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CONTROTEMPO LETTURA, INTERPRETAZIONE E CRISI DELLA CRITJC.

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formali> i suoi temi), restando pressoché inalterata, costituisce il Man - ha infatti ricondotto interamente il critico al lettore� renden­
comune punto di riferimento e rappresenta così il medium sociale e dolo prigioniero del carattere irrimediabilmente <<allegorico» e indeci­
storico che permette a fruitori cLiversi e a generazioni diverse di dibile della lettura e� in concreto, del carattere enigmatico delle
lettori di intendersi quando parlano della stessa opera e cLi verificare procedure grammaticali e retoriche e dell'arbitrarietà di qualsivoglia
su di essa giudizi e interpretazioni spesso discordanti. attribuzione di senso ). E anche chi ha cercata di incLividuare compor­
tamenti di lettura intersoggettivi legandoli a comunità interpretative
2. Sul rapporto, assai problematico, fra lettura e critica mi limiterò a finisce poi per vedere in esse (e nei loro rappresentanti, i critici
richiamare sommariamente alcune ipotesi. Per chi, come Iser, si accademici) le uniche fonti possibili del significato, di nuovo smar­
pone dal punto di vista esclusivo del lettore, nella lettura la farebbe rendo i termini dell'in.terazione dialettica scrittura-lettura. Dire,
da ·padrone l'immaginario, mentre nella critica prevarrebbe il mo­ come fa Fish, che «l'interpretazione è fonte stessa di testi, fatti, autori
mento semantico o riflessivo-ideologico. Questa schematizzazione ed intenzioni,> o che <d fatti linguistici e testuali•> non esistono in
contiene indubbiamente una parte di verità, ma rischia cLi separare quanto non sarebbero altro che il <<prodotto» dell'interpretazione\
troppo drasticamente i due momenti e di oscurare il fatto che la significa in realtà disnuggere la possibilità di una verifica intersogget­
componente semantica è già presente anche nella ricezione, perché tiva dei significati, facendoli esclusivamente dipendere dai condizio­
implicata nella costruzione cLi senso. namenti immediati e dall'arbitrio delle diverse comunità interpre­
Per chi si pone dal punto di vista esclusivo del testo - come nella tanti. A veder bene, il nichilismo colpisce a morte tanto la relativa
ipotesi cLi derivazione strutturalistica e semiologica avanzata da Eco - stabilità e oggettività dei testi letterari, quanto, e soprattutto� la
la critica deve superare la dimensione di lettura propria dei singoli possibilità d'intesa all'interno di ogni comunità e fra le varie comu­
lettori empirici e tendere a quella del Lettore Modello presupposto e, nità e dunque la condizione della loro stessa esistenza.
si direbbe, programmato dall'opera. Il Lettore Modello sarebbe in­
somma una funzione del testo. I1 critico dovrebbe limitarsi a enu­ 3. Qualsiasi tentativo di spiegazione della differenza fra ricezione e
cleare le ìstruzioni che il testo produce per il proprio Lettore Mo­ interpretazione critica condotto per ambiti categoriali contrapposti
dello. Qualsiasi altra operazione porterebbe a prevaricare il testo e appare improduttivo. La critica non è che un modo specifico di
farebbe scadere l'interpretazione a uso. Di fatto però, in questo caso, articolare il rapporto scrittura-lettura. Chi mette in secondo piano il
l'interpretazione cessa di essere una dialettica concreta di soggetti momento della lettura per vederne esclusivamente l'attività
reali, una interazione storica e pragmatica, e si risolve in attività semantico-definitoria o l'oggettivazione che esclude l'esperienza vis­
cooperativa subalterna (non solo in quanto sussidiaria, ma anche in suta commette l'errore opposto� ma speculare, di quanti trascurano
quanto inevitabilmente complice) rispetto al testo e in resoconto di invece la datità e l'alterità storica del testo e dunque l'apporto
tale cooperazione. Se <cii testo è un artificio teso a produrre il proprio conoscitivo dell'approccio filologico.
