Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Le curatrici ringraziano Anne Prudence Collins e la Koinè s.a.s. per il contributo alla
realizzazione del volume. Sono grate a Maria Novella Campagnoli e Federica Vinci per il
lavoro redazionale svolto con attenzione e impegno.
Arte e limite
La misura del diritto
Atti del III Convegno nazionale della Società Italiana
di Diritto e Letteratura
Dipartimento di Giurisprudenza
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
- giugno
a cura di
Agata C. Amato Mangiameli
Carla Faralli
Maria Paola Mittica
Contributi di
Agata C. Amato Mangiameli, Francisco Balaguer Callejón,
Roberto Bartoli, Antonio Cantaro, Vittorio Capuzza, Donato Carusi,
Felice Casucci, Valentina Colombo, Lorenzo Del Zoppo,
Alessandra Donati, Francesco Gandolfo, Peter Häberle,
Vincenza Mele, Maria Paola Mittica, Eugenio Picozza,
Giuseppina Restivo, Guido Saraceni, Claudio Sarzotti,
Guglielmo Siniscalchi, Angela Votrico
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it
----
INTRODUZIONE
5
6
Tra antico…
…e contemporaneo
E io non saprei troppo biasimarvi, so come van le cose in questo campo. I diritti
e le leggi si tramandano come una malattia che non ha fine, arrancano da una
generazione all’altra, da un luogo all’altro, cauti. La ragione diventa assurda, il
beneficio danno; se sei l’ultimo nato, guai a te! Del diritto che nasce insieme a noi,
purtroppo, non si dice una parola.
Introduzione
1
Cfr. P. HÄBERLE, Verfassungslehre als Kulturwissenschaft (1982, 19 s.), Berlin 1998, 83
s. e sulla musica si veda 512 ss. (trad. it., Per una dottrina della Costituzione come scienza
della cultura, Roma 2001).
2
Il concetto di “Costituzione” è utilizzato in senso antropologico e etnologico, non-
giuridico, da B. MALINOWSKI, Eine wissenschaftliche Theorie der Kultur (1941), Frankfurt a.
M. 1975, 142.
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 21
Entstehung und Gehalt, Zurich 2006. Non molto significativo, voce Hymnen, Lexikon der
Kunst, III, Leipzig 2004, 372. È sorprendente che molti altri lessici omettano il tema: per
esempio Staatslexikon der Görres-Gesellschaft, settima edizione, Freiburg 1987, così pure
Handwörterbuch der Sozialwissenschaften, Stuttgart 1956, o il Lexikon der
Politikwissenschaft (Hrsg. von D. NOHLEN u.a.), Munchen 2002, o il Politiklexikon di E.
HOLTMANN, terza edizione, Munchen 2000. Per ulteriori considerazioni P. HÄBERLE,
Nationalhymnen als kulturelle Identitätselemente des Verfassungsstaates, Berlin 2007, 65 ss.
4
La musicologia tedesca gode fino a oggi di grande considerazione: si pensi a T. ADORNO
o più recentemente a G.-S. MAHNHOF. Tre riviste sono fortemente vivaci: Musik-Konzepte,
Musik-Texte e Musik und Ästhetik.
5
Sua la rielaborazione di Das neue Musikalexikon, Berlin 1926.
6
Prove e indicazioni dettagliate in H. WEBER, Recht, Literatur und Musik - Aspekte eines
Themas, in Literatur, Recht und Musik, a cura di H. WEBER, Berlin 2007, 1 ss. (2 s.
“Musikerjuristen”: particolarmente su R. Schumann (pagina 3, note 5-9)). – R. SCHUMANN,
Schriften über Musik, Stuttgart 1982. Sull’inizio degli studi di diritto a Lipsia nel 1818 e sul
proseguimento degli stessi studi a Heidelberg (presso Thibaut e Mittermaier) 1829, vedi
anche A. BOUCOURECHLIEV, R. Schumann in Selbstzeugnissen und Bilddokumenten, Reinbek
1974, 24 ss. Sugli studi di diritto a Lipsia e Heidelberg e sul loro abbandono, così come
sull’inizio degli studi di musica a Lipsia nell’autunno del 1830, vedi anche K.H. WÖRNER, R.
Schumann, Zürich 1949, 29-45.
7
Inizio degli studi di diritto nell’Università di San Pietroburgo nel 1902 e conclusi nel
1905, cfr. V. SCHERLIESS, Strawinsky und seine Zeit, Laaber 2002, 14.
8
E. HELM, Tschaikowsky in Selbstzeugnissen und Bilddokumenten, Reinbek, 1983, 22 ss.
(ingresso nella scuola di diritto di San Pietroburgo nel 1850; con il grado di consigliere
titolare nel maggio 1859 lascia la scuola di diritto e diventa impiegato del Ministero della
giustizia; nel 1862 entra al conservatorio di San Pietroburgo per studiare musica e nel 1863 si
ritira dal pubblico impiego). Vedi anche E. GARDEN, Tschaikowsky – Eine Biographie,
Frankfurt a. M. 1998, 17 ss. (in particolare 21 sull’impiego come segretario amministrativo al
Ministero della giustizia e pag. 24 sul suo ritiro dal Ministero).
9
Nella letteratura recente K. KASTNER, E.T.A. Hoffmann – Jurist, Dichter und Musiker, in
Literatur, Recht und Musik, cit., 72-88. Per ulteriori considerazioni H. WEBER, Recht,
Literatur und Musik – Aspekte eines Themas, cit., 2 (soprattutto nota 4). Vedi anche H.
STEINECKE, Die Kunst der Phantasie, Frankfurt a. M. 2004.
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 23
che L. v. Beethoven10 a una frase ormai classica: “la musica è ben più
alta saggezza rispetto ad ogni rivelazione e filosofia” e ha ispirato
Schubert a comporre un canto An die Musik come “arte incantevole”.
Se con H. Prantl si riconosce nella Costituzione persino una “dichiara-
zione d’amore a un paese”11, allora un costituzionalista può occuparsi
della musica almeno tanto quanto si occupa con mezzi ovviamente
professionali della Costituzione (ad esempio, del suo inno nazionale).
Ci si ricordi la frase di Shakespeare: “Se la musica è l’alimento
dell’amore (…)”. Con queste poche indicazioni si consideri preparato
il terreno, sul cui humus può prosperare anche il tema “Stato costitu-
zionale e musica”, e più precisamente quella speciale filiazione degli
“inni nazionali”.
In particolare:
1. La musica12, in tutte le sue forme: dalla corale fino al “Lied”, dal
quartetto di archi sino all’opera, dall’oratorio fino all’inno nazionale,
penetra nel modo più immediato nell’anima dell’uomo, nella sua sen-
sibilità. Tocca l’anima come probabilmente nessun’altra forma d’arte
(al più, altrettanto intensamente, la toccano la lirica di Goethe Wande-
rers Sturmlied13 o di F. Hölderlin – Wie wenn am Feiertage, Frieden-
sfeier, Patmos –, e forse anche i canti di Omero). Innanzitutto la musi-
ca non è da “pensare”, ma da sentire. La musica prende l’uomo lette-
ralmente come un tutto: dalla testa sino al cuore e alcune volte fino ai
piedi (per esempio nel ballo). Se si includono nella prospettiva di una
storia degli Stati costituzionali anche altri canti oltre agli Inni naziona-
li – la canzone del cantante Pop J. Brown morto nel 2006, in quanto
canto del movimento dei cittadini neri negli USA14, gli inni di lotta
della socialdemocrazia tedesca (Brüder zur Sonne) o dei comunisti, e
ancora i diversi canti religiosi delle processioni (animate da inni) cat-
toliche –, diviene immediatamente riconoscibile che la musica può in-
cidere su molte attività e su molti processi dei singoli uomini e delle
10
A questo proposito B. WECK, “Euch werde Lohn in besseren Welten!” – L. van
Beethoven und die Entwicklung moderner Menschenrechts- und Verfassungsutopien, in
Literatur, Recht und Musik, cit., 48-71.
11
H. PRANTL, Ein deutscher Liebesbrief, SZ n. 238 del 16.10.2006, 8.
12
Presto un classico: H. MAIER, Cäcilia, Essays zur Musik, Frankfurt a. M. 1998/2005.
13
H. WALWEI-WIEGELMANN (Hrsg.), Goethes Gedanken über Musik, Frankfurt a. M.
1985.
14
A questo proposito SZ del 27 dicembre 2006, pag. 13: “In lui tutto diveniva ritmo: per
la morte di J. Brown, il padrino del Soul”.
24 Peter Häberle
15
S. GIESBRECHT, “Lieb’ Vaterland, magst ruhig sein” – Musik und Nationalismus im
deutschen Kaiserreich, in H. LÜCK/D. SENGHAAS (Hrsg.), Vom hörbaren Frieden, Frankfurt a.
M. 2005, 413 ss. (pag. 429 ss. sulla “onnipresenza della marcia”). Anche di Mozart si parla di
una sua “propensione alla marcia” (G.R. KOCH, in FAZ del 23 giugno 2006, 46).
16
Dal punto di vista giuridico, in particolare sulla “direzione musicale” del Rock & Roll,
si veda la ricerca di M. RONELLENFITSCH, Rock & Roll und Recht, Stuttgart 1998.
17
Felice l’espressione di W. SCHREIBER, Ton der Nation, SZ del 20 febbraio 2007, 11:
“anche il luogo fa la musica”.
18
Il mio Die Geburt der modernen Staatsmusik, in E. BUCH, Beethovens Neunte – Eine
Biographie, München 2000, 19 ss. Si disegna “una prima teoria di inno nazionale voluto dallo
Stato” (pag. 23) e si parla dell’opera musicale come “catalizzatore dell’unità nazionale”. Vedi
anche pag. 30 sulla Marseillaise e su God Save the King quali modelli di inni nazionali
moderni.
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 25
19
Su Verdi – Nabucco – opera nazionale, U. BERMBACH, Opernsplitter – Aufsätze.
Essays, Würzburg 2005, 117 ss. (“oh, mia patria sì bella e perduta” – Su potere e impotenza
nel Nabucco (in part. 118: “I fini (…) erano per Verdi: l’indipendenza nazionale dell’Italia, la
cosa migliore se stabile, se possibile istituzioni repubblicane (…)”). ID., Über Leichen geht
der Weg zur Macht – Gesellschaftliche und politische Aspekte in Giuseppe Verdis Opern, in
ID., Wo Macht ganz auf Verbrechen ruht – Politik und Gesellschaft in der Oper, Hamburg
1997, 146 ss. Infine E. SCHMIERER, Kleine Geschichte der Oper, Stuttgart 2001, 150 ss.
(“Verdi deve la sua fama non da ultimo al fatto che la sua vita e la sua produzione artistica
sono strettamente collegate al risorgimento e con il movimento di unità e di libertà italiano”).
20
U. BERMBACH, Freikugeln für die Freiheit – Zu Webers Der Freischütz, in ID.,
Opernsplitter – Aufsätze. Essays, cit., 109 ss.
26 Peter Häberle
21
P. HÄBERLE, Zeit und Verfassung, ZfP 1974, 111 ss.; ID., Zu “Strukturen und
Funktionen von Übergangs- und Schlussbestimmungen” von Verfassungen, in FS Lendi,
1998, 137 ss.
22
In Cile, nel 1847, l’antico inno nazionale fu sostituito da un “testo pacifico”, cfr.
Nationalhymnen, 11. Aufl., Stuttgart 2006, 38.
23
Ibidem.
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 27
26
Sull’origine e sulle relative intenzioni, M. TREML, Die Geschichte des modernen
Bayern – Königreich und Freistaat, 3. Auf., München 2006, 80, 131, 148.
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 29
27
P. HÄBERLE, Kommentierte Verfassungsrechtsprechung, Königstein/Ts 1979, 22 s.
28
Il dibattito è apparso nel FAZ-Feuilletton (es.: FAZ del 26 ottobre 2006, con la
partecipazione di C. MÖLLERS, del presidente del BGH G. HIRSCH, di G. ROLLECKE, di B.
RÜTHERS, FAZ del 30 gennaio 2007, 34).
29
Per ulteriori informazioni B. BEYER (Hrsg.), Warum Oper? Gespräche mit
Opernregisseuren, Berlin 2006. V. anche P. BOULEZ, FAZ del 13 maggio 2006, 37: Musik mit
Bürgersinn, Laudatio auf D. Barenboim.
30 Peter Häberle
2.2. “Diritto”
2.3. Aspetti di una storia della musica alla luce dello sviluppo dello
“Stato costituzionale”
30
P. HÄBERLE, Nationalhymnen, cit., 11 ss., 83 ss.
31
Già P. HÄBERLE, Verfassungslehre als Kulturwissenschaft, cit., 512 ss.
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 31
34
Cfr. S. KROSS, Beethoven und die rheinisch-katholische Aufklärung, cit.
35
W. OEHLMANN, Oper in vier Jahrhunderten, Stuttgart 1984, 321 ss. (321).
36
Ivi, 322 ss. e 330.
37
U. BERMBACH, Zwischen Inquisition und Freiheit – zum Kernkonflikt in Verdis Don
Carlos, in ID., Opernsplitter – Aufsätze. Essays, cit. Su pace, guerra e nostalgia della pace: M.
GECK, Musik dringt höher, tiefer und weiter als die Fanfare von Krieg und Frieden, in H.
LÜCK/D. SENGHAAS (Hrsg.), Vom hörbaren Frieden, cit.
38
Dalla letteratura U. BERMBACH, Der Wahn des Gesamtkunstwerks – Richard Wagners
politisch-ästhetische Utopie, Frankfurt a. M. 1994; ID., Blühendes Leid – Politik und
Gesellschaft in Richard Wagners Musikdramen, Stuttgart 2003.
39
Cfr. VOLKER KLOTZ, Bürgerliches Lachtheater, 1983. Altre e generali informazioni in
K. KASTNER, Die Kunst der Kritik – in der Literatur, auf der Bühne und in der Musik, NJW
1995, 822 ss. – Originale e brillante è M. STOLLEIS, Komponierende Staatsrechtslehrer, in K.
REICHERT (Hrsg.), Recht, Geist und Kunst, Baden-Baden 1996, 373 ss. Lo stesso vale per il
saggio di B.-R. KERN, Rossini und Metternich, in M. KILIAN (Hrsg.), Jenseits von Bologna –
Jurisprudentia literarisch, Berlin 2006, 61 ss. Oggi il mio tema è “diritto costituzionale
musicale”!
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 33
nella sua tredicesima Sinfonia Babij Jar (1962), nella quale furono
musicati i testi del poeta bandito Jewgenij Jewtuschenko (nato nel
1932), che ricordano i massacri degli ebrei ucraini al tempo
dell’occupazione tedesca, ma al tempo stesso contengono una resa dei
conti con l’antisemitismo sovietico42. Shostakovich43, che secondo la
ricostruzione di S. Volkow viveva ritirato nella tradizione religiosa dei
“Pazzi in Dio” molto nota in Russia, creò opere sempre più meditate,
che giravano intorno alla mancanza di vie d’uscita della situazione
umana (es.: ottavo quartetto di archi op. 110 (1960) e diversi altri
quartetti d’archi successivi 9-15). La suggestiva definizione di “vas-
sallo festeggiato”44 non è, nell’insieme, giustificata45. L’opera Welt-
parlament di Stockhausen e la musica dei nostri giorni non può essere
ancora giudicata dall’autore. Ciò vale di più per l’arsenale critico di
H.W. Henzes (Reiselieder, 1996)46. All’autore non è ancora accessibi-
le L’armonia cosmica, o Musica cosmica, dell’autore greco M. Theo-
dorakis con il “canto di balene e elefanti”47.
Molto si lascia dedurre “in quanto citazione” dagli inni nazionali,
soprattutto europei (B. Glaner, voce Nationalhymne, MGG – Tomo
7/1997, 16 (23 ss.)).
42
Ivi, 97.
43
Cfr. S. VOLKOW, Stalin und Schostakowitsch. Der Diktator und der Künstler, cit., 23,
35, 38.
44
Necrologio in Die Zeit, settembre 1975.
45
Il “punto assolutamente più basso” del nazionalsocialismo tedesco fu evidenziato
dell’“arte degenerata”, dalla “musica vietata” (es. A. Schönberg) e anche dalle “immagini
deformate” di E. Nolde. Su questo tema molto trattato si veda per nuovi aspetti: S.A.
REICH/H.J. FISCHER, Wem gehören die als “entartete Kunst” verfemten, von den
Nationalsozialisten beschlagnahmten Werke?, NJW 1993, 1417 ss.; F.K. PRIEBERG, Musik im
NS-Staat, Neuausgabe, Köln 2000.
46
Sono commoventi le conversazioni tra Henze e I. Bachmann (3sat, 9. settembre 2006,
21.45).
47
V. la sua intervista in SZ del 10 marzo 2006.
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 35
tivo per un vivere insieme politico. Quattro anni fa, in una breve mo-
nografia ho analizzato dal punto di vista linguistico, musicale e giuri-
dico, 80 inni48. Ecco alcune indicazioni. Innanzitutto va fatta la distin-
zione fra una definizione giuridico-costituzionale della musica (com-
positore) e del testo (poeta) di un inno specifico e la semplice deter-
minazione dell’uno o dell’altro. Un’analisi musicologica della “con-
genialità” di musica (melodia) e testo (lingua) non è possibile neanche
in linea di principio. Possono essere citati soltanto alcuni caratteri evi-
denti: per esempio l’aggressività del testo e della melodia della Marsi-
gliese o di qualche “marcia” (Filippine, Indonesia, Albania, Principato
di Monaco, Senegal, Sri Lanka, Libia, Libano, Cuba, Colombia, Alge-
ria, Turchia, Spagna: com’è ovvio, con le loro differenze). Tuttavia,
l’autore non si permette un giudizio sulla qualità artistica dei singoli
inni nazionali. Si può tutt’al più dire, che un particolare inno è dal
punto di vista musicale particolarmente “bello”: grazie a J. Haydn la
Germania ha un “lento”, la Bulgaria ha un “andante maestoso”, un
“allegro” il Belgio, gli Emirati Arabi, l’Uruguay e il Venezuela, un
“adagio” il Giappone, un “moderato” la Liberia e l’Olanda ha un “al-
legro risoluto”. Il “maestoso” è amato ad esempio in USA, Ungheria,
Ucraina, Serbia e Montenegro, Malta, Malesia, Gran Bretagna, Grecia,
Svezia, Lituania, Lettonia. Il Portogallo si permette un “grandioso”. Il
Vaticano civetta con un “allegretto maestoso”. Alcuni inni sono meno
gradevoli. L’andamento è in modo caratteristico indicato in italiano –
un omaggio al vostro paese, l’Italia. Sarebbe forse anche interessante
chiedersi, quale storia (costituzionale) ha portato a un inno nazionale
ufficiale, chi l’ha reso tale, quale autore o compositore è stato incari-
cato di scrivere o comporre un inno e da chi (es.: dal costituente, dal
legislatore o da un organo costituzionale come il Capo dello Stato (co-
sì in Sudafrica)), se i concorsi (es.: Messico, Iran e Libano) hanno
avuto successo? La domanda sulla prassi di eseguire l’inno nel quoti-
diano e durante le festività è di particolare importanza.
L’enorme materiale costituzionale è così suddiviso:
1. In che punto di una Costituzione scritta è collocato l’inno nazio-
nale: a tale questione appartiene la domanda sul “contesto”49. L’inno
nazionale è messo accanto agli articoli che riguardano i simboli (es.:
sigillo, bandiera, stemma, giorni festivi, città principali) in quanto
48
Nationalhymnen, cit., 83 ss.
49
Sulla tesi P. HÄBERLE, Kommentierte Verfassungsrechtsprechung, cit., 44 ss. (e più).
36 Peter Häberle
50
Sul tema: A. BARTOLUS, Musica Mathematica, Das ist: Das Fundament der
allerliebsten Kunst der Musicae, wie nemlich dieselbe in der natur stecke, vnd ihre gewisse
proportiones, das ist, gewicht vnd mass habe, vnd wie dieselben in der Mathematica,
Fürnemlich aber in der Geometria vnd Astronomia beschrieben sind, Leipzig 1614; L.H.
BERLIOZ, Grand Traté d’Instrumentation et d’Orchestration modernes, Paris 2/1856. M.-A.
CHARPENTIER, Règles de composition, Paris 1692; A.E.M. GRETRY, Memoires, ou Essais sur
la Musique, Bd. 2, Paris 1797; J.J. W. HEINSE, Hildegard von Hohenthal, 1. Bd., Berlin 1795,
55. J.-P. RAMEAU, Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels, Paris 1722; J.J.H.
RIBOCK, Ueber Musik, an Floetenliebhaber insonderheit, in Magazin der Musik, Carl
Friedrich Cramer (hrsg.), Jg. 1, Hamburg 1783; J. ROUSSEAU, Méthode claire, certaine et
facile pour apprendre à chanter la Musique, Paris 1691; C.F.D. SCHUBART, Ideen zu einer
Ästhetik der Tonkunst, Wien 1806; R. SCHUMANN, Neue Zeitschrift für Musik, Leipzig, 3.
febbraio1835, 43; G.J. VOGLER, Système de Simplification pour les Orgues [Ms. Mannheim
1798]. – Per gli aspetti generali W. AUHAGEN, Studien zur Tonartencharakteristik in
theoretischen Schriften und Kompositionen vom späten 17. bis zum Beginn des 20.
