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Compressori e limiter

Introduzione

"Questa batteria è compressa", "se non usi un compressore tuoi brani suoneranno sempre mosci",
"senza compressione valvolare il suono della chitarra non è professionale"...
Alzi la mano chi non ha mai sentito pronunciare una frase come queste.
Non c'è niente come la compressione, nell'audio sia analogico che digitale, che sia in grado di
scatenare panico e diffondere miti e mitologie nei tecnici alle prime armi, e a volte anche in quelli
più esperti.
Fino ad una certa età ho sentito parlare della compressione come di un fenomeno esoterico, avvolto
in aloni mistici, le cui misteriose regole potevano essere comprese solo da veri iniziati.
Nondimeno, alla compressione erano dovuti i più grandi suoni che potessero esistere, e
contemporaneamente vi erano attribuiti i più gravi errori.
Un fondo di verità in tutto questo c'è: in effetti la compressione non è un processo semplice o dai
risultati comprensibili e controllabili per un profano come invece, ad esempio, la regolazione di un
equalizzatore (non che quest'ultima sia semplice) o l'applicazione di un effetto come un riverbero.
Già il nome "compressione" causa equivoci e fraintendimenti.
E va detto che molti fattori nella compressione possono produrre effetti spiacevoli o rovinare
completamente il lavoro di registrazione.

Nonostante ciò, la compressione è essenziale per ottenere buoni risultati sia dal vivo che in studio,
ed in questo tutorial cercheremo di capire perchè e come ottenere dei buoni risultati.
Attenzione: diciamo subito che i compressori esistono in numerose forme, sia software che
hardware. Questi ultimi in particolare si suddividono, come molte altre apparecchiature, tra
compressori valvolari e a transistor.
Si dice in genere che le apparecchiature valvolari siano migliori di quelle a transistor. Per quanto
ciò, in presenza di ottime circuiterie, e a pari livello di accuratezza nella progettazione e nella
costruzione, sia probabilmente vero, bisogna ricordare che non è la presenza di una valvola a
rendere migliore un circuito per altri versi scadente o comunque non eccelso.
Quindi, se intendete acquistare un compressore, prima di spendere delle grosse cifre, provatene vari
modelli e imparate a fidarvi prima di tutto delle vostre orecchie.

Definizioni

I compressori e i limiter sono processori di segnale che riducono la gamma dinamica del segnale.
In generale i processori che agiscono sulla dinamica vengono appunto detti processori di dinamica.
Cosa sia la dinamica e come questa venga "compressa" lo spiegheremo tra poco.
Notate che come plug-ins di software come Logic o Cubase i compressori vengono appunto
catalogati come dynamics.
Prima di tutto cerchiamo di capire cosa è che viene compresso, e in che modo.
Se infatti è ovvio che il compressore comprime, il cosa, come e perchè venga compresso sono
concetti più difficili da afferrare.
Cominciamo dal cosa: il compressore comprime, come abbiamo detto, un segnale audio.
La dinamica di un segnale è il range nel quale varia l'ampiezza di un segnale.
Ad esempio, la dinamica di un brano musicale potrebbe essere tra 40 dB e 90 dB (ipoteticamente,
tanto per fare un esempio). In questo caso la dinamica complessiva sarebbe di 50 dB, ossia la
differenza tra il valore massimo e quello minimo. Ciò descrive il fatto che i valori hanno la facoltà
di variare in un intervallo (o, appunto, range) di 50 dB complessivi.
Abbiamo detto che per tutto il tempo per il quale la compressione è applicata, il segnale viene
compresso in una gamma dinamica più ristretta di quella originaria.
Attenzione: non è detto che, in termini di livelli, il segnale sia di livello più alto o più basso che in
origine; ma certamente la differenza tra il massimo livello e il livello minimo del segnale compresso
sarà minore della differenza tra il massimo livello e il livello minimo del segnale non compresso.
Facciamo un esempio cambianfdo i valori: se il segnale originario assume valori oscillanti tra 10 dB
e 80 dB, l'effetto del compressore potrebbe essere di fare in modo che il segnale venga "costretto" in
un range compreso tra 50 dB e 100 dB. Come vediamo, il segnale avrà un valore massimo più alto
del segnale originario, ma la sua gamma dinamica complessiva sarà stata "compressa" - appunto -
da 70 dB (80-10) a 50 dB (100-50).
Sarà anche possibile che lo stesso segnale venga compresso per assumere valori di ampiezza
compresi tra 40 e 70 dB: in questo caso la gamma dinamica è ancora più ristretta (soli 30 dB) ma il
valore massimo sarà inferiore a quello originario. In entrambi i casi c'è stata compressione.
Come si fa a dire al compressore come modificare la gamma dinamica di un segnale?
Diciamo per ora che il compressore agisce quando il segnale raggiunge una certa soglia o threshold,
ossia un certo valore minimo prestabilito, regolato dall'utente, e che la "quantità" di compressione
applicata viene stabilita mediante controlli di ratio e gain, oltre a controlli più fini come attack,
release e knee. Vedremo tutti questi valori più avanti.