Lettore Modello/, come scrive Eco� la critica ne diventa un prodotto La differenza fra lettura e critica è piuttosto di tipo pragmatico e
non meno artificiale. Così essa perde la propria funzione ermeneutica sociale. Riguarda la disposizione del soggetto, il suo atteggiamento, e
- quella di definire il significato per noi di un'opera - e si riduce ad le conseguenze che ne derivano. La lettura è una fruizione dell'opera,
attività tecnico-professionale, senza più alcun rapporto vitale con il oggi quasi sempre individuale e solitaria, un 'tempo anche collettiva.
momento della lettura e con l'orizzonte della propria ricezione. Al lettore-fruitore non interessa sublimare le proprie emozioni né
D'altra parte, non mancano posizioni opposte. Il decostruzioni­
smo americano - e soprattutto il suo massimo esponente, Paul de 1 Cfr. P. de Man, Allegories of Reading. Figurai Langage in Rousseau, Nietzsche, Rii� and
Prousti Yale -ooivez:sicy Press, New Haven and London 1979; rrad. it.: Allegorie delia lettura,
Einaudi, Torino 1998.
' Cfr. U. Eco, Lo strano caso dell'tintemio lecioris•, in •Alfabe:ta•, 84, 1986. Ma cfr. anche 1
Cfr. S. Fish, l.s rhcre a Text in thi.< Class? The Authority af lmerpretative Communities,
Id., Lector in fabula. La cooperazione i,uerpretativa nei cesri narrativi, Bompian.i, Milano I 979 e Har:vard Universty Press, Cambridge 1980; trad. it.: C'è un r.esto 111 questa classe? L'interpreta­
I limiti de.ll'imerpretazione, Bompiani, Milano J 990. zione nella critica leneraria e ne/l'insegnamento, Einaudi, Torino 1987, p. 21 e p. 13.
CONfROTEMPO LUKÀCS, BENJAMIN E Cl. PROBLEMA DEL NATURALISMO 37

scissa dall'universale o, viceversa, il vagheggiamento dell'universale sapienza, una autorità e una memoria non solo individuale ma
separato dal concreto, produrrebbero la stessa attenzione "speciali­ collettiva_; e implica un mondo ancora artigianale (<J...a narrazione è
stica" all'aspetto formale ed estetico ormai scompagnato da quello una forma in qualche modo artigianale di narrazione [... ] Il racconto
sodale e morale. reca il segno del narratore come una tazza quello del vasaio»'). Nel
Proprio in questo rifiuto del naturalismo si può rintracciare la moderno questi presupposti vengono a cadere: per esempio, l'infor­
causa della radicale incomprensione lukacsiana nei confronti dell'arte mazione sostituisce la narrazione, diffondendo una infinità di dettagli
moderna. Egli resta prigioniero della nostalgia per un'arte premo­ e di minute spiegazioni, non più storie significative e dotate di un
dema, caratterizzata da una divisione del lavoro ancora primitiva e senso generale e dunque capaci di inquadrare le singole notizie in un
scarsamente settorializzante, dall'organicità armonica del simbolo significato universale. Si capovolgono così le gerarchie. Già Piran­
classico e dall'Erlebnis scaturente dalla partecipazione romantica al dello aveva notato, per esempio, che nei Malavoglia Ja vita sembra
ritmo della storia. In ciò stanno la grandezza della sua utopia e il suo svolgersi <<a casoi> e lo sperpero dei dettagli non è giustificato da un
limite. Il sogno del passato �ra in realtà, come ben sappiamo, un ordine superiore. Quello che dice Benjamin, riportando il parere di
sogno del futuro. Ma lo spartiacque che egli traccia fra narrare e Villemessant, il fondatore del Figaro, circa la caratteristica peculiare
descrivere, fra partecipare e osservare, lo tiene al di qua della compren­ dell'informazione, sembra valere sorprendentemente anche per il
sione di un'epoca e di un'arte segnate da capo a fondo dal feticismo capolavoro verghiano: <<Per i miei lettori è più importante l'incendio
della merce, dalla discrepanza fra significante e significato, fra il di un solaio nel Quartiere Latino che una rivoluzione a Madrid>>.
fenomeno e un'essenza sempre più sfuggente o addirittura inesi­ Egualmente, nel mondo dei Malavoglia un particolare come quello
stente, dall'accidentale, dalla singolarità qualunque, dal frantume in dei topi che divorano a una comare il contenuto di una dispensa e
sé non necessitato e non redento e dunque dalla logica della descri­ dei gatà che dovrebbero catturarli può essere più importante della
zione piuttosto che della narrazione, dell'allegoria piuttosto che del battaglia di Lissa. Cosa che per Manzoni non sarebbe neppure
simbolo. Il rifiuto teorico della descrizione e dell'allegorismo è in immaginabile.
