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24 Boffelli DPT5 13 PDF
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DIRETTORE
VICTOR UCKMAR
UNIVERSITÀ DI GENOVA
DIRETTORE SCIENTIFICO
CESARE GLENDI
UNIVERSITÀ DI PARMA
COMITATO DI DIREZIONE
00140292
CEDAM
CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI
2013
60,00
Tariffa R.O.C.: Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano
Sul sequestro finalizzato alla confisca per equivalente dei beni del-
la persona giuridica per reati tributari commessi da soggetti
apicali (*)
Il sequestro preventivo previsto dall’art. 19, 2o comma del d.lgs.
8 giugno 2001, n. 231, non può essere disposto sui beni di qualsiasi
natura appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per i fatti
costituenti reati tributari posti in essere dal legale rappresentante del-
la società. Neppure l’art. 1, 143o comma della l. 24 dicembre 2007, n.
244, può costituire una base giuridica autonoma e sufficiente a giusti-
ficare l’applicazione del sequestro e della successiva confisca per
equivalente ex art. 322-ter c.p. posto che manca un’espressa previsio-
ne legislativa della responsabilità dell’ente per gli illeciti penali tribu-
tari. Resta salva l’ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un
apparato fittizio, utilizzato dal reo per commettere gli illeciti da cui
trarre diretto vantaggio.
Cass., sez. III pen. (pres. Mannino, rel. Rosi), 10 gennaio 2013, n.
1256.
valente, previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 19, 2o comma, nei
confronti delle persone giuridiche, non può essere disposto sui beni di qual-
siasi natura appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le vio-
lazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, sul-
la base della l. n. 244 del 2007, art. 1, 143o comma, atteso che gli artt.
24 e ss. del citato d.lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in
grado di giustificare l’adozione del provvedimento, salva sempre l’ipo-
tesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio, utilizza-
to dal reo per commettere gli illeciti: in tal caso infatti il reato non ri-
sulta commesso nell’interesse o a vantaggio di una persona giuridica, ma
a diretto vantaggio del reo attraverso lo schermo dell’ente (cfr. sez. III,
n. 25774 del 14 giugno 2012, dep. 4 luglio 2012, P.M. in proc. Amod-
dio e altro Rv. 253062; sez. III, n. 33371 del 4 luglio 2012, dep. 29 ago-
sto 2012, Falli, che ha precisato l’irrilevanza del rapporto organico tra per-
sona fisica ed ente ed ha confermato la possibilità di operare il seque-
stro per equivalente quando la persona giuridica rappresenti un «appara-
to fittizio, utilizzato dai reo proprio per porre in essere i reati di frode fi-
scale o altri illeciti, sicché ogni cosa fittizia mente intestata alla società
sia immediatamente riconducibile alla disponibilità dell’autore del reato»;
conforme anche sez. VI, n. 42703 del 12 ottobre 2010, dep. 1 dicembre
2010, Giani).
Senza dubbio gli illeciti penali tributari non figurano nel novero
dei reati-presupposto che, commessi da soggetti apicali o subordinati
della persona giuridica, nell’interesse e a vantaggio della stessa, danno
luogo a responsabilità dell’ente da reato in base al d.lgs. n. 231 del
2001, circostanza che consentirebbe di ricorrere allo strumento della
confisca per equivalente per l’ammontare del prezzo o del profitto del
reato sul patrimonio dell’ente collettivo, strumento previsto dall’art. 19
del citato decreto legislativo. Né in nessun altra fonte di legislazione
primaria è prevista tale responsabilità della persona giuridica, come in-
vece espressamente stabilito in relazione aireatia carattere transnazio-
nale, dalla l. n. 146 del 2006, art. 10 (tale legge prevede a sua volta,
all’art. 11, un’ipotesi speciale di confisca, con riferimento ai reati tran-
snazionali di cui all’art. 3, disponendo che il giudice, quando non sia
possibile la confisca delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto
o il prezzo del reato, possa ordinare la confisca «per equivalente» di
somme di denaro, beni od altre utilità di cui il reo abbia la disponibi-
lità, anche per interposta persona fisica o giuridica, per un valore cor-
rispondente a detto prodotto, profitto o prezzo). Né una responsabilità
degli enti per i reati tributari può essere fatta derivare, con una vera e
propria interpretazione ortopedica, in violazione dell’art. 25 Cost., da
quella assegnata alle persone giuridiche nel diritto tributario.