Intanto vediamo cos'è un limiter.


Il limiter propriamente detto è un processore di dinamica progettato per impedire ai segnali di
oltrepassare un dato livello, generalmente regolabile, detto livello di soglia (threshold). A volte il
limiter viene configurato come un vero e proprio "muro" ("brick wall" è esattamente il termine
utilizzato) che impedisce al livello d'uscita di andare oltre la soglia stabilita, qualunque sia
l'incremento del livello d'ingresso.
L'effetto è quello di consentire al segnale solo un piccolo incremento (non lineare) nel livello
d'uscita per qualsiasi incremento del livello d'ingresso oltre la soglia stabilita.
Quest'azione, poichè elimina i picchi di livello di segnale in un programma, è conosciuta anche
come "livellamento" (leveling), ed i limiter sono anche detti "amplificatori di livellamento audio"
(audio leveling amplifiers).

Parametri e valori

Abbiamo già citato la threshold.


Questo è un valore fondamentale perchè stabilisce a partire da quale livello di input il compressore
agisce sul segnale.
Per valori inferiori alla threshold, il segnale passa attraverso il compressore senza subire modifiche.
Ciò vuol dire che una parte del segnale - tutto ciò che è inferiore alla threshold - non viene affatto
compressa.
I valori assegnabili alla threshold variano generalmente tra -40 e +20 dBu.

Per i segnali sopra la threshold, il rapporto tra la variazione nel livello d'ingresso (in dB) e la
variazione del livello di uscita - dopo la compressione - è conosciuto come "rapporto di
compressione" o ratio.
Attenzione: perchè per la ratio si parla di "variazione nel livello" e non semplicemente di "livello"?
Se ci pensate un attimo è ovvio. Il compressore agisce sulla dinamica, per cui reagisce a variazioni
di livello. Come abbiamo già detto, è la dinamica del segnale ad essere compressa.

La ratio indica esattamente la percentuale della quale il compressore comprime le variazioni del
livello d'ingresso. Con una ratio di 2:1, ad esempio, il compressore trasformerà una variazione di 20
dB (ad esempio da 40 dB a 60 dB) in una variazione di 10 dB.
Vediamo questo esempio nella schermata del compressore grafico nel software soundforge.
La maggior parte dei limiter, che sono come abbiamo visto particolari compressori - avranno una
ratio tra 8:1 e 20:1, o anche superiore.
Se un'unità è impostata su una compressione di 8:1, allora un incremento nel livello d'ingresso di 8
dB (assumendo che il segnale d'ingresso sia sopra il valore di soglia) risulterà come un incremento
di 1 dB nel livello d'uscita.
Alcune unità offrono un valore di compressione infinita, dove nessun incremento del livello
d'entrata sopra la soglia causerà un incremento nel livello di uscita. E' il caso del "muro" come
abbiamo visto prima. In questo caso il compressore-limiter impone un livello massimo possibile di
uscita al segnale.
I compressori in genere usano una ratio più bassa dei limiter, normalmente tra 1,5:1 e 4:1.
Vediamo un'impostazione di limiter nel compressore di soundforge.
Poichè la caratteristica di trasferimento (ossia la pendenza del grafico raffigurante il cambiamento
in uscita del segnale in entrata) cambia al livello di soglia, la soglia o threshold è anche conosciuta
come punto di rotazione (ma si tratta di una dicitura utilizzata molto raramente).

