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PONTIFICIO ATENEO ‘REGINA APOSTOLORUM’.

Morale sessuale e castità.

9. L’omosessualità e il trans-sessualismo.

1. Introduzione.

Queste due realtà di cui si discute molto in questi ultimi anni vengono trattate
qui in un tema a parte soprattutto per questo motivo. Senz’altro coinvolgono
delle persone che spesso soffrono a causa di scoprirsi o credersi persona
omosessuale o trans-sessuale, anche se ce ne sono altre che se ne vantano.
Non piace a tutte le persone omosessuali le caricature, la propaganda politica,
giuridica e culturale che alcune tra di esse portano avanti. Infatti, se si può
parlare di una certa euforia presso queste ultime, si verifica una disagio
profondo con questo presso tante altre, che lo considerano invece una
strumentalizzazione a volte davvero ideologica. Lo stesso si potrebbe dire per
le persone trans-sessuali; se ce ne sono coloro che se ne vantano, altre lo
sperimentano come una disforia; infatti, a volte il fenomeno si chiama a volte
una ‘disforia del gender’. Non si può dubitare che, per tante persone
direttamente interessate, queste realtà sono realtà sofferte e che gli
atteggiamenti e i comportamenti di altri nei loro confronti spesso aggiunge ad
un senso di disagio profondo, al punto tale in alcuni casi da spingere certi tra
di loro a tentare o addirittura a realizzare un suicidio. Sorgono poi delle
domande anche pastorali circa coloro che si riconoscono di essere persone
omosessuali o trans-sessuali al di dentro della Chiesa. Quindi, un’attenzione
specifica al riguardo anche in questo corso, ci vuole.

Prima di imboccare una tale riflessione, occorre fare prima alcune


precisazioni. Questi due gruppi di persone sono da distinguere nettamente da
coloro che sono invece degli ermafroditi (ossia che si sviluppano nel grembo
materno e che nascono con dei genitali di entrambi i sessi. Tale anomalia non
si verifica spesso, ma solitamente si cerca di venire ai ripari attraverso un
intervento chirurgico quanto prima sia possibile dopo la nascita per
sopprimere quelli organi genitali che sembrano essere presenti con minor
incisività, allo scopo di rendere più sostenibile vivere in serenità la persona
così afflitta. Nel caso di una persona pseudo-ermafrodita, non si tratta della
compresenza di organi genitali di entrambi i sessi, ma della compresenza di
tessuti di entrambi i sessi, il che porta solitamente al tentativi di sopprimere o
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almeno di ridurne la presenza e di favorire lo sviluppo nel senso degli organi


genitali presenti. Non si configurano con queste due realtà né una persona
omosessuale né una persona trans-sessuale. Quella omosessuale non si dubita
neanche della sua identità maschile o femminile (nel caso di una persona
lesbica), ma anziché orientarsi eroticamente ad una persona dell’altro sesso, si
orienta invece verso coloro dello stesso sesso. Invece, una persona trans-
sessuale compare chiaramente come maschio o femmina fisicamente o
biologicamente ,ma sin da molto giovane s’evince una forte convinzione di
appartenere al sesso opposto, a volte di essere stato del sesso diverso nel
grembo di sua madre e di svilupparsi con un crescente tensione e voglia di
vivere nel sesso opposto o, come lo vede, nel suo sesso ‘vero’.

2. La Bibbia e l’omosessualità.

La richiesta forte del Concilio Vaticano II per il rinnovamento della teologia


morale, anche in base ad un contatto più vivo con la Sacra Scrittura ha
suscitato, tra l’altro, un approccio molto liberale a questo tema, che cerca di
dire o che la Bibbia non tratta della realtà omosessuale in quanto tale o che le
norme contenute nei testi sacri circa il comportamento omosessuale sono
talmente segnati dalla cultura e dal non possono servire per sostenere la
dottrina del Magistero che un atto omosessuale genitale sia un disordine
intrinseco e perciò sempre immorale.

Nella manualistica il trattamento di questo tema fu limitato e preciso.


L’omosessualità, in quanto fenomeno, fu una ‘deviazione’, mentre l’atto
omosessuale fu una ‘perversione’, distinzione solita riguardo a tutte le
deviazioni e perversioni sessuali. Nella manualistica più in generale e nella
teologia morale pre-conciliare, la Bibbia non occupò un posto privilegiato, ma
fu usata spesso per ratificare una conclusione già raggiunta da una riflessione a
partire della legge morale naturale.