Infatti il sistema del diritto penale tributario deve essere letto ed
interpretato nell’ambito del complessivo sistema del diritto penale e
non può essere certo ritenuto un mero apparato sanzionatorio di dispo-
sizioni tributarie, avente vita a se stante ed avulso dal generale sistema
punitivo, quasi una sorta di «sistema speciale». Non risulta percorribi-
le, infatti, se non a costo di insormontabili dubbi di legittimità costitu-
894 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA N. 5/2013
zionale, la tesi che tale «sistema» troverebbe nella l. n. 244 del 2007,
art. 1, 143o comma, la conferma della propria autosufficienza ed auto-
nomia dal resto delle disposizioni legislative in materia penale, in par-
ticolare avendo a riferimento la previsione della responsabilità da reato
dagli enti. Tra l’altro va osservato che l’interesse protetto dalle dispo-
sizioni penali tributarie non si identifica semplicemente, e soprattutto
non si esaurisce, con la tutela della pretesa tributaria, ma include la
veridicità delle dichiarazioni dei redditi e delle altre dichiarazioni fi-
scali, punendo con particolare rigore quelle modalità fraudolente di
dissimulazione del patrimonio o degli utili (ed anche di simulazione di
costi) volte ad eludere l’adempimento degli obblighi tributari gravanti
sui contribuenti in forza della legge, ed ancor prima del precetto costi-
tuzionale, connotandosi come vulnus agli interessi finanziari dello Sta-
to (e per quanto concerne l’Iva, anche a quelli dell’Unione Europea),
per cui sarebbe erronea una riduzione a sottosistema delle previsioni
incriminatrici, le quali devono sempre consentire una lettura integrata,
e soprattutto coerente, dell’intero sistema penale.
8. D’altro canto non può neppure essere ritenuto idoneo, ad una ef-
ficace tutela nei confronti delle frodi fiscali poste in essere nell’interes-
se e a vantaggio della persona giuridica, il sistema sanzionatorio ammi-
nistrativo in materiatributaria, quale delineato, in primis, dal disposto di
cui al d.lgs. n. 472 del 1997, art. 11, 1o comma, in base al quale nei ca-
si in cui la violazione che abbia inciso sulla determinazione o sul paga-
mento del tributo sia stata commessa dal dipendente o dal rappresentan-
te o dall’amministratore, anche di fatto, di società, associazioni o enti, con
o senza personalità giuridica, nell’esercizio delle sue funzioni o incom-
benze, la società, l’associazione o l’ente nell’interesse dei quali ha agi-
to l’autore della violazione sono obbligati solidalmente al pagamento di
una somma pari alla sanzione irrogata, e secondariamente, dalla previ-
sione di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, art. 19, 2o comma, secondo la qua-
le permane, in ogni caso, la responsabilità per la sanzione amministra-
tiva dei soggetti indicati nel d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 11, 1o
comma, che non siano persone fisiche concorrenti nel reato.
9. Pertanto risulta evidente che la mancanza di una previsione che
consenta di poter ritenere la persona giuridica responsabile per gli ille-
citi penali tributari posti in essere nel suo interesse ed a suo vantaggio
non può essere ritenuta mera conseguenza di una ragionata scelta di-
screzionale del legislatore.
Occorre anche notare che ad assetto vigente, il legislatore italiano
ha finito per differenziare, niente affatto ragionevolmente, le fattispe-
cie, anche sotto il profilo dell’aggressione ai patrimoni illeciti, a se-
conda della natura transnazionale o meno di un reato, con la conse-
guenza che per quelle indagini su reati tributari compiuti nell’ambito
di fenomeni associativi a carattere transnazionale (si pensi a certe fro-
di carosello) sarà possibile ravvisare la responsabilità della persona
giuridica ed operare la confisca per equivalente dei beni della società
coinvolta (per la possibilità di sottoporre a sequestro preventivo in vi-
sta della confisca per equivalente il profitto dei reati di frode fiscale
PARTE SECONDA 895
delle misure cautelari sui beni della società. – 3.1. Lineamenti della responsabilità da
reato degli enti collettivi. – 4. Conclusioni.