Jahrhunderts, Frankfurt a. M. 1983.
38 Peter Häberle
51
È raro che un paese abbia la fortuna di avere un poeta-presidente autore del testo. È
stato così nel 1960 per il Senegal nella persona di L.S. Senghor (cfr. Nationalhymnen, cit.,
173) (melodia in do maggiore, marcia, quattro quarti), ed è così dal 1847 in Liberia, qui è
stato il primo ministro a scrivere il testo dell’inno (ivi, 103).
52
L’unico caso di un poeta-compositore si trova in India. Il suo inno nazionale proviene
dal testo e dalla melodia di Rabindranath Tagore (1861-1941) ed è stato adottato
dall’Assemblea costituente nel 1950 (ivi, 62). La melodia è in do maggiore, il tempo
“Maestoso”.
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 39
3. Il guadagno teorico-costituzionale.
53
P. HÄBERLE, Präambeln im Text und Kontext von Verfassungen, Broermann 1982, 211
ss.; ID., Verfassungslehre, 2. Aufl., Berlin 1998, 920 ss.
54
Dall’ampia letteratura K. LÜDERSSEN, Produktive Spiegelungen, Recht in Literatur,
Theater und Film, 2004. Sul tema “Letteratura e Stato costituzionale” P. HÄBERLE,
Verfassungslehre, cit., 504 ss.; ID., Das Grundgesetz der Literaten, Baden-Baden 1983.
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 41
3.5. “Musicisti-Giuristi”
59
Cfr. E. VON PIDDE, Richard Wagners “Ring der Nibelungen” im Lichte des deutschen
Strafrechts, München 2003.
60
Dalla letteratura classica H. FEHR, Das Recht in der Dichtung, Bern 1931; E. WOLF,
Das Wesen des Rechts in deutscher Dichtung, Frankfurt a. M. 1946; P. SCHNEIDER, “ein einig
Volk von Brüdern”, Frankfurt a. M. 1987. Per ulteriori informazioni P. HÄBERLE, Das
Grundgesetz der Literaten, cit., passim (in part. 9 ss.). V. pure R. POSNER, Law and literature,
A Missundersstood Relation, Cambridge, Mass. 1988.
Musica e “diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione 43
61
F. FECHNER, Geistiges Eigentum und Verfassung, Tübingen 1999.
62
F. HUFEN, Staatsrecht II, 2. Aufl., München 2009, 584 ss.
44 Peter Häberle
Prospettive future
“E di quelle (cose), infine, che stimolano le orecchie dicono che emettono strepito, suono
o armonia; opinione quest’ultima che ha provocato negli uomini un tal grado di follia da far
loro credere che anche Dio trae diletto dall’armonia”
(SPINOZA, Etica, 1677)
“La struttura è propriamente controllata dalla mente. L’una e l’altra godono della preci-
sione, della chiarezza, e dell’osservanza delle norme. Mentre la forma richiede soltanto che
esista libertà. Essa appartiene al cuore; e la legge che osserva, seppure mai essa si sottomette a
qualche legge, non è mai stata scritta né mai lo sarà. (…) Qualsiasi tentativo di escludere
l’irrazionale è irrazionale. Qualsiasi strategia compositiva totalmente “razionale” è suprema-
mente irrazionale.
(J. CAGE, Silenzio, 1971)
5
Cfr. F.S. NISIO, Jean Carbonnier, Torino 2002, 34-37, che ringrazio per avermi per
avermi guidato sulle tracce di questa riflessione nella complessa quanto raffinata opera di
Carbonnier.
6
J. CARBONNIER: Droit civil, Paris 1955, Intr., 34-35 e 45-52; Sociologie juridique, Paris
1972, 169, 311, 344. È evidente che quelle di Carbonnier non vogliono essere più che
suggestioni. Ne testimoniano la bontà, tuttavia, sia lo sviluppo della ricerca nel campo della
psico-acustica, che si occupa di indagare il fenomeno della percezione soggettiva dei suoni,
ovvero della conversione dei suoni uditi in forme di pensiero; sia la ricerca nel campo
dell’etnologia della musica. In particolare viene da chiedersi se Carbonnier non abbia letto il
Simmel degli Studi psicologico-etnografici sulle origini della musica. Ipotizzando la
continuità tra linguaggio e musica, il sociologo tedesco afferma che l’enfasi emotiva abbia
con il tempo caricato il linguaggio di particolari intonazioni, poi codificate e significate con
diverse sfumature all’interno di ogni cultura. Linguaggio e musica si compenetrano quindi
come pensiero ed emozione e seguono nel corso del tempo un processo di strutturazione
culturale. Il che potrebbe essere presupposto anche per l’idea di uno studio comparato delle
intonazioni giuridiche. Per la riflessione di Simmel, vedi M. DEL FORNO, Musica, linguaggio
e comunicazione nell’opera di Georg Simmel, in Simmel e la cultura moderna, a cura di C.
Corradi, D. Pacelli, A. Santambrogio, I, Perugia 2010, 391 ss.
50 Maria Paola Mittica
7
Si rimanda alla splendida relazione, in questo stesso volume, di P. HÄBERLE, Musica e
“diritto” all’interno del dibattito della dottrina della Costituzione come scienza della cultura.
8
N. ROULAND, La raison, entre musique et droit: consonances, in Droit et Musique. Actes
du Colloque de la Faculté de Droit d’Aix-Marseille, 23 juin 2000, Aix-En-Provence 2001, pp.
109-192.
9
M. WEBER, Fondamenti razionali e sociologici della Musica, in Economia e società, V,
Milano 1995. Ed. or. Wirtschaft und Gesellschaft, Tübingen 1922.
10
Per un’introduzione alla sociologia della musica di Weber, vedi L. DEL GROSSO
DESTRERI, Sociologia delle musiche: teorie e modelli di ricerca, Milano 2002, cap. 5, 50 ss.
Più interessante il saggio di M. DEL FORNO, Max Weber e lo sviluppo della musica in
Ragionevoli dissonanze 51
14
A questa conclusione conducono peraltro anche le riflessioni della stessa F. MONCERI,
op. cit., 122.
Ragionevoli dissonanze 53
15
A titolo di esempio si rimanda alle tesi di Jean Bodin sulla justice harmonique alla fine
del 1500, e alle critiche che riceve da M. VILLEY, La Justice harmonique selon Bodin, in
Critique de la pensée juridique moderne, Paris 1976, il quale mostra grande sensibilità per
l’accostamento del pensiero politico e giuridico alla musica. Si veda a questo proposito S.
BAUZON, Il mestiere del giurista. Il diritto politico nella prospettiva di Michel Villey, Milano
2001. Un ulteriore esempio è offerto da A. LECA, Droit et musique: l'exemple de Jean de Dieu
Olivier (1753-1823) et son rêve de mise en musique de lois, in AA.VV., Droit et musique.
Actes du colloque de la Faculté de Droit d'Aix-Marseille, 23 juin 2000, Aix-Marseille 2001,
71-84, dove Jean de Dieu Olivier è un notaio francese che scrive L’esprit d’Orphée ou de
l’influence respective de la musique, de la morale et de la legislation comparsa in 3 voll. nel
1800, 1802 e 1804, con la proposta di tornare a cantare le leggi.
16
L’ingresso della polifonia accanto alla monodia gregoriana introduce una via di lento
superamento del canto basato su una sola linea musicale-vocale orizzontale, da parte di un
diverso canto articolato in più linee vocali parallele e corrispondenti tra loro in senso
54 Maria Paola Mittica
verticale. L’armonia nasce in senso tecnico proprio nel momento in cui alla melodia e al ritmo
(indissolubilmente legati tra loro) si associa la possibilità di “combinare simultaneamente due
o più suoni”, quando in altre parole alla struttura orizzontale della musica (quella della
melodia) si aggiunge quella verticale (l’armonia) che rende possibile cantare all’unisono non
soltanto su due ottave diverse, ma di utilizzare intervalli anche diversi dall’ottava.
17
La nascita dell’armonia triadica si sviluppa in particolare con le composizioni del ’500
e del ’600, attraverso le innovazioni della cd. “scuola fiamminga”, una corrente musicale che
porta a un elevatissimo grado di sviluppo e perfezione la polifonia, introducendo la
dissonanza nel cuore della composizione, imparando a trarne forza espressiva.
18
Con il sistema tonale, grazie al “temperamento equabile”, la scala musicale viene
fissata in dodici semitoni identici e nei due modi maggiore e minore, offrendo la possibilità di
costruire organismi musicali sia perfettamente integrati sul piano armonico (in verticale – si
pensi a Bach o a Palestrina), sia riccamente sviluppati sul piano melodico (quello orizzontale).
A queste grandi potenzialità compositive, si aggiunge la possibilità della modulazione, ovvero
del passaggio da una tonalità all’altra secondo una logica accordale già implicita nel sistema
gerarchico delle relazioni tra i dodici gradi: relazioni che possono essere attrazioni
(consonanze) o repulsioni (dissonanze).
19
Una storia del concetto di armonia si può ricostruire in modo più esteso attraverso i
saggi raccolti in Armonia, Tempo, a cura di G. Borio e C. Gentili, Milano 2007 (parte prima).
20
Una delle riflessioni più emblematiche di questo atteggiamento nel corso della storia
della dissonanza è quello di Leibniz, come sottolineato da M. HEARD, Concepts musicaux en
pensée politique: l’analogie et-elle féconde?, in Raisons Politiques, 14/2004, 91 ss. Per
Leibniz, l’armonia musicale è la metafora costante della matematica divina che presiede
all’ordine dell’universo. Così come il male e il peccato mettono in questione l’armonia divina,
allo stesso modo la dissonanza mette dunque in questione l’armonia musicale. La dissonanza
è considerata dunque come il migliore strumento per risalire dalle imperfezioni che esistono
nell'universo come in un pezzo di musica alla perfezione dell'intelligenza e del calcolo divino:
un'alterazione fertile in grado di sollecitare un’intelligenza particolarmente vigile. Difatti è
grazie alle dissonanze che è possibile cogliere la diversità e la molteplicità che l’armonia –
unitas in varietate – suppone. Il problema è semmai quello del rapporto tra la parte e il tutto,
tra universale e particolare, dove la dissonanza è la parte che adatta la variabile inattesa
all'armonia dell'insieme. Per questo, secondo Leibniz, l’armonia non esiste senza dissonanza.
Ragionevoli dissonanze 55
sione della vita a lungo travisata e limitata dagli strumenti della razio-
nalità che le hanno impedito di “risuonare”21.
Il grande commiato dal sistema tonale e dalla visione classica
dell’armonia arriva, come si diceva, con il Romanticismo22. In Bee-
thoven (1770-1827) – si pensi alle ultime opere, le sonate per piano-
forte e ancor di più i quartetti per archi – la consonanza sta già corro-
dendosi in un processo senza ritorno che rifugge dalla visione armo-
niosa e perfetta del mondo, privilegiando alla base del linguaggio il
sentimento e le passioni piuttosto che i rapporti architettonici. Ed è
dissoluzione che diviene progressiva con Wagner (1813-1883), la cui
composizione si spinge sino ai confini del sistema armonico ingene-
rando la rottura della forma chiusa e l’instaurarsi della “melodia infi-
nita”, che innova la funzione logica e costruttiva dell’armonia. Un
passaggio riflesso, peraltro, nella filosofia di Nietzsche (che proprio
con Wagner intesse un rapporto travagliato), il quale riconduce alla
dissonanza il dionisiaco, cuore pulsante della vita, espresso in un grido
che la musica può e deve accogliere in contrapposizione alla parola
scritta dell’ordine apollineo (simulacro dell’armonia), artificiale come
il tentativo di razionalizzare e ordinare la vita, il cui senso inevitabil-
mente sfugge23.
In queste radici va cercato il senso di discontinuità e incompiutezza
in cui è sospesa la contemporaneità a partire da Mahler (1860-1911),
che della rottura fa la propria estetica, affidando l’unità delle sue im-
ponenti quanto mai frammentarie composizioni non più alla struttura
ma a un’idea guida, e dalla musica francese del primo decennio del
secolo scorso, dove si cominciano a enfatizzare le relazioni cromati-
21
In questi termini si esprime Riccardo Muti in un’intervista rilasciata qualche anno fa di
cui riferisce G. GALIMBERTI, La musica e l’abisso dell’ineffabile, in D La Repubblica,
marzo/2009.
22
Per la ricostruzione di questo processo di “commiato” dal sistema tonale e le questioni
relative alla “nuova musica”, cfr. E. LISCIANI PETRINI, Il suono incrinato. Musica e filosofia
nel primo Novecento, Torino 2001, alla quale insieme a F. MONCERI, op. cit., (capitolo terzo)
dobbiamo in larga misura la ricostruzione dello sfondo su cui si sviluppa la storia della
dissonanza che serve al nostro ragionamento.
23
Per un’introduzione al rapporto tra Nietzsche e la musica, vedi C. MIGLIACCIO, Musica
e filosofia in Friedrich Nietzsche, in Introduzione alla filosofia della musica, a cura di C.
Migliaccio, Novara 2009, 149-165. Ha lavorato in particolare alla ricostruzione del concetto
di dissonanza nel pensiero nietzschiano C. Lévesque, Dissonance. Nietzsche à la limite du
langage, Hurtubise HMH 1988. Su questo testo vedi la bella recensione di M. TUGEON, in
Philosophiques XVIII/1, 1991, disponibile su Érudit (www.erudit.org)
http://id.erudit.org/iderudit/027144ar.
56 Maria Paola Mittica
24
Il riferimento alla prossimità delle visioni oltre che alla vicinanza umana e personale tra
Schönberg e Adorno è d’obbligo. Qui sia sufficiente ricordare la perfetta sintonia nella critica
dell’armonia tradizionale e della funzione della musica, che anche per Adorno non è quella di
garantire o rispecchiare la pace e l’ordine, ma di far apparire ciò che viene nascosto sotto la
superficie, quella dissonanza vitale che resiste all’oppressione di una componente dominante.
Tra le molte opere di musicologia e sociologia della musica, si rinvia a TH.W. ADORNO,
Dissonanze, Milano 1959.
25
A. SCHÖNBERG, Manuale di armonia, Milano 2008, 411-412.
26
Scrive Schönberg: “Già il termine ‘tonale’ è usato impropriamente se lo si intende in
senso esclusivo e non inclusivo: esso può avere un senso solo se si ammette che tutto ciò che
deriva da una successione di suoni – sia esso vincolato mediante la relazione diretta a
un’unica tonica o mediante legami più complessi – costituisce la tonalità. (…) Un pezzo di
musica dovrà sempre essere tonale almeno per il fatto che da suono a suono vi deve essere
una relazione in base alla quale i suoni, siano essi successivi o sovrapposti, diano una
continuità accettabile come tale.” (ivi, 509, nota) Vedi a questo proposito l’interessante
ricostruzione del pensiero di Schönberg fornita da G. GUANTI, Emanciparsi
dall’“emancipazione della dissonanza”?, in G. BORIO, C. GENTILI, op.cit., 171-198.
58 Maria Paola Mittica
Viceversa, la musica del ’900 deve essere compresa a partire dello svi-
luppo del cromatismo che introduce una tonalità estesa e l’educazione
progressiva dell’orecchio agli armonici più lontani. Il concetto tecni-
co di armonia muta, ma va cambiando infatti anche la capacità di
ascolto, più disponibile ad accogliere suoni poco familiari27.
Ripercorrendo la storia e le evoluzioni dell’armonia nella musica
occidentale, in Schönberg prevale l’idea che in natura non esistono
suoni non armonici, e dunque che l’opposizione tra consonanza e dis-
sonanza non ha più senso. Piuttosto che un’eccezione da risolvere, la
dissonanza è una consonanza più lontana, dice l’Autore, e va recupe-
rata in un’idea più ampia di armonia28. Si tratta di spostarsi dalla logi-
ca bi-modale impiegata tradizionalmente nel sistema tonale, che usa
per lo più i toni interi, alla scala cromatica che contempla dodici suo-
ni, di semitono in semitono, così da evitare, da una parte, l’esclusione
di suoni, e organizzare, dall’altra parte, il materiale musicale secondo
una logica compositiva più estesa. La dodecafonia è in sintesi una ma-
niera per organizzare tutte le risorse della scala cromatica: l’esito
dell’evoluzione di un metodo compositivo che muta la tonalità in pan-
tonalità29.
Se soltanto cominciamo a giocare queste prime riflessioni sul côté
giuridico, già è possibile scorgere il forte collegamento tra i due ver-
santi. L’intelligenza musicale si mostra adeguata infatti a confermare i
limiti, già individuati dalla critica del diritto, della logica bi-modale
che caratterizza il ragionamento giuridico. In un processo simile a
quello subito dalla dissonanza rispetto alle soluzioni armoniche, pro-
cedendo per opposizioni il sistema giuridico arriva a pensare soltanto
27
Peraltro, sottolinea Schönberg, nel corso dell’’800 con lo sviluppo del cromatismo
l’orecchio si è riabituato alla dissonanza e ha perduto il timore per la sua incoerenza. (Si pensi
a La bagatelle senza tonalità o alla Lugubre gondola di Listz del 1885 circa).
28
E ancora: “Le espressioni consonanza e dissonanza, che indicano un’antitesi, sono
errate: dipende solo dalla crescente capacità dell’orecchio di familiarizzarsi anche con gli
armonici più lontani, allargando in tal modo il concetto di ‘suono atto a produrre un effetto
d’arte’ in modo che vi trovi posto tutto il fenomeno naturale nel suo complesso. Quello che è
oggi lontano, domani potrà essere vicino: basta essere capaci di avvicinarsi. Nella via che la
musica ha percorso essa ha introdotto nell’ambito dei suoi mezzi espressivi un numero sempre
maggiore di possibilità e di rapporti già insiti nella costituzione del suono”, A. SCHÖNBERG,
Manuale di armonia, cit., 24.
29
Per le ripetute precisazioni di Schönberg nel merito della distinzione tra atonalità e pan-
tonalità, vedi ancora G. GUANTI, op. cit. Per la storia del termine “dodecafonia”, originaria-
mente coniato in area francese soltanto per indicare ciò che i musicisti tedeschi intendono per
“musica di dodici suoni”, vedi J.N. VON DER WEID, La musica del XX secolo. Le opere, i com-
positori, le tecniche, i linguaggi, gli scritti, la critica, le tendenze, Milano 2002, 48.
Ragionevoli dissonanze 59
30
Cfr. E. LISCIANI PETRINI, op. cit., 107-135.
60 Maria Paola Mittica
31
Il rapporto centro-periferia è un altro paradigma che è stato elaborato nell’ambito delle
scienze sociali e ampiamente impiegato nella critica del diritto positivo a partire dagli anni
’80. Per un’introduzione generale, vedi la voce di D.W. URWIN, Centro e periferia, in
Treccani.it Enciclopedia delle scienze sociali, http:// www.treccani.it/enciclopedia/centro-e-
periferia_%28Enciclopedia-delle-Scienze Sociali%29/.
Ragionevoli dissonanze 61
32
In tal senso si rimanda al parallelo tra gli assunti epistemologici di Hans Kelsen e di
Arnold Schönberg elaborato da Monica Sette Lopes, sebbene riteniamo che l’interessante
operazione meriterebbe di essere ulteriormente affinata, tenendo conto non soltanto del puri-
smo tecnico che accomuna i due approcci e conduce l’A. a sopravvalutare il processo di astra-
zione dalla realtà che caratterizzerebbe entrambi. Non bisogna dimenticare infatti che, per
quanto si tratti di operazioni logiche in entrambi i casi, Schönberg scardina l’idea della centra-
lità della dominante, mentre Kelsen costruisce la teoria pura del diritto sul presupposto di una
norma fondamentale da cui fa discendere l’intero sistema giuridico. Cfr. M. SETTE LOPES,
Uma metafora. Musica & Direito, Sao Paulo 2006, 108-109.
33
A. SCHÖNBERG, Stile e pensiero. Scritti su musica e società, a cura di A.M. Morazzoni,
Milano 2008, 104-106.
62 Maria Paola Mittica
34
La ricerca di Alban Berg (1885-1935) sarà volta all’introduzione progressiva di
elementi in grado di esaltare l’espressione emotiva; quella di Anton Webern (1883-1945)
amplierà le possibili combinazioni dei rapporti reciproci tra le parti, fino a concepire
un’organizzazione del tessuto sonoro per trame relazionali che si traducono in molteplici
leggi, tutte parimenti legittime ancorché imprevedibili. Entrambi, è evidente, non si
sposteranno dall’assunto della necessarietà della costruzione più perfetta.
Ragionevoli dissonanze 63
35
Ci affidiamo alla riflessione di Cage non ultimo per il suo rapporto diretto con
Schönberg, del quale è allievo a partire dal 1935 anche se soltanto per un paio di anni (si tratta
soprattutto di corsi privati estivi alla University of Southern California).
36
Per la ricostruzione dell’opera di Cage a partire dal suo rapporto con Schönberg, si
rimanda a E. ARCIULI, Musica per pianoforte negli Stati Uniti, Torino 2010, 155 ss.
37
Cfr. G. GUANTI, Emanciparsi dall’“Emancipazione della dissonanza”?, cit., 191.
