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A11

250
Eugenio De Gregorio

Posizionamento
narrativo e azioni
La ricerca computer–assistita
in psicologia sociale della devianza

ARACNE
Copyright © MMVII
ARACNE editrice S.r.l.

www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it

via Raffaele Garofalo, 133 A/B


00173 Roma
(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1320–5

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,


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con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

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I edizione: settembre 2007


Indice

Introduzione 7

CAPITOLO 1 – Le cornici di contesto e i riferimenti teorici 13


1. I contesti di riferimento 13
1.1 Le prospettive teoriche ed epistemologiche 13
1.2 Gli studi sull’accountability (nei contesti legali) 15
2. La costruzione narrativa dell’azione 19
2.1 L’azione e l’anticipazione degli effetti comunicativi 23
3. La costruzione narrativa del S‚ 30
3.1 Il posizionamento discorsivo e narrativo 36

CAPITOLO 2 – I metodi e gli strumenti 49


1. I metodi qualitativi 49
2. Dalla psicologia narrativa alla psicologia discorsiva 52
3. Le interviste qualitative: biografiche e narrative 57
3.1 Le interviste biografiche 59
3.1.1 Le autobiografie 60
3.1.2 Le storie e i racconti di vita 62
3.1.3 Le interviste narrative 64

CAPITOLO 3 – Le analisi delle narrazioni 71


1. Le analisi qualitative dei contenuti narrativi 71
1.1 L’analisi del contenuto classica 71
1.2 L’approccio della “Grounded theory” 73
2. Le analisi qualitative delle strutture narrative 80
2.1 La metodologia “Comparative narratives” 83
2.2 Le strutture profonde delle narrazioni 84
2.3 La “Event Structure Analysis” 88
2.4 L’ “Evaluation model” 90
3. Contenuti o strutture: integrazione possibile? 94

CAPITOLO 4 – La ricerca 99
1. Obiettivi 99
1.1 La costruzione narrativa in termini di contenuti 100
1.2 La costruzione narrativa in termini di struttura 101
2. Il contatto con gli intervistati 102
2.1 Il setting e la conduzione delle interviste 103
3. La costruzione della traccia d’intervista 104

5
Indice

4. Descrizione dei partecipanti alla ricerca 112


5. Le analisi delle informazioni con ATLAS.ti 117
5.1 La creazione dell’unitƒ ermeneutica 118
5.2 La codifica delle interviste 119
5.2 L’aggregazione in “families” 125
5.3 La verifica di ipotesi nella ricerca qualitativa 128
5.3.1 La verifica di relazioni su sottoinsiemi di documenti 132
6. I risultati 132
6.1 I contenuti narrativi 133
6.1.1 I temi ricorrenti 133
6.2 Le strutture narrative: presenza delle dimensioni 171
6.2.1 Verifica delle relazioni e del modello 172
6.3 Relazioni specifiche per categorie (reati ed esperienza) 185
6.4 Studiare i contenuti attraverso le strutture o viceversa? 203
7. I criteri di validitƒ e attendibilitƒ nella ricerca qualitativa 209
8. Conclusioni e implicazioni 221

Bibliografia 229

Appendice A 257
Appendice B 259
Appendice C 265
Appendice D 267
Appendice E 269

6
Introduzione

– Che fai? – mia moglie mi domand•, vedendomi insolitamente indugiare da-


vanti allo specchio.
– Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Pre-
mendo avverto un certo dolorino.
Mia moglie sorrise e disse: – Credevo che ti guardassi da che parte ti pende.
Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda:
– Mi pende? A me? Il naso?
E mia moglie placidamente: – Ma s‚, caro. Guƒrdatelo bene: ti pende verso
destra.
Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio
bello, almeno molto decente, come insieme tutte le altre parti della mia perso-
na. Per cui m’era stato facile ammettere e sostenere quel che di solito ammet-
tono e sostengono tutti coloro che non hanno avuto la sciagura di sortire un
corpo deforme: che cio… sia da sciocchi invanire le proprie fattezze. La sco-
perta improvvisa e inattesa di quel difetto perci• mi stizz‚ come un immeritato
castigo. Vide forse mia moglie molto pi† addentro di me in quella stizza e ag-
giunse subito che, se riposavo nella certezza d’essere in tutto senza mende, me
ne levassi pure, perch‡ il naso mi pendeva verso destra, cos‚…
– Che altro?
Eh, altro! altro! Le mie sopracciglia parevano sugli occhi due accenti circon-
flessi, ^ ^, le mie orecchie erano attaccate male, una pi† sporgente dell’altra; e
altri difetti…
Eh s‚, ancora: nelle mani, al dito mignolo; e nelle gambe (no, storte no!), la
destra, un pochino pi† arcuata dell’altra: verso il ginocchio, un pochino.
Dopo un attento esame dovetti riconoscere veri tutti questi difetti. E solo allo-
ra, scambiando certo per dolore e avvilimento la meraviglia che ne provai su-
bito dopo la stizza, mia moglie per consolarmi m’esort• a non affligermene
poi tanto, ch‡ anche con essi, tutto sommato, rimanevo un bell’uomo.
Sfido a non irritarsi, ricevendo come generosa concessione ci• che come dirit-
to ci … stato prima negato. Schizzai un velenosissimo ‰grazieŠ e, sicuro di non
aver motivo n‡ d’addolorarmi n‡ d’avvilirmi, non diedi alcuna importanza a
quei lievi difetti, ma una grandissima e straordinaria al fatto che tant’anni ero
vissuto senza mai cambiar di naso, sempre con quello, e con quelle sopracci-
glia e quelle orecchie, quelle mani e quelle gambe; e dovevo aspettar di pren-
der moglie per aver conto che li avevo difettosi.

Cos„ Luigi Pirandello inizia a descrivere le vicende di Vitangelo


Moscarda, il protagonista di Uno, nessuno e centomila: a lui l’Autore
affida le riflessioni sul concetto di s‡ e sul senso di identitƒ personale

7
Introduzione

che – a partire da una definizione altrui (quella della moglie) – innesca


meccanismi di attribuzione, di giustificazione, di strategie retoriche di
autopresentazione.
Pirandello anticipa le correnti pi… recenti della psicologia culturale
e dell’interazionismo simbolico: la letteratura precorre le scienze u-
mane ed evidenzia gli aspetti di costruzione sociale dell’identitƒ indi-
viduale; da questo momento in poi, anche le azioni di Vitangelo Mo-
scarda dipendono da questa definizione.
Analogamente, l’attribuzione sociale da parte degli altri di aver
commesso un crimine ingenera nell’autore meccanismi di riflessione e
di rendicontazione di tali eventi che – sebbene non siano letteraria-
mente comparabili con la grottesca, tragica, narrazione di Moscarda –
sono esemplificativi di un “modus narrandi” condiviso; questo sarƒ il
filo conduttore di questo lavoro, inclusa la ricerca che verrƒ presentata
nella seconda parte: che ci siano contenuti e strutture condivise nella
narrazione di eventi criminosi e che gli attori principali di tali eventi –
i detenuti – condividano una loro “cultura del resoconto” che abbiamo
cercato di delineare; in questo senso, l’attribuzione di identitƒ deviante
operata dagli altri incontra (talvolta si scontra, altre volte completa) la
descrizione di S‡ e della propria azione operata dal protagonista. A tali
costrutti ci siamo riferiti nei termini delle recenti formulazioni della
Teoria del posizionamento discorsivo (cap. 1 • 3.1).
Gli obiettivi di conoscenza sono stati perseguiti facendo esplicita-
mente riferimento agli approcci costruttivisti e narrativi: … evidente
che essi non esauriscono il panorama delle prospettive degli studi sulla
narrazione dell’azione e di S‡, ma in questa sede abbiamo operato una
scelta (fra le molte che saranno descritte nel corso del lavoro), quella
di eleggere un punto di vista specifico e di impostare un disegno di ri-
cerca qualitativa coerente con esso.
‡ proprio sulla base della coerenza fra obiettivi, metodi e scelte re-
lative all’intero percorso e all’impostazione della ricerca che un pro-
getto di questo tipo puˆ essere valutato, com’‰ stato autorevolmente
sostenuto in ambito nazionale (Mantovani 2003) e internazionale
(Seale 1999; Silverman 2000; Steinke 1999).
La struttura del lavoro comprende una prima sezione teorica: in es-
sa vengono illustrate le prospettive teoriche ed epistemologiche. Coe-
rentemente con le cornici teoriche ed epistemologiche di riferimento,
nel secondo capitolo la mia attenzione si ‰ rivolta ai metodi qualitativi
e, in particolare, all’intervista narrativa. Vengono descriveti i logici e
metodologici che giustificano tali scelte.

8
Introduzione

Analogamente, per quanto riguarda la scelta dell’approccio


all’analisi delle informazioni rilevate con le interviste narrative, nel
terzo capitolo sono descritte le strategie di analisi disponibili nel pano-
rama della ricerca nazionale e internazionale: in questa sezione, in
particolare, viene evidenziata l’importanza di considerare le narrazioni
come testi analiticamente complessi, cio‰ come fonti di informazioni
sia rispetto ai contenuti che veicolano sia per gli aspetti struttura-
li/linguistici (Clandinin 2007; Chiarolanza e De Gregorio 2007). I due
ambiti (le analisi dei contenuti narrativi e quelle delle strutture narrati-
ve), infatti, non sono stati adeguatamente e proficuamente integrati in
nessun settore della ricerca psicologica e psicologico-sociale. Ne ‰
prova il fatto che quasi tutti i riferimenti bibliografici citati afferiscono
ad aree diverse dalla psicologia sociale: la sociologia, la sociolingui-
stica, l’antropologia culturale. Il capitolo si chiude con una proposta di
analisi integrata contenuti-strutture che viene descritta nel quarto e ul-
timo capitolo. In esso, la ricerca condotta viene descritta ampiamente:
dall’articolazione degli obiettivi (generali e specifici), al contatto con
gli intervistati fino all’analisi delle informazioni condotta (e illustrata
in maniera dettagliata) con il programma ATLAS.ti; in questa sezione,
in particolare, va evidenziata la funzione innovativa che il lavoro con-
dotto puˆ assumere per la ricerca in psicologia sociale della devianza,
non tanto (o non solo) per l’utilizzo del programma in s‚ stesso, ma
per la proposta di strategie di analisi specifiche, di raffinate soluzioni e
scelte tecniche, di modalitƒ di reporting dei risultati.
A conclusione, l’ampio corredo bibliografico (completato con rife-
rimenti relativi ad altri settori delle scienze umane e sociali) che spero
sia utile a quanti, da questo momento in poi, siano interessati a intra-
prendere percorsi di ricerca analoghi augurando loro di ritrovarvi al-
trettanta motivazione, interesse e soddisfazione.

Questo libro viene pubblicato a meno di un anno dalla scomparsa di Gaeta-


no De Leo, Maestro a cui si deve molto del valore delle riflessioni qui propo-
ste, ai suoi insegnamenti sul senso dello studio della devianza in una prospet-
tiva narrativa, alle sue riflessioni – poco espresse, ma sempre estremamente
chiare – sulla pertinenza di un lavoro qualitativo sui significati dell’azione
deviante e delle azioni della vita quotidiana.
A lui dedico questo mio primo libro come unico autore, con la consapevolez-
za piena che – in qualche modo – continueremo a lavorare insieme.
Grazie, grande Prof.

9
Background teorico

Aprii gli occhi. Che vidi?


Niente. Mi vidi. Ero io, l€, aggrondato, carico del mio stesso
pensiero, con un viso molto disgustato.
M’assal‚ una fierissima stizza e mi sorse la tentazione di tirarmi
uno sputo in faccia. Mi trattenni. […] Ah, finalmente! Eccolo l€!
Chi era? Niente era. Nessuno. […] Chi era colui? Nessuno. Un
povero corpo, senza nome, in attesa che qualcuno se lo pren-
desse.

11
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

Capitolo 1
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

1. I contesti di riferimento

Ci sembra utile iniziare la trattazione dello studio che abbiamo


condotto facendo alcuni brevi cenni alle prospettive di base che – dal
punto di vista epistemologico – forniscono una chiave di lettura per le
attivitƒ di ricerca.
Come si sa, la scelta di un approccio epistemologico a un dato fe-
nomeno sociale indica (e implica) una modalitƒ di relazionarsi con
l’oggetto di studio: nello scegliere una prospettiva, il ricercatore im-
plicitamente comunica quale immagine ha della realtƒ sociale e in che
termini ritiene di porsi rispetto al proprio oggetto di studio.

