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«Ø e -mente», «-mente e -mente»*

A suo tempo Bruno Migliorini segnalò la relativa diffusione delle coppie avverbiali con un
solo -mente (tipo «quanto più breve e semplicemente ho potuto») nel fiorentino del Due-
cento, l’estenuarsi di questo modulo nel Trecento e il suo tornare di moda nell’italiano del
Cinquecento, per influsso del castigliano. In realtà il tipo «Ø e -mente», fin dalle origini
molto più raro del tipo «-mente e -mente», gode di una relativa fortuna già nell’italiano del
Quattrocento per influsso non del modello spagnolo ma di quello latino, che con tutta
probabilità ha determinato anche la contemporanea diffusione del tipo «Ø y -mente» nel
castigliano.
Giuseppe Patota, «Ø e -mente», «-mente e -mente», ZrP 126 (2010), 546Ð567.

Nell’articolo Coppie avverbiali con un solo -mente, pubblicato una prima


volta nel 1952 (Migliorini 1952) e una seconda, con alcuni ritocchi e aggiunte,
nel 1957 (Migliorini 1957), Bruno Migliorini si occupò del fenomeno per cui
nell’italiano di un tempo, nelle coppie di avverbi in -mente, questo suffisso
poteva essere omesso nel primo e mantenuto soltanto nel secondo avverbio.
Cosı̀, per esempio, nella prosa delle Storie contra i Pagani di Paolo Orosio
di Bono Giamboni, accanto a «sempre abondevolemente e incessantemente
debbono procedere», possiamo leggere «quanto più breve e simplicemente ho
potuto»;1 analogamente, nella Composizione del mondo di Restoro d’Arezzo,
accanto a vari esempi del tipo «E questa diversità [. . .] è ‘n tre modi, secondo
magiuremente e menoremente», ne incontriamo uno che dice «E·lli quali vasa
fuoro designate e scolpite tutte le generazioni de le plante e de le follie e de
li fiori, e tutte le generazione de li animali che se puono pensare, in ogne atto,
mirabile e perfettamente sı̀, che passaro denanti a l’operazione de la natura»
(i due esempi sono tratti da Stoppelli / Picchi 2001).
Questo tipo di struttura, originariamente presente in tutte le lingue ro-
manze occidentali, è poi andato perduto in italiano e in francese, mentre si
è grammaticalizzato in spagnolo e in portoghese (basti rinviare a Karlsson
1981).
Alle ovvie premesse storiche del fenomeno (in latino la parola mente non
era un suffisso, ma l’ablativo di mens ‘animo’, e un sintagma come serenis-
sima et simplicissima mente era un normale complemento avverbiale di
modo, come peraltro segnalano praticamente tutte le grammatiche storiche e

* Grazie a Stefano Asperti, Luca Serianni, Elena Spandri, Francesco Stella, Stefano
Telve per l’aiuto, le osservazioni e i consigli; grazie a Filippo Orio per la realizzazione
del test «chi-quadro» e del test relativo agli «intervalli di confidenza».
1
I due esempi sono tratti dal Corpus del TLIO, interrogabile in rete per mezzo di
GATTOweb, la versione on line del software di GATTO.

DOI 10.1515/zrph.2010.046
«Ø e -mente», «-mente e -mente» 547

tutte le introduzioni allo studio delle lingue romanze; cf. Gasca Queirazza
1970, 109) Migliorini aggiunge delle ragioni funzionali e stilistiche, identifica-
bili nella tendenza a evitare la ripetizione della medesima desinenza in una
coppia d’avverbi (cf. Migliorini 1957, 148); successivamente lo studioso allega
un discreto numero di esempi del tipo «Ø e -mente» tratti da testi italiani che
vanno dal Duecento al Seicento, un esempio del Settecento e alcuni dell’Otto
e Novecento giustamente interpretati come arcaismi (cf. ib., 151). Riflettendo
sulla diversa densità delle allegazioni raccolte nei testi dei vari secoli (relativa-
mente numerose nel Duecento, rarissime nel Tre e nel Quattrocento e poi di
nuovo frequenti nel Cinquecento), Migliorini arriva a concludere che la se-
quenza «Ø e -mente», normale nel Duecento cosı̀ in italiano come in altre
lingue neolatine, da noi
«si estenua nel Trecento. E il fatto che non appaia nelle maggiori opere
letterarie di quel secolo toglie al costrutto la possibilità di rientrare nel-
l’uso, attraverso l’efficacia normativa di esse. Nella prima metà del Cin-
quecento le coppie ridotte tornano poi di moda», per influsso dell’ana-
logo uso spagnolo: «la somiglianza tra le due lingue è cosı̀ grande, e
cosı̀ forte in quell’età l’osmosi fra di esse, che la penetrazione dové
passare quasi inosservata, come il suggerimento di un vezzo stilistico.
Ma non a torto il Manzoni si servı̀ del costrutto nel Proemio dei Pro-
messi Sposi, in mezzo alle altre gale secentesche» (ib., 154).2

Il grande Migliorini presenta i suoi dati con prudenza («la documentazione


che abbiamo portata non è di per sé stessa probante»; ib., 153) e con un invito
ad allargare l’indagine («bisognerebbe che, attraverso larghi e metodici spogli,
potessimo confrontare percentualmente nei vari autori e nelle varie età, le
coppie ridotte con quelle piene»; ib.); un invito che oggi, grazie alla disponibi-
lità di corpora su CD-rom e in rete, lo storico della lingua italiana può acco-
gliere agevolmente. Ho praticato il confronto auspicato da Migliorini inda-
gando la presenza della coppia avverbiale «Ø e -mente» e della coppia avver-
biale «-mente e -mente» nei 1174 testi in prosa3 archiviati nel TLIO e nei 624
testi in prosa archiviati nella LIZ.4 I risultati dello spoglio sono disponibili in
appendice. Ne ho ricavato alcune conclusioni interessanti.
Innanzitutto il tipo «Ø e -mente» è sı̀ originario, ma anche nella prosa più
antica è molto più raro del tipo «-mente e -mente». Nei testi duecenteschi in
prosa sottoposti a spoglio ho riscontrato 6 occorrenze della prima sequenza,
pari al 5 % degli esempi utili, e 115 occorrenze della seconda, pari al 95 % degli

2
Il riferimento è al seguente passo del Proemio: «hauendo hauuto notitia di fatti
memorabili, se ben capitorno a gente meccaniche, e di piccol affare, mi accingo di
lasciarne memoria a Posteri, con far di tutto schietta e genuinamente il Racconto,
ouuero sia Relatione» (Manzoni 1971, 3).
3
Non ho esteso la ricerca alla lingua della poesia perché, da una rapida indagine
condotta su entrambi i corpora, ho ricavato che nei testi in versi la presenza di coppie
avverbiali di modo dell’una e dell’altra tipologia è pari a zero.
4
Come si segnala già in Karlsson (1981, 123), sia pure sulla base di un campione
meno ampio di testi di quello da me sottoposto a spoglio.
548 Giuseppe Patota

esempi utili. Questa presenza, di per sé rara, potrebbe ridursi ulteriormente
se tenessimo conto del fatto che tutte le coppie del primo tipo da me trovate
sono interpretabili anche (anche: non solo, e per questo le ho schedate) come
coordinazioni di un avverbio derivato per conversione da un aggettivo in -e
(dunque con forma unica per il maschile e il femminile) e di un avverbio in
-mente (per esempio: «quanto più breve e simplicemente ho potuto», Bono
Giamboni) ovvero come coordinazioni di un aggettivo predicativo in -e con
valore di avverbio (accordato col soggetto in genere e numero) e di un avver-
bio in -mente (per esempio: «fece la domanda sua ad Alexandro umile e dolce-
mente», Novellino; cf. Ricca (http://www.geocities.com/gpsalvi/konyv.avverbi.
doc) e Lonzi 2001, 374s.).
Nel Trecento il tipo «Ø e -mente» si fa ancora meno frequente: la sua inci-
denza si riduce al 3 % degli esempi utili (35 su 1181), e questa percentuale è
ancora più bassa se teniamo presente la restrizione appena segnalata (che
potrebbe applicarsi, ad esempio, alla sequenza «dolce e cortesemente parlare,
dolce e cortesemente servire e operare», Dante, Convivio). Più che l’«este-
nuarsi» del modulo, assai raro fin dalle origini, andrà dunque sottolineata la
sua totale assenza dalla prosa alta, in particolare da quella di Boccaccio: la
sequenza ridotta compare qualche volta in testi toscani e anche fiorentini
trecenteschi, ma non trova praticamente spazio nella prosa stilisticamente
rilevata.
Rispetto alla ricostruzione fatta da Migliorini, è obbligatorio retrodatare di
circa un secolo la relativa fortuna della sequenza «Ø e -mente»: scarsamente
presente nel Trecento, essa ricorre invece nei testi del Quattrocento in una
misura che supera non solo quella di due secoli prima, ma anche quella di un
secolo dopo. Nella prosa del XV secolo ho incontrato 42 esempi di «-mente e
-mente» e 42 esempi di «Ø e -mente», solo quattro dei quali sono interpretabili
come una sequenza coordinata formata da un avverbio derivato per conver-
sione da un aggettivo in -e (ovvero da un aggettivo predicativo in -e con valore
di avverbio) e da un avverbio in -mente. Anche sottraendo i 24 esempi di «Ø
e -mente» (e il singolo esempio dell’altro tipo di sequenza) dell’Hypnerotoma-
chia Poliphili Ð un testo che fa ovviamente storia a sé nelle complesse vi-
cende linguistiche, letterarie e culturali del Quattrocento, e per il quale la
presenza insistita del tipo «Ø e -mente» richiede una spiegazione a parte, o
quanto meno suppletiva Ð il rapporto fra la sequenza con taglio del primo
suffisso e la sequenza con i due suffissi conservati rimane di 18 a 41: in termini
percentuali, rispettivamente il 30,5 % e il 69,5 % del totale. In proporzione, la
presenza quattrocentesca del tipo col primo avverbio di modo ridotto è la più
alta che è dato di registrare, nei vari secoli, all’interno del nostro corpus. Nel
Cinquecento, infatti, i casi di «Ø e -mente» sono 55 (il 18,8 % del totale) e
quelli di «-mente e -mente» sono 237 (l’81,2 % del totale); nel Seicento la se-
quenza ridotta compare 21 volte (23,1 %) mentre quella piena è presente 70
volte (76,9 %). Dopo questo secolo, i rarissimi esempi del tipo «Ø e -mente»
che s’incontrano sono puri arcaismi, tentativi palesi di «andare contro cor-
«Ø e -mente», «-mente e -mente» 549