38
L’idea che ogni suono è musica, e che sarebbe folle organizzarla secondo strutture
precise, si precisa in particolare dopo che Cage approfondisce gli studi sulla filosofia Zen. Per
la ricostruzione delle maggiori evoluzioni di Cage, vedi J.N. VON DER WEID, op. cit., 278-284.
64 Maria Paola Mittica
39
Ad esempio, mentre compone, l’autore può affidare alcune sue scelte all’esito di un
lancio di dadi (non a caso Cage impiegherà i responsi del I Ching direttamente nel lavoro
compositivo), oppure può scrivere varie pagine di musica e lasciare che sia l’esecutore a
decidere quali interpretare (si pensi a composizioni come Winter Music del 1957, dove ogni
musicista sceglie sul momento la pagina e il passaggio che desidera eseguire e deve variarlo
sulla base dei suoni che sente provenire dagli altri strumenti), oppure ancora lasciare pagine
bianche nelle quali sarà l’esecutore o, perché no, il pubblico stesso a improvvisare eventi
sonori dovuti alla pura casualità del momento.
40
Fino agli anni ’50 per Cage comporre significa “strutturare secondo la durata”, dopo
aver individuato nel tempo l’unica caratteristica condivisibile da ogni suono (nella più
assoluta indistinzione di “note” e rumori) e dal silenzio come elemento opposto e necessario
del suono. Per comprendere questa forma della misurazione si rimanda ancora G. GUANTI, op.
cit., 194-195.
Ragionevoli dissonanze 65
41
“La scelta poetica di ‘scambiare i suoni con i silenzi’ non appartiene ad una svolta
afasica, ma è conseguente ad un’estetica che cerca di allontanare l’arbitrio soggettivo dal
processo compositivo, poetica che ha le sue radici sul rapporto tra arte e natura che Cage
adotta dall’arte e dalle dottrine orientali. L’arrivo all’alea non è che l’estrema coerente
conseguenza dei fondamentali presupposti poetici contenuti già nella poetica del silenzio e
dell’eterogeneità del fenomeno sonoro degli anni ’40. Questo delicato passaggio segna
evidentemente un punto di rottura radicale da un punto di vista estetico: infatti, se prima è il
compositore che, con una scelta personale di gusto, sceglie l’intreccio tra suono e rumore,
dopo, sarà il caso a sostituire la sensibilità del compositore, e suono e silenzio si equivarranno
sotto il titolo di materiali musicali. La composizione secondo metodi casuali apre nuove
prospettive sull’aspetto performativo dell’opera d’arte come ‘evento’, punta sulla percezione e
radicalizza il contesto, la situazione; diviene scelta ‘politica’ puntando sulla decostruzione
dell’identità di esecutore, compositore, pubblico.” Cfr. F. ASTE, Il materiale e il processo
compositivo tra indeterminazione e necessità. Le Sonatas and Interludes per pianoforte
preparato di John Cage, on line http://users.unimi.it/~gpiana/dm9/aste/articolocage.pdf, 14-
15, 27.
42
Nel limite posto alla notazione v’è, d’altra parte, un ulteriore segno del superamento del
concetto di armonia. La notazione è infatti un’altra dimensione forte del metodo compositivo
tradizionale messa in crisi da Schönberg. Se per Weber la scrittura della musica costituisce
l’apice del razionalismo musicale occidentale perché consente di fissare e tramandare le com-
posizioni in forma univoca (Cfr. F. MONCERI, op. cit., 116-117), per Schönberg essa dà
un’idea approssimativa del fenomeno sonoro, divenendo ammissibile soltanto “se intesa come
una delle tante semplificazioni che lo spirito umano deve escogitare per padroneggiare il ma-
teriale.” (Cfr. A. SCHÖNBERG, Manuale di armonia, cit., 59). E Cage va ancora oltre. Com-
mentando un saggio di Busoni, in cui questi sottolinea l’eccessiva rigidità della notazione nel-
la nuova musica, il musicista americano trova che ciò che l’ha resa rigida è la tendenza verso
l’architettura particolarmente gradita agli accademici perché più facile da insegnare, sebbene
del tutto aliena dall’autentico spirito della musica. Cfr. G. GUANTI, Busoni e la nuova musica
americana, in Ferruccio Busoni e la sua scuola, G. Borio, M. Casadei Turroni Monti, Lucca
1999, 19-35.
66 Maria Paola Mittica
43
Cfr. G. GUANTI, Emanciparsi dall’“Emancipazione della dissonanza”?, cit., 194-195.
44
Vale la pena precisare che Cage, per la sua vicinanza alla filosofia Zen, ritiene che tutti
gli enti nel mondo – e prima di tutto i suoni – nel loro spontaneo fluire si congiungano
spontaneamente nell’Uno. È una tesi che lo espone evidentemente alla critica di voler
abbandonare l’idea di armonia soltanto per riformularne una nuova, spinto romanticamente
dalla fede nell’esistenza di un’armonia che l’uomo avrebbe negato nel suo progressivo
distanziarsi dalla natura. L’argomento, di per sé interessante, ci porta tuttavia in un percorso
che esula dall’economia del presente contributo. Valgano, a tal fine, le indicazioni di metodo
di Cage per la composizione musicale rispetto alla possibilità dell’artista di farsi veicolo per
l’espressione delle relazioni sonore. Vedi Ivi, 194-195.
45
Cfr. J.N. VON DER WEID, op. cit., 284.
Ragionevoli dissonanze 67
è di ordine estetico non logico, rispetto alla quale non può aver alcun
valore la distinzione tra razionale e irrazionale, individuata tramite il
concorso delle molteplici sensibilità che sono nel mondo, e non solo
degli uomini.
sone che è situazionale nel primo caso, affettiva e sentimentale nel se-
condo46.
Questo movimento, pare dirci Cage, può e, ancor più deve essere
anche indotto. La legge può e deve essere messa a tacere quando si
tratta di ascoltare le voci che non ha contemplato, o non ha immagina-
to, e le stesse devono essere accolte nel loro spontaneo risuonare. Inu-
tile dire i numerosi punti di contatto che sarebbe possibile rinvenire tra
le tesi di Cage e quelle che animano il movimento del legal storytel-
ling degli anni ’70 maturato in seno ai Critical Legal Studies america-
ni, sino alla riflessione sul silenzio del diritto che sta impegnando mol-
ti studiosi critici che si avvalgono della prospettiva di Law and the
Humanities47. Il silenzio come dono, ma anche come disciplina, ri-
chiama la legge e soprattutto gli operatori giuridici a ritrovare una mi-
sura che viene dalla pratica dell’ascolto che è “attività di percezione
costante” ci ricordano i musicisti48.
Cosi come per Schönberg, anche per Cage l’ascolto della musica si
profila principalmente come un fatto educativo. Ciò che cambia radi-
calmente è il ruolo assegnato al compositore e l’individuazione
dell’intelligenza compositiva. Non basta recepire la musica in tutte le
sue sonorità, bisogna che essa si dispieghi senza “ostruzioni”.
Il compito dell’artista si rarefà, nella ricerca del nostro, dismetten-
do qualunque forma di “regia” nell’organizzazione del materiale sono-
ro. Sebbene la sua rinuncia alla misurazione vada interpretata conte-
stualmente alla decisione di smettere di strutturare la composizione
sulla base delle durate, la scelta di abbandonare il campo delle rela-
zioni si presenta come la più difficile al cospetto del diritto, almeno a
prima vista.
46
“Per dare all’ipotesi (del non-diritto) il suo vero significato, il suo significato estremo, è
essenziale andare oltre la semplice constatazione di una coesistenza del diritto con altri
sistemi normativi. Infatti questa constatazione in fondo è di una banalità estrema (…): il
diritto non è solo, coesiste con altri sistemi normativi. (…) Se dobbiamo studiare il non-
diritto, sembra logico attaccarsi in primo luogo al non, al vuoto, all’assenza, rinviando a più
tardi la cura di scoprire che cosa verrà al posto del diritto. L’essenziale nell’ipotesi del non-
diritto è il movimento dal diritto al non-diritto, l’abbandono da parte del diritto di un terreno
che occupava o che rientrava nella sua competenza occupare”. Cfr. J. CARBONNIER, Flessibile
diritto, cit., 26-27.
47
Un libro per tutti, M. CONSTABLE, Just Silences: The Limits and Possibilities of Modern
Law, Princeton 2005. Mi permetto di rinviare anche M.P. MITTICA, Tacitarsi e ascoltare. I
presupposti impliciti del diritto, sul legal storytelling di prossima pubblicazione in un
collettaneo su silenzio e diritto a cura di Felice Casucci, Napoli.
48
Cfr. F. ASTE, op. cit.
Ragionevoli dissonanze 69
sta riferendo anche che il diritto può e deve imparare a ragionare fa-
cendo ricorso a tutte le risorse dell’intelligenza49.
Il musicista veicola le articolazioni di questa intelligenza per dare
loro espressione. Il suo compito è di emendare il proprio intelletto per
essere parte tra altre parti che si relazionano nel processo compositivo.
Al giurista ciò non può essere chiesto, né il diritto può retrocedere fino
a lasciare le relazioni sociali senza la possibilità di una mediazione.
Dalla musica tuttavia giunge l’indicazione fruttuosa di abbandonare
l’ideale della razionalità per giovarsi dell’esperienza della ragionevo-
lezza. Per questa via, tanto per il diritto quanto per coloro che ne sono
gli artisti (nel senso originario di demiurghi), è possibile partecipare
concretamente alle relazioni e intervenire quando necessario nel ri-
spetto del limite di ogni parte, prestando attenzione (ascolto) alle
istanze per se stesse, o almeno tentando il più possibile di non forzarle
perché troppo diverse o distanti.
In questo suggerimento, ecco che il concetto giuridico di misura
torna nel proprio significato originario per consegnarsi a un giurista
artista, che con disciplina si impegna ad acquistare la sensibilità ne-
cessaria per affrontare il difficile compito della cura. Perché è la cura
delle relazioni sociali la funzione fondamentale del diritto, impastato
di ogni materia, che il sistema giuridico ha finito con il dimenticare,
senza che si possa pre-definire né definire una volta per tutte.
Conclusioni
49
M.C. NUSSBAUM, L’intelligenza delle emozioni, trad. it., Bologna 2009.
Ragionevoli dissonanze 71
50
In tal senso si va profilando anche un’estetica giuridica. Vedi da ultimo P. HERITIER, La
terza E: epistemologia, ermeneutica, estetica giuridica, in Diritto e narrazioni. Temi di
diritto, letteratura e altre arti, a cura di M.P. Mittica, Milano 2011, 81 ss.
**
Ringrazio Stefano Malferrari, docente del Conservatorio “Martini” di Bologna e
interprete particolarmente attento al repertorio contemporaneo, per aver riletto queste pagine e
per i suoi preziosi consigli, dei quali spero di aver fatto buon uso.
Il problema della interpretazione
tra musica e diritto
EUGENIO PICOZZA
PARS I: INGRESSIO
Premessa
Quel percorso che ai primi del ’900 era iniziato con il disco che
consentiva sì il divertimento ma anche l’acculturazione soprattutto per
le persone che non avevano la possibilità geografica o economica di
recarsi a teatro o a concerto, termina con il video on-demand; con la
possibilità di interpretare virtualmente anche una partitura di Beetho-
ven dando apposite istruzioni al computer attraverso il “midi”, e con
la messa in comune delle melodie soprattutto liriche tra artisti di mu-
sica classica e cantanti di musica leggera.
Ed anche questo processo di frammentazione e di virtualizzazione
della musica è del tutto simile a quello che sta compiendo il diritto: la
norma giuridica ,anche essa è ridotta allo stato laicale, si tenta di sal-
vare le costituzioni nazionali o di costruirne di nuove più o meno glo-
bali quali quella europea o la CEDU. Si ancora la roccia ai principi
generali del diritto internazionale, comunitario o costituzionale, ma
emerge sempre di più il ruolo del decisore operatore amministrativo o
giudice che dir si voglia, la teoria del precedente appare come
l’illusione di fissare permanentemente il concreto e transitorio. Ora
quali riflessi ha tutto ciò sulle regole della interpretazione giuridica e
musicale? Possiamo sostenere che esse sono simili e soprattutto che
esistono ancora? Non cercherò ovviamente di poter rispondere a tali
formidabili quesiti. Seguirò un metodo diffuso nel periodo barocco; in
altri termini queste note sono solo frammenti di pensiero, seguendo il
genere musicale della toccata inerente al c.d. stylus phantasticus così
bene descritto dal gesuita padre Athanasius Kircher1 e altrettanto effi-
cacemente realizzato dai compositori di musiche per tastiera del nord
Germania, quali Bruhns, Lubeck e soprattutto Buxtehude. In altri ter-
mini, non si tratta di uno studio con pretese di ordine sistematico, ma
piuttosto di un abbozzo fantasioso su diverse tematiche, che – proprio
come accadeva per le toccate del XVII e XVIII secolo – si intrattiene
su diversi spunti, li elabora, li abbandona, li riprende e li consolida,
cercando di suscitare nel lettore più una sensazione complessiva che
un ragionamento analitico2.
1
Cfr. Athanasius Kircher Musurgia Universalis, Roma 1650.
2
Non vi sono molti saggi su questo tema. In generale alcuni importanti giuristi hanno
percepito approfonditamente l’analogia del linguaggio musicale con quello giuridico e hanno
spesso intitolato i loro saggi giuridici come “variazioni sul tema” o simili. Un interessante
saggio è quello di Giorgio Resta Variazioni comparatistiche sul tema: “Diritto e Musica” in
www.comparazionedirittocivile.it 2009 ove anche una importante bibliografia. Più
tradizionale lo studio di G. IUDICA Interpretazione giuridica ed interpretazione musicale in
Rivista di Diritto Civile, II, 2004, 467.
78 Eugenio Picozza
3
Pubblicato in Ars Interpretandi, Padova 2004; e negli Studi in onore di Giorgio Berti,
Napoli 2005.
Il problema della interpretazione tra musica e diritto 79
4
V. tra le principali opere dedicate a questo tema Cfr. In generale MACDONALD CRIT-
CHLEY, R.A. HENSON, La musica e il cervello. Studi sulla neurologia della musica, trad. it.,
Padova 1987; J.A. SLOBODA, La mente musicale. Psicologia cognitivista della musica, Bolo-
gna 1988; O. SACKS, The power of music in Brain October 2006. Una prima lettura appassio-
nante è B. LECHEVALIER, Il cervello di Mozart, Milano 2006. L’autore è sia professore di neu-
rologia che organista titolare della chiesa di S.Pierre a Caen. I più recenti approfondimenti in
A. STORR, Music and Mind, New York 1992; L.B. MEYER, Emozione e significato nella musi-
ca, trad. it., Bologna 1992; I. PERETZ, R. ZATORRE, The biological foundation of music,
Annals of The New York Academy of Sciences, vol. 930, 2001; G. AVANZINI ET AL., The
neurosciences and music, Annals of the New York Academy of Sciences, vol. 999, 2003. I.
PERETZ, R. ZATORRE, The Cognitive Neuroscience of Music, Oxford 2003; G. AVANZINI, L.
LOPEZ, S. KOELSCH, M. MAJNO, The neurosciences and Music. II – From perception to per-
formance, Annals of the New York Academy of Sciences, vol. 1060, 2005. III Disorders and
plasticity, Annals of the New York Academy of Scinences, vol. 1069, New York 2009. Molto
specifico è C. AGRILLO, Suonare in pubblico (l’esperienza concertistica e i processi neuroco-
gnitivi, Roma 2007); v. anche D. SCHON ET AL., Psicologia della musica, Roma 2009. Di
straordinario fascino anche autobiografico il recente studio di D. LEVITIN, Fatti di musica. La
scienza di un’ossessione umana, Torino 2008. Ed infine altro convegno su The Neurosciences
and music IV Learning and memory tenuto ad Edinburgo dal 9 all’11 giugno 2011 e pubblica-
to come i precedenti.
5
E. PICOZZA, V. CUZZOCREA, L. CAPRARO, D. TERRACINA, Neurodiritto: una
introduzione, Torino 2011.
80 Eugenio Picozza
6
V. per tutti l’insuperato studio di C. SACHS, La musica nel mondo antico, Firenze 1981;
cfr. anche W.D. ANDERSON Music and Musician in Ancient Greece, Itaca-London 1994; A.
BARKER, Ricerche sulla musica greca e romana, Pisa 2002; G. TINTORI, La musica di Roma
antica, Lucca 1996.
7
Per il vero ci sono frammenti di musica greca e di altre civiltà mediorientali o anche
orientali, ma sono assolutamente opinabili e quindi ogni tentativo di interpretazione si base su
pure congetture. È invece assodato che in tutte le culture sono presenti le sette note
fondamentali della scala e tali sono stati ritrovati in strumenti (flauti, arpe) che risalgono a
decine di migliaia di anni fa agli albori della comparsa dell’essere umano e alla sua
distinzione dai primati. Cfr. HENRI-IRÉNÉE MARROU, I trovatori, Milano 1983; A. SEAY La
musique du Moyen Age, Arles 1988.
8
Per approfondimenti v. in particolare E.S. MAINOLDI, Ars musica la concezione della
musica nel Medioevo, Milano 2001 e l’ormai classico GUSTAVE REESE, La musica nel
medioevo, Milano 1990.
82 Eugenio Picozza
9
Anche per il Rinascimento, v. soprattutto GUSTAVE REESE, La musica nel Rinascimento
Firenze 1990.
Il problema della interpretazione tra musica e diritto 83
di Firenze, Ferrara, Mantova, Milano per non citare che alcuni dei più
famosi luoghi della musica vocale)10.
Sotto questo profilo e per questo periodo storico, dunque, la
rappresentazione della problematica della interpretazione musicale è
molto diversa dal diritto, disciplina nella quale dapprima prevalgono i
“glossatori” e poi i commentatori, i “dottori”. Ma la creazione, la
composizione della norma appartiene a chi detiene il potere politico o
religioso. Egli è il vero compositore: non di meno, diversamente dalla
musica, vi è già una scissione tra personaggio ed interprete, perché il
magistrato o funzionario che deve applicare la regola, deve anche
necessariamente “interpretarla”. Ed inoltre come notò a suo tempo
con molta efficacia V. Piano Mortari, “i giuristi del diritto comune
conobbero un’altra forma di interpretazione giuridicamente
vincolante: l’accertamento del significato della legge operato dalla
consuetudine”11. In questo ultimo elemento si rinviene un tratto
comune nella storia della interpretazione del diritto e della musica.
Infatti anche per la musica, prima della pubblicazione dei Trattati (i
primi risalgono alla fine del Quattrocento) la notazione scritta era
talmente scarna che ciascun esecutore vocale o strumentale doveva
“interpretarla”, in uno sforzo dove l’elemento creatore era molto
maggiore di quanto non si sarebbe richiesto in futuro. Tale sforzo
riguardava in particolare la prassi degli abbellimenti, cioè di tutte
quelle tecniche che riguardano singole note o piccoli gruppi di note
per renderli più interessanti e variati all’ascolto. Ma l’interpretazione
della consuetudine non si limitava agli abbellimenti della notazione:
essa si estendeva al tempo, (non vi erano le indicazioni che sarebbero
diventate poi familiari come Adagio, Andante, Allegro e Presto), al
ritmo (non esisteva la divisione in battuta, ma piuttosto il tactus che si
regolava fondamentalmente sul ritmo della respirazione, essenziale
per la esecuzione della musica vocale e del tutto naturale per gli
strumenti a fiato, a corda e – a mio avviso personale – anche per
l’organo); e perfino alla pronuncia delle parole cantate.
10
Su tali problemi oltre gli autori citati nella nota 13 vedi: AA. VV., Companion to
medieval and renaissance music (tess knighton and David Fallows Eds.), New York-Oxford
1997; E.E. LOWINSKY, Musica del rinascimento, 3 saggi, Lim, 1997; G. REESE, La musica nel
rinascimento, cit.; L. LOCKWOOD, La musica a Ferrara nel rinascimento. La creazione di un
centro musicale nel XV secolo, Bologna 1987; G. STEFANI, La musica barocca, voll. 2,
Milano 1988; R.M. ISHERWOOD, La musica al servizio del re, Bologna 1988.
11
Interpretazione (diritto intermedio) in Enciclopedia del Diritto, Milano 1972 ad vocem.
84 Eugenio Picozza
12
Cfr. MASSIMO MARONGIU, Il medioevo musicale, cit.
Il problema della interpretazione tra musica e diritto 85
13
V. in generale sulle problematiche della interpretazione-esecuzione di musica antica tra
gli altri: C. PAGE, Voices & Instruments of the Middle Ages (Instrumental practice and songs
in France 1100/1300), London 1987; N. HARNONCOURT, Il discorso musicale – scritti su
Monteverdi, Bach, Mozart, Milano 1987 (trad. dall’ed. tedesca del 1984). A. DOLMETSCH,
The interpretation of the music of the 17th and 18th centuries revealed by contemporary
86 Eugenio Picozza
evidence, London 1915. T. DART, The interpretation of music, London 1954. R. DONINGTON,
The Interpretation of Early Music, London 1963. L. LOCKWOOD, Performance and
“Authenticity”, Early Music, Vol. 19, No. 4 (1991), 501-508. C. PAGE, The English “a
cappella” renaissance, Early Music, Vol. 21, No. 3 (1993), 452-71. R.F. TARUSKIN, Text and
Act: Essays on Music and Performance, New York 1995. AA. VV., Companion to Medieval &
Renaissance music (Tess Knighton and David Fallows, eds.) , New York 1997. C. COLLINS
JUDD, Introduction: Analyzing Early Music – Tonal Structures of Early Music, New York
1998. M. BENT, Introduction: Analyzing Early Music – The Grammar of Early Music:
Preconditions for Analysis, New York 1998. D. LEECH-WILKINSON, The Modern Invention of
Medieval Music, Cambridge 2002. B. HAYNES, The End of Early Music: A Period
Performer’s History of Music for the Twenty-First Century , New York 2007. H. HASKELL,
voce “Early Music” sul New Grove Dictionary of Music and Musicians; F. NEUMANN,
Performance Practices of the Seventeenth and Eighteenth Centuries, New York 1983; C.