Nel grafico che segue vediamo come cambia la risposta del compressore con un effetto combinato
delle regolazioni di threshold e ratio.
I processori di dinamica hanno in generale due possibili modalità di funzionamento: ci sono quelli
basati sui valori di picco e quelli che si basano sul valore "rms response". Ognuno dei due sistemi
presenta i suoi vantaggi in differenti situazioni. Ad esempio, l'analisi basata sui picchi si rivela
particolarmente efficace con le percussioni, mentre l'analisi rms dà migliori risultati con programmi
complessi.
Inoltre, il compressore ha due possibili modi di applicare la riduzione di gain (gain reduction) i
cosiddetti "hard knee" e "soft knee". Alla lettera, queste locuzioni potrebbero essere tradotte come
"ginocchio duro"e "ginocchio soffice". Il ginocchio è quello che prima abbiamo chiamato punto di
rotazione della caratteristica di compressione, ossia il punto in cui il segnale raggiunge la threshold.

Con un'impostazione di hard knee si ha una risposta più "meccanica" dal compressore, mentre il
soft knee può garantire risultati più morbidi, con un senso più "musicale", in quanto la
compressione inizia a lavorare in modo meno istantaneo e quindi, apparentemente, più naturale.

Tra i valori che l'utente può modificare in un compressore che lavori in peak mode, ci sono l'attack
e il release. I compressori che lavorano in rms mode regolano questi valori automaticamente.
Con il valore di attacco (generalmente compreso tra 0.1 ms e 200 ms) si stabilisce quanto
velocemente la circuiteria interna del compressore/limiter debba reagire ai cambiamenti nel livello
del segnale d'ingresso. Quanto più lungo viene settato il tempo di attacco, tanta più parte della
dinamica del segnale originale viene lasciata inalterata prima che entri in azione il compressore.
Con tempi d'attacco più lenti, si ottiene un suono più omogeneo, che tende a mantenere le
caratteristiche dinamiche del segnale originale, ma in compenso il compressore non reagirà molto
rapidamente a cambi di livello subitanei, e questo è un fattore di cui tenere conto nella regolazione
del tempo di attacco.
Vediamo un paio di esempi chiarificatori: con un tempo di attacco lungo su un suono di chitarra, si
potrà ottenere una compressione che mantenga il classico attacco della pennata del chitarrista.
Analogamente, un tempo di attacco lungo su una cassa di batteria conserva una parte del suono
iniziale tipico di questo strumento. In questi casi, scegliere un tempo più lungo può rendere un
suono più naturale e che non snatura le caratteristiche degli strumenti presi in esame.
Un attacco cortissimo è invece necessario quando si usi un limiter per evitare forti picchi che
possano danneggiare l'impianto.
Il tempo di release (generalmente compreso tra 50 ms e 5 secondi) determina quanto impiega il
compressore ad interrompere la propria azione. Con tempi di rilascio brevi, il compressore
riproduce ogni minima variazione nel livello d'ingresso, il che può produrre un effetto irregolare di
"ondulazione" che riduce la dinamica ma aumenta il livello di uscita. Tempi di rilascio più lunghi
tendono a schiacciare maggiormente il segnale, producendo un output più basso ma mantenendo
maggiormente le caratteristiche della dinamica del segnale originale.
Un tempo di release molto lungo può essere utilizzato come un effetto, e infatti negli anni '60 una
tecnica di registrazione molto diffusa utilizzava lunghi tempi di rilascio nella compressione della
batteria.
Nell'immagine che segue osserviamo l'effetto dei tempi di attacco e rilascio.