Il Magistero parlò dell’omosessualità in un documento su alcuni aspetti, certe


questioni, della sessualità nel 1975. Non intendeva occuparsi di tutte le
questioni morali circa la sessualità, ma solo di alcuni, tra le quali questa. Il
paragrafo che ne trattò fece la distinzione tra la ‘condizione’, la ‘tendenza’ o
‘l’inclinazione’ omosessuale, di cui la persona non fu necessariamente
responsabile, e l’agire omosessuale, che fu sempre intrinsecamente immorale,

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anche se si doveva essere molto prudente nella valutazione della colpevolezza


personale in un determinato caso.1

Una delle critiche più costante di quest’intervento magisteriale fu il riferimento


in una nota infra-paginale ad una seria di testi biblici, non esaminati nel testo,
ma messo lì per rafforzare il giudizio morale fatto. 2 Inoltre, si trattava di una
citazione del brano della lettera ai romani (Rom. 1, 24.27), senza commento, ed
un riferimento (cf.) agli altri due testi neotestamentari che toccano questo tema.

Quasi allo stesso tempo, alcuni studi sulla sessualità emersero ceh avevano
cercato di servirsi dell’esegesi e dell’ermeneutica in seguito alla
raccomandazioni del Concilio, che, però, spesso dissero che una norma
oggettiva dicendo che ogni atto omosessuale fosse intrinsecamente immorale
non fu sostenibile dalla Bibbia, perché non affrontato al primo posto, o non
direttamente analizzato come tale, o culturalmente e storicamente talmente
condizionata. Spesso queste asserzioni andavano insieme ad un approccio
proporzionalistico alla norme morali Dunque, da una parte c’era un numero di
teologi moralisti in campo cattolico in contrasto con la dottrina del Magistero e
dall’altra parte c’era un testo magisteriale che sembrava debole, fra la’altro
pere alcuni, sotto l’aspetto biblico.

3. La Sacra Bibbia e gli atti omosessuali.

Nell’Antico Testamento il testo classico, spesso citato nelle manuali, fu quello


dell’incontro con Lot (Gen, 19, 1-11). Si può citare anche Giu. 19, 22-28 e poi
Lev. 18; 22-23; 20, 13 e Sap. 14,22-26. Nel Nuovo Testamento i testi sono
Rom. 1, 18-27; 1 Cor. 6, 9-10 e 1 Tim. 1, 8-10.

a. L’Antico Testamento.

Spesso nella manualistica il peccato di Sodoma fu citato nel contesto dei


rapporti omosessuali. Infatti, si tratta di due angeli, poi chiamati uomini ospiti
di Lot, con i quali gli uomini della città volevano abusarsi. Lot condannò il
pensiero e offrì loro sua figlia al loro posto. In modo simile, l’ospite d’un
vecchio a Gabaa fu il bersaglio degli uomini di quella città (Giu. 19); il vecchio
offrì loro sua figlia, ma non la volevano e presero la concubine dell’ospite.

1
Sacra Congregazione per la dottrina della fede, Dichiarazione su alcune questioni della morale
sessuale, Persona humana, n. 8.
2
Ibid., nota a pie di pagina n. 14.
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L’interpretazione di questi due testi solitamente accenna al fatto che si trattava


degli ospiti e che i giudei avevano un forte sentimento dell’obbligo di non
maltrattare gli ospiti. Dunque, non sarebbe stato una condanna dell’atto
omosessuale, ma della violazione dei doveri verso l’ospite la risposta di Lot e
del vecchio.

I testi dal Levitico certamente rientrano nel contesto della legge casistica del
Codice della Santità e riguardavano la purezza rituale, cioè che dovevano
essere puri, astenendo dai rapporti sessuali incestuosi (citati a lungo nel
capitolo 18). Un’altra interpretazione di questi brani, circa l’atto omosessuale
punta sulla purezza del popolo d’Israele come un popolo santo, che doveva
proteggersi contro i delitti della prostituzione sacra, forse omosessuale, o
dall’atto sessuale imposta per la forza, tra l’altro quindi lo stupro omosessuale.3

Non tanti citano il testo dal libro della Sapienza, ma una seria di peccati,
riassumendo i precetti della seconda tavola del Decalogo viene presentata lì,
come esempi delle conseguenza dell’idolatria.

Si vede subito come delle tali interpretazioni tendono a ridurre il significato


dell’atto omosessuale (come un esempio di un peccato, come casuale e
secondario a qualcosa altra presa come punto focale del brano. Un'altra
possibilità deriva dal contesto culturale storico di tutti questi testi, soprattutto
dalla Genesi e dal Levitico. La donna aveva un posto molto secondario nella
società di allora. In particolare, M. Foucault sottolinea che il testo di Levitico
parla dell’atto omosessuale in termini dell’uomo che si corica coll’uomo ‘come
con una donna’, cosa vergognosa nel contesto e quindi condannato perché uno
degli uomini si comportasse effettivamente da donna. Quest’interpretazione fu
abbracciata esplicitamente da Foucault da G. Moore in un libro radicale su
questo tema.

b. Il Nuovo Testamento.