BROWN, Classical &Romantic Performing Practice (1750-1900), Oxford 1999. Riassuntivo,
ma molto efficace per una prima introduzione a tale complessa problematica B.D. SHERMAN,
Interviste sulla musica antica (Dal canto gregoriano a Monteverdi), Torino 2002.
Il problema della interpretazione tra musica e diritto 87
communi deductae Halle 1718 (ripr. Anastatica Aalen 1963) lib. II, XII De interpretazione
par. 1: “Pertinet ad philosophiam de usu intellectu seu ad genuinam logicam” (242) ed ancora
par. 11 (245).
15
V. ancora CAPRIOLI, op.cit. Le categorie medievali dell’interpretatio restavano così
lontane, travolte da istanze diverse e diversamente risolte nel sistema. L’interpretazione di
una data legge si fondava sempre “su un’altra legge, la quale ordinasse diversamente da quel
che sembrava regolato ad una prima lettura di quella”. Domat qui pareva suggerire un
modesto espediente ermeneutico; ed invece scolpiva il sistema qualificandolo per le
antinomie”. V. anche il ponderoso lavoro di G. LOSANO, Sistema e struttura del diritto vol. I,
II, III, Milano 1984 ma particolarmente il terzo.
Il problema della interpretazione tra musica e diritto 89
16
S. CAPRIOLI, op. cit.; le frasi riportate tra virgolette sono tratte da SAVIGNY, Sistema del
diritto romano attuale, trad. it. di A. Scialoja, Torino 1886 e Antologia di scritti giuridici, a
cura di De Marini, Bologna 1980.
90 Eugenio Picozza
17
Un bellissimo saggio su tali problemi è quello di SERRAVEZZA, Musica e Scienza
nell’età del Positivismo, Bologna 1995.
Il problema della interpretazione tra musica e diritto 91
18
La babele sui possibili significati di “interpretazione musicale” ha indotto, soprattutto
nei confronti della musica antica, addirittura a sostituire tale impegnativo termine con quello
più generico ed omnicomprensivo di “prassi esecutiva”. Su tali problematiche v. comunque:
Linguaggio ormai adoperato anche nei dizionari di musicologia quale il Dizionario
Universale della Musica e dei Musicisti, voce prassi esecutiva, Torino 1988, e la recentissima
96 Eugenio Picozza
Enciclopedia della Musica, capitolo sulla prassi esecutiva, Torino 2002. Vi sono tuttavia, a
parte i trattati antichi sulla prassi interpretativa (sui quali v. per tutti Donington cit. più avanti
e S. LEONI, Le armonie del mondo – la trattatistica musicale nel Rinascimento 1470-1659,
Genova 1988), eccellenti manuali sulla interpretazione musicale, ovvero veri e propri saggi
sul problema della identificazione della interpretazione musicale. A. DOLMETSCH, The
interpretation of the music of the XVII and XVIII centuries, London 1946, trad. it.
L’interpretazione della musica nei secoli XVII e XVIII, a cura di L. Ripanti, Milano 1994; T.
DART, The interpretation of music, London 1967; R. DONINGTON, The interpretation of Early
Music New Version Faber and Faber, London 1974; ID., Baroque Music – Style and
Performance, London 1992; F. NEUMANN, Performance Practices of the Seventeenth and
Eigteenth Centuries, New York 1993; AA.VV., Performance practice, a cura di H. M. Brown,
S. Sadie, New York 1990. Ed inoltre con riferimento ai soli strumenti a tastiera: H.
FERGUSON, Keyboard Interpretation (from the XIV to the XIX century), London 1979; S.
ROSEMBLUM, Performance Practices in Classic, Bloomington 1991; con riferimento a singoli
compositori E. e P. BADURA SKODA, L’interpretazione di Mozart al pianoforte, trad.it.,
Padova 1980; P. BADURA SKODA, Interpretare Bach su strumenti a tastiera, trad. it. a cura di
M.T. Bora, Rovetta 1998; J. BUTT, Bachs Interpretation, Cambridge 1990; ID., Playing with
history, London 2002; KIVY, Music alone London 1995; ID., The possessor and the
possessed, London 2001.
19
Mi permetto di rinviare il lettore ad un precedente saggio Teorie postmoderne del
diritto e diritto amministrativo, in Studi in memoria di F. Paolo Pugliese, Napoli 2010 e alla
bibliografia ivi riportata.
Il problema della interpretazione tra musica e diritto 97
20
Gli studi sull’interpretazione nel diritto nel XX secolo e soprattutto nella seconda metà
non consentono, per la loro ampiezza, di rendere conto di una bibliografia adeguata, ci
limitiamo pertanto ad una indicazione molto sommaria. Vedi AA. VV., L’interpretazione negli
anni trenta, Bologna; M. ASCOLI, L’interpretazione delle leggi. Saggio di filosofia del diritto,
Roma 1928, N. BOBBIO, L’interpretazione delle leggi e la ragion di stato, Padova 1939; V.
Il problema della interpretazione tra musica e diritto 99
PARS II
Expositio
22
G. IUDICA, op. cit., 478.
Il problema della interpretazione tra musica e diritto 103
24
Per la ricostruzione della emersione e del significato di questa dicotomia v. in generale:
Rinvio pertanto ad alcuni testi classici sulla storia della interpretazione, quali F. BIANCO,
Introduzione all’ermeneutica, Roma-Bari 1999; M. FERRARIS, Storia dell’ermeneutica,
Milano 1988; ID., L’ermeneutica, Roma-Bari 1998 e in precedenza G. GUSDORF, Storia
dell’ermeneutica, trad. it. di M.P. Guidobaldi, Roma-Bari 1989, che è molto utile per
effettuare opportuni riscontri con gli stilemi interpretativi della musica antica, medioevale,
rinascimentale, barocca e romantica. Più riassuntivi, ma ricchi di spunti di attualità il già
citato libro di MATTHIAS JUNG, L’ermeneutica; F. VIOLA, G. ZACCARIA, Diritto e
interpretazione (lineamenti di una teoria ermeneutica del diritto), Roma-Bari 2001,
soprattutto 238 ss.; Q. SCHINNER, Dell’interpretazione, Bologna 2001; R. PALMER, Cosa
significa ermeneutico, Nardò 2008.
108 Eugenio Picozza
25
J. ATTALI, Essai sur l’économie politique de la musique, Paris 2000 (seconda edizione).
110 Eugenio Picozza
26
Vedi per tutti D. WESTEN, La mente politica, Milano 2006.
Il problema della interpretazione tra musica e diritto 117
di danni nel caso concreto. È ovvio che in una tale cornice sistematica
o addirittura sistemica, le regole tradizionali della interpretazione non
avrebbero più cittadinanza e meno ancora senso pratico. Che senso
infatti avrebbe più il richiamo alla buona fede in un accordo
transazionale che mette insieme culture e regole giuridiche, scritte e
non scritte, profondamente diverse tra loro? Tuttavia proprio le
scoperte delle neuroscienze basate sulla “empatia” degli esseri umani
e su comuni processi di apprendimento regolati dalla evoluzione,
consentono viceversa una nota di speranza, se non proprio di
ottimismo. Tuttavia, anche per esse, come per tutte le scienze, si pone
il problema principale dell’etica e della sua soluzione dipende anche
quello della interpretazione, cioè il saper riconoscere, accettare e
condividere le ragioni e (aggiungo io) le sensazioni ed emozioni
dell’altro, come già mirabilmente si esprimeva Gadamer nel
fondamentale saggio Verità e Metodo editore Bompiani.
Ora, non sono in grado di conoscere e di mostrare quali riflessi può
avere sulla musica e sulla sua interpretazione questa palingesi, questa
mutazione genetica ed epocale che sta colpendo così radicalmente il
diritto e soprattutto il diritto di civil law, sia pubblico che privato. Ma
tutti questi segnali mi sanno di ritorno al medioevo e ad istituti poco
democratici, nel migliore dei casi l’obbligatoria appartenenza ad una
corporazione, nel peggiore nuove forme di schiavitù intellettuale,
emozionale ed istintiva. Infatti i mezzi di comunicazione
multimediale, sono in grado di combinare attraverso la
visualizzazione effetti non solo di tipo mentale, ma anche emozionale
e animale. Ed anche la musica segue fedelmente il ruolo che le è
assegnato, quale ispiratrice della violenza, del terrore, della
distruzione, non diversamente dai suoni delle tubae romane o dei lur
vichinghi. Tuttavia a parte la possibilità di miracoli o più
semplicemente di resipiscenze, il giurista non può non accettare la
realtà perché la sua fede e la sua vera etica è proprio quella di
descrivere il reale e non di falsificarlo, onde renderlo più
politicamente corretto e meno odioso.
Sotto questo profilo si può quindi sostenere “con ragionevole
fondamento” che se la comparazione tra le regole e le problematiche
interpretative della musica e del diritto, autorizza a parlare di “fine
della interpretazione” intesa a partire dal notevolissimi studi moderni
sulla esegesi biblica, come mediazione tra il linguaggio sacro e il
linguaggio profano, tra simboli della città di Dio e miserie della città
120 Eugenio Picozza
SOMMARIO: 1. “Il rap non è musica”. – 2. “Non esiste nessuna città in fiore fiorita”. – 3. Legit-
tima difesa o disegno sovversivo? – 4. Un’intesa perfetta.
Gli Assalti Frontali sono una delle tante posse che si formarono in
quel periodo, ho scelto di dedicare questo saggio alla loro musica, es-
senzialmente, per due ordini di ragioni. In primo luogo, perché dopo
venti anni di carriera, più di mille concerti, una decina di LP ed un li-
bro all’attivo, gli Assalti rappresentano, senza alcuna ombra di dubbio,
il gruppo rap più longevo e fortunato che abbia mai pubblicato dischi
in Italia. In secondo luogo, perché le canzoni degli Assalti sono politi-
camente e socialmente impegnate ed a me sembra che tocchino alcuni
nodi teoretici di fondamentale importanza per la riflessione giusfiloso-
fica.
1
Sul punto, mi permetto di rimandare al mio Luoghi della giustizia. Riflessioni di geofilo-
sofia per il diritto, Napoli 2008.
124 Guido Saraceni
tier generale”2. Le liriche che questa posse dedica alla periferia sud est
della Capitale risultano parecchio significative, sia dal punto di vista
contenutistico che dal punto stilistico. Per quanto attiene ai contenuti,
il modo in cui viene raccontata la vita di borgata ci consente di com-
prendere con quali occhi i giovani dei centri sociali guardino alla città,
metafora della società nel suo complesso: se il mondo è, essenzial-
mente, il luogo dove si realizza lo sfruttamento di molti deboli da par-
te di pochi potenti, la periferia urbana non fa che amplificare e rendere
più chiara questa dialettica, rappresentando l’ambito elettivo delle
contraddizioni, lo scenario dove le più drammatiche sperequazioni so-
ciali deflagrano con tutta la loro urticante evidenza.
Per quanto attiene allo stile, la descrizione di Centocelle risulta
esemplificativa della brevitas che caratterizza le migliori liriche rap:
gli Assalti Frontali definiscono l’essenza del quartiere utilizzando la
felice diade “banche e bancarelle”3; ed ancora, in un altro brano, “ban-
che e bmw, call center e tattoo”4. Da un lato, i call center, simbolo del
precariato, emblema del più bieco sfruttamento capitalistico del lavoro
flessibile; le bancarelle, metafora di una periferia ancora troppo pove-
ra e “rionale” per abbandonarsi completamente al lusso dei centri
commerciali; i tatuaggi, immagine di una cultura tribale e giovanile
che rifiuta ogni tipo di assimilazione; dall’altro, le banche e le bmw,
simbolo di un potere economico lobbistico e mafioso.
Ancora, la periferia si compone di “abitati sterminati” che pullula-
no di “famiglie strette in quaranta metri quadri”5; “tram che tardano” e
diventano “carri bestiame”; “primitivi abitanti della piazza che ti am-
mazzano nel traffico per una precedenza”; inconsapevoli gruppi di
teen-ager che, “giocano alla mafia per vantarsi col vicino”; compagni
di lotta politica – perché “queste borgate sono anche zone partigiane”6
– ed estremisti di destra, epigoni dei ragazzi che “uccisero Valerio”,
segnando la vocazione politica del leader degli Assalti Frontali e spro-
nando una intera generazione al confronto violento7.
2
“Prenestino centocelle/è la mia base”, Si può fare così, Mi sa che stanotte, 2006.
3
Profondo rosso, Profondo Rosso, 2011.
4
Che ora è, Un’Intesa Perfetta, 2008.
5
In periferia, HSL, 2004.
6
Che ora è, cit.
7
“Con la musica/la lotta politica/sempre più serio dopo che i fascisti ammazzano Vale-
rio”, Ribelli a vita, Mi sa che stanotte, 2006.
Assalti frontali. Giustizia e società nel rap italiano 125
13
C’est la Banlieu, Un’Intesa Perfetta, 2008.
14
“Ho nove vite/ho una banda planetaria/con rom romeni siamo dentro un ex concessio-
naria”, Roma meticcia, Profondo Rosso, 2011.
15
“Ogni spazio maltrattato funziona molto meglio come spazio occupato”, I miei amici
sono strani, Mi Sa Che Stanotte, 2006.
16
Devo avere una casa per andare in giro per il mondo, Conflitto, 1996.
Assalti frontali. Giustizia e società nel rap italiano 127
17
“Premiamo sul portone in mezzo alle transenne/ci vogliono i bei gesti oltre che le belle
penne”, Cattivi maestri, Profondo Rosso, 2011.
18
Rotta indipendente, HSL, 2004.
19
“Qualcuno è uscito nella strada col coltello in tasca/senza cultura per la strada cosa vuoi
che nasca? (…) non mi piace niente de ’sti tipi/una generazione di fascisti cresciuti impuniti
(…) noi vogliamo altro/ma quelli hanno il veleno/le asce di guerra/le dissotterreremo”, Giù le
lame, Un’intesa perfetta, 2008.
20
Devo avere una casa per andare in giro per il mondo, Conflitto, 1996.
128 Guido Saraceni
21
“Quello che è follia impazzita per te/è la mia storia preferita/la mia carica omicida”, Il
tempo dell’attesa, Banditi, 1999.
22
“Dolce compagna/come ogni donna cresciuta/imparando in fretta a stare sempre
attenta/amo pensarti camminare al buoi sola/a testa alta per le vie di Roma/ma non sarà così la
storia/in giro per l'Italia un altro stupro a sera/e sarà tua la colpa pure/è vero/non dovevi uscire
sola per la strada senza una pistola in tasca da ficcargli in gola”, Conflitto, 1996.
23
Notte e fuoco, Banditi, 1999.
24
Ibidem.
25
Ibidem.
26
“Sto aspettando l’onda/navigando nell'asfalto (…) sì mi sono perso nel trip/ma se per
caso il giorno della grande mareggiata io sarò qui, sull’asfalto io farò surf”, Verso la grande
mareggiata, Conflitto, 1996.
27
“Davanti alle vetrine dell’impero/canne mozze in mano e ti prendono sul serio” Banditi,
Banditi, 1999.
Assalti frontali. Giustizia e società nel rap italiano 129
4. Un’intesa perfetta
28
“Lotto con me per primo/ogni uomo ha un motivo per alzarsi al mattino e mettersi in
cammino”, Banditi, Banditi, 1999.
29
“Sono figlio del sogno del comunismo/non posso vivere in pace mi dici”, Conflitto,
Conflitto, 1996.
30
“Anni difficili davanti/per tutti i figli di Di Nanni/sono un partigiano e sarò chia-
ro/perché ci si abitua a tutto anche ai fascisti/assassini in sottofondo doppiopetto in primo pia-
no”, Fascisti in doppipetto, Conflitto, 1996.
130 Guido Saraceni
31
Anche a costo di distruggere quel “tranquillo quotidiano idillio” a cui si fa riferimento
nel brano In movimento, Conflitto, 1996.
32
Lampedusa lo sa, Profondo Rosso, 2011.
33
Con qualche forzatura, che il gruppo, il brano EneaSuperRap (Un’Intesa Perfetta, 2008)
racconta l’Iliade, per invitare al dialogo ed alla tolleranza verso gli stranieri.
Assalti frontali. Giustizia e società nel rap italiano 131
di più, i rom sanno che la terra è grande ed appartiene a tutti, non han-
no mai avuto un esercito e non hanno mai fatto la guerra34; se pure
commettono qualche errore, si tratta di “peccati veniali”, del tutto tra-
scurabili in un mondo di bancarotte fraudolente e signoraggio35.
La comunità, però, non è solo accoglienza e pacifica condivisione;
non è solo il luogo nel quale cercare pace e rifugio quando fuori infu-
ria la bufera; essa è anche uno strumento di lotta politica. Non ha im-
portanza se si tratta di protestare contro la installazione di un’antenna
per i cellulari36 oppure contro la riforma della scuola promossa dal
Ministro Gelmini37; non ha importanza se si tratta di partecipare al G8
di Genova38 oppure di impedire lo sgombero di un centro sociale oc-
cupato39. In ogni caso, la comunità deve essere considerata il principa-
le attore di lotta politica, perché solo attraverso di essa è possibile
rappresentare concretamente il conflitto sociale, nel senso più proprio
che riconosciamo a questo ultime termine, ovvero, solo tramite di essa
è possibile occupare lo spazio pubblico per mettere in scena, rendere
visibile per le vie del centro cittadino – e quindi ai mezzi di comuni-
cazione di massa – quel disagio, quella rabbia e quel conflitto che i
poteri forti vorrebbero emarginare in ambiti meno significativi perché
più opachi, di conseguenza, e controllabili.
Nessuno si salva da solo. Per questo motivo, i brani degli Assalti
pullulano di riferimenti a compagni che non ci sono più. In tal modo,
le liriche di questa posse si appropriano di un modus comunicandi ti-
picamente giovanile, basti pensare a quanti mazzi di fiori vengano de-
posti, ogni domenica, sotto le curve degli stadi italiani. Onorare i de-
funti è una petizione di principio, un punto d’onore che possiede du-
plice valenza: interna ed esterna; perché bisogna rispettare coloro i
quali sono scomparsi combattendo, anche se indossavano una divisa
34
Sono cool questi rom, Profondo Rosso, 2011.
35
“Ci sono anche i rom/qualcuno ruba è vero/ma non c’è mai un banchiere che ruba di
meno”, Giù le lame, Un'Intesa Perfetta, 2008.
36
Al riguardo, si ascolti la seconda traccia dell'album HSL.
37
“Andate nelle scuole/formate i collettivi/organizzate la rivolta finché siete vivi”, Cattivi
maestri, Profondo Rosso, 2011.
38
“E ora nella dignità mi specchio/nella dignità del fratello che era assieme a noi nel
gruppo/ed ha lottato quando ha avuto l’occasione/non ha voltato gli occhi e questa è la lezio-
ne/da insegnare nelle scuole e nei racconti che disegnano le sere/ cosa sparava in faccia quel
carabiniere/ io porto con me il nome di Carlo Giuliani/ noi facciamo la storia/ mentre quelli
fanno i piani”, Rotta indipendente, HSL, 2004.
39
Roma meticcia, Profondo Rosso, 2011.
132 Guido Saraceni
40
Paradigmatiche, in tal senso, le rime iniziali del brano Banditi, Banditi, 1999.
PARTE SECONDA
Diritto e letteratura
1. Considerazioni introduttive
Per quanto riguarda il primo rapporto (le leggi della poesia), sono
due gli aspetti da esaminare: se esistano e quali siano le leggi della
poesia; perché oggi si tenda ad affermare che in realtà la poesia
costituisce un’attività del tutto priva di regole.
In ordine all’esistenza di leggi, la poesia non può che basarsi su
regole predefinite. Se infatti si muove dal fatto che la poesia autentica
si basa sul rapporto tra soggetto ed oggetto, essa tenderà a conoscere
limiti e regole eterodeterminate, essendo ciò imposto proprio dal
raffronto con il mondo esterno, con ciò che è altro da sé. Al contrario,
è quando si rompe questo rapporto per dare risalto soltanto a se stessi
(in una prospettiva solipsistica o sperimentale) oppure addirittura al
terzo-destinatario (in una prospettiva comunicativa), che il senso del
limite e quindi della regola si vanno affievolendo, fino a scomparire
del tutto nel momento in cui l’interesse principale dell’attività artistica
non si concentra più sul soggetto, ma addirittura cade sul destinatario
dell’opera che ne è fruitore.
