più basare la propria
offerta descrivendo in maniera banale e a mero scopo illustrativo le caratteristiche che
uno specifico luogo possiede, quanto piuttosto illustrando in modo coinvolgente,
spumeggiante e invitante le fantastiche esperienze che solo in quel luogo si potranno
vivere, i meravigliosi incontri che solo lì si potranno fare e tutto il bagaglio di
conoscenze che ne potrà derivare448. In sostanza bisogna rendere appetibile la propria
offerta enfatizzando i suoi significati simbolici, in modo da provocare una sorta di
identificazione nei principi evocati, di appartenenza esclusiva alla comunità mostrata e
di immedesimazione nel luogo “raccontato”449, appellandosi al senso di unicità e
autenticità che fa tanto gola al turista postmoderno. Questo è un aspetto molto
importante perché «la percezione dell’autenticità e dell’unicità della propria esperienza
turistica sembrano essere due fattori determinanti nella nascita del sentimento di
soddisfazione legato alla vacanza»450.

Ma tra i fattori che hanno influito profondamente sulle abitudini e sui


comportamenti dei turisti e, di conseguenza, hanno accentuato il bisogno di un turismo
esperienziale, sono da annoverare senza dubbio i progressi avuti in campo tecnologico,

445
A. POLLARINI in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.I, p.7).
446
Cfr. J.E. OTTO, J.B. RITCHIE (1996, Vol.17, n.3). S.C. CURTIN (2005, Vol.4, n.1).
447
Cfr. A. POLLARINI (2010, n.1, p.211).
448
Cfr. M. MORGAN, J. ELBE, J. DE ESTEBAN CURIEL (2008, n.11, p.204).
449
Cfr. A. POLLARINI in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.I, p.1).
450
J.D. FRIDGEN, “Environmental psychology and tourism”, in Annals of Tourism Research, Vol.11, n.1,
1984.

188
con particolare riferimento allo sviluppo delle tecnologie di informazione e
comunicazione e, nello specifico, l’avvento di Internet. Quest’ultimo, infatti, ha
ricoperto e tuttora ricopre un ruolo di fondamentale importanza sull’evoluzione dello
scenario competitivo per il settore turistico poiché, abbattendo i confini geografici che
un tempo limitavano l’accesso a determinati beni e servizi, ha facilitato lo svolgimento
di alcune attività prima compiute con maggiore difficoltà, come la ricerca di
informazioni e la comunicazione interpersonale451.

In sostanza la comparsa di Internet ha rappresentato una vera e propria


rivoluzione per il mercato turistico, sia dal lato della domanda che dell’offerta. Dal lato
della domanda, vediamo come ora il viaggiatore abbia a disposizione una quantità di
informazioni e opzioni senza precedenti tra cui poter scegliere, facendo in modo che
Internet si configuri come la principale fonte di “travel information”452, ovvero come lo
strumento di primaria importanza nel processo di decisione, di scelta e di acquisto dei
prodotti turistici. Pertanto il turista, avendo accesso ad una quantità di informazioni che
prima gli era preclusa (essendo di esclusivo patrimonio degli operatori del settore)453,
ora può essere l’artefice della propria vacanza, avendo possibilità di valutare tutte le
alternative messe a disposizione dalla rete, scegliere quelle che più soddisfano le sue
esigenze, formare le proprie preferenze, pianificare il proprio viaggio, esprimere
opinioni e fornire suggerimenti ad altri viaggiatori.

Dal lato dell’offerta, notiamo come Internet abbia reso effettivamente «la
competizione turistica globale, visto che sempre più destinazioni e operatori turistici
sono entrati in rete, mettendo in crisi il modello turistico di massa che fino ad allora
aveva dominato»454. Infatti mentre prima dominavano la scena soltanto quelle aziende
turistiche di grandi dimensioni e spesso internazionali, ora grazie ad Internet chiunque,
anche l’angolo più sperduto del mondo, può rendere visibile la propria offerta e
raggiungere un pubblico mondiale senza dover spendere una fortuna. Solo entrando nel
451
Cfr. F. TODISCO (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, pp. 9 – 10).
452
Come dimostrano alcuni dati tratti dall’Osservatorio Turismo Online nel periodo 2010 – 2011.
453
Cfr. M. ESPOSITO (XXI ciclo, Intr., p.3).
454
M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.32).