rente» (Migliorini 1957, 151), come giustamente li qualificò Migliorini. Questi


dati vanno interpretati con prudenza, perché non sono il risultato di un’analisi
omogenea: i testi quattrocenteschi che ho potuto sottoporre a spoglio sono
assai meno di quelli trecenteschi e anche meno di quelli cinquecenteschi. E
tuttavia, il test «chi-quadro» e quello relativo agli «intervalli di confidenza», i
cui risultati sono riportati in appendice, dicono che i dati messi a disposizione
dall’indagine sono statisticamente affidabili (cf. Cortelazzo / Tuzzi 2008, 34Ð37
e 44Ð46).
L’aggiornamento numerico proposto obbliga a modificare un punto signifi-
cativo della ricostruzione di Migliorini, accolta sı̀, ma con giusta prudenza, da
chi alcuni anni dopo ha indagato a fondo il peso dei riflessi ispanici sulla
lingua italiana del Cinque e Seicento (cf. Beccaria 1967, 15s.). L’influsso del
modello spagnolo, perfettamente compatibile con una ripresa cinquecentesca
del modulo (ma abbiamo visto che forse, anziché di ripresa, sarebbe meglio
parlare di fortuna), non spiega la sua notevole presenza nei testi del Quattro-
cento, per la quale dovremo invocare, piuttosto, l’influenza del modello latino,
che da una parte fa assumere pieghe inedite al volgare di uno degli scrittori
che, in età umanistica, attingono con maggiore insistenza al suo inesauribile
serbatoio (Giovanni Gherardi da Prato; cf. Gherardi 1975, XXVIIIÐXXX, e so-
prattutto Serianni 1993, 481Ð486; mi permetto di rinviare anche a Patota 2001,
118Ð121), dall’altra fuoriesce dalla lingua di alcuni volgarizzamenti (volgariz-
zamento della Legenda Aurea di Iacopo da Varagine di Niccolò Manerbi, Bib-
bia Volgare), dall’altra ancora erompe dal tessuto linguisticamente composito
del Polifilo.
Il riferimento al modello latino è obbligato, perché la sequenza «mente +
aggettivo in ablativo» ovvero «aggettivo in ablativo + mente» in funzione mo-
dale è presente in moltissimi testi latini diversi per epoca, genere, contenuto,
destinazione, livello di lingua e di stile.5 In alcuni di questi, peraltro, la parola
mente si accompagna non a uno, ma a due aggettivi femminili in ablativo,
proprio come accade nella sequenza in volgare di cui ci stiamo occupando.6
5
La documentazione più completa è quella fornita da Karlsson (1981, 135Ð143),
che ne allega più di quattrocento esempi, tratti da autori e testi appartenenti a ogni
epoca della latinità, dall’arcaica alla classica, dalla tarda alla medievale: Plauto, Ennio,
Lucrezio, Catullo, Cicerone, Cesare, Sallustio, Virgilio, Tibullo, Orazio, Manilio, Livio,
Ovidio, Quinto Curzio, Lucano, Seneca, Valerio Flacco, Quintiliano, Stazio, Silio Ita-
lico, Plinio, Tacito, Floro, Apuleio, Frontone, Commodiano, Arnobio, Ausonio, Pru-
denzio, Claudiano, Girolamo, Draconzio, Boezio, Orienzio, Codice Teodosiano, Patri-
zio, Mario Vittore, Eugippio, Aratore, Corippo, Cassiodoro, Fortunato, Gregorio di
Tours, San Gregorio il Grande, Beda, Vita Wandregiseli, Concilio Carisiaco, Sacra-
mentario Leonino, Inni latini medievali, Corpus Inscriptionum Latinarum, Formulae
Sangallenses Miscellaneae, Documenta Merovingia.
6
Per esempio: «pura mente atque integra revertisse», «mente conscelerata ac ne-
faria concupiverunt», «mente domestica et civili precaretur» (Cicerone); «obtulerunt
mente promptissima atque devota» (S. Girolamo), «casta ac moderata mente» (Cas-
siodoro), tutti citati in Karlsson (1981, 135, 136, 139 e 141). Intendiamoci: queste
allegazioni, per quanto suggestive, non sono numericamente significative. L’adozione
550 Giuseppe Patota

Si tenga conto del fatto che il volgarizzamento manerbiano della Legenda


Aurea è caratterizzato, come è stato segnalato da Valerio Marucci, «da un
ossequio profondo e incondizionato al latino Ð tutto il latino, classico, medie-
vale ed ecclesiastico» (Marucci 1987, VII); si tenga conto, ancora, del fatto
che il medesimo docile piegarsi al latineggiamento si registra anche nella tra-
duzione della Bibbia in volgare dello stesso Manerbi (cf. ib.), la cosiddetta
«Bibbia d’agosto»,7 parti consistenti della quale confluirono, come è noto,
nella «Bibbia d’ottobre»,8 alla base della discussa edizione della Bibbia vol-
gare curata da Carlo Negroni fra il 1882 e il 1887 (basti rinviare a Folena 1994,
94 n. 65), archiviata nel TLIO e da me sottoposta a spoglio. Non può esserci
dubbio, dunque, che il ricorrere della sequenza «Ø e -mente» in questi testi
sia dovuto a una tendenza latineggiante. Quanto al Polifilo, non escludo af-
fatto che in esso l’uso insistito del tipo «Ø e -mente» (24 occorrenze contro
una del tipo «-mente e -mente») tradisca l’intenzione dell’autore di ripristinare
l’autonomia lessicale del latino mente in sequenze avverbiali di modo. Detto
in altri termini, anziché applicare, come fa di solito, un suffisso esistente nella
grammatica latina a delle radici pure esistenti nel tesoro lessicale latino o
volgare (cf. Pozzi / Casella 1959, vol. 2, 102Ð117), in questo caso Colonna resti-
tuisce a quello che ormai è un suffisso nella grammatica immanente del vol-
gare l’antico valore di radice che aveva nel sistema lessicale del latino: un’ope-
razione che, a pensarci bene, conferma, per una via speculare a quella da lui
più frequentemente e scopertamente battuta, che le novità del linguaggio di
Colonna sono «nel lessico e nel gioco prefissale e suffissale» (Segre 1991,
404), e che anche attraverso una piccola scelta come questa egli intende op-
tare «per un volgare mescidato e nobilitato attraverso un duplice processo di
conguaglio, sul toscano e sul latino, con il latino presente in modo decisa-
mente abnorme rispetto allo standard della letteratura cortigiana» (Mancini
1989, 39s.).
L’influsso della lingua dei padri su questa voga quattrocentesca della se-
quenza «Ø e -mente» è cosı̀ evidente che consente di andare oltre, e quasi di
sovvertire l’ipotesi miglioriniana relativa all’influsso dello spagnolo sull’ita-
liano: per quel che riguarda la diffusione del tratto di cui ci stiamo occupando,
mentre non è verosimile che lo spagnolo abbia influenzato l’italiano nel Quat-

quattrocentesca del tipo «Ø e -mente» in italiano non fu un tentativo di riproporre


un’analoga sequenza rarissimamente documentata in latino, ma un modo per resti-
tuire a quello che ormai in volgare era un suffisso l’antico valore latino di ablativo
nominale. In questo, e solo in questo va colta la spinta latineggiante.
7
Si tratta della prima edizione della Bibbia volgare italiana, finita di stampare in
Venezia il I agosto 1471 presso l’officina tipografica di Vindelino da Spira: cf. Barbieri
(1992, vol. 1, 1 e 187Ð190).
8
Si tratta della seconda edizione della Bibbia volgare italiana, finita di stampare
in Venezia il I ottobre 1471 presso l’officina tipografica di Adam di Ammergau. Gran
parte del libro dei Salmi e tutto il Nuovo Testamento di questa edizione copiano quasi
letteralmente la Bibbia di Manerbi: cf. ib., 3 e 191Ð196.
«Ø e -mente», «-mente e -mente» 551