A) In particolare, per quanto riguarda il piano stilistico, la poesia
autentica consente di approdare a un risultato che potremmo definire
costituzionale: da un lato, esiste la regola fondante, accettata da tutti
gli stili, secondo cui la parola poetica non può che scaturire da un
confronto tra l’uomo e ciò che è altro da sé; dall’altro lato, all’interno
di questo contesto comune esiste poi un “pluralismo stilistico”, nel
senso che esistono tanti modi di scrivere poesia (stile lirico e stile
tragico), ciascuno dei quali è però legittimamente definibile come
poesia in quanto rispettoso della regola contemplativa che fonda la
poesia. Potendosi poi osservare anche come esista una sorta di
138 Roberto Bartoli
1
G. ORWELL, Gli scrittori e il Leviatano, trad. it., in G. ZAGREBELSKY, Imparare
democrazia, Torino 2007, 172.
Poesia e legge 143
5
In argomento, cfr. H. Arendt e S. Weil, su cui in termini sistematici v. R. ESPOSITO,
L’origine della politica. Hannah Arendt o Simone Weil?, Roma 1996.
6
In argomento cfr. G. ZAGREBELSKY, Il diritto di Antigone e la legge di Creonte, in
AA.VV., La legge sovrana, a cura di I. Dionigi, Milano 2006, 21 ss.
146 Roberto Bartoli
7
Sul tema v. ancora G. ZAGREBELSKY, Il grande Inquisitore. Il segreto del potere, Napoli
2009.
Poesia e legge 147
8
S. WEIL, Manifesto per la soppressione dei partiti politici, trad. it., Roma 2008,
rispettivamente 36 e 32.
Poesia e legge 149
9
Sul punto cfr. G. ZAGREBELSKY, Dieci punti, in ID., Imparare democrazia, cit., 35 s.
150 Roberto Bartoli
10
G. ZAGREBELSKY, La legge e la sua giustizia, Bologna 2008, 286 s.
154 Roberto Bartoli
11
G. ZAGREBELSKY, Intorno alla legge, Torino 2009, 371 ss.
12
E. CANETTI, Massa e potere, trad. it., in ID., Opere. 1932-1973, Milano1990, 1340 ss.
Poesia e legge 155
Parla.
Ma non dividere il Sì dal No.
Dai anche senso al tuo verdetto:
dagli ombra.
Guardati attorno:
vedi come diventa vivo in giro.
Per la morte! Vivo!
Dice il vero, chi dice ombra”.
Narrazione e finzione
nella scienza giuridica moderna
ANTONIO CANTARO
1.4. Gli operatori del diritto hanno quotidianamente a che fare con
l’accertamento della verità dei fatti. Con il racconto che nel processo
viene di essi proposto da pubblici ministeri, avvocati, imputati,
testimoni, giudici. Una pluralità di racconti dello stesso fatto, una
pluralità di abiti che arricchisce e complica il punto di vista con il
quale si guarda al fatto. Ne relativizza la nudità, esaltandone la
dimensione narrativa: il conflitto tra diverse narrazioni del fatto.
L’analogia tra narrazioni immaginarie e narrazioni giudiziali è
tutt’altro che esteriore. Essa attiene alla genesi della storia e al suo
telos.
Sia il racconto letterario che quello giudiziario prendono avvio
dalla violazione di un ordine canonico delle cose1. I protagonisti
dell’uno e dell’altro sono inseriti in una trama ‘destinata’ a porvi
rimedio. Con la sentenza, ripristinando materialmente e/o
1
F. DI DONATO, Una postilla a Conversing in the garden on psychology, culture, law and
narration: an interview with Jerome Bruner, in ISLL Papers-Reviews.
Narrazione e finzione nella scienza giuridica moderna 159
2
M. TARUFFO, Il fatto e l’interpretazione, in Rev. Fac. Dir Sul de Minas, 26, 2/2010, 195-
208.
3
Ibidem.
160 Antonio Cantaro
4
G. TUZET, Diritto e letteratura: finzioni a confronto, in ISSL Papers-Essays.
5
A.R. GURNEY, Love Letters and two other plays: The golden age and what I did last
summer, New York 1990.
Narrazione e finzione nella scienza giuridica moderna 161
10
S. ROMANO, Mitologia giuridica, in Frammenti di un dizionario giuridico, Milano
1993, 127 s.
11
L’espulsione del “narrativo” dal campo del “normativo” non è circoscritta ai miti
costituzionali. A quelli che Romano definiva “universali fantastici” e “immaginazione
favolosa”; Massimo Severo Giannini “concetti inutili”; Hans Kelsen “finzioni giuridiche” e
“illusioni meta politiche” (miti, insomma, nel significato originario di favola e in quello
svalutativo di “non verità” ed “errore” che il termine ha assunto nel linguaggio comune, in
quello ‘adulto’ e ‘razionale’). Un campo altresì paradigmatico di espulsione del “narrativo”
dal campo del “normativo” è quello Dichiarazioni dei Diritti e dei Preamboli che talvolta
precedono il testo delle Carte costituzionali (l’articolato normativo in senso proprio) e nei
quali vengono enunciati i principi-cardine dell’ordinamento, nonché fondamentali criteri
ermeneutici. Nessuno ha, naturalmente, mai contestato la forza narrativa del più noto dei
preamboli, quello sopra richiamato nel testo, della Costituzione americana del 1787. Né lo
straordinario valore simbolico della Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del
cittadino del 1789. Larga parte della scienza giuridica europea ha, tuttavia, a lungo
considerato le affermazioni contenute nelle Dichiarazioni dei diritti e nei Preamboli il frutto
di mere opzioni ideologiche e di concezioni filosofico-politiche. Meri proclami privi, in
quanto tali, di valore precettivo. La Francia, in particolare, è stata teatro di una secolare
controversia dottrinaria tra coloro (Carrè de Malberg, Esmein) che negavano il valore
giuridico della Dichiarazione del 1789 e coloro (Duguit, Hauriou) che ritenevano facesse
parte integrante della costituzione e che, pertanto, avesse un valore vincolante per il
legislatore. Mentre per quanto concerne il Preambolo della Costituzione del 1958, il Conseil
constitutionell ne ha riconosciuto la natura precettiva solo nel 1971, facendo rientrare a pieno
titolo nel bloc de constitutionnalitè i principi in esso contenuti, compresi quelli di carattere
sociale.
164 Antonio Cantaro
12
Per una visione di insieme dei diversi significati di “giurisprudenza” vedi M. TARUFFO,
Giurisprudenza, in Enciclopedia delle Scienze sociali, Treccani.it.
13
A. BARBERA, C. FUSARO, Corso di di diritto pubblico, Bologna 2008, 17.
14
P. GROSSI, Prima lezione di diritto, Bari 2003.
Narrazione e finzione nella scienza giuridica moderna 165
15
G. GALLI, Genealogia della politica, Bologna 1991, 298 ss.
166 Antonio Cantaro
16
M. MANZIN, L’ordine infranto. Ambiguità e limiti delle narrazioni formali nel diritto
dell’età post-moderna, in Tigor: rivista di scienze della comunicazione, A I, 1/2009, 32.
Narrazione e finzione nella scienza giuridica moderna 167
17
N. LHUMANN, La costituzione come acquisizione evolutiva, in AA. VV., Il Futuro della
costituzione, a cura di G. Zagrebelsky, P.P. Portinaro, J. Luther, Torino 1996, 83-127.
Ensaio sobre a cegueira.
L’analogia come misura del giuridico
DONATO CARUSI
2
Al riguardo è da vedere J.B. WHITE, When Words Loose their Meaning. Constitutions
and Reconstitutions of Language, Character, and Community, Chicago 1984, ora in
traduzione italiana di R. Casertano, Quando le parole perdono il loro significato, Milano
2010 (nostra recensione in Riv. crit. dir. priv., 2010, 499 ss.).
172 Donato Carusi
3
Cfr. da ultimo D. ANTELMI, Vaghezza, definizioni e ideologia nel linguaggio giuridico,
in Il linguaggio giuridico. Prospettive interdisciplinari, a cura di G. Garzone, F. Santulli,
Milano 2008, 89 ss., specialmente 92 s., e sulle “tazze di Labov” F. CASADEI, Significato ed
esperienza. Linguaggio, cognizione, realtà, in Semantica, a cura di D. Gambarara, Roma
1999.
4
A Nicomaco viene insegnato che, mentre “ogni legge è universale”, “non è possibile in
universale prescrivere intorno ad alcune cose particolari”; “quando dunque la legge parli in
generale, ma in concreto avvenga qualcosa che non rientri nell’universale, allora è cosa retta
correggere la lacuna là dove il legislatore ha omesso ed errato”; “e ciò direbbe anche il
legislatore se fosse presente colà, e se avesse prevista la cosa l’avrebbe regolata nella legge”
(Nic., 1137 b 13 ss.).
Ensaio sobre a cegueira. L’analogia come misura del giuridico 173
5
Su tutto ciò più diffusamente D. CARUSI, L’ordine naturale delle cose, Torino 2011, 339
ss.; ID., Principio di differenziazione e categorie giuridiche (l’Unione europea, l’eguaglianza,
il paradigma della legge), in Rass. dir. civ., 2010 e in AA. VV., Diritto comunitario e sistemi
nazionali: pluralità delle fonti e unitarietà degli ordinamenti, Atti del IV Convegno
Nazionale S.I.S.Di.C., Napoli 2010, 147 ss.
Ensaio sobre a cegueira. L’analogia come misura del giuridico 175
questo, a saper leggere, si trova scritto nella legge, e con ciò crolla un
altro mito: non è vero che della norma che fa eccezione – come tale –
sia vietato lo svolgimento per analogia6. C’è infatti un solo modo di
riconoscere l’espressione dell’art. 14 delle Preleggi “oltre i casi ed i
tempi in esse previsti” come non pleonastica ma specificamente
funzionale, ed esso consiste nell’attribuirle il ruolo di selezionare,
come oggetto del riferimento alle “leggi eccezionali”, disposizioni
legali preordinate a rilevanza temporanea, cioè ad essere applicate ad
uno o anche a molti casi specificamente determinati: insomma, a
disposizioni più o meno palesemente prive dei caratteri di generalità
ed astrattezza, formulate con la tecnica del privilegio o – direbbe un
logico – della definizione estensiva. Disposizioni di tal fatta sono per
loro natura “opache” quanto alla giustificazione proprio perché non
enunciano i caratteri comuni dei casi cui pretendono d’essere
applicate. In queste ipotesi è come se il legislatore puntasse il dito
verso alcuni casi: la disposizione non rivela perché il dito è stato
puntato in una direzione anziché in un’altra: essa è perciò
strutturalmente inidonea a esprimere una ratio, dunque insuscettibile
di alimentare i circuiti istituzionali dell’assimilazione razionale ed in
6
Emblematica al riguardo una vecchia pronuncia della nostra Corte costituzionale (6
luglio 2001, n. 227, in Giur. cost., 2001, 2026 ss., con nota di R. Guastini), concernente
l’esenzione degli atti processuali relativi a controversie individuali di lavoro – e di tutti gli atti
e documenti relativi all’esecuzione di decisioni emesse nelle stesse controversie – dal
pagamento di ogni “tassa o diritto” di “qualsiasi specie e natura”. Un Tribunale solleva
questione di legittimità della relativa disposizione in relazione all’art. 3 Cost., per non
prevedere essa il medesimo regime di favore in relazione ai giudizi aventi ad oggetto azioni
revocatorie promosse a tutela di crediti di lavoro. La Corte dichiara la questione infondata
non già perché assimilare, ai fini dell’esenzione fiscale, l’azione revocatoria a tutela di crediti
di lavoro a quelle menzionate dalla norma le paia poco convincente, ma al contrario perché
ritiene che tale assimilazione si imponga con evidenza palmare. Con dispositivo
relativamente inconsueto, la Corte afferma dunque che l’art. 10 della legge 553/1973 deve
essere interpretato estensivamente, “sì da fare rientrare nell’ambito dell’esenzione anche
procedimenti non formalmente contemplati ma pur sempre finalizzati alla tutela del credito di
lavoro”: poiché “una diversa lettura (…) rivelerebbe (…) una radicale incoerenza interna alla
norma, fonte di irragionevoli disparità di trattamento”. Uno dei molti motivi di interesse di
questa sentenza consiste nel fatto che l’operazione che il giudice a quo e tutti gli altri giudici
sono chiamati a compiere vi è chiamata interpretazione estensiva pur consistendo non nella
scelta – tra due possibili significati di una stessa espressione – del più ampio, ma in un
superamento della lettera della legge: poiché, con ogni insopprimibile margine di ambiguità
delle parole, in alcun modo “controversia di lavoro” e “azione esecutiva” possono significare
“azione revocatoria”. Quel che poi qui più direttamente interessa è che la sentenza predichi –
con tutta evidenza – la necessità di interpretazione ultra litteram di una norma di legge
derogante ad altra.
176 Donato Carusi
7
Sul punto è da vedere ora M.C. NUSSBAUM, Not for Profit. Why Democracy Needs the
Humanities, Princeton 2010, trad. it. di R. Falcioni, Non per profitto, Bologna 2011.
8
Cfr. M.C. NUSSBAUM, Poetic Justice: the Literary Imagination and Public Life, Boston
1995, trad. it. di G. Bettini, Il giudizio del poeta. Immaginazione letteraria e vita civile,
Milano 1996; W.C. BOOTH, The Company We Keep: An Ethics of Fiction, Berkeley 1988.
178 Donato Carusi
“(…) ciechi ubriachi che barcollavano fra le piccole palme delle osterie, ciechi
che si bloccavano nell’aria, come angeli, appesi ai parapioggia aperti, ciechi,
mendicanti e zingari su carri usurati dai mille cammini del mondo, in cerca di un
terreno dove piantare la tenda, ma soprattutto ciechi che fissavano il nulla con la
bruma delle pupille, migliaia di ciechi nei vicoli, nelle traverse, nelle piazze, nei
cortili di casette basse con botteghe di calzolai e fabbri, ciechi che bevevano acqua
negli abbeveratoi delle mule, ciechi che parlavano tra loro del proprio mondo di
ombre, (…) ciechi che ci suonavano al portone o vagavano nell’erba, sbagliando
direzione (…)”9.
9
A. LOBO ANTUNES, A ordem natural das coisas, Lisboa 1992, trad. it. di R. Desti,
L’ordine naturale delle cose, Milano 2001, 45 s.
“La verità, vi prego, sull’amore”.
A proposito dell’educazione giuridica
FELICE CASUCCI
uomini somiglianti e alleati”. Niente più del diritto, posto alla foce
delle inquietudini esistenziali, è in grado di capirlo e tradurlo in azione
legittimante. Il diritto ha molto a che fare con la rivolta (moto
originario) e con l’affermazione di un “noi siamo”, al quale abbiamo
dedicato alcune pagine inquiete e interrogative sul giornale
dell’Università degli Studi del Sannio alcuni anni addietro. “‘Noi
siamo’ davanti alla storia, e la storia deve fare i conti con questo. ‘Noi
siamo’ che, a sua volta, deve mantenersi nella storia. Io ho bisogno
degli altri, che hanno bisogno di me e di ciascuno. Ogni azione
collettiva, ogni società presuppongono una disciplina; e l’individuo,
senza questa legge, è soltanto uno straniero che piega sotto il peso di
una collettività nemica. Ma società e disciplina perdono ogni
direzione se negano il ‘Noi siamo’”. Ma chi siamo “noi”?. “Gettati
nell’ignobile Europa ove muore, priva di bellezza e d’amicizia, la più
orgogliosa tra le razze, noi mediterranei viviamo sempre della stessa
luce. In cuore alla notte europea, il pensiero solare, la civiltà dal
duplice volto, attende la sua aurora. Ma già questa rischiara le vie di
una vera signoria”. “Noi” di certo non siamo i “piccoli europei che ci
mostrano una faccia avara, se non hanno più forza di sorridere”. Le
nostre tradizioni lo dicono con fermezza (sul punto, il nostro volume,
Circolo minimo, del 1999). Scagliato il “pensiero meridiano”,
l’epilogo di Camus è lapidario: “Tutti portiamo in noi il nostro
ergastolo, i nostri delitti e le nostre devastazioni. Ma il nostro compito
non è quello di scatenarli attraverso il mondo; sta nel combatterli in
noi e negli altri. La rivolta, la secolare volontà di non subire, di cui
parlava Barrès, ancor oggi è al principio di questo combattimento.
Madre delle forme, sorgente di vita vera, ci tiene sempre ritti nel moto
informe e furioso della storia”. Bisogna credere, tendere a qualcosa,
come ci spinge a fare il senso della “misura”, e della poesia (si pensi
alla ricerca mistica di verità assoluta del poeta francese Pierre
Reverdy (1899-1960), contemporaneo di Camus, che a poco meno di
trent’anni si ritirò dalle mode letterarie parigine, in particolar modo
dal surrealismo, ritirandosi nella meditazione e nella preghiera
dell’Abbazia di Solesmes), bisogna riscattare, nel dare slancio ai
grandi esempi del passato, “un pensiero cui il mondo di oggi non
potrà più a lungo rinunciare”, quel “pensiero solare” di cui si diceva,
“nel quale, dai Greci in poi, la natura è sempre stata equilibrata al
“La verità vi prego sull’amore”. A proposito dell’educazione giuridica 191
diverse dalle nostre, pur se, le nostre, sono attratte a nuove tentazioni
giusnaturalistiche), ossia il racconto, la storia da raccontare per
seguirne il tracciato e svelarne il segreto (dalla maledizione di Pelope
nascono gli enigmi della Sfinge, divoratrice di passanti, risolti infine
da colui, Edipo, che ne sarebbe divenuto, vittorioso, la principale
vittima; inoltre, come la Sfinge si precipita dall’alto della roccia
perdendo la vita, così il diritto che vede risolti i propri enigmi perde
per sempre se stesso). Tuttavia, il diritto, che non può permettersi di
sciogliere gli enigmi che lo compongono (e lo sacralizzano), non
alimenta (quasi mai) la speranza, ma la stringe in una morsa, rovescia
il vuoto o la discontinuità nel suo contrario, in una soluzione data
comunque, in nome della coerenza logica del sistema o della
statuizione evidente. La previsione giuridica, valevole per infiniti casi,
non assiste nessuno di essi con ferma magnanimità. Dunque, a quale
fonte di speranza devono abbeverarsi i giuristi? Vale la pena di
avvicinarsi ed ascoltare le parole dei loro ideali compagni di viaggio: i
poeti (impossibile non citare qui Martha C. Nussbaum, Il giudizio del
poeta. Immaginazione letteraria e vita civile, del 1995, e non farvi
rinvio, anche se la critica della pseudoscienza del ragionamento
pubblico, in nome del ruolo etico della letteratura, temo che dispiaccia
più d’uno dei miei numi tutelari), cantori di/con Amore, meglio
ancora i cantastorie. Come discutono costoro di speranza? Lo hanno
fatto il critico d’arte, scrittore e pittore inglese John Berger e la
scrittrice e attivista indiana Arundhati Roy, accomunati dalla passione
per il mestiere di storyteller, in un incontro il 15 settembre 2009 al
Teatro Carignano di Torino, dal titolo affine ai nostri interessi,
“Soprattutto osservare. Riflessioni sul raccontare” (il titolo del
volume, pubblicato in Italia nel 2010, è La speranza, nel frattempo),
che aveva come sottotitolo una citazione bergeriana: “La sola cosa che
devi sapere è se stai mentendo o cercando di dire la verità, non puoi
più permetterti di fare confusione” (la citazione è tratta dallo
splendido romanzo, Qui, dove ci incontriamo, del 2005). Dice Berger
nella menzionata conversazione: “Una regola molto, molto importante
a proposito della scrittura – non si tratta esattamente di una regola,
quanto piuttosto di un impulso – è quella dell’ospitalità, ospitalità nei
confronti di quel lettore immaginario”. Precisa la Roy: “L’ospitalità
implica un’enorme dose di generosità. Ed è quello che a volte gli
196 Felice Casucci
lascia una traccia indelebile (sul punto: Marcello Flores, Verità senza
vendetta, del 1999; e i nostri commenti a La lingua del perdono di
Bruno Moroncini, del 2007, contenuti nella Relazione al primo
Convegno milanese della SIRD).
1
Si veda D. SANTILLANA, Istituzioni di diritto musulmano malichita, I, Roma 1938, 93.
208 Valentina Colombo
2
Si veda C. DE LA PUENTE, Juridical Sources for the Study of Women: Limitations of the
Female’s Capacity to Act According to Maliki Law, in Writing the Feminine. Women in Arab
Sources, a cura di Manuela Marin e Randi Deguilhem, Londra 2002, 95-110.
3
Tamarrud al-untha fi riwayat al-mar’a al-‘arabiyya wa bibliugrafiya al-riwaya al-
nisawiyya al-‘arabiyya (1885-2004), al-Mu’assasa al-‘arabiyya li-al-dirasat wa-al-nashr,
Beirut 2004, 25.
4
Masadir al-adab al-nisa’i fi al-‘alam al-‘arabi al-hadith (1800-1996), al-Mu’assasa al-
‘arabiyya li-al-dirasat wa-al-nashr, Beirut 1999; si veda anche la bibliografia in Tamarrud al-
untha, op.cit., 281-327.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 209
5
Woman’s Body Woman’s Word. Gender and Discourses in Arabo-Islamic Writing,
Princeton 1992.
6
Si veda anche l’antologia a cura di Valentina Colombo, Parola di donna, corpo di
donna, Milano 2005.
