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END - Giornata di settore a Cormano Pag.

Cari equipières,

come allegato al giornalino, inviamo i contributi pervenutici sulla Giornata di settore


tenutasi a Cormano il 7 novembre 2010.
Domenica conclusiva dell’anno liturgico e Festa del Cristo Re, in rito Ambrosiano.

Ringraziamo per i contributi ricevuti.

Idilio e Marinella Baitieri (CRC).


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TEMA: IL TEMPO
RELATORE: Don Claudio Dell’Orto (Cons. Spirituale della Cormano 4)

Nella preghiera, recitando il Salmo 1, abbiamo sentito parlare di pianta vicina al corso d’acqua a
proposito di chi “non entra a consiglio con gli empi”. E nel Benedictus abbiamo ricordato Zaccaria,
fragile nella sua fede, tanto da rimanere muto, che però collega il suo bambino, che “sarà profeta
dell’Altissimo”, e l’altro bambino, “per cui verrà a visitarci un sole che sorge”.

Sono tutti richiami alla vigilanza ed al discernimento.


In effetti dobbiamo chiederci: che cosa sta succedendo?
Quali scelte operare secondo il progetto di Dio, cioè la Volontà del Padre?
Prima ancora di questa vigilanza che discerne, applicata al nostro tempo, dobbiamo interrogarci
proprio sul tempo. Che cosa è per me? Dall’immagine con cui lo descrivo posso capire come lo
concepisco e come lo vivo.
-E’ una scatola da riempire/svuotare un po’ disordinatamente?
-Un desk-top per organizzare/ottimizzare il nostro “ordine”? Occasione per produrre e consumare?
-E’ un fiume che scorre lento, con un inizio ed una foce?

Dunque per il cristiano che cosa è il tempo?


Oggi termina l’anno liturgico: il Cristo re ha in mano tutta la storia, tutto l’universo. Dio ha nelle
sue mani lo spazio ed il tempo. E come finisce, ricomincia, in un moto non circolare, ma a spirale,
che mentre si rivolge continuamente su se stesso, sale anche verso l’alto… Le cerimonie e le
liturgie (battesimo, prima comunione, matrimonio…) sono come tappe di una crescita che ripassa
ogni anno per le stesse feste. Il tempo è luogo di incontro con Dio. Il Dio della storia è sempre
presente. Questa lettura del tempo, “affidata”, è calma e distesa, anche quando si affaccia la morte.

Che cosa è il tempo per la Bibbia?


Esso ha un ordine non casuale e scorrendo sempre uguale (cronos) tende ad un compimento, ad un
tempo speciale e particolare, il kairòs. Il tempo è una grazia, un dono. Che nulla sia casuale Dio lo
sa già e l’uomo lo può/deve capire per coglierne l’aspetto di dono/grazia di Dio. Dunque il tempo
“vigilato” è una cosa che permette di discernere e di capire, per poi scegliere. Oggi noi facciamo un
breve “ritiro”, tempo per Dio, con Dio. Gesù stesso inizia significativamente la sua vita pubblica in
ritiro (il deserto) e la conclude in ritiro (Getsemani). Gesù dal Padre capisce cosa fare del proprio
tempo: come vuole Dio e non come vorrebbe l’io, anche il suo, di vero uomo seppure vero Dio…
Nel ritiro Dio ci educa: perché anche vigilare è un’arte che non si improvvisa. Serve uno studio per
affinare le capacità. Perché è anche un meccanismo diabolico: posso stringere tutto in un buco e
chiudermi dentro un minuto, oppure allargare lo sguardo dall’inizio alla fine…

Ecco il tema di oggi: vigilare per capire, cioè discernere.


Lo riprenderemo nel secondo incontro di settore: la conversione
Poi nel terzo: la preghiera, in ogni istante, a tempo pieno.
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Come vivo il mio tempo? Come lo spendo? E’ un dono, posso accoglierlo, sprecarlo, ridonarlo…
Nel giorno del giudizio (tema del vangelo odierno della messa) Dio ce ne chiederà conto!

