Sei sulla pagina 1di 5

DOMENICA DI “LAETARE” MOROLO 2006

Rallegrati, Gerusalemme, e voi tutti che l'amate, riunitevi. Esultate e gioite, voi che eravate
nella tristezza: saziatevi dell'abbondanza della vostra consolazione.

Con queste parole, come potete leggere nel foglietto della Domenica, inizia la Messa di
oggi, Quarta Domenica di Quaresima, o Domenica di “laetare”, di gioia. Anche la antifona del
Salmo, ci invita alla gioia: Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia! Questa Domenica è come una
sosta nel cammino della Quaresima, prima della salita definitiva a Gerusalemme.

Ma quale è il motivo di questa gioia? Il salmo non ci parlava di qualcosa di gioioso, bensì
della tristezza del popolo nell’esilio di Babilonia, è il canto dei deportati:

Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre. Là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportati,
canzoni di gioia, i nostri oppressori: «Cantateci i canti di Sion» Come cantare i canti del Signore
in terra straniera? Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua
al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia!

Ecco il vero motivo della nostra gioia. Chi dice Gerusalemme dice Dio, chi dice Dio dice
amore; ecco perché dobbiamo gioire questa domenica, perché ci ricordiamo dell’amore di Dio,
l’amore generoso e sovrabbondante di Dio. Oggi lo ricordiamo in modo particolare, affinché non
si paralizzi la nostra mano, non si attacchi il nostro palato. Anche quando la situazione sembra
disperata, Dio interviene, procurando all’uomo la salvezza e la gioia. Nel Vangelo Gesù dice a
Nicodemo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in
lui non muoia, ma abbia la vita eterna». E nella seconda lettura Paolo dichiara che «Dio, ricco di
misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci
ha fatti rivivere con Cristo; per grazia siete stati salvati».

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito». Dio ci ha dato suo Figlio
facendolo innalzare sulla croce, ma anche innalzandolo presso di sé, alla destra della sua maestà
nei cieli. La croce infatti è soltanto l’inizio di un movimento d’innalzamento, che prosegue con
la risurrezione e con l’ascensione di Gesù al cielo, e che colloca vicino a Dio la nostra natura
umana, a vantaggio di noi tutti.

Gesù dice a Nicodemo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia
innalzato il Figlio dell’uomo, per ché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Qui c’è un
riferimento all’episodio in cui gli ebrei, mentre attraversavano il deserto, poiché si erano ribellati a
Dio, furono attaccati da serpenti velenosi. Essi gridarono al Signore per essere liberati. Dio allora
diede ordine a Mosè d’innalzare un serpente di bronzo su un’asta, dicendo che chiunque fosse stato
morso dai serpenti velenosi, se avesse guardato con fede quel serpente, sarebbe stato guarito (cf.
Nm 2 1,4-9).

Il simbolo del serpente innalzato nel deserto è simbolo del mistero della croce, come
insegnano i Padri della Chiesa. Gesù ha voluto essere questo serpente che, in un certo senso, è
simbolo del peccato e anche del castigo per esso. La croce è tutto questo: sta a significare il
peccato e il castigo per esso. Ma con la forza del suo amore Gesù ne ha cambiato
completamente il significato: da strumento di castigo per gli schiavi ribelli, essa è diventata la
manifestazione dell’amore più grande. «Nessuno — dice Gesù — ha un amore più grande di
questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).

1
Guardiamo, dunque, la croce innalzata nel Calvario per la nostra salvezza! È guardando la
croce, guardando il fianco squarciato dalla lancia, penetrando il Cuore di Cristo, che noi abbiamo
conosciuto l’amore che Dio ha per noi e abbiamo creduto. Il Papa dice, infatti: «Lo sguardo
rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni, comprende ciò che è stato il punto di
partenza di questa Lettera enciclica: «Dio è amore». È lì che questa verità può essere contemplata.
E partendo da lì deve ora definirsi cosa sia l’amore» Affinché potessimo guardarla, Gesù ha voluto
conservare le sue piaghe anche dopo la Risurrezione, perché non dimentichiamo il suo amore. Se ti
dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato, se lascio
cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia!

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito». In questa pericope Gesù mostra
che tale carità è di somma grandezza per quattro motivi.

1°) Primo, per la persona che ama; poiché chi ama è Dio ed ama immensamente. Di qui
l'espressione: Dio ha tanto amato.... Dt (33, 3): Certo egli ama i popoli: tutti i suoi santi sono nelle
sue mani.

