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3. l’ambivalenza innata: è sia luogo costitutivo della socialità umana, che qualcosa di
difficilmente pensabile e definibile in modo preciso.
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l’individuo come essere in relazione. Di conseguenza, il centro di indagine diventa
l’aggregazione di più individui la quale rimanda un’idea di COMPLESSITA’.
Se due o più individui si percepiscono tra di loro come legati da una relazione si è in
presenza di un gruppo.
KAES (1976) - parla di impensabilità del gruppo causata dalla tendenza a definire le
relazioni sociali non in termini di gruppo ma in termini intersoggettivi.
Studi sul gruppo - si sono definiti su sentieri paralleli che si sono spesso incontrati e
intrecciati, vedi ad es.:
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Primi del ‘900 - PRATT conduce le prime esperienze di uso dei gruppi in campo
terapeutico nel trattamento di pazienti tubercolotici: osserva gli effetti benefici del gruppo
sul morale e sul decorso della malattia.
Dagli anni ‘40 si assiste alla diffusione del gruppo in campo analitico attraverso tre
modalità:
FREUD basa la sua elaborazione dei concetti di gruppo e massa sul lavoro di G. LE
BON - 1885 - Psicologia delle folle: secondo il quale l’individuo nella massa
regredisce ad uno stato primitivo, da tre punti di vista:
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Nel modello psicoanalitico freudiano individuo e gruppo costituiscono una dicotomia:
1. l’individuo riveste una posizione di priorità => gli individui vengo prima e dopo
formano un gruppo.
L’”irruzione” del sociale nella vita psichica degli individui avviene tra il terzo e il
quinto anno di vita, a seguito della fase del complesso edipico (desiderio di amore
verso la madre-ostacolo della figura del padre-rinuncia da parte del bambino) che esita
nella costituzione del Super-Io con l’interiorizzazione delle regole e norme sociali,
rappresentate a livello simbolico dal padre e dal suo divieto di fusionalità madre-figlio.
Altri modelli psicoanalitici (M. KLEIN o R. SPITZ), ipotizzano che la formazione delle
istanze dell’Io e del super-Io avvenga nelle primissime fasi dello sviluppo, introducendo
l’idea che il sociale influisce sulla costituzione della psiche del bambino in una fase
precoce.
In tali testi sviluppa due visioni sulla pulsione aggressiva dei gruppi:
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a. Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) - l’aggressività origina da ciò che è
diverso, da ciò che differenzia il me dal non-me, instaurando una profonda
connessione tra individuo e gruppo, aspetto studiato dal modello psicoanalitico
relazionale.
- sessuale
- riproduttiva
- educativa
- economica
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La FAMIGLIA ha una dimensione storico-sociale: si tratta di un piccolo gruppo con
storia, il cui aspetto distintivo è il condividere una storia condivisa che viene dal passato e
da legami che si estendono nel futuro.
FAMIGLIA come GRUPPO PRIMARIO: gruppo naturale che regola le relazioni dei suoi
componenti rispetto agli stimoli che consentono al singolo di significare e qualificare
l’esperienza, come stare nei rapporti e dare senso agli eventi.
FAMIGLIA rappresenta:
- gruppo/sistema sociale in miniatura
- come piccolo gruppo è l’esempio più significativo dei gruppi naturali
S. MINUCHIN - uno dei padri fondatori della psicoterapia familiare, cerca di curare
l’individuo a partire dal suo contesto sociale, cercando di modificare l’organizzazione
interna della famiglia: col mutare della struttura familiare cambiano anche le posizioni
dei componenti e così possono cambiare le esperienze di ciascun individuo.
Famiglie e terapia della famiglia - 1976, libro manifesto in cui viene definita la teoria
strutturale familiare. Per MINUCHIN il lavoro terapeutico non deve basarsi su
interpretazioni, intellettualizzazioni o aspetti astratti, ma deve essere fruibile da tutti e
pone al centro le dinamiche familiari.
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Per MINUCHIN la famiglia è un “laboratorio” dove ciascun membro costruisce il proprio
senso di identità, sulla base di due poli opposti: senso di appartenenza e senso di
differenziazione.
La MATRICE FAMILIARE è il luogo in cui questi due aspetti si mescolano tra loro, il
luogo in cui il singolo fonda la sua identità:
1. senso di appartenenza - si forma da bambino con:
Processo di differenziazione
Sistema-famiglia
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All'interno della famiglia, ciascun componente (Andolfi, et. al., 1982):
- occupa un preciso posto e svolge una determinata funzione per età, sesso, ruolo
sociale
Per MINUCHIN nella famiglia ogni membro deve svolgere un determinato ruolo ed
assolvere ad una specifica funzione.
Il sistema famiglia:
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1. tende ad essere conservativo: mantiene i modelli preferiti per conservare se
stesso, facendo resistenza ai cambiamenti, percepiti come minaccia.
Per MINUCHIN ogni famiglia ha una sua struttura gerarchicamente definita e stabilisce i
ruoli e i confini di potere tra le generazioni.
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1. la gerarchia generazionale, le regole che stabiliscono i livelli di potere decisionale
di ciascun sottosistema;
I CONFINI tra sottosistemi possono essere collocati lungo un continuum: rigidi - chiari
- diffusi:
A. CHIARI - Famiglie funzionali = permettono ai membri di:
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- L’autonomia è solo esibita: è una falsa indipendenza; i membri sono incapaci di
sentimenti di lealtà e di appartenenza: l'individuo non ha potuto sperimentare la
dipendenza per poter maturare senso di autonomia personale (Gambini, 2007).
- famiglia psicosomatica
-
Famiglia psicosomatica (famiglia invischiata) - MINUCHIN
B. Iperprotettività:
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• Evitamento del conflitto:
La famiglia viene vista come un sistema circolare di causazione reciproca in cui non
esiste un inizio e una fine, una causa e un effetto ma solo un insieme di reciproche
influenze tra variabili:
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BOWEN - Triangolo Emotivo / Relazione Circolare Triadica
Il TRIANGOLO è una modalità che consente di leggere il gruppo e quelle che sono le
relazioni tra i membri.
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relazionale un terzo personaggio per mantenere un livello di differenziazione che
permetta di conservare una relazione stabile.
- il figlio viene triangolato in maniera continuativa dalla diade coniugale che lo utilizza
per deviare una propria conflittualità;
- il figlio, i cui movimenti verso l’autonomia emotiva vengono impediti dalla diade
genitoriale, esprime tale “incastro” con comportamenti sintomatologici di sofferenza
emotiva.
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- confini invischiati tra i sottosistemi che fa si che questo “spostamento strutturale”
diventi una modalità triadica rigida, compromettendo il funzionamento del sistema
familiare.
- coalizione genitore-figlio,
- triangolazione
- deviazione.
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- il sottosistema coniugale mantiene un’apparente armonia.
“Verso una teoria dei sistemi patologici” (1977), sono descritte le caratteristiche del
triangolo perverso:
1. le persone del triangolo non sono pari: occupano livelli differenti nella gerarchia di
potere;
Il gruppo di Milano, per descrivere le dinamiche delle famiglie con un membro psicotico,
ha utilizzato la metafora del gioco, per descrivere l’organizzazione relazionale
interattiva della famiglia, costituitasi nel tempo.
I giochi caratterizzano sia le famiglie patologiche che quelle non patologiche: ciò che
le differenzia sono le caratteristiche dei giochi.
I giochi delle famiglie psicotiche, sono “sporchi”, in quanto gli scopi vengono occultati
e negati con due manovre: l’istigazione e l’imbroglio:
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La triangolazione, in ambito psicodinamico e sistemico-familiare, è sempre collegata
a dinamiche relazionali patologiche e disfunzionali:
- nel modello psicodinamico fa riferimento all’esperienza edipica del bambino di essere
escluso dalla relazione dei genitori, madre-padre-figlio.
Tale concettualizzazione:
A. ribalta le teorie evolutive e psicoanalitiche classiche, secondo le quali le
interazioni triadiche sono il culmine di una sequenza che inizia con le relazioni
diadiche madre-bambino,
La struttura familiare che funziona implica una forte alleanza coniugale e parentale,
come sostiene Minuchin.
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• Il LTP prevede 4 situazioni-tipo:
1. uno dei due genitori gioca con il bambino, l’altro è solo presente;
• La famiglia è lasciata libera di decidere la durata del gioco e quando passare da una
fase all’altra.
Attraverso le quattro situazioni-tipo si vuole indagare:
Per raggiungere lo scopo triadico i membri della famiglia devono soddisfare tre funzioni
interrelate: partecipazione, organizzazione e focalizzazione che compongono il grado di
coordinazione.
• Sulla base del grado di coordinazione le relazioni nella famiglia sono descritte in
termini di “alleanza familiare”:
- + le interazioni sono coordinate, + l’alleanza familiare è funzionale = promuove
lo sviluppo socio-emotivo del bambino;
MODULO II
MERTON (1957)
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A. le persone in interazione = la presenza di un certo numero di individui che
interagiscono secondo regole e norme;
MAISONNEUVE
i gruppi sociali si basano sull’identificazione sociale che è strutturata sulla memoria
collettiva.
I legami nei gruppi sociali non sono basati sull’interdipendenza e l’interazione ma
preesistono all’individuo: si costruiscono sulla memoria collettiva, la base del
legame tra gli individui nei gruppi sociali.
TURNER
Teoria della categorizzazione del Sé: il gruppo sociale è un aggregato di due o più
individui che:
Nel gruppo il singolo cerca il supporto e il sostegno degli altri e, allo stesso tempo, una
difesa dai sentimenti di ansia e paura insiti nel contatto con chi è estraneo.
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- bisogni di sicurezza e affiliazione (due dei principali sistemi motivazionali, Liotti,
2002), con la rinuncia alla propria autonomia e acquisizione passiva di
comportamenti di gruppo
Lo studio del rapporto tra individuale e sociale è approfondito da LEWIN con la teoria
del campo che identifica il gruppo come soggetto sociale.
L’interdipendenza è il vero legame che unisce i membri del gruppo, anche del
gruppo sociale, non la somiglianza.
Dinamica di gruppo
il gruppo non è un’entità statica, ma è la risultante di un insieme di forze, tensioni,
conflitti in perenne trasformazione, il continuo mutare delle forze che agiscono verso e
dentro il gruppo: concetto di omeostasi.
Il PROCESSO DI NORMALIZZAZIONE
Ogni gruppo si costruisce e sviluppa stabilendo delle norme che lo individuano
come tale e regolano i rapporti tra i membri.
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Il processo di normalizzazione è la tendenza innata che porta i membri di un gruppo
a stabilire parametri di riferimento comuni: le NORME.
E’ un processo intenso nella fase costitutiva del gruppo, non si esaurisce nel corso del
tempo, è soggetto a continui aggiustamenti.
SHERIF condusse uno dei primi esperimenti volti ad indagare la costruzione delle
norme collettive in gruppo: l’“esperimento del campo estivo” che illustra come
l'appartenenza ad un gruppo (ingroup) e il conflitto con l’esterno (outgroup) è
avvertita in termini cognitivi, valutativi ed emozionali:
- prima fase, i ragazzi sperimentavano per una settimana la vita comunitaria nel
gruppo intero: nascita di relazioni e amicizie
- terza fase il conflitto fra i due gruppi veniva suscitato attraverso attività
competitive: uno solo dei gruppi veniva premiato (interdipendenza negativa).
I ricercatori assistettero a:
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- quarta fase, riduzione del conflitto con l'introduzione di scopi sovraordinati
raggiungibili solo con lo sforzo congiunto dei gruppi. Si osservò: riduzione delle
ostilità, ricomposizione dei legami d’amicizia.
Secondo SHERIF:
- il conflitto fra gruppi si genera per ragioni oggettive, legate al conflitto di interessi.
- le relazioni tra i membri e le reciproche percezioni si modificano in relazione
all’appartenenza al gruppo.
con la loro ricerca verificarono che due gruppi che lavoravano fianco a fianco, non
competitivamente, sviluppano ugualmente favoritismo ingroup e conclusero che anche
gruppi appena costituiti e non posti in situazioni conflittuali sviluppano bias reciproci e
favoritismo in-group.
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MODULO 3 – SETTING E PARAMETRI DEL GRUPPO
Per definire setting e parametri del gruppo terapeutico è necessario capire se gli
strumenti della psicologia individuale siano adeguati al contesto multipersonale del
gruppo. Si tratta di un’analisi a vari livelli: epistemologico, psicologico, empirico.
La natura complessa del gruppo considera le variabili del processo di gruppo come
strumenti per la comprensione del gruppo stesso: le coordinate spaziali e temporali, i
parametri del gruppo, le teorizzazioni e i modelli.
- arredamento
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- contesto
- tempi
- onorario
- durata
- regole di comportamento
- tipo di contratto
- concetto di matrice
- gli elementi invisibili che contribuiscono alla creazione della situazione terapeutica
Sulla base di ciò, LO VERSO propone di utilizzare il termine SETTING per riferirsi alla
situazione terapeutica all’interno della quale vi è la compresenza di variabili relative sia
al SET che al SETTING, oltre che al CAMPO MENTALE CONDIVISO.
Il SETTING può essere definito come uno SPAZIO, un insieme di aspetti formali e
mentali grazie ai quali può avere luogo il processo psicoanalitico. Il SETTING è il
cuore dell’analisi.
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Il SETTING riguarda tutto ciò che contribuisce alla costruzione del campo gruppale o
con-transferale, dapprima costruito nella mente del terapeuta e poi via via co-costruito
con i pazienti.
Con SETTING si indicano tutti gli elementi attinenti al terapeuta e collegati alle sue
caratteristiche: obiettivi - modello operativo - teoria del cambiamento - formazione -
aspettative - capacità di pre-cognizione del gruppo - selezione dei membri - campo
mentale - luogo fisico - regole - durata.
Si tratta di variabili fisse che finiscono con rigore il setting per proteggere paziente ed
analista da rotture e trasgressioni.
I parametri del processo psicoanalitico sono stati definiti da FREUD e mirano a fornire
il maggior numero di informazioni, cercando di ridurre al minimo i disturbi.
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conduttore e gli aspetti epistemologici.
- gruppi di formazione/supervisione
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Per ciascuna tipologia di gruppo i parametri descrivono:
a. obiettivi,
b. domanda/committenza,
c. utenza,
d. aspetti del setting,
e. esplicitazione dell’uso di farmaci,
f. inquadramento teorico-tecnico,
g. dimensione istituzionale del campo mentale del gruppo,
h. aspetti legati alla corporeità in gruppo.