1.1 Le prospettive teoriche ed epistemologiche

A costo di semplificare eccessivamente proponiamo la classica e-


semplificazione fra positivismo e costruttivismo al fine di delineare
con chiarezza (attraverso l’approfondimento del secondo) quale ‰ il
contesto di riferimento nel quale abbiamo scelto di collocarci.
Gli approcci variamente rifabili al positivismo (e alle sue riformu-
lazioni pi… recenti) hanno chiaramente dichiarato di preferire una let-
tura della realtƒ sociale come oggettivamente conoscibile: il ricercato-
re e l’oggetto della ricerca fanno parte di due universi ontologicamen-
te separati e la realtƒ esiste esterna al sistema cognitivo del ricercatore
e a prescindere dalle forme di conoscenza impiegate da questo (Harr‚
1989a).
Al contrario, chi afferisce a un approccio costruzionista valorizza
una prospettiva secondo cui il ricercatore esclude a priori qualunque
ipotesi di “realismo” (o “oggettivismo”: esclude cio‰ che esista una
realtƒ esterna oggettivamente conoscibile). Contro l’artificiositƒ della

13
Capitolo I

ricerca di laboratorio, i costruttivisti1 prendono spunto


dall’antropologia e propongono di entrare – letteralmente – nel conte-
sto che stanno studiando, di incontrare i partecipanti alla ricerca nel
loro contesto di vita (la scuola, la famiglia, l’azienda o – come descri-
veremo nel corso di questo lavoro – i contesti detentivi). Secondo que-
sti approcci (l’uso del plurale dipende dalla consapevolezza delle arti-
colazioni interne alla prospettiva pi… generale), l’obiettivo della ricer-
ca sociale e psicologica ‰ la comprensione dell’oggetto-nel-contesto,
non la formulazione di leggi generali in forma di ipotesi “se… allo-
ra…”:
ciˆ che prendiamo per conoscenza oggettiva e vera ‰ il risultato del punto di vista.
Conoscenza e veritƒ sono create, non scoperte nella mente. [I costruttivisti] enfatizza-
no la natura pluralistica e plastica della realtƒ: pluralistica, nel senso che la realtƒ si
puˆ esprimere in una varietƒ di simboli e sistemi linguistici; plastica, nel senso che
essa ‰ adattata e modellata alla luce degli obiettivi di agenti umani dotati di intenzio-
nalitƒ (Schawandt 1994, p. 125).

Nel quarto capitolo descriveremo come i partecipanti alla ricerca


abbiano chiaramente indicato di preferire raccontare i reati che hanno
commesso e il percorso di carriera nella devianza a un ricercatore: di-
chiaravano apertamente di non voler relazionarsi in tal senso con nes-
suna delle figure che a vario titolo erano deputate a raccogliere la loro
voce (avvocati, magistrati, assistenti sociali) in quanto ritenevano che
solo con una persona totalmente esterna al contesto carcerario poteva-
no sentirsi liberi di raccontare il loro punto di vista senza costrizioni di
sorta. Questa breve anticipazione descrive chiaramente in che termini
intendiamo valorizzare una prospettiva costruttivista allo studio
dell’azione deviante: i ragazzi che abbiamo incontrato nelle sezioni di
Regina Coeli e di Rebibbia hanno ricostruito con il ricercatore una
loro immagine della realtƒ che hanno vissuto indipendentemente da
cosa il sistema giudiziario abbia accertato essere “vero”: evidentemen-
te, l’obiettivo che siamo posti non era relativo all’accertamento della
veritƒ processuale, ma era piuttosto orientato a rilevare le costruzioni
soggettive, le attribuzioni di senso, l’unicitƒ della prospettiva degli at-
tori che aveva attuato azioni giuridicamente e socialmente ritenute
“devianti”.

1
Vedremo pi… avanti che la stessa categoria generale puˆ essere messa in discussione in fun-
zione delle sue articolazioni interne.

14
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

Come riporta Schwandt (1994), la prospettiva costruttivista ha su-


bito delle revisioni in un duplice senso: da una parte, una radicalizza-
zione dovuta al lavoro di Ernst von Glaserfeld secondo il quale Œnon
si puˆ conoscere una cosa come indipendente e oggettiva totalmente
staccata dalla nostra esperienza di quella stessa cosa. Quindi, non pos-
siamo parlare di conoscenza di qualcosa come rappresentazione corri-
spondente, come uno specchio, di quel mondo• (Schwandt 1994, p.
127); dall’altra, la proposta di Gergen (1985) amplia la prospettiva: la
conoscenza dei fenomeni sociali ‰ un processo tutt’altro che individu-
ale, esso invece vede la compartecipazione di una molteplicitƒ di atto-
ri. Questa prospettiva, nota come “socio-costruzionismo”, implica che
i resoconti sul mondo hanno sede nei sistemi condivisi di intelligibilitƒ – solitamente
nei testi orali o scritti. Questi resoconti non sono visti come espressioni esterne ai pro-
cessi interni del parlante (quali cognizioni o intenzioni), ma come espressione delle
relazioni fra persone (Gergen 1985, p. 78 cit. in Schwandt 1994).

Questa revisione dell’approccio costruttivista … stata approfondita


dagli esponenti della c.d. “psicologia dialogica” (Shotter 1995): a par-
tire dai quotidiani flussi di comunicazione, l’attenzione viene spostata
all’analisi delle funzioni del parlato in contesti specifici. Nel secondo
capitolo approfondiremo la trattazione degli approcci discorsivi nella
ricerca psicologica; adesso ci preme evidenziare la natura che il lin-
guaggio (la comunicazione, in senso lato) assume: esso viene definito
come uno strumento, un mezzo, che consente agli individui di perse-
guire specifici obiettivi. Questo uso del linguaggio implica una con-
vergenza fra azioni di attori diversi:
nelle nostre negoziazioni e contese momento per momento con altri con cui sia coin-
volti [in situazioni comuni], continuiamo a interagire fino alla costruzione di un risul-
tato che sia soddisfacente per tutte le parti. Nel fare questo, invece di agire esclusiva-
mente come individui isolati […], dobbiamo anticipare quello che gli altri possono
fare o dire in risposta a ciˆ che noi facciamo o diciamo. In altre parole, gli individui
non sono entitƒ isolate, ma occupano situazioni condivise (Shotter 1995, p. 166).

1.2 Gli studi sull’accountability (nei contesti legali)

Giƒ da queste prime pagine, ‰ evidente come costruire narrativa-


mente un’azione deviante significhi necessariamente dover render
conto di un comportamento contrario a un sistema normativo (formale
e/o informale) vigente. In tal senso, diventa centrale lo studio delle ar-

15
Capitolo I

gomentazioni (in termini di contenuto) e delle strategie retoriche (in


termini discorsivi) – che a partire dalle pionieristiche ricerche di Scott
e Lyman (1968) e di Semin e Manstead (1983) – sono utilizzate da un
attore (detto “accounter”) per assumersi o, al contrario, spostare da s‡
la responsabilitƒ a lui attribuita da un altro (detto “reproacher”)2.
Buttny (1993) chiama “funzione trasformativa” (o “riparativa”) la ca-
ratteristica prettamente discorsiva degli account orientata a modificare
– appunto - una valutazione altrui negativa3.
La necessitƒ per l’accounter di instaurare un circuito discorsivo di
questo tipo ‰ dovuta alla necessitƒ di mantenere una positiva immagi-
ne di s‚ (Wetherell e Potter 1989), di evitare (o comunque allontanare
il pi… possibile) le attribuzioni negative (Semin e Manstead 1983; Fel-
son e Ribner 1981), di riparare i conflitti relazionali causati
dall’evento critico (Bies, Shapiro e Cummings 1988): tali obiettivi
(come ‰ stato ampiamente dimostrato) vengono perseguiti attraverso
strategie discorsive che – nelle formulazioni pi… recenti – sono vicine
alle tecniche “neutralizzazione della norma” (Sykes e Matza 1957;
Fritsche 2002) e ai meccanismi di “disimpegno morale” (cfr., fra le
tante fonti, Bandura 1997; 1999) di cui parleremo diffusamente in se-
guito.
Scott e Lyman (1968) hanno identificato due categorie di account:

– le scuse, con cui l’accusato ammette di aver causato un danno ma


nega di esserne pienamente responsabile,
– le giustificazioni, con cui ci si assume la responsabilitƒ di
un’azione sanzionabile, ma si nega la sua effettiva gravitƒ o, addi-
rittura, se ne evidenziano le conseguenze positive.

Questa categorizzazione ha avuto, nel corso degli anni, diverse ri-


visitazioni, conferme empiriche in vari contesti e significativi am-
pliamenti fra i quali sottolineiamo quello operato da SchŽnbach
(1980) che ha introdotto il concetto di “sequenze di account” (evento
riprovevole, accusa della parte offesa, account dell’attore “deviante”,
valutazione della validitƒ dell’account) e due forme discorsive aggiun-
tive a quelle proposte da Scott e Lyman:
2
Scott e Lyman hanno chiamato questo scambio di accuse e difese “valutative inquiry”, evi-
denziando la funzione valutativa - nei confronti di chi ha commesso l’azione riprovevole - del
contesto rappresentato dall’accusatore (Cody e McLaughlin 1990, p. 227).
3
Per la contestualizzazione dell’accontability nelle situazioni di “rottura” delle routine inte-
rattive si vedano Semin e Manstead (1983) e Hewitt (1996, trad. it. 1999).

16
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

– le concessioni: l’attore semplicemente ammette le proprie respon-


sabilitƒ,
– il diniego: si nega con forza qualsiasi attribuzione di responsabilitƒ
e anzi, talvolta, si nega l’autoritƒ dell’accusatore.

Il collegamento fra responsabilitƒ e accountability ‰ infatti uno de-


gli aspetti che meritano maggiore attenzione: come ha efficacemente
sottolineato Buttny (1993), attribuire a s‚ (versione autoresponsabiliz-
zante) o ad altri, oppure a cause esterne non controllabili (versione au-
toassolutoria) ha immediate implicazioni pratiche sulle azioni e sulle
interazioni:

in qualitƒ di individui agenti, noi di solito conosciamo meglio di altri le condizioni, le


circostanze e i vincoli delle nostre azioni. Queste “condizioni”, se veicolate attraverso
i resoconti e combinate con conoscenze condivise, possono trasformare il significato
degli eventi. L’evento puˆ essere “visto differentemente” per la riconfigurazione delle
sue condizioni soggiacenti, o per le circostanze precedentemente sconosciute o sotto-
valutate (Buttny 1993, p. 5).

In questo senso, la responsabilitƒ diventa un “gioco discorsivo”,


una versione pi† o meno plausibile dei fatti, una dialettica fra attribu-
zioni, intenzioni, attori coinvolti, cause interne ed esterne: ‰nel costru-
ire un resoconto un attore pu• far riferimento a una ampia gamma di
condizioni contestuali e precedenti che possono alterare la compren-
sione e la valutazione dell’episodio in questioneŠ (ibidem, p. 6) con
evidenti implicazioni in termini di attribuzione di responsabilitƒ. Il si-
gnificato degli eventi diventa una questione di “punto di vista”, inte-
rattivamente negoziabile.
L’accountability ‰ dunque una pratica discorsiva diretta a porre in
una luce diversa l’attore e, in ultima analisi, lo facilita ad allontanare
da S‚ la responsabilitƒ di aver compiuto un’azione sanzionabile.
Un altro collegamento importante si puˆ fare fra il resoconto e la
narrazione: le forme di giustificazione, di scusa, di diniego e di auto-
colpevolizzazione assumono infatti una forma narrativa in quanto so-
no sempre inseriti in contesti discorsivi caratterizzati da dimensioni e
vincoli spaziali e temporali. Dare una struttura logica agli eventi, ar-
gomentare le cause e le conseguenze delle azioni e ridefinire le rela-
zioni passate e future impone all’attore (come vedremo pi… approfon-
ditamente nel cap. 2) di organizzare i contenuti secondo una forma
narrativa (Sarbin 1986a): l’account ‰ dunque una narrazione che puˆ,
a sua volta, essere inserita in una storia pi… ampia.