189
mondo online è possibile aumentare la propria concorrenzialità, ridurre notevolmente i
costi di gestione e ampliare la propria gamma di prodotti e servizi da proporre al
cliente455. Questo perché Internet è diventato «un cruciale canale di distribuzione
attraverso il quale le organizzazioni turistiche possono promuovere le loro destinazioni
raggiungendo un numero di persone di proporzioni inimmaginabili alle “vecchie” guide
turistiche»456. Pertanto il presidio di questo canale rappresenta un fattore strategico di
massimo rilievo per le imprese turistiche457.

Tuttavia in questo marasma di offerte, che l’impatto di Internet sul mercato


turistico ha scatenato, risulterà vincente chi saprà comprendere la necessità di
riformulare la propria proposta e non focalizzarla più sulle caratteristiche del prodotto,
ma sui bisogni specifici del cliente, in modo da fornirgli le informazioni più rilevanti e
risultare ai suoi occhi l’unico in grado di soddisfare le sue esigenze nel caos dell’arena
competitiva. Quindi ai fini competitivi sarà necessario compiere un salto di qualità e
passare dall’enfasi sulla destinazione a quella sull’esperienza turistica458.

Tale cambio di prospettiva si rende ancora più necessario se si prende in


considerazione il fatto che ormai il viaggiatore, con tutta la quantità di informazioni che
ora dispone, assume nuovo potere nel processo di creazione dell’esperienza turistica.
Infatti essendo maggiormente informato, non si fa più influenzare dalle intenzioni degli
operatori di marketing, ma sarà lui stesso a decidere e a fare una scrematura di ciò che
realmente gli interessa. Abbiamo a che fare con un turista più attento, selettivo, alla
ricerca di proposte specifiche e non generiche, in grado di formarsi un giudizio
personale in totale autonomia. Inoltre si tratta di un turista pieno di interessi e di
passioni, dalle mille sfaccettature e interessato quindi più a vivere delle esperienze che
assecondino le sue inclinazioni, piuttosto che visitare anonimi luoghi459. Quindi
possiamo dire che «il grande riflettore che è Internet ha consentito di illuminare un

455
Cfr. V. CAROLLO (2007, Vol.V, Cap.I, p.7).
456
UNWTO 1999, citato in A. CHABOT (2006 – 2007, p.17).
457
Cfr. M. ESPOSITO (XXI ciclo, Intr., p.2).
458
Cfr. A. ROSSI, M. GOETZ (2011, pp. 33 – 34).
459
Cfr. A. POLLARINI in A. ROSSI, M. GOETZ (2011, Cap.I, p.4).

190
mondo di viaggiatori, di persone, con gusti e desideri non ancora soddisfatti e che non si
accontentano dell’offerta tradizionale standardizzata, ma che desiderano vivere
esperienze di viaggio memorabili» (Rossi e Goetz 2011, p.XV).

La necessità di centrare l’offerta turistica sui bisogni e le esigenze del cliente è


stata di fatto resa possibile grazie al Web 2.0460, una sorta di versione evoluta di quella
precedente, che consente non solo uno scambio di informazioni e conoscenze senza
precedenti, ma anche la collaborazione, la condivisione e l’interazione tra utente e sito.
In realtà non si tratta di una rivoluzione tecnologica, ma di un «cambiamento culturale
nel modo di concepire il web»461 e, pertanto, dai forti risvolti sociali. In quest’ottica,
infatti, l’utente non è più un navigatore che fruisce passivamente delle informazioni
presenti in rete, ma è il “protagonista dell’informazione” che lui stesso crea e condivide
con gli altri utenti online462. Dunque grazie alle applicazioni interattive e multimediali
messe a disposizione dalla rete, le persone prendono consapevolezza della loro
centralità nel processo di creazione del valore, visto che possono contribuire in maniera
attiva e dinamica al mondo di Internet, popolando e alimentando la rete di propri
contenuti senza dover possedere particolari competenze tecniche463. Come ha detto il
suo stesso fondatore, «il Web 2.0 non è una tecnologia, ma un’attitudine» (O’Reilly
September 2005).