Nel setting di gruppo sono riconosciute e disvelate sia al terapeuta che ai membri quelle
che sono le esperienze da trasformare grazie alla sperimentazione di un assetto mentale e
clima relazionale che consente di vincere la coazione al copione: la cultura familiare
inconsciamente incorporata che fonda l’identità collettiva del soggetto ed il Sé che non è
individualizzato.
L’incorporazione culturale definisce delle matrici sature che funzionano come un
automatismo: sono condotte programmate e non mentalizzate che grazie al lavoro di
gruppo possono essere viste e comprese, rese consapevoli e rifiutate o integrate nel
proprio modo di stare al mondo.
Il gruppo è uno SPAZIO SOCIALE che facilita la relazione fra chi ne fa parte e la nascita
di legami identificativi che crea una cultura, un’affettività comune condivisa nel tempo e
che porta ad una strutturazione gerarchica sulla base del bisogno di ciascun membro di
prendersi uno spazio del gruppo ed assumere una posizione predominante.
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Concetto di spazio del gruppo
evoca la figura del cerchio che distingue un dentro da un fuori e rimanda al senso di
appartenenza e di differenziazione. Lo spazio del gruppo è uno spazio concreto e
mentale: luogo fisico, affettivo, emotivo, relazionale non sempre districabile che
rimanda alle dinamiche che si attivano in gruppo.
• ROUCHY (1998) => lo spazio del gruppo ha un forte effetto di attivazione delle
potenzialità immaginifiche del soggetto: può succedere che in gruppo un soggetto
abbia accesso al suo spazio interno più profondo e arcaico e proiettarlo nello spazio
contenitivo del gruppo.
La FUNZIONE ALPHA è stata proposta da BION, in analogia alla funzione somatica della
digestione, dove ha la funzione di elaborare i pensieri: è una funzione della personalità
che opera su quelle che sono le percezioni sensoriali. E’ un processo che dipende dal
rapporto che il bambino instaura con la madre grazie alla REVERIE MATERNA: la
capacità della madre di ricevere quelle che sono delle percezioni emotive e
sensoriali grezze del neonato grazie all’identificazione proiettiva.
La madre riesce ad elaborare queste percezioni in una forma più digeribile, affinché la
psiche del neonato possa introiettarle ed assimilarle. In questo modo il neonato può
introiettare sia le sue esperienze rese pensabili e anche quello che è un oggetto
accogliente e comprensivo (la madre) con il quale identificarsi e sviluppare nel tempo la
capacità di pensare.
La FUNZIONE GAMMA corrisponde alla capacità del pensiero del gruppo di digerire
gli elementi emotivi grezzi (gli elementi beta) sparsi nel campo analitico e di
trasformarli in elementi gamma necessari per la formazione del pensiero del gruppo.
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La funzione gamma nel gruppo tende verso il pensiero, verso una verbalizzazione
condivisa di ciò che deriva dall’impercettibile, eseguendo azione trasformative che
consentono di organizzare il pensiero dell’esperienza emotiva che avviene nel gruppo.
E’ una visione del tempo che si muove avanti e indietro secondo un movimento a spirale
rendendo possibile la caratteristica dei gruppi di ripetere modalità, temi o dinamiche già
attraversate o simili che si collocano in un punto diverso del percorso del gruppo.
DI MARIA - LO VERSO (1998) - con pre-concezione del gruppo, intendono il fatto che
il gruppo nasce prima della sua costituzione nell’immaginazione di chi lo crea e di chi
ne fa parte.
La pre-concezione del gruppo è fondamentale alla tenuta del gruppo nelle sue fasi
iniziali, quando nelle prime sedute il gruppo come dispositivo terapeutico non esiste
ancora, è una struttura semivuota, uno spazio virtuale: sono definiti solo i ruoli del
conduttore, dei membri, dell’osservatore.
La rete di comunicazioni che si sviluppano via via, poggia sulle aspettative e sulle
preconcezioni dei singoli membri del gruppo che fornirà una struttura sempre più solida
di significati pertinenti ed articolati.
Nella seconda fase, la struttura sempre più solida di significati permette di ricostruire,
riattualizzare eventi passati e inconsci, ed avviare il gioco delle identificazioni
conducendo alla nascita di un senso di appartenenza.
Il passaggio tra la fase iniziale e la seconda fase segna il raggiungimento del senso di
appartenenza al gruppo, possibile solo dopo che i membri hanno riacquistato la propria
dimensione individuale.
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La fondazione del gruppo si sviluppa attraverso la dinamica di fusione-individuazione,
articolata secondo:
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Corpo e gruppo sono contemporaneamente il supporto delle relazioni d’oggetto e del
narcisismo”.
Parametri Comuni: 1. tipo di gruppo - 2. domanda (inizio del rapporto) - 3. tipo di utenza
e tipologia di pazienti - 4. numero di partecipanti - 5. luogo di lavoro - 6. cadenza sedute -
7. setting e matrice di gruppo - 8. pagamento - 9. farmaci - 10 durata del lavoro - 11.
fondazione del gruppo - 12. processualità del gruppo - 13. presenza del corpo - 14.
aspetti istituzionali - 15. responsabilità/conduttore - 16. tipo di intervento
• Cadenza sedute - Una o due volte a settimana (1h e 30) o due sedute consecutive.
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• Set(ting) e matrice di gruppo - Strutturato e stabile dopo la fase di fondazione, le
uscite, gli inserimenti (se gruppo semiaperto/semichiuso).
• Farmaci - possono divenire un contenitore delle parti psichiche angosciate, una forma
di dipendenza rituale ed “esorcistica” della paura dei sintomi vissuti. L’elaborazione dei
vissuti psichici e simbolici legati ai farmaci fa parte del lavoro clinico. Trattamento
farmacologico possibile e transitorio, gestito da psichiatri (in contatto con lo
psicoterapeuta).
• Presenza del corpo - Centrale: corpo come il luogo dove la relazione vive ed agisce,
come oggetto di attenzione e lavoro clinico: simbolico, rappresentativo e bio-
psichico. Comunicazione non verbale: centrale. L’intervento psicoterapico è
psicosomatico, utilizza l’interezza del bios, del vivente: una psicoterapia di gruppo è
una “terapia biologica" (Fasolo, 1995), incide a livello somatico e sanitario.
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- nel caso di presenza effettiva (gestione i rapporti tra gruppo ed istituzione e con i
colleghi),
- nel caso di presenza indiretta e psichica (le istituzioni di appartenenza del terapeuta
ecc.).
• Domanda (Inizio del rapporto) - Individuale, familiare, invio (strutture sociali, sanitarie,
medici, amici, altri pazienti). Molto presente può essere l’aspetto istituzionale.
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• Tipo di utenza e tipologia di pazienti - Attenzione iniziale agli aspetti supportivi, alla
dimensione familiare, alla coesione gruppale dovuta all’identificazione
monosintomatica. Prevalenza femminile: gruppi di pazienti con disturbo del
comportamento alimentare, maschile: tossicodipendenze e dipendenze patologiche.
• Numero partecipanti - 4-10, modificabile.
• Luogo di lavoro - Centro specializzato privato sociale e/o pubblico, strutture cliniche,
studio professionale, strutture assistenziali varie.
• Cadenza sedute - Una o due volte a settimana (1h e 30) o due sedute consecutive,
come nel gruppo di terapia analitica
• Pagamento - Diretto nel caso di lavoro privato - può esserci l’intervento della famiglia.
Indiretto se si svolge in servizi: associazioni pubbliche, amministrazioni, istituzioni
sanitarie pubbliche e private, associazioni di pazienti. Il problema del pagamento è
oggetto di elaborazione psicodinamica.
- L’elaborazione dei vissuti psichici e simbolici legati ai farmaci fa parte del lavoro
clinico: possono assumere un carattere di contenitore delle problematiche
psichiche.
- A volte sono utili trattamenti medici o comunitari iniziali anche di tipo non
strettamente psichiatrico ma di medicina generale.
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• Durata del lavoro - durata variabile (da qualche mese a due anni), a volte medio-
lunga: minore in gruppi più supportivi e maggiore in quelli espressivi. Può esserci un
termine prefissato.
- Maggiore attenzione iniziale ai sintomi e alla famiglia, alla sua storia, al campo
psichico. Fondamentale l’attenzione all’incontro interpersonale, sia nel gruppo
che nella vita quotidiana.
• Presenza del corpo - Centrale in tutti i suoi aspetti: sessuali, narcisistici, simbolici,
relazionali, biologici, ecc.; massima attenzione psicodinamica. Il rapporto corpo-
relazione-mentalizzazione è fondamentale.
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- Relativa direttività soprattutto dopo la fondazione e facilitazione del processo
gruppale e della sua funzionalità terapeutica, centratura sull’asse circolare individuo
interazione-gruppo.
- Lavoro sul singolo “attraverso” il gruppo. Oscillazione fra processo gruppale qui
ed ora e comprensione/trasformazione della gruppalità interna.
- Consentire una più serena assunzione dei trattamenti sanitari; aiutare pazienti,
familiari e curanti ad essere meno soli e affrontare situazioni angoscianti.
• Domanda (Inizio del rapporto) - Solitamente da parte di operatori ospedalieri e di
strutture sanitarie. Va “istruita” la domanda con pazienti, familiari, operatori sanitari.
Molta attenzione alla domanda esplicita (di rinforzo al lavoro di cura, di alleviamento
di tensione e ansia, di contributo psicosomatico ecc.) ed alla domanda implicita o
inconscia relativa alle paure e alle angosce.
• Cadenza sedute - Una o due volte a settimana (1h e 30) o due sedute consecutive.
Frequentemente settimanali, altre periodicità vanno a modificare il set(ting) e le modalità
di lavoro.
- Maggiore attenzione alla patologia organica, sui modi di vivere la malattia, sulle
dinamiche paziente-familiare, sui vissuti e le angosce legate alla patologia.
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• Pagamento - Diretto nel caso di lavoro privato. Indiretto se si svolge in servizi. Il
problema del pagamento è oggetto di elaborazione psicodinamica. Spesso il gruppo è
un servizio offerto da strutture ospedaliere di avanguardia.
• Farmaci - Sempre presenti, aspetto centrale della cura medica. Il farmaco assume
un aspetto più “normale” rispetto ai gruppi monositnomatici: è indispensabile e
solo secondariamente implica problematiche psicologiche.
• Durata del lavoro - Molto variabile, dipende dal tipo di gruppo; aperto, chiuso, semi-
aperto, a termine o meno; legata al periodo di ricovero o meno.
- il lavoro è agevolato dai pazienti che spesso si sentono ascoltati: ciò pone
problemi di conduzione. E’ presente il bisogno di una condivisione profonda dei
reali timori.
- buoni risultati in tempi non lunghi di tipo interpersonale e di stato d’animo, non di
trasformazione di radici dell’identità o di personalità.
• Presenza del corpo - Molto importante: il lavoro parte dall’esperienza del corpo
malato affidato alle cure mediche. Il lavoro è integrabile con i vissuti psichici affettivi,
cognitivi, relazionali, i rapporti interpersonali, la famiglia ma anche la memoria, il lavoro,
il rapporto culturale con la malattia ed il dolore.
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• Responsabilità/Conduttore - Lavoro molto forte e approfondito con se stessi, saper
accogliere le angosce, è necessario esserci empaticamente non solo in modo
estetico-fenomenico o comportamentale o interpretativo. La condivisione insieme alla
comunicazione è uno dei principali fattori terapeutici; buona formazione analitica ed
un lavoro su di sé relativo alla tematica della malattia e della morte.
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miglioramento e/o remissione totale. Umiltà e “coraggio” nell’assumersi la
responsabilità del lavoro con gravi malattie fisiche.
La distinzione tra interessi individuali e interessi del gruppo si basa sull’idea che in
gruppo l’individuo perda qualcosa.
- il modello sociologico di Elias va dal sociale verso una integrazione tra individuo e
società.
- costruisce i suoi oggetti interni attraverso l’interiorizzazione delle relazioni sociali del
proprio ambiente.
FOULKES, inoltre, si ispira alle teorie organimische di Goldstein, alle teorie
gestaltiche e agli scritti di BURROW che nel 1925 conia il termine ANALISI DI GRUPPO.
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L’individuo è determinato dal modo in cui vive, dal mondo in cui vive, dalla comunità,
dal gruppo di cui costituisce una parte.
DALAL basandosi sugli studi di FOULKES afferma che il gruppo, la comunità è l’unità
primaria da considerare e che i processi interni dell’individuo non sono altro che
interiorizzazioni delle forze che operano nel gruppo al quale egli appartiene.
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I processi interni, non sono interni in sé, ma sono dinamiche gruppali interiorizzate:
l’essere umano vive in relazione con l’ambiente ed il sociale agisce sulla formazione della
psiche sin dalle più precoci fasi di vita.
Per FOULKES:
1. “Il gruppo è l’unità primaria ultima da considerare: i processi interni sono
interiorizzazioni delle forze che operano nel gruppo al quale si appartiene”.
4. Il ruolo del sociale è fondamentale: agisce sulla formazione della psiche del
bambino sin dalle più precoci fasi di vita: ad essere interiorizzato non è un
oggetto esterno, ma è la relazione sociale, l’insieme delle interazioni e delle
comunicazioni presenti nel contesto socioculturale in cui si nasce e si cresce.
Per FOULKES:
- Io, Super-Io ed Es sorgono da una matrice comune, che ha inizio alla nascita o
perfino nella fase prenatale: si sviluppano di pari passo all’interno del contesto
familiare
In questo modo si struttura l’INCONSCIO SOCIALE: una forma di inconscio non rimosso,
costituito dall’accumularsi delle comunicazioni sociali interiorizzate dal bambino nel
corso dello sviluppo.
INCONSCIO in quanto sede dei condizionamenti esterni, delle disposizioni sociali,
culturali e relazionali dei quali si è inconsapevoli.
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La mente relazionale
Per Foulkes, i fenomeni vanno sempre visti in relazione ad un contesto maggiore:
- l’individuo non esiste in assoluto, “ha senso” solo in relazione agli altri (cioè al gruppo),
- il gruppo non esiste in assoluto, va visto in relazione ad altri gruppi, cioè al contesto
(sociale).
La MENTE nella gruppoanalisi viene concepita come mente relazionale nata per
soddisfare il bisogno di comunicare dell’uomo.
Ne deriva che i gruppi sono reti di comunicazioni di cui gli individui rappresentano nodi
dove le diverse linee di comunicazione si intersecano.
Un aspetto centrale della teoria di FOULKES è dato dalla concezione dell’uomo come
animale sociale in cui la spinta primaria è l’appartenenza.
Si tratta di un sociale che penetra l’essenza della personalità insieme alle relazioni sociali,
alle interazioni e alle comunicazioni. La mente, quindi, è l’esito di molte comunicazioni.