2°) Secondo, per la condizione dell'amato: poiché l'amato è l'uomo mondano e corporeo,
ossia peccatore. Come si esprime san Paolo (Rm 5, 8-10): Dio dimostra il suo amore verso di noi,
perché... mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio
suo. Ecco perché il testo parla di «mondo».

3°) Terzo, per la grandezza dei doni: poiché l'amore si dimostra col dono; che, come dice
san Gregorio: «prova dell'amore è la prestazione dell'opera». Ebbene, Dio ci ha fatto il dono più
grande, col darci il suo Figlio Unigenito. Di qui l'espressione: «...da dare il suo Figlio Unigenito».
Come si esprime san Paolo (Rm 8, 32), Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per
tutti noi.

E parla del Figlio «suo», cioè naturale e consostanziale, non adottivo... E usa qui il termine
«Unigenito», per indicare che Dio non ha un amore diviso in più figli, ma tutto concentrato nel
Figlio, che però egli ha dato per mostrare l'immensità del suo amore. (non è che ci dava un figlio
però ne aveva un altro).

Permettetimi una parentesi: Una signora al vedere che ci sono tante vocazioni in Argentina,
e che ci sono fratelli e sorelle consacrati a Dio nella stessa famiglia, mi ha chiesto: «Ma, in
Argentina sono tutti preti e suore? Lei ha altri fratelli sacerdoti? -No, una sorella suora! –Ma ha altri
fratelli sposati, vero? Sì, ho altre due sorelle e un fratello! Ah, allora la sua mamma ha nipoti,
meno male! –Ne ha tantissimi di più per parte mia che per parte dei mie fratelli, perché sono infiniti
i miei figli!» Questo stà a significare quanto costa a una mamma o a un padre donare il figlio
unigenito!

4°) Quarto, dalla grandezza del frutto; poiché per mezzo di lui abbiamo la vita eterna. Di qui
la frase: «...perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna». Vita che egli ci
ha acquistato con la morte di croce.

La croce proietta come due raggi di sole: quello dell’amore, e quello della allegria. E lì
che troveremo la vera allegria, perché la croce è allegria, e se non la si vive nella gioia potrà essere
una croce, ma non sarà la croce di Cristo. «Né Gesù senza la croce, né la croce senza Gesù». Come
si spiega che i santi abbiamo trovato la loro gioia nelle croci cotidiane?

Ma essi se ne andarono via lieti di essere stati oltraggiati per amore di Gesù(Atti 5, 41)

2
Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella
rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare(1 Pt 4, 13)

Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione (2 Cor 7, 4)

Sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che
manca ai patimenti di Cristo (Col 1, 24)

La allegria della croce! È una pazzia, non tutti la possono capire, ci vuole una grazia
speciale per capire la scienza della croce, ci vuole lo spirito delle beatitudini:

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di


male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa
nei cieli (Mt 5, 11-12).

È una pazzia quella della croce, che portò Santa Mergherita Maria, la santa del Sacro Cuore,
a scrivere: «Le ore che passo senza patire mi sembrano ore perse; soltanto il dolore fa più
sopportabile la mia vita».

San Pio di Pietrelcina: «La vita è un Calvario. Conviene salire allegramente... la croce è la
bandiera degli eletti. Non ci separiamo da essa e canteremo vittoria in ogni nostra battaglia!»

Santa Gemma Galgani: «Io voglio patire e patire molto per te»

Quando parliamo di croce e di patimenti, soprattutto parliamo delle croci spirituali. La


fedeltà per gli sposi, e non un giorno, ma tutta la vita, la croce della perseveranza! La croce
dell’educazione dei figli in un mondo anticattolico. La lotta del giovane per conservare la purezza.
La croce di colui che cammina per arrivare alla meta! Lo stancarsi dei buoni, lo scoraggiamento nel
fare del bene, le tentazioni contro la speranza: «a che serve caricare la mia croce?»; le desolazioni e
tribolazioni spirituali. Infine, le piccole contraddizioni di ogni giorno che Dio nella sua amorosa
Provvidenza ha preparato per noi, con numero, peso e misura per la nostra salvezza.

Quasi come riassumendo tutto ciò che stiamo dicendo, la grande santa cilena, Santa Teresa
de Los Andes, morta ai venti anni essendo novizia carmelitana, scrisse con tanato fervore: «La
sofferenza non mi è sconociuta. In essa trovo la mia allegria, perché nella croce si trova Gesù e
Gesù è amore. Cosa importa soffrire quando si ama? Cosa è il sacrificio, cosa è la croce se non il
cielo quando in essa c’è Gesù?»