trocento, è molto probabile che sulla contemporanea diffusione del tipo «Ø y


-mente» nel castigliano abbia agito non dirò l’italiano, ma lo stesso modello
linguistico che ne ha determinato la fugace fortuna nell’italiano, e cioè quello
latino.
Lo studio più completo sulla formazione degli avverbi di modo prodotti
dall’evoluzione dell’ablativo MENTE si deve a Keith E. Karlsson, che ne ha
indagato la preistoria latina e ne ha ricostruito le propaggini romanze antiche
e moderne.9 Per spiegare il trionfo romanzo delle costruzioni nominali for-
mate da un aggettivo + mente rispetto ai vari suffissi avverbiali del latino,
Karlsson adduce motivazioni di tipo semantico e morfologico: da un lato, il
termine mens esprime la disposizione mentale del soggetto a fare qualcosa
(il che differisce poco dall’idea di ‘modo, maniera’); dall’altro, la forma mente
possiede maggiore sostanza fonetica rispetto ai tradizionali suffissi avverbiali
-ē e -iter, il che gli permette di mantenere l’accento; ancora, mente è fonetica-
mente contiguo al suffisso latino -mentum; infine, la sua vocale finale coin-
cide con il suffisso avverbiale latino -e. Per tutte queste ragioni, prima il latino
tardo e poi le lingue romanze finirono con l’adottare in modo generalizzato la
perifrasi con mente per creare delle forme avverbiali nelle quali il sostantivo
mente aveva ormai trasformato il suo significato, da quello originario di ‘stato
d’animo’ a quello di ‘maniera, modo’. Tale trasformazione semantica, che com-
portava una maggiore astrazione rispetto al primo significato, prima favorı̀
l’impiego generalizzato di -mente con nuovi aggettivi, poi determinò l’erosione
della sua autonomia semantica, e infine produsse la perdita del valore di
mente come parola autonoma e la sua univerbazione grafica all’aggettivo che
lo precedeva.
Questo, in rapida sintesi, il contenuto della monografia di Karlsson, dalla
quale si ricava che la sequenza «Ø e succedanei di -MENTE» in coppie avver-
biali di modo è sı̀ originaria, ma è piuttosto rara nei primi secoli della storia
delle lingue romanze in cui fu in uso, sia in quelle che in seguito hanno abban-
donato la sequenza (francese e italiano) sia in quelle che invece l’hanno estesa
(spagnolo e portoghese). In francese antico «[t]here are a few tentative exam-
ples [. . .] which appear to show -ment attached to only one adjective, usually
the last, in a series of adverbs» (Karlsson 1981, 58); nello spagnolo del XIII e
del XIV secolo «[t]wo or more adverbs in mente were occasionally linked

9
«In Classical Latin MENTE was the ablative singular of an independent noun ‘mind’
which at times formed an adverbial phrase with an adjective describing a mental
state, e. g., obstinata mente ‘in an obstinate state of mind’ or mente tranquilla ‘with
mind at peace’. In Late Latin the freedom of this syntactic device became more and
more reduced as its range of adjectives expanded beyond those describing a mental
state. The place of MENTE became fixed, after the adjective, and extraneous words
were no longer allowed to intervene. The lexical content of MENTE in such expres-
sions became progressively weaker and came to approximate ‘manner, way’. By the
Eighth Century an early Romance example establishes the complete reduction of
MENTE to a bound adverbial suffix» (Karlsson 1981, 2).
552 Giuseppe Patota

together» (ib., 101); e nei testi portoghesi in prosa del medesimo periodo i
rari casi di eliminazione del suffisso -mente dal primo di una coppia di avverbi
di modo consentono di concludere che «[i]t does not appear to have been the
rule in Old Portuguese that, where two adverbs in -mente were linked, -mente
was dropped from the first» (ib., 113). Interessano meno, ai fini della nostra
ricerca, gli esiti del provenzale, dell’aragonese antico e del catalano, in cui,
nei casi (non generali) di eliminazione del suffisso in coppie avverbiali di
modo, ad essere tagliato non è il primo, ma il secondo elemento della coppia
(cf. ib., 78Ð80, 109 e 102s.). Quanto all’italiano antico, Karlsson, fondandosi
sullo studio di Migliorini e arricchendolo di nuovi dati, conclude che
«[t]he dropping of -mente from all but the last in a series of adverbs,
whether an archaism surviving in popular speech from the time when
-mente was independent or, more probably, a learned innovation to
avoid the ponderousness of such multiple adverbs, was extremely rare
in the 13th c. and died out in the 14th. The construction returned to
fashion in the 16th and early 17th cc., which account for more than
half the examples collected by Migliorini. He believes that it was an
unconscious borrowing from the Spanish practice of dropping the first
-mente, normal in the 16th c. Considering the extent of the Spanish
presence in Italy in the 16th c. (the annexation of Milan and the King-
dom of Naples, hegemony over the rest of Italy, the sack of Rome, the
siege of Florence and the continual presence of the imperial troops of
Carlos Quinto), this explanation is entirely plausible» (ib., 123).

Non lo è più, però, se teniamo conto del fatto che il tipo «Ø e -mente», non
che tornare in voga nell’italiano scritto del XVI secolo, è frequente già in
quello del XV secolo.
C’è dell’altro. Dopo aver dimostrato, testi alla mano, che nel castigliano
«[t]he dropping of mente from all but the last adverb was a possibility [c.vo
mio] in the 13th and 14th c. but was no more common than keeping mente
on both or dropping it from the last» (ib., 102), Karlsson aggiunge:
«In the 15th the dropping of the first mente became the norm [. . .].
Although the introduction of the noun mente in this period has been
labeled a borrowing from Italian, this construction is not a literary inno-
vation of the Renaissance modeled on Italian, since such an option did
not exist in Italian at that time. It reappeared in the 16th c. as a borrow-
ing from Spanish, according to Migliorini 1957» (ib.).

Ma se, come abbiamo visto, la sequenza «Ø e -mente» esisteva nell’italiano


del Quattrocento, l’ipotesi che in spagnolo questa costruzione sia stata un’in-
novazione letteraria modellata sull’italiano non andrebbe esclusa del tutto; a
patto che, naturalmente, riuscissimo a dimostrare un influsso diretto dell’ita-
liano scritto del XV secolo sullo spagnolo coevo. In realtà, i testi italiani tra-
dotti nel Quattrocento in Spagna sono proprio quelli delle tre corone (basti
rinviare a Lapesa 1991, 265, e ad Alonso 1962, 187), in cui il tipo «Ø e -mente»
non è presente. L’ipotesi più probabile è dunque che anche in Spagna, cosı̀
come in Italia, il tipo «Ø y -mente» si sia affermato per influsso del modello
«Ø e -mente», «-mente e -mente» 553

latino come uno dei tanti aspetti del «verdadero aluvión» (Cano 2004, 649) di
latinismi che inondò lo spagnolo nel XV secolo. Epperò, poiché in questa
alluvione l’italiano ebbe spesso il ruolo di lingua intermedia di molti volgariz-
zamenti dal latino10 (volgarizzamenti, che come abbiamo visto, rappresentano
un locus minoris resistentiae all’ingresso del tipo «Ø e -mente» in italiano),
l’influsso dell’italiano sulla diffusione della sequenza ridotta nello spagnolo
può essere, sia pure indirettamente e solo per via d’ipotesi, recuperato.
Dopo il segmento quattrocentesco parzialmente comune, le vie dello spa-
gnolo e dell’italiano, in merito a questo tratto, si dividono. In Spagna la coppia
avverbiale con un solo -mente si stabilizza fino a diventare un tratto che carat-
terizza anche lo spagnolo attuale,11 in Italia si trasforma in una moda effimera,
probabilmente dipendente anche Ð anche, non solo Ð dal contemporaneo
influsso dello spagnolo. Perché in Italia il tipo «Ø e -mente» non si è grammati-
calizzato mentre in Spagna il tipo «Ø y -mente» si è grammaticalizzato? Per-
ché, come aveva già spiegato Migliorini, da noi la sequenza in questione era
assente dalla lingua letteraria del Trecento, il modello a cui i tutti i prosatori
italiani Ð chi più, chi meno Ð si sarebbero sentiti in dovere di rifarsi. Non sarà
da trascurare, in proposito, oltre che la collocazione prebembina, la posizione
linguisticamente eccentrica di Colonna e di Manerbi:12 ognuno dei due estre-