La comunicazione - la Matrice
Per FOULKES la comunicazione è tutto ciò che accade tra le persone, anticipando le
intuizioni di Watzlawtick: si comunica attraverso il linguaggio verbale, il non verbale,
la prossemica, il corpo, il transfert, la proiezione, l’abbigliamento, etc.
MATRICE
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Riferendosi alla comunicazione, FOULKES parla di MATRICE: il fulcro sostanziale del
modello gruppoanalitico, quello che meglio rappresenta la comunicazione all’interno
dei gruppi.
La MATRICE può essere pensata come quella CULLA CULTURALE che contribuisce a
determinare la formazione e lo sviluppo psichico dell’uomo e che ci consente di
apprendere degli strumentI noti che ci permettono di muoverci nel mondo.
3. matrice personale: l’esperienza interiorizzata dall’individuo a partire dal suo far parte
di un dato gruppo, come ad esempio il gruppo familiare.
Psicopatologia
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FOULKES utilizza l’immagine dei cerchi concentrici per descrivere la psicopatologia e
la pensa come una sofferenza che va dall’individuo, alla famiglia, al sociale.
La psicopatologia viene pensata non soltanto come l’esito di uno sviluppo psicosessuale
del soggetto o di relazioni oggettuali, ma come rappresentazione drammatica dei
personaggi del proprio mondo interno e delle proprie matrici familiari: è la
conseguenza di un fallimento della “matrice familiare satura” nella sua funzione di
spazio transizionale, attraverso la mancata trasformazione della storia delle generazioni
precedenti,
Lo SCOMPENSO NEVROTICO può essere visto come il punto di rottura di una serie di
processi relazionali che coinvolgono molte persone, dal sociale alla famiglia, vicine
all’individuo. Il disturbo nevrotico è il risultato dell’interazione di più persone che
contribuiscono alla sua comparsa e al suo mantenimento.
Il presupposto teorico è che non c’è una persona “malata” ma c’è un sistema
familiare in crisi, che non è in grado di affrontare gli eventi intollerabili all’interno di quel
sistema di pensiero e di relazioni: il disturbo nonostante si presenti in un soggetto è il
sintomo di un gruppo più esteso, nominato da FOULKES “localizzazione”.
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- dimensione orizzontale, attuale: le interazione della matrice dinamica che
definiscono la matrice personale.
La neocultura offre una nuova trama di pensiero sulla quale il paziente può avviare una
riorganizzazione del sé, rompendo i nuclei patogeni della matrice familiare satura.
47
Il metodo di cura è congruente col modello psicopatologico: “la gruppoanalisi è una
forma di terapia praticata dal gruppo nei confronti del gruppo, incluso il conduttore.
E’ una terapia mediante il gruppo, (per mezzo/attraverso il gruppo) differenziandosi
dalle altre due modalità di terapia analitica, di gruppo o in gruppo:
1. FOULKES - BURROW => gruppoanalisi: analisi attraverso il gruppo, gruppo
esterno, gruppalità interne, conduttore coinvolto nel processo analitico
2. BION - EZREL => analisi di gruppo: gruppo come totalità, insieme unitario,
terapeuta neutrale (interpreta)
3. SLAVESON - WOLF => analisi in gruppo: modello analitico puro, gruppo come
aggregato di individui, focus su individuo, gruppo come sfondo, conduttore
distaccato.
Processualità di gruppo
si articola in una serie di fasi successive:
1. Creazione del gruppo: pre-concezione del gruppo che nasce “prima” nella mente
del conduttore che valuta l’opportunità e l’utilità di intrecciare le storie dei pazienti.
L’inserimento di un nuovo paziente a gruppo avviato segue un iter simile sulla base:
48
4. il conduttore dovrà mantenere attiva questa capacità di lettura dei transfert
soprattutto nei momenti di difficoltà del gruppo.
Il Metodo di cura della Gruppoanalisi considera e lavora sulla gruppalità interna (base
sociale della psiche dell’individuo) e sul gruppo come rete d’interazione (matrice di
comunicazione, relazioni multipersonali, transfert multipli e fattori specifici del setting di
gruppo nel qui ed ora: rispecchiamento, risonanza, esperienza emotiva correttiva,
socializzazione).
49
2. circolarità, il fatto che qualsiasi evento che accade in gruppo coinvolge tutti,
trasformando il campo percettivo del gruppo;
individuano nella creatività dello scambio comunicativo l’aspetto che più differenzia la
gruppoanalisi dalla psicoanalisi:
- individualità biologica
- individualità psicologica
• Individualità biologica - ogni individuo si qualifica per la sua unicità è portatore di
un corredo genetico unico e di antigeni di istocompatibilità per cui è impossibile
l’innesto di parti estranee, (il passaggio di tessuti ed organi da un individuo all’altro).
50
ed esteso, tratti mentali, affettivi e comportamentali del suo ambiente,
considerandoli come qualità native o geneticamente ereditati.
Per NAPOLITANI l’individuo si sviluppa come tale grazie alla sua disponibilità ad
apprendere, ad assumere come se fossero propri i segni delle intenzionalità, degli
affetti e dei modi relazionali che l’ambiente gli trasmette.
Il processo attraverso cui si fondano la relazione il mondo interno del soggetto è il
PROCESSO DI IDENTIFICAZIONE, attraverso cui l’individuo assume tratti affettivi e
comportamentali più o meno stabili ed estesi del nucleo di riferimento e che lo qualifica
come UOMO CULTURA.
CULTURA deve intendersi come una dimensione appresa, il modo di essere al mondo in
rapporto con i nostri simili sin dalle origini che coinvolge l’individuo nelle sue componenti
biologiche, affettive, relazionali, comportamentali.
Il processo creativo comporta uno svincolamento da alcuni aspetti della propria realtà
identificatoria, sui quali si istituisce l’identità individuale.
51
Gruppalità interna
NAPOLITANI concettualizza l’individuo come fatto di gruppi.
• Secondo BION è uno stato che viene “prima” dell’instaurarsi di una “mente”, è
pre-coscienziale.
52
BION distingue 3 principali tipi di mentalità di gruppo, 3 basic assumptions
(assunti di base):
• accoppiamento,
• dipendenza
• attacco-fuga.
Nel sistema protomentale (Universo P) l’esperienza del singolo ricalca la modalità
precoscienziale dell’assunto di accoppiamento nel quale il gruppo vive una sorta
di eccitamento condiviso nell’attesa di un evento. Nell’Universo P attraverso
l’accoppiamento può emergere un primo riconoscimento intersoggettuale: una
prima dipendenza che si concretizza in un perdersi nel Noi.
53
dimensione che gli permette di dare senso autonomo alle relazioni, acquisisce
autonomia, costruisce un sapere soggettivo in contrasto con l’adesione passiva ad
un codice desiderante altrui.
Nella famiglia 'sana' il campo mentale familiare si caratterizza in modo tale da dare al
bambino significati non biunivoci e modalità di significazione non sature, arricchibili e
modificabili secondo la sua esperienza e capacità di apprendimento e differenziazione.
Questa caratteristica è definita matrice familiare insatura.
Matrice familiare insatura => è una matrice di significazione aperta che crea le prime
relazioni mentali tra percezioni, sensazioni, emozioni, sistemi di conoscenza e
comunicazione. L’essere insatura indica la capacità dare senso all'ignoto e al nuovo
tramite una comunicazione non biunivoca ed un pensiero condiviso tra i membri della
famiglia.
54
La famiglia sana svolge una doppia funzione:
- contiene l’immaturità individuale ed assicura la crescita del soggetto,
- lascia spazi d’apertura verso nuove modificazioni dell’esistenza dei figli.
Matrice familiare satura => è una matrice che non offre all'individuo uno spazio
mentale che gli consente di pensarsi come "altro" rispetto alla matrice familiare. Si
ha una predominanza fantasmatica del passato che rende instabili i confini fra mondo
interno e pensiero familiare, tra Sé ed Altro da Sé.
La matrice satura:
- non consente differenziazioni
- ostacola il processo di individuazione
- apre alla psicopatologia: iscrive i suoi individui all’interno di un processo di replica e
ripetizione, in un registro della coazione a ripetere.
L’interazione tra la cultura (matrice) familiare ed il mondo interno del bambino esita
nello sviluppo della “matrice personale”.
La matrice personale si costituisce come un “polo identificatorio” della mente umana
e per questo è sostanzialmente gruppale.
55
Per la Gruppoanalisi la SOFFERENZA PSICHICA origina dalla saturazione del
pensiero, dall’impossibilità di dialogare con altri pensieri, dalla coercizione ripetitiva del
pensiero unico che impedisce l’autonomia della persona.
Nella Patologia l’individuo non funziona come un punto nodale della rete, ma è il punto
focale dove la conflittualità della rete trova una collocazione, una modalità
d’espressione.
56
Experiences in Groups (1961) opera cardine in cui sono raccolte le sue elaborazioni sui
gruppi e le relazioni al loro interno. Successivamente BION si dedicò allo studio dello
sviluppo dell’apparato psichico non occupandosi ulteriormente di gruppi.
- come funzione evolutiva del gruppo, grazie alla partecipazione a gruppi il soggetto
può divenire umano, per mezzo della costituzione e partecipazione a gruppi
organizzati: l’organizzazione rende il gruppo un aiuto e annulla le tendenze
degradanti insite in esso.
L’uomo per BION, come per FOULKES è un ANIMALE SOCIALE, e nella relazione con
gli altri, sperimenta un’apparente contraddizione: da un lato il gruppo determina una
perdita di individualità e causa una profonda regressione inconscia per cui i membri
57
sperimentano un forte senso di frustrazione, dall’altro è attratto verso il gruppo dal suo
bisogno di socializzazione per soddisfare i suoi bisogni materiali e psicologici.
1. “gruppo di lavoro”, indica le motivazioni coscienti e razionali dei membri del gruppo,
il dare il proprio contributo ai fini della realizzazione di un obiettivo comune: attività
dinamica conscia legata al conseguimento di un risultato e prevede una “fase” di
apprendimento: la disposizione personale ad apprendere le norme in funzione del
risultato e a collaborare con gli altri.
Nello stato mentale MENTALITA’ DI GRUPPO, il gruppo funziona come una totalità
pervasa da stati mentali collettivi. Più il gruppo funziona secondo tale mentalità più lo
spazio per l’individuo è limitato.
A. Il gruppo esercita una forte pressione sui membri che attiva una regressione
inconscia così da far adeguare il pensiero e le emozioni individuali a quelle
condivise dal gruppo.
58
B. Un gruppo che funziona come una totalità indistinta pervasa da stati mentali
collettivi:
- provoca una totale perdita dell’identità individuale e della possibilità di lavorare in
gruppo.
- fornisce senso di calore emotivo e profondità di legami inconsueti.
- rappresentano delle difese del gruppo nei confronti dello sviluppo e del trattamento,
per evitare la naturale condizione di sforzo e dolore legata all’apprendimento.
- sono al di fuori della consapevolezza dei membri ed ostacolano l’attività attraverso forti
tendenze emotive.
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2. Dipendenza, domina la fantasia di ottenere benefici dal rapporto col capo, non dal
gruppo: il gruppo si riunisce allo scopo di dipendere da qualcuno, il quale può
risolvere tutti i problemi e sul quale vengono proiettate le aspettative. il gruppo
proietta sul conduttore il bisogno di avere un leader onnipotente, Caratteristiche del
gruppo in questo assunto sono:
BION individua un parametro specifico del singolo individuo nel gruppo che può
influire sulla sua adesione al gruppo, la VALENZA: la disposizione dell’individuo ad
entrare in gruppo e a sintonizzarsi con l’assunto di base dominante. Nessun
individuo ha valenza pari a zero:
- individui con alta valenza hanno maggiore predisposizione alla condivisione gruppale
- individui con bassa valenza hanno minore predisposizione alla condivisione gruppale
Cultura di gruppo
L’oscillazione tra i due stati mentali – razionale consensuale e inconscio collusivo – dà
origine alla “cultura di gruppo”: la sua struttura organizzativa vivente, la sua attività reale,
il suo sistema relazionale interno che è un tentativo di mediazione automatico e non
cosciente tra il gruppo come realtà autonoma e l’individuo.
60
BION riconosce nei gruppi un fenomeno di comunicazione istantanea e a distanza
delle emozioni: “la capacità di un individuo di combinarsi con un altro istantaneamente
ed involontariamente per condividere ipotesi di base” possibile grazie al fenomeno della
risonanza.
Queste ipotesi costituiscono il livello inconscio della vita del gruppo e pongono delle
resistenze al gruppo di lavoro: lo stato mentale che rappresenta le motivazioni razionali,
coscienti dei membri del gruppo.
Il comportamento è quindi un compromesso tra le esigenze del gruppo di lavoro e le
pulsioni inconsce/ipotesi di base
61
specifici quali la risonanza che rendono complesso il tutto, per cui il campo e la
relazione sono concetti distinti.
- RISONANZA, fenomeno di contagio emotivo che indica il saper cogliere aspetti del
vissuto della persona che parla.
E’ il fenomeno alla base del lavoro di gruppo per cui una persona risuona
all’unisono con l’altra. La risonanza riguarda percezioni precise che colgono il
nucleo della comunicazione di chi parla, ma che sono deformate dalle identificazioni e
dagli investimenti emotivi di chi le coglie. Attraverso la RISONANZA si possono
mentalizzare e metabolizzare le emozioni ed i vissuti all’interno di un gruppo.
1. può fluire in continuità, come una catena associativa che coinvolge i vari
partecipanti in un unico discorso.
2. può assumere una modalità a stella, in cui esiste un punto di raccordo centrale
da cui passano tutte le comunicazioni.
62
“Fase iniziale”, segnata da due momenti “crocevia”: lo stato gruppale nascente e lo
stadio della comunità di fratelli.
- sviluppano sentimenti verso gli altri membri in quanto singoli individui: protezione,
gelosia, ammirazione etc...
Attraverso il passaggio dalla fase gruppale nascente allo stadio della comunità di
fretelli, si crea uno “spazio del gruppo”, un confine noi-voi, che ANZIEU (1981)
definisce noi-pelle: il gruppo come un involucro che tiene insieme gli individui, che
racchiude pensieri, parole, azioni e permette di costituire un suo spazio interno e una sua
temporalità.
63
CAMPO DEL GRUPPO
Il campo bi-personale
M. e W. BARANGER introducono in ambito psicoanalitico il concetto di campo
inizialmente sviluppato da LEWIN, applicandolo al setting duale per indicare il
coinvolgimento attivo dello psicoanalista nella costruzione del campo mentale del
paziente. Tale coinvolgimento contribuisce alla costituzione del campo bi-personale:
una fantasia inconscia a due (o bi-personale) che non è la sommatoria dei due
protagonisti, ma è un terzo elemento a se stante: una configurazione della coppia che ha
esistenza propria e indipendente dalla somma delle intenzionalità dei singoli individui.