Questa è la fine di un’epoca. Il nostro “sistema” mostra i segni dell’affaticamento. Ansima sotto il
peso della crisi. Invecchia e semina morte. Ci rimanda ai capitoli 13 di Marco e 24 di Matteo.
Quando Gesù descrive un tempo che volge alla propria fine (non è la fine del mondo, ma la fine di
un tempo). Non è la descrizione di un profeta di sventura, ma la profezia di un cambiamento
epocale, il parto doloroso verso una nuova vita. Ed è così: debbo pormi la domanda su che fare
oggi, nella prospettiva di che cosa succederà domani.
La parola chiave è: VIGILARE.
Stare attenti, aprire gli occhi, vegliare. Non solo per resistere al sonno (vigilare), ma anche per
dormire all’aperto (vegliare), là dove portano le esigenze di ciò di cui siamo responsabili. Non è
solo un guardare “fisico”, ma sapienziale, spirituale, intellettuale. Un guardare “dentro” i fatti. Il
padrone tornerà: che significa per chi è servo di quel padrone? Il servo non è schiavo… Il suo fare
non è un affaccendarsi. Il suo compito è da corresponsabile, non da sottoposto ignaro del padrone e
disattento alle sue cose. C’è una responsabilità fatta di fiducia e nutrita di speranza: è stata educata.

Il senso del VIGILARE sta ben prima del come farlo e che cosa fare per farlo bene.
La ragione del vigilare sta nella consapevolezza del kairòs. Non sappiamo quando, ma sappiamo
che ci sarà e che è tremendamente importante. Quale dunque IL FINE? E quando LA FINE? Che
senso ha l’INIZIO? Come attendere?
Fa una gran differenza essere uomini senza Dio oppure uomini che sanno Dio padrone del tempo.

Vangelo di Marco 13,33-37


Siamo nell’ultimo discorso pubblico fatto da Gesù alla gente. Siamo nella settimana santa. Il
“discorso escatologico” non è un’invettiva senza speranza, in antitesi alle altre profezie. E’
comunque una profezia di bene finale, ma che non nasconde che si debba transitare per una
durissima prova, che sfortunatamente non è affatto virtuale, bensì purtroppo concretissima e
dolorosa, seppur aperta ad un bene futuro ancora più grande, una volta patito con Gesù e nella
speranza che non delude, il durissimo passaggio necessario. Perciò Gesù ribadisce “vigilate”. Il
brano è suddivisibile in sei parti: un “aprite gli occhi” iniziale; poi “vegliate” con il perché lo si
debba fare; paragone con l’uomo in viaggio e l’atteggiamento dei suoi servi; ancora un “vigilate”
(con i diversi possibili atteggiamenti); non è solo per noi, ma per tutti; ancora un secco: “vegliate”.

Si parla poco della morte: eppure è certa. E non è un momento di fine. Piuttosto è come alle doglie
del parto, come per una nuova vita: si apre alla vista la nuova luce. Il dolore è tutto della madre che
partorisce la vita. Il dolore è di chi resta: per chi muore (in grazia) c’è la luce di una vita eterna.
Nessuna disgrazia (la fine) è solo fatalità o dolore, ma va colta nel significato del fine. Questo si fa
speranza. Educa al tempo come storia in mano a Dio. Dio non turba mai la gioia, se non in funzione
di una gioia più grande. Ogni occasione di dolore può farmi guardare alle cose per riconoscere gli
errori e questo è il vero vigilare che ci è chiesto. Possiamo allora contemplare la storia con gli occhi
di Dio. Possiamo arroccarci ed aggrapparci alla nostra vita limitata per tenercela, con i suoi peccati,
o perderla per trovarla migliore, affidandoci alla volontà del Padre. Mi devo chiedere, ogni volta, se
guardo a Dio, se scelgo Dio, oppure no.

MENZOGNA/VERITA’ – MORTE/VITA – BUIO/LUCE: preghiera, perdono, amore… Si o no?