1. – Il caso
fitto» del 1o comma sono state inserite successivamente dall’art. 1, 75o comma, l. 6 novem-
bre 2012, n. 190 con decorrenza dal 28 novembre 2012.
Il 2o comma stabilisce, con espresso riferimento al reato di cui all’art. 321 c.p. (Pene
per il corruttore) che «è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il profitto
salvo che appartengano a persone estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la
confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di
detto profitto» (enfasi aggiunta).
(4) Cass., 19 luglio 2011, n. 28731, in Corr. trib., 2011, 2887, con nota di A. Tra-
versi, Confisca sui beni sociali per il reato tributario contestato al legale rappresentante,
2884 e in Corr. trib., 2011, 3210, con nota di P. Corso, Valido il sequestro preventivo sui
beni dell’ente anche in assenza di responsabilità amministrativa; si ricorda la particolarità
del caso di specie, atteso che si era trattato della legittimità del sequestro prodromico alla
confisca per equivalente per il delitto di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 74 del 2000 per il quale
il legislatore non ha previsto espressamente l’applicabilità dell’art. 322-ter c.p. Si vedano
anche Cass., 4 ottobre 2012, n. 38740, in banca dati Fisconline; Cass., 31 maggio 2012, n.
20976, Ibid.; Cass., 16 febbraio 2010, n. 6288, Ibid.
(5) L’ordinanza del Tribunale del riesame di Milano del 22 novembre 2011 è anno-
tata da O. Mazza, La confisca per equivalente fra reati tributari e responsabilità dell’ente
(in margine al caso Unicredit), in penalecontemporaneo.it, 23 gennaio 2012.
(6) Si veda F. Di Sabato - A. Quintavalle Cecere, Sequestro per equivalente dei beni
della persona giuridica per reati tributari commessi a suo vantaggio, in Fisco, 2012, 3276
e ss., in particolare il par. 4 relativo alla ricostruzione giurisprudenziale del principio soli-
daristico in tema di concorso nel reato.
898 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA N. 5/2013
Nelle more della decisione della Cassazione, la difesa della società ban-
caria chiedeva inoltre che il ricorso del pubblico ministero fosse dichiarato
inammissibile per carenza sopravvenuta di interesse all’impugnazione, essen-
dosi la società bancaria avvalsa nel frattempo della procedura di accertamento
con adesione e avendo provveduto al pagamento integrale degli importi quan-
tificati dall’Agenzia delle entrate.
Ad ogni modo, si tratta di una questione che nel caso di specie ha perso
rilievo, in quanto la Suprema Corte ha rigettato nel merito il ricorso del pub-
blico ministero (13).
Entrando nel merito del caso, il secondo aspetto affrontato dalla sentenza
che si annota concerne la possibilità di sottoporre a confisca per equivalente
beni appartenenti a persone giuridiche alle quali sono imputati fatti costituenti
reati tributari posti in essere dai rappresentanti legali o da coloro che agisco-
no nell’ambito dei poteri e con le facoltà conferite dall’ente stesso.