17
Capitolo I

Complessivamente, la ricerca ha consolidato alcuni risultati signi-


ficativi: gli account che si sviluppano in contesti interattivi assumono
una forma canonica nella quale la sequenzialitƒ evento - - accusa - -
account - - valutazione ‰ soggetta ad articolazioni dipendenti dai con-
testi specifici (Cody e McLaughlin 1988; 1990).
Per quanto riguarda – in particolare – i contesti legali, Danet (1990,
p. 538) ha sostenuto che Œci sono grandi differenze nei temi studiati,
nei fondamenti teorici, nei metodi di ricerca e nella rilevanza dei setto-
ri specifici per l’applicazione a contesti sociali•. Bisogna ricordare
che questo tipo di ricerca ha visto la prevalenza del processo penale
come contesto privilegiato: in tale settore, sono stati fondamentali i
contributi di O’Barr (1983), Atkinson e Drew (1979), Drew (1985),
Penman (1987) e Drew e Heritage (1993). Si tratta di studi pionieristi-
ci, dalla forte valenza applicativa, che hanno privilegiato una prospet-
tiva sociolinguistica, discorsiva e/o conversazionalista.
Dal punto di vista strettamente metodologico, gli studi citati hanno
privilegiato un approccio quantitativo ai dati coerentemente con
l’obiettivo di spiegare le relazioni fra costruzioni discorsive specifi-
che, variabili contestuali e personali degli attori (Cody e McLaughlin
1988; Antaki 1985; 1988; Bies e coll. 1988; Riordan, Marlin e Kel-
logg 1983; Felson e Ribner 1981)4.
Con particolare riferimento ai nostri interessi bisogna sottolineare
tuttavia che il contesto carcerario ‰ stato trascurato, probabilmente per
i problemi di accessibilitƒ che (per ragioni di riservatezza e di sicurez-
za) il ricercatore incontra5.
Questi brevi riferimenti agli studi sull’accountability hanno avuto
l’obiettivo di delineare un contesto; nelle prossime pagine saranno
spesso richiamati i concetti espressi in questo paragrafo: si tratterƒ di
collegamenti necessari, dovuti all’importanza delle strategie di rendi-
contazione dell’azione che – sebbene non centrali rispetto ai nostri o-
biettivi – ne costituiscono un momento di confronto imprescindibile.

4
In lingua italiana si veda - ad esempio - Mannetti, Catellani, Fasulo e Pajardi (1991).
5
Fanno eccezione pochi studi, fra i quali – come descriveremo dettagliatamente in seguito –
riveste particolare interesse quello di O’Connor (1994; 1995).

18
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

2. La costruzione narrativa dell’azione

Le premesse di contesto appena descritte lasciano emergere e avva-


lorano la nostra ipotesi per lo studio dei modi in cui l’azione deviante
penalmente sanzionabile viene narrativamente (ri)costruita dall’autore
al fine di presentarla (e in ugual modo presentare s‚ stesso) in maniera
socialmente accettabile o, quanto meno, passibile di sanzioni meno
pesanti. Riteniamo infatti che le prospettive descritte nel paragrafo
precedente (gli approcci discorsivi e conversazionalisti), seppure spe-
cificamente orientati a rilevare le strategie di rendicontazione e giusti-
ficazione utilizzate, lascino per lo pi… in secondo piano i complessi
meccanismi di costruzione narrativa vera e propria: in altre parole, fo-
calizzandosi sulle interazioni in cui era espressamente richiesta una
spiegazione delle ragioni e delle cause per l’aver compiuto un’azione
riprovevole, gli studi citati hanno finito col focalizzarsi su un ambito,
a nostro avviso, ristretto, quello della “botta e risposta”, dello scambio
dialogico “punto per punto” (come se gli attori in quel momento coin-
volti nel processo discorsivo fossero – metaforicamente – paragonabili
a due tennisti impegnati in uno scambio). La loro unitƒ di analisi mi-
nima analizzabile ‰, pi… esattamente, il turno specifico nel quale –
come abbiamo descritto – si succedono rapide sequenze “evento - -
accusa - - account - - valutazione” (Cody e McLaughlin 1988; 1990;
Scott e Lyman 1968; Semin e Manstead 1983).
Per queste ragioni abbiamo scelto di focalizzare la nostra attenzio-
ne su obiettivi di pi… ampio respiro – la ricerca sulle narrazioni riferiti
a contesti non inquisitivi – e su unitƒ d’analisi6 (le costruzioni narrati-
ve, appunto) meno ancorate alla richiesta contingente di una “giustifi-
cazione” vera e propria7. Come descriveremo nel cap. 4, la richiesta di
raccontare liberamente il proprio punto di vista, l’azione come si ‰
svolta senza condizionamenti o censure ha prodotto argomentazioni e
temi che non sono direttamente e completamente riconducibili a un
approccio giustificazionista. Dal punto di vista metodologico, si tratta,
come ‰ evidente, di una proposta che si affianca (senza pretesa di so-
stituzione) a quelle esistenti e proprio in ragione di questa continuitƒ
logica riteniamo opportuno iniziare la descrizione dei modelli teorici

6
Pi… avanti nel corso di questo lavoro, illustreremo con maggiore precisione cose abbiamo
inteso con “unitƒ di analisi”.
7
Si tratta di un rilievo critico che ‰ mosso anche da O’Connor (1995), in uno studio che de-
scriveremo approfonditamente pi… avanti.

19
Capitolo I

di riferimento a partire dalla letteratura di afferente agli approcci di-


scorsivi per spostarci poi sugli approcci interazionisti e interpretativi.
Facendo riferimento agli approcci riferibili alla psicologia discor-
siva, si prefigura una divaricazione in quanto la costruzione narrativa
dell’azione … essa stessa un’azione: il principale riferimento teorico ‰
dato dal DAM (Discoursive Action Model) proposto da Edwards e Pot-
ter (1992) nell’ambito degli studi sulla memoria e sull’attribuzione
causale. Si tratta di un insieme di principi (pi… che di una teoria vera e
propria) secondo i quali – come scrivono De Grada e Bonaiuto (2002)
– i contenuti di cui si parla, in una situazione discorsiva, (spiegazioni
di eventi, resoconti di esperienze, etc.) non sono prodotti sulla base di
processi psicologici esclusivamente intraindividuali, ma sono Œretori-
camente costruiti per servire scopi pratici, interpersonali o sociali, e
perciˆ costituiscono azioni• (ibidem, p. 158)8. I fenomeni e processi
psicologici avrebbero, secondo questo approccio, una realtƒ differen-
ziata a seconda degli eventi conversazionali in cui sono inseriti: in un
processo penale o in un’intervista sull’azione deviante, la costruzione
dell’azione va incontro a criteri di plausibilitƒ mediante i quali lo stes-
so discorso viene impostato in maniera da soddisfare tali criteri: con-
vincere gli altri della veridicitƒ della propria versione dei fatti, allon-
tanare da s‚ la responsabilitƒ, accusare altri. La costruzione vera e
propria, inoltre, si serve di dispositivi retorici9 che agevolano il pro-
cesso di rappresentazione dell’accaduto come un quadro fedele della
realtƒ: si tratta (come ‰ evidente da quanto scritto fino a ora) di mano-
vre persuasive che tuttavia rinforzano l’idea di un apparato concettua-
le e metodologico specificamente adatto per lo studio dei processi per-
suasivi, piuttosto che della costruzione ordinaria, colloquiale, degli
eventi.
Analogamente, la proposta di Harr‚ e Gillett (1994) si colloca nel
panorama della cosiddetta “svolta discorsiva” allo studio dei processi
psicologici (ne parleremo approfonditamente nel cap. 2 • 2), ma – a
differenza dei rappresentanti del DAM – gli Autori propongono una ri-
valutazione del ruolo del soggetto che produce la narrazione nei ter-
mini di “agentivitƒ” (o capacitƒ di agire) all’interno di una costruzione
discorsiva e di intenzionalitƒ della riproduzione dell’azione non neces-
sariamente confinata in un obiettivo persuasivo. Secondo Harr‡ e Gil-
lett (1994), la valutazione dell’evento e della ricostruzione operata dal

8
Sullo stesso argomento si veda anche Melucci (2001).
9
Per una dettagliata analisi i tali dispositivi rinviamo a De Grada e Bonaiuto (2002).

20
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

soggetto che l’ha attuata deve essere fatta con riferimento al contesto
specifico in cui si … svolta. Senza tale riferimento, si perderebbe il si-
gnificato che effettivamente l’azione ha avuto nel momento in cui si
sono svolti i fatti: per questa ragione, una ricostruzione operata in tri-
bunale ha necessariamente un carattere artificioso perch‚ prodotta in
un contesto differente (Bruner 2002) nel quale oltretutto gli obiettivi
specifici della ricostruzione stessa sono riferibili alla necessitƒ di evi-
tare una pesante condanna e/o allontanare da s‚ parte della responsabi-
litƒ, riparare la propria immagine da eventuali attribuzioni negative:
Œil compito delle teorie discorsive dell’azione ‰ perciˆ reinserire il
soggetto agente nella storia, l’unico che inizia l’azione, l’unico che, in
qualche modo, ha un ruolo cruciale nell’attribuire significati a ciˆ che
fa e a ciˆ che ‰• (Harr‚ e Gillett 1994, trad. it. 1996, p. 128). Il concet-
to di “agentivitƒ” ‰ qui proposto nel senso di capacitƒ dell’individuo di
riposizionarsi al centro del proprio universo di significati che com-
prende l’azione su cui ‰ chiamato a rispondere o l’identitƒ che intende
assumere (De Fina 2004). Pi… avanti (e nel corso dell’intero lavoro)
questo concetto sarƒ ripreso pi… volte secondo una duplice accezione:
da una parte quella, che abbiamo appena descritto, di azione intenzio-
nale nel contesto della rievocazione (Harr‚ 1995b) e dall’altra – se-
condo una definizione tradizionale e pi… consolidata – nel senso di as-
sunzione della responsabilitƒ e della capacitƒ d’agire individuale ri-
spetto all’azione specifica nel momento in si ‰ svolta (Bandura 1986).
In entrambe le situazioni, ci troviamo dinnanzi a formulazioni a
posteriori operate in contesti specificamente deputati alla ricostruzione
di versioni plausibili di eventi (Bruner 1991; 2002), secondo criteri e
modelli che descriveremo nel capitolo 2.
O’Connor (1994; 1995) si ‰ dedicata specificamente allo studio
delle costruzioni narrative di azioni devianti operate in contesti in cui
non veniva espressamente richiesto un account, una giustificazione.
La ricercatrice ha effettuato 19 interviste in carceri degli Stati Uniti: si
trattava dunque di una situazione “colloquiale” in cui un detenuto sce-
glie, dapprima, di incontrare un ricercatore e, successivamente, di rac-
contare e raccontarsi in forma libera, non vincolata da tempi e doman-
de pressanti, n‚ da costrizioni giuridiche, senza il rischio di instaurare
situazioni tendenti alla conflittualitƒ:
Diversamente dai discorsi formulati in tribunale, dove le sequenze domanda-risposta
elicitano fatti criminosi, il discorso prodotto nelle narrazioni autobiografiche studiate
in questa sede ‰ meno diretto e pi… aperto, e consente ai detenuti di riferire con lunghi
passaggi narrativi (O’Connor 1995, p. 430).

21
Capitolo I

Oltre alla condivisione di queste osservazioni, le ragioni di interes-


se della ricerca di O’Connor sono molte:

– l’utilizzo di narrazioni autobiografiche orientate a cogliere il punto


di vista dei protagonisti dell’evento (cfr. cap. 2),
– il riferimento ai temi dell’agentivitƒ e della assunzione di respon-
sabilitƒ (di cui abbiamo parlato in precedenza e che riprenderemo
nel quarto capitolo),
– il collegamento fra i concetti di “agency” e “posizionamento di-
scorsivo” (quest’ultimo sarƒ approfondito nel • 3.1 in questo capi-
tolo) che riprenderemo alla fine di questo percorso di ricerca, par-
lando dei risultati e delle loro implicazioni operative.

