La notazione nacque quando i cantori si accorsero che per tramandare alle
generazioni successive un repertorio musicale, occorreva inventare e utilizzare una scrittura dei suoni. La sua formazione avvenne nell'ambito della civiltà occidentale; la notazione che usiamo da ormai quattro secoli è il risultato di un lungo processo di trasformazioni. L'altezza delle note fu sviluppata con la notazione neumatica; diventò definitiva, nei modi che adottiamo ancora oggi, all'epoca di Guido D'Arezzo (sec.XI). Un secolo più tardi si avvertì l'esigenza di una notazione che oltre all'altezza, definisse anche la durata dei suoni. Nacque così la notazione modale che impiegò i segni della notazione neumatica quadrata; ad essa seguì la notazione mensurale. La parola neuma deriva dal greco: da neuma(segno, cenno) o da pneuma (fiato, soffio), ed è il nome dei segni impiegati in tale notazione. Le fasi della notazione neumatica furono: chironomica, adiastematica, diastematica, quadrata. Affinché i cantori potessero ricordare meglio le melodie del repertorio che dovevano eseguire durante i riti, si tracciarono, sulla pergamena dei libri liturgici, al di sopra delle sillabe da cantare segni molto semplici. Essi erano derivati degli accenti grammaticali, soprattutto l'accento acuto e l'accento grave . Questi segni servivano al praecentor o a chi dirigeva i cantori, per ricordare il movimento della melodia ascendente o discendente. Questa scrittura fu chiamata chironomica (dalla parola greca cheir, mano). Dagli accenti grammaticali si venne a poco a poco sviluppando, un sistema di segni, i neumi, che indicavano uno o più suoni, riferiti alla nota o alle note da cantare su una stessa sillaba.