10
«En el siglo XV, se llevaron a cabo en España traducciones del latı́n, del italiano,
del francés y de los otros idiomas peninsular. En no pocos casos, una traducción o
romanceamiento de una obra latina se basaba en una versión intermedia en otro
idioma vulgar, sobre todo italiano» (Cano 2004, 651s.). I debiti che, in questo stesso
processo di scambio, ma in direzione opposta, la nostra lingua ha contratto con il
mondo iberico sono comunque più contenuti: cf. Romanini (2007, 386 e 395).
11
Cf., per esempio, Marcos Marı́n / Satorre Grau / Viejo Sánchez (1999, 260); Alar-
cos Llorach (1999, 161); Kovacci (1999, 708). La possibilità di separarsi dalla base
attraverso l’inserzione di un altro elemento è una delle caratteristiche che portano
Aspiazu Torres (1999Ð2000, 269Ð271) a proporre, per l’uscita -mente dello spagnolo,
la qualifica di semisuffisso, la stessa che i germanisti russi applicarono al formante
avverbiale del tedesco -weise, al quale la studiosa avvicina l’uscita dello spagnolo.
Collocandoci su questa linea, potremmo far esibire un’etichetta analoga anche al
-mente degli avverbi di modo dell’italiano. Di là dalla denominazione, ciò che importa
è appurare la specialità o non specialità dei continuatori romanzi del latino -MENTE:
il loro aggiungersi a un tema che coincide con la forma femminile dell’aggettivo sem-
brerebbe contravvenire all’Universale 28 di Greenberg, in forza del quale i processi
flessivi si applicano successivamente alla derivazione (cf. Greenberg 1966). Ricca
(2004, 480) obietta: «è poco plausibile [. . .] che in questo caso si possa parlare di
derivazione applicata alla flessione, perché, anche ammesso che abbia senso isolare
nell’avverbio un eventuale formante -a-, questo non veicola nella parola derivata alcun
contenuto morfologico o semantico collegabile al tratto ‹+femminile›, né tanto meno
la categoria flessiva del genere». Una siffatta riflessione teorica trae pieno sostegno
dalla storia delle lingue romanze: quando queste adottarono in modo generalizzato la
perifrasi «aggettivo femminile + succedanei di MENTE», furono i parlanti a non perce-
pire più il tratto «+femminile» in una sequenza ormai cristallizzata.
12
Non entro nel merito dell’ormai quarantennale disputa relativa all’identità del-
l’autore della Hypnerotomachia Poliphili, disputa che vede, come è noto, fronteg-
giarsi due tesi: da una parte quella di chi, come Mario Pozzi, ne ha sostenuto l’origine
554 Giuseppe Patota

mizza, a suo modo, il bisogno di fuoruscire dalla koinè dialettale attraverso


quella via maestra di nobilitazione del proprio volgare che è il latino, battendo
la strada di un «cortigianismo» linguistico esasperato.13 L’assenza del tipo
«Ø e -mente» dal fiorentino letterario trecentesco spiega perché nelle Regole
grammaticali della volgar lingua di Fortunio e nelle Prose della volgar lin-
gua di Bembo esso non sia né menzionato né adoperato. Anche i grammatici
che vennero dopo di loro di solito disertarono l’argomento.14 I primi a occu-
parsene, alla fine del Cinquecento, furono Girolamo Ruscelli e Giovanni Batti-
sta Strozzi, il primo assolvendo l’abitudine,15 il secondo condannandola (cf.
Migliorini 1957, 152). I loro colleghi che nei due secoli successivi ne discus-
sero16 talvolta approvarono, più spesso criticarono l’accoglimento del tipo «Ø
e -mente», in quanto non documentato nella lingua dei buoni scrittori (cf. ib.,
152s., e Colombo 2007). Scrive, per esempio, Francesco Soave nel Settecento:
«Alcuni hanno usato talvolta seguendo due avverbj terminati in -mente,
di troncare il primo, dicendo chiara, e distintamente, prudente, e giu-
diziosamente invece di chiaramente, e prudentemente. Ma dai buoni
scrittori quest’uso non è seguito, se non quando l’avverbio troncato ha

veneta, e dall’altra quella di chi, come Maurizio Calvesi, lo ha identificato nel coevo
principe omonimo di Palestrina. Anche dopo aver letto il capitolo più recente di que-
sta discussione, e cioè Calvesi (2004), resto dell’idea che l’analisi linguistica che della
Hypnerotomachia ha offerto Mancini (1989) dimostra in modo non confutabile la
consonanza della lingua di questo testo «con la lingua della koinè letteraria propria
della documentazione quattrocentesca e protocinquecentesca in area settentrionale»
(ib., 34s.), una consonanza non intaccata dal fatto che le infiltrazioni vernacole sicura-
mente ascrivibili all’area veneta siano rarissime (cf. ib., 43).
13
È significativo, credo, che, nell’occuparsi della lingua di Manerbi, Marucci (1987,
VII) abbia sentito il bisogno di evocare, accanto al suo nome, quello di Colonna, pur
definendo un siffatto paragone «esagerato»; ed è altrettanto, se non più, significativo
che Mancini (1989, 30) abbia colto, nelle scelte linguistiche di Colonna, il tentativo di
«estremizzare una posizione in qualche modo ‹cortegiana›». Da una parte, in totale
accordo con quest’ultimo studioso, si può rilevare che lingua del Polifilo è assai meno
«inesistente» di quanto alcuni (per esempio Quondam 1983, 606) siano stati portati a
pensare; dall’altra, occorre ricordare che ormai gli studi di Drusi (1995), Giovanardi
(1998) e Ricci (1999) hanno dato alla lingua cortigiana una consistenza storica e geo-
grafica che le precedenti generazioni di studiosi non le avevano accordato.
14
Non ho trovato indicazioni utili in nessuno dei testi normativi cinquecenteschi
che seguono: Fortunio (2001; editio princeps 1516); Flaminio (1996; editio princeps
1521); Bembo (2001; editio princeps 1525); Liburnio (1526); Trissino (1986; editio
princeps 1529); Del Rosso (1545); Corso (1549); Giambullari (1986; editio princeps
1552); Dolce (2004; editio princeps 1562); Castelvetro (2004; editio princeps 1563);
Muzio (1995; editio princeps 1582); Salviati (1584Ð1586).
15
«Et nel volere usar due di questi Avverbij con questa terminatione, ò finimento,
s’usa spezzare il primo, et non metter la voce MENTE, se non all’ultimo, savia, et dotta-
mente, in cambio di saviamente, et dottamente» (Ruscelli 1581, 452).
16
Segnalo che l’argomento non è trattato in due grammatiche importanti e diffuse
come quella secentesca di Buommattei (2007) e quella settecentesca di Corticelli
(1745).
«Ø e -mente», «-mente e -mente» 555

senso avverbiale da sé medesimo, come prima, e principalmente; forte,


e vigorosamente, ove prima, e forte equivalgon da sé a primamente, e
fortemente» (Soave 2001, 160; editio princeps 1771).

Della sequenza ridotta continueranno a occuparsi anche i grammatici del se-


condo Ottocento, talvolta addirittura approvandola,17 come se fosse un’abitu-
dine ricorrente negli scrittori e non uno stilema fantasma. D’altronde, che
nell’acqua un po’ confusa della tradizione normativa continuassero a galleg-
giare anche tratti desueti e periferici come quello di cui ci siamo andati occu-
pando, non è certo una novità.

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17
Scrive, per esempio, Gherardini (1845, 158) ricordato anche da Migliorini (1957,
153): «Dove concorrano in una stessa clausola due Avverbj con la desinenza in ente,
usano alcuni, per fugir l’ingrato suono che n’esce, di levar quella desinenza al primo,
imitando in tale artifizio li antichi Provenzali [. . .] e li Spagnuoli. Il Bàrtoli dice nel
libro del Non si può che ‹questa è una maniera d’innesto grammaticale che non tiene›.
E l’Amenta nelle Osservazioni la disapprova ancor egli, e si smarrisce in vanissime
ciance. Ma il fatto si è che, dicendo, v. gr., Umana e benignamente, in vece di Umana-
mente e benignamente, si viene a dire Con umana e benigna mente o maniera o
guisa; nè quindi da tal forma riceve pur ombra di offesa la ragion grammaticale. Ed
un sı̀ fatto innesto, come il Bàrtoli lo chiama, non che non tenga, ha fatto sı̀ buona
prova infin da’ primi tempi di nostra lingua, che dell’adottiva prole v’è quasi per tutto
una bellezza [. . .]. Del rimanente, s’io fossi richiesto della opinion mia circa lo adope-
rare una tal forma, la direi lodevole, purchè usata parcissimamente; ma stucchevole,
e perciò biasimevole, ovunque ella sia troppo spesseggiata». Le annotazioni di Gherar-
dini sono copiate alla lettera da Ambrosoli (1869, 174s.) e riprese in forma di citazione
da Moise (1878, 568s.).
556 Giuseppe Patota

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558 Giuseppe Patota

Appendice I Ð Spogli18
P r o s a d e l D u e c e n t o (LIZ + TLIO)
Testi spogliati contenenti esempi utili: 25
Testi con «Ø e -mente»: 5
Testi con «-mente e -mente»: 23
Testi contenenti solo «Ø e -mente»: 2
Testi contenenti solo «-mente e -mente»: 20
Testi contenenti tutte e due le sequenze: 3
Ø e -mente: 6. In particolare: Restoro d’Arezzo, La composizione del mondo: 1
(«tutte le generazione de li animali che se puono pensare, in ogne atto, mirabile
e perfettamente sı̀, che passaro denanti a l’operazione de la natura»). Novellino: 1
(«fece la domanda sua ad Alexandro umile e dolcemente»). Tristano riccardiano:
1 («Grande e riccamente fanno li cavalieri di Kornovaglia e·ffannone grande fe-
sta»). B. Giamboni, Fiore di rettorica: 1 («recando colpevole e agramente tutte le
cose contro al suo avversario»). Id., Delle Storie contra i Pagani di Paolo Orosio
libri VII: 1 («quanto più breve e simplicemente ho potuto»).
-mente e -mente: 115. In particolare: B. Latini, La rettorica: 12. Restoro d’Arezzo,
La composizione del mondo: 1. Libro della natura degli animali: 1. Storie de
Troia e de Roma: 2. Andrea da Grosseto, Trattati morali di Albertano da Brescia
moralizzati: 27. Fiori e vita di filosofi e d’altri savi e d’imperatori: 1. Statuti
fiorentini 1284: 7. Reggimento de’ principi di Egidio Romano: 26. B. Giamboni,
Fiore di rettorica: 1. Id., Delle Storie contra i Pagani di Paolo Orosio: 2. Id., Arte
della guerra di Vegezio Flavio volgarizzata: 2. Contratto in volgare bolognese: 1.
Statuti fiorentini 1297: 1. Statuti senesi 1298: 2. Statuti fiorentini 1298: 1. Que-
stioni filosofiche: 1. Leggenda di messer Gianni di Procida: 1. Matteo dei Libri,
Arringhe: 2. Tesoro di Brunetto Latini volgarizzato: 15. Bestiario toscano: 4. I
fatti di Cesare: 3. Navigatio Sancti Brendani: 1. Palamedés pisano: 1.