Un altro valore da regolare su tutti i compressori è l'output gain, in genere variabile tra -20 e +20
dB).
Questo controllo è importantissimo e per capire come agisce bisogna aver capito molto bene come
agisce la compressione.
Nel processo di riduzione della dinamica, si ha un abbassamento del livello generale del segnale.
Con la threshold a -20 dB, una ratio di 10:1 ed un valore massimo di input di -10 dB, il livello
massimo di output sarà di -19 dB. Come esercizio, verificate questo calcolo! Il controllo del gain di
output è necessario per poter compensare questa perdita generale di livello, aumentando il livello
del segnale in uscita.
Nel nostro esempio, sarà necessario un output gain di +9 dB per compensare l'effetto della
compressione.
Attenzione: ciò causerà anche un incremento della regione situata sotto la threshold, il che comporta
una maggiore "potenza" del segnale nel suo insieme (e questo è un effetto che può essere ricercato
in molti casi) ma anche un incremento del rumore di fondo, per cui fate attenzione nel regolare
questo parametro. E' ovvio inoltre che un output troppo alto può causare distorsione nel segnale.

Vediamo ad esempio, nell'illustrazione che segue, prima il segnale originale, poi il segnale
compresso senza aggiustamento del gain, e infine l'effetto della compensazione apportata con la
regolazione del gain output.

Nella prossima illustrazione invece vediamo l'effetto di distorsione causato da un eccesssivo


aumento del gain, un errore da evitare attentamente!
A cosa serve il limiter?

Generalmente i limiter sono usati solo per processare i picchi di un programma, e questo è il motivo
per cui sono anche conosciuti come limitatori di picco (peak limiters).
Nel settore delle trasmissioni radio-televisive (broadcast), tali unità impediscono una
"sovramodulazione" del segnale trasmesso.
Nell'amplificazione dal vivo (sound reinforcement) possono essere usati per proteggere i diffusori
da eventuali danni meccanici nel caso, ad esempio, della caduta di un microfono (limitando il
livello di picco che sarà fornito all'amplificatore ed agli altoparlanti).
Nell'incisione dei dischi (parliamo ovviamente dei dischi in vinile), essi prevengono un'eccessiva
escursione della puntina di incisione, che potrebbe altrimenti causare la fusione di solchi adiacenti e
perciò conseguenti salti quando il disco impresso viene riprodotto.

Il limiter viene utilizzato in tutte quelle situazioni in cui un improvviso incremento del livello del
segnale possa essere dannoso.

A cosa serve la compressione?

La compressione ha una molteplicità di utilizzi. Nella registrazione di nastri, nel broadcast o