L’agentivitƒ, in particolare, … stata operazionalizzata dall’Autrice


facendo riferimento a un ideale continuum di ammissione e assunzio-
ne di responsabilitƒ: a un estremo, si collocano le narrazioni prodotte
dai soggetti che cercano di spostare le attribuzioni negative fuori dalla
propria persona (“deflecting agency”); all’altro polo, si trovano coloro
che si assumono pienamente la responsabilitƒ delle azioni che hanno
compiuto (“claiming agency”); ci sono poi una serie di strategie in-
termedie proprie di chi prova a “problematizzare”, a contrattare,
l’attribuzione di responsabilitƒ (“problematizing agency”). Si tratta, a
nostro avviso, di un’utile tripartizione (e, in generale, la valutazione
pu• essere estesa all’impostazione di ricerca) che – pur nella sua sem-
plicitƒ – ha un’evidente funzione euristica per almeno due ragioni: in
primo luogo, ci consente di collegare stabilmente il concetto di agen-
tivitƒ all’imputazione di responsabilitƒ penale; inoltre, la gradazione in
livelli differenti di ammissione di responsabilitƒ favorisce una mag-
giore analiticitƒ nell’analisi delle produzioni narrative in correlazione
con altri aspetti dei resoconti narrativi: … ragionevole cio… supporre
che una dislocazione della responsabilitƒ totalmente all’esterno (o un
tentativo di mediare le attribuzioni negative pur riconoscendo le pro-
prie colpe) si colleghi a uno stile narrativo (in termini di contenuti e
di struttura delle argomentazioni, come descriveremo nei capitoli 3 e
4) specifico che comprende altri aspetti specifici relativi, ad esempio,
alla descrizione dell’azione in s†, alle intenzioni, alle dimensioni del
posizionamento attuale e retrospettivo, al tipo di reato commesso e
cos‡ via.

22
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

2.1 L’azione e l’anticipazione degli effetti comunicativi

Un utile spunto di riflessione (rispetto alla costruzione narrativa


dell’azione deviante e allo sviluppo del progetto di ricerca che abbia-
mo condotto) arriva dal modello teorico della Goal Directed Action
(GDA o Teoria dell’Azione), secondo la formulazione originaria di
Mario von Cranach e Rom Harr‡ (1982; von Cranach, Kalbermatten,
IndermŽlhe e Gugler 1982; von Cranach e Valach 1983).
• bene precisare subito che la proposta degli Autori non … ricondu-
cibile direttamente alle costruzioni narrative (cos‚ come i modelli pre-
cedenti), ma si tratta di un riferimento che in lavori precedenti di que-
sto tipo (De Leo, Patrizi e De Gregorio 2004a; De Leo e Patrizi 1992;
1999) e in contesti clinici (De Leo 1995; De Leo, Bosi e Curti Gialdi-
no 1986; De Leo e Bollea 1984) si … dimostrato euristicamente fecon-
do: sulla base di tali evidenze abbiamo infatti ritenuto utile strutturare
la traccia di intervista narrativa utilizzata in questa ricerca e che verrƒ
descritta in dettaglio nel quarto capitolo (• 2). Come vedremo in que-
sto paragrafo la sua funzione applicativa in tale contesto … rilevabile in
particolare con riferimento a una delle tre dimensioni, quella dei signi-
ficati sociali, maggiormente implicata nei processi ricostruttivi e attri-
butivi sul senso delle azioni devianti. Per contestualizzare adeguata-
mente questa implicazione ci sembra utile accennare brevemente alle
caratteristiche salienti dell’intero modello, rimandando il lettore al
quarto capitolo per una dettagliata argomentazione della sua applica-
zione alla strutturazione della traccia di intervista narrativa.
Secondo le formulazioni originarie, l’azione umana … rappresenta-
bile – a fini didattici e divulgativi – con un “triangolo concettuale” (v.
Fig. 1), composto dalle seguenti dimensioni: il comportamento mani-
festo, la cognizione (cosciente), il significato sociale.
Il Teorema dell’azione chiarisce le interazioni fra le tre dimensioni:
Nell’agire finalizzato (nell’associazione di azioni) il comportamento manifesto ‰ gui-
dato (parzialmente) da cognizioni coscienti, che a loro volta sono (in parte) di origine
sociale; in tal modo la societƒ, attraverso il controllo delle cognizioni (parzialmente),
produce e controlla l’agire dell’individuo, che, d’altra parte, attraverso le proprie a-
zioni, modifica le strutture sociali (von Cranach e Ochsenbein 1994, p. 80).

Il modello enfatizza l’orientamento all’obiettivo dell’azione: il


concetto di “obiettivo” … centrale perch‡ gli scopi sono presenti in tut-
te le azioni, in quelle pi† complesse come in quelle automatiche e
non-intenzionali (Bargh e Chartrand 1999; Bargh e Ferguson 2000;

23
Capitolo I

Bargh, Chen e Burrows 1996; Aarts e Dijksterhuis 2000). Tutte le a-


zioni, anche quelle quotidiane, ordinarie (come le ha chiamate von
Cranach: cucinare, andare al cinema, etc.) sono sempre orientate da
scopi: in esse gli obiettivi, seppure non pi… evidenti, si sono automa-
tizzati, le azioni sono cio‰ diventate routinarie (sono diventate abitua-
lizzazioni: Berger e Luckmann 1966) ed in esse lo scopo ‰ diventato
implicito ed ‰ quindi fuori dalla consapevolezza dell’attore. Come ab-
biamo argomentato altrove (De Leo e coll. 2004a), ‰ possibile indivi-
duare uno scopo persino nelle azioni apparentemente non pianificate: i
c.d. “raptus”, ad esempio, sono considerati azioni con uno scopo e-
mergente: da questo punto di vista, anche persone con problemi psi-
chiatrici, a cui difficilmente potrebbe essere imputata
un’intenzionalitƒ, in realtƒ manifestano scopi che hanno senso, per lo-
ro, nel loro sistema cognitivo.
Il triangolo di von Cranach e Harr‚ consta (come accennavamo in
precedenza) di tre dimensioni fortemente collegate sia dal punto di vi-
sta teorico, sia (come vedremo in seguito) da quello empirico. Sebbe-
ne l’originaria proposta degli Autori preveda (come mostra la figura 1)
un metodo di studio specifico per ciascuna di esse (portando quindi a
una frammentazione dell’unitƒ di analisi) abbiamo proposto l’utilizzo
dei metodi narrativi e biografici come strumento di integrazione e di
coerenza con l’unitarietƒ teorica.

Figura 1. Rappresentazione grafica del modello Goal-Directed Action (fonte: von


Cranach e Harr‚ 1982, adattato da De Leo e Patrizi 1992).

24
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

La prima dimensione … nell’ambito di cui ci stiamo occupando, la


devianza di tipo criminale, il comportamento manifesto osservabile, di
ispirazione comportamentista, … quella, che manifesta una maggiore
(evidenza forse anche di ovvietƒ): essa fornisce, proprio in virt† del
suo richiamo agli esiti visibili, un immediato riferimento empirico al
ricercatore che sia interessato a studiare l’azione in quanto “sequenza
di comportamenti”10. Si tratta tuttavia anche di una dimensione che
problematicamente puˆ essere utilizzata a fini empirici in contesti rea-
li: la difficoltƒ sta nella difficoltƒ a effettuare analisi dirette (per cos„
dire “in tempo reale”) dal momento che il ricercatore, l’investigatore e
il criminologo si trovano sempre di fronte a ricostruzione successive
degli eventi.
Come si vede nella figura 1, il comportamento manifesto puˆ esse-
re studiato in maniera empirica solo attraverso metodi di osservazione
sistematica. Allo stesso modo, come vedremo a breve, anche le “co-
gnizioni coscienti” e i “significati sociali” verrebbero ricondotti a di-
verse opzioni metodologiche, restringendo cos„ il campo delle possibi-
litƒ di integrazione – anche teorica – all’interno di un concetto
(l’azione sociale, appunto) che assume senso proprio nell’integrazione
fra le dimensioni costitutive.
Gli aspetti cognitivi dell’azione (la seconda dimensione e ulteriore
lato del triangolo nella figura 1) possono essere sono operazionalizzati
– seguendo la trattazione di von Cranach e Ochsenbein (1994) – con
riferimento a indicatori quali:

– gli obiettivi espliciti, che costituiscono il filo conduttore fra presen-


te, passato e futuro e sono ordinati gerarchicamente in funzione
della meta: molti obiettivi spesso riconducono a movimenti routi-
nari, abitualizzati, ed emergono come obiettivo solo nel caso di
imprevisto;

10
In un lavoro recente, condotto nell’ambito del Laboratorio di Psicologia Investi-
gativa della Facoltƒ di Psicologia 2 e la cui pubblicazione dei risultati ‰ ancora in cor-
so, abbiamo utilizzato il modello della GDA con particolare riferimento alla dimen-
sione del comportamento manifesto: in quel contesto avevamo a disposizione 23 fil-
mati di videosorveglianza relativi a rapine condotte in banche, farmacie e gioiellerie
(si tratta di materiali privi di audio) rispetto ai quali abbiamo cercato di rilevare even-
tuali pattern di azione condivisi e consolidati nel modus operandi degli autori di reato
(De Leo, Volpini e De Gregorio 2006).

25
Capitolo I

– piani d’azione e strategie: danno avvio al processo atto a raggiun-


gere una meta, consentendo successivamente di monitorare l’intero
percorso;
– intenzioni: Œpossono riferirsi alle mete e ai piani: la loro realizza-
zione viene vissuta soggettivamente come atto di volontĥ (von
Cranach e Ochsenbein 1994, pp. 44-45);
– mete di processo, tappe intermedie verso il raggiungimento
dell’obiettivo principale; all’interno della dimensione cognitiva,
una caratteristica fondamentale dell’azione sociale ‰ il continuo
monitoraggio che ristruttura gli obiettivi: si tratta di un controllo in
itinere (durante e dopo).
– emozioni che precedono, accompagnano e seguono l’azione.

Rimandiamo agli Autori (von Cranach e Ochsenbein 1994; von


Cranach e coll. 1982) per ulteriori dettagli sulla definizione delle co-
gnizioni coscienti e dei relativi indicatori e risultati empirici. Quello
che ci preme sottolineare in questo contesto ‰ la rilevanza che hanno
gli aspetti cognitivi, secondo il modello appena descritto; essi avvalo-
rano la tesi di una specifica attenzione che la GDA pone al controllo
consapevole dell’azione: poca attenzione viene data ai processi auto-
matici, non controllati dalla coscienza (si parla di “sub-routine” di tipo
non conscio)11.
Il significato sociale (la terza dimensione, che esplicitamente con-
sente di costruire un ponte fra il livello individuale e quello sociale di
spiegazione) rappresenta il senso dell’azione, sia nei termini pi… ampi
della cultura che in quelli circoscritti della situazione. Esso richiama
l’importanza del contesto in cui l’azione … attuata: i contesti sociali
possono attribuire significati diversi ad analoghe azioni o lo stesso si-
gnificato ad azioni diverse; le azioni, in altri termini, diventano intera-
zioni e acquistano significato a seconda del contesto in cui si svolgono
e il contesto costruisce le azioni attraverso i significati che ad esse
vengono attribuiti.
Dal punto di vista metodologico, Harr‚ e coll. (1985) propongono
di studiare i significati sociali mediante tecniche di tipo intensivo. Tali

11
• recente l’enfasi che questi hanno ricevuto sia nelle premesse di intenzionalitƒ
e controllo razionale dell’azione (Searle 2001), sia per quanto riguarda la verifica spe-
rimentale delle ipotesi sui meccanismi automatici del comportamento sociale (Bargh e
Chartrand 1999; Bargh e Ferguson 2000; Bargh, Chen e Burrows 1996; Aarts e Di-
jksterhuis 2000).

26
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

tecniche – distinte da quelle estensive, che fanno uso di elaborazioni


statistiche di dati raccolti su ampi campioni – sono adatte allo studio
dei sistemi di credenze che individui, da una parte, e piccoli gruppi,
dall’altra, utilizzano come veicolo nell’azione quotidiana. Si tratta, se-
condo gli Autori, dei metodi pi… adatti per mettere in evidenza le strut-
ture di significati che contribuiscono alla definizione degli atti sociali.
Anche nel caso dei significati sociali, come per il comportamento
manifesto e le cognizioni coscienti, il focus empirico rischia di fram-
mentare il senso di unitarietƒ dell’azione.
De Leo e Patrizi (1992, 1999), che hanno affrontato lo studio
dell’azione deviante entro un paradigma socio-costruzionista, a partire
dallo schema concettuale della Goal-Directed Action, hanno appro-
fondito lo studio delle possibili anticipazioni dei percorsi d’azione. In
particolare, si sono chiesti:

 quali sono le funzioni specifiche di quell’azione per quel soggetto


in quel dato momento storico?
 rispetto a quali contesti e persone/sistemi di riferimento?
 in che modo, secondo quali criteri interpretativi e rispetto a quali
ambiti di rilevazione, l’attore anticipa le conseguenze delle sue
scelte comportamentali?