La massiccia adozione di applicazioni tecnologiche legate al Web 2.0 in ambito


turistico ha fatto sì che gli operatori del settore iniziassero a parlare di “Travel 2.0” o
“Turismo 2.0”, intendendo con ciò il passaggio dalla classica offerta turistica dominata
da “siti vetrina” statici, a siti dinamici e interattivi, in cui il consumatore assume un
ruolo centrale partecipando attivamente alla creazione del proprio viaggio 464. Infatti
oltre alle tradizionali funzioni di prenotazione, ora vi sono una serie di servizi a valore
aggiunto che compongono una sorta di bouquet con i quali è possibile personalizzare il

460
Cfr. T. O’REILLY (September 2005).
461
V. FREDA (2010, p.8).
462
Cfr. L. BISOGNIN (2010, Cap.III, p.48).
463
Cfr. V. DI BARI 2007, citato in V. FREDA (2010, p.11).
464
Cfr. M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.32).

191
proprio viaggio non solo in base ai propri gusti e desideri, ma anche in base a quanto
circola in rete. Questo aspetto è molto importante, perché ora le persone prima di
prenotare una vacanza, si confrontano in rete con chi l’ha già vissuta per sapere le
impressioni, i giudizi, i commenti, ma anche per vedere le foto e i video dei luoghi
visitati, effettuando una sorta di «prova emozionale del viaggio»465, di immersione
nell’esperienza ancor prima dell’esperienza466. Quindi con il termine ‘Travel 2.0’ si
intendono tutte quelle applicazioni online specializzate nel settore dei viaggi che
soddisfano il bisogno sempre più impellente degli utenti di condividere opinioni, di
organizzarsi tra di loro per scambiarsi informazioni ed esperienze, di creare e pubblicare
contenuti che fissino emozioni e ricordi (testi, video, foto), di valutare ed eventualmente
modificare i contenuti creati dai loro pari e di creare reti sociali altamente focalizzate su
precisi interessi condivisi467.

Pertanto con l’affermarsi del Travel 2.0 e delle sue applicazioni interattive e
multimediali, delle sue «tecnologie collaborative di rete, che hanno di fatto contribuito a
rendere reale e concreta “la centralità del consumatore”»468, sono venuti alla ribalta
fenomeni, come quello delle comunità di viaggiatori online, estremamente
rappresentativi dell’epoca che stiamo vivendo469. Infatti in pochi anni, grazie alle
piattaforme del Web 2.0, come i blog, i siti di condivisione di contenuti fotografici
come Flickr, o quelli di videosharing come YouTube, ma anche grazie agli aggregatori
di feed RSS, gli utenti hanno iniziato a pubblicare in rete i propri contenuti e «a
costruire il proprio palinsesto personale, in funzione dei loro gusti e delle loro
preferenze» (Goetz e Massarenti in Marra e Ruspini 2010, p.34).

L’abbondanza di contenuti così generati ha fatto sì che gli utenti andassero alla
ricerca di servizi sempre più personalizzati, in cui potersi identificare, in cui poter
trovare persone con le quali poter condividere le stesse passioni ed interessi e magari la

465
F. TODISCO (a.a. 2008 – 2009, Cap.I, p.15).
466
Cfr. FOUR TOURISM (Novembre 2010, n.5, pp. 6 – 7).
467
Cfr. G. VENTRUCCI (Febbraio 2009).
468
M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.35).
469
Cfr. A. DI VITTORIO (2010, n.2, p.542).

192
stessa esperienza turistica, innescando una sorta di “auto-segmentazione”470. Questa
tendenza ha provocato due effetti, uno diretto e uno indiretto. Il primo consiste nel fatto
che in rete sono proliferati un numero impressionante di comunità virtuali proprio allo
scopo di far conoscere ed incontrare turisti accomunati dalla stessa “filosofia di
viaggio”. All’interno di queste comunità, quindi, la vacanza viene concepita come un
momento per affermare la propria identità e per condividere un’esperienza con una
“tribù” di propri simili, ossia con persone dagli stessi valori e dalle stesse attitudini.