2. campo storico (o campo del gruppo), il lento deposito di relazioni affettive, vicende,
rappresentazioni ed emozioni accumulatesi nel tempo.
Nel piccolo gruppo a finalità terapeutica (4 a 8 membri, mediano fino a 15-20 membri,
oltre large group) si vive la particolare condizione del pensiero di gruppo:
- il discorso assume la forma di una catena associativa in cui una parola provoca un
pensiero e questo suscita un emozione in un altro membro che la verbalizza o la
mette in atto.
64
- contraddistingue alcune funzioni comunicative e contenitive proprie del piccolo
gruppo
- influisce sulla possibilità del pensare di gruppo.
65
NITSUN (1996) ha evidenziato tra le potenzialità distruttive quella dell’“antigruppo”:
fantasie distruttive o resistenze al cambiamento nate dalla conflittualità tra il gruppo
e gli antichi legami di appartenenza che minacciano l’integrità del gruppo.
Il capro espiatorio e la cultura del non detto rappresentano due di queste potenzialità
distruttive:
- genera vissuti negativi nei confronti del gruppo percepito come contenitore
fragile ed inappropriato.
Ciò può esitare nel totale smembramento del gruppo e nella sua morte.
B. Cultura del non detto - si tratta di un attacco alla regola di riportare in gruppo
tutto ciò che avviene tra i membri, dentro e fuori il gruppo stesso, mina la fiducia
nei confronti del gruppo quale valido contenitore. L’alleanza dei membri che
condividono questa “anti-cultura” del gruppo:
• è rivolta nei confronti di quei membri o movimenti del gruppo più evolutivi.
• può essere letta come attacchi invidiosi basati su sentimenti di frustrazione e/o
inadeguatezza verso le istanze trasformative del gruppo.
66
• può essere intesa come tentativi emancipativi, come la creazione di
sottosistemi che condividono complicità o esclusioni.
• Il ruolo del terapeuta è quello di aiutare il paziente a divenire familiare con la sua
realtà psicologica intima: presupposto di base per il cambiamento e la crescita
personale.
• La finalità dell’inserimento dei pazienti è di far trarre loro profitto dalle interazioni che
avvengono in un gruppo e dalle reazioni che provengono dagli altri membri del
gruppo: lo scopo di ciascun membro è trovare attraverso gli altri il proprio modo di
vivere in maniera più soddisfacente.
L’obiettivo del gruppo analitico è uguale a quello dei gruppi interpersonali, ciò che
cambia è il modo attraverso cui il cambiamento viene perseguito:
- gruppi interpersonali l’obiettivo implica un cambiamento di comportamento in
risposta agli interventi degli altri membri: forma di apprendimento interpersonale
esplicito e più diretto, mediato dalle dinamiche di gruppo.
67
- gruppo psicoanalitico le interazioni e le relazioni tra i membri sono utilizzate come una
finestra dalla quale esplorare cosa accade internamente a ciascun membro. Le
azioni, le reazioni personali, le dinamiche in gruppo sono un modo per far emergere e
comprendere le proprie istanze e contenuti inconsci, senza un necessario obiettivo di
cambiamento comportamentale.
Il processo di gruppo
Aspetto centrale della terapia analitica di gruppo:
- si realizza mediante l’insieme delle comunicazioni verbali e non verbali e delle reazioni
tra i membri.
68
• vi deve essere un “sufficiente grado” di diversità tra i membri. Un gruppo
unidimensionale aumenta la probabilità che i membri condividano molte difese
inconsce e credenze, pregiudizi e aspettative consapevoli.
3. Il contratto analitico - Aspetti della stipula del contratto tra terapeuta e membri
del gruppo:
• il contratto non è sinonimo di regole: può essere violato in vari modi e in ripetute
occasioni dai membri, ma le violazioni al contratto sono soggette all'esplorazione
analitica come parte del lavoro analitico di gruppo.
L’APPROCCIO ANALITICO:
1. prevede che nell’Avvio della seduta il terapeuta non avvia alcun tipo di discorso,
ma aspetta che uno dei membri del gruppo inizi a parlare. Questa modalità deriva
69
dalla natura del contratto: affinché il processo di gruppo abbia inizio il terapeuta si
deve disporre in una posizione di ascolto, attendendo che il discorso emerga dal
vuoto e dal silenzio iniziale.
- Il compito del terapeuta consiste nell’eliminare gli ostacoli che impediscono una
libera circolazione della parola e dei pensieri e nell’enfatizzare l'importanza del
silenzio come comunicazione: lo sforzo non consiste nel far sì che le persone parlino
ma nel capire perché nessuno dei membri sta parlando.
2. L'approccio analitico non prevede che il terapeuta abbia un’agenda: contenuti
prestabiliti da affrontare ma verte intorno al transfert nel qui-ed-ora della relazione
gruppale
3. La tecnica dell’analisi delle resistenze aiuta ad identificare i processi di transfert
che si manifestano nel modo in cui i pazienti percepiscono, reagiscono e
interagiscono tra loro e col terapeuta. I PROCESSI DI TRANSFERT sono
distorsioni che riflettono l'influenza di istanze interne che agiscono sui
comportamenti e le esperienze delle persone nel qui e ora del gruppo distorcendo le
percezioni e le interazioni ed interferendo con il funzionamento psicologico sano
dell'individuo.
Il transfert di gruppo
- è soggetto alle risposte di tutti gli altri membri, oltre che a quelle del terapeuta
- Il terapeuta in virtù del ruolo che riveste - l’autorità data dalla posizione e l’attività
nella strutturazione del gruppo - è l'oggetto privilegiato del transfert dei pazienti.
Altre volte, è più facile dirottare inconsapevolmente sugli altri membri alcune
emozioni, troppo conflittuali da rivolgere al vero destinatario, cioè al terapeuta.
70
La decisione finale dovrebbe essere una scelta dello stesso paziente sebbene il più
delle volte il termine viene stabilito di comune accordo tra terapeuta e paziente.
In accordo al caposaldo della teoria delle relazioni oggettuali, SULLIVAN sostiene che
l’attività psichica non è orientata alla soddisfazione della libido e delle pulsioni ma alla
soddisfazione del bisogno di contatto e di sicurezza.
SULLIVAN viene accostato ad autori post-freudiani quali HORNEY e FROMM che, pur
rimanendo nel solco dell’analisi classica, pongono l’accento sul ruolo predominante
dei fattori ambientali nello sviluppo della personalità.
71
SULLIVAN propone una teoria originale e si concentra sulle determinanti socio-
ambientali e sull’influenza dei fattori biologici e costituzionali nello sviluppo della
personalità.
1. scambio di feedback,
2. “correzione” di percezioni distorte relative alla sfera interpersonale,
3. esperienza emotiva diretta
4. utilizzo dei fattori terapeutici di gruppo
5. processi cognitivi
YALOM
Nel 1970 sviluppa il modello teorico esistenziale, contributo fondamentale
all’approccio interpersonale. In particolare, esamina la comprensione clinica dei fattori
terapeutici che si attivano nel gruppo dal punto di vista analitico, formativo e della
ricerca.
72
6.1 I FATTORI TERAPEUTICI DI GRUPPO
YALOM identifica undici fattori terapeutici, sulla base dei pareri di terapeuti e pazienti
(CLINICA) e della ricerca sistematica processo-esito (RICERCA), che si attivano nel
gruppo e che condividono alcune caratteristiche:
Di conseguenza, nel momento attuale l’Altro viene identificato in modo simbolico distorto
come parte o elemento di una relazione passata.
Si tratta di una dinamica interpersonale, basata non su attributi reali ma su una fantasia
analoga al transfert e che si può esplicitare in tutte le relazioni del paziente con il
gruppo: verso il terapeuta o verso gli altri membri (transfert laterali);
73
Opposta alle distorsioni paratattiche e agente di cambiamento è la VALIDAZIONE
CONSENSUALE, collegata all’apprendimento interpersonale e che si esplicita
attraverso il confronto delle proprie convinzioni interpersonali con quelle degli altri
mediante il feedback interpersonale.
La VALIDAZIONE CONSENSUALE permette lo sviluppo dell’autosservazione del modo
di stare in relazione e dell’impatto che questo ha sugli altri e permette di diventare
consapevoli delle proprie distorsioni.
- Dal vertice del terapeuta si parla di fiducia nel metodo di trattamento efficace: fa
riferimento alla TEORIA DELLA TECNICA. Molte ricerche dimostrano che la
speranza di ricevere aiuto è collegata all’esito positivo del trattamento (Piper,
1994).
- consigli diretti - i suggerimenti forniti dal terapeuta ai membri e dagli altri membri
del gruppo e sono percepiti come espressione di reciproco interesse e cura.
74
IV. Altruismo - Il gruppo è uno spazio condiviso in cui sentirsi necessari al progresso
del gruppo e dei singoli membri, così da sperimentare capacità di vicinanza,
conforto e sostegno e facilitare l'emergere del senso di autoefficacia;
- L’altruismo è alla base del rinforzo dell’autostima che deriva dalla scoperta di
essere stato utile ed importante per qualcuno.
V. Ricapitolazione correttiva del gruppo primario familiare - nel gruppo si può fare
esperienza di intense emozioni e profonda intimità e di sentimenti conflittuali; per
questo il gruppo può essere vissuto come un equivalente della famiglia: il
terapeuta può fungere da figura genitoriale e gli altri membri possono ricordare i
fratelli o altre persone significative. L’obiettivo specifico è osservare, valutare e
migliorare le risorse relazionali.
Il GRUPPO:
- diviene il luogo in cui si attualizzano le modalità relazionali che i soggetti vivono con
le persone più intime
75
- strumento principale del lavoro clinico: il feedback e l’auto-osservazione che
favoriscono la consapevolezza delle proprie modalità relazionali e innescano il
processo di cambiamento.
- è collegato alla polarizzazione tra Distorsioni Paratattiche Vs Validazione
Consensuale
IX. Coesione - può essere considerata l’equivalente dell’alleanza terapeutica,
costituisce la condizione necessaria per una terapia efficace ed intensifica lo
sviluppo degli altri fattori terapeutici. La COESIONE può essere intesa come:
- la risultante delle forze che agiscono sui membri del gruppo per trattenerli
quali accettazione ed approvazione
- la forza di attrazione che il gruppo esercita su ogni singolo membro, per cui
ognuno è disposto a modificare la propria valutazione, innescando una
spirale positiva adattiva.
- è in relazione col senso di appartenenza: permette di sperimentare maggiore
intimità, empatia, comprensione, fiducia e sostegno, con conseguente minor
abbandono della terapia da parte dei pazienti.
X. Catarsi - fa riferimento al processo di liberazione da esperienze traumatizzanti: la
possibilità di rivelare fatti intimi e personali, esprimere i propri sentimenti sia
positivi che negativi in un clima di accoglienza ed accettazione:
- potenzia lo sviluppo di legami di sostegno e coesione.
- consente di far riaffiorare gli eventi responsabili dei traumi per rimuoverli dal
subconscio, dando loro voce.
XI. Fattori esistenziali - si intendono le tematiche personali universali sulle quali
chiunque si trova a riflettere che fanno riferimento a solitudine, morte, sofferenza,
senso della vita, la responsabilità, inconsistenza dell’esistenza, etc.: emergono nel
discorso del gruppo e, grazie ai fattori terapeutici, trovano un luogo di ascolto
empatico.
76
B. è uno strumento di lavoro che permette di monitorare l’andamento del gruppo e di
riconoscere le dinamiche di gruppo
La validità dei fattori terapeutici è confermata dall’esperienza clinica e dalle ricerche
su processo ed esito della terapia gruppale.
Il gruppo terapeutico:
- tipologia di gruppo,
- modalità di conduzione,
- durata
77
I concetti della terapia interpersonale di gruppo derivano dal modello interpersonale
di SULLIVAN, secondo il quale la rappresentazione di se stessi è il riflesso delle
valutazioni degli altri per noi significativi:
1. una buona sintonizzazione del caregiver con il senso nascente del Sé del
bambino determina le sue credenze e aspettative relative alla sfera relazionale, gli
permette di avere credenze stabili e aspettative attendibili su cosa è accettabile e
desiderabile di lui e sulle relazioni con gli altri.
2. una carente sintonizzazione del caregiver può determinare ansie intense e
disorganizzanti quando il bambino fa esperienza delle proprie emozioni.
SAFRAN & SEGAL (1990) definiscono questi pattern relazionali col termine di “schemi
cognitivo-relazionali”, una mappa relazionale che ciascun individuo porta con sé,
costruita su aspetti cognitivi e relazionali:
- i pattern di comportamento interpersonale,
78
Il modello interpersonale vede la PSICOPATOLOGIA come:
A. L’apprendimento interpersonale
B. l’assunzione delle proprie responsabilità come “autore” della propria vita
C. l’apprendimento interpersonale.
79
HAZAN e SHAVER - teoria dell’attaccamento adulto di coppia
BYNG-HALL - attaccamento e terapia familiare
SMITH, MURPHY e COATS - teoria dell’attaccamento in gruppo, introdotta nella
psicologia dei gruppi solo qualche anno fa (2009).
Tutto questo si trasforma in ciò che BOWLBY chiama MODELLI OPERATIVI INTERNI/
MOI: l’insieme delle rappresentazioni mentali che il bambino ha di sé e dell’altro e
della relazione fra se stesso e l’altro, che serviranno ad organizzare la realtà, a calibrare
i comportamenti, ad orientare gli stati affettivi e ad orientarsi nelle esperienze relazionali
future.
L’insieme di tutto quello che avviene in questa fase infantile dell’attaccamento è
finalizzato ad avere una BASE SICURA che permetta di avere un legame di
attaccamento sicuro oppure, nel caso in cui questo non riesca, esiterà nel suo contrario.
80
BOWLBY - individua due sistemi comportamentali che favoriscono lo sviluppo dei
MOI:
1. la ricerca di prossimità determina il senso di sicurezza e vicinanza al proprio
caregiver,
2. l’esplorazione promuove la curiosità per la ricerca e la scoperta dell’ambiente
Il sistema di attaccamento è un sistema specie-specifico:
I MOI funzionano come delle EURISTICHE: dei modelli semplificati di orientamento che ci
aiutano nella vita, ci aiutano a mettere in atto scelte e comportamenti.
81
gruppo.
Secondo tale prospettiva, tutti noi sin dalla nascita ci troviamo a essere immersi in una
MOLTEPLICITA’ DI GRUPPI che attraversano la nostra esistenza.