Hanno differenziato due principali tipologie di effetti, intesi come


anticipazioni che orientano all’azione: effetti pragmatici-strumentali
ed effetti espressivo-comunicazionali.
I primi riguardano ciˆ che la persona concretamente cerca di otte-
nere: si tratta di qualcosa di immediato e tangibile. ‡ tuttavia possibile
avvicinarsi alla devianza considerandone gli aspetti comunicativi: o-
gni nostra azione ‰ infatti guidata anche da anticipazioni di tipo e-
spressivo. Sono effetti il cui scopo ‰ desumibile solo con un atto inter-
pretativo, non ‰ cio‰ immediatamente rintracciabile. Questa tipologia
rinvia a una tradizione di studi che spazia dagli studi filosofici di Wit-
tgenstein e della Teoria degli atti linguistici di J. Austin (1962), alla
Pragmatica della comunicazione umana della Scuola di Palo Alto
(Watzlawick, Beavin e Jackson 1967).
Secondo Sykes e Matza (1964), la devianza possiede uno struttura-
le potere di amplificare la comunicazione, di evidenziare messaggi:
nel corso dello sviluppo ontogenetico e sociale l’individuo impara
dall’esperienza che la trasgressione ‰ un forte attrattore di interesse e

27
Capitolo I

reazioni da parte del contesto. Tali reazioni sono sempre in qualche


modo riferite alla “lettura” che gli organismi di controllo, le agenzie di
socializzazione ed eventualmente i mezzi di comunicazione hanno fat-
to di quelle trasgressioni.
Gli esempi di situazioni come quella descritta sono sotto gli occhi
di tutti: la cronaca quotidiana parla di casi in cui a una debole (talvolta
apparentemente assente) funzione strumentale si affiancano obiettivi
rispetto ai quali sembra prevalere una dimensione espressiva: la scelta
dell’azione (talora violenta ed eclatante), della vittima (si pensi alle
“vittime designate” di molti serial killer), del tipo di arma sono casi in
cui la “spiegazione strumentale” non soddisfa: in essi (si pensi a molti
casi di omicidio) l’azione ‰ prima di tutto “sociale” in virt… della pre-
valenza della dimensione espressiva su quella strumentale (De Leo e
Bollea 1984; De Leo, Bosi e Curti Gialdino 1986). C’‰ sempre un re-
ferente simbolico-normativo, un destinatario dell’azione-
comunicazione.
L’esperienza clinica e le indagini empiriche hanno mostrato come
sul piano espressivo-comunicazionale siano individuabili quattro prin-
cipali effetti che l’attore sociale anticipa attraverso la devianza:

– gli effetti S†: si tratta di messaggi (proseguendo sul modello-


metafora della comunicazione) che l’attore riferisce a se stesso
come sistema agente e sulla sua organizzazione. Si immagini la si-
tuazione in cui un individuo agisce situazioni che poi rivede (come
se fosse osservatore esterno a se stesso) e rispetto alle quali enuclea
implicazioni, riferimenti, valutazioni: in questo senso, ‰ possibile
sostenere che egli invii messaggi al S‚ agente e – rivedendosi – as-
sume feedback sul proprio operato. Tale esemplificazione ‰ coe-
rente con l’approccio drammaturgico (Goffman 1959; 1967) per
cui ogni azione rappresenta anche una fonte di indicazioni su
quell’identitƒ che l’ha attuata12;
– gli effetti di relazione: sono connessi agli effetti S‚, ma riguardano
in particolare la valenza comunicativa dell’azione compiuta

12
Gli studi sull’identitƒ sociale, d’altra parte, offrono molti spunti in proposito con
riguardo agli schemi di s‡, alla gestione delle impressioni, alla conformi-
tƒ/negoziazione rispetto alle norme, alla costruzione e al mantenimento di un senso di
coerenza di s‡ anche attraverso il riferimento ai gruppi di appartenenza (si vedano a
titolo esemplificativo i recenti manuali in lingua italiana: Arcuri 1995; Mannetti 2002;
Moghaddam 2002).

28
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

all’interno di una relazione reale o immaginata, significativa per


l’attore. In generale, comunicare qualcosa all’interno della relazio-
ne pu• significare ridefinirla in termini di ruoli e di dimensioni di
potere: in chiave interazionista-simbolica, gli effetti di questo tipo
possono riguardare direttamente la vittima o ci• che essa rappre-
senta (pensiamo ai reati omicidiari di tipo seriale, dove la vittima …
spesso un bersaglio simbolico), ma possono essere rivolti ad altri
sistemi di relazione dell’autore – significativi nella sua attuale fase
di vita o rispetto alla sua storia passata13;
– gli effetti di controllo: possono essere considerati come una speci-
ficazione degli effetti relazionali, come riconducibili a una relazio-
ne specifica e particolare, quella con le agenzie di controllo (fami-
glia, forze dell’ordine) e con i sistemi normativi formali e culturali.
Secondo la formulazione pi… classica dell’approccio etogenico, si
puˆ dire che l’azione sociale ‰ sempre guidata da regole: l’azione
deviante, in particolare, nel seguire delle regole deve necessaria-
mente trasgredirne altre in contraddizione con le prime (De Leo e
coll. 2004a; De Leo e Patrizi 1999);
– gli effetti di cambiamento riconducono ad un’impostazione di ta-
glio sistemico secondo la quale i rapporti fra individui e fra sistemi
sono legati da criteri di interdipendenza: per questa ragione, cia-
scun cambiamento (inclusi quelli omeostatici, cio‰ diretti a ristabi-
lire un equilibrio) apportato a una sola componente del sistema ha
ripercussioni sull’intero sistema. Nello specifico contesto della de-
vianza, Œl’effetto che l’autore ricerca puˆ andare nella direzione di
“rompere” organizzazioni sistemiche (equilibri) che appaiono stati-
che, disfunzionali rispetto allo sviluppo di s‚ o, al contrario, ‰ pro-
prio la staticitƒ ad essere ricercata e ipotesi di cambiamento, avver-
tite come minacciose, possono rappresentarsi come oggetto di con-
trasto. La cronaca mostra molti possibili esempi di azioni eclatanti
in cui gli obiettivi di cambiamento (nel duplice senso di obiettivi
ricercati o evitati) subordinano gli effetti pi… strumentali di elimi-
nazione di figure o personaggi• (De Leo e coll. 2004a, pp. 51-52).

13
Si pensi, ad esempio, ai casi di violenza sessuale operata da un gruppo in cui ‰
possibile leggere la valenza relazionale dell’azione secondo una duplice direzione: (a)
verso la vittima con cui gli autori instaurano una relazionalitƒ (reale o fittizia) distorta,
(b) fra i componenti del gruppo, rispetto ai quali - ad esempio - il leader “comunica” il
suo ruolo egemone nel determinare il destino della vittima e il gregario manifesta (nel
peggiore dei modi, secondo criteri di accettabilitƒ morale) la sua appartenenza al
gruppo.

29
Capitolo I

3. La costruzione narrativa del S•

L’argomento del quale parleremo in questo paragrafo … collegato a


quello del precedente. Si tratta tuttavia di un collegamento che abbia-
mo rilevato empiricamente nel corso di svolgimento dello studio qui
presentato e che ci sembra importante illustrare ai fini di un’accurata
analisi della costruzione narrativa dell’azione deviante. Durante la
conduzione delle interviste ci siamo infatti resi conto che i partecipanti
inserivano – nel corso dei resoconti sulle azioni – importanti aspetti
che li descrivevano sia con riferimento specifico all’evento remoto nel
momento in cui si … svolto sia (e questa ci … sembrata la cosa pi† im-
portante) per quanto riguarda le (auto)attribuzioni sviluppate nei mesi
e negli anni successivi. In altre parole, la descrizione degli eventi nar-
rati procedeva di pari passo alla presentazione di S‡ in un duplice con-
testo (Tedeschi e Reiss 1981) come … stato evidenziato anche da
O’Connor (1995, p. 438):

Nella narrazione di un evento attuale si possono presentare non solo le azioni, ma an-
che il s‚ durante quegli eventi. In questo modo, nel contesto delle interviste, attraverso
la cornice del resoconto di una storia, la narrazione dƒ una doppia lettura
dell’agentivitƒ del parlante e del posizionamento, attraverso le azioni riferite e attra-
verso gli stati d’animo descritti.

La costruzione narrativa dell’identitƒ14 non puˆ non dipendere dai


contesti specifici in cui viene effettuata: come ha scritto recentemente
Mancini (2001, p. 263),
l’identitƒ si costruisce attraverso un percorso a spirale dove ogni processo realizza
prodotti che innescano nuovi processi in una logica di cambiamento continuo, ma non
necessariamente e sempre nella direzione di uno sviluppo lineare.
• difficile immaginare la realizzazione di questo percorso al di fuori dei contesti rela-
zionali, sociali, storici e culturali in cui le persone vivono […]. Il contesto sociale for-
gia le immagini che le persone hanno di s‡ a diversi livelli: attraverso le interazioni
pi† quotidiane ed immediate ed il gioco di reciproco rimando alle proprie immagini di
s‡; attraverso le appartenenze che definiscono il proprio posto e i propri ruoli
all’interno della matrice sociale; […] L’identitƒ non … tuttavia solo il prodotto di tali

14
‡ importante precisare che nel corso di tutto il lavoro condotto i concetti di “S‚”
e di “identitƒ” sono utilizzati in maniera intercambiabile. Pur nella consapevolezza
delle diverse tradizioni di ricerca e contesti applicativi, infatti, riteniamo che solo una
prospettiva integrata potesse consentirci di cogliere sia la costruzione consolidata
dell’immagine di S‚ (con enfasi sulla storia pregressa e sugli eventi che hanno caratte-
rizzato lo sviluppo della persona) sia gli aspetti di cambiamento, tensione al futuro e
alla (ri)costruzione di questa immagine.

30
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

influenze, ma ‰ anche creativitƒ, innovazione, tensione aperta verso il futuro […] per-
ch‚ le influenze esterne acquistano significato e diventano parti dell’identitƒ solo pas-
sando attraverso processi psicologici di tipo ricostruttivo.

Da questi primi introduttivi riferimenti ‰ chiaro quale sarƒ il filo


conduttore della ricerca qui presentata: privilegeremo un approccio
interazionista e costruzionista15 (Harr‚ e Gillett 1994) allo studio
dell’azione (e del S‚) e a partire da questa scelta epistemologica di
fondo guideremo il lettore attraverso i percorsi di ricerca sui metodi di
rilevazione delle informazioni e della loro analisi fino alla presenta-
zione di un impianto metodologico coerente con le scelte via via effet-
tuate. Tutto ciˆ nella consapevolezza della parzialitƒ del punto di vista
adottato: ‰ bene infatti precisare che gli studi sul S‚ non sono riducibi-
li esclusivamente agli approcci costruttivisti e narrativi (Mancini
2001); in questa sede, abbiamo operato la scelta di privilegiare un
punto di vista specifico e di impostare un disegno di ricerca qualitativa
coerente con esso.
Secondo queste prospettive, il passato, il presente e il futuro sono
collegati nella ricostruzione attuale che un attore-narratore opera in un
contesto di resoconto (Hewitt 1996)16. Si tratta, come ‰ ovvio, di una
duplice ricontestualizzazione del S‚: nella situazione in cui si sono
svolti gli eventi, “l‡ e allora”, e nel presente della richiesta di fornire
un resoconto, “qui e ora” (Bruner 1990; Leone 2001; Stame 2004):
nel tentativo di stabilire una coerenza narrativa fra le due condizioni, …
possibile che il soggetto rielabori la propria esperienza passata alla lu-
ce delle conseguenze che essa ha avuto e che (questo … un passaggio
particolarmente cruciale rispetto al contesto di cui ci stiamo occupan-
do) vengono rivisitate alla luce di nuovi obiettivi riformulate, adattate
al dover rendere conto (Bruner 2002; Lorenzetti e Stame 2004).

15
Per proposte di impostazione e prospettive diverse di veda, ad esempio, il con-
cetto di “Life Story Schema” (Bluck e Habermas 2000; Habermas e Bluck 2000; Ha-
bermas e Paha 2001): secondo questo modello, pur non escludendo completamente le
influenze culturali, la struttura narrativa del S‡ fa fa riferimento a uno schema cogni-
tivo interindividuale. McAdams, Diamond, de St. Aubin e Mansfield (1997) propon-
gono invece una metodologia quantitativa per la codifica e l’analisi delle interviste
autobiografiche.
16
A questo riguardo, l’Autore ha sostenuto che ‰la realtƒ della persona … individu-
ale e sociale, ancorata alle numerose situazioni della vita quotidiana e creata nuova-
mente in ogni situazione e nelle biografie che ognuno si costruisce o che altri costrui-
scono per lui o leiŠ (Hewitt 1996, trad. it. 1999, p. 100).

