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PAROLE E COSE

QUANDO LA COMUNICAZIONE UCCIDE LA REALTà


Lo strano caso di Tésero-Val di Stava

Studio di Scienze della comunicazione


Claudio Doliana - 2020
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Indice

PARTE I – TEORIA DELLA COMUNICAZIONE


Minime nozioni di filosofia del linguaggio 3
Propaganda: la tecnica manipolativa di base 5

PARTE II – UN CASO STORICO


Premessa 7
I disastri in siti produttivi negli anni Ottanta 8
Gli eventi comunicativi sul disastro di Stava 9
Le parole della descrizione oggettiva 10
Scienze naturali e complessi industriali 11

PARTE III – RISEMANTIZZAZIONE DEL CASO


Dai primi indizi aberranti all’esito fatale 12
La parola-chiave che uccise la realtà 15

CONCLUSIONE 17
BIBLIOGRAFIA 18

Nota
Questo studio affronta il tema della formazione alla lealtà e
alla consapevolezza comunicativa, illustrando un caso storico
di manipolazione linguistica.
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PARTE I – TEORIA DELLA COMUNICAZIONE

Minime nozioni di filosofia del linguaggio

La graziosa ceramica di Boemia della copertina


rappresenta «Natura e Cultura». La natura non
è solo l’ambiente, le piante, gli animali e così
via: la natura è l’insieme delle cose così come
sono, cioè la realtà, la quale è indipendente
dalle nostre definizioni, dai numeri e dalle
parole che possiamo ascoltare o dire (Doliana,
2019, pp. 31-33). La realtà esiste anche se
stiamo in silenzio.
La farfalla posata sul ginocchio della donna
rappresenta la natura; il libro aperto lasciato a
terra rappresenta la cultura, ovvero: tutto ciò
che facciamo per descrivere la realtà e per darle
un senso, possibilmente. Un libro, e più in
generale la comunicazione, dovrebbe dire la
verità.
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La verità è la corrispondenza delle parole alle


cose; una comunicazione vera cercherà
dunque di dare nome alla realtà, non di
modificarla. In quanto creature, noi esseri
umani siamo imperfetti: pur cercando le parole
più adeguate a raccontare il mondo, non
possiamo riuscire a coglierlo in se stesso, così
com’è – questo vorrebbe dire «possedere
l’occhio di Dio» (ivi, p. 32). Ma dobbiamo
impegnarci nel produrre definizioni affidabili.
Purtroppo, da un secolo a questa parte, la
comunicazione ha scelto la strada della
menzogna programmata scientificamente.

Questa locandina del 2008 esprime


il clima culturale contemporaneo
5

Propaganda: la tecnica manipolativa di base

Nel corso della storia sono sempre esistiti


ciarlatani e truffatori, ma è soltanto con i primi
decenni del Novecento che la pubblicità
diventa manipolazione delle masse e assume
dignità scientifica – con risvolti inquietanti.

L’austriaco Edward Bernays, nipote


di Freud, emigrò da piccolo negli
USA e si mise a fare propaganda alle
sigarette e ad altri beni di consumo
superflui († 1995).

Il tedesco Joseph Goebbels lesse


Crystallizing public opinion del
Bernays, restò in Germania e si
mise a fare propaganda alle idee
naziste († 1945).
6

Il principio teorico dei nuovi ‘persuasori occulti’


specialisti nella «manipolazione dell’opinione
pubblica» (Bernays, 1928) è di una semplicità
totale: «Ripetete una cosa qualsiasi cento,
mille, un milione di volte e diventerà verità»
(Zagrebelsky, 2010, p. 8). Il primo studio che
volle riassumere la teoria di Goebbels venne
pubblicato a metà Novecento (Doob, 1950).
La ripetizione ossessiva di qualcosa (un’idea,
un fatto, una definizione, un concetto, un
giudizio, un’opinione…) ha due funzioni:
1) concentrare l’attenzione su quell’unica
cosa, tanto da farla diventare di massima
rilevanza;
2) distogliere l’attenzione da altre cose, tanto
da farle sparire.

Propaganda:
risultati della
comunicazione
pubblicitaria
(esempio)
7

PARTE II – UN CASO STORICO

Premessa

L’attualità non offre un buon materiale per


accettabili studi di comunicazione che vogliano
superare il puro dato di cronaca. Ciò che risale
ad alcuni decenni fa, invece, ha intorno a sé
una crosta di significati ben sedimentati, che
possono essere utili per un’indagine che sia
neutra dal punto di vista ideologico.
Il nodo tematico che affronteremo riguarda il
meccanismo comunicativo mediante il quale un
determinato fatto storicamente accertato può
passare nella memoria collettiva in termini del
tutto diversi. Il caso qui illustrato dimostra che,
per davvero, la comunicazione di massa può
uccidere la realtà, può far scomparire i fatti
(Travaglio, 2006).
In queste pagine esamineremo il disastro
minerario di Tésero-Val di Stava (1985), che fu
un caso paradigmatico di risemantizzazione.
8