I legami affettivi che riusciamo a creare con i membri di questi gruppi derivano dalla
molteplicità di legami affettivi che cominciamo ad apprendere durante le prime fasi di
vita all’interno della costruzione pensabile, attraverso una logica di villaggio/gruppo che
si prende cura del bambino.
Dal punto di vista evoluzionistico il vantaggio di stabilire dei legami affettivi con gli
altri (non solo col caregiver) permette la coesione con il gruppo e di sviluppare, anche
nella fase adulta, legami affettivi con gli appartenenti al gruppo e di agevolare la
sopravvivenza.
La presenza di diverse figure di attaccamento:
- migliora la capacità di creare legami affettivi
82
- crea le basi per lo sviluppo del senso di appartenenza e coesione al gruppo.
BYNG-HALL sviluppa una lettura delle dinamiche familiari alla luce degli stili
attaccamento ed integra concetti della terapia familiare (ad es., la tipologia delle
narrative) con lo stile di attaccamento dei membri della famiglia all’interno della
famiglia e nei confronti del terapeuta.
Dal punto di vista della TEORIA DELLA TECNICA la famiglia ha bisogno di sviluppare un
attaccamento sicuro col terapeuta per sentirsi sicura ed incoraggiata per esplorare nuovi
modi di relazionarsi affinché si possa procedere col lavoro terapeutico: ciò determinerà
che ci si senta più sicuri anche l’un l’altro (Byng-Hall, 2008).
- individui sicuri:
83
A. si sentono sicuri nella relazione
- Individui evitanti
Tali concetti hanno a che fare con la dimensione della coesione del gruppo e con
l’autostima collettiva che si collegano alla teoria dell’identità sociale (TAJFEL) e alla
teoria della categorizzazione di Sé (TURNER), per cui, secondo quest’ottica non esiste
soltanto un’unica identità personale ma esiste anche un’identità sociale che rimanda
all’AUTOSTIMA COLLETTIVA.
84
Infatti quando ci sentiamo coesi con i membri del gruppo di appartenenza e quando il
gruppo raggiunge un risultato percepiamo che l’autostima sia individuale che collettiva
aumenta, così come aumenta la fiducia nel gruppo e come la persona si percepisce
all’interno del gruppo.
Attaccamento di gruppo
Il trattamento di gruppo basato sull’attaccamento ha come obiettivo quello di fornire
una base sicura per vivere una nuova esperienza riparativa.
SMITH, MURPHY e COATS, ipotizzano che l’attaccamento di gruppo si sviluppi
secondo due dimensioni: attaccamento ansioso ed attaccamento evitante e postulano
che individui con:
a. alto attaccamento ansioso - si sentono incompresi e preoccupati e cercano di
piacere al gruppo per sentirsi accolti e inseriti;
85
b. basso attaccamento ansioso - sono meno preoccupati di essere accettati dal
gruppo.
86
- delle differenze tra stili di attaccamento all’interno della dinamica del gruppo
- attaccamento ansioso
- attaccamento evitante
A. modello negativo degli altri, adotta strategie di deattivazione emotiva per evitare
situazioni di stress e figure di attaccamento frustranti Tali modalità strategiche
aumentano la tendenza all’evitamento delle relazioni di interdipendenza e la
soppressione dei ricordi specifici legati a eventi minacciosi e alle figure di
attaccamento;
87
Al contrario, soggetti evitanti, non subiscono l’influenza della coesione e della
vicinanza:
- Un gruppo molto coeso e con forte intimità e vicinanza può diventare minaccioso
e intollerabile perché aumenta il livello di stress, soprattutto quando le strategie di
de-attivazione falliscono (Rom & Mikulincer, 2002).
OBIETTIVO: fornire una base sicura per cui è possibile vivere una nuova esperienza
riparativa e le emozioni possono essere esplorate, gestite e comprese.
- soggetti sicuri mostrano maggiore self disclosure nella fase iniziali rispetto ai
soggetti insicuri (ansiosi ed evitanti)
- soggetti più attivi contribuiscono all’avanzamento del processo di gruppo
- soggetti insicuri inibiscono il gruppo e danneggiano se stessi.
JOHNSON (2009)
88
Ha condotto uno studio di un gruppo orientato sul processo e sul qui ed ora delle
relazioni, i destinatari erano le matricole di un college il cui obiettivo era favorire la
relazione tra i partecipanti e l’integrazione delle matricole all’interno della vita del college.
La studiosa ha osservato che la dimensione di attaccamento può creare una forte
coesione e cooperazione per il raggiungimento di un obiettivo condiviso.
- un lavoro attivo e strutturato, soprattutto nelle fasi iniziali e conclusive del gruppo,
promuove maggiore coesione, sviluppo di competenze, apprendimento
interpersonale e guarigione.
MARMAROSH (2013)
Concettualizza l’attaccamento in gruppo diversamente dal modo di concettualizzare
l’attaccamento duale per la peculiarità delle dinamiche e della complessità del
gruppo e definisce i membri del gruppo coinvolti nelle interazioni gruppali sulla base
delle prime esperienze interpersonali con gli altri significativi.
Partendo da questa analisi si può conoscere il modo in cui il soggetto esperisce le
relazioni in gruppo e come si lega agli altri: di conseguenza, il legame di attaccamento è
una chiave di lettura per comprendere il modo in cui il soggetto si relaziona agli altri.
MARMAROSH si basa sul presupposto che il gruppo è fondamentale per la
sopravvivenza umana: l’essere umano è intrinsecamente e biologicamente
predisposto a cercare cura e protezione nei caregivers, e il gruppo assolve alla
stessa funzione. Si cerca il gruppo per ottenere cura e protezione, il gruppo come base
sicura (ibidem).
F. I soggetti preoccupati sono quelli che più tengono al gruppo: presenti a tutte le
sedute, meno inclini al drop-out.
90
G. i soggetti ansiosi tendono a mostrarsi bisognosi elicitando negli altri risposte di
tipo supportivo; forniscono altrettanto sostegno e supporto all’altro, ciò diventa un
elemento di forza nel gruppo.
H. La dinamica del gruppo varia a seconda degli stili di attaccamento degli altri
membri:
A. i soggetti evitanti si sentono minacciati dalle richieste emotive,
Attaccamento evitante:
C. In gruppo fanno lo stesso nei confronti degli altri membri, del conduttore e del
gruppo nella sua interezza; perseguono obiettivi individualistici e hanno un
atteggiamento negativo nei confronti del gruppo (Rom & Mikulincer, 2003).
D. La terapia di gruppo è impegnativa: l’atto di cercare aiuto negli altri mette in
discussione il proprio modello operativo che vede se stesso forte e autonomo e
gli altri deboli; si difendono dal percepirsi e mostrarsi vulnerabili con un
atteggiamento di autosufficienza e superiorità, che li porta ad essere soli e
rifiutati (Fosha, 2000): nonostante la solitudine continuano a rifiutare le relazioni.
91
A. hanno alto evitamento e alta ansia; somigliano ai bambini disorganizzati: sono
altamente ambivalenti e sperimentano simultaneamente sicurezza e paura
all’avvicinarsi del caregivers
B. tipo di attaccamento caratterizzato da traumi infantili.
J. un beneficio che possono ottenere dai membri insicuri è la comprensioni dei propri
stati interni, cosa in cui questi ultimi sono molto capaci.
Attaccamento sicuro
A. favoriscono un senso di sicurezza di gruppo
92
Le ricerche fanno emergere l’importanza del costrutto dell’attaccamento per
comprendere le dinamiche all’interno di un gruppo, sia a livello individuale (stile di
attaccamento in senso stretto) che a livello dinamico di gruppo.
- da un lato confermano una determinata modalità relazionale nota e ricorrente (il MOI),
il setting gruppale consente di esplorare in maniera più attiva e diretta, rispetto al setting
duale, i problemi relativi all’attaccamento: attraverso il rispecchiamento una persona
può vedere in un altro lo stesso tipo di sofferenza con la quale lotta.
Neotenia e gruppo
GEHLEN, (1978) - La neotenia dal punto di vista dinamico rappresenta la base
filogenetica dell’indeterminatezza, delle potenzialità e della non specializzazione
dell’essere umano.
L’immaturità alla nascita e l’assenza di istinti specializzati della specie umana spiega
il bisogno di apprendimento ininterrotto dell’uomo: una sorta di infanzia cronica alla base
93
del bisogno di dipendenza prolungata dagli adulti e di agenzie formative che lo abilitino
alla vita adulta.
Il gruppo sociale che si declina nel clan, nella famiglia, nella scuola e nelle
organizzazioni, consente di acquisire attraverso l’accudimento e l’apprendimento gli
strumenti per vivere la condizione adulta.
Ne consegue che la cultura è una compensazione innata delle lacune della nostra
specie in quanto l’essere umano non può sopravvivere senza la presenza di un gruppo:
La PSICOLOGIA DEL SE’ deriva dagli sviluppi degli studi di KOHUT (1972) ed ha una
rilevanza specifica nella comprensione di alcuni aspetti del gruppo tra cui:
94
oggettuale, tipica della psicoanalisi classica, distinguendo l’approccio psicoanalitico
classico da quello della Psicologia del Sé.
FREUD descrive il narcisismo come uno stato egocentrico tipico dell’infanzia che è
necessario abbandonare per conseguire una maturazione. Secondo FREUD la
psicopatologia è connessa al senso di colpa: l’uomo colpevole che vive forze interne e
conflittuali tra Super-Io e forze pulsioniali.
Per FREUD colui che ha come oggetto di amore se stesso, quindi un Sé narcisistico,
non riesce ad investire in nessuna relazione esterna, quindi la psicoterapia non può
essere praticata: il narcisista non è analizzabile.
Al contrario, nella Psicologia del Sé il leader e il gruppo sono visti come oggetti-sé e
non come oggetti esterni, con la funzione di mantenere la coesione individuale:
KOHUT sostiene che nello sviluppo evolutivo parallelamente alle relazioni con oggetti
separati investiti da pulsioni di tipo libidico, esistono relazioni con oggetti sentiti come
non separati dal Sé, estensioni narcisistiche del soggetto: Oggetti-Sé che svolgono
specifiche funzioni nel processo di costruzione della struttura psichica dell’individuo e
sono fondamentali per lo sviluppo di un Sé coeso, integrato e maturo e della capacità
di rispecchiarsi in modo empatico.
Il conflitto che si genera è tra il Sé e gli oggetti e non intrapsichico, come per la
psicoanalisi classica.
95
TEORIA DEL DOPPIO ASSE
KOHUT con la TEORIA DEL DOPPIO ASSE della libido oggettuale e della libido
narcisistica ribalta la prospettiva freudiana ed individua due linee parallele di sviluppo
della libido indipendenti l’una dall’altra, quella oggettuale (freudiana) e quella
narcisistica centrata sull’oggetto-sé, spiegando così la coesistenza di bisogni
oggettuali e bisogni narcisistici.
- la libido oggettuale investe oggetti veri, sperimentati come separati dal soggetto e
conduce all’amore oggettuale;
- la libido narcisistica investe oggetti sperimentati come estensione del sé, e
conduce all’amore di sé detto narcisismo.
Lo sviluppo della libido narcisistica non è patologico ma è connesso allo sviluppo sano
del Sé: è fondamentale che i bisogni narcisistici più arcaici (narcisismo onnipotente) si
evolvano in bisogni narcisistici più maturi (narcisismo realistico).
96
Gli OGGETTI-SE’ sono estensioni del proprio Sé che nelle prime fasi di vita del
bambino è fondamentale che svolgano precise funzioni, tra cui quella di oggetto-sé
speculare.
Nelle prime fasi di vita del bambino, si sviluppa quello che KOHUT definisce il Sé
Bipolare, caratterizzato da due configurazione narcisistiche arcaiche: il Sé Grandioso
esibizionistico e l’Imago parentale idealizzata:
Si tratta di un’area intermedia nello sviluppo del Sé all’interno del Sé Bipolare tra polo
delle ambizioni (Sé Grandioso) e polo delle mete idealizzate (imago parentale
idealizzata) e riguarda i talenti-abilità.
97
L’OGGETTO-SE’ GEMELLARE attiva un transfert di tipo identificativo che risponde al
bisogno di sentirsi amato e amabile.
Il transfert narcisistico
In analogia con le 3 funzioni dell’oggetto-Sé, KOHUT descrive 3 tipi di transfert nei
pazienti narcisistici: speculare (di rispecchiamento), idealizzante, gemellare.
L’analisi dei singoli transfert fornisce informazioni su quale esperienza è mancata al Sé
Nucleare:
98
1. Speculare - il paziente esprime il bisogno di essere ammirato e rispecchiato dal
terapeuta.
KOHUT - La clinica
Dal punto di vista clinico i pazienti con disturbo narcisistico grave pur mostrando
apparenti adattamenti sociali presentano profondi sentimenti di vuoto, sensazioni di
non essere reale e completamente vivi.
Il trattamento analitico dei disturbi narcisistici (negato da FREUD) si basa sul favorire
e lasciar crescere il Sé Grandioso riattivato e le richieste narcisistiche.
Compito del terapeuta è accettare questi bisogni e corrispondere ad essi per permettere
al Sé di svilupparsi e maturare: il terapeuta permette al paziente di ripercorrere le tappe
evolutive attraverso un atteggiamento empatico (ammirando e facendosi ammirare) di
modo che il paziente riesce a modificare il suo Sé Grandioso attraverso le
internalizzazioni trasmutanti.
Patologia
Secondo KOHUT il nucleo dei disturbi narcisistici di personalità è da identificarsi nel
disturbo della regolazione dell’autostima e nella persistenza del Sé Grandioso
arcaico, che impedisce la formazione di un Super-Io normale ed integrato con gli ideali
dell’Io.
99
SE’ ARCAICO (grandioso/idealizzante) e dinamiche di gruppo
Dai modelli dello sviluppo psichico e dei concetti del Sé arcaico è possibile
comprendere la terapia di gruppo della psicologia del Sé, soprattutto le dinamiche di
gruppo e le espressioni del sé grandioso: in particolare l'esibizionismo e la grandiosità,
importanti per lo sviluppo dell'autostima, una funzione dell'Io adulto connessa con
l'orgoglio e la soddisfazione per il raggiungimento di obiettivi.
Arresti nel processo dello sviluppo del bambino portano ad una ricerca cronica di
qualcuno che fornisca rispecchiamento ai bisogni di grandiosità dell’individuo.
Nel transfert l’altro da sé non viene visto come un oggetto separato, ma come oggetto-
sé che ha la funzione di rispecchiare la grandiosità.
Oltre alla fantasia di grandiosità, le altre forme del Sé arcaico possono essere
rappresentate da:
100
KARTERUD (1998) evidenzia che i confini tra Sé personale e Sé di gruppo sono
sfumati, l’uno è parte dell’altro.