nell'amplificazione dal vivo, la compressione può essere usata per schiacciare la gamma dinamica
di un programma al fine di adattarlo alla memorizzazione o al mezzo di riproduzione.
Non è detto infatti che il supporto sia in grado di reggere una gamma dinamica molto ampia.
Se il tetto del rumore al punto di saturazione del nastro rappresenta una gamma dinamica di 50 dB,
e il programma suonato ha una gamma dinamica di 100 dB (il tetto di rumore al livello di picco),
allora una compressione di 2:1 adatta il programma a stare sul nastro.
In ogni situazione in cui il livello del rumore d'ambiente è alto, e il livello massimo del suono che
può essere riprodotto è limitato (è il caso di sistemi audio che lavorano in ambienti industriali o
commerciali) la compressione può essere usata per schiacciare il programma in una gamma
dinamica molto piccola, e questa gamma può essere riprodotta appena sotto la capacità massima di
uscita del sistema sonoro.
Prendiamo ad esempio il sistema audio di uno stadio. Poniamo che il livello di rumore d'ambiente
durante un evento sia regolarmente al di sopra dei 95 dB SPL (durante acclamazioni ed applausi) e
che il massimo livello sonoro che il sistema di amplificazione può sprigionare al centro del pubblico
sia di 110 dB SPL, per cui avremo 15 dB di effettiva gamma dinamica. La voce di un presentatore
allenato può avere una gamma dinamica di 30 dB (voci non allenate variano di più). Applicando
una compressione di 2:1 alla voce, l'intero programma è schiacciato a 15 dB, e può essere quindi
riprodotto dal sistema sonoro a livelli udibili dal pubblico. Questa è una spiegazione molto
semplificata, poichè spesso un programma coerente come la voce si può discernere anche al di sotto
del livello di rumore casuale, ma questo dipende da fattori psicoacustici che non approfondiremo in
questo tutorial.

Differenza tra limiter e compressore

Poichè la circuiteria è quasi identica, la reale distinzione tra un compressore e un limiter sta nel
modo in cui il dispositivo viene usato. Molti di questi dispositivi sono progettati per svolgere
entrambe le funzioni. Essi hanno un'ampia gamma di impostazioni del valore di soglia e del valore
del rapporto di compressione (ratio), e a volte anche dei valori dei tempi di attacco e di rilascio, e
sono quindi conosciuti come compressori/limiter.

Come funzionano i compressori/limiter

La circuiteria di un compressore o di un limiter può essere molto complessa ed è difficile