31
Capitolo I

Secondo Bruner (1990; 1991; Bruner e Weisser 1995), la realtƒ – e


tutti gli elementi in essa presenti – ha una struttura narrativa che con-
sente al narratore di ancorare gli eventi a un modello consolidato, cul-
turalmente disponibile, che favorisce l’interpretazione delle ambiguitƒ
e la comunicazione intersoggettiva17. Nella narrazione autobiografica,
il soggetto attribuisce un significato alle sue azioni18 (Ornaghi 1999;
Ruth, Birren e Polkinghorne 1996), confermando quindi il collega-
mento logico e teorico fra costruzione narrativa dell’azione e costru-
zione narrativa del S‚. La spinta a iniziare un percorso narrativo (im-
pegnarsi nella ricostruzione, rischiare di cadere nelle trappole della
memoria) ‰ data un evento problematico: la difficoltƒ (uno degli ele-
menti della c.d. “pentade scenica”), come argomenteremo pi… avanti,
puˆ consistere in un elemento tecnico della scena, ma (con particolare
riferimento alla devianza, al contesto di applicazione della presente
ricerca) ‰ problematica anche l’attribuzione altrui di uno status devi-
ante, il riconoscimento (spontaneo o forzato) di S‚ come persona che
non rispetta le regole della convivenza. Nel prossimo paragrafo ci oc-
cuperemo specificamente della collocazione interazionale e discorsiva
del S‚ e delle proprie azioni rispetto ai sistemi normativi condivisi (il
concetto di “posizionamento discorsivo”).
Smorti (1997; 2007), che si ‰ occupato della costruzione narrativa
del S‚ in quanto forma testuale, ha definito (rifacendosi a Sommers
1992) – “narrazioni ontologiche” quelle relative alla descrizione della
propria identitƒ che si fondano sulla memoria autobiografica. Esse so-
no da sempre oggetto di studio della psicologia. Le “narrazioni con-
cettuali” sono i modelli culturali, gli schemi, che vengono utilizzati
per interpretare le narrazioni ontologiche. Esse sono tradizionalmente
studiate in antropologia, in linguistica, in letteratura19 (nel prossimo
paragrafo ci riferimento ad esse nei termini delle “story line”). Questa
distinzione ci … utile per introdurre il tema della circolaritƒ che si in-
staura, in primo luogo, fra eventi e modelli interpretativi ma anche e
soprattutto fra narratore e ascoltatore: ogni ricostruzione di S‡ … sem-
pre inserita in un contesto di altri attori cui il narratore – esplicitamen-
te o implicitamente – rivolge la sua autodescrizione. Tale contesto
fornisce le coordinate al primo (il narratore) per dare una forma (di-

17
Su questo tema si vedano anche Smorti (1997) e Sarbin (1986a).
18
In linea con quanto descritto nel paragrafo precedente.
19
L’articolazione di Sommers (1992), ripresa da Smorti (1997), … in realtƒ quadri-
partita e include anche le “narrazioni pubbliche” e le “metanarrazioni”.

32
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

scorsivamente e narrativamente) adeguata al modello condiviso con i


secondi (gli ascoltatori) e ad essi per reinterpretare il messaggio, anco-
rarlo al giƒ noto, anticiparne gli sviluppi:
Il processo di interpretazione comporta un particolare tipo di rapporto tra soggetto
conoscente ed oggetto: questo rapporto non avviene in senso lineare (soggetto  og-
getto), ma circolare. Il soggetto conosce l’oggetto attraverso un processo di compren-
sione basato sull’assunzione di un punto di vista. Questo punto di vista, o presupposto
dal quale il soggetto parte, non ‰ altro che il contesto che egli sceglie per inquadrare
l’oggetto. In questo modo l’oggetto puˆ essere compreso solo in rapporto ad un conte-
sto, ma questo contesto a sua volta viene modificato dal significato che viene attribui-
to all’oggetto. Cos„ fra oggetto e contesto si attiva un processo circolare senza che sia
in effetti possibile stabilire un vero punto di partenza (Smorti 1997, p. 13).

Nell’ultimo capitolo, questo aspetto della “situativitƒ” delle argo-


mentazioni sul S‡ e sulla propria azione sarƒ evidente: i partecipanti
alla ricerca hanno infatti fatto ampiamente uso di repertori di signifi-
cati contestualmente idonei a “riferire” sulla propria azione senza
compromettere l’immagine di S‡. Ci riferiamo, specificamente, alle
tecniche di neutralizzazione della norma (vedi infra cap. 4 • 6), che
verranno discusse nella loro applicazione specifica all’ambito di ricer-
ca nel contesto penitenziario.
Il considerare la narrazione autobiografica come un testo ha due
ordini di conseguenze:

1. da una parte, come sottolinea lo stesso Smorti (1997), rende ne-


cessario un processo di interpretazione intesa come processo di attri-
buzione di intenzioni all’autore (del testo e dell’azione, allo stesso
tempo). Considerare la narrazione autobiografica come testualizzabile
significa operare nei suoi confronti gli stessi procedimenti interpreta-
tivi che si mettono in atto con qualunque altro testo. Ma con una im-
portante particolaritƒ: che le intenzioni dell’autore di un testo (suppo-
niamo letterario) sono diverse da quelle dell’autore di un “testo che
parla di un reato e di chi lo ha commesso”: in questo caso infatti la
dissimulazione, la creazione di un falso contesto storico, il gioco delle
accuse e delle giustificazioni (come abbiamo descritto nel paragrafo
sull’accountability: • 1.2 in questo capitolo) rendono difficile e com-
plessa l’interpretazione dell’azione, delle intenzioni del suo autore e
l’anticipazione delle conseguenze seguendo un modello condiviso.
Sembrerebbe quasi superflua una sottolineatura del concetto di “attri-
buzione di intenzioni” dal momento che stiamo trattando di un conte-
sto, quello penale, in cui l’imputazione di responsabilitƒ per un’azione

33
Capitolo I

delittuosa ‰ assolutamente centrale. Tuttavia, come argomenteremo


pi… avanti, la costruzione narrativa dell’azione deviante e dell’attore
(cio‰, le argomentazioni che un autore di reato utilizza per descrivere
se stesso e il reato che ha commesso) ha qualcosa di diverso dal testo
letterariamente inteso:
– dal punto di vista dei contenuti ha un obiettivo palesemente strategi-
co, quello di presentare come “giustificabile” un’azione penalmente
rilevante,
– dal punto di vista delle strutture narrative, ha delle configurazioni
che non sono state ancora adeguatamente analizzate nella ricerca cri-
minologica e psicologico-sociale;
2. dall’altra parte, il metodo di analisi di un testo di questo tipo non
puˆ prescindere dal fatto che esso ‰ ottenuto in una situazione dialogi-
ca in cui un intervistatore/ricercatore e un intervistato/detenuto si in-
contrano e concordano di esplorare – per obiettivi di conoscenza del
primo – qualcosa che attiene alla sfera esistenziale del secondo20.
L’impostazione metodologica (e ancora prima quella epistemologica)
deve essere adeguata a cogliere la complessitƒ dei processi (discorsivi,
interpretativi, logici) implicati. In tal senso, come argomenteremo in
tutto il capitolo 4, la proposta del complesso impianto metodologico ‰
un tentativo di completare i modelli esistenti per le analisi delle in-
formazioni qualitative, modelli consolidati nella ricerca psicologico-
sociale che hanno favorito una caratterizzazione della ricerca qualita-
tiva come ancillare rispetto a quella quantitativa (Seibold 2002). Nel
capitolo 3 verranno descritti metodi con fondamenti teorici che solo in
tempi recentissimi sono entrati nel campo di applicazione della ricerca
in psicologia sociale.
Smorti (1997, p. 22), inoltre, fa una precisazione che – alla luce dei
nostri obiettivi – ha un’importanza fondamentale:
L’attribuzione di significato al testo (orale o scritto) richiede dunque un esame delle
intenzioni del suo autore, le quali, a loro volta potranno essere meglio comprese se
collocate in un contesto, ad esempio, quello fornito dalle altre opere. Questo apparente
allontanamento dal testo, lungi dal determinare uno smarrimento di senso, porterƒ un
arricchimento che contribuirƒ ad una migliore interpretazione di quel brano e consen-
tirƒ di decidere se l’autore aveva voluto dire effettivamente quello che noi abbiamo
pensato di capire. […] Questa attribuzione di intenzionalitƒ … indispensabile non solo
per un’adeguata comprensione del significato delle affermazioni contenute nel testo,
ma anche per l’interpretazione del significato delle azioni.

20
Fra i tanti possibili riferimenti sull’intervista intesa come processo di costruzio-
ne delle conoscenze si veda Furlotti (1998).

34
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

Il legame fra analisi del testo e analisi dell’azione – che abbiamo


ipotizzato di poter studiare – … confermato almeno a livello teorico.
Rimane da identificare il livello di specificitƒ/generalitƒ dell’unitƒ di
analisi. Secondo la Teoria degli atti linguistici (Austin 1962; Ninio
1986), le parole – in virt† della loro forza illocutoria – consentono di
fare concretamente delle cose: ma a quale livello dell’articolazione del
parlato ‰ possibile rintracciare questo collegamento fra testo e azione?
A un livello di analisi (che possiamo definire “micronarrativo”), gli
studiosi si sono occupati dell’uso che nella costruzione narrativa viene
fatto dei pronomi e delle forme verbali (Harr‚ 1989b; 1995a,b; 1998;
Shotter 1989; Lorenzetti 2004; De Fina 2004). Si tratta di un focus che
in questa sede scegliamo di non utilizzare perch‚ complessificherebbe
notevolmente il collegamento fra aspetti teorici ed empirici della nar-
razione: gli studi in questo settore infatti sono stati svolti prevalente-
mente nei Paesi di lingua e cultura anglosassone per cui (a causa di
un’eccessiva specificitƒ rispetto alle convenzioni linguistiche e cultu-
rali del parlato) sarebbero di difficile applicazione nel contesto italia-
no. Riteniamo pertanto che il livello di studio dell’uso dei pronomi e
delle forme verbali, sebbene indicativo di una possibile costruzione
narrativa del S‚, non sia adeguato per lo studio dell’azione.
La prospettiva degli approcci afferenti all’analisi della conversa-
zione e alla psicologia discorsiva (Bonaiuto e Fasulo 1998) manten-
gono l’interesse per un’unitƒ di analisi a un basso livello di astrazione.
Da una parte, la “sequenza conversazionale”, il “turno”, le “sovrappo-
sizioni”, la “coppia adiacente” sono i focus dell’attenzione degli stu-
diosi conversazionalisti: l’enfasi ‰ sulla struttura delle argomentazioni
e sulle modalitƒ con cui lo scambio comunicativo viene attuato;
dall’altra, i “dispositivi retorici” e i “repertori linguistici” consentono
di analizzare i contenuti delle argomentazioni (Potter e Hepburn
2005). In entrambi i casi, tuttavia, il ricercatore non ha l’accesso ai si-
gnificati pi… ampi, a un livello di astrazione pi… elevato, non ha – a
nostro avviso – l’accesso all’intellegibilitƒ dell’azione. Nel capitolo 4,
verranno descritte le proposte di metodo e le scelte tecniche riguardan-
ti lunitƒ di analisi “azione deviante”; per il momento, riteniamo utile
riportare i rilievi critici che Bruner (1990, trad. it. 1992, p. 101) muo-
ve al procedimento di scelta di un impianto metodologico per lo studio
del S‚:

‡ ormai chiaro che la ricerca in qualsiasi campo produrrƒ dati che rispecchiano le
procedure sperimentali usate nell’osservazione o nella misurazione. La scienza inven-

35
Capitolo I

ta una realtƒ che si adatta alla teoria. Quando noi “confermiamo” la nostra teoria per
mezzo di “osservazioni”, non facciamo altro che escogitare procedure che andranno a
corroborare tale plausibilitƒ.