evasi). Quale conseguenza, il tribunale del riesame annullava il decreto di sequestro pre-
ventivo disposto sui beni mobili ed immobili dell’indagato, posto che la difesa aveva ade-
guatamente dimostrato che l’ammontare della somma evasa era ampiamente inferiore alla
soglia di punibilità prevista dalla legge per il reato contestato. Dinnanzi al ricorso presenta-
to dalla Procura di Napoli, la Suprema Corte ha confermato l’ordinanza del tribunale del
riesame, sulla base delle seguenti considerazioni:
i) ai fini dell’individuazione del superamento o meno della soglia penalmente rile-
vante, che è condizione obiettiva di punibilità, spetta esclusivamente al giudice penale il
compito di procedere all’accertamento e alla determinazione dell’ammontare dell’imposta
evasa, attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi ed anche ad entrare in contrad-
dizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario;
ii) è ben possibile pertanto che la pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria
venga ridimensionata o addirittura invalidata nel giudizio innanzi al giudice tributario;
iii) ciò però non vincola il giudice penale e quindi non può escludersi che quest’ul-
timo possa eventualmente pervenire – sulla base di elementi di fatto in ipotesi non conside-
rati dal giudice tributario – ad un convincimento diverso e ritenere nondimeno superata la
soglia di punibilità per essere l’ammontare dell’imposta evasa superiore a quella accertata
nel giudizio tributario;
iv) tuttavia, i possibili esiti del giudizio tributario – che può definirsi anche con una
pronuncia meramente in rito – costituiscono un dato ben distinto dalla pretesa tributaria
dell’Amministrazione finanziaria che fissa il limite della soglia di punibilità: il giudice pe-
nale non è vincolato all’accertamento del giudice tributario, ma non può prescindere dalla
pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria;
v) l’accertamento con adesione, al pari di ogni altra forma di concordato fiscale, si
colloca sul crinale della distinzione appena tracciata: c’è un’iniziale pretesa tributaria che
poi viene ridimensionata non già dal giudice tributario ma da un atto negoziale concordato
tra le parti del rapporto;
vi) il giudice penale non è certamente vincolato all’imposta così «accertata» ed egli
può discostarsi dal dato quantitativo risultante dall’eventuale accordo intervenuto tra ammi-
nistrazione e contribuente e tener conto, invece, dell’iniziale pretesa tributaria qualora risul-
tino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l’iniziale quantifica-
zione dell’imposta dovuta.
Sulla base di tali considerazioni, i giudici hanno ritenuto che il tribunale aveva verifi-
cato che l’imposta risultante dall’accertamento con adesione era (sensibilmente) inferiore
alla soglia di punibilità, venendo meno, al fine della cognizione dei fatti in sede cautelare,
il fumus commissi delicti. Il Procuratore della Repubblica ricorrente, pur esattamente dedu-
cendo l’autonomia di valutazione del giudice penale, non aveva allegato alcuna circostanza
di fatto per poter ritenere che l’imposta evasa fosse di importo maggiore e raggiungesse la
soglia di punibilità.
(13) Si veda sul punto O. Mazza, Il caso Unicredit al vaglio della Cassazione..., cit.,
il quale si sofferma, con notazione critica, sulla presunta inadeguatezza della sede cautelare
ad assumere questo tipo di valutazione.
PARTE SECONDA 901
(17) Il d.lgs. n. 231 del 2001 elencava, nella stesura originaria, tra i reati dalla cui
commissione è fatta derivare la responsabilità amministrativa degli enti, esclusivamente
quelli nei confronti della pubblica amministrazione e quelli contro il patrimonio commessi
a danno dello Stato o di altro ente pubblico (artt. 24 e 25). Le successive modifiche hanno
aggiunto i delitti informatici e trattamento illecito di dati (art. 24-bis), reati di falso num-
mario (art. 25-bis), reati societari (art. 25-ter), reati con finalità di terrorismo o di eversione
dell’ordine democratico previsti dal codice penale e dalle leggi speciali (art. 25-quater),
pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583-bis c.p.) (art. 25-quater-1),
delitti contro la personalità individuale (art. 25-quinquies), reati di abuso di mercato (art.
25-sexies), reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con
violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro
(art. 25-septies), reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di pro-
venienza illecita (art. 25-octies) e infine i reati transnazionali di cui alla l. 16 marzo 2006,
n. 146, artt. 3 e 10.
(18) Ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2001, l’ente (da intendersi come società,
persone giuridiche, enti collettivi non riconosciuti, associazioni, consorzi ecc.) è responsabi-
le per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio «da persone che rivestono fun-
zioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità or-
ganizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitino,
anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso» (1o comma, lett. l) ovvero da «perso-
ne sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lett. a)» (1o com-
ma, lett. b).
(19) Lo stesso art. 2 del d.lgs. n. 231 del 2001, rubricato «Principio di legalità», re-
cita: «L’ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto costituente reato se la sua
responsabilità amministrativa in relazione a quel reato e le relative sanzioni non sono
espressamente previste da una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto».
(20) Per un’analisi più approfondita dei tentativi di definizione della natura della re-
sponsabilità dell’ente, v. M. Arena - R. Razzante, Normativa antiriciclaggio e responsabili-
tà da reato delle società, Napoli, 2012, 11 e ss.