comprenderne da profani l'intero funzionamento.
Vediamo però quali sono le componenti essenziali.
In generale c'è un amplificatore controllato in tensione (control voltage amplifier, VCA) il cui
guadagno (gain) può essere variato in base al voltaggio applicato. Viene utilizzato un circuito di
rilevazione detto side chain, ovvero, tradotto alla lettera, catena laterale, che contiene il valore di
soglia e le regolazioni dei tempi di attacco e di rilascio, e che campiona il segnale in ingresso per
creare un segnale di controllo. Il segnale di controllo viene quindi applicato al VCA. Solitamente ci
sono anche controlli dei livelli di ingresso ed uscita, e può esserci un circuito contatore (meter) che
può essere impostato, tramite un controllo di tipo switch, per indicare il livello d'ingresso, il livello
di uscita e/o la quantità di riduzione del gain in ogni istante.
Uno dei fattori più importanti che distingue un compressore/limiter da un altro è il metodo col quale
ognuno individua il livello del segnale d'ingresso. Alcune unità, in particolare i limiter per il
broadcast o per l'incisione, operano basandosi sul picco istantaneo del segnale d'ingresso; altre unità
operano basandosi sul livello medio del segnale; altre ancora individuano il livello root mean
square (rms).
Qual'è la differenza? Il sistema basato sul calcolo del livello di picco, in particolare con una ratio
alta, può essere utilizzato per impedire al segnale in uscita di superare un valore prestabilito, anche
solo per una frazione di secondo. Inoltre tale sistema abbasserà il livello di uscita in presenza di un
picco momentaneo, il che in alcuni casi è più problematico che impedire al picco di raggiungere
l'uscita. I sistemi basati sul calcolo dei livelli medio ed rms possono permettere ad una frazione di
ciclo, o anche a molti cicli di segnale di livello più alto della soglia, di passare prima che la
compressione ne abbassi il livello. Ciò renderà il suono più naturale, in modo particolare quando la
soglia è regolata in modo tale da applicare una compressione moderata ad una larga percentuale del
programma o a tutto il programma.
Il calcolo della media del livello di segnale viene fatto da un circuito relativamente semplice.
Comunque, è il sistema basato sul calcolo del valore rms quello che corrisponde meglio al modo in
cui le nostre orecchie percepiscono i volumi relativi, non quello basato sul calcolo della media
numerica.
Il calcolo del valore rms è però più difficoltoso da effettuare. Con un'onda sinusoidale pura, il
valore rms del segnale è 1,414 volte il livello di picco, ma con un segnale audio complesso il valore
rms non si ricava così facilmente. Si utilizza la tecnologia LED/LDR: si è scoperto che la luce
emessa da una lampadina o da un LED eccitati da un segnale AC corrisponde al valore rms di quel
segnale. Una sorgente di luce (ad esempio un LED) eccitata da un segnale d'ingresso campionato
può essere usata per eccitare un resistore dipendente dalla luce (LDR), che modula il controllo in
tensione per l'amplificatore VCA. Ci sono altri rilevatori di rms anche più complessi che non si
affidano alla tecnologia LED/LDR.
La velocità alla quale il gain viene ridotto, in risposta ad un aumento del segnale d'ingresso, è
definita sia come tempo d'attacco (attack time, in millisecondi) che come quota d'attacco (attack
rate in dB al secondo). Il termine varia a seconda della natura della circuiteria e a seconda di come
il costruttore tratta questi parametri. La velocità alla quale il gain viene riportato al valore originale
dopo che l'impulso d'ingresso è stato rimosso è noto come tempo di rilascio (release time) oppure
come quota di rilascio (release rate).
Su alcuni compressori/limiter il circuito di rilevazione o side chain è portato ad un paio di
connettori di input/output. Ciò permette di usare dei processori di segnale nella side chain. Se si
vuole più compressione in risposta a segnali ad alta frequenza, si può inserire un equalizzatore nella
catena con un incremento (boost) sulle frequenze alte. Questa configurazione viene spesso utilizzata
per il de-essing, per cui le sibilanze della voce vengono rimosse da una compressione differenziata.
Se si usa un equalizzatore con un taglio (cut) sulle basse frequenze, il compressore lascia passare i
suoni di una batteria più o meno inalterati, ma può tagliare una nota alta di sintetizzatore
relativamente meno potente ma più pericolosa per i tweeter.
Se si inserisce un breve ritardo di segnale nel percorso del segnale principale, e l'input del side
chain viene alimentato in un punto che precede il ritardo, può essere ottenuto un tempo d'attacco
zero o anche un inusuale effetto di precompressione, dove la compressione si sente prima del
segnale che la provoca (questo assomiglia al suono di una registrazione su nastro riprodotta al
contrario).

A puro titolo di curiosità, riporto lo schema di un semplice circuito di compressore.

Qualche consiglio per le regolazioni

Non è possibile dare delle regole da seguire in tutti i casi per una buona compressione. E' possibile
però mettere insieme dei consigli di massima, da apllicare "cum grano salis" e soprattutto fidandosi,
come al solito, di ciò che ci dice l'orecchio.

Iniziamo dai valori di attacco e rilascio.