P r o s a d e l Tr e c e n t o (LIZ + TLIO)
Testi spogliati contenenti esempi utili: 165
Testi con «Ø e -mente»: 12
Testi con «-mente e -mente»: 161
Testi contenenti solo «Ø e -mente»: 4
Testi contenenti solo «-mente e -mente»: 153
Testi contenenti tutte e due le sequenze: 8
Ø e -mente: 35. In particolare: D. Alighieri, Convivio: 2 («dolce e cortesemente
parlare, dolce e cortesemente servire e operare»). Anonimo Romano, Cronica: 1
(«che potessino vivere onorata e ientilemente de loro frutto»). Cronica deli impe-
ratori romani: 1 («Questo driedo Augusto le fin del Romano Imperio lonzi e am-
plamente amplià»). P. Pieri, Cronica: 1 («Questo Ruggieri di Loria era molto stato
gran nemico de la Chiesa, et del Re Carlo, al quale ad prego della Reina et di
Don Jacomo Bonifazio, che allora era Papa, benigna et graziosamente perdonò»).
Statuti senesi 1305: 2 («debbiano stare e vivare con le loro mólli onestamente
e pacifica e discretamente»; «el Rettore del detto Spedale sia tenuto e debbia
secretamente e nascostamente e savia e discretamente amonire el peccatore»).

18
Poiché le attestazioni provengono da archivi elettronici, mi sono limitato a indi-
care il nome dell’autore e il titolo dell’opera da cui sono state tratte. Ho riportato per
esteso solo gli esempi con la sequenza «Ø e -mente», mentre degli esempi con la
sequenza «-mente e -mente» ho indicato solo il numero di occorrenze.
«Ø e -mente», «-mente e -mente» 559

Statuti senesi 1318: 12 («loro molli onesta, pacifica e discretamente»; «e degga


secreta e niscosta e savia e discretamente amonire el peccatore e castigare»; «di-
cendo tutte quelle cose savia e discretamente»; «deggano essere ricevuti benigna
e graziosamente»; «appo el predetto Ospitale sieno ricevuti benigna e graziosa-
mente»; «degga a quelle donne benigna e graziosamente dare e largire tutte le
cose»; «li quali diligente e discreta e savia e lialmente veggano tutte»; «secondo
che di sopra è stato expressa e manifestamente contato»; «sia licito a ciascuno
[. . .] in esse casa et oratorio stare pacifica et onestamente»; «li quali discreta et
onestamente servano ad essi frati»; «che ciascuno frate viva e stea onesta e di-
screta et ordinatamente»; «Et sollicita et attenta et onestamente con ogni discre-
zione con la quale potrano, dicano e facciano el loro officio ne l’ oratorio»). Jacopo
della Lana, Chiose alla «Divina Commedia» di Dante Alighieri: 3 («Che madre,
çoè benivola e pietosamente»; «Sı́ nel dir, çoè gradevele e piasevelmente»; «è co-
messa violenta e sforzevolmente»). Statuti assisani 1329: 1 («sometterse alla pe-
netentia humele e devotamente»). Volgarizzamento di Palladio: 2 («E se la vigna
è vecchia, agevole, e utilmente si può rinovare di magliuoli di buona schiatta,
riordinandoli a tavola»; «Sono molti, che più agevole, e utilmente tollono le radici
dell’ulivo»). Statuti pisani 1351: 8 («siano et essere debbiano solenne, cauta et
diligentemente modulati»; «debiano solenne, cauta et diligentemente li dicti com-
suli vecchi, et ciaschuno di loro, modulare del dicto et per lo dicto loro officio»;
«acto et facto, cagione et causa, bene, solenne et diligentemente»; «cusı̀ in contado
come in cità, pura et lealmente, ogni dolo, fraude, malitia, barattaria et negligentia
remoti et cessati, cercherà, perseguiterà»; «quello stesso dı̀ che lo prenderà u diter-
rae, u vero prendere u ditenere farae, u vero lo sequente, pura et lealmente»; «che
appartener potranno a le refectioni et reparationi del Porto di Pisa generale et
particolarmente»); Statuti fiorentini 1364: 3 («E ’l notaio della detta arte comve-
nevole e honestamente si possa fare pagare»; «li dicti modulatori fare siano tenuti
et debbiano per saramento, bene, leale, diligente, cauta et sollicitamente, ogni
dolo, fraude, malitia et negligentia cessati et rimoti»; «Et generale et special-
mente»). Francesco da Buti, Commento al Purgatorio: 2 («E questa finzione àe
fatto l’autore, secondo la lettera, assai verisimile e moralmente»; «dicendo ch’io
parlasse breve e saviamente»).
-mente e -mente: 1146. In particolare: Andrea Cappellano, De Amore: 2. D. Ali-
ghieri, Convivio: 6. A. della Piagentina, Il Boezio volgarizzato: 7. Giordano da Pisa,
Esempi: 2. I. Passavanti, Specchio di vera penitenza: 28. D. Cavalca, Racconti
esemplari: 2. G. Villani, Nuova cronica: 7. M. e F. Villani, Cronica: 16. G. Boccac-
cio, Filocolo: 2. Id., Decameron: 4. Id., Esposizioni sopra la Comedia: 8. Id., Tratta-
tello in Laude di Dante: 1. Paolo da Certaldo, Libro di buoni costumi: 1. Caterina
da Siena, Lettere: 22. A. Pucci, Libro di varie storie: 3. F. Sacchetti, Le sposizioni
di Vangeli: 4. Id., Trecentonovelle: 1. Fioretti di san Francesco: 9. Statuti pisani
1304: 1. Statuti senesi 1305: 19. G. da Pisa, Quaresimale fiorentino: 8. Id., Predi-
che sul secondo capitolo del «Genesi»: 5. Id., Prediche sul terzo capitolo del «Ge-
nesi»: 1. Id., Prediche inedite: 1. Bartolomeo da San Concordio, Ammaestramenti
degli antichi latini e toscani: 4. Statuti senesi 1309: 1. Giovanni Fiorentino da
Vignano, Flore de parlar: 11. Libro de le virtudi de le pietre preziose: 1. Z. Benci-
venni, Esposizione del Paternostro: 27. Id., La santà del corpo: 2. L’elucidario: 1.
Microzibaldone pisano: 2. Statuti senesi 1310: 89. Statuti fiorentini 1313: 8. Arte
d’Amare di Ovidio volgarizzata: 2. Statuti fiorentini 1317: 1. Statuti senesi 1318:
10. Statuti veneziani 1318: 1. Statuti pisani 1321: 6. Binduccio dello Scelto, La
storia di Troia: 5. J. Alighieri, Chiose alla cantica dell’Inferno: 4. Statuti senesi
1324: 4. Statuti fiorentini 1324: 21. Pistole di Seneca volgarizzate: 43. Statuti
pisani 1327: 1. Jacopo della Lana, Chiose alla «Divina Commedia» di Dante
Alighieri: 2. Statuti senesi 1329: 1. Statuti assisani 1329: 17. Statuti pisani 1330:
560 Giuseppe Patota