STONE suggerisce che il sé del gruppo è la terza prospettiva dalla quale guardare al
gruppo-come-insieme.
COHEN e ETTING (2002) hanno separato due aspetti del Sé del gruppo:
- la dimensione personale del Sé del gruppo: una versione della propria identità
personale come membro del gruppo;
• Le qualità sovra individuali del gruppo sono conseguenza della natura collettiva del
progetto di gruppo.
STONE adatta la psicologia del Sé alla terapia di gruppo, sulla base della teoria del
doppio asse della libido oggettuale e della libido narcisistica per cui l gruppo può
essere pensato parallelamente come oggetto libidico e come oggetto narcisistico: da
101
qui la metafora di gruppo-come-madre che diventa madre come oggetto libidico
esterno e madre come oggetto narcisistico interno (oggetto-Sé).
Nel gruppo il leader, membri ed il gruppo nel suo insieme possono essere considerati
come oggetti-sé con la funzione mantenere la coesione individuale e confermare la
grandiosità arcaica del Sè, essendo essi stessi veicolo di fantasie arcaiche e di
grandezza o funzionare come oggetti separati.
102
• il gruppo attiva Sé grandioso e transfert speculare
• è alla base di molti interventi fatti in gruppo e sul gruppo, ad es., gli interventi
interpretativi del conduttore sul gruppo-come-insieme ogni volta che il gruppo
attua tendenze evitanti.
All'interno dei gruppi si verificano spesso IDEALIZZAZIONI che hanno come oggetto il
leader del gruppo o il gruppo nel suo insieme, con attivazione del transfert idealizzante
in cui l’individuo proietta parti del Sé arcaiche grandiose sull’oggetto per cui l'altro
viene vissuto come come parte del Sé con funzione di idealizzazione o rispecchiamento,
necessaria alla ristrutturazione del Sé.
103
- il paziente rivive nel rapporto con il conduttore il bisogno infantile di un oggetto
esterno che lo accetti e lo confermi pienamente.
- Il Sé grandioso:
- nella forma più immatura - gli altri sono il pretesto per sfoggiare
l'esibizionismo e potere,
Nel momento in cui il gruppo come insieme soddisferà questi bisogni di idealizzazione,
sarà il gruppo ad essere idealizzato dai membri.
Il conduttore avrà un ruolo diverso, lasciando fare al gruppo, cioè riconoscere, accettare
e facilitare le fantasie.
I diversi tipi di transfert narcisistico si alternano lungo il corso della terapia di gruppo:
- non è possibile stabilire una esatta corrispondenza tra fasi e transfert,
- in ogni fase dello sviluppo del gruppo vi è un aspetto di transfert predominante che
dipende dal compito del gruppo e caratterizza la dinamica e le interazioni del gruppo.
104
Le 4 fasi di sviluppo del gruppo:
1. Norming - Avvio: L’ingresso in un gruppo attiva modelli interni familiari
successivamente modificati all'interno dei vari contesti e gruppi, come ad esempio
quelli scolastici lavorativi e sociali che si attivano nella relazione gruppale.
105
- mantenere il focus del lavoro su un duplice piano: sugli sforzi di
cambiamento e di crescita degli individui e sulla tendenza a ripetere i vecchi
schemi familiari.
2. Storming:
si presenta solo quando i membri percepiscono di essere stati ignorati, fraintesi,
disprezzati o offesi narcisisticamente mentre cresceva la coesione del gruppo, con
reazioni di rabbia e ribellione e dinamiche di protesta che derivano da un deficit
nella struttura del Sé che origina da esperienze infantili di mancato
rispecchiamento o mancata idealizzazione:
- Il transfert gemellare si sviluppa nei confronti degli altri membri e del conduttore
Funzione del terapeuta è orientare, contenere e validare la rabbia e l’oppositività,
attivare il rispecchiamento dell’oggetto-sé e la comprensione empatica è
decisiva nel bilanciare e smorzare gli stati negativi.
3. Performing:
si verifica quando i membri hanno interiorizzato i valori, gli ideali e il metodo di lavoro
del gruppo e possiedono un’immagine del gruppo e dei membri come funzioni
oggetto-sé positive e migliorative. Sono capaci di empatizzare con gli altri e di
mentalizzare le emozioni: queste ripetute esperienze di essere compreso rinforzano
assertività e la capacità nel gestire le offese narcisistiche.
Si assiste ad una duplice espansione del Sé, distinguendo tra Sè individuale più
stabile e capace di operare in senso lenitivo e Sé di gruppo che aumenta la propria
capacità di riflettere su se stessi, di essere più assertivi e aperti, di esplorare le ferite
narcisistiche e di ripararle.
4. Fase di chiusura
riguarda la gestione del dolore narcisistico che può riaffiorare con sentimenti di
perdita e separazione: i membri devono fare ricorso alle esperienze di oggetto-sé
riparatorie e correttive che il gruppo ha permesso di vivere in questa fase.
106
Alcuni Autori differenziano il transfert idealizzante delle prime sedute del gruppo,
individuando una fase di orientamento.
107
La capacità riflessiva non è innata ma è costruita attraverso un processo
intersoggettivo, che si basa sulle qualità dell’interazione tra bambino e caregiver, legato
agli stili di attaccamento, ed in questo sta il collegamento con la teoria
dell’attaccamento.
108
Il caregiver deve comprendere ed intuire gli stati mentali del bambino e lo deve
incoraggiare a servirsi della mente del genitore al fine di consentirgli, mediante
l’internalizzazione dei propri stati mentali, la formazione dei suoi.
- cogliere e significare gli stati mentali del bambino, riconoscerlo come un essere
mentale dotato di intenzioni, sentimenti, desideri e conferire intenzionalità al suo
comportamento.
- rispecchiamento lontano: vi è scarto tra gli stati mentali del bambino e quelli che gli
sono stati restituiti dal caregiver
Al contrario, un bambino in grado di pensare gli stati mentali degli altri, può pensare
alla possibilità che il rifiuto da parte dei genitori sia basato su false credenze e riuscire a
moderare l’impatto delle esperienze negative (Fonagy, Target, 1996).
109
Caratteristiche dei DPB
BATEMAN & FONAGY (2010) ipotizzano che i pazienti borderline abbiano una
specifica carenza della capacità di mentalizzazione, derivata da relazioni in età
infantile vissute in un ambiente non in grado di mentalizzare l’esperienza affettiva.
Nei pazienti BPD si assiste ad una mancata integrazione delle modalità di psychic
equivalence e del pretend mode.
A. La comprensione degli stati mentali altrui segue lo stesso iter, ciò che si pensa
dell’altro coincide con quello che pensa o sente l’altro e genera una certezza rigida
non corroborata da fatti
B. le migliori tecniche di risoluzione dell’equivalenza psichica sono la validazione
empatica e la comprensione di come si arrivi a tale certezza.
A. è alla base dei fenomeni dissociativi, niente può essere legato a qualcos’altro,
niente ha implicazioni nel reale: deliri.
B. La comprensione della mente altrui è poco aderente alla realtà
3. Modalità teleologica - si tratta dell'impossibilità di interpretare pensieri e affetti in
assenza di un’evidenza fisica e concreta: modalità pre-mentalizzante tipica del
periodo prelinguistico:
110
A. gli oggetti della realtà esterna sono legati a quanto è osservabile, non sono
veramente mentali (rappresentazioni di).
B. deve passare molto tempo prima che questi pazienti imparino a fidarsi del gruppo,
soprattutto se emozioni di colpa e invida, sentimenti di vergogna e disperazione li
portano a immaginare che c’è qualcun altro che “riceve di più dal gruppo” in termini di
affetto, cura o attenzione.
D. BDP risultano tuttavia “intriganti”, la sensazione è quella del “sentirsi tirati dentro”
dall’interesse e dall’attivazione emotiva che connotano le storie di questi pazienti.
E. le narrazioni appaiono non congruenti con gli stati emotivi vissuti: sono
pseudomentalizzazioni, caratterizzate da espressioni manieristiche e disconnesse
dall’esperienza reale, un effluvio di parole, incapace di cogliere l’essenza delle
emozioni, che genera discussioni di gruppo poco efficaci.
Alcuni autori sostengono che le interazioni personali che il gruppo attiva sono eccessive
per essere tollerate e gestite e utilizzate per finalità terapeutiche.
111
MASTERSON ha descritto e rappresentato in modo efficace il BPD facendo riferimento al
dilemma in cui si sente intrappolato.
Del resto, anche il trattamento individuale può essere troppo “incalzante” per un
paziente borderline, mentre il gruppo può “diluire” il transfert attraverso l’investimento
su più persone. La molteplicità del gruppo può aiutare a contenere la contraddittorietà
delle rappresentazioni interne.
Al contrario, un aspetto che sottolinea l’efficacia del gruppo rispetto alla terapia
individuale è la gestione del conflitto sull’autorità: i BPD tendono ad accettare con più
facilità un intervento confrontativo con un pari percepito come simile piuttosto che col
terapeuta, percepito come l’autorità giudicante.
Con i BPD la modalità destrutturata del setting psicodinamico può risultare poco
adeguata a causa della loro fragilità emotiva che può coinvolgerli in dinamiche emotive
troppo destrutturate e confuse.
A sua volta, Il gruppo sembra favorire alcuni atteggiamenti difensivi tipici che possono
generare situazioni difficili da gestire, nelle quali le emozioni sono non-mentalizzate e
caotiche, e nascondere il livello di arousal dei pazienti che accentuano la conflittualità e
l’antagonismo e favoriscono fenomeni di scissione e dinamiche distruttive che
portano ad una Spirale negativa con sentimenti di rifiuto, incomprensione, non
appartenenza al gruppo.
112
Terapia bimodale o integrata - LINEHAN (1993)
Per ovviare a queste controindicazioni sono stati implementati setting integrati che si
avvalgono di uno spazio individuale + uno spazio di gruppo. Ciascuno di questi setting
permette di:
La terapia bimodale può essere condotta dallo stesso terapeuta: questo aumenta la
congruenza e la continuità del lavoro.
In molti casi la terapia bimodale è condotta in modo congiunto da due terapeuti per
cui è necessario un continuo lavoro di raccordo e confronto che facilita l’attivazione di
“parti diverse” del paziente e un’esplorazione più ampia degli stati mentali.
Caratteristiche
113
La MBT-G si pone l’obiettivo di esplorare le strutture interpersonali ed il focus
terapeutico é posto:
• sulle emozioni non mentalizzate
• sugli scambi interpersonali nel qui-e-ora e là-e-allora
114
LA NARRAZIONE deve basarsi su alcune modalità e regole codificate e condivise:
1. deve essere chiaro chi sono gli attori coinvolti nel racconto,
2. deve emergere quali sono le emozioni dominanti e in quale modo è stato possibile, o
non possibile gestirle.
3. chiedere al paziente perché si è comportato in quel dato modo per lavorare sul
riconoscimento delle emozioni, sulla capacità di comprenderle e tollerarle, e sulla
modalità con cui sono state espresse, tanto nel là-e-allora quanto nel qui- e-ora.
- considerare gli effetti dell’evento sul protagonista della storia coinvolgendo l’intero
gruppo.
115
1. L’enfasi è posta sulle relazioni interpersonali:
- i pazienti, devono impegnarsi a collaborare per esplorare in chiave mentalizzante le
interazione e gli eventi dentro e fuori dal gruppo.
- il terapeuta può interrompere uno o più pazienti che interferiscono, diversamente dal
classico gruppo analitico
- il lavoro viene condotto sulla base dei contenuti interpersonali che i pazienti
portano in gruppo, non su materiale astratto.
- il terapeuta interviene attivamente per evitare o risolvere qualsiasi ostacolo
all’esplorazione degli eventi interpersonali e all’apprendimento delle modalità di
mentalizzazione.
4. modalità attiva del terapeuta nel gestire il turntalking. Il terapeuta sollecita tutti i
membri del gruppo a prendere parola e a portare contenuti personali e interpersonali
per aumentare le capacità di mentalizzazione. Ciò rimanda senso di
responsabilità e conferisce un “ruolo” all’interno del gruppo.
116
- perseguono mete comuni
- lavorano all’interno di un’organizzazione
117
Egli intuì il valore e l’importanza della dimensione informale ed introduce il fattore
umano nelle organizzazioni.
Il lavoro di MAYO
La Teoria del Campo (Field Theory) legge il gruppo come una totalità di enti ed
eventi in interdipendenza in uno spazio e un tempo definiti che caratterizzano il
campo del gruppo.
Il GRUPPO è un campo di influenza tra più persone, caratterizzato da interdipendenza
tra le parti che lo compongono.
Il campo del gruppo ha un carattere sovrapersonale: è una totalità dinamica alla quale
l’individuo sente di appartenere.
Il TRAINING GROUP
118
- promuove il cambiamento della cultura organizzativa.
- ha l’obiettivo di facilitare il processo di apprendimento e di comunicazione, ed
incoraggia l’espressione dei sentimenti,
Action research
Il contributo di Lewin nel campo psicosociale e organizzativo risiede anche nella
creazione dell’action-research (o ricerca-intervento): modello di intervento che è un
paradigma metodologico nel campo della psicologia.
L’Action Research è una sintesi che struttura l’intervento organizzativo attraverso tre
azioni/fasi principali:
119
A. fase di analisi del contesto e della domanda dell’utenza; da quest’analisi si crea la
progettazione dell’intervento e la strutturazione di un setting funzionale al
benessere psicologico;
B. fase di valutazione dell’intervento rispetto alla congruenza tra i processi della
progettazione e della realizzazione
C. fase di revisione della congruenza tra obiettivi e processi, attraverso i vissuti che
si attivano nella dinamica di gruppo a cui segue un’eventuale ristrutturazione del
progetto e del setting.
Il termine ISTITUZIONE rimanda a ciò che è stato istituito, ovvero stabilito e che quindi
comporta qualità di inamovibilità ed immodificabilità: le istituzioni sono un insieme di
regole immodificabili se non attraverso dei lunghi processi.
120
L’ANALISI ISTITUZIONALE è impregnata di concetti psicologici e psicoanalitici e ciò
fa sì che l’ISTITUZIONE venga vista in una modalità che può essere paragonata ad una
personalità: come nella personalità di un individuo, ci sono degli elementi che vanno a
caratterizzare la personalità di un’istituzione. L’istituzione è un ente caratterizzato da
elementi specifici che si aggregano e costituiscono un’identità paragonata ad una
“personalità”.