Dobbiamo saper guardare per discernere, così da poter scegliere con speranza, da cristiani, nella
storia.
Possiamo vigilare in tre modi:
- per paura del ladro: il nemico c’è (vigilo con precauzioni e cautele); chi crede che non ci sia
finisce con il perdere credendo di giocare senza un avversario contro… Illogico. Quindi senza
ragione. E non c’è fede senza ragione.
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- per fedeltà verso il padrone che serviamo ed amiamo: che c’è, ma finirei per farlo per meritarmi la
paga, per far bella figura, per senso del dovere, per legge, per contratto. Eticamente inappuntabile,
ma non è il massimo, soprattutto quando si vanta e non è umile (tra l’altro il servo sa di essere
inutile con un padrone che è la fedeltà in persona)
- come la sposa attende lo sposo: da innamorati, nell’attesa che freme di desiderio. Bellissimo.
Gesù nel Getsemani vive tutte e tre queste veglie e queste vigilanze. Gli altri si appisolano. Gesù
non è costretto ad andare in croce: ci va per scelta. Da innamorato dell’umanità, una cosa sola con il
Padre suo, lo stesso Spirito. Mai rimandare a tempi migliori: il kairos ha il suo tempo, come le
doglie del parto. C’è un momento in cui si deve sapere che cosa sta succedendo. Per accettare anche
di soffrire. La croce è parte integrante della resurrezione. Dio viene ed agisce anche nel negativo.
Questa è la speranza che ci vuole. Lc 21,28: proprio allora levate alta la testa! Il male non si vince
con il male, come tende a fare l’uomo, schiavo del peccato. Dio vince il male con il bene. Questo è
divino.
(Ruggero Sangalli – Cormano 4)

LABORATORI del pomeriggio: GUARDARE-DISCERNERE-SCEGLIERE

1) il Passato: Gli anni dal Concilio

Guardando è emersa la sensazione di una confusione ed una dispersione sociale ed ecclesiale che
qualche decennio fa non c’era. La rivoluzione culturale del 68 ha determinato pian piano uno
sgretolamento. La Chiesa, fiduciosa e speranzosa, si è un po’ compromessa, ha come mollato gli
argini, doveva convertire e si è piuttosto lasciata convertire. Tuttavia il Magistero in questi anni è
sempre stato chiaro; sono però documenti rimasti inascoltati, andati perduti in cammini spesso
autoreferenziali, acriticamente ascritti ad uno “spirito conciliare” di fatto lontano dai documenti del
Concilio, presunti conosciuti e di fatto travisati. Da una fede data e forse poco profonda, molto
esteriore, si è voluto enfatizzare la fede come nostra scelta, finendo con il scegliere altro, proprio
mentre il mondo è più apparenza di prima. L’uomo da solo non sa trovare la giusta misura. Da
troppo rigidi ad eccessivamente disinvolti e lassisti, fino a ricevere l’eucaristia cicca in bocca e
mani in tasca. Molti sacerdoti abbandonarono. Molti laici impegnati uscirono.

Facendo discernimento si vede che c’è confusione nel desiderio di fare qualcosa. Spesso alcune
scelte si sono rivelate inadeguate proprio perché hanno lasciato indifese le persone che hanno
esposto alle insidie del mondo. Tuttavia, malgrado questo, emerge più chiaro che mai il ruolo
centrale della famiglia, anche la famiglia attaccata dalle mode e dalle leggi, quale ancora solida nel
marasma. C’è chiara la necessità di ricollegarsi alle radici, facendo tesoro degli errori, di tutte le
volte in cui si sono fatte nostre le lotte, le priorità e le pretese del mondo, rinunciando proprio noi ad
annunciare innanzitutto il vangelo di Gesù per sentirci più solidali con altre lotte. Allora la piccola
Chiesa domestica, nelle piccole cose, può tornare ad essere saldamente radicata in Cristo attraverso
il solido Magistero, in coerenza di vita e senza l’ignoranza della verità, della bellezza e delle ragioni
razionali della fede. Tanti movimenti sono cresciuti nella Chiesa in questi anni. Tanta santità laica è
emersa prorompente e nascosta dai mezzi di informazione tutti tesi ad avvalorare l’immagine di una
Chiesa allo sbando. I laici invece, consapevoli della sfida di vivere in profondità la loro fede, hanno
moltiplicato le voci, un tempo soprattutto sacerdotali, che danno voce all’evangelizzazione. Tanti
santi anonimi e quotidiani. La battaglia sui temi della vita è più viva ed attuale che mai. Il senso di
disagio per la società trasgressiva e del vietato vietare, della donna in carriera, dei figli come
impedimento è più chiaro che mai, come il fallimento di questa impostazione materialistica e
secolarizzata. Tanti giovani vanno controcorrente e creano vivo fermento nella Chiesa ingessata di
molti ancorati non più alla Chiesa preconciliare, che non c’è più per motivi anagrafici, ma a quella
post conciliare, talora invecchiata e sorda al nuovo che avanza, tesa a salvaguardare le proprie
rendite di posizione ed a sentirsi giovane anche con quarant’anni di più addosso.