3.1 Il posizionamento discorsivo e narrativo

Una proposta completa e organica sulla costruzione narrativa del


S‚ ‰ la Teoria del posizionamento proposta a partire dagli anni Novan-
ta da Harr‚ (Davies e Harr‚ 1990; Harr‚ e van Langenhove 1999a;
Harr‚ e Moghaddam 2003a). Il termine “posizionamento” ‰ mutuato
dal linguaggio del marketing: indica la collocazione di un prodotto o
di un servizio nel panorama commerciale comprendente sia le propo-
ste delle ditte concorrenti sia i prodotti di linee differenti dello stesso
brand. Pi… esattamente, con il termine “Positioning Theory” si intende
l’impostazione teorica e metodologica per lo studio delle ricostruzioni
(operate in situazioni discorsive) del S‡, degli interlocutori e dei si-
stemi di relazione a cui l’individuo appartiene (Wortham 2000; Geor-
gakopoulou 2000; Bamberg 1997; 1999; Lucius-Hoene e Deppermann
2000; Bercelli 2004). In questa sede, si … scelto di definire il costrutto
di “posizionamento” con specifico riferimento alle peculiaritƒ dei
contesti narrativi e delle narrazioni come strumenti di ricerca. In tali
ambiti, la presenza fisica di un interlocutore – sebbene non necessaria
n‡ vincolante per la produzione di storie in forma narrativa – … rappre-
sentata dalla “presenza simbolica”, dall’interiorizzazione di un inter-
locutore altro, coerentemente con un’impostazione costruzionista di
cui si … parlato. Per questo motivo, la distinzione fra contesti narrativi
e pratiche discorsive non sarƒ approfondita e il concetto di “posizio-
namento discorsivo” sarƒ inteso come intercambiabile con “posizio-
namento narrativo”.
In psicologia, il posizionamento consiste in una cornice concettuale
e metodologica in base alla quale l’individuo si colloca, per mezzo di
pratiche discorsive, in un sistema di coordinate che ne identificano e
limitano le possibilitƒ d’azione: ‰un posizionamento implicitamente
limita l’entitƒ ci• che … logicamente possibile dire e fare e delimita a-
deguatamente una parte del repertorio delle azioni possibili in un dato
momento in un contesto specifico, incluso ci• che riguarda gli altri.
Questo … il confine delle azioni socialmente consentiteŠ (Harr‡ e Mo-
ghaddam 2003b, p. 5). La posizione costituisce uno dei tre vertici del
c.d. “triangolo posizionale” (Harr‡ e Moghaddam 2003b; Harr‡ e van
Langenhove 1992) costituito anche dalle strutture degli atti (o delle

36
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

azioni) linguistiche e dalla “story-line”, che secondo Harr‡ e Moghad-


dam 2003b, pp. 5-6) sono definibili nei termini seguenti:
- “Posizione”: un insieme di diritti e doveri per svolgere determinate azioni con
specifici significati, gli atti, ma che possono anche includere proibizioni o divieti
di accesso ad alcuni repertori locali di atti significativi […].
- Atti linguistici e altri atti: ogni azione socialmente significativa, movimento deli-
berato, ogni parola deve essere interpretato come un atto, un comportamento so-
cialmente espressivo e significativo. Una stretta di mano ‰ un’azione intenzionale:
esprime un saluto, un addio, congratulazioni, suggella un accordo, o qual-
cos’altro? Ha un significato solo all’interno dell’episodio in cui ‰ inserito. Una
volta interpretato soggiace alle regole e agli standard di correttezza, non solo per
se stesso ma anche per l’adeguatezza delle sue premesse e conseguenze.
- Story line: […] gli episodi sociali non si sviluppano in maniera casuale. Tendono
a evolversi ripercorrendo pattern giƒ consolidati, che – per convenienza – sono
stati chiamati story line. Ognuna di esse ‰ esprimibile in un ampio insieme di con-
venzioni narrative21.

Il posizionamento ‰ dunque un processo in divenire la cui caratte-


rizzazione momento per momento dipende dalla configurazione che
assumono i tre elementi appena descritti: la loro interrelazione dƒ for-
ma all’azione discorsiva (v. Fig. 2) mediante la quale l’attore sociale
descrive s‚ e gli altri (“posizionamento di primo livello”) ed ‰ a sua
volta ricollocato nel sistema sociale dai discorsi altrui (“posiziona-
mento di secondo livello”)22 secondo le formulazioni di Harr‚ e van
Langenhove (1992).
Una “posizione” ‰ un complesso insieme di auto- ed eteroattribu-
zioni, variamente strutturate ma sempre discorsivamente veicolate,
che servono a identificare l’attore sociale all’interno di un contesto
(gruppo, comunitƒ, classe sociale): tale caratterizzazione attiene speci-
ficamente alla assegnazione flessibile23 di sistemi di diritti e doveri, di

21
Il concetto di “story line” in quanto modello narrativo consolidato … stato precisato impli-
citamente anche da Bruner (2002, pp. 102-103) che ha affermato ‰Le trasgressioni
dell’ordinario, una volta addomesticate narrativamente, recano l’impronta della cultura, […]
un’approvazione in forma di “Oh, ecco di nuovo la vecchia storia”. Una volta nobilitate come
genere o come “roba vecchia”, esse divengono legittimate e interpretabili come trasgressioni o
infortuni o errori di giudizio umano - il figlio integrato, il coniuge infedele, il servitore ladro.
Diventano l’imprevisto di repertorio e noi ci facciamo consolare che sotto il sole non ci sia nulla
di nuovoŠ.
22
Dobbiamo precisare per completezza che … possibile un “terzo livello di terzo livello”,
quello operato da un osservatore esterno che assiste all’evento (come farebbe il telecronista di un
evento sportivo: Boxer 2003).
23
‰L’agente … tematizzato come un insieme di collocazioni soggettive, che non hanno una
relazione predeterminata l’una rispetto alle altre e non possono essere fissati in nessun tipo di
unitƒ stabileŠ (T•rr•nen 2001, p. 314).

37
Capitolo I

obblighi verso altri individui e di crediti sociali24 da essi assunti (Harr‚


e van Langhenove 1999c).

Figura 2. Azione discorsiva tripolare nel posizionamento di primo livello (le frecce
nere) e di secondo livello (le frecce grigie) [fonte: Boxer, 2003, p. 256].

Tale dinamismo (al quale tutti gli scritti citati in questo paragrafo
fanno pi… o meno direttamente riferimento) ha portato Boxer (2003) a
proporre un’analogia fra i processi sociali implicati nel posizionamen-
to e le leggi fisiche sui campi magnetici: le dinamiche che si instaura-
no fra generatori elettrici che causano campi magnetici sono simili alle
“forze” che i componenti la scena sociale mettono in campo. Il risulta-
to di questo gioco di componenti ‰ – metaforicamente – un “flusso so-
ciale”. Ma quali sono esattamente questi aspetti della vita sociale che
innescano processi posizionali? Secondo le pi… recenti riformulazioni
delle proposte originarie, si tratta di un complesso sistema di dimen-
sioni interagenti (v. Fig. 3):

– il sistema locale (ma culturalmente condizionato) dei diritti25,


– i doveri e gli obblighi legati ai ruoli sociali ricoperti,
– le azioni (discorsive e non) attuate in contesti pubblici e nei discorsi
interiori,
– l’ordine morale del contesto specifico.

Come prodotto discorsivo (emergente cio‰ dalle pratiche comuni-


cative quotidiane), il posizionamento ha la caratteristica di essere

24
Si veda a questo riguardo il concetto di “capitale sociale” (Putnam 1993; 2000) che – pur
non essendo esplicitamente collegato dagli Autori all’interno della cornice teorica della Teoria
del Posizionamento – ci sembra mostrare ampi margini di sovrapposizione:
25
Ulteriori specificazioni e dettagli sui concetti di “diritto” e “dovere” e sulle loro implica-
zioni di carattere culturale si vedano Moghaddam, Slocum, Finkel, Mor e Harr‚ (2000) e Bathia
(2000).

38
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

sempre in qualche modo contrattato (ridefinito, culturalmente condi-


zionato dalle prassi narrative consolidate) sulla base delle interazioni
con altri (Tschuggnall 1999).

Figura 3. Interazione fra le componenti del sistema sociale nella formazione ed evolu-
zione dell’azione discorsiva (fonte: Boxer 2003, p. 259).

‡ una concezione che si inscrive esplicitamente nell’approccio eto-


genico (Davies e Harr‚ 1999; 1990; Harr‚ 1977) e in un panorama co-
struzionista (Harr‚ 2002; Boxer 2003; Howie e Peters 1996), ma con
delle importanti distinzioni rispetto alle proposte pi… estreme del co-
struzionismo sociale (Gergen 1985). Esso, infatti, pur essendo una
pratica che si manifesta sempre in un contesto sociale (reale o imboli-
co, ha anche una connotazione intraindividuale nella misura in cui cia-
scun individuo ha un ruolo attivo nella ridefinizione dei posiziona-
menti di S‚ operati da altri (svilupperemo pi… in dettaglio a breve que-
sta affermazione) e allestisce una rappresentazione di s‚ anche nei “di-
scorsi privati”, nella conversazioni locali fra s‚ e s‚. In tal senso, ‰ sta-
to definito anche “posizionamento riflessivo” (Moghaddam 1999;
Harr‚ e van Langhenove 1999c; Jones 1997; Tan e Moghaddam 1995;
Taylor, Bougie e Caouette 2003) e spiegato nei termini seguenti:
allo stesso modo in cui gli aspetti autobiografici delle conversazioni sono il requisito
fondamentale per il posizionamento interpersonale, quello riflessivo ‰ un processo
l’individuo – intenzionalmente o non intenzionalmente – si colloca in una storia per-
sonale raccontata a se stesso. Questo processo puˆ assumere varie forme, la pi… elabo-
rata delle quali potrebbe essere la scrittura di un diario o di una autobiografia.
Poche vite, comunque, sono scritte in queste forme: la maggior parte sono presentate
“localmente”, come frammenti di storie personali di un parlante rese manifeste a se
stesso. L’autovalutazione di una propria prestazione, la giustificazione per aver con-
dotto una certa azione, l’attribuzione di azione a forze soprannaturali, la spiegazione
data a se stessi per essere stati da altri in un modo o nell’altro (e la risposta che sup-

39
Capitolo I

poniamo di ricevere dall’ascoltatore) sono esempi del modo in cui ciascuno posiziona
se stesso per se stesso nell’arco della giornata. Infatti, ciascuno inevitabilmente collo-
ca se stesso nei discorsi interni che produce (Moghaddam 1999, pp. 75-76).

A nostro avviso, il concetto di posizionamento discorsivo apre pro-


spettive di ricerca e percorsi di riflessione che non sono stati prece-
dente tenuti in considerazione nella ricerca classica sul S‚ secondo gli
approcci socio-cognitivi. Dalla prospettiva proposta infatti emerge un
attore attivo costruttore di immagini di S‚ con un ruolo tanto pi… attivo
quanto pi… variegate e complesse sono le situazioni sociali che incon-
tra: l’ottica del posizionamento consente di superare la staticitƒ delle
letture precedenti in base alle quali il S‚ era definibile con riferimento
a uno schema cognitivo, a una struttura solo parzialmente variabile nel
corso dell’arco di vita, ma sostanzialmente stabile e coerente nelle di-
verse situazioni quotidiane. L’immagine di un S‚ dentro il sistema co-
gnitivo della persona, che puˆ essere richiamato alla memoria e che ‰
soggetto a distorsioni (“biases”), non soddisfa i sostenitori degli ap-
procci narrativi (Sarbin 1986a,b) e gli stessi teorici del posizionamen-
to26. Secondo costoro, infatti, il ricercatore dovrebbe occuparsi della
ricostruzione narrativa che il soggetto opera di S‚ in situazione rispet-
to a una serie di eventi passati ma allo stesso tempo dovrebbe rilevare
la descrizione che emerge dalla stessa situazione in cui la rievocazione
‰ richiesta (durante un’intervista, un colloquio, in un’autobiografia, in
un discorso pubblico, etc.) e in collegamento con i posizionamenti o-
perati da altri (Mishler 1986a).
In secondo luogo, inoltre, ‰ necessario ripensare alla “veridicitƒ
storica” della narrazione autobiografica. Lucius-Hoene e Deppermann
(2000) hanno puntualizzato efficacemente questo problema: secondo
gli Autori, quando un individuo narra una storia autobiografica ‰ con-
vinto di farlo rispettando una veritƒ storica (ad esempio, seguendo a-
deguatamente l’ordine cronologico27, collocando ogni evento e ogni
personaggio al proprio posto e cos„ via); tuttavia, anche il fatto stesso
di produrre una narrazione autobiografica all’interno di una situazione
di ricerca ha l’implicazione di indurre nel narratore la tendenza a col-
legare gli elementi dello scenario in modo che il quadro complessivo
appaia coerente e a fornire un’immagine di S‚ quanto pi… possibile
positiva (Brockmeier 1999; Tedeschi e Reiss 1981):

26
In particolare, la tesi che stiamo trattando ‰ sviluppata in Harr‚ e Van Langen-
hove (1999c) e Van Langenhove e Harr‚ (1993).
27
Brockmeier (1995a,b; 2000).