Un’analisi simile dei testi neo-testamentari sopra-elencati fu elaborato dai


teologi moralisti, cioè che l’interesse non fosse l’omosessualità, che non fosse
che un fattore casuale nei brani.

1 Cor. 6, 9-10.

G.D. Coleman, Homosexuality: Catholic Teaching and Pastoral Practice (Paulist, New York,
3

Mahwah, 1995), 61.


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Qui Paolo fa un elenco esemplificativo di peccati che escludono dal regno dei
cieli, in una parenesi o esortazione. Un’interpretazione della condanna dell’atto
omosessuale qui sarebbe che faccia parte di un’esortazione generale e non
sarebbe da prendere in un senso normativo. Far una distinzione rigida tra
discorso parenetico e discorso normativo rischia di rendere vuoto l’importo
morale del testo. Anzi, il motivo per cui veniamo esorti di non compiere dei tali
gesti è perché sono immorali.

Infatti, questo testo segue la condanna del incestuoso (1 Cor. 5, 1-11) da Paolo
che chiama un esempio d’immoralità respinta pure ai pagani. Certo è che segue
una parenesi post-battesimali, affinché i neofiti vivano da cristiani e non
ricadano nel peccato. Il contesto di santità battesimale assieme alla
collocazione della condanna dell’atto omosessuale dopo la condanna d’incesto
sembrano giustificare l’interpretazione che indietro al testo stesse quello di
Levitico. Qui gli ‘arsenokoitai’ sono degli uomini che compiono degli atti
omosessuali con altri uomini, assieme ai ‘malakoi’ (deboli, effeminati’). Gli
ultimi potrebbero riferire ai giovani o ai ragazzi procurati per gli uomini nel
mondo greco di allora, ma potrebbe benissimo riferire a altri uomini.

1 Tim. 1, 9-10.

Il testo si serve anche della parola ‘arsenokoitai’, ma quasi accanto alla parola
‘pornoi’, che solitamente significa ‘coloro che compiono delle cose sessuali
cattive’, ma che nel contesto potrebbe segnalare anche dei ‘malakoi’. L’altra
parola direttamente accanto indica coloro che procurano degli uomini,
probabilmente giovani che forse suggerisca un allusone alla pedofilia. Tutto ciò
compare in un elenco parenetico, ma attorno alla seconda tavola del Decalogo.

Rom. 1, 18-27.

Questo brano anche parenetico certamente il più esteso per il nostro tema, fa
parte di un appello da San Paolo ai pagani di prestare ascolto al Vangelo e di
lasciarsi convertire anche dalla loro immoralità, di cui gli atti omosessuali e
lesbici fanno parte. Nel senso che parla dell’immoralità gravissima come
conseguenza del rifiuto da parte dei pagani di riconoscere Dio (‘per questo Dio
li ha abbandonati alle loro passioni’), che è riconoscibile attraverso le loro
coscienze, cioè della loro idolatria forse la stessa idea dell’autore del libro della
Sapienza ci stia dietro. Ad ogni modo, oltre al riferimento alle persone
lesbiche, questo brano è notevole per il fatto che condanna gli atti omosessuali
maschili e femminili come ‘rapporti contro natura’. Sembra chiaro che San
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Paolo abbia considerato gli atti omosessuali come un esempio dello


sconvolgimento totale dell’ordine della creazione, la conseguenza del rifiuto di
Dio. Alcuni hanno voluto dire che Paolo qui condanna una prassi del mondo
greco, cioè della pederastia e non ogni attività omosessuale, ma ‘uomini con
uomini’ o ‘maschi’ con ‘maschi’, e poi ‘donne’ con ‘donne’ pare indicare che
intendeva (forse anche) gli adulti.4

L’esegeta francese, M. Gilbert, studiò tutti i testi biblici che avessero potuto
aver a che fare cogli atti omosessuali. Benché riconoscesse che gli autori sacri
avessero potuto interessarsi in altri aspetti (l’ospitalità, la purezza rituale, la
catechesi dei neo-battezzati), constata che nei testi sopra riportati ed anche
nella letteratura inter-testamentaria che prese sotto esame, non si può dubitare
che là dove la Bibbia tratta degli atti omosessuali, pure in un contesto in cui
c’entrasse un altro problema, non lo fa senza sempre condannarli e condannarli
come gravemente immorali.5