Scegliendo si può vedere come si debba darsi degli strumenti di condivisione di queste letture
storiche, per aiutarsi a discernere, anche nel riconoscere le derive in atto. Anche la scelta dei mezzi
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di informazione è importante (giornali e radio cattoliche ci sono, ma le prediligiamo?). Abbiamo


bisogno di ricordarci e conoscere gli esempi positivi, dicendoceli. Storicamente sappiamo che la
Chiesa ha sempre espresso il massimo della santità nei periodi più difficili. Il sangue dei martiri ha
sempre reso fertile il terreno dell’evangelizzazione. Deserto, morte e resurrezione sono intrinseci al
cristianesimo. Questo è un tempo che ha fatto sbocciare fiori straordinariamente belli: Giovanni
Paolo II, Benedetto XVI, Madre Teresa, decine di santi e di movimenti…
L’importante è sapere che il Signore ha altri modi di operare che esulano dalla logica del mondo.
Il rinnovamento della Catechesi sta mostrando come si corregga la rotta: all’inizio degli anni
settanta si differenziò il cammino di catechesi dei giovani da quello della famiglia: oggi finalmente
la catechesi cerca di passare innanzitutto dalla famiglia. I catechismi senza alcuna domanda e
risposta hanno lasciato molti ignoranti dei fondamenti della fede: si torna a proporre cose che
restino.
Non dobbiamo più cadere nell’errore di pensare giusto accettare per legge ciò che è sbagliato per il
vangelo con la scusa che io non lo farò mai ma non posso impedire ad un altro di farlo se lo vuole.
La coscienza è una e la risposta deve essere secondo la nostra coscienza. Sappiamo che anche gli
apostoli tradirono Gesù. Questo può esserci di conforto nel farci carico dei nostri errori desiderosi di
convertirci e certi del perdono del Signore. Dio non ci obbliga e ci lascia liberi, ma questa libertà,
bellissimo dono, ci deve fare molto attenti al progetto di Dio, che non è imposto ma proposto e ci
vede responsabili di essere aperti alla Sua e non alla nostra volontà. Il primo modo di essere buoni
evangelizzatori sarà la gioia: la tristezza di essere costretti dalle leggi non ha nulla a che vedere con
la gioia di chi ama e liberamente mette in gioco se stesso, desideroso di essere santo.

(Ruggero Sangalli - Cormano 4)

2) il Presente:

Un’equipiè racconta come si può capire come usare il tempo anche attraverso l’esperienza della
malattia.
Prima la vita era frenetica.
Durante la malattia tutto era più lento, la preghiera, in particolare, è risultata più sentita, più
interiore, più presente; ha trovato solidarietà negli amici, nell’End, e nella famiglia che l’hanno
sostenuta. E’ stato quindi un tempo ricco e la coppia si è sentita più unita.

Un’altra riflessione si sofferma sulla la domanda: “Che senso e che fine diamo al tempo?” Bisogna
mettere attenzione continua ad ogni azione e ad ogni comportamento, bisogna mettersi in ascolto a
chi si incontra: sia amici, sia parenti sia persone sconosciute.