(21) La relazione di accompagnamento della Commissione governativa puntualizza
testualmente che «il richiamo all’interesse dell’ente caratterizza in senso marcatamente sog-
gettivo la condotta delittuosa della persona fisica e che si “accontenta” di una verifica ex
ante; viceversa, il vantaggio, che può essere tratto dall’ente anche quando la persona fisica
non abbia agito nel suo interesse, richiede sempre una verifica ex post», Relazione ministe-
PARTE SECONDA 903
ente (art. 5, d.lgs. n. 231 del 2001), di modo che l’ente non risponde se le
persone indicate «hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi».
In secondo luogo, il reato deve poter essere imputato soggettivamente al-
l’ente a causa della mancata adozione o applicazione dei modelli di gestione
volti a prevenire il rischio di commissione dei reati, previsti dagli artt. 6 e 7
del d.lgs. n. 231 del 2001 (22). Si tratta di una sorta di «colpa da organizza-
zione» (23) la quale deriva dal non aver adottato ed efficacemente attuato un
modello organizzativo ai fini della prevenzione del rischio di reato.
Con riferimento all’apparato sanzionatorio (24) del d.lgs. n. 231 del
2001, l’art. 53 del decreto statuisce che il giudice può disporre il sequestro
preventivo con riferimento alle «cose di cui è consentita la confisca a norma
dell’art. 19», id est il prezzo o il profitto del reato (1o comma) oppure, quan-
do ciò non è possibile, con riferimento «a somme di denaro, beni od altre uti-
lità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato» (2o comma) (25).
Nel contesto della disciplina in esame, pertanto, è la sola sanzione am-
riale al d.lgs. n. 231 del 2001. In altri termini, stando al parere della commissione, solo il
criterio dell’interesse presuppone la direzione finalistica, mentre il vantaggio dovrebbe es-
sere un dato obiettivo da accertare successivamente e in concreto.
(22) Si ricorda, in particolare, la regola dell’inversione dell’onere della prova di cui
all’art. 6 del d.lgs. n. 231 del 2001, secondo il quale l’ente non risponde se prova di avere
adottato ed effettivamente attuato le misure necessarie per prevenire i reati e anche che il
reato è stato commesso mediante l’elusione intenzionale e fraudolenta di queste misure da
parte del soggetto apicale.
(23) Ex pluribus, Cass., 29 agosto 2012, n. 33371, cit.; Cass., 19 luglio 2011, n.
28731, cit.
(24) L’art. 9 del d.lgs. n. 231 del 2001 contiene le sanzioni per gli illeciti ammini-
strativi dipendenti da reato, costituite dalla sanzione pecuniaria, dalle sanzioni interdittive,
dalla confisca e dalla pubblicazione della sentenza. Il 2o comma puntualizza le sanzioni in-
terdittive, ovvero l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o la revoca delle
autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, il divieto di
contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un
pubblico servizio, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’even-
tuale revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
(25) Si rileva l’obbligatorietà della confisca in caso di condanna della persona giuri-
dica, posto che, il 1o comma dell’art. 19 dispone: «Nei confronti dell’ente è sempre dispo-
sta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che
per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai
terzi in buona fede». Il 2o comma prevede espressamente la possibilità di ricorre alla con-
fisca per equivalente: «Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del 1o comma,
la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al
prezzo o al profitto del reato».
Sul punto si segnala la recente Cass., 2 maggio 2013, n. 19051, secondo cui, in tema
di responsabilità da reato degli enti, la confisca del profitto del reato presupposto, in quanto
sanzione principale ed autonoma, ha natura obbligatoria, anche nella forma per equivalente.
Ne consegue che, in vista della sua applicazione, è legittima la sottoposizione a sequestro
preventivo dei beni della persona giuridica a prescindere da qualsiasi valutazione sulla pe-
ricolosità delle cose destinate all’ablazione. I giudici di legittimità hanno in proposito chia-
rito come il ricorso da parte del legislatore alla locuzione «può» nel 2o comma dell’art. 19
d.lgs. n. 231 del 2001 debba essere imputato non già all’intenzione di configurare la sud-
detta confisca di valore come meramente facoltativa, bensì alla volontà di vincolare il do-
vere del giudice di procedervi alla previa verifica dell’impossibilità di provvedere alla con-
fisca diretta del profitto del reato e dell’effettiva corrispondenza del valore dei beni oggetto
di ablazione al valore di quest’ultimo.