In un libro recente, scritto da esegeti, si giunge ad una seria di conclusioni


importanti. La pretesa che il rapporto tra Davide e Gionata (cf., 1 Sam. 18: 1-5;
20: 30-40, 2 Sam. 1: 26) fu omosessuale sembra basarsi su un’interpretazione
di parole e di gesti che potrebbero avere un significato erotico, ma che si
trovano spesso senza qualsiasi senso erotico e che devono interpretarsi alla luce
del contesto biblico; questo contesto non è per niente un contesto erotico, ma in
tutti questi testi è un contesto politico e teologico. 6 La proibizione chiara degli
atti omosessuali presso Levitico riguarda delle questioni di un’importanza
fondamentale, ossia la protezione della famiglia da fattori disgregative e la
salvaguardia della sua discendenza, non per motivi puramente sociologici, ma
come condizione essenziale per poter restare nella terra Promessa. 7 J-B. Édart
conclude che San Paolo condanna non l’orientamento omosessuale, ma gli atti
di due persone omosessuali come tali (e che questa condanna non si restringa
ad atti commessi contro dei minorenni) in 1 Cor. and in 1 Tim. 8 Riveste
un’importanza particolare il fatto che condanna tali atti nella lettera ai Romani
come atti ‘contra naturam’, non come se avesse adottato una prospettiva
filosofica di stampo stoica, ma in senso prettamente teologico, segnalato

4
Ibid., 66-67.
5
Cf., M. Gilbert, “La Bible et l’homosexualité”, Nouvelle revue théologique, 109 (1987), 787-95.
6
Cf., I. Himbaza, A. Schenker and J-B. Édart, Clarifications sur l’homosexualité dans la Bible
(Cerf, Paris, 2007), 36-46 (Italian translation, L’omosessualità e la Bibbia (Paoline, Cinisella,
2007).
7
Cf., Ibid., 51-73.
8
Cf., Ibid., 76-81.
G.J. Woodall, ‘Morale sessuale e castità’; ad usum privatum studentorum.
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precisamente da fatto che riporta le sue osservazioni alla teologia della


creazione nella Genesi 1, cioè nel senso che tali atti contradicono il significato
della natura umana in quanto creata da Dio all’immagine e alla somiglianza di
Dio.9

4. La cura pastorale delle persone omosessuali.

a. La dottrina magisteriale.

i. La dottrina teologica e magisteriale precedente.

La teologia morale classica e il magistero ne aveva parlato in diverse occasioni.


La dottrina biblica rispetto agli atti omosessuali e quella della legge naturale
sono riassunte nella dottrina comune della teologia morale comune, cioè quella
comunemente insegnata dai teologi moralisti ‘probati’ ossia che insegnano in
sintonia con il magistero. Il giudizio sugli atti omosessuali da parte dei padri fu
chiaro e forte. San'Agostino ripeté la condanna biblica di tali atti come contro
natura, profanando la natura da Dio creata. San Giovanni Crisostomo considerò
la passione omosessuale la peggiore di tutte, negando che potessero procurare a
coloro che li compivano un vero piacere, in quanto il piacere lo si potrebbe
ottenere soltanto nel proseguire un vero bene.10 Il 16esimo Concilio di Toledo
nel 693 condannò un chierico colpevole degli atti omosessuali alla riduzione
allo stato laicale e all'esilio e un laico alla scomunica, alle verghe e all'esilio,
l'esilio inteso come tentativo anche di impedire che la prassi si divulgasse oltre.
San Pier Damiani condannò questo vizio come il peggior vizio. Il terzo
Concilio Lateranense del 1179 decretò (c. 2), ribadito dal quinto Concilio
Lateranense (c. 4), l'espulsione dallo stato clericale o una vita di penitenza in
un monastero e per un laico la scomunica e l'allontanamento dalla comunità dei
fedeli. San Pio V rilasciò due costituzioni al riguardo: La Cum primum del
1566 condannò, tra l'altro, 'l'esecrabile vizio libidinoso contro natura',
richiamando alle autorità civili il loro dovere di punirlo e minacciando anche le
punizioni divine; un chierico sarebbe da destituire dal suo stato e punito dal
braccio secolare, un laico sarebbe da punire da quest'ultimo. L'Horrendum
illud scelus del 1568 condannò ogni chierico colpevole alla dimissione dallo
stato clericale (da qualunque grado), da ogni ufficio e da ogni onore, dopodiché
dovesse essere consegnato subito alle autorità secolari per subire le pene
previste per tale reato.11

9
Cf., Ibid., 87-106.
10
Cf., M.P. Faggioni, Sessualità, matrimonio, famiglia (Dehoniane, Bologna, 2010), 268-270.
11
Cf., Ibid.,, 269-275.
G.J. Woodall, ‘Morale sessuale e castità’; ad usum privatum studentorum.
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I manuali di teologia morale presentarono una sintesi di queste dottrine. Di


solito si distingueva tra 'deviazioni' e 'perversioni', gli ultimi essendo gli atti per
i quali i primi fossero messi in atto. In particolare, si servirono anche della
sintesi di san Tommaso, che distinse i peccati così: tutti i peccati sono sempre
'contra rationem', ma alcuni sono ancora più fondamentalmente disordinati in
quanti sono anche 'contra naturam', compreso quei dell'atto omosessuale.12

ii. La dichiarazione Persona humana, 1975.