I disastri in siti produttivi negli anni Ottanta

Su scala globale, il disastro minerario di Tésero-


Val di Stava (oppure soltanto Stava) è situato al
centro di una singolare trilogia catastrofica:

(si rimanda alle fonti in rete)

Industria chimica
Bhopal (1984)

Nel caso di Stava, dove c’era una


miniera di fluorite ovvero fluoruro
di calcio (CaF2), crollarono le
discariche dello stabilimento per
Industria mineraria la raffinazione del minerale.
Stava (1985)

(si rimanda alle fonti in rete)

Industria nucleare
Chernobyl (1986)
9

Gli eventi comunicativi sul disastro di Stava

La gravità del fatto innescò una lunga serie di


eventi comunicativi:
1) furono sospesi i soliti programmi televisivi e
la pubblicità;
2) il Presidente della Repubblica andò sul posto;
3) venne mandato l’Esercito;
4) furono istituite commissioni d’inchiesta;
5) una volta terminata l’emergenza venne fatto
un megaconcerto.
Inoltre, negli anni immediatamente seguenti:
a) nacque una Fondazione con un Centro di
documentazione permanente;
b) vennero pubblicati lavori specializzati e per il
largo pubblico;
c) nel processo venne pure utilizzata l’aula
bunker di Mestre;
d) furono girati documentari della Rai e del
National Geographic;
e) il Papa andò sul posto a pregare.
10

Le parole della descrizione oggettiva

La cosa di cui parliamo venne ben presto


interpretata in quanto disastro niente affatto
naturale, come in questo brano della relazione
di Floriano Calvino (il fratello di Italo):

(Calvino, 1986, p. 57)

Quando avviene qualcosa di molto rilevante,


l’essere umano non trova di solito le parole per
darne una definizione così su due piedi.
C’è bisogno di una riflessione teorica, e per
questo motivo esistono gli specialisti, i quali,
utilizzando i saperi della semiotica (scienza dei
segni) possono dire di che cosa si sta parlando.
Tutti furono concordi che si trattava di una
«catastrofe industriale», e in particolare di un
«disastro minerario». Era ovvio? Mica tanto.
11

Scienze naturali e complessi industriali

In semiotica si distinguono oggetti naturali e


artefatti. Un artefatto è ciò che viene prodotto
dagli esseri umani per un qualche scopo: ad
esempio, una discarica per l’accumulo di scorie
industriali è un artefatto. Invece un fiume o
una montagna sono oggetti naturali, che
possono provocare alluvioni e frane. Poi ci
sono le interazioni fra queste due dimensioni
della realtà: un artefatto come un lago
artificiale può provocare la frana di una
montagna – è il caso del Vajont (1963).
Quando crolla una grande discarica, a livello
naturalistico si realizzerà, simultaneamente,
una frana, un terremoto e un’alluvione: questo
accadde a Tésero-Val di Stava (così, in modo
analogo, se esplode un reattore nucleare ci
sarà un terremoto, un’effusione eccetera). Ma
è del tutto chiaro che un dato naturalistico
non è utilizzabile per costruire la definizione
formale di una catastrofe industriale. La nostra
storia però non finisce qui.
12

PARTE III – RISEMANTIZZAZIONE DEL CASO

Dai primi indizi aberranti all’esito fatale

Contro ogni aspettativa logica, a livello di


massa, cioè nell’opinione pubblica italiana,
non si sedimentò alcun ricordo del disastro di
Stava nei termini di catastrofe industriale. La
parola «Stava», di regola, non viene mai posta
in connessione con la locuzione disastro
minerario, a meno che l’interlocutore non sia
un professore d’università o cose del genere*.
Cos’era avvenuto? Leggiamo due righe di
introduzione a un racconto dei Fratelli Fabbri:

(Frizzera, 1988, p. 6)

*Una dozzina d’anni trascorsi in Valpadana mi ha permesso di


accertare questo fenomeno in modo del tutto spontaneo.
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Questo dato testuale indica un processo di


risemantizzazione della parola «Stava», in
pratica un mutamento di significato del fatto:
l’apparato concettuale ingegneristico verrà
infatti progressivamente sostituito da quello
geologico (in Valtellina c’era stata un’enorme
frana appena due anni dopo).
In tutti i mass media la disciplina degli
artefatti per eccellenza (l’Ingegneria) venne di
fatto marginalizzata per dare rilevanza alle
scienze della terra (la Geologia). Del disastro
di Stava dovevano essere sottolineati gli
aspetti naturalistici, ambientali (‘è una zona di
frane e valanghe, con paludi’ eccetera).
Sembrò opportuno che la parola «Stava»
venisse associata al concetto di ‘calamità
naturale’ fino a diventare un sinonimo di
«Valtellina» o, successivamente, di «Sarno».
Dopo nemmeno dieci anni, al completamento
del processo di risemantizzazione, l’Atlante
d’Italia confermerà l’uccisione della realtà
storica del disastro di Stava, come possiamo
vedere nella prossima immagine.
14