Il secondo riguarda ciò che Chris Anderson aveva previsto con la sua teoria
della “Coda Lunga”471, ovvero l’espandersi in rete di nuove pratiche turistiche, o come
li definisce lui stesso “micromercati”472, che consentono di spostarsi da un “mercato di
massa” ad una “massa di mercati”473. In pratica grazie sia all’abbondanza di spazio,
offerta, scelta e distribuzione che la rete mette a disposizione, e sia all’affermazione del
“social web”, frutto della condivisione e coproduzione di contenuti e risorse474, è
possibile ottenere un sistema diversificato, che permette di «ricoprire molteplici nicchie
di mercato, sintomo di bisogni insoddisfatti o esigenze specifiche» (Di Vittorio 2010,
n.2, pp. 543 – 544).

Chi più di tutti è riuscito a trarre vantaggio da tutti questi elementi messi
insieme, ovvero dal concetto di esperienza come proposta economica e dalla sua
applicazione in ambito turistico con il “turismo esperienziale”, dalle tecnologie
interattive e multimediali del Travel 2.0 e dall’importanza della comunità nella
condivisione di esperienze, è stato il portale online Airbnb. In realtà non si tratta
semplicemente di un sito di prenotazione, ma di un nuovo modo di intendere e fare
turismo, poiché la mission di questa community marketplace di “alloggi non
convenzionali”, consiste nel far «viaggiare come un essere umano, viaggiare vivendo il

470
Cfr. M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.37).
471
Cfr. C. ANDERSON (2007, p.108).
472
Cfr. J. EJARQUE (Marzo 2010, n.1, pp. 3 – 4).
473
Cfr. C. ANDERSON (2007, p.108).
474
Cfr. A. DI VITTORIO (2010, n.2, p.543).

193
territorio con le persone del posto»475. Dunque attraverso l’incontro tra domanda e
offerta di affitti di soluzioni abitative originali e davvero uniche nel genere, e attraverso
la forte interazione con i membri della community di Airbnb, il potenziale turista può
godere di un’esperienza del tutto diversa e completamente autentica. Attraverso questa
piattaforma, infatti, si può avere la fortuna di trovarsi calati nella cultura locale grazie
alla guida e ai consigli di chi ci ospita476 e smettere così di indossare i panni del turista,
per immergersi in quelli del “locale”, dell’abitante del posto e finalmente ‘vivere’ e non
più ‘visitare’ il luogo scelto. Soltanto in questo modo potremo portare a casa il ricordo
di un’esperienza memorabile e al di fuori del comune.

Oltre all’aspetto sociale, all’occasione di fare incontri con gente proveniente da


ogni parte del mondo e con la passione dei viaggi, di acquisire nuove conoscenze che
arricchiscono l’anima e lo spirito, di immergersi nella vita locale, di stringere anche e
perché no amicizie internazionali diventando parte di un network globale, c’è anche
quello economico. Infatti grazie ad Airbnb chi viaggia riesce a risparmiare denaro477,
pur usufruendo di servizi e comfort degni di una camera d’albergo, mentre chi ospita
riesce a guadagnare mettendo a disposizione un proprio spazio inutilizzato. Sul sito
vengono riportate infinite testimonianze di persone che sono riuscite a trarre profitto da
Airbnb, trasformando le proprie camere in un business.

Alla base di tale successo ci sono diversi fattori da considerare. In primis la


possibilità di vivere un turismo esperienziale, alternativo all’offerta classica, a prezzi
accessibili a tutti e con il benefit aggiunto dell’esperienza locale, andando a ricoprire
segmenti di mercato finora mai toccati478. In secondo luogo l’occasione data a chiunque
di guadagnare attraverso questa formula, in quanto non sono necessarie particolari
competenze o conoscenze, ma solo tanta ospitalità e voglia di vivere. Fondamentale,
inoltre, è la fortissima interazione sociale e l’altissimo livello di fiducia tra i membri
della community, che costituisce il valore e la “linfa vitale” di Airbnb. In ultimo, ma
475
M. GEROSA, R. MILANO (2011, p.150).
476
Cfr. P. BELLELLI (Aprile 2011).
477
Anche se i prezzi sono variabili e disponibili per tutte le tasche.
478
Cfr. A. CARCIOFI (Novembre 2010).