Classicamente la teologia morale cattolica, assieme a tutta la tradizione


cristiana, non mise in dubbio la condanna degli atti omosessuali. Oltre alle
condanne bibliche, il concetto di ‘contra naturam’ fu impiegato per segnalare
che dei tali atti appartenessero a quel gruppo di atti che, oltre ad essere conto la
retta ragione (‘contra rationem rectam’) in quanto peccaminosi, questi fossero
anche contro la natura.13Esempi di tali atti furono quegli che non comportano
nessun rapporto (la masturbazione), o che coinvolgessero atti sessuali con degli
animali, bestialità, o che fossero intrapresi con persone dello stesso sesso,
mentre degli atti eterosessuali come la fornicazione, la prostituzione,
l’adulterio eterosessuali, pur essendo contra la ragione (‘contra rationem’) e
peccaminosi, furono in accordo cola natura (‘secundum naturam’).14 Rispetto
agli atti omosessuali, Sant’Alfonso considerò che fossero ugualmente probabili
le opinioni secondo le quali tali atti fossero ‘contra naturam’ perché furono
intrapresi con delle persone dello stesso sesso o perché furono compiuti al di
fuori del vessillo giusto (‘in vas debitum’), in quanto gli atti sessuali
moralmente leciti sono da realizzarsi unicamente nella vagina della moglie.15

La dottrina teologico-morale comune e costante distinse delle tendenze o degli


orientamenti (deviazioni) dalla loro messa in atto (perversioni). In seguito alla
rivoluzione sessuale degli anni 1960 e dopo la de-penalizzazione di atti
omosessuali compiuti tra adulti consenzienti, purché non commessi in
pubblico, in diversi paesi, c’erano alcuni tentativi di rivalutare in chiave
positiva e di approvazione degli atti omosessuali almeno sotto certi aspetti,
pure nella teologia morale cattolica di stampo proporzionalista. Il magistero
della Chiesa quindi reagì contro questo tipo di ragionamento in un testo che
12
Cf., San Tommaso, Summa theologiae, II-II, q. 154, a. 11-12.
13
Cf., San Tommaso, Summa theologiae, II-II, q. 154 a. 12.
14
Cf., Ibid.
15
Cf. Sant’Alfonso Liguori, Theologia moralis, III, De sexto praecepto Decalogi, n. 466.
G.J. Woodall, ‘Morale sessuale e castità’; ad usum privatum studentorum.
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non intendeva trattare di tutta la morale sessuale, ma soltanto di certe questioni


di morale sessuale.

Questo testo accolse alcune percezioni recenti, ad esempio, la distinzione tra


tendenza, condizione o orientamento da una parte e gli atti omosessuali
dall’altra. Poi, riconobbe che la tendenza spesso fu non ricercata, ma sofferta,
che tale tendenza omosessuale potesse essere di passaggio o transitoria oppure
radicale e duratura. In particolare, insegnò che la tendenza in quanto tale non è
peccaminosa, mentre gli atti sono sempre gravemente e intrinsecamente
disordinati e non possono essere mai approvati. Inoltre, il grado di
colpevolezza soggettiva di chi li compisse, sarebbe da giudicare con grande
prudenza.16

iii. La lettera Homosexualitatis problema, 1986.

Il testo più esteso rilasciato dalla Chiesa universale su questa tematica non fu
un documento dottrina in quanto tale, ma una lettera pastorale ai vescovi della
Chiesa circa la cura pastorale delle persone omosessuali.

2. L’uso della Sacra Scrittura e l’antropologia.

In questo testo ci fu un’analisi più sfumata dei testi della Sacra Scrittura.Di
particolare rilievo fu la decisione di iniziare l’analisi, anziché di iniziare per
commentare i testi classici di cui sopra, la riflessione sulla bontà della
creazione, della creazione anche della sessualità umana, maschio e femmina,
diede la possibilità di sottolineare non soltanto l’apertura alla procreazione
(Gen. 1, 28), ma anche la differenziazione delle persone umane in due
‘versioni’ sessualmente distinte, ma complementari tra di loro (Gen. 1, 26-27),
la base dell’intima comunione tra marito e moglie (Gen. 2, 23-24) e così della
dimensione anche unitiva della sessualità. Un altro aspetto aggiunto fu quello
di constatare l’impatto del peccato (originale) di Gen. 3, ferendo il legame
dell’alleanza, al punto tale che le persone non riconobbero più il vero
significato sponsale del corpo, ma che lo trattavano spesso in modo immorale.