Suggerimento per il presente: bisogna concentrarsi sulle cose principali, bisogna impegnare il
tempo con azioni rivolte agli altri, al Signore, altrimenti si ha l’impressione di vivere male il tempo.

Il tempo è definito nel lavoro, nella famiglia, quindi bisogna impegnarsi sulla qualità delle azioni;
anche per loro, durante la malattia, il tempo è stato un’occasione per vedere le cose nel migliore dei
modi, di vivere, quando si è sani, con meraviglia e con il sorriso ogni momento, dando valore alle
cose quotidiane. La vigilanza è la cosa più importante.

Il tempo è un dono. Si sente il tempo nella difficoltà, nel lavoro faticoso, nei momenti critici, nella
famiglia. Bisogna mettersi nelle mani di Dio valorizzando il tempo che ci da, ascoltando la sua
parola e vigilando nella vita.

Il tempo non è limitato alla famiglia o al lavoro: è un cammino, sempre accompagnati da Dio che ci
fa superare le difficoltà. C’è la speranza che Dio è con noi.
Bisogna gestire il tempo, non come noi vogliamo, ma come Dio vuole.
Bellissima è l’immagine della catastrofe che poi porta la luce; ci fa capire che, nella vita umana, da
una parte c’è la catastrofe, esempio una malattia, e dall’altra la luce se c’è la speranza.
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C’è la famiglia, c’è il lavoro, il tempo a loro dedicato è sprecato?


Non è sprecato se sia nel lavoro, sia nella famiglia, nell’amicizia si dà attenzione alle persone con
cui ci si relaziona, è importante ascoltarle, aiutarle.

(Pietro Certani - Pavia 1)

3) il Futuro 2010-2020

Guardare
La situazione in materia educativa è abbastanza varia e sconfortante. se da una parte è positivo che
la chiesa focalizzi gli sforzi sul tema dell'educazione, dall'altra ormai è un problema conclamato per
tutta la società i segnali che vediamo da parte della società civile vanno all'incontrario - si disinveste
sulla scuola e su tutte le strutture che concorrono all'educazione dei figli.
ad oggi si evidenzia un progressivo disimpegno - educare sembra un compito riservato i genitori,
anche perché l'apporto di valori che possono venire da ambiti esterni alla famiglia è scarsissimo.
spesso anche nella famiglia si rinuncia ad educare in nome di una presunta libertà di
decidere lasciata ai figli anche piccolissimi. non si dicono i no che educano.
anche tra adulti i comportamenti legati a scelte etiche e valoriali sono controcorrente.
la chiesa già con il card. Martini a Milano da anni ha iniziato un cammino, questo è un ulteriore
passo.

Discernere
rischi nella situazione attuale: cercare di creare isole felici per i propri figli ma questo non funziona
se si confrontano con la proposta del mondo esterno a queste isole.
necessità di ricreare ambiti che educhino con esempio e che non creino isolamento.
ci sono già buone impostazioni - cammino per accompagnare le famiglie che chiedono il battesimo
per i figli, per esempio, scelte pastorali x la famiglia, il cammino End che non aiuta solo le coppie
ma crea anche un esempio di vita comunitaria e spirituale per i figli.

Scegliere
alcuni spunti positivi da seguire.

corresponsabilità - tutti sono responsabili dell'educazione e a tutti spetta il compito di sentirsi


incaricati di educare nella comunità rapporti interpersonali - famiglia da sola non può educare, ciò
che educa è tutto il contesto e più si infittisce la relazione dei diversi ambiti educativi, meglio si
sviluppa una nuova comunità che educa.
prosecuzione delle esperienze positive di accompagnamento nella fede - cammino pastorale
battesimale, esperienze di movimenti come End e ricostruzione di ambiti educativi che per le
generazioni precedenti hanno dato tanto.
partire dall'ascolto delle persone che incontriamo per fare nascere le relazioni che possono portare
alla creazione di quanto detto sopra.

(Chiara e Massimo Tironi - Cormano 4)

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