904 DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA N. 5/2013
(26) I giudici, nel loro iter argomentativo, ricordano la natura eminentemente sanzio-
natoria della confisca per equivalente, principio ormai pacifico nella giurisprudenza di le-
gittimità; Corte cost., ord. 2 aprile 2009, n. 97, in Corr. trib., 2009, con nota di P. Corso,
La confisca «per equivalente» non è retroattiva, 1175; per un ulteriore commento, F. Fon-
tana, La confisca per equivalente non è una misura di sicurezza, in GT - Riv. giur. trib.,
2009, 481; Cass., 8 maggio 2008, n. 21566, CED, 240910; Cass., 24 settembre 2008, n.
39173, CED, 241034.
Il secondo aspetto considerato dai giudici in materia di confisca per equivalente attie-
ne alla questione della confisca per equivalente anche del profitto dei reati tributari, data
l’infelice formulazione dell’art. 1, 143ocomma, della l. n. 244 del 2007 che estende, come
noto, ai reati di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del d.lgs. n. 74 del
2000 l’art. 322-ter c.p. «in quanto applicabili», senza ulteriori specificazioni. Il dibattito ha
pertanto riguardato l’estensione precisa del richiamo delle disposizioni del codice penale,
posto che l’art. 322-ter, 1o comma, c.p. disciplina in via generale la confisca per equivalen-
te del solo prezzo del reato, mentre il 2o comma ammette eccezionalmente l’aggressione
per equivalente anche del profitto. La questione è risolta dai giudici in conformità all’orien-
tamento giurisprudenziale più recente, secondo il quale la confisca per equivalente nei reati
tributari opera in riferimento sia al prezzo che al profitto del reato (ex pluribus, Cass., 6 ot-
tobre 2010, n. 35807, CED, 2438618). Si tratta peraltro di un dibattito ad oggi superato
dalla c.d. «legge anticorruzione» 6 novembre 2012, n. 190, art. 1, 75o comma, lett. o), che
ha modificato l’art. 322-ter, 1o comma, c.p. aggiungendo dopo le parole «per valore corri-
spondente a tale prezzo» le parole «o profitto».
(27) In tal senso, A. Vannini, La confisca per equivalente nella sistematica sulla re-
sponsabilità amministrativa degli enti, in Riv. dir. trib., 2012, 853; Id., Il coinvolgimento
dell’ente nell’illecito penale-tributario in assenza del reato presupposto, Ibid., 2011, 944.
PARTE SECONDA 905
lare quello rivolto al recupero dei proventi del reato – appare allo stato attua-
le inefficace.
Resta salva l’applicabilità alle persone giuridiche per reati tributari com-
messi dai suoi dirigenti, rappresentanti legali e dipendenti dalle sanzioni am-
ministrative tributarie di cui all’art. 11, 1o comma, d.lgs. n. 472 del 1997, e
all’art. 19, 2o comma, del d.lgs. n. 74 del 2000 (28).
4. – Conclusioni
(28) L’art. 19 citato dispone, al 2o comma, che «Permane, in ogni caso, la responsa-
bilità per la sanzione amministrativa dei soggetti indicati nell’art. 11, 1o comma, del decre-
to legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che non siano persone fisiche concorrenti nel rea-
to».
L’art. 11 citato dispone, al 1o comma, che «Nei casi in cui una violazione che abbia
inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo è commessa dal dipendente o dal
rappresentante legale o negoziale di una persona fisica nell’adempimento del suo ufficio o
del suo mandato ovvero dal dipendente o dal rappresentante o dall’amministratore, anche di
fatto, di società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, nell’esercizio delle
sue funzioni o incombenze, la persona fisica, la società, l’associazione o l’ente nell’interes-
se dei quali ha agito l’autore della violazione sono obbligati al pagamento di una somma
pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso secondo le disposizioni vigenti».
(29) Si veda sul punto L. Della Ragione, La confisca per equivalente nel diritto pe-
nale tributario, in penalecontemporaneo.it, 13 novembre 2010.