Dunque, soltanto alla luce di questa antropologia teologica fondamentale, i testi


della Genesi e del Levitico, assieme a quei del Nuovo Testamento furono presi
sotto esame. Lo scopo e il contesto di ciascuno furono notati e alla fine
pervenne alla conclusione che la Bibbia chiaramente denunciò gli atti
omosessuali come intrinsecamente immorali. Dice che Paolo non poteva

16
Cf., Congregazione per la dottrina della fede, dichiarazione, Persona humana (1975), n. 8.
G.J. Woodall, ‘Morale sessuale e castità’; ad usum privatum studentorum.
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trovare un esempio più chiaro della caduta nell’immoralità che quello degli atti
omosessuali.17

3. Alcuni spunti dottrinali.

La lettera del 1986 fu rilasciato perché la pressione politica e culturale già era
passata ben oltre la de-penalizzazione degli atti omosessuali compiuti tra adulti
consenzienti in privato e, in alcuni paesi, c’era già un tentativo di giustificare
un cosiddetto ‘matrimonio’ tra persone omosessuali o di sancire qualcosa di
‘equiparabile’. Allo scopo probabilmente di evitare di sembrar fare
un’ingerenza nella politica interna di certi paesi, soprattutto ove ci fosse una
lunga tensione circa i rapporti tra Chiesa e stato (ad esempio negli Stati Uniti),
fu deciso di scrivere questa lettera ‘pastorale’ a tutti i vescovi della Chiesa
Cattolica. Un motivo prettamente dottrinale, tuttavia, c’era. Questo s’intravede
chiaramente quando la lettera riferisce a ‘delle interpretazioni eccessivamente
benevole’ della dottrina della Persona humana e in particolare della non-
peccaminosità della sola tendenza o condizione omosessuale, che alcuni quindi
erano pervenuti a giudicare qualcosa di positiva in sé, altri la ritennero ‘neutra’
o in qualche modo equiparabile alla tendenza eterosessuale. La lettera
intendeva correggere delle tali valutazioni fuorvianti; siccome si tratta di ‘una
tendenza più o meno forte verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal
punto di vista morale, … l’inclinazione stessa dev’essere considerata come
oggettivamente disordinata’.18

Ci sono alcuni punti importanti di antropologia. Nessuna persona umana


dovrebbe mai essere ridotta alla sua sessualità. 19 Bensì la sessualità costituisca
una dimensione inderogabile e non-trascurabile di ogni persona umana, ciò non
vuol dire che sia il tutto di quella persona. Può benissimo avere tanti pregi,
capacità o talenti che può mettere al servizio della società al lavoro o nel tempo
libero e anche alla Chiesa. Per questo il documento difende la dignità intrinseca
di ogni persona, compresa la persona omosessuale. Inoltre, rivendica la sua
resa di posizione morale in quanto non è da considerare uno schiavo dei suoi
impulsi, per quanto forti siano; ossia gli devono essere riconosciute la sua
libera volontà e la sua capacità di non esistere da solo schiavo agli impulsi, che
quindi può e dovrebbe vivere secondo le esigenze della castità in quella
continenza perfetta che spetta a tutti quanti al di fuori di un rapporto
17
Congregazione per la dottrina della Chiesa, lettera pastorale sulla cura pastorale delle persone
omosessuali, Homsexualitatis problema, 1986, n. 6.
18
Cf. Ibid., nn. 3, 9.
19
Cf. Ibid., n. 16.
G.J. Woodall, ‘Morale sessuale e castità’; ad usum privatum studentorum.
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prettamente coniugale. Ribadisce che soltanto nel matrimonio esiste il contesto


giusto per i rapporti intimi genitali tra marito e moglie. “L’attività omosessuale
non è un’unione complementare, capace di trasmettere la vita… Quando essi
(delle persone omosessuali) intraprendono l’attività omosessuale, confermano
al di dentro di loro stessi un’inclinazione sessuale che è essenzialmente
egoistica”.20

Un’interpretazione nuova pretende che pure l’antropologia sessuale notata non


fosse ben presentata. Malgrado il fatto che la maggioranza delle persone umane
si riconoscano lì, una minoranza non furono create con questa tendenza
eterosessuale, che, anche se non potevano aver dei figli, potessero amare gli
uni gli altri. Ignora il fatto che la procreazione non è soltanto una realtà
biologica. E tratta l’omosessualità come se fosse uguale all’eterosessualità.In
modo particolare Moore prende lo spunto da Foucault per dire che il vero male
nell’Antico Testamento fu trattare un uomo come se fosse donna, essere
inferiore. Questo l’o applica soprattutto al testo di Levitico, ma poi ad altri,
dicendo che non fosse che un fatto culturale, storico. Abbiamo visto che non si
può svuotare la Sacra Scrittura del suo messaggio incisivo; invece, tutti i testi
riportano un giudizio negativo forte sul comportamento omosessuale. Bisogna
aggiungere che la ragione umana può giungere alla stessa conclusione quando
funziona in modo retta e quando non si lasci condizionare dai gruppi di
pressione, a volte ideologicamente motivati.21