7. Statuti veneziani 1330: 1. P. Pieri, La storia di Merlino: 1. D. Cavalca, Cinque


vite di eremiti: 4. Storia di Barlaam e Iosafas: 1. U. Panziera, Trattati: 13. Pseudo-
Egidio, Esposizione sopra la canzone d’amore di Guido Cavalcanti: 4. Statuti
senesi 1331: 6. A. Simintendi, Metamorfosi d’Ovidio volgarizzate, 1333: 1. Bosone
de’ Raffaelli da Gubbio, Fortunatus siculus: 5. Mazzeo di ser Giovanni Bellebuoni,
Storia della distruzione di Troia: 1. S. Fidati da Cascia, Ordine della Vita Cri-
stiana: 6. Id., Regola: 3. Statuti fiorentini 1333: 1. Statuti fiorentini 1334: 11.
Ottimo Commento della Commedia: 21. Statuti fiorentini 1335: 10. Chiose Sel-
miane alla Commedia di Dante: 1. G. Campulu, Libru de lu dialagu de sanctu
Gregoriu: 1. Regolamenti fiorentini 1337: 2. Valerio Massimo volgarizzato: 25.
Documenti fiorentini 1338: 1. D. Cavalca, Specchio de’ peccati: 4. Ciampolo di
Meo degli Ugurgieri, Eneide di Virgilio volgarizzata: 1. Ottimo Commento della
Commedia II redazione: 1. Libri astronomici di Alfonso X: 1. D. Cavalca, Atti
degli Apostoli volgarizzati: 1. Id., Dialogo di santo Gregorio volgarizzato: 5. Id.,
La esposizione del simbolo degli Apostoli: 47. Id., Epistola di san Girolamo ad
Eustochio volgarizzata: 5. Id., Specchio di croce: 3. Id., Disciplina degli Spirituali:
2. Statuti perugini 1342: 106. Statuti senesi 1343: 12. Statuti cortonesi 1345: 3.
Documenti anconetani 1345: 1. Statuti pratesi 1347: 1. Statuti senesi 1348: 1.
La inchiesta del San Gradale: 3. Deca prima di Tito Livio volgarizzata: 24. Arte
d’Amare di Ovidio volgarizzata: 2. Commento all’Arte d’Amare di Ovidio volga-
rizzata: 1. La Tavola ritonda o l’Istoria di Tristano: 8. Statuti lucchesi 1350: 2.
Statuti pisani 1350: 1. Statuti bergamaschi 1350: 1. Scienza della fisionomia,
1350: 1. Guido da Pisa, I fatti d’Enea: 3. Il libro dei cinquanta miracoli della
Vergine: 3. Il pianto della Vergine Maria: 1. Documenti fiorentini 1350: 2. Statuti
fiorentini 1350: 3. Statuti pratesi 1350: 1. Statuti castellani 1350: 1. Statuti
pisani 1351: 11. Statuti fiorentini 1352: 5. Statuti senesi 1352: 1. F. Belforti,
Lettere: 3. Statuti fiorentini 1354: 5. Documenti castellani 1354: 2. La leggenda
di santo Giuliano: 2. Storia di Apollonio di Tiro: 4. Statuti fiorentini 1355: 3.
Libro di Jacopo da Cessole: 6. Id., Trattato della scienza: 5. Id., Trattato dei sogni:
1. Id., Trattato della superbia: 8. Novelle del codice Panciatichiano 32: 1. Statuti
fiorentini 1355: 1. Luigi d’Angiò-Taranto e regina Giovanna I, Lettere: 1. Docu-
menti senesi 1356: 1. Costituzioni egidiane del 1357: 30. Statuti fiorentini 1357:
1. Documenti fiorentini 1360: 1. G. Boccaccio, Epistola a Pino de’ Rossi: 1. P.
Ubertino da Brescia, Ricettario: 2. Documenti fiorentini 1363: 2. Il libro del difen-
ditore della pace e tranquillità volgarizzato: 43. Statuti fiorentini 1364: 5. Docu-
menti perugini 1364: 1. Pagolo di Bartolo Morelli, Ricordi: 1. Statuti veneziani
1366: 2. Domenico da Monticchiello, Teologia Mistica volgarizzata: 9. G. Colom-
bini, Le lettere: 9. Statuti senesi 1368: 1. Statuti mantovani 1369: 1. Statuti fio-
rentini 1370: 1. D. Velluti, La cronica domestica: 3. Piero de Gondola, Lettere: 1.
M. Corsini, Rosaio della vita: 1. Statuti fiorentini 1374: 11. A. Torini, Breve colle-
zione della miseria della umana condizione: 1. Documenti fiorentini 1375: 1.
Documenti senesi 1294Ð1375: 1. Chiose dette del falso Boccaccio: 2. La via della
salute: 1. Statuti senesi 1375: 1. Laudario dei Battuti di Modena: 2. Caterina da
Siena, Libro della divina dottrina: 24. Frammenti del libro segreto di Simone di
Rinieri: 2. Il libro di Sidrach: 15. Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fioren-
tina: 4. Giovanni dalle Celle, Lettere: 1. Francesco da Buti, Commento all’Inferno:
20. Id., Commento al Purgatorio: 29. Esopo veneto, 1400: 2. Statuti fiorentini
1400: 2. Leggenda Aurea: 19. Paolo da Certaldo, Libro di buoni costumi: 1. Reda-
zione lombarda del Purgatorio di S. Patrizio, 1400: 1. Statuti castellani: 3. Deca
terza di Tito Livio volgarizzata: 10. Libro de la destructione de Troya: 2. Preci
assisane: 1. Statuti cassinesi 1400: 1. Libro delle nuove e strane e meravigliose
cose: 1. Storie de Troia e de Roma: 1. Volgarizzamento della «Mascalcia» di Lo-
renzo Rusio: 5.
«Ø e -mente», «-mente e -mente» 561

P r o s a d e l Q u a t t r o c e n t o (LIZ + TLIO)
Testi spogliati contenenti esempi utili: 12
Testi con «Ø e -mente»: 6
Testi con «-mente e -mente»: 9
Testi contenenti solo «Ø e -mente»: 3
Testi contenenti solo «-mente e -mente»: 6
Testi contenenti tutte e due le sequenze: 3
Ø e -mente: 42. In particolare: N. Manerbi, Volgarizzamento della «Legenda au-
rea»: 6 («lo reprendé aspra e crudelmente»; «rispondendoli Valerio assai umana
e mansuetamente»; «possi più expedita e liberamente a Dio del cielo servire»; «da
quello umile e reverentemente fu adorato»; «disputante attenta e subtilissima-
mente»; «disputò diserta e mysticamente con Cesare»). G. Gherardi, Paradiso
degli Alberti: 1 («vegendola sı̀ lagrimosa e cordialmente sospirare»). Leonardo da
Vinci, Profezie: 1 («venderanno pubblica e pacificamente cose»). M. Salernitano,
Novellino: 1 («s’incominciò sı̀ fiera e vertuosamente ad operare»). La Bibbia vol-
gare, 1500: 10 («E leggerono nel libro della legge di Dio distinta e apertamente»;
«ch’ egli non dovesse fare cosı̀ feroce e barbaramente»; «quanto nullo di essa più
manifesta e cautosamente abbia scritto»; «Hanno impudica e disonestamente
usato con li giovencioli»; «confortò li suoi che combattessero ardita e fortemente»;
«amendue i popoli sciente e gravemente aver errato»; «elli hae parlato delle cose
future tanto distinta e ordinatamente»; «questo sarà legittimo sacrificio a Dio
continua e perpetualmente»; «non li lasciavano vivere pacifica e quietamente»;
«io mi confido che lui si porterà modesta e umanamente»). F. Colonna, Hypneroto-
machia Poliphili: 24 («breve et succinctamente io di puncto in puncto li narrai la
fuga del formidabile monstro»; «si io distincta et perfinitamente la sua praecipua
dignitate non havesse condignamente expresso»; «POLIA ANCORA INCOGNITA ALL’A-
MANTE POPHILIO GRATIOSA ET FACETAMENTE EL FA SECURO»; «copios<a> et piena-
mente potesse evadere»; «intenta et affectuosamente edocta»; «egli non renuente
ma patiente et mansuetamente inclinatose»; «ferma et evidentemente questa è la
mia tanto optatissima Polia»; «mala et infoelicemente reusita»; «havea intenta
et praecipuamente commemorato»; «Diciò gli ardenti vostri desiderii merita et
efficacemente se diffinirano»; «distracto et excessivo et foelice solatio et voluptico
placimine firma et stabilmente applicare»; «la sua obaurea caesarie amoena et
delicatamente compta»; «ad sé più harpylatica et mordacemente attraxe che le
anguinee thriche del polypo»; «nel suo gremio me amorosa et licentemente collo-
cai»; «Diqué, cusı̀ alacre et voluptuosamente ociante cum nympheo confabula-
mento per aliquantula mora, monstroronse molto»; «quantunche et confusa et in-
comptamente fringultiente»; «a quella dea pudica et mundamente famulavano»;
«che cose sono queste maledicte et furiabile che io real et apertamente i’vedo?»;
«emerita et condignamente redigere»; «di omni altro pensiero et extraneo cogitato
soluta, precipua et solamente ad gli sui fidi et dolati consiglii sequissima imita-
trice»; «quella dell’amoroso incendio il sicophanta Phoebo implectebondo per-
cosse dira et extremamente»; «io vedo repentina et inopinatamente fora ussire»;
«perita et aptamente»; «blandiendo lepida et dolcemente»).
-mente e -mente: 42. In particolare: Filippo degli Agazzari, Assempri: 2. N. Manerbi,
Volgarizzamento della «Legenda aurea»: 8. G. Morelli, Ricordi: 2. Bernardino da
Siena, Prediche senesi del 1427: 9. M. Ficino, El libro dell’Amore: 2. Lorenzo de’
Medici, Comento de’ miei sonetti: 3. F. Colonna, Hypnerotomachia Poliphili: 1. Ano-
nimo, La Bibbia volgare, 1500: 14. Leggende sacre del Magliab. XXXVIII, 110: 1.
562 Giuseppe Patota

Prosa del Cinquecento

Testi spogliati contenenti esempi utili: 36


Testi con «Ø e -mente»: 12
Testi con «-mente e -mente»: 35
Testi contenenti solo «Ø e -mente»: 1
Testi contenenti solo «-mente e -mente»: 24
Testi contenenti tutte e due le sequenze: 11