Non esiste un valore di attacco o di rilascio che sia ottimale per ogni situazione.
Come abbiamo già detto, un attacco troppo rapido causa fluttuazioni innaturali nel livello del
programma, ed una considerevole distorsione del segnale a bassa frequenza quando il compressore
cerca di "cavalcare" la forma d'onda. Un attacco troppo lento consente all'output di eccedere il
livello che è stato scelto come il massimo desiderato prima che il compressore/limiter abbia il
tempo di agire.
Un rilascio troppo rapido, invece, causa pulsazioni o respiri (breathing) quando il gain cambia
rapidamente, ed un rilascio troppo lento fa sì che le porzioni del programma a livello più basso
vadano perse, poichè accade che il gain di uscita viene ancora ridotto in risposta ad uno stimolo
d'ingresso che in realtà non è più ad alto volume.
I costruttori in genere forniscono tempi di attacco e rilascio che cambiano automaticamente in
risposta al segnale d'ingresso, oppure modificabili manualmente. Sebbene molti preferiscano
sempre le regolazioni manuali, a volte certi errori di regolazione causano seri problemi nel suono,
per cui è utile provare innanzi tutto ad utilizzare i parametri automatici. Alcuni modelli hanno sia il
modo automatico sia quello manuale. Se si preferisce regolare manualmente i parametri, è
comunque preferibile seguire i suggerimenti forniti dal costruttore dell'apparecchio. In assenza di
questi, ecco alcuni consigli.
Prima di tutto è bene regolare il controllo del livello d'ingresso in modo che il segnale sia ben al di
sopra del rumore di fondo, ma senza causare distorsioni.
La soglia e la ratio vanno impostate su valori che siano di volta in volta appropriati alla situazione.
Per la protezione degli altoparlanti, ad esempio, la soglia dovrebbe essere regolata ad un valore che
impedisca all'amplificatore di potenza di esprimere il livello stabilito come limite meccanico per gli
altoparlanti.
Poniamo che la capacità dei diffusori sia di 100 watt continui e di 200 watt di picco, e che
l'amplificatore di potenza possa emettere 200 watt all'impedenza di carico degli altoparlanti (dato un
ingresso a +4 dBu). Supponiamo anche che l'attenuatore di ingresso dell'amplificatore di potenza sia
abbassato di 10 dB (per semplicità, assumiamo che i controlli di livello d'ingresso e d'uscita del
compressore siano regolati senza attenuazione attraverso l'apparecchio quando non c'è
compressione). In questo caso, un segnale di +14 dBu applicato all'amplificatore fa sì che questo
mandi 200 watt agli altoparlanti. La soglia e la ratio del compressore/limiter devono quindi essere
regolati in modo da non superare i +14 dBu. Se si vuole conservare quanto più possibile della
dinamica naturale del programma, bisogna impostare la soglia a +10 dBu. Questi criteri richiedono
che ogni segnale in ingresso, non importa quanto forte, non faccia aumentare il livello di uscita di
più di 4 dB sopra questo valore. Assumiamo che, data la capacità dell'equipaggiamento che fornisce
il segnale al compressore/limiter, nessun segnale in ingresso superi i +26 dB. Sottraiamo +10 da
+26 e vediamo che una gamma dinamica di 16 dB deve essere compressa in 4 dB, ed una semplice
operazione matematica ci mostra che una ratio di 4:1 sarà in gredo di fare il lavoro necessario.
Se invece avessimo impostato la soglia a +13 dBu, avremmo dovuto restringere i restanti 13 dB (26
dB di dinamica meno 13 dB) di possibile aumento del segnale d'ingresso ad 1 dB solamente di
aumento del segnale di uscita (una ratio di 13:1). Questo sarebbe matematicamente corretto, ma
valori di ratio molto alti suonano meno naturali poichè l'effetto viene prodotto tutto in una volta.
Questo va bene se si programma di controllare attentamente i segnali d'ingresso per evitare la
regione sopra la soglia, e in questo caso l'azione di limiter è veramente solo una protezione a
"muro".
Applicato un segnale al compressore/limiter, ascoltate il segnale in uscita (e se possibile valutatelo
con un meter o un oscilloscopio) mentre regolate l'attacco. Se state usando il sistema come limiter
(ad esempio per proteggere i diffusori o per evitare problemi d'incisione) usate il tempo più rapido
che potete senza udire distorsione. Se state usando il sistema come compressore (ad esempio per
livellare una voce o per aumentare il sustain di una chitarra elettrica) usate l'attacco più lento
possibile, coerentemente con un controllo del livello di uscita ragionevole.
Impostate un tempo di rilascio abbastanza lento da non sentire una pulsazione o un respiro
eccessivi, ma abbastanza veloce da impedire che il segnale sia tagliato inutilmente dopo un
passaggio a volume alto.

In bocca al lupo e buona compressione!

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