Lukacs l'altra faccia del suo rifiuto politico del moderno. Nella modernità si è perduto il senso della morte, dell'autorità e
della memoria. Al posto della memoria storica si dà, per gli artisti
2. Il saggio di Benjamin n narratore. Considerazioni sull'opera di Nicola come per i collezionisti, solo l'Andenken, il ricordo oggenivato e
Leslunl svolge una serie di considerazioni analoghe a quelle di Lu­ conservato, l'oggetto-ricordo, separato dal suo contesto, strappato
kacs ma da una prospetàva completamente diversa,. anzi opposta. via dall'universale storico o naturale cui originariamente apparte­
Per Benjamin la narrazione non può essere più un modello da neva: anche la memoria, insomma, si è reificata. Non è certo un caso
proporre agli scrittori - come era ancora per Lukacs - perché si avvia che; in un altro scritto, il saggio su Kafka, Benjamin faccia propria la
ormai al tramonto. Essa è strettamente collegata alla capacità di tesi di Willy Haas sul Processo e veda il <(vero protagonista>> del libro
scambiare esperienze e alla possibilità di averle (dunque si stabilisce nell'oblio (il protagonista sembra di continuo addirittura dimenticare
un nesso, anche qui, fra Erlebnis e narrazione): cos_a, nella modernità, se stesso}, e poi aggiunga: <<Il dimenticato [ ... ] non è mai puramente
sempre più rara se non impossibile. La narrazione presuppone una individuale>>8 • Nel moderno è tramontata inoltre - scrive Benjamin -
comunità e un interscambio di esperienze fra il narratore e il suo d'epoca in cui l'uomo poteva credersi in armonia con la natura>) (ed
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pubblico, insomma la <1partecipazione>> lukacsiana (dl narratore era proprio questa armonia il principale fondamento, per Goethe, a
prende ciò che narra dall'esperienza - dalla propria o da quella che un tempo, dell'Erlebniskunsi e della manifestazione dell'arte attra­
gli è stata riferita -, e lo trasforma in esperienza di quelli che verso il simbolo). Così il romanzo si allontana sempre dì più dall'e-
ascoltano la sua storia,/); sottintende la possibilità di esprimere una

' Ivi, p. 256.


' W. Benjamin, Angelus Nov11J, Einaudì, Torino 1982, pp. 247-274. • Ivi, p. 296.
• Ivì, p. 251. 9
lvi, p. 261.
70 CON1:ROTEMPO UNA PROLUSIONE NON ACCAOEMJCA

1a datità materiale del testo, fatti i dovuti sberleffi alla critica (identi­ su cui non si può teorizzare. Ma il punto è proprio questo: che molti,
ficata, non senza una punta di snobismo, col saggio accademico), anche fra i semiologi, si sono resi conto che la teorizzazione scienti­
abolite la pragmatica e la semantica, la lettura dei testi resta di fica lascia troppi vuoti e che il linguaggio, se non più immobilizzato
necessità affidata all'estro simmetrico, soggettivo e inverificabile, nelle strutture, e rimasto lib.ero di ondeggiare nella ricchezza impre­
almeno sul piano della normale comunicazione fra esseri umani che vedibile degli <(eventi» interpretativi, rischia di andare alla deriva,
vogliono intendersi. La fortuna culturale del1a neoermeneutica in imprendibile e magari «indecidibile>>.