210 Valentina Colombo
7
Le Mu’allaqat. Alle origini della poesia araba, a cura di Daniela Amaldi, Venezia 1991,
5. Per una storia della letteratura araba classica si veda il prezioso volume Daniela Amaldi,
Storia della letteratura araba classica, Bologna 2004.
8
Si veda T. GARULO, Women in Medieval Classical Arabic Poetry, in Writing the
Feminine. Women in Arab Sources, cit., 25-40.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 211
Senza pudore il pianto ritornerà, ed io visiterò la tua dimora, come l’amato visita
l’amata!
Vi sono già andato, e quale piacere ho provato guardando la tomba ove la zappa
si è insediata.
Il mio cuore, quando l’avanzata età già mi maltrattava, e i tuoi figlioletti ancora
recavano gli amuleti, hai fatto ammaliare.
Erro tra le stelle, ai baratri della terra destinate, stelle che simili ad antilopi si
vedono sfrecciare.
Dolce compagna! Un oggetto prezioso eri, gelosamente custodito, ma ora nella
valle di Bulayya sotto i ciottoli da chi sei avvertita?
Ha vissuto onorata e rispettata, e senza essere sfiorata né da presunzione né da
angustie se n’è dipartita.
Ti rivedo, delle più belle grazie vestita, con la tua serena e dignitosa bellezza.
9
La traduzione italiana dell’opera di Khansà è a cura di Giuseppe Gabrieli, I tempi, la
vita e il canzoniere della poetessa al-Hansà, Roma 1944.
10
F. GABRIELI, La letteratura araba, Firenze 1967, 47.
212 Valentina Colombo
Sono pentito come Kusa’i quando il suo arco spezzò, ora che Nawar ho
ripudiato.
Era il mio paradiso, ed ora io l’ho perduto.
Come Adamo quando al comando del Signore è contravvenuto.
Sono colui cui la luce splendente del giorno buia apparirà, e di propria volontà si
è accecato12.
Farazdaq, che pare si sia sposato almeno sette volte, sembra volere
ricordare che il ripudio, secondo il diritto islamico classico ad
esclusivo appannaggio dell’uomo, può dimostrarsi un’arma a doppio
taglio e corrispondere a una sorta di suicidio per chi lo pronuncia. La
libertà decisionale del marito è quindi densa di responsabilità e
conseguenze. Farazdaq comunque non è certamente definibile un
romantico. Al contrario, alla morte della moglie Hadra non si
scompone e si giustifica dicendo che la morte di una donna è
comunque la perdita più facile da sopportare.
11
Diwan Jarir, edizione critica di Nouman Mohammad Taha, Dar al-Maarif, Il Cairo
1986, 2 voll., 862-864. Ove non segnalato le traduzioni sono dell’autrice.
12
AL-MUBARRAD, al-Kamil, Beirut 2000, 70.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 213
13
A. KILITO, L’autore e i suoi doppi, Torino 1988, 69.
14
Diwan Jarir Buthayna, Dar Bayrut, Beirut 1988, 57.
214 Valentina Colombo
Perché, marito mio, stai impazzendo solo perché un altro uomo ho amato?
Suvvia, flagellami, ogni ferita sul mio corpo mostrerà il dolore da me causato15.
15
A. AL-UDHARI, Classical Poems by Arab Women. A Bilingual Anthology, Saqi Books,
Londra 1999, 88.
16
A. NUWAS, La vergine nella coppa, a cura di Michele Vallaro, Roma 1992, 45.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 215
17
A. AL-UDHARI, op.cit., 116.
216 Valentina Colombo
Dalle avversità e dalla sorte consumata, del figlio e del compagno orbata, la
persona amata del tuo cuore ha lasciato il luogo, ma laggiù dagli angeli del cielo
sarà vegliata.
Piange ogni giorno in cui tu, paziente, del mezzogiorno sotto il sole cocente hai
digiunato.
Piange ogni sera in cui hai vegliato sino al sorgere dell’alba splendente18.
18
Diwan Abi Firas al-Hamdani, commento di Khalil al-Duwayhi, Beirut 1994, 161-162.
19
Le Mille e una notte, a cura di Francesco Gabrieli, Torino 1984, I, 7.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 217
Per par condicio simili frecciate sono riservate dalle donne agli
uomini:
Una donna dei Banu Dabba, parlando del marito, lo ha deriso in questo modo:
“È orribile a vedersi e ha una costituzione maledetta, la sua andatura è quella di un
finto zoppo. Ogni volta che lo maledico lo sento dire: Amen! Ah! Se solo potesse
andarsene a vivere in terra infedele e io potessi precederlo in Cina!”22
20
F. MERNISSI, La terrazza proibita. Vita nell’harem, Firenze 1996, 17.
21
JAHIZ, Kitab al-Hayawan, edizione a cura di ‘Abd al-Salam Muhammad Harun, VII, Il
Cairo s.d., 160-161.
22
Ivi, 162.
218 Valentina Colombo
23
S.K. AL-JAYYUSI, The Legacy of Muslim Spain, Leiden 1992.
24
M.R. MENOCAL, R.P. SCHEINDLIN, M. SELLS, The Literature of al-Andalus, Cambridge
2000, 308-312.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 219
25
A. AL-UDHARI, op.cit., 184-195.
26
Si veda la traduzione di Valentina Colombo in La poesia del mondo. Lirica
d’Occidente e d’Oriente, a cura di Giuseppe Conte, Parma 2003, 618-619.
220 Valentina Colombo
Se n’è andata, le sue guance non sono impallidite, le sue labbra non hanno
tremato.
Le porte la storia della sua morte non hanno udito.
Nessuna cortina in segno di dolore e tristezza il volo ha spiccato.
Per seguire la tomba sino alla sua scomparsa.
La notizia è precipitata sulla strada, la sua eco senza un riparo.
In qualche anfratto dimenticata, mentre la sua depressione la luna lamenta28.
27
Si veda S. STEVENS, Nazik al-Malaika (1923-2007) “Iraqi Woman’s Journey Changes
Map of Arabic Poetry”, in Al Jadid 13/14, nn. 58/59 (2007/2008).
28
Diwan Nazik al-Mala’ika, II, Dar al-‘Awda, Beirut 1997, 283-284.
29
N. QABBANI, Ashhadu an la imra’ta illa anti, in al-‘A’mal al-shi’riyya al-kamila, vol.2,
Manshurat Nizar Qabbani, Beirut 1983, 737-807.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 221
Nel difficile passaggio dalla prosa classica alle forme letterarie del
ventesimo secolo nascono, all’interno della letteratura araba, nuovi
generi accanto ai generi preesistenti che vengono ripresi e adattati alle
30
N. QABBANI, op.cit., 756-757.
31
Ivi, 741-752.
222 Valentina Colombo
32
Mi’at ‘amm min al-riwāyat al-nisa’iyya al-‘arabiyya: 1899-1999, Dar al-adab, Beirut
1999.
33
Z. AL-FAWWAZ, Husn al-‘awaqib aw al-ghada al-zahira, Il Cairo 1899.
34
Si veda J. ZEIDAN, Arab Women Novelists: The Formative Years and Beyond, New
York 1995, 64-67.
35
L. HASHIM, Qalb al-rajul, Il Cairo 1904. Si veda JOSEPH ZEIDAN, op. cit., 67-69.
36
L.M. SAWAYA, Hasnà Salunik, Damasco 1909. Si veda MATTI MOOSA, The Origins of
Modern Arabic Fiction, Lynne Rienner Publishers, Londra 1997, 280.
37
‘A. KARAM, Badi’a wa-Fu’ad, Il Cairo 1906.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 223
38
Q. AMIN, Tahrir al-mar’a, Il Cairo 1899.
39
ID., al-mar’a al-jadida, Il Cairo 1900.
224 Valentina Colombo
40
ID., Tahrir al-mar’a in Qasim Amin al-a’mal al-kamila, Il Cairo 1989, 329.
41
MALAK HIFNI NASIF, Nisa’iyyat, 2 voll., Il Cairo 1925. Per il testo completo in inglese
della conferenza si veda Opening the Gates. An Anthology of Arab Feminist Writing, a cura di
M. Badran, M. Cook, Bloomington 2004, 228-238.
42
J.S. MILL, H. TAYLOR, Sull’eguaglianza e l’emancipazione femminile, Torino 2001, 35.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 225
43
H. SHAARAWI, Harem-Years. The Memoirs of an Egyptian Feminist 1879-1924, New
York 1987.
226 Valentina Colombo
44
Per la biografia della Shaarawi si veda S. SHARAWI LANFRANCHI, Casting Off The Veil:
The Life of Huda Shaarawi, Egypt’s First Feminist, Londra 2012.
45
Per l’edizione italiana delle lettere di GIBRAN alla Ziyada si veda Lettere d’amore, a
cura di Valentina Colombo, Milano 1996.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 227
volessero rendere questo simbolo più esplicito, lo potrebbero fare con una donna
(…). Gli uomini hanno preso l’abitudine a renderla schiava non solo con il sopruso,
le pressioni e la sofferenza, ma anche con la cortesia, le lusinghe e il corteggiamento
(…). Le donne povere escogitano mille moine per essere desiderate, ma se potessero
riflettere, capirebbero che in fondo a tutto c’è solo il disprezzo per loro stesse e per
la loro femminilità46.
Ritornai a casa, come se fossi obbligata a farlo. Sono sempre dovuta tornare a
casa, ho sempre dovuto dormire in questa casa, mangiare in questa casa, mangiare in
questa casa, lavarmi in questa casa, lavarmi in questa casa e il mio destino ti ama in
questa casa.
46
Citazione tratta da I. CAMERA D’AFFLITTO, Letteratura araba contemporanea, Roma
1998, 192.
47
LAYLA BAALBAKI, Ana haya, Beirut 2010.
228 Valentina Colombo
Il conflitto tra me e il mio essere donna iniziò molto presto. Ancora prima che
sbocciasse la mia femminilità, ancora prima che conoscessi qualcosa di me, del mio
sesso e delle mie origini. Ancora prima di conoscere quel vuoto che mi abitava,
prima di rivolgere parola a questo immenso mondo.
Tutto quel che sapevo a quel tempo era di essere una bambina, come sentivo
spesso da mia madre. Bambina!
La parola bambina aveva per me un unico significato (…) ovvero che non ero un
bambino (…) non ero come mio fratello!
48
Edizione inglese N. AL-SAADAWI, The Hidden Face of Eve, Londra 1980.
49
G. TARABISHI, A Woman Against Her Sex, Londra 1988.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 229
Ero la figlia dell’ispettore. Tale rimasi fino a quando non mi sposai e divenni la
moglie del commerciante. A volte ero l’una e l’altra. Quando mio marito mi
prendeva in giro mi diceva: “Ehi, figlia dell’ispettore”. Quando mio padre si
arrabbiava, mi chiamava “moglie del commerciante”52.
55
R. AL-SANEA, Banat al-Riyadh, Saqi Books, Beirut 2005 (traduzione italiana a cura di
Valentina Colombo, Ragazze di Riad, Milano 2007).
56
Si veda S. ABU TALEB, Saudi Arabia: Copies of “Girls of Riyadh” Novel Mysteriously
Disappear from Book Fair, in Asharq al-awsat” 28 febbraio 2006.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 231
57
L. AL-‘UTHMAN, al.Muhakama. Maqta’ min sirat al-waqi’, Beirut 2000.
58
In italiano è disponibile Il messaggio segreto delle farfalle, traduzione a cura di
Valentina Colombo, Roma 2011.
Infrangere i limiti con la parola: la donna nella letteratura araba 233
59
J. HADDAD, Ho ucciso Shahrazad, Milano 2011.
60
E. MANEA, Ich will nicht mehr schweigen. Der Islam, der Westen und die
Menschenrechte, Friburgo 2009.
Verità e certezza nel diritto e nella letteratura
1. Introduzione
1
Desidero ringraziare Francisco Linares per le riflessioni che ha voluto condividere con
me – dal punto di vista della teoria della letteratura – durante la redazione di questo scritto,
come anche i molti colleghi giuristi con i quali mi sono confrontato. Ho cercato di seguire, in
particolare, i consigli di Miguel Azpitarte, Tomás Requena, Angelo Schillaci ed Enrique
Guillén, modificando il testo originale, presentato come relazione nell’ottimo Convegno
organizzato dalla Prof.ssa Agata Amato Mangiameli nell’Università di Roma Tor Vergata.
236 Francisco Balaguer Callejón
possibile che il finale – come suole accadere tanto nel diritto quanto
nella letteratura – ci riservi un risultato inaspettato.
In ogni caso, dal carattere limitato della verità discende una prima
importante conseguenza: nonostante gli approcci relativistici e
nonostante le critiche – da me condivise – all’idea di una verità
assoluta e dogmatica2, esiste una dimensione oggettiva della verità che
rende possibile, in quanto tale, l’esistenza di un discorso sulla verità e
la ricerca della verità stessa.
Certo, si può ricordare il noto proverbio arabo: la verità è come un
enorme specchio che, cadendo al suolo, si frantuma in molteplici
frammenti, ciascuno dei quali ci restituisce una diversa immagine
della verità. A tale proverbio, tuttavia, mi permetto di aggiungere che
solo ricomposizione di tutti quei frammenti attraverso un processo
pubblico (giuridico, politico e forse anche letterario) rende possibile la
determinazione di una verità tendenzialmente obiettiva. Peraltro, è
possibile che non si riesca mai a ricomporre tutti i frammenti: questo è
senz’altro un aspetto di debolezza della dimensione obiettiva della
verità, ma ciò non significa che essa non esiste. Quanti più frammenti
riusciranno ad essere incorporati nel processo pubblico, tanto
maggiori saranno le possibilità di ricostruire o chiarire la verità3.
La relazione tra diritto e letteratura – come tematica generale –
permette di affrontare una grande varietà di questioni, che vanno dalla
struttura narrativa del diritto e della letteratura come discorsi alla
funzione sociale di entrambe le discipline. Si tratta di aspetti
2
Cfr. ad esempio, G. ZAGREBELSKY, Contro l’etica della verità, Bari 2009. L’etica del
dubbio, che l’A. contrappone all’etica della verità, contiene “un elogio della verità, ma di una
veritá che ha sempre e di nuovo da essere esaminata e riscoperta. Così, l’etica del dubbio non
è contro la verità ma contro la verità dogmatica” (VIII). La verità assoluta e dogmatica è
incompatibile con la democrazia poiché “il terreno de la democrazia è quello delle res dubiae,
cioè delle questioni che possono essere legittimamente decise in un modo o in un altro. Solo
questa possibilità giustifica il confronto delle idee, la competizione politica, la difesa delle
minoranze e le libere elezioni: in breve, tutte le istituzioni democratiche. Dove invece non vi
siano res dubiae ma res certae non si può deliberare che in un unico modo e solo chi aderisce
alla verità ha diritto di cittadinanza” (163).
3
Come indica PETER HÄBERLE, lo Stato costituzionale e la democrazia pluralista si
contrappongono agli Stati totalitari e alle pretese fondamentaliste poiché essi si caratterizzano
“per la consapevolezza di non essere in possesso di precostituite verità eterne, ma di essere
invece destinat(i) ad una mera ricerca della verità”. Di conseguenza, “l’immagine dell´uomo
dello stato costituzionale sottintende un cittadino che necessita di verità e che è in possesso
degli strumenti per ricercarla e ‘conquistarla’”, (Wahrheitsprobleme im Verfassungsstaat,
1995, versione italiana a cura di Gustavo Zagrebelsky e Jörg Luther, Diritto e verità, Torino
2000, 85 e 110).
Verità e certezza nel diritto e nella letteratura 237
5
Cfr. A. PÉREZ GALIMBERTI, Una aproximación a la teoría de las ficciones, in:
http://defensachubut.gov.ar/userfiles/file/Publicaciones/ficcion_discurso_narrativo_y_juridico
.pdf. Cfr. altresì, I. BARRIENTOS PARDO, Prohibición de la reformatio in peius y la realización
de un nuevo juicio, in Revista de Estudios de la Justicia, 9/2007.
Verità e certezza nel diritto e nella letteratura 239
6
Nel Dizionario della Real Academia Española, si definisce “certezza” la “conoscenza
sicura o chiara di qualcosa” (“conocimiento seguro y claro de algo”) o la “ferma adesione
della mente a qualcosa di conoscibile, senza timore di errare” (“firme adhesión de la mente a
algo conocible, sin temor de errar”).
7
Ciò che, d’altra parte, è avvenuto di frequente nella storia: è possibile concordare, a tale
proposito, con U. ECO e parlare di una “forza del falso”, che si contrappone alla forza della
verità che, attraverso la menzogna o all’errore, è stata il motore di numerosi avvenimenti
storici (La forza del falso, nella raccolta di scritti dello STESSO Sulla Letteratura, Milano
2003, 292 ss.). Secondo ECO, “il riconoscere che la nostra storia è stata mossa da molti
racconti che ora riconosciamo come falsi deve renderci attenti, capaci di rimettere
continuamente in questione gli stessi racconti che ora teniamo per veri, poiché il criterio della
saggezza della comunità si fonda sulla vigilanza continua nei confronti della fallibilità del
nostro sapere” (322).
240 Francisco Balaguer Callejón
8
Cfr. la notizia sul quotidiano El País, Un nuevo informe forense confirma que Salvador
Allende se suicidó:
http://internacional.elpais.com/internacional/2011/07/19/actualidad/1311026408_850215.htm
l.
Verità e certezza nel diritto e nella letteratura 241
12
Che, come afferma correttamente S. PÉREZ CORTÉS, hanno conosciuto variazioni nel
corso della storia, in quanto il divieto di mentire “descansa en aquello que cada momento
civilizatorio considera como lo más valioso” (La prohibición de mentir, Espiral, Vol. II, n.
6/1996, 21). Come sostiene l’A. la libertà e l’autonomia politica e morale delle persone
introducono nell’ordine politico un’esigenza di verità (39). Il lavoro citato si può consultare
in http://148.202.18.157/sitios/publicacionesite/pperiod/espiral/espiralpdf/Espiral6/21-44.pdf.
13
La rottura dell’uguaglianza può produrre conseguenze sfavorevoli per chi subisca la
menzogna, benché questa non possa essere l’unica motivazione per promuovere, a livello
sociale, il rispetto della verità. Tuttavia, è indubbio che, come afferma NIETZSCHE, sono
proprio queste conseguenze sfavorevoli a radicare il ripudio della menzogna “los hombres no
rehúyen tanto el ser engañados como el ser perjudicados por el embuste; en el fondo odian
ellos, también en esta etapa, no el engaño, sino las consecuencias perniciosas, adversas, de
ciertos géneros de engaño. Y sólo en un sentido parecidamente limitado quiere también el
hombre la verdad: anhela las consecuencias agradables de la verdad, las que conservan la
vida; frente al conocimiento puro y sin consecuencias es indiferente, y aun está
enemistosamente dispuesto contra las verdades que pueden dañar y destruir”, (Über
Wahrheit und Lüge im außermoralischen Sinn, 1873, 2-3, nella traduzione spagnola di Pablo
Oyarzun:
http://www.philosophia.cl/biblioteca/nietzsche/Nietzsche%20Verdad%20y%20Mentira.pdf).
Verità e certezza nel diritto e nella letteratura 243
14
La conservazione degli effetti della norma annullata si produce, come indica A.
MERKL, per effetto di disposizioni integrative che mitigano le condizioni stabilite dalle norme
sulla produzione giuridica. Si tratta del fenomeno che l’A. definisce calcolo dei vizi o delle
falle dell’ordinamento (cfr. Prolegomena einer Theorie des rechtlichen Stufenbaues, pubblicato
inizialmente nel 1931, tradotto in italiano nella raccolta di scritti dello stesso A., Il duplice voto
del diritto. Il sistema kelseniano e altri saggiMilano 1987, 63-64). Esiste, online, una traduzione
spagnola, a cura di Miguel Azpitarte Sánchez e Juan L. Fuentes Osorio: A. MERKL,
Prolegómenos a una teoría de la estructura jurídica escalonada del ordenamiento, in Revista de
Derecho Constitucional Europeo, 2-3/2004-2005, http://www.ugr.es/~redce/.
15
Un elemento costitutivodel Diritto. Cfr. F. LOPEZ DE OÑATE, La certezza del diritto,
(1942), Milano 1968, 51.
244 Francisco Balaguer Callejón
16
Cfr. in questo senso M. CORSALE, Certezza del diritto e crisi di legittimità, Milano
1979, 34.
17
“La legge fa sapere a ciascuno ciò che egli può volere: proprio in questo si realizza il
beneficio che è reso possibile dalla sua certezza. La prevedibilità dei comportamenti, cioè della
loro valutazione, è il motivo per il quale la legge non ragiona di cose particolari e presenti,
secondo la geniale intuizione di Aristotele” (F. LOPEZ DE OÑATE, op. cit., 50).