Ø e -mente: 55. In particolare: F. Guicciardini, Storia d’Italia: 1 («avevano prudente


e brevemente risposto»). G. Vasari, Le vite: 3 («matura e discretamente procede-
rebbono ne’ loro affari»; «pura e santamente vivendo»; «dirò semplice e nuda-
mente quello»). G. F. Straparola, Le piacevoli notti: 1 («sı̀ alta e profondamente
dormivano»). M. Bandello, Novelle: 9 («gran vigliacheria sarebbe d’una cosa volon-
taria e pensatamente operata temer punizione»; «ritrovò egli un giorno il suo si-
gnore in adulterio con la moglie cosı̀ celata e cautamente»; «egli devesse lunga e
ardentissimamente amarmi»; «molto onorata e cortesemente tutti gli raccolse»;
«potesse più onorata e fidatamente collocarla»; «cominciò la peregrina molto in-
tenta e fisamente a contemplar la bella duchessa»; «egli molto profittevole e ono-
ratamente l’essercizio di mercante fa»; «l’uomo almeno, che magnifica e liberal-
mente opera, fa officio di vero gentiluomo»; «li quali te fra tanti altri grandi signori
elessero e collocarono tanto amorevole e onoratamente ne lo seggio imperiale»).
G. B. Ramusio, Navigazioni et viaggi: 6 («correndo prima dolce e chetamente otto
miglia di piano»; «ne parleremo breve e sommariamente»; «soggiogai molte città
e terre di quella e pacifica e quietamente»; «quando avessero commoda e util-
mente fornita la navigazione»; «referirno loro varia e diversamente»; «non re-
stando però quelli di chiara e speditamente parlare»). G. Bruno, La cena delle
Ceneri: 6 («Se vi par il nostro Teofilo e Frulla troppo grave e rigidamente toccare
il dorso d’alcuni suppositi»; «ben presto, facile e chiarissimamente vi si provarà»;
«il corpo lucido non perde il suo diametro se non tardissima e difficilissima-
mente»; «cossı̀ anco de moti che noi veggiamo sensibile e fisicamente ne’ corpi
naturali»; «in varii instanti d’eternità, successiva e vicissitudinalmente»; «da lui
divina et alta e verissimamente detto»). Id., De la causa principio e uno: 10
(«nella quale certa e veramente si ritrova»; «è preso da l’aritmetrico pura e sempli-
cemente»; «vi veggo castigata, raggionevole e discretamente procedere»; «ve-
gnono audace e magnanimamente a porla in campo»; «Alta, rara e singularmente
avete determinato del tutto»; «devi più alta e semplicemente interderlo»; «da quelle
resulta un peso logicamente, o pur aritmetrica, o geometricamente»; «che vera e
naturalmente non fanno un peso»; «secondo parte e parte, discreta e separa-
tamente»; «dico circolare non semplice e geometricamente»). Id., De l’infinito
universo e mondi: 5 («È vero principale e primariamente, ma accessoria e secon-
dariamente accade il contrario»; «queste differenze non sono naturalmente, ma
positiva e respettivamente»; «parlando del moto presente, non absoluta e sempli-
cemente di ciascun particulare»; «se ti piacesse privativa e logicamente porlo»).
Id., Spaccio de la bestia trionfante: 3 («se fisica, matematica e moralmente si
considera»; «gli eminenti Dei si senteno massime, minore, minima, e nullamente
offesi»; «non ociosa e sonnacchiosamente, ma solleciti e senza dimora»). Id., Ca-
bala del Cavallo pegaseo: 3 («io non intendo vera e seriosamente lodar l’asino et
asinitade»; «per far più gloriosa e trionfalmente passar l’asina et il suo caro asi-
nello»; «non è corpo che non abbia o più o meno vivace e perfettamente communi-
cazion di spirito in se stesso»). Id., Degli eroici furori: 6 («nel suo intrinseco vera
e stabilmente è contenuto un navilio»; «sono aperta e manifestamente figure»;
«non è chi possa più ricca e commodamente suppeditar l’ali»; «degnissima e nobi-
«Ø e -mente», «-mente e -mente» 563

lissimamente sente impiegato l’amore»; «altissima e principalissimamente nel


sole istesso»; «dove più illustre, forte, efficace e rettamente è riscaldata»). T. Gar-
zoni, La piazza universale: 2 («in molte cose potrebbe esser volontaria e capric-
ciosamente da alcuni fatta»; «piantati debita e diligentemente»).
-mente e -mente: 237. In particolare: N. Machiavelli, Discorsi sopra la prima Deca
di Tito Livio: 8. Id., Dell’arte della guerra: 6. Id., Istorie fiorentine: 5. Id., Lettere:
2. F. Guicciardini, Storie fiorentine: 2. Id., Storia d’Italia: 11. P. Bembo, Gli Aso-
lani: 3. Id., Prose della volgar lingua: 10. M. Equicola, Libro de natura de amore:
2. A. Firenzuola, La prima veste dei discorsi degli animali: 1. Pietro Aretino,
Ragionamento: 1. Veniexiana: 1. A. Caro, Gli amori pastorali di Dafne e Cloe: 1.
G. B. Gelli, I capricci del Bottaio: 3. Id., La Circe: 3. A. F. Doni, I marmi: 5. B.
Cellini, Vita: 2. G. Vasari, Le vite: 7. M. Bandello, Novelle: 14. G. Betussi, La Leo-
nora: 1. Tullia d’Aragona, Dell’infinità di amore: 2. G. B. Ramusio, Navigazioni e
viaggi: 33. S. Erizzo, Le sei giornate: 3. T. Tasso, Discorsi dell’arte poetica: 2. Id.,
Dialoghi: 3. Id., Lettere: 9. S. Guazzo, La civil conversazione: 2. G. Bruno, De l’infi-
nito universo e mondi: 2. Id., Spaccio de la bestia trionfante: 3. Id., La cena delle
Ceneri: 2. Id., De la causa principio e uno: 9. Id., Cabala del Cavallo pegaseo: 4. G.
Bruno, Degli eroici furori: 3. S. Bargagli, Trattenimenti: 3. T. Garzoni, La piazza
universale: 62.

Prosa del Seicento

Testi spogliati contenenti esempi utili: 11


Testi con «Ø e -mente»: 6
Testi con «-mente e -mente»: 9
Testi contenenti solo «Ø e -mente»: 2
Testi contenenti solo «-mente e -mente»: 5
Testi contenenti tutte e due le sequenze: 4

Ø e -mente: 21. In particolare: T. Costo, Il fuggilozio: 6 («si può da questo monte


commoda e pienamente vedere»; «a tempo del marito avea vissuto agiata e licen-
ziosamente»; «per poterlasi (come fece) più commoda e lecitamente mangiare»;
«in che modo si possa e lunga e sanamente vivere»; «e quello pronta e liberamente
rispose»; «il rimanente di sua vita casta e santamente, sı̀ come aveva incominciato,
finı̀»). P. Sarpi, Istoria del Concilio tridentino: 10 («alcun di loro non esser vera
e propriamente sacramento»; «è vera e propriamente sacramento»; «si contiene
Cristo vero, real e sustanzialmente sotto le apparenzie delle cose sensibili»; «che
nell’eucaristia si contenga vera, real e sostanzialmente il corpo et il sangue»; «che
l’estrema onzione non sia vera e propriamente sacramento»; «legger distinta e
chiaramente»; «legger distinta e chiaramente»; «tutte le cose osservate pia, santa
e religiosamente»; «assister pronta e fedelmente alla Chiesa contra tutti gl’eretici»;
«se non sarà vera e propriamente assassinio»). G. Galilei, Il saggiatore: 1 («rispon-
derò breve e semplicemente»). Latrobio, Il Brancaleone: 1 («mostrano la verità
del fatto nuda e semplicemente»). G. B. Marino, Dicerie sacre: 2 («più propria e
particolarmente»; «dal principio simplicissima e primieramente fu da’ Pittagorici
ritrovato uno stromento detto Monocordo»). A. G. Brignole Sale, Maria Madda-
lena: 1 («Mugghiò rauca e sordamente il mare»).
-mente e -mente: 70. In particolare: P. Sarpi, Istoria del Concilio tridentino: 38.
G. Galilei, Il saggiatore: 8. Id., Dialogo sopra i due massimi sistemi: 18. F. Pona,
La Lucerna: 1. G. B. Marino, Dicerie sacre: 1. F. Scala, Il teatro delle favole rappre-
sentative: 1. A. G. Brignole Sale, Maria Maddalena: 1. F. Pallavicino, Il corriero
svaligiato: 1. Bartoli, La ricreazione del savio: 1.
564 Giuseppe Patota

Prosa del Settecento


Testi spogliati contenenti esempi utili: 18
Testi con «Ø e -mente»: 1
Testi con «-mente e -mente»: 17
Testi contenenti solo «Ø e -mente»: 1
Testi contenenti solo «-mente e -mente»: 17
Testi contenenti tutte e due le sequenze: 0
Ø e -mente: 1. In particolare: G. B. Vico, Princı̀pi di scienza nuova: 1 («della quale
troppo oscura e confusamente hanno scritto i filologi»).
-mente e -mente: 66. In particolare: G. V. Gravina, Della ragion poetica: 2. P. Gian-
none, Vita scritta da lui medesimo: 1. C. Goldoni, Commedie: 6. C. Gozzi, L’amore
delle tre melarance: 1. Id., Turandot: 1. Id., La donna serpente: 2. Id., Ragiona-
mento ingenuo: 8. T. Crudeli, L’arte di piacere alle donne: 1. G. Baretti, La frusta
letteraria: 11. S. Bettinelli, Lettere inglesi: 2. «Il Caffè»: 11. P. Verri, Sull’indole del
piacere e del dolore: 1. A. Verri, Le avventure di Saffo: 1. V. Alfieri, Panegirico di
Plinio a Traiano: 1. V. Alfieri, Del principe e delle lettere: 6. Id., Della tirannide:
7. Id., Vita: 3. C. Beccaria, Dei delitti e delle pene: 1.