(Istituto Geografico De Agostini, 1994, p. 109)

* * * * *

La storicità del disastro minerario di Tésero-Val


di Stava è oggi attestata da un Centro di
documentazione e da un programma di Rai
Storia, Il giorno e la storia, che il 19.7 di ogni
anno propone un documentario.
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La parola-chiave che uccise la realtà

Torniamo adesso al nostro discorso teorico


iniziale. Per modificare la percezione di un
fatto (o di una sua descrizione) è necessario
ripetere una certa parola o una certa frase
accuratamente scelta – escludendo con
altrettanta cura le parole e le frasi non
funzionali alla manipolazione intenzionale
della realtà.
Questa ‘magica’ parola-chiave, detta e ridetta,
verrà quindi presupposta come vera; poi, a
partire da essa, potranno svilupparsi i discorsi
più vari, complessi e controversi – siamo in
democrazia – comunque obbligatoriamente
confinati all’interno di quell’unico orizzonte
concettuale: pensare qualcosa d’altro risulterà
impossibile.
La nostra preziosa parola-chiave l’abbiamo già
incontrata nell’Atlante d’Italia, qui nella pagina
precedente: DISSESTO IDROGEOLOGICO.
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Questo termine tecnico, sufficientemente


oscuro per mettere soggezione, ossia indurre
«deferenza semantica» (Marconi, 1999, p.
108), ma abbastanza pronunciabile per essere
ripetuto, è il ‘trigger’ che avrebbe attivato lo
sfondo permanente di ogni notizia su Stava.
L’esperimento, come sappiamo, funzionò.

Negli anni Ottanta il tema ecologico era di


moda: quasi tutto ciò che accadeva veniva
letto attraverso le costruzioni concettuali delle
discipline per l’ambiente. Tuttavia l’argomento
di scienze naturali non riguardava il disastro
minerario di Tésero-Val di Stava: la condizione
necessaria e sufficiente per la catastrofe fu la
collocazione degli impianti di raffinamento a
monte dell’abitato.

In rapporto a quella realtà, l’applicazione del


costrutto dissesto idrogeologico era abusiva
ma ebbe successo, tanto da non essere più
messa in discussione.
17

CONCLUSIONE

Questo breve lavoro, attraverso la rilettura di


un caso storico, pone all’attenzione del lettore
e della lettrice l’attualissimo e triste tema
della manipolazione linguistica.
Già da un secolo sono in voga le ‘tecniche di
comunicazione’ con le finalità più varie, da
quelle gestionali e commerciali a quelle
politiche, psicoterapeutiche e didattiche.
L’esercizio della diffidenza preventiva nei
confronti dell’altro/dell’altra è diventato un
obbligo sociale. Il nostro dire non tende più a
raccontare la realtà, e comunicare in modo
semplice non è facile. Uno studioso italiano
scrisse:
«Tutta la grande filosofia si è posta il problema del
rapporto tra la parola e la cosa […]. Il più grande reato
contro l’umanità è l’uso indebito della parola […]. Il
profeta vive la disperazione di un mondo che non
riesce a trovare il rapporto tra la parola e la cosa,
testimoniando il dolore e la speranza dell’epoca»
(Barcellona, 2005, pp. 140-143).
18
BIBLIOGRAFIA
Opere consultate in tema di teoria della comunicazione
Barcellona P. (2005), Il suicidio dell’Europa, Bari, Dedalo.
Bernays E.L. (1928), Propaganda. Della manipolazione
dell’opinione pubblica in democrazia, Bologna, Lupetti,
2012.
Doliana C. (2019), Il linguaggio diagnostico. Saggi di
pedagogia della comunicazione, Foggia, Rosone.
Doob L.W. (1950), Goebbels’ principles of propaganda,
«The Public Opinion Quarterly», vol. 14, n. 3, pp. 419-
442.
Marconi D. (1999), La competenza lessicale, Roma-Bari,
Laterza.
Travaglio M. (2006), La scomparsa dei fatti, Milano, Il
Saggiatore.
Zagrebelsky G. (2010), Sulla lingua del tempo presente,
Torino, Einaudi.
Opere consultate sul caso specifico
Calvino F. (1986), Perizia di parte civile. In C. Doliana e P.
Salomoni (a cura di), Stava. Dalla strage al processo,
Trento, Publiprint, 1988, pp. 56-68.
Centro di documentazione della Fondazione Stava 1985
(a cura di) (2003), Stava 1985: una documentazione,
Trento, Curcu & Genovese.
Frizzera S. (1988), La valle oltre la diga, Milano, Fabbri.
Istituto Geografico De Agostini (a cura di) (1994),
Atlante d’Italia, Novara, IGDA.

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