18
Ad essa contribuisce anche la scienza del diritto. A tale proposito, possono richiamarsi
le parole di CALAMANDREI: “La scienza giuridica deve servire a rendere più agevole e più
facile l’applicazione della norma al caso pratico, ad aumentare, con le sue sistemazione
razionali, il grado di certezza del diritto, cioè a rendere sempre più intelligibile la portata delle
regole prestabilite dal legislatore all’agire umano ed a mettere il singolo in condizione di
calcolare in anticipo, con previsioni sempre più sicure, le conseguenze giuridiche delle proprie
azioni” (La certezza del diritto e le responsabilità della dottrina”, (1942), ora in ID., Il dibattito
sulla certezza, nel volume di LOPEZ DE OÑATEgià citato, a pagina 174. Prima di Calamandrei,
anche TRIEPEL aveva indicato che tutte le forme storiche di scienza del diritto costruttiva,
nonostante le differenze, avevano alla base una concezione professionale del giurista: “El
método constructivo pretende subvenir a la necesidad del teórico y del práctico, crear certeza
sobre las proposiciones jurídicas por las que ha de regirse la vida social. Certeza jurídica es
necesaria tanto para la tranquilidad del ciudadano afectado en sus intereses por el Derecho
como por la conciencia del estudioso y de la autoridad judicial”, in Staatsrecht und Politik,
discorso di insediamento come Rettore dell’Università di Berlino 1926, trad. spagnola di J.L.
Carro, 1974, 66.
Verità e certezza nel diritto e nella letteratura 245
19
Come ricorda P. HÄBERLE, nei testi classici di W. V. HUMBOLDT la scienza si
caratterizza per la ricerca continua della verità. Il costituzionalista tedesco ha riformulato tale
affermazione di v. Humboldt, con riferimento specificio alla scienza giuridica: “la ciencia del
Derecho es la búsqueda permanente de la Justicia porque la Justicia es la Verdad del
Derecho”. Cfr.: Un Jurista universal nacido en Europa, intervista a Peter Häberle, di
Francisco Balaguer Callejón, in Revista de Derecho Constitucional Europeo, n. 13/2010,
anche online all’indirizzo: http://www.ugr.es/~redce/. Cfr. altresì Diritto e verità, cit., 110.
20
Come afferma lo stesso HÄBERLE, l’ordinamento pone limiti all’accertamento della
verità, che possono essere fondati, ad esempio, sul principio del rispetto della dignità della
persona: Cfr. Diritto e verità, cit., 92.
21
Secondo H. KELSEN la pretesa di individuare un significato univoco e corretto per ogni
norma giuridica è, infatti, una mera finzione destinata a preservare l’ideale della certezza del
diritto. Di fronte a tale pretesa, la scienza giuridica deve esporre, nell’interpretazione delle
norme, i diversi significati che si possono estrarre da esse, lasciando agli organi competenti
ad applicare il diritto la scelta sul senso da attribuire alla norma medesima: cfr. Reine
Rechtslehre, II Ed. (1960), Vienna 1967, 353.
246 Francisco Balaguer Callejón
22
Cfr. G. CÁMARA VILLAR, Votos particulares y derechos fundamentales en la práctica
del Tribunal Constitucional español (1981-1991), Madrid 1993.
23
P. HÄBERLEDie offene Gesellschaft der Verfassungsinterpreten (1975) e
Verfassungsinterpretation als öffentlicher Prozeß -ein Pluralismuskonzept (1978), ora nella
raccolta di scritti dello STESSO Die Verfassung des Pluralismus, Königstein/Ts. 1980,
rispettivamente alle 79 e 45. Cfr. altresì, Methoden und Prinzipien der
Verfassungsinterpretation: ein Problemkatalog, trad. spagnola di Francisco Balaguer Callejón,
Métodos y principios de interpretación constitucional. Un catálogo de problemas, in Revista de
Derecho Constitucional Europeo, 13 /2010, 379 ss., disponible anche online all‘indirizzo:
http://www.ugr.es/~redce/REDCE13/articulos/Haeberle.htm
Verità e certezza nel diritto e nella letteratura 247
Conclusioni
1. Premessa
1
F. YATES, John Florio, The Life of an Italian in Shakespeare’s England, New York
1968, Preface, I.
2
P. HAMMER, The Polarisation of Elizabethan Policy. The Political Career of Robert
Devereux 2nd Earl of Essex, 1585-1597, Cambridge 1999.
Diritti e contratto sociale nella Tempesta di Shakespeare 253
3
Cfr. ad esempio A. GAJDA, The state of Christendom: History, political thought and the
Essex circle, Historical Research, 213/2008, 423-446, in cui affiora un pensiero
monarchomach impegnato contro la tirannia e l’assolutismo.
4
L. STONE, The Causes of the English Revolution 1529-1642, London 1972, distingue tre
livelli di causazione storica, prerequisites, precipitants e triggers, che rispettivamente
rendono possibile, inevitabile o innescano la rivoluzione del 1642.
5
L’edizione di riferimento sarà quella della Oxford University Press del 1987 curata da S.
Orgel.
254 Giuseppina Restivo
The ground of all those miseries was the permissive Providence of God, Who
in the forementioned violent storm separated the head from the body, all the
vital powers of regiment being exiled with Sir Thomas Gates in those
infortunate (yet fortunate) islands. The broken reminder of those supplies
made a great shipwreck in the continent of Virginia by the tempest of
dissension: every man, overvaluing his own worth, would be a commander,
every man, underprizing another’s value, denied to be commanded (IV,23).
9
Oggetto di lunghi allusivi scambi dialogici in 2,1,73-99, da me commentati in G.
RESTIVO, Ironie anticlassiche nella Tempesta di Shakespeare, in Il confronto letterario, 1,
1984, 53-85.
Diritti e contratto sociale nella Tempesta di Shakespeare 261
10
Cfr. G.P.V. AKRIGG, Shakespeare and the Earl of Southampton, London 1968, 157 e
162.
11
S. ORGEL riporta nella sua edizione della Tempesta (207-8) un passo significativo di
A.F. FALCONER, Shakespeare and the Sea (1964), in cui si spiega in dettaglio la precisione
tecnica delle manovre menzionate nella scena della tempesta e la precisione del linguaggio
264 Giuseppina Restivo
15
R. HICKEY, Irish English. History and present day forms, Cambridge 2007, 261 e 298.
Hickey rileva in Shakespeare strutture “which have been regarded as exclusively Irish in
provenance” e spiega che “many nonstandard features of Irish English can be attributed” a
un “English input to Ireland at the beginning of the early modern period”. Cita come
esempio “verb pairs distinguished by direction such as bring, take; rent, let; learn, teach” e
per l’ultima coppia, in cui learn è usato al posto di teach, cita appunto le parole di Caliban qui
menzionate.
272 Giuseppina Restivo
19
L. STONE, cit., identifica quattro filoni ideologici di opposizione alla corona: il
puritanesimo, la common law, l’ideologia country e lo scetticismo.
20
S. GREENBLATT, Shakespearian Negotiations, Berkeley, Los Angeles 1988.
280 Giuseppina Restivo
politica. Considerandosi rex pacificus, intenzionato a mantenere un equilibrio nei rapporti con
potenze cattoliche e protestanti, James inclinava a ‘distribuire’ nelle due opposte aree,
spagnola e nordico-protestante, i due matrimoni. Per la figlia Elizabeth una delle ipotesi fu,
proprio nel 1610, Emanuele Filiberto, terzo figlio di Carlo Emanuele duca di Savoia, a
condizione che il re di Spagna gli cedesse Milano, condizione che non si verificò, mentre
l’avvenente Elizabeth infine sposò nel 1611 Frederick V, Elettore del Palatinato, secondo
fama con vero amore. L’intreccio di usurpazione in cui si iscrive Prospero, come spesso
notato, presenta invece analogie con la vicenda dell’imperatore Rudolf II, che, appassionato
studioso attratto dalla magia come Prospero, si sottraeva alle cure dell’impero e venne
deposto dal fratello Matthias. Nel 1610 Rudolf sperava, come Prospero, di vendicarsi sul
fratello usurpatore, ma non riuscì nel suo intento e morì nel 1612. L’associazione di Prospero
con Rudolf, il più intellettuale dei principi europei dell’epoca, poteva ricondurre a James
perché nel 1609 James dedicò a Rudolf II la Premonition al suo saggio An Apology for the
Oath of Allegiance (a difesa dell’Oath of Allegiance inserito, come s’è visto, nella seconda
charter per Jamestown). Si trattava della seconda edizione in inglese del testo, scritto nel
1608 personalmente dal re in latino, con il titolo Triplici nodo, triplex cuneus, e pubblicato in
prima edizione con un nome d’autore fittizio. Preso, come Rudolf II, nella rete delle
contrapposizioni religiose, che in Germania stavano per avviare la Guerra dei Trent’anni,
James scatenò con il suo saggio una lunga polemica internazionale, cui rispose anche, per il
papa, il cardinale Bellarmino. La posizione di Rudolf era per alcuni tratti simile a quella di
James: circondato da protestanti, incline ad accordi con i cattolici, come alla tolleranza. Di
qui la particolare dedica di James a Rudolf del saggio, peraltro rivolto a tutti i principi
europei, per contrastare la pretesa papale di poter deporre un sovrano. Se Prospero non
‘coincide’ con James, tutto in lui attira lo sguardo su James e la sua politica.
24
G.P. V. AKRIGG, op. cit., 154, 158, 162.
Diritti e contratto sociale nella Tempesta di Shakespeare 283
25
A. HADFIELD, op. cit., 199.
26
Ivi, capitolo III, “Republicanism and Constitutionalism”, 110-149.
PARTE TERZA
Diritto e arti figurative
Tra antico…
L’idea di giustizia
nelle arti figurative del medioevo
FRANCESCO GANDOLFO
1
C. RIPA, Iconologia, Roma 1603, 188.
290 Francesco Gandolfo
2
Il Buono e il Cattivo Governo. Rappresentazioni nelle Arti dal Medioevo al Novecento,
Venezia 2004, 199 ss.
L’idea di giustizia nelle arti figurative del medioevo 291
3
Ivi, 197.
4
A mio giudizio l’iscrizione recita: “(H)ac Habraam Chr(ist)o placuit/(vi)rtute p(ro)batus
leve Iustici/a Pax dextre consolatur”: anche se nel corso del tempo ne sono state date anche
altre letture da M. LOPEZ, Il Battistero di Parma, Parma 1864, 184; A.K. PORTER, Lombard
Architecture, III, New Haven-London-Oxford 1916, 146; G. DE FRANCOVICH, Benedetto
Antelami architetto e scultore e l’arte del suo tempo, Milano-Firenze 1952, 174; C. FRUGONI,
La decorazione plastica. Il programma del complesso antelamico, in Battistero di Parma,
Milano 1992, 140; A. DIETL, La decorazione plastica del battistero e il suo programma, in
Benedetto Antelami e il Battistero di Parma, a cura di C. Frugoni, Torino 1995, 96; A.
ROVETTA, S. COLOMBO, Analisi iconografica del ciclo antelamico, in Il Battistero di Parma.
Iconografia, iconologia, fonti letterarie, a cura di G. Schianchi, Milano 1999, 157.
292 Francesco Gandolfo
5
Si tratta del ms. 4 della Biblioteca della Badia di Cava dei Tirreni: M. ROTILI, La
miniatura nella Badia di Cava. Volume secondo. La raccolta di miniature italiane e straniere,
Cava dei Tirreni 1978, 58-70 e 156-158.
L’idea di giustizia nelle arti figurative del medioevo 293
6
Si tratta del ms. 413 della Biblioteca Nacional di Madrid: Monumenta Germaniae
Historica. Leges, IV, prefazione di F. Bluhme, Hannover 1868, XXVII-XXIX.
294 Francesco Gandolfo
7
Le leggi dei Longobardi. Storia, memoria e diritto di un popolo germanico, a cura di C.
Azzara e S. Gasparri, Roma 2005, 106-107.
L’idea di giustizia nelle arti figurative del medioevo 295
8
W.F. VOLBACH, M. HIRMER, Arte paleocristiana, Firenze 1958, 68.
296 Francesco Gandolfo
9
P.E. SCHRAMM, Die deutschen Kaiser und Könige in Bildern ihrer Zeit, I, Leipzig 1928,
112-114; E.H. KANTOROWICZ, The King’s Two Bodies. A Study in Medieval Political
Theology, Princeton 1981, 113-115; H. BLOCH, Monte Cassino in the Middle Ages, I, Roma
1985, 19-30; J.T. WOLLESEN, A pictorial Speculum Principis: the image of Henry II in Cod.
Bibl. Vat. Ottobonensis lat. 74, fol. 139v, in Word and Image, 5/1989, I, 85-110; G. SUCKALE-
REDFELSEN, Prachtvolle Bücher, in Kaiser Heinrich II. 1002-1024, Augsburg 2002, 275-277.
L’idea di giustizia nelle arti figurative del medioevo 297
10
C. RIPA, Iconologia, cit., 188.
298 Francesco Gandolfo
11
Una attenta descrizione del capitello è offerta da W. KRÖNIG, Il Duomo di Monreale e
l’architettura normanna in Sicilia, Palermo 1965, 67-69 e da R. SALVINI, Il chiostro di
Monreale e la scultura romanica in Sicilia, Palermo 1962, 139-140.
12
Risale a C.D. SHEPPARD, JR., Iconography of the Cloister of Monreale, in The Art
Bulletin, 31/1949, 168 l’indicazione del rapporto tra questo capitello e il portale veronese per
il quale rinvio, oltre al classico A.K. PORTER, Lombard Architecture, III, cit., 474-478, a E.
KAIN, The Sculpture of Nicholaus and the Development of a North Italian Romanesque
Workshop, Wien-Köln-Graz 1986, 127-158. B. BRENK, Zur Programmatik der Kapitelle im
Kreuzgang von Monreale. Rhethorik der varietas als herrscherliches Anspruchsdenken, in
Opere e giorni: studi su mille anni di arte europea dedicati a Max Seidel, Venezia 2001, 45-46
ritiene giustamente che il rapporto tra le due opere si sia configurato come quello di una guida
iconografica.
300 Francesco Gandolfo
13
Si tratta del ms 120 II della Burgerbibliothek di Berna per il quale vedi PETRUS DE
EBULO, Liber ad honorem Augusti sive de rebus siculis. Codex 120 II der Burgerbibliothek
Bern. Eine Bilderchronik der Stauferzeit, herausgegeben von Th. Kölzer und M. Stähli,
Sigmaringen 1994. Sulla vicenda di Tancredi vedi P.F. PALUMBO, Tancredi conte di Lecce e
re di Sicilia e il tramonto dell’età normanna, Roma 1991; C. REISINGER, Tankred von Lecce.
Normannischer König von Sizilien 1190-1194, Köln-Weimar-Wien 1992; H. HOUBEN,
L’elezione di Tancredi di Lecce a re di Sicilia: basi giuridiche e circostanze politiche, in
Tancredi Conte di Lecce Re di Sicilia, a cura di H. Houben e B. Vetere, Galatina 2004, 45-64.
14
Su pannello musivo del duomo di Monreale vedi O. DEMUS, The Mosaics of Norman
Sicily, London 1949, 123-125; E. KITZINGER, I mosaici di Monreale, Palermo 1960, 16; E.
302 Francesco Gandolfo
BORSOOK, The Royal Programmes of Norman Sicily (1130-1187), Oxford 1990, 67-68; TH.
DITTELBACH, Rex imago Christi. Der Dom von Monreale. Bildsprachen und Zeremoniell in
Mosaikkunst und Architektur, Wiesbaden 2003, 295-319.
L’idea di giustizia nelle arti figurative del medioevo 303
20
Così riferisce la presenza dell’iscrizione S. SANNELLI, Annali della Città di Capua,
Capua, Biblioteca Comunale, ms. f. 96: “Nella parte inferiore, sopra la volta della porta era
una donna che rappresentava la fedeltà di Capua, e stracciandosi il petto dimostrava un’aquila
dentro; ove in su la testa era tale motto: Cesaris imperio regni custodia fio”.
21
L. DA PENNE, Commentaria in tres posteriores Libros Codicis Justiniani, XI, 40, 4,
Lugduni 1582, 446: “Item sub eadem statua hinc et hinc imagines erant duorum iudicum”.
22
Liber Augustalis, I, 17 in Constitutiones regum regni utriusque Siciliae mandante
Friderico II. imperatore per Petrum de Vinea capuanum praetorio praefectum, et cancellarium
concinnatae, Napoli 1786, 17: “Et si nos etiam, qui prohibente individuitate personae ubique
praesentialiter esse non possumus, ubique potentialiter adesse credamur”. Su tutte le questioni
attinenti all’uso simbolico della giustizia da parte di Federico II vedi E.H. KANTOROWICZ,
The King’s Two Bodies, cit., 97-143.
306 Francesco Gandolfo
del regno23. La logica della messa in scena era dunque quella dei
giudici che assolvono o condannano nella applicazione della giustizia
di cui l’imperatore, come recita il Liber Augustalis, è insieme padre e
figlio24. Questo spiega perché la sua statua dominasse, subito al di
sopra di quelle figurazioni, nel ruolo appunto di fonte e di custode del
diritto.
L’aspetto significativo e nuovo però non è tanto questo, visto che
concetti analoghi erano già presenti nel ritratto di Enrico II (fig. 13)
contenuto nel libro dei vangeli donato alla abbazia di Montecassino,
quanto nel fatto che non vi sono né notizie né testimonianze che
indichino che quella grande messa in scena si collocasse in un’orbita
cristiana, adeguandosi alla considerazione che il ruolo
dell’imperatore, come fonte del diritto, originava da una investitura
divina, come veniva affermato nel caso di quel manoscritto, ma come
accadeva già nel codice madrileno delle Leges Langobardorum. Noi
non sappiamo cosa rappresentassero le statue che accompagnavano la
figura dell’imperatore. Soltanto di una di esse (fig. 25) conserviamo la
testa, ma non siamo in grado di riconoscerle una puntuale
collocazione nel complesso. In ogni caso si tratta di un’opera di
grandiosa e severa impronta classicheggiante, con una ragione
iconografica che è stata variamente interpretata, proprio sulla base del
confronto con modelli antichi, facendone ora un Giove ora un Silvano,
per via della corona di spighe e di pigne che ne circonda il capo. Il
dato significativo però è che la presenza di questa figura,
ambiguamente pagana, esclude che in quel contesto potesse essere
presente una intenzione cristiana. Tutt’al più il riferimento poteva
essere alla Roma imperiale e ai suoi rituali di investitura, con un
cambiamento epocale, nella caratterizzazione del sovrano interprete
della giustizia, che si fissa soprattutto nella identificazione della sua
23
S. SANNELLI, Annali della Città di Capua, cit., 96: “Dalla destra di Federico era la
statua di Pietro delle Vigne di Capua e sopra era scritto: ‘Intrent securi qui vivere querunt
puri’. Dalla sinistra era la statua di Roffredo, legista di Benevento, con quest’inscrittione:
‘Invidus excludi timeat vel carcere trudi’”. ANDREI UNGARI Descriptio victoriae Karolo
Provinciae comite reportatae, cit., 571 riporta i tre versi con alcune non sostanziali varianti e
ne aggiunge un quarto dello stesso tenore: “Cesaris imperio regni custodia fio, / Quam
miseros facio quos variare scio; / Intrent securi qui querunt vivere puri, / Infidus excludi
timeat vel carcere trudi.”
24
Liber Augustalis, I, 31 in Constitutiones regum regni utriusque Siciliae, cit, 30:
“Oportet igitur Caesarem fore iustitiae patrem et filium, dominum et ministrum: Patrem et
dominum in edendo iustitiam et editam conservando, sic et in venerando iustitiam sit filius, et
in ipsius copiam ministrando minister.”
L’idea di giustizia nelle arti figurative del medioevo 307
29
Sul tema vedi M.M. DONATO, Il pittore del Buon Governo: le opere “politiche” di
Ambrogio in Palazzo Pubblico, in Pietro e Ambrogio Lorenzetti, a cura di C. Frugoni, Firenze
2002, 217-222; ID, “Quando i contrari son posti da presso…”. Breve itinerario intorno al
Buon Governo, tra Siena e Firenze, in Il Buono e il Cattivo Governo, cit., 21-44; R. GIBBS,
“Sober as a judge”: Ambrogio Lorenzetti’s “Allegory of Justice in the good comune”’ under
the influence’ of the Digest and other Bolognese illuminated law manuscripts, in Under the
influence: the concept of influence and the study of illuminated manuscripts, Turnhout 2007,
121-138.
30
G. RÜCK, Brutus als Modell des guten Richters. Bild und Rhetorik in einem Florentiner
Zunftgebaüde, in Malerei und Stadtkultur in der Dantezeit. Die Argumentation der Bilder, a
cura di H. Belting e D. Blume, München 1989, 115-131.
310 Francesco Gandolfo
31
Si tratta della miniatura del cosiddetto “Maestro del 1328” posta a c. 4 del ms. E. I. 1
della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino: vedi A. CONTI, La miniatura bolognese.
Scuole e botteghe. 1270-1340, Bologna 1981, 84-85.
L’idea di giustizia nelle arti figurative del medioevo 311
ILLUSTRAZIONI
Fig. 5 – Cava dei Tirreni, Biblioteca della Abbazia, ms. 4, f. 15v, Re Rotari.
Fig. 6 – Cava dei Tirreni, Biblioteca della Abbazia, ms. 4, f. 182r, Il duca di
Benevento Arechi.
314 Francesco Gandolfo
Fig. 7 – Cava dei Tirreni, Biblioteca della Abbazia, ms. 4, f. 150v, Re Rachis.
Fig. 13 – Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Vat. Ottobon.
Lat. 74, f. 193v, L’imperatore Enrico II.
Fig. 19 – Bern, Burgerbibliothek, Codex 120 II, f. 146r, L’imperatore Enrico VI.