4. Dei diritti delle persone omosessuali.

La Chiesa Cattolica difende i diritti delle persone omosessuali, i diritti


fondamentali o naturali che spettano ad ogni essere umano, che scaturiscono,
non dall’omosessualità, ma dal fatto di essere delle persone umane. Quindi,
non devono mai essere rese degli oggetti di disprezzo, di minacce o di
violenza. Poi, devono avere la possibilità di guadagnarsi la vita, di trovare una
casa e un posto di lavoro, di intraprendere qualunque attività moralmente
buona. Non comporta nessun diritto a realizzare ciò che è immorale e quindi
non può comprendere un ‘diritto’ a vivere in un cosiddetto ‘matrimonio
omosessuale’ o in qualunque patto civile di solidarietà o altra convivenza che
potesse pretendere di paragonarsi in qualche modo ad esso né di intraprendere
degli atti sessuali genitali omosessuali. 22 L’obbligo di opporsi a tali tentativi, di
20
Cf., Ibid., n. 7; cf anche nn. 11-12.
21
Cf., Ibid., nn. 8-9.
22
Cf., Ibid., nn. 10-12; cf anche Congregazione per la dottrina della fede, Considerazioni circa i
progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 2003, nn. 4
G.J. Woodall, ‘Morale sessuale e castità’; ad usum privatum studentorum.
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servirsi dell’obiezione della coscienza là dove vengono proposte o di fatto sono


legiferati è serio. Ciò deriva dalla lesione inevitabile dell’istituzione del
matrimonio implicata, l’inadeguatezza del grado della differenzazione sessuale
e quindi della complementarietà rispetto a quanto è significato nel matrimonio,
la marginalizzazione della procreazione e la distorsione del suo significato,
l’assenza di una genitorialità maschile e femminile nei confronti di bambini
concepiti dalla FIVET, e la lesione al bene comune dovuto al fatto di dichiarare
equiparabili il matrimonio e delle strutture che pretendono di tutelare dei diritti
personali che, là dove sono validi, di fatto potessero essere tutelati per diritto
privato.23

Ci sono poi dei diritti delle persone omosessuali battezzate, perché dal
battesimo scaturiscono dei veri e propri diritti e doveri. 24 Da qui emerge il loro
diritto di ricevere una cura pastorale da parte dei pastori della Chiesa. Questi
non devono essere né ingenui né lasciarsi strumentalizzare da individui o
gruppi che s’organizzano per esercitare una pressione sulla società affinché
siano legiferati dei provvedimenti che concedessero loro un ‘diritto’ di
convivere, di sposarsi o di intraprendere tra di loro degli atti genitali intimi o
per fare altrettanto per tentare di spingere la Chiesa di cambiare la sua dottrina
e disciplina. Invece, hanno il diritto e il dovere di ascoltare la Parola di Dio, di
pregare, di partecipare all’Eucaristia, di accedere al sacramento della
riconciliazione, purché cerchino di vivere nella castità.25

Una persona radicalmente omosessuale non avrebbe la capacità psichica


fondamentale per poter assumere e adempiere gli obblighi essenziali del
matrimonio quale rapporto prettamente eterosessuale (c. 1095 3°; cc. 1055,
1096) e gli mancherebbe il discernimento minimo per dare un consenso valido
(c. 1095 2°). Come segnalato, non avrebbe i requisiti minimi per l’ordinazione
sacra (cf. c. 1041 1°).

5. Il trans-sessualismo.

Occorre ricordarci che non si tratta qui di persone omosessuali né di


ermafroditi né pseudo-ermafroditi. Inoltre, una individuo non sarebbe
diagnosticato una persona trans-sessuali neanche se soffre dalla schizofrenia o
da un’altra malattia mentale verificata che potesse spiegare il forte disagio che
sperimenta nella sua identità sessuale. Tuttavia, escluso tutto ciò, là dove un

23
Cf., Ibid., nn. 5-8.
24
Cf. Codex iuris canonici , cc. 96, 204, 849.
25
Cf. Congregazione per la dottrina della fede, Homosexualitatis problema, nn. 12-16.
G.J. Woodall, ‘Morale sessuale e castità’; ad usum privatum studentorum.
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individuo fosse profondamente convinto da più di due anni che la sua realtà
biologica esteriore e visibile da maschio o da femmina non fosse la sua realtà
sessuale vera, ma che questa fosse invece di appartenere davvero al sesso
opposto, quindi di essere femmina malgrado l’evidenza fisica-biologica di
essere maschio o vice-versa, si potesse pervenire ad una diagnosi di trans-
sessualismo. Bisogna constatare il fatto che si tratti di un grave problema
d’identità sessuale, di un grave problema di disturbi psicologici della
personalità. Una persona veramente trans-sessuale vorrebbe presentarsi e
essere riconosciuta nel suo ‘vero’ sesso, quello ‘scelto’ e non quello ‘imposto’
dalla biologia. Qui ci sono delle tracce dell’ideologia del genere, secondo la
quale la sessualità si scelga e si cambi liberamente, la si ‘costruisca’
volontariamente.