Europa e anche in Italia sta probabilmente nel suo essere sostanzial­ D'altra parte, fra strutturalismo e poststrutturalismo l'intreccio è
mente omogenea a questa interruzione della comunicazione, dell'in­ più fitto e stretto di quanto comunemente si pensi. Ovviamente la
tesa e della verifica sociale che qualifica l'orizzonte del post;moderni­ neoermeneutica poststru.tturalista non si cura della descrizione scien­
smo. Una disciplina come l'ermeneutica, concepita, almeno nelle tifica e del rigore strutturale di un testo. Tuttavia anche i poststruttu­
intenzioni di Gadamer_, come arte del dialogo, si rovescia così nei ralisti di fatto considerano iJ testo - e non solo il testo ma il mondo
monologhi nel silenzio di soggetti isolati eternamente protesi verso intero - come un'entità meramente linguistica. Inoltre la scrittura
un Assoluto innominato, sempre postulato e mai dichiarato. E la letteraria è concepita anche da loro come un'entità autonoma e
critica al senso' e al fondamento si ribalta nell'apologia di un altro autosufficiente, da valutarsi in sé e per sé, al di fuori di ogni
senso e di un altro fondamento, ma ora non più discutibili né considerazione per il soggetto e per i destinatari reali. Quando Segre
verificabili. Non mi pare un gran passo avanti. polemizza contro l'abolizione del soggetto da parte di Barthes, sem­
bra dimenticare che anche nella sua impostazione l'autore dell'opera
non ha alcuno spazio, neppure quello che Mukafosky concedeva alla
4. Semiologi, in difesa e semiologi, alla deriva <<personalità dell'artista>>. E d'altronde il percorso stesso di Barthes,
dalla semiologia al poststrutturalismo, è assai meno casuale e isolato
«L'ermeneutica potrebbe essere la semiologia del testo letterario,>. di quanto si pensi. In Italia sono molti ad aver compiuto lo stesso
Con questa affermazione Segre 5 intende rispondere all'offensiva della percorso; e uno di essi, Agosti, già l'abbiamo incontrato..
neoennenentica. È una risposta difensiva, in quanto la centralità del A costeggiarlo è anche Umberto Eco. Il suo nominalismo e la sua
testo viene sempre da lui ribadita e l'attenzione alla sua <<riattualizza­ teoria della <<semiosi illimitatai> avevano offerto una tale apertura di
zione» si limita alla valutazione dell'«azione semiologica» che è possi­ credito alle ipotesi della «deriva ermetica>) (come ora egli la chiama)
bile identificare se esso viene studiato dal punto di vista della sua che alla fine degli anni Ottanta Eco si è trovato costretto a scendere
potenzialità comunicativa. In fondo, l'unico destinatario che a Segre in campo contro il misticismo e l'irrazionalismo da lui stesso fomen­
interessa resta sempre quello "implicito" nel testo. tati e a porre vincoli e limiti all'interpretazione (uno dei suoi ultimi
Il fatto è che Segre rimane fedele alla propria formazione struttu­ libri, l lt"mìti dell'interpretazione, porta un titolo eloquente). E tuttavia,
ralistica, privilegiante un approccio scientifico aJ testo e dunque il se il mondo (come continua a credere Eco) si presenta a noi solo
momento della descrizione rispetto a quello della interpretazione, come un testo e la sua interpretazione sòlo come un altro testo e
Ciò spiega il relativo isolamento della sua posizione attuale in ltalia e tutto si riduce a un gioco intertestuale e alla fine <<nomina nuda
la riduzione della sua rivista, <<Strumenti critici>>, da centro pròpulsivo tenemus,>, allora si danno solo due possibilità, alternativamente bat­
del dibattito letterario, quale era negli anni .Sessanta e all'inizio dei tute da Eco: quella della deriva o quella dell'ancoraggio scientista,
Settanta, a pubblicazione sostanzialmente accademica. Né sarà senza quella del cedimento alle filosofie ermetiche oscillanti fra nichilismo
significato che alcuni semiologi si dedichino prevalentemente alla e misticismo o quella del ritorno difensivo alle certezze d'anra.n.
narrativa e alla memorialistica, forse convinti, come Umberto Eco L'ultimo Eco (da Lector in fabula a, soprattutto, I limiti dell'interpreta­
nell'autocommento a Il nome della rosa, che vale la pena narrare ciò zione) sembra prediligere questa ultima soluzione e rimangiarsi lo
spazio di libertà altre volte concesso al lettore. La centralità del testo
s C. Segre, Avviamémo all'analisi del teszo leuerario, Einaudi, Torino, 1986, p. 12. riafferma in realtà tutti i suoi prepotenti diritti se l'unico lettore
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ammesso è sostanzialmente un Lettore Modello programmato dalla stico (la scrittura en artisre è tornata di moda anche grazie a loro);
strategia testuale, un lettore, cioè, che è solo una funzione interna del altri, come Asor Rosa, hanno teorizzato l'edonismo e il <<piacere>> del
testo. Inoltre, amaverso la distinzione fra uso e interpretazione e la testo, giudicando irrimediabilmente 1iuggioso» l'irnpegno etico­
riduzione della <•interpretazione critica•> a una <<cooperazione interpre­ politico in letteratura (si veda il già citato Letteratura, testo, società); i
tativa» che si deve limitare ad attualizzare un testo secondo i criteri più hanno ripiegato nell'eclettismo generico e nell'accademismo in­
della strategia interna di quest'ultimo, la critica stessa finisce con nocuo.