2. storia: l’istituzione è sia l’insieme di rapporti del gruppo nel qui e ora, ma anche la
storia di questi rapporti, la loro evoluzione nel corso del tempo che definisce
l’identità storica: il patrimonio ideativo-affettivo definito sulla mentalità
collettiva, la memoria, l’insieme di idee e affetti che si sviluppa nel tempo. Nel
corso della sua storia l'istituzione assimila e trasforma:
121
3. linguaggio: ogni gruppo istituzionale crea un proprio linguaggio, definito sulle
trasformazioni linguistiche frutto della storia del gruppo e di cui condivide il lento
evolversi. E’ uno degli aspetti più denotativi del gruppo: nell’istituzione si forma
un linguaggio specifico con termini tecnici o un uso di termini con significazione
diversa da quella dell’uso quotidiano. Le parole stabiliscono e denotano senso di
appartenenza che rimanda alla storia e alla cultura dell’istituzione: il linguaggio è
sottoposto alla pressione degli eventi storici e ne condivide il lento evolversi.
1. Obiettivo: il risultato atteso dal gruppo di lavoro, coerente con compiti. L’obiettivo
deve essere:
Un obiettivo non ben definito produce effetti opposti, e non permette al gruppo di
verificare operato e capacità.
2. Metodo: l'insieme dei principi e dei criteri che orientano e strutturano l’attività
del gruppo. Si articola attraverso specifiche tappe:
122
- analisi delle risorse e dei vincoli;
- discussione di dialogo e confronto su tempi e modalità
L’analisi dei ruoli è di centrale importanza in quanto la dinamica dei ruoli può
essere strumento di conservazione o cambiamento della vita dei gruppi.
D. Individuali, non rivolti alla vita del gruppo ma al suo utilizzo per soddisfare i propri
bisogni individuali: “dominatore”, “manipolatore”, ”arrivista” etc.
123
4. Leadership: la posizione di preminenza con funzione di guida in
un’organizzazione. La leadership ha una doppia valenza:
- aspetti normativi e gerarchici: in base al rispetto delle norme e degli obblighi che
determinano un ascendente personale verso l’ottemperanza.
Le due figure possono non combaciare creando tensione e disgregazione nel gruppo
di lavoro.
124
A. finalizzazione: coerente con l’obiettivo e funzionale al compito;
B. pragmaticità: coglie gli aspetti salienti del problema e condurre alla
risoluzione;
125
Un’organizzazione è una struttura sociale intermedia tra individuo o gruppi ristretti e
società globale che ha senso se persegue e/o raggiunge i compiti e gli obiettivi assegnati
e la cui caratteristica peculiare è la specializzazione (diversamente dalle comunità).
126
- I membri esperiscono la condizione del sentirsi dentro una totalità indicabile
come “noi”, fondativa del senso di appartenenza.
ANZIEU e MARTIN (anni ’80) hanno elaborato un’ulteriore distinzione gruppi primari /
gruppi secondari:
127
L’analisi delle rappresentazioni sociali tiene conto di tre aspetti: la cultura, il contesto
e il setting.
A. cultura: l’insieme delle modalità affettive e cognitive attive nel nostro modo di
relazionarci col mondo interno ed esterno.
• è la base su cui edificare qualsiasi significazione dell’esperienza,
128
1. comunità terapeutiche: i gruppi di ampio formato funzionano come dispositivi di
lavoro all’interno di una istituzione definita con finalità lavorativa; iniziati in strutture
ospedaliere per pazienti psichiatrici, col tempo applicati in contesti istituzionali e in
strutture amministrative. I partecipanti appartengono alla stessa istituzione e spesso
anche i conduttori;
La dimensione istituente è:
- individuabile quando è un'istituzione a formare un'esperienza di gruppo.
Egli funge da ponte tra il gruppo e l’istituto che stabilisce i parametri, tenendo
presente che le istanze possono essere anche molto conflittuali. Il GRUPPO ha infatti una
duplice funzione creativa e sovversiva e tra questi due aspetti si colloca il lavoro del
conduttore.
Questa funzione di PONTE è stato evidenziato da ROUCHY (1998) che ha analizzato gli
aspetti salienti del rapporto tra dimensione istituente e gruppi mediani/allargati che
si palesano come domanda anticipata dei conduttori, controtransfer anticipato di
gruppo, temi culturali.
1. domanda anticipata e non riconosciuta dei conduttori: riguarda intenzionare il
gruppo, in modo più meno consapevole. Primo elemento da tener presente in
129
quanto origina dai desideri e dagli investimenti che il conduttore riversa sul progetto.
Si tratta di un processo che precede la domanda dei partecipanti stessi.
2. Controtransfert anticipato di gruppo: indica l’insieme degli effetti prodotti dalla
struttura del dispositivo nell’esperienza di gruppo.
• Tali effetti discendono dalle scelte e dai nodi non elaborati dal conduttore e non
riconosciuti nella loro relazione con la dimensione istituente, per cui rendono
confusa l’esperienza e invalidano i processi di apprendimento.
- dall’altro, si sono sviluppati sulla base della specificità dei processi dei grandi gruppi e
del tipo di esperienza personale che in essi si realizza: il gruppo allargato pone i
partecipanti a contatto con gli aspetti primitivi della personalità.
130
In questo contesto, alcuni autori sostengono che questo formato consente di esplorare
alcuni aspetti della personalità e dinamiche inconsce difficilmente elaborabili in altri
contesti.
Nei GRUPPI ALLARGATI e MEDIANI emergono parti di personalità che non emergono
in contesti quali le relazioni individuali e di piccolo gruppo. FOULKES (1975) sulla base
degli obiettivi del gruppo definisce tre tipologie di setting dei gruppi allargati:
1. centrati sul problema - socioterapia come le comunità terapeutiche con funzione
curativa, o la gestione di dinamiche sociali
3. centrati sulla terapia - large group psicoterapeutico vero e proprio che si struttura in
dimensioni quali ospedali, comunità, centri di cura..
Per quanto riguarda la teoria della tecnica di gruppo il focus viene posto sui fenomeni
ed i processi emergenti, tipici di questo tipo di gruppo, in quanto il partecipante si trova
in presenza di una massa amorfa e caotica - le relazioni interpersonali sono da stabilire
e mantenere in modo attivo perché indistinte, senza confini - e l’ampiezza del gruppo e
la disposizione spaziale concentrica rendono impossibile la reciprocità (vedere/essere
visto) e creano fenomeni psicotizzanti: esperienze di minacce all'identità, angosce,
difficoltà a mantenere il confine io-noi-altri, stato di confusione, violenza verbale o agita,
deindividuazione e diffusione dell'identità.
131
Per TURQUET, (1975); MAIN, (1975) - il sentimento di diffusione dell’identità nel
gruppo allargato è espressione del mancato riconoscimento delle identità personali
dei partecipanti:
- i punti di vista sono generici, eludono l’implicazione personale.
Gran parte delle teorie sul large group partono dal punto di osservazione delle
dinamiche e dei fenomeni emergenti dei piccoli gruppi, influenzando così l’impostazione
teorica dei large group. Al contrario, DE MAREE’ sviluppa un modello che si basa su
aspetti specifici.
• nel gruppo allargato sentimenti ed emozioni sono inibenti, violente e frustranti: ciò
produce ansia e difficoltà ad esprimersi, con l’aumento della frustrazione, dell’odio e
dell’aggressività.
• individua una proporzione tra l’intensità dei sentimenti e la dimensione del gruppo:
quanto maggiori le dimensioni del gruppo, più il gruppo alimenta tali fenomeni di
aggressività e odio e favorisce l’insorgenza di meccanismi psicotici.
• Nelle fasi iniziali, il gruppo allargato, è frustrato e genera nell’individuo una reazione
di furore: le energie sono intense e caotiche e sfuggono al controllo della volontà
collettiva e si crea un clima persecutorio da cui nasce l’odio.
132
• se si è in grado di gestire il dialogo l’odio può essere trasformato in energia
endopsichica al servizio della simbolizzazione e dei comportamenti non istintuali.
DE MARE’ (1994) nella sua analisi distingue dal punto di vista socioculturale tra piccoli
gruppi, gruppi intermedi e gruppi allargati, in base alla dimensione numerica ed ai
fenomeni di gruppo distingue:
A. la dimensione numerica:
La relazione tra CONTESTO e GRUPPI è una delle dimensioni principali attraverso cui
comprendere le caratteristiche del gruppo allargato come dispositivo di lavoro.
133
Recentemente, NUTUNAN - SHWARTZ - SHAY (2000) hanno ripreso lo studio della
relazione tra contesto e gruppi allargati ed hanno individuato le dimensioni
emergenti del gruppo allargato: contesto organizzativo, interazioni sociali, contenuto
inconscio, pensiero e dialogo:
A. contesto organizzativo: riguarda i contenuti nascosti relativi alle organizzazioni e
al contesto sociale che il gruppo allargato rende emergenti nel qui-e-ora in cui i
partecipanti sono inseriti.
D. pensiero e dialogo: svolgono una funzione di direzionalità. Sono i mezzi con cui i
partecipanti realizzano l’obiettivo, cioè apprendere a comunicare per
- superare le barriere psichiche ed emozionali attivate dal dispositivo stesso
- comprendere i processi del gruppo
WILKE (2003) ha analizzato la dinamica tra caos e ordine nei gruppi allargati,
assimilando il processo dei gruppi allargati a quello delle società tribali:
- ogni gruppo tribale ha bisogno di un’autorità politico-religiosa che lo accompagni e
lo guidi.
134
- il conduttore ha una funzione specifica: trasformare le dinamiche transferali in
dono, riconoscendo l'esigenza dei partecipanti di ricostruire una “matrice di
interdipendenza” e favorendo questo processo.
TRIEST (2003) invece mette in relazione i vissuti nei gruppi allargati con quelli nelle
organizzazioni, evidenziandone la natura ambivalente:
- da un lato offre ordine e sicurezza: è un sistema di difesa contro il caos,
- il meccanismo della proiezione è più massiccio e assomiglia agli scambi veloci e alle
scariche emozionali presenti nei gruppi allargati face-to-face.
135
ANCONA - La Matrice di base antropologica
rende possibile esplorare fattori legati alla dimensione biologica e alla dimensione
transpersonale e rendere visibile la matrice di base: ciò che è inscritto nell’identità del
singolo soggetto o dei gruppi a cui appartiene.
- accedere a una forma di pensiero extrafamiliare che attiva forme di legame sociale su
cui costruire rappresentazioni di identità più ampie.
136
La TRASPOSIZIONE è quel fenomeno per cui i partecipanti di un gruppo utilizzano
categorie simboliche e relazionali del gruppo familiare per pensare una situazione caotica
e debordante del gruppo nella fase di avvio.
In realtà, le trasposizioni non sono funzionali: gli individui si rendono conto del
malfunzionamento del gruppo, in quanto il gruppo allargato non permette di portare a
compimento l’operazione transferale a causa delle sue caratteristiche di numerosità e
diffusione - come invece avviene nei piccoli gruppi - per cui si generano odio e
frustrazione che attivano sofferenza.
137
ROUCHY (2003) ha operato una distinzione nel modo in cui la partecipazione ai gruppi
transculturali può avere effetti sulle matrici Culturali del Sé dell’individuo.
LE ROY (1987) ha studiato i gruppi allargati transculturali intesi come spazi operativi
per il trattamento dei traumi dovuti ad eventi storico-sociali.
L’incontro con altre matrici culturali e la tensione emotiva, dovuta al confronto con
l’alterità culturale, che da esso originano sono oggetto di analisi del setting di gruppo
allargato transculturale:
1. si caratterizza per la presenza di partecipanti con diversa provenienza geografica e
culturale
2. crea un contenitore in cui il trauma può essere integrato e trasformato a livello
personale e sociale.
Questi gruppi utilizzano la regola delle libere associazioni che ruota intorno al problema
della lingua materna e al rapporto con le altre lingue straniere:
138
- la comunicazione in una lingua straniera paralizza la possibilità di associazione delle
idee e dunque dei ricordi.
La difficoltà che i partecipanti avvertono rispetto alle libere associazioni in una lingua
straniera diventa espressione del non-dicibile e del non-pensabile, per cui la
sofferenza per l’impossibilità di esprimersi o comprendere è espressione della sofferenza
e dell'angoscia del trovarsi in uno spazio estraneo. Dallo scontro linguistico si opera
un passaggio allo scontro culturale, in quanto la lingua è lo strumento identificativo
culturale per eccellenza.
Nella pratica clinica il gruppo è sempre più utilizzato come strumento di cura,
soprattutto nei servizi pubblici in ragione del vantaggioso rapporto costi-benefici, per far
fronte all’ingente domanda di cura: la psicoterapia di gruppo, è un’ottima strategia di
razionalizzazione dell’attività sanitaria pubblica, in ragione dell’economia di tempi e
spazi che consente (COSTANTINI, 2000).
VALUTARE IL GRUPPO
139
Valutare gli effetti della psicologia e psicoterapia di gruppo attraverso la ricerca è
necessario: parte della ricerca sui gruppi è centrata sui risultati degli esiti delle terapie
gruppali: verificare l’efficacia ci permette di comprendere l’efficacia del lavoro, riflettere
sugli errori e supportare le teorie attraverso gli esiti positivi.
Ricerche meta-analitiche
La ricerca sui gruppi è un ambito in forte espansione in quanto ciò che è stato pensato
per le terapie individuali non può essere traslato sulla terapia gruppale, per cui è
necessario diversificare la ricerca sugli aspetti di processo dei due ambiti.
140
tendono ad aumentare nel tempo rispetto a quelli ottenuti con i trattamenti brevi e/o
individuali.
La presenza limitata di ricerche sulle terapie di gruppo di lungo periodo è legata ad
una serie di fattori:
- la grande varietà dei modelli gruppali,
- la diffidenza dei clinici nei confronti di ricerche ritenute invasive nei confronti
dell’intimità analitica e con risultati poco fruibili e utilizzabili.
DAZZI, LINGIARDI, & COLLI (2006) - sostengono che i limiti della valutazione delle
psicoterapie sono dovuti soprattutto alla difficoltà di gestire due opposte esigenze:
Per questo è necessario tener presente alcune criticità della ricerca sui gruppi:
1. La metodologia relativa alla generalizzazione dei risultati
Nei trattamenti in gruppo, le osservazioni che si raccolgono per ogni singolo
paziente non possono essere considerate indipendenti dal contesto gruppale,
violando l’assunto di base dell’analisi statistica inferenziale.
I membri di un gruppo molto coeso:
141
La MOLTEPLICITA’ DI RELAZIONI influenza il modo in cui il gruppo funziona: la
stretta relazione che unisce i membri rappresenta una difficoltà nel valutare l’esito
della terapia a causa dell’EFFETTO DI DIPENDENZA.
BURLINGAME et al., (1994) hanno visto che non considerare il valore dell’ICC
porta a ritenere efficaci trattamenti che non lo sono (errore di I Tipo).