Le cause del trans-sessualismo non sono chiaramente identificate. Si pensi ad


una mancata integrazione tra i vari livelli della sessualità (cromosomico-
genetico ossia quello fondamentale a tutti gli altri livelli, genitale-gonadico,
ormonale, fenotipico-morfologico, psicologico, forse in rapporto con un
tempismo falso rispetto ad alcuni sviluppi soliti nel grembo materno, forse a
causa di dosaggi inadeguati o eccessivi di ormoni) oppure ad sbilanci seri nei
rapporti familiari.

Se viene diagnosticato precocemente e se i genitori se ne rendano conto e siano


disposti a collaborare seriamente e al lungo andare, può rispondere abbastanza
bene ad un trattamento psico-terapeutico, almeno al punto di renderla
maggiormente vivibile e gestibile. Un trattamento ormonale sarebbe possibile
in alcuni casi, ma bisogna che sia molto accuratamente monitorato perché degli
errori possono risultare gravi. L’intervento chirurgico di cosiddetto
cambiamento di sesso, cioè di togliere i genitali esistenti e aggiungere quei
dell’altro sesso in modo artificiale e spesso non ben funzionanti non gode di
grande successo, anche se spesso porti un po’ di sollievo iniziale poiché sia
stato fatto quello che la persona volesse. Invece, spesso tornano di nuovo delle
ansie e disagi di prima perché non i cambiamenti soddisfanno in modo
durevole, perché vive una finzione, perché le altre persone in famiglia, al
lavoro, nella società non vogliono o non riescono ad accettare la persona così
cambiata.

Una persona trans-sessuale non avrebbe la capacità di poter vivere stabilmente


un rapporto matrimoniale (cf. c. 1095 3º), oltre alla difficoltà che, se sia
convinto di essere donna e se volesse sposarsi con un uomo, siccome

G.J. Woodall, ‘Morale sessuale e castità’; ad usum privatum studentorum.


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resterebbe geneticamente maschio in ogni cellula del corpo, quindi al livello


fondamentale della sessualità, si tratterebbe di un rapporto veramente tra due
individui omosessuali, mentre il matrimonio può esistere soltanto tra un uomo
e una donna (c. 1055 § 1). Se un uomo trans-sessuale fosse convinto di essere
donna, soprattutto se si facesse operare in quel senso, per la sua propria
dichiarazione non sarebbe davvero uomo e non potrebbe essere ordinato (c.
1024), mentre una donna operata in senso maschile comunque rimarrebbe
geneticamente donna, perché l’intervento non cambia niente al livello
cromosomico. In ogni caso mancherebbe a tali persone la stabilità fisica e
psicologica necessaria per l’idoneità per l’ordinazione (c. 1041 1°) e, se fosse
stato operato in quel senso, si avrebbe fatto mutilare e anche per questo sarebbe
irregolare per gli sacri ordini (c. 1041 5°).

Nel caso di una persona trans-sessuale che volesse entrare in un istituto di vita
consacrata o in una società di vita apostolica, ci sarebbe la questione di quale
sezione (maschile o femminile); certamente, vorrebbe far parte della sezione
del sesso prescelto psicologicamente, il che starebbe in pieno contrasto con la
sua realtà genetica. Inoltre, i criteri per l’ammissione al noviziato (e alla
professione dei consigli evangelici e dei voti) sarebbero violati perché esigono
che la persona stia in buona salute e che abbia ‘sufficiente maturità per
assumere il genere di vita proprio dell’istituto’, la buona salute, il carattere e la
maturità da confermare quando sia il caso (come qui) da esperti (cc. 642; 645 §
3-4; 735).

Bisogna affermare che, per quanto riguarda le persone trans-sessuali, ciò che
vale per le persone omosessuali in termini dei diritti umani fondamentali e per
quei che sono battezzati per i diritti anche come persone nella Chiesa, in
principio vale altrettanto per le persone tran-sessuali.

6. Conclusione.

Dopo la considerazione delle persone omosessuali e quelle trans-sessuali,


diamo uno sguardo al problema dell’abuso sessuale della persona umana.

G.J. Woodall, ‘Morale sessuale e castità’; ad usum privatum studentorum.

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