Prosa del Ottocento


Testi spogliati contenenti esempi utili: 61
Testi con «Ø e -mente»: 2
Testi con «-mente e -mente»: 61
Testi contenenti solo «Ø e -mente»: 0
Testi contenenti solo «-mente e -mente»: 59
Testi contenenti tutte e due le sequenze: 2
Ø e -mente: 3. In particolare: G. Leopardi, Zibaldone di pensieri: 2 («Conviene
[. . .] che n’abbia per le dita e il tutto e fino alle menome parti franchissima e
speditissimamente»; «i cui individui sono, non solo accidentalmente, ma natural-
mente, costante e inevitabilmente, più vari tra loro»). A. Manzoni, Promessi sposi
1827, Promessi sposi 1840: 1 («mi accingo di lasciarne memoria a Posteri, con
far di tutto schietta e genuinamente il Racconto, ouuero sia Relatione»).
-mente e -mente: 775. In particolare: L. Da Ponte, Memorie: 2. U. Foscolo, Ultime
lettere di Jacopo Ortis: 2. Id., Dell’origine e dell’ufficio della letteratura: 1. Id.,
Viaggio sentimentale di Yorick: 1. «Il Conciliatore»: 11. S. Pellico, Le mie prigioni:
1. A. Manzoni, Fermo e Lucia: 6. Id., Promessi sposi 1827, Promessi sposi 1840:
4. Id., Storia della colonna infame: 5. G. Leopardi, Saggio sopra gli errori popolari
degli antichi: 2. Id., Storia dell’astronomia: 1. Id., Discorso intorno alla poesia
romantica: 10. Id., Operette morali: 3. Id., Discorso dei costumi degl’italiani: 12.
Id., Pensieri: 2. Id., Zibaldone di pensieri: 518. Id., Lettere: 48. N. Tommaseo, Due
baci: 1. Id., Il Duca d’Atene: 1. M. D’Azeglio, I miei ricordi: 2. Id., Confessioni di
un Italiano: 2. I. Nievo, Novelliere campagnolo: 2. A. Boito, Storielle vane: 1. G.
Rovani, Cento anni: 7. I. U. Tarchetti, Racconti fantastici: 2. Id., Fosca: 4. G. Verga,
I carbonari della montagna: 1. Id., Una peccatrice: 2. Id., Primavera e altri rac-
conti: 1. Id., I ricordi del capitano d’Arce: 1. Id., Novelle sparse: 3. Id., Tigre reale:
1. Id., Eros: 4. Id., Il marito di Elena: 1. F. De Sanctis, Storia della letteratura
italiana: 9. A. Fogazzaro, Malombra: 1. Id., Daniele Cortis: 4. Id., Piccolo mondo
antico: 2. E. De Marchi, Demetrio Pianelli: 2. Id., Arabella: 5. F. De Roberto, Illu-
sione: 6. Id., I Viceré: 5. E. De Amicis, Cuore: 1. Id., Sull’Oceano: 2. G.C. Chelli,
L’eredità Ferramonti: 8. R. Zena, La bocca del lupo: 1. Id., Quattro racconti: 2. G.
Faldella, Le Figurine: 8. Id., Madonna di fuoco e Madonna di neve: 2. Id., Donna
«Ø e -mente», «-mente e -mente» 565

Folgore: 16. M. Pratesi, L’eredità: 3. M. Serao, Il paese di Cuccagna: 20. L. Capuana,


Giacinta: 1. G. Pascoli, Il Fanciullino: 1. G. Giacosa, Tristi amori: 1. A. Oriani,
La disfatta: 1. Id., Vortice: 1. I. Svevo, Una vita: 1. G. D’Annunzio, Novelle della
Pescara: 1. Id., Il Piacere: 1. Id., L’Innocente: 2. Id., Trionfo della morte: 1. Id., Le
vergini delle rocce: 1.

Prosa del primo Novecento

Testi spogliati contenenti esempi utili: 15


Testi con «Ø e -mente»: 0
Testi con «-mente e -mente»: 15
Testi contenenti solo «Ø e -mente»: 0
Testi contenenti solo «-mente e -mente»: 15
Testi contenenti tutte e due le sequenze: 0
Ø e -mente: Ð.
-mente e -mente: 54. In particolare: A. Fogazzaro, Piccolo mondo moderno: 6. L.
Capuana, Il Marchese di Roccaverdina: 2. I. Svevo, La coscienza di Zeno: 4. L.
Pirandello, Suo marito: 1. Id., I vecchi e i giovani: 6. Id., Quaderni di Serafino
Gubbio operatore: 4. Id., Uno, nessuno e centomila: 3. Id., Novelle per un anno: 8.
Id., Maschere nude: 6. Id., Saggi: 9. G. Boine, Il peccato: 1. G. D’Annunzio, Il fuoco:
1. Id., Forse che sı̀, forse che no: 1. Id., La Leda senza cigno: 1. Id., Tragedie, sogni
e misteri: 1.

Appendice II Ð Distribuzioni di «Ø e -mente» e di «-mente e -mente»


dal Duecento al primo Novecento

Appendice III Ð Test «chi quadro» e degli «intervalli di confidenza»


Per produrre una qualsiasi analisi statistica va sempre considerata la differenza tra
campione e popolazione. La popolazione è l’insieme dei dati reali (in questo caso, ad
esempio, tutti i testi in lingua italiana di un determinato secolo), mentre il campione
566 Giuseppe Patota

è quel sottoinsieme della popolazione che viene effettivamente misurato e che forni-
sce i dati grezzi da analizzare (in questo caso il campione è costituito dai testi spo-
gliati contenenti esempi utili). L’obiettivo della presente analisi è quello di verificare
o meno l’effettiva presenza di un eccesso di «Ø e -mente» nei testi scritti in lingua
italiana del Quattrocento, del Cinquecento e del Seicento, rispetto al suo utilizzo negli
altri periodi considerati nello studio. A tale scopo si considera il rapporto tra le occor-
renze dei due tipi per ogni periodo campionato e si estrapola mediante regressione
lineare l’andamento atteso; viene quindi eseguito un test «chi-quadro» per verificare
l’incompatibilità dei dati misurati con tale andamento.

Il risultato del test viene tradotto in «p-value», una grandezza particolarmente co-
moda in àmbito statistico poiché corrisponde direttamente alla probabilità che la
differenza osservata sia un effetto del campionamento. Se p è maggiore del 5 %, la
differenza è detta non significativa, ovvero non è possibile affermare che sia reale;
se p ha un valore compreso tra l’1 % e il 5 % la differenza è detta significativa; se p
è invece compreso tra lo 0,1 % e l’1 % la differenza è molto significativa; per valori
ancora inferiori la differenza è estremamente significativa. Nel nostro caso il valore
di p ottenuto è pari a 2,87e-05 (notazione scientifica equivalente a 0,0000287); pertanto
è lecito sostenere che la differenza tra l’andamento atteso e l’andamento misurato è
reale e non è un effetto dovuto al campionamento: l’eccesso di «Ø e -mente» è estre-
mamente significativo. È stato inoltre eseguito il calcolo degli «intervalli di confi-
denza», che permettono un’ulteriore stima dell’eventuale compatibilità tra dati misu-
rati e dati reali. Propagando le varie incertezze di misura, viene costruito, intorno a

Valore Valore Valore Valore Compatibilità


minimo atteso massimo misurato
Duecento 0,0000 0,0455 0,2700 0,0522 Sı̀
Trecento 0,0257 0,0389 0,0521 0,0305 Sı̀
Quattrocento 0,0000 0,0323 0,9360 1,0000 No
Cinquecento 0,0000 0,0256 0,1685 0,2321 No
Seicento 0,0000 0,0190 0,8771 0,3000 Sı̀
Settecento 0,0000 0,0124 0,3722 0,0152 Sı̀
Ottocento 0,0000 0,0058 0,0631 0,0039 Sı̀
Primo Novecento 0,0000 0,0000 0,4682 0,0000 Sı̀
«Ø e -mente», «-mente e -mente» 567

ogni singolo valore atteso, un intervallo all’interno del quale è contenuto il valore
reale con la certezza statistica del 99,9 %. La distanza tra i valori misurati e intervalli
di confidenza per Quattrocento e Cinquecento consente di confermare ulteriormente
la significatività dell’eccesso di «Ø e -mente» in questi due secoli.

Arezzo GIUSEPPE PATOTA

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