2. L’ICC consente di calcolare correttamente l’efficacia dei gruppi terapeutici che
altrimenti risulta viziata da una sovrastima dell’effetto positivo dei gruppi sui
pazienti. Baldwin et al. (2005) evidenzia che anche la letteratura sugli EST ha
sottovalutato il problema: in un lavoro su 33 studi tratti dalla lista degli EST relativi a
trattamenti di gruppo in cui l’unità di analisi era il singolo paziente, se i risultati
venivano corretti tramite il calcolo dell’IIC, gli effetti statisticamente significativi
diminuivano in modo drammatico.
142
2. Le griglie di osservazione - metodo che consente di tenere in considerazione la
molteplicità delle variabili nel campo gruppale, idoneo a concettualizzare e
organizzare in termini rigorosi l’intervento clinico: cosa si fa, perché, con quali
parametri, scopi e rischi.
Particolarmente utile negli studi di esito–processo che indagano i fattori che
facilitano la guarigione del paziente, insieme alle misure self-report e alle metodologie
sull’analisi delle interazioni terapeutiche (videoregistrazioni o trascritti delle sedute
terapeutiche).
Le ricerche sono effettuate mediante questionari somministrati dai clinici oppure self-
report dai membri per indagare aspetti dell’esito e della relazione nel gruppo.
143
Una meta-analisi sull’effectiveness differenziale della psicoterapia di gruppo ha
fornito riscontri ed evidenze per questo tipo di approccio per diversi tipi di disturbo
(Burlingame et al. 2003).
Negli ultimi anni sono stati sviluppati dei MODELLI ATEORICI che non si basano su una
teoria psicologica ma cercano di fondare le proprie teorizzazioni per leggere il gruppo
partendo dai DATI EMPIRICI raccolti sui gruppi. Tali modelli ci permettono di individuare
quali sono gli elementi centrali nello sviluppo del gruppo.
- sostennero che questi fattori avessero un’influenza sui processi all’interno dei gruppi.
YALOM (1995) amplia il format originale sui fattori terapeutici e propone un insieme di
11 fattori indipendenti dall’orientamento terapeutico: 1. dare speranza, 2. universalità,
3. scambio di informazioni, 4. altruismo, 5. esperienza correttiva del gruppo familiare
primario, 6. tecniche di socializzazione, 7. comportamento imitativo, 8. apprendimento
interpersonale, 9. coesione di gruppo, 10. catarsi, 11. fattori esistenziali.
In merito allo studio sui processi in terapia di gruppo, BURLINGAME evidenzia una
problematica:
144
A. da un lato l’adozione dei fattori terapeutici non ha condotto ad una forte base
empirica per la comprensione del processo di gruppo a causa:
- delle troppe misure psicometriche divergenti che valutano sottoinsiemi di fattori: ciò
rende impossibile raccogliere i risultati in modo attendibile.
Molti studi empirici sulla relazione terapeutica sono focalizzati sui fattori terapeutici e
su come funzionino in psicoterapia di gruppo.
Uno dei più interessanti è quello della JOHNSON che ha trattato le componenti della
relazione terapeutica di gruppo dal punto di vista empirico e teorico e valuta:
1. le componenti di “clima di gruppo”, “coesione”, “alleanza”, “empatia” in studi di
esito e di processo ed il loro contenuto specifico
2. le “relazioni terapeutiche” che si formano tra i membri del gruppo, tra i membri ed il
conduttore, o tra i membri del gruppo ed il gruppo nel suo insieme.
Le rassegne sulla psicoterapia di gruppo analizzano gli studi in due ampie categorie:
1. ESITO - verificano l’efficacia del trattamento (outcome studies)
145
Il PROCESSO DI GRUPPO viene inteso come quell’insieme di eventi e dinamiche che
portano il gruppo da uno stato A ad uno stato B.
- costruisce un ponte tra gli studi sull’esito e gli studi sul processo
2. La “Teoria dei principi del processo” del piccolo gruppo, che consente di definire
l’identità della terapia gruppale.
146
5. La variabilità dei “Fattori strutturali del gruppo”, riguarda elementi quali numero,
lunghezza e frequenza delle sedute, setting, la presenza di un co-terapeuta.
- per altri è necessaria una generale applicazione del principio della coesione di gruppo,
incoraggiata dal conduttore
147
A. La struttura di gruppo riguarda l’anatomia, lo scheletro su cui si costruisce un
gruppo, ci consente di pensare il gruppo come il veicolo del cambiamento ed è data
da due aspetti parziali: struttura imposta e struttura emergente
D. I risultati empirici evidenziano un’influenza sia positiva che negativa sul processo di
cambiamento individuale della struttura emergente e dei processi emergenti, del
setting interpersonale e dello scambio interpersonale.
Il feedback interpersonale è un’interazione tra due o più membri del gruppo che si
scambiano reazioni o risposte interpersonali.
148
Molte rassegne sugli studi sul feedback offrono una analisi comprensiva dei possibili
processi emergenti.
Il modello tripartito si occupa della relazione terapeutica nei gruppi e vede il gruppo
come un aggregato in cui si possono individuare TRE DIREZIONI di legame: membro-
membro, membro-gruppo, membro-conduttore.
JOHNSON evidenzia quattro costrutti chiave del PROCESSO DI GRUPPO: clima di
gruppo, coesione, alleanza ed empatia, con l'obiettivo di definire quei fattori
terapeutici che hanno in comune tali costrutti.
Lo studio della JOHNSON tiene conto della mancanza di chiarezza concettuale dei
costrutti e degli studi che indicano un’alta correlazione tra i costrutti e, attraverso i
modelli di equazione strutturale, esamina la struttura fattoriale di tutti e quattro i
costrutti.
- molti studi riportano una relazione positiva tra esiti migliori ed alti punteggi nella
scala coinvolgimento del GCQ.
- altri studi non riportano una relazione tra coinvolgimento ed esiti della terapia, ma
solo che il clima di gruppo positivo è associato ad altri processi di gruppo favorevoli
come il lavoro terapeutico e l’autosvelamento. Gli studi sul GCQ sono 13.
COESIONE - l’insieme di forze che tengono unito il gruppo: l’insieme dei legami
relazionali tra i suoi membri, i membri ed il terapeuta, ed il gruppo nel suo insieme.
Il senso di connessione al gruppo: una forte coesione consente di lavorare ad un
obiettivo comune ed è il fattore di cambiamento più forte.
YALOM (1985) evidenzia che la coesione di gruppo è una pre-condizione necessaria
per una terapia efficace: è l’essenza della relazione nella psicoterapia di gruppo.
150
BURLINGAME et al. (2002)” evidenziano l’evoluzione del concetto di coesione nel
tempo:
- da costrutto ampio e diffuso (le forze che portano i membri a rimanere in gruppo) a
ristretto (attrazione, alleanza),
KIPNES, PIPER, e JOYCE (2002) hanno analizzato i metodi usati per valutare il livello
della fonte di valutazione della COESIONE ed individuato le seguenti polarità: livello
individuale - livello gruppale e livello dei partecipanti - livello degli osservatori
Lo studio mostra che:
B. “i membri del gruppo rispondono alla loro esperienza relazionale globale in gruppo
piuttosto che distinguere le relazioni con i membri, col conduttore e col gruppo nel
151
suo intero”.
JOHNSON ha analizzato l’influenza della coesione sull’esito della terapia verificando che
1. i risultati della misurazione della coesione possono differire sulla base degli
strumenti e delle differenti definizioni.
2. il ruolo della coesione varia a seconda della teoria del cambiamento formale
adotta e con differenti popolazioni.
ALLEANZA - la base di aiuto per gli elementi attivi della terapia, la componente
essenziale per sviluppare il cambiamento. E’ un costrutto multicomponenziale:
l’alleanza di gruppo è la somma delle alleanze col conduttore, per cui la sua
valutazione deve considerare le caratteristiche interpersonali dei pazienti.
152
JOHNSON come GLATZER (1990) sostiene che l’alleanza terapeutica può contribuire
ad aumentare l’autostima dei membri, supportare i pazienti fragili, tollerare gli errori del
terapeuta, motivare i membri del gruppo e riporta le differenti concezioni di alleanza:
valutano l’alleanza dei membri del gruppo con il conduttore: è l’approccio degli
studi sui gruppi terapeutici cognitivo-comportamentali che trascura le
caratteristiche interpersonali della terapia di gruppo.
1. una base di aiuto per gli elementi attivi della terapia (molte teorie cognitive,
comportamentali e psicodinamiche/psicoanalitiche)
L’alleanza individuale dei membri con il conduttore è risultata predittore di esito nei:
A. gruppi cognitivo-comportamentali:
- per donne partner di uomini violenti, (Brown, O ́ Leary, 2001; Taft et al., 2003).
- per pazienti con rischio coronarico (van Andel et al., 2003),
B. gruppi psico-educazionali per coppie che vivono un forte stress (Bourgeois,
Sabourin, Wright, 1990),
- gruppi psicodinamici a lungo-termine per pazienti residenziali
- McCALLUM et al. (2002): l’alleanza non predice il drop out in gruppi supportivi con
situazioni di lutto.
153
- WOODY e ADESSKY (2002), i gruppi cognitivi per pazienti con fobia sociale non
mostrano associazioni tra alleanza ed esito e tra cambiamento dell’alleanza ed esito.
Ciascun modello teorico considera l’empatia una variabile importante della relazione
in terapia di gruppo, la descrive con un proprio linguaggio e riporta punti di vista
differenti rispetto al suo ruolo:
Non ci sono molti studi di esito che correlano EMPATIA ed esito terapeutico e sugli
effetti positivi dell’empatia nei gruppi. Tuttavia, i ricercatori sono d’accordo sulla sua
importanza. JOHNSON presenta due studi sugli effetti negativi dei fallimenti
dell’empatia in gruppo:
154
Negli anni ’80, l’Associazione Americana di Psicoterapia di Gruppo (AGPA) ha
sponsorizzato lo sviluppo e la diffusione della CORE-Battery: un insieme di strumenti
per fare ricerca nel gruppo con l’obiettivo di affiancare il giudizio clinico per la
valutazione del trattamento gruppale.
- era uno strumento pilota: mancavano gli strumenti di valutazione del processo.
La CORE dette risultati misti e non fu mai pienamente accolta a causa di vari motivi:
4. non vennero inclusi gli strumenti di processo per monitorare aspetti come il clima
di gruppo ed i fattori terapeutici.
BURLINGAME - STRAUSS (2003), hanno guidato una Task force per lo sviluppo di una
CORE-revised grazie a tre eventi concomitanti:
1. I due ricercatori stavano lavorando per produrre raccomandazioni di strumenti per il
trattamento di gruppo
155
La CORE-R è un protocollo applicabile come strumento di selezione dei partecipanti,
di valutazione dell’esito e di analisi del processo del trattamento gruppale:
- analizza il modo i cui il gruppo si sviluppa nel corso della sua esistenza, integrando
aspetti relativi alla teoria con aspetti empirici di ricerca.
- inizia con un capitolo che spiega l’uso degli strumenti di misurazione nella pratica
clinica e come devono accordarsi al clima basato sull’evidenza.
- ogni paragrafo contiene nozioni fondamentali sulle dimensioni di base della sezione,
l’autore e la fonte degli strumenti, considerazioni logistiche, proprietà psicometriche e
riferimenti bibliografici.
Per i terapeuti non è pratico effettuare una batteria estensiva di misure: la CORE-R
consiglia misure brevi, complessive, semplici da somministrare, libere da bias di tipo
teorico, sensibili al cambiamento, ampiamente utilizzate.
La preparazione dei pazienti per i gruppi è importante nel processo della terapia di
gruppo. Il paragrafo della CORE-R sugli strumenti per la selezione del gruppo:
156
La CORE-R raccomanda le seguenti variabili di selezione:
• il tasso di interruzione prematura della terapia con varianza dal 20 al 50 %
prevedibile tramite una precisa misura di screening che permette di distinguere i
pazienti che possono trarre beneficio dalla terapia di gruppo da quelli che non possono.
• il potenziale per la devianza dal gruppo: connesso alla qualità complessiva del
processo, al logorio e all’esito include aperture di sé inappropriate e tendenze a
monopolizzare, come il dominare il tempo in seduta.
• I punteggi cutoff non sono stati stabiliti, possono essere generati i punteggi
delle sottoscale.
157
• le sottoscale sono più predittive del processo, dell’esito e del logorio rispetto al
punteggio totale.
Le valutazioni di esito:
- consentono una valutazione formalizzata sul cambiamento ottenuto dal paziente
158
I pazienti spesso comunicano più informazioni in un questionario che verbalmente,
specialmente in una fase precoce della terapia.
159
1. misura di 32 items sul malessere interpersonale attuale, fornisce punteggi su 8
sottoscale che riflettono i problemi interpersonali caratterizzati da aggettivi quanti
dominante, vendicativo, freddo, evitante, non assertivo, accuditivo, intrusivo, etc.
• valutare ogni obiettivo su una scala likert a 5 o 11 punti, sulla base della
gravità del malessere e dell’aspettativa di miglioramento.
160
Il processo di gruppo include:
B. esamina le interazioni tra i membri del gruppo, le interazioni del terapeuta e del gruppo
stesso.
Il paragrafo sul processo di gruppo della CORE-R si basa sul modello a 3 fattori della
relazione terapeutica di gruppo di JOHNSON che individua le componenti del
processo terapeutico, ciascuna composta da un numero di variabili costitutive:
legame positivo, lavoro positivo, relazione negativa.
• Positive Working (PW): l’accordo del paziente con il terapeuta e gli altri
membri del gruppo riguardo i compiti e gli obiettivi della terapia di gruppo.
Negative Relationship (NR): la percezione di mancanza di fiducia, autenticità
e distanza interpersonale con il terapeuta e gli altri membri.
161
2. Working Alliance Inventory - WAI (Horvath, Greenberg, 1989)
misura fondamentale per la valutazione della qualità dell’alleanza terapeutica. Una
forte alleanza di lavoro è fondativa per il buon funzionamento del processo
terapeutico.
2. i punteggi predicono chi rimane e chi compie drop-out dalla terapia, e sono
associati con il cambiamento terapeutico nelle misure di depressione
(Persons, Burns, 1985).
162
- Evitamento (Avoiding) (4 items) il grado in cui i membri evitano di prendersi la
responsabilità per il lavoro della terapia.
6. Cohesion to the Therapist Scale - CTS (Piper, Marrache, Lacroix, et al., 1983) -
sviluppata in origine per valutare il “legame di base” tra paziente e terapeuta, è un
indicatore delle qualità percepite del terapeuta come conduttore di gruppo.
Composta di 9 item fornisce punteggi su tre sottoscale.
163