194
anzi di primaria importanza, essendo il nucleo di tutta l’iniziativa senza il quale non si
farebbe niente, c’è la filosofia della “sharing economy”, l’economia del consumo
collaborativo, ovvero «un’esplosione di condivisione, scambio, valori, fiducia sociale e
comunità»479. In realtà non si tratta di un modello economico innovativo, ma di un vero
e proprio cambio di mentalità, in cui i propri oggetti non vengono più considerati di
proprietà privata, ma come un bene pubblico, una risorsa comune, la cui condivisione
contribuisce ad agevolare e a migliorare la vita. Tale concetto, grazie anche alle reti
sociali e alle tecnologie del Web 2.0, ha avuto enormi ripercussioni sullo stile di vita dei
turisti, generando ciò che Airbnb ne rappresenta l’esempio più eclatante, cioè un nuovo
modo di consumare esperienze di viaggio, un “turismo partecipativo, collaborativo” 480.

È importante sottolineare che l’affermazione di tali pratiche turistiche, di cui


Airbnb s’impone come leader indiscusso, non è determinata tanto e solo dalla pesante
crisi economica che stiamo attraversando in questo periodo. Infatti chi decide di
rivolgersi ad una piattaforma web per prenotare una stanza a casa di uno sconosciuto e
con il quale è disposto e interessato a scambiare amicizia, cultura e conoscenza non lo
fa (solo) per una questione economica, per risparmiare. Lo fa, invece, per una “crisi di
identità”481, per l’esigenza di recuperare dei valori che con il turismo tradizionale sono
andati persi.

A differenza del turismo moderno, caratterizzato dal trionfo


dell’individualismo, il viaggiatore postmoderno è interessato alla riaggregazione sociale
e alla dimensione comunitaria482. Come abbiamo visto durante la trattazione, si tratta di
un turista alla continua ricerca di un’esperienza autentica, che gli permetta cioè di
incontrare e socializzare con le persone del posto, di respirare la stessa aria che
respirano loro, in altre parole di «vivere la vita normale e reale della comunità

479
A. CARCIOFI (Novembre 2010).
480
Cfr. A. SALERNO, L. MARONGIU, “Il viaggio no cost nell’era del turismo partecipativo”, in M. GEROSA,
R. MILANO, “Viaggi in rete. Dal nuovo marketing turistico ai viaggi nei mondi virtuali”, Milano, Franco
Angeli, 2011, pp. 147 – 148.
481
Cfr. A. CARCIOFI (Novembre 2010).
482
Cfr. C. RYAN 1991, citato in F. GATTI, F. ROMANO PUGGELLI (2006, p.26).

195
ospitante»483. Dunque il turismo partecipativo intende il viaggio non solo come
occasione di svago e divertimento, ma anche come incontro di culture, luoghi e persone
del posto in modo del tutto spontaneo, autentico e originale e, infine, come crescita
spirituale, ricerca introspettiva all’interno di sé stessi, come un viaggio nel proprio
‘io’484.

In conclusione è possibile affermare che fare turismo oggi implica una


maggiore conoscenza dei viaggiatori, dei loro gusti, dei loro desideri, delle loro attese e
delle loro disponibilità economiche. Ciò è possibile solo attraverso un loro
coinvolgimento attivo nel processo esperienziale di costruzione dell’offerta turistica,
che sempre di più sarà delineata attorno e con il contributo degli stessi viaggiatori. È la
rete sociale, infatti, che permette la diffusione capillare e la buona riuscita di modelli di
turismo partecipativo come Airbnb. Grazie a questo portale turistico di alloggi “non
convenzionali”, le persone infatti non visitano una città o una destinazione con gli occhi
dei turisti, ma la vivono con gli occhi dei nativi, «gli unici in grado di suggerire il
miglior modo di vivere esperienze autentiche» (Goetz e Massarenti in Marra e Ruspini
2010, p.42). Pertanto sta agli operatori del settore saper intercettare i nuovi bisogni e
anticipare le tendenze attraverso il monitoraggio dei segnali deboli che nascono e si
sviluppano online, nei blog, nelle community, sui social network, e che stanno portando
sempre di più verso il trionfo di modelli di consumo turistici collaborativi ed
esperienziali, di cui Airbnb ne è un fervido esempio485.

483
G. GULOTTA, L. MAMIA 1997, citato in F. GATTI, F. ROMANO PUGGELLI (2006, p.26).
484
Cfr. R.D. ABRAHAMS in V.W. TURNER, E.M. BRUNNER (1986, Cap.III).
485
Cfr. M. GOETZ, C. MASSARENTI in E. MARRA, E. RUSPINI (2010, p.42).

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