Venendo una volta santo Francesco da Perugia a Santa Maria degli Angeli con frate Leone a
tempo di inverno, e il freddo grandissimo fortemente li cruciava, chiamò frate Leone il quale
andava un poco innanzi, e disse così: "Frate Leone, avvegnadio ch’e frati minori in ogni terra
dieno grande esempio di santità e buona edificazione, nondimeno scrivi, e nota diligentemente,
che non è ivi perfetta letizia".

E andando più oltre, santo Francesco il chiamò la seconda volta: "O frate Leone, benché ‘l
frate minore illumini i ciechi, distenda gli attratti, cacci i demoni, renda l’udire a’ sordi,
l’andare a’ zoppi, il parlare a’ mutoli e (maggior cosa è) risusciti il morto di quattro dì, scrivi
che non è in ciò perfetta letizia".

3
E andando un poco, santo Francesco grida forte: "O frate Leone, se ‘l frate minore sapesse
tutte le lingue e tutte le scienzie e tutte le scritture, sì ch’e sapesse profetare e rivelare non
solamente le cose future, ma eziandio i segreti delle coscienzie e degli animi, scrivi che non è in
ciò perfetta letizia".

Andando un poco più oltre, santo Francesco ancora chiamò forte: "O frate Leone, pecorella
di Dio, benché ‘l frate minore parli con lingua d’angeli e sappi i corsi delle stelle e le virtù
dell’erbe e fossongli rivelati tutti i tesori della terra e cognoscesse le nature degli uccelli e de’
pesci e di tutti gli animali e degli uomini e degli arbori e delle pietre e delle radici e dell’acque,
scrivi che non ci è perfetta letizia".

E andando anche un pezzo, santo Francesco chiama forte: "O frate Leone, benché ‘l frate
minore sapesse sì bene predicare, che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo, scrivi che
non è ivi perfetta letizia".

E durando questo modo di parlare bene due miglia, frate Leone con grande ammirazione li
domandò, e disse: "Padre, io ti prego dalla parte di Dio, che tu mi dica ove è perfetta letizia".

E santo Francesco gli rispuose. "Quando noi giugneremo a Santa Maria degli Angeli, così
bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo
la porta del luogo, e '1 portinaio verrà adirato e dirà: "Chi siete voi?" e noi diremo: "Noi siamo due
de' vostri frati" e colui dirà: "Voi non dite vero: anzi siete due ribaldi, che andate ingannando il
mondo e rubando le limosine de' poveri; andate via", e non ci aprirà, e faracci stare di fuori alla
neve e all'acqua, col freddo e colla fame, infino alla notte; allora, se noi tante ingiurie e tanta
crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemente sanza turbazione e sanza mormorazione, e
penseremo umilemente e caritativamente che quel portinaio veracemente ci cognosca e che Iddio li
faccia parlare contra noi, o frate Leone, scrivi che ivi è perfetta letizia.

E se noi perseverremo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci
caccerà con villanie e con gotate, dicendo: "Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo
spedale, ché qui non mangerete voi, ne albergherete"; se noi questo sosterremo pazientemente e con
allegrezza e con buono amore o frate Leone, scrivi che qui è perfetta letizia

E se noi, pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte, più picchieremo e chiameremo e
pregheremo per l'amor di Dio con gran pianto che ci apra e mettaci pur dentro: e quelli più
scandalezzato dirà "Costoro sono gaglioffi importuni; io gli pagherò bene come sono degni" e
uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e
involgeracci nella neve e batteracci a nodo a nodo con quello bastone se noi tutte queste cose
sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali noi
dobbiamo sostenere per lo suo amore: o frate Leone, scrivi che in questo è perfetta letizia.

E però odi la conclusione, frate Leone. Sopra tutte le cose e grazie e doni dello Spirito
Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per l'amor
di Cristo sostenere pene, ingiurie, obbrobri, disagi. Però che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci
possiamo gloriare, però che non sono nostri ma di Dio; onde dice l'apostolo: "Che hai tu, che tu non
l'abbi da Dio? e se tu l'hai avuto da lui, perché te ne glorii, come se tu l'avessi da te?"

Ma nella croce della tribolazione e della afflizione ci possiamo gloriare, però che questo
è nostro E però dice l'apostolo "Io non mi voglio gloriare se non nella croce del nostro signore Gesù
Cristo"'. Al quale sempre sia onore e gloria in saecula saeculorum. Amen.

4
Dunque, carissimi fratelli e sorelle, rallegriamoci, esultiamo questa Domenica di Laetare,
perché abbiamo un Dio che ci ama fino a darci tuttora il suo unico Figlio, e chiediamo alla
Vergine Maria ci ottenga di vivere la allegria della croce.

Potrebbero piacerti anche