l'essere anch'essa una funzione interna del testo, condannata a un Un nutrito drappello è passato allo studio ddla società di massa,
ruolo «collaborazionistico" (uso non a caso questo termine tipico del delle politiche editoriali, del mercato, del pubblico e dei generi
linguaggio politico) che le impedisce qualsiasi presa di distanza e - letterari che più si prestano a tali ricerche (il "giallo", il romanzo di
direbbe Ricoeur - qualsiasi esercizio del sospetto. Rifiutando l'anco­ consumo, i <'best seller''), aprendo così questo altro settore alla
raggio alla materialità del mondo, il processo conoscitivo della critica ricerca accademica in italianistica. Si tratta di un'attività nuova e
cessa pér Eco di essere una dlalettica fra soggetti reali per rivelarsi un probabilmente meritoria, anche se già si profila il rischio che sia
astratto gioco di funzioni tutte interne al carattere artificiale del testò possibile diventare professori universitari sapendo tutto di Liala; ma
e a un sistema esclus1vamente lingujstico considerato nella sua irrela­ senza mai aver analizzato una poesia o un testo artistico di un
tezza nominale. classico o di un contemporaneo. È non nascondo inoltre qualche
perplessità sul fatto che si preferisca contemplare la superficie socio­
logica dei fenomeni letterari piuttosto che il volto di Medusa delle
5. Marxisti allo sbando, marxisri che si danno al loro profondità.
La punta più nuova di questa .ricerca va individuata probabil­
«gi,allo" e marxisti resistenti
mente io un allievo di Spinazzola, Franco Brioschi, che ha preferito
Sino agli inizi degli anni Settanta non era quasi possibile trovare in tenersi lontano dal "giallo" e dal "rosa'' e sta cercando invece di
Italia un intellettuale che non si proclamasse, in qualche modo, elaborare una sua teoria delle letteratura fondata sulla centralità del
marxista. Oggi nel nostro paese non è quasi più possibile trovare un lettore (di qui, per esempio, la sua esplicita consonanza con le
intellettuale che si dichiari ancora marxista. Si direbbe che i marxisti posizioni di Staoley Fish), non senza tuttavia i pericoli di nichilismo
siano una razza estinta. È più facile trovarli nelle università ameri­ che ciò comporta.
cane che in quelle italiane. Quando sento che negli Stati Uniti Infine ci sono i marxisti resistenti, per lo più anziani, che, isolati,
Gramsci è attualissimo e sono usciti in edizione critica in inglese i tengono duro sulle posizioni da loro elaborate negli anni Cinquanta e
suoi" Quaderni del carcere, non posso non pensare che da noi è Sessanta, senza più, invero, svilupparle in modo particolarmente
possibile citarlo solo per vezzo archeologico, come si può citare innovativo, come Tirnpanaro, Sanguineti, Leone de Castris' Fortini'
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Thomas Mann o Orazio, mentre i pochi marxisti ancora superstiti Muscetta.
vengono considerati - almeno per quanto attiene alle loro posizioni
teoriche - con l'indifferente disattenzione che in genere si riserva ai
fossili. Bisognerà che lo stato dichiari zona protetta qualche univer­ 6. Psicoanalisti al bivio
sità periferica del centro-nord (fra cui la mia) o del Meridione più
sperduto perché se ne conservi qualche traccia da far studiare do­ In quest'ultimo ventennio il freudismo ha subito Ja stessa sorte dello
mani ai nostri nipoti. strutturalismo. Accusato di causalismo e magari anche di fondamen­
Naturalmente, ci sarebbe da chiedersi: che fine hanno fatto le talismo, a Freud si è in genere preferito Lacan, più vicino alla linea
legioni di critici marxisti degli anni Sessanta? Non è difficile rispon­
dere. Diversi sono passati, armi e bagagli, al "pensiero debole" e alla • Fonini purtroppo non è più fra noi. Ma su lui cfr. più avanti pp. 87-95 (Nota del
neoermeneutica, dedicandosi all'angelologia e/ o al mimetismo arti- 19991.

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