Fig. 29 – Firenze, Palazzo dell’Arte della Lana, Sala dell’Udienza, Bruto buon
giudice difeso dalle virtù cardinali.
330 Alessandra Donati
1
G. AJANI e A. DONATI, Diritto classico e arte contemporanea, in G. AJANI e A. DONATI,
I diritti dell’arte contemporanea, Torino 2011, 11 ss. Ove vengono delineate e approfondite
le problematiche relative alle misure del diritto in rapporto alla tutela delle nuove forme
espressive dell’arte contemporanea – sempre più effimere.
Misure del diritto per l’arte nei luoghi pubblici 331
2. L’arte rigettata
Molti sono i casi di arte pubblica rigettata e per i più disparati mo-
tivi: etici, estetici e pratici.
Il più noto e paradigmatico è il caso dell’opera Tilted Arc
dell’artista Richard Serra: nel 1989 quasi 10 anni dopo l’installazione
la Corte d’appello di New York decide la rimozione dell’opera dalla
Federal Plaza di Manhattan4. Sul caso si era scatenato una dibattito
importante, che aveva coinvolto e diviso l’opinione pubblica. La Fe-
deral Plaza rappresenta il centro dell’amm-inistrazione della città: vi
si affacciano alcuni tra i più importanti edifici sedi di tribunali, uffici e
3
Cfr. A. DETHERIDGE, Quali diritti per l’arte contemporanea, in G. AJANI e A. DONATI, I
diritti dell’arte contemporanea, cit., 25 ss.: Cfr. altresì il dibattito italiano documentato nei
volumi: Paesaggio con figura. Arte sfera pubblica e trasformazione sociale, a cura di G.
Scardi, Torino 2011; L’arte pubblica nello spazio urbano, committenti, artisti, fruitori, a cura
di C. Birrozzi e M. Pugliese, Milano 2007; Creazione contemporanea. Arte società e
territorio tra pubblico e privato, a cura di M. De Luca, F. Gennari Santori, B. Pietromarchi,
M. Trimarchi, Roma 2004.
4
Serra v. General Services Administration, 847 F.2d 1045 (2d Cir 1988); Per il punto di
vista dell’artista Richard Serra cfr. R. SERRA, The Tilted Arc Controversy, in Cardozo Arts
and Entertainment Law Journal, 2001, 39. Tra i molti commenti alla sentenza cfr. J.H. MER-
RYMAN, Law, Ethics and Visual Arts, in Kluwer Law, 2007, 778 ss.; J. BRESLE, Serra v. USA
and its Aftermath: Mandate fot Moral Right in America?, in D. McCLEAN, The Trials of Arts,
London 2007, 195 ss.; M. KWON, One Place after Another, Site Specific Art and Locational
Identity, London Cambridge-Massachusset 2001, 56 ss.; W.J.T. HARRIET, F. SENIE, Tilted Arc
Controversy: Dangerous Precedent?, Minneapolis 2001; G.M. HOROWITZ, Public Art/Public
Space: The Spectacle of the Tilted Arc Controversy, in The Journal of Aesthetics and Art
Criticism, 1996, 54, 1, 113 ss.; B. HOFFMAN, Law for Art’s Sake in yhe Public Realm, in Art
in the Public Shere, 1991, 113 ss.
Misure del diritto per l’arte nei luoghi pubblici 333
12
Cfr., E. HEARTNEY, The dematerialization of Public Art, in Sculptures, marzo-aprile
1993, 44-49; M. DE LUCA, Dal monumento allo spazio delle relazioni: riflessioni intorno al
tema arte e città, in Creazione contemporanea. Arte società e territorio tra pubblico e
privato, cit., 89 ss., in particolare 98.
Misure del diritto per l’arte nei luoghi pubblici 337
derazione: l’opera in uno spazio che rileva, anzi che è con esso in re-
lazione necessaria, e, a volte, per un tempo limitato.
Questa forma di arte contemporanea, ed in particolare il site speci-
fic, nasce come strettamente legata al luogo – pubblico – e strettamen-
te legata all’artista, ed è anche legata al pubblico che ne fruisce e che
trova il proprio spazio da essa modificato. E da ciò nasce sovrapposi-
zione e tensione tra pubblico e privato. Tutti i soggetti, l’artista, il
committente pubblico e il pubblico, sono interessati allo stesso luogo
e contitolari di un diritto sull’opera in quel luogo.
non godono della tutela del diritto d’autore per quanto concerne, in
particolare, la tutela della loro relazione con il luogo per il quale sono
state create15. Nessuna “misura” del diritto qui, solo esclusione.
18
Così ad esempio in Francia, in quasi tutte le città dell’America del Nord e del Canada,
in Corea, in Cina etc.
19
Linee guida all’applicazione della Legge, supplemento GU 29 gennaio 2007, S.G. n. 23
14 ss.
20
Circulaire del 16 agosto 2006 Relativa all’applicazione del Décret n. 2002-677 del 29
aprile 2002, modificato con Décret n. 2005-90 del 4 febbraio 2005; in J.O. 30 settembre 2006
Texte 37.
340 Alessandra Donati
Ora, è vero che esiste una branca del diritto che regola gli interven-
ti in luogo pubblico, si tratta del diritto dell’urbanistica. Questo però
non va nel senso di riconoscere all’opera la sua aura di opera d’arte,
comunque essa sia, ma piuttosto tratta l’oggetto opera d’arte come un
qualsiasi altro immobile, distinguendolo dagli immobili “comuni” sul-
la base delle dimensioni che l’opera occupa nello spazio urbano e dal
fatto che si voglia qualificare come opera d’arte. E questo è un limite
che potremmo ritenere quantitativo, entro il quale l’artista deve muo-
versi.
È evidente che la predeterminazione di criteri quantitativi preclude
l’ipotesi di conflitto, se questi vengono rispettati.
Nasce invece conflitto in modo acuto quando si verte nell’ambito
dei parametri estetici ed etici che l’arte non sopporta. O almeno, non
dovrebbe sopportare perché l’arte sfugge da clausole generali quali
“pubblica decenza”, “decoro”, “senso del pudore”.
Questo è un ambito del diritto che predetermina quali devono esse-
re i criteri generali di impatto pubblico dell’opera e che si trova nelle
linee guida ora menzionate
È invece sulla base dei casi giudiziari che dagli anni ’60 in poi si
sono proposti al giudice, che si è articolata una serie di criteri volti a
formulare i principi di base che l’arte pubblica deve rispettare.
Questi parametri vengono individuati ex post sulla base dei risultati
dei singoli conflitti.
Il conflitto che si apre qui segue due percorsi: un per
l’affermazione di criteri di accettazione estetica e un’altro per quelli di
accettazione etica.
L’accumularsi di interventi ex post per la soluzione di conflitti, –
dunque l’accumulo di criteri nelle guide lines – molto diversificati a
seconda delle sensibilità locali, e del coraggio del committente, e che
ha determinato, come detto, l’inserimento di questi criteri fra i para-
metri di accettazione dell’opera, ha avuto come effetto quello di dise-
21
Le Guide Lines delle più importanti città Nord Americane e Canadesi, come anche di
alcune città di paesi asiatici sono pubblicati per esteso su internet sul sito ufficiale
dell’amministrazione cittadina.
22
Cfr. A. YOUNG, Judging the Image: Art, Value, Law, London 2005, 22.
Misure del diritto per l’arte nei luoghi pubblici 341
5. Nuove misure per l’arte nei luoghi pubblici: linee guida di ri-
forma
23
Cfr. Finley v. Nartional Endowment for the Arts: 795 F. Supp. 1457 ( C.D.Cal. 1992);
National Endowment for the Arts, et Al. v. Karen Finley, et Al.; Supreme Court of the United
States, 524 U.S. 569, June 25, 1998.
24
Si ricorda come esempio il noto caso di Phoenix, Freeway Squaw Peak Pots, 1980.
342 Alessandra Donati
È sul tema del diritto del pubblico ad essere informato che si risol-
ve la tensione tra arte nei luoghi pubblici e pubblico: certo non molti-
plicando i parametri, le rigidità e le censure contenute nei criteri di
aggiudicazione dei bandi per l’assegnazione delle opere, o peggio,
elevando tali requisiti a sistema; la decisione case to case produce in-
fatti solo un accumularsi di divieti che nel lungo periodo porterebbero
all’aggiudicazione di lavori allineati su uno standard prevedibile e po-
co innovativo.
In sostanza, il controllo dell’arte pubblica non può avvenire attra-
verso un rafforzamento dei limiti di accesso ai bandi, perché ciò porte-
rebbe alla negazione della stessa idea di arte, che non sopporta limiti o
prescrizioni, sia essa privata o posta in un luogo pubblico.
E allora le nuove misure che il diritto deve individuare perché
l’arte pubblica diventi arte nello spazio sociale e perché i cittadini
possano accettare e appropriarsi del nuovo monumento, devono essere
ricercate osservando quelle realtà in questi ultimi anni hanno svolto un
ruolo chiave: sono associazioni di artisti e curatori che operano, parte-
cipando ai bandi o raccogliendo fondi per offrire al pubblico opere
d’arte, principalmente attraverso un lavoro di coinvolgimento e in-
formazione della comunità alla quale l’opera è destinata27.
La nuova misura della disciplina della arte contemporanea nei luo-
ghi pubblici deve essere definita dal ruolo svolto da una Mediatore
culturale-artistico, costituito anche da un organo rappresentativo. Una
riflessione che ne consegue è quella relativa alla scelta del tipo di rap-
presentatività e coinvolgimento del pubblico così come il necessario
riconoscimento di incentivi alle associazioni che svolgono questa fun-
zione
È a questo livello che deve intervenire una nuova disciplina che in-
dichi le nuove misure nei rapporti tra artista-opera-pubblico e diritto28.
Inoltre il diritto, senza chiuderle entro una serie rigida di definizio-
ni, deve riconoscere le peculiarità dell’arte temporanea, dell’arte site
specific e off-site.
27
Si pensi all’ Associazione Nouveaux Commanditaires francese che ha un
corrispondente nell’italiana Nuovi Committenti; così come all’inglese Modus Operandi Art
Consultant di Vivien Lovell.
28
Cfr. C. CALIANDRO e P.L. SACCO, Italia Reloaded, Ripartire con la cultura, Bologna
2011, in paricolare 106 e 107.
344 Alessandra Donati
29
Per il testo del manifesto si rinvia a G. AJANI, D. DONATI, I diritti dell’arte contempo-
ranea, cit., 6. Il Manifesto è stato redatto da Gianmaria Ajani e Alessandra Donati insieme a
Anna Detheridge – storica d’arte – Gianni Bolongaro – Collezionista La marrana Arteam-
bientale – e sette artisti: Luca Bertolo, Chiara Camoni, Ettore Favini, Maddalena Fragnito,
Linda Fregni, Alessandro Nassiri, Antonio Rovaldi.
Il carcere e la dis-misura della pena.
Una ricerca sulle locandine cinematografiche
dei prison movies
CLAUDIO SARZOTTI, GUGLIELMO SINISCALCHI1
SOMMARIO: 1. La dis-misura della pena. – 2. Il prison movie e la locandina come fonte di co-
noscenza della cultura giuridica esterna. – 3. Non definizioni, ma strategie. – 4. La locan-
dina come “icona” della costruzione dell’immaginario sul carcere. Immedesimazioni e
contaminazioni. – 5. Due casi paradigmatici: Forza bruta e La grande prigione. – 6. Il
conflitto tra valori di genere e valori socio-culturali dominanti.
Nella sua teoria generale del diritto Norberto Bobbio indica tra i
criteri di preferibilità della sanzione giuridica quello della misura e
della proporzionalità che essa garantirebbe tra gravità dell’illecito e
gravità della sanzione stessa2. Gli stessi riformatori illuministi auspi-
cavano l’introduzione della pena detentiva perché essa sarebbe stata
capace di graduare esattamente l’afflittività della pena in termini di
tempo sottratto alla libertà dell’individuo3.
1
I paragrafi 1, 2 e 6 sono stati scritti da Claudio Sarzotti, quelli 3, 4 e 5 da Guglielmo Si-
niscalchi.
2
Come noto, Bobbio considera i caratteri dell’esteriorità e dell’istituzionalizzazione come
quelli distintivi della sanzione giuridica; quest’ultimo carattere consente appunto di garantire,
oltre ai valori della certezza e dell’imparzialità, quello della proporzionalità tra gravità della
violazione commessa ed entità della sanzione (cfr. ID., Teoria generale del diritto, Torino
1993, 128 ss.).
3
È noto come il principio di proporzionalità della pena si sia affermato solamente alla fi-
ne del ’700 con le pene astratte e convenzionali, in primis il carcere, che consentivano una
precisa quantificazione della misura afflittiva della pena in termini di tempo o di denaro (cfr.
per tutti, L. FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Roma-Bari 1990,
395 ss.).
346 Claudio Sarzotti, Guglielmo Siniscalchi
4
È il caso di quei delitti così efferati da non poter trovare una sanzione che ne eguagli la
gravità. Quale pena può essere commensurabile ad eventi, di cui la cronaca ci ha reso impo-
tenti spettatori: una strage di cittadini innocenti come quella recentemente avvenuta in Nor-
vegia, l’omicidio premeditato e crudele di vittime inermi da parte dei c.d. serial killer?
5
Vedremo come sia possibile sostenere che la mera scelta narrativa di rappresentare la vi-
ta carceraria, senza ricostruire le vicende che hanno condotto in carcere, delinei in qualche
misura la figura del prigioniero in ogni caso come la vittima di un’ingiustizia.
6
Si pensi a film come Le ali della libertà (1994) in cui il protagonista deve lottare a lungo
per provare la propria innocenza contro la stessa volontà perversa della struttura carceraria
che rende difficile tale lotta, o come In nome del padre (1993), in cui la strategia di repressio-
ne del terrorismo irlandese da parte della polizia inglese travolge ogni limite giuridico posto
dal sistema giudiziario a garanzia dell’imputato.
Il carcere e la dis-misura della pena 347
7
Occorre ricordare che esistono anche locandine cinematografiche che fanno riferimento
al carcere pur non presentando film che siano definibili prison movies in senso stretto (si veda
infra par. 4). Tale fenomeno non fa che ribadire l’ampio spazio evocato dal penitenziario
nell’immaginario collettivo delle società occidentali.
348 Claudio Sarzotti, Guglielmo Siniscalchi
8
Riprendo qui la nota distinzione tra cultura giuridica interna, propria dei giuristi, e quel-
la esterna dei soggetti che non si occupano professionalmente di diritto, distinzione elaborata
da Lawrence W. Friedman ed in seguito ampiamente dibattuta nell’ambito della sociologia
del diritto (cfr. per tutti, D. NELKEN (ed.), Comparing Legal Cultures, Dartmouth 1997). Al di
là di ogni possibile critica alla praticabilità empirica e alla stessa possibilità teorica di tale di-
stinzione, la riprendo qui come semplice richiamo al fatto che evidentemente quando parlia-
mo di cinema e diritto il referente empirico è al pubblico indistinto degli spettatori non esperti
di diritto.
Il carcere e la dis-misura della pena 349
13
Riprendiamo, anche in questo caso, l’acuta analisi di Rick Altman che ha sottolineato la
natura “retrospettiva” del concetto di genere e come esso sia la risultante, spesso coglibile so-
lamente ex post, del complesso intrecciarsi del Gioco del Produttore, del Gioco del Critico e
del Gioco dello Spettatore.
Il carcere e la dis-misura della pena 351
14
Come noto, le campagne pubblicitarie delle major, offrendo un prodotto che è ormai in-
teramente globalizzato, vengono articolate a seconda del contesto geografico a cui sono rivol-
te.
352 Claudio Sarzotti, Guglielmo Siniscalchi
17
Rispetto al controverso e dibattuto concetto di “genere”, in queste pagine si adotta una
prospettiva teorica “anti-essenzialista”, ovvero, come anticipato, non si cerca di individuare
un nucleo concettuale sematicamente “forte” in grado di spiegarci cosa sia un prison movie
ma si ragiona di strategie produttive e pubblicitarie in relazione alla percezione del prodotto
filmico da parte del pubblico. Per una ricostruzione del dibattito fra teorie “essenzialiste” e
teorie “anti-essenzialiste” nell’ambito dei generi cinematografici e letterari cfr.: R. ALTMAN,
op. cit., specialmente 3-123. Fra gli studiosi più interessanti che, in questi ultimi anni, hanno
proposto un approccio “anti-essenzialista” di chiara ispirazione wittgensteiniana alla teoria
del cinema ricordiamo soprattutto Noël Carroll, Richard Allen e Malcolm Turvey. Per una
collocazione della teoria dei “generi” nella più ampia cornice delle teorie cinematografiche
del secondo Novecento cfr.: F. CASETTI, Teorie del cinema. 1945-1990, Bompiani, Milano
2002. Per un recente approccio “emotivista” e “cognitivista” al “genere” cinematografico che
potrebbe risultare particolarmente fecondo per lo studio dei rapporti strategici fra prodotti e
percezione del pubblico vedi: T. GRODAL, Moving Pictures: A New Theory of Film Genres,
Feelings, and Cognition, New York 1999; e ID., Embodied Visions: Evolution, Emotion, Cul-
ture, and Film, New York 2009.
354 Claudio Sarzotti, Guglielmo Siniscalchi
18
Per una ricostruzione storico-filmica dei prison movies nel cinema americano risulta
ancora fondamentale, nonostante una filmografia datata alla fine degli anni ’80: B.
CROWTHER, Captured On Film. The Prison Movie, London 1989. Con una prospettiva orien-
tata prevalentemente ai serial televisivi americani cfr. il più recente: D. WILSON, S.
O’SULLIVAN (eds.), Images of Incarceration: Representations of Prison in Film and Televi-
sion Drama, Hampshire 2004; e, con un “taglio” decisamente più storico e sociologico, S.
COX, The Big House: Image and Reality of American Prison, New Haven 2009.
356 Claudio Sarzotti, Guglielmo Siniscalchi
19
Per l’esposizione degli elementi che permettono l’identificazione fra spettatore e dete-
nuto protagonista del prison movie, con riferimento sopratutto ai serial televisivi americani,
mi permetto di rinviare a: G. SINISCALCHI, Oz: variazioni sul paradigma del prison movie, in
Antigone. Quadrimestrale di critica del sistema penale e penitenziario, I, 1, 2006, 151-156.
20
Sul punto mi permetto di rinviare a: GUGLIELMO SINISCALCHI, Punti di vista.
Dall’osservatore allo spettatore giuridico, in Annali della Facoltà di Giurisprudenza di Ta-
ranto, III, 2011.
Il carcere e la dis-misura della pena 357
come Galline in fuga (2000) che mostra in primo piano due galline
che scappano dal pollaio/lager presente sullo sfondo, mentre in secon-
do piano appaiono i due aguzzini/carcerieri dalle sembianze umane.
Anche in questi casi la locandina racchiude in una sola immagine
il senso della strategia filmica che anima queste produzioni: puntare
con decisione sulla messa in scena di una fuga rocambolesca organiz-
zata da detenuti/eroi con i quali il pubblico può facilmente immedesi-
marsi. L’ambientazione carceraria è solo lo sfondo ideale per rendere
le vicende narrate più avvincenti.
Ma il rapporto carcerieri/carcerati contraddistingue anche altri due
frequenti casi di contaminazioni del prison movie: il filone di pellicole
che è tradizionalmente denominato women in prison e quello dove la
fuga del detenuto si trasforma in una rivolta dei carcerati verso le isti-
tuzioni carcerarie.
Nel primo filone l’accento delle illustrazioni nelle locandine di film
come La rivolta delle recluse (1955), N.N. Vigilata speciale (1952) o
Rivolta al braccio D (1962) si posa sulle dinamiche intersoggettive fra
le recluse e fra recluse e guardie carcerarie (di sesso maschile e fem-
minile). Le locandine di questi film, fin dagli anni ’50, rivelano come
il corpo femminile divenga centrale nella strategia produttiva: sia le
foto di scena che le illustrazioni sono tutte orientate a mettere in risal-
to la femminilità delle protagoniste ed il loro desiderio di costituire il
“fuoco centrale” della messa in scena. La scelta di puntare sulla figura
della detenuta, piuttosto che su quella più stereotipata del recluso di
sesso maschile, testimonia la volontà degli studios di rendere ancora
più appetibile il film carcerario: la figura della detenuta permette una
più facile identificazione con il pubblico femminile, tradizionalmente
poco attratto dai prison movies, ed una maggiore “curiosità”, a volte
morbosa, nello spettatore di sesso maschile. Non a caso, la locandina
di N.N. Vigilata speciale contrappone i corpi delle detenute, illustrati
con colori vivi ed accesi, alle figure dei poliziotti e delle guardie car-
cerarie maschili raffigurate come sagome in chiaroscuro; o, ancora, la
locandina di Rivolta al braccio D mostra i corpi di spalle di tre donne
vestite con tacchi a spillo ed abiti scollati rinchiuse in una cella di de-
tenzione. Siamo all’inizio degli anni ’60 e proprio quest’ultimo mani-
festo può essere considerato un precursore di quella che potremmo de-
finire una “sotto contaminazione” del filone women in prison tipico
del decennio successivo: il sotto-filone porno o sadico che utilizza il
360 Claudio Sarzotti, Guglielmo Siniscalchi
22
R. ALTMAN, op. cit., 86.
Il carcere e la dis-misura della pena 361