40
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

Le interviste narrative mettono di fronte all’intervistato la necessitƒ di fornire un reso-


conto rappresentativo della sua identitƒ narrativa. Le narrazioni quotidiane, comun-
que, solo molto di rado meritano di essere considerate rappresentazioni biografiche
complete. […] Dunque le narrazioni che emergono nelle interviste a scopi di ricerca
devono essere considerate come artefatti scientifici che richiedono specifiche attivitƒ e
abilitƒ riflessive e comunicative. Al narratore ‰ richiesto di assumere un nuovo punto
di vista (che puˆ essere meravigliato o imbarazzato) sulla propria vita e questo obiet-
tivo puˆ essere piacevole e gratificante, ma anche frustrante o deprimente (Lucius-
Hoene e Deppermann 2000, p. 205).

Si tratta di considerazioni che suggeriscono cautela anche


nell’utilizzo delle interviste narrative e che dimostrano che
l’artificiositƒ delle situazioni empiriche (la distanza da contesti reali) ‰
comune sia agli approcci positivistico-quantitativi che a quelli costru-
zionistico-qualitativi. Nella consapevolezza che non esiste una solu-
zione tecnica che risolva il problema della discrasia fra veritƒ storica e
veritƒ narrativa, nel corso del lavoro qui presentato scegliamo di privi-
legiare la seconda: optiamo cio‰ per la considerazione delle narrazioni
(che verranno analizzate e che sono state rilasciate dai partecipanti alla
ricerca) come “veritƒ narrative”, intendendo con questo termine la fe-
deltƒ del resoconto solo ai criteri di coerenza, plausibilitƒ e realismo
che il narratore ritiene funzionali alla costruzione di un’adeguata im-
magine di S‚ e della propria condotta (Elliott 2005). In altri termini,
non ci porremo mai il quesito se i fatti che vengono raccontati siano
pi… o meno reali, pi… o meno veri, ci chiederemo semmai quale signi-
ficato il narratore intende veicolare nella formulazione di quella esatta
versione dei fatti.
Questa scelta ci consente peraltro di valorizzare il collegamento
virtuoso fra modello teorico dell’azione e degli effetti comunicativi (•
2.1 in questo capitolo) e posizionamento cos„ come ‰ stato definito in
questo paragrafo: il tema dei significati (o, meglio, i “temi significati-
vi”) ‰ l’elemento di congiunzione che dƒ coerenza e pertinenza
all’intero sfondo teorico: in questo senso, ho avuto modo di confron-
tarmi con l’Autore di entrambi i modelli, il prof. Rom Harr‚ (comuni-
cazione personale), che ha confermato in una recente corrispondenza
l’utilitƒ di stabilire un collegamento empiricamente fondato fra narra-
zione sull’azione e posizionamento discorsivo.
Come evidenziato giƒ dai primi articoli sulla teoria (Davies e Harr‚
1990; Harr‚ e van Langenhove 1992), il posizionamento discorsivo
viene esplicitamente proposto come l’alternativa “costruzionista” al
concetto di “ruolo”: quest’ultimo infatti veicola una sorta di staticitƒ

41
Capitolo I

nella definizione dell’identitƒ in senso psicologico-sociale. In partico-


lare, il posizionamento – rispetto al ruolo – focalizza l’attenzione sui
processi e sull’evoluzione:
dobbiamo chiederci se i concetti di “ruolo” e “posizione sociale” possano essere usati
nell’analisi delle interazioni della vita quotidiana in maniera complementare a quello
di “posizionamento”, oppure se semplicemente occupano porzioni delle stesse aree
concettuali. Ruolo e posizionamento sono collegati […] nel senso che “un ruolo” sta
al “posizionamento” come “colore” sta a “rosso”. Un altro ruolo pu• essere collegato
ad altri posizionamenti come “figura” sta a “quadrato”, etc. Adottando o avendo asse-
gnato un ruolo fisso, sono possibili solo una gamma di posizionamenti compatibili
con quel ruolo. La posizione sociale e il posizionamento sono a volte complementari
[…] Certamente avere una posizione sociale in un conversazione o in qualunque altra
interazione sociale significa al tempo stesso avere un posizionamento il suo utilizzo
pu• richiedere l’esplicitazione o l’attribuzione di caratteristiche personali che non so-
no rilevanti per il raggiungimento di una posizione sociale (Harr‡ e van Langenhove
1999b, pp. 195-196).

Analogamente, i concetti di “episodio” e di “sequenze d’azione”


(che si leggono spesso negli articoli riferiti al posizionamento) non
sono sovrapponibili agli analoghi proposti da Goffman (1967) in
quanto il lavoro di quest’ultimo ‰si … focalizzato principalmente sulle
interazioni fra individui e l’ambiente sociale in cui operano. Poca at-
tenzione … stata posta agli aspetti generali delle interazioni fra le per-
sone, data la situazione in cui essi stessi si trovano• (Harr‚ e Van
Langenhove 1999c, p. 60, corsivo nostro).
Dal punto di vista metodologico, i sostenitori della teoria del posi-
zionamento si dedicano all’analisi – prevalentemente con metodi in-
terpretativi – dei testi, dei discorsi e delle conversazioni in cui si as-
sume che vengano riportate rappresentazioni di individui e gruppi. Gli
obiettivi di ricerca devono tenere conto della complessitƒ del modello
di riferimento: Œspecificamente, la teoria del posizionamento fornisce
un framework per l’esplorazione dei significati condivisi dagli indivi-
dui. Il livello di analisi adeguato deve aver luogo nei discorsi• (Taylor
e coll. 2003, p. 204) mediante i quali gli individui si scambiano, con-
trattano e ricostruiscono reciprocamente “pezzi di rappresentazioni sul
mondo e sulla propria identitƒ”.
Harr‡ e van Langenhove (1992) hanno dedicato ampio spazio alle
implicazioni metodologiche della teoria del posizionamento. Le con-
siderazioni pi† rilevanti, a nostro avviso, sono quelle relative alla tem-
poraneitƒ delle collocazioni posizionali: trattandosi di proprietƒ forte-
mente ancorate alle pratiche discorsive, esse hanno una natura talvolta

42
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

effimera (che dipende da molteplici fattori non sempre facilmente ri-


conoscibili e codificabili), altre volte possono essere tanto radicate da
risultare addirittura non modificabili (rappresentazioni stereotipiche o
pregiudiziali: cfr. van Langenhove e Harr‚ 1995b; 1999a). Inoltre, se
il posizionamento ‰ rilevabile nelle produzioni discorsive che dinami-
camente vengono scambiate fra gli attori sociali, allora un elemento
importante per l’impostazione dei progetti di ricerca sta nella conce-
zione che lo scienziato sociale ha del comportamento e della natura
umana (“real life behaviour”).
Infine, come hanno sostenuto Harr‡ e van Langenhove (1992, p.
405)
‡ importante evidenziare che, cos„ come tutte le conversazioni coinvolgono sempre
una sorta di posizionamento, l’atto conversazionale dell’intervistare o chiedere a qual-
cuno di rispondere alle domande di un questionario, deve necessariamente essere inte-
so nei termini della triade “posizione-atto linguistico-story line”. Ciˆ significa che
concetti come “atteggiamento” o “tratto” hanno un senso nella misura in cui si ritiene
che c’‰ qualcosa di personale che puˆ essere rilevato dallo scienziato sociale. Chiede-
re a qualcuno di rispondere sul locus of control, per esempio, o sui comportamenti
autoritari ‰ una forma di posizionamento e deve essere intesa come tale: ci dice qual-
cosa su come le persone si posizionano nel rispondere a un questionario somministra-
to da un ricercatore.

Oltre alle dimensioni descritte, gli Autori hanno adottato ulteriori


differenziazioni che distinguono fra:

– il posizionamento operato nei confronti di altri individui o di col-


lettivitƒ nel qui e ora o in una ricostruzione narrativa,
– la simmetricitƒ/asimmetricitƒ e la concordanza/discordanza dei po-
sizionamenti reciproci fra attori in interazione,
– la collocazione deliberata, o al contrario imposta da altri.

Si tratta, come ‰ evidente, di diversi criteri di classificazione delle


dimensioni teoriche che caratterizzano il posizionamento discorsi-
vo/narrativo. Come filo conduttore del presente lavoro e al fine di ope-
razionalizzare adeguatamente il modello, riteniamo utile descrivere
brevemente le dimensioni che – trasversalmente ai diversi contributi
citati – consentono di applicarlo allo studio descritto nel quarto capito-
lo. L’obiettivo (circoscritto a questa fase ma coerente con gli scopi
generali della ricerca) ‰ quello di definire un “modello di posiziona-
mento” che caratterizzi le narrazioni nei contesti legali: in accordo con
Harr‚ e van Langenhove (1995), infatti, cercheremo di delineare un

43
Capitolo I

modello ideale condiviso di collocazione posizionale nei contesti lega-


li28:
gli stereotipi sono evidenti come posizioni e come personaggi nelle story line nei di-
scorsi di tutti i tipi. In questo modo, il terzo elemento nel triangolo posizionale, la
story line, puˆ essere interpretata come veicolo di stereotipi. Una story line, o uno sti-
le narrativo, incorpora non solo un corso di eventi […] ma anche di personaggi. […]
per la ricerca da qui avviata c’‰ una grandissima opportunitƒ, quella di identificare e
classificare il tipi di personaggi che figurano nelle presentazioni discorsive di storie
controverse come – ad esempio – i dibattiti scientifici, i discorsi sull’ambiente e cosi
via (Harr‚ e van Langenhove 1995, p. 369).

A partire dal pionieristico articolo di Davies e Harr‚ (1990; cfr. an-


che Harr‚, 1984), le dimensioni prevalenti29 sono state identificate in:
a) ordine morale: indica il posizionamento rispetto ai sistemi culturali
e locali di doveri e diritti, obblighi e crediti; include le attribuzioni, le
credenze, gli atteggiamenti, i valori;
b) ordine sociale: indica il posizionamento rispetto al sistema degli in-
terlocutori (si veda il concetto di “matrice condizionale” nel cap. 3 •
1.2) secondo le declinazioni di tipo sociologico-anagrafico, i ruoli agi-
ti e vissuti, le collocazioni storiche e attuali,
c) ordine spaziale: indica la collocazione in un contesto reale delimita-
to da confini e caratterizzazioni definite; corrisponde alla localizza-
zione fisica dell’evento narrato;
d) ordine temporale: indica il posizionamento in un momento storica-
mente definito e ridefinibile narrativamente; dal punto di vista della
rilevazione empirica, corrisponde la collocazione in un duplice conte-
sto: quello del momento in cui si sono svolti i fatti (“l„ e allora”) e
quello della rievocazione narrativa attuale (“qui e ora”).
Rimandando agli Autori per ulteriori approfondimenti (e per le di-
stinzioni concettuali fra posizionamento di primo e di secondo ordine,
tacito o intenzionale, “performative/accountive positioning”), ci preme
tuttavia ricordare l’ampia gamma di applicazioni che la teoria ha avuto

28
Questo obiettivo di definizione di un modello generale non significa tuttavia dimenticare
la natura situazionale dei posizionamenti discorsivi (cos„ come sono stati fin qui descritti): ci
riferiamo infatti a un modello valido per il gruppo specifico di rispondenti considerando essi
come rappresentanti (non rappresentativi) dei detenuti che hanno compiuto reati analoghi. Le
narrazioni prodotte hanno quindi (come verrƒ ampiamente descritto nel cap. 2) carattere situa-
zionale, costruttivo di (e costruito in) contesti specifici pur nella generale tendenza programmati-
ca verso la definizione di un modello condiviso fra i partecipanti della ricerca.
29
Precisiamo - anticipando un argomento che verrƒ approfondito in seguito (cap. 3 • 1.2) -
che il “livello di astrazione” delle dimensioni ‰ relativo alla distanza concettuale, logica e opera-
tiva fra i concetti (e le dimensioni che li compongono) e gli indicatori empirici rilevabili..

44
Le cornici di contesto e i riferimenti teorici

negli ultimi anni: gli studi sulla personalitƒ (Davies e Harr‚, 1990;
1999), la definizione delle identitƒ di genere (Moghaddam, Hanley e
Harr‚ 2003; McKenzie e Carey 2000; Lynn Adams e Harr‚ 2001;
2003), le relazioni interculturali (Slocum e van Langenhove 2003; Tan
e Moghaddam 1995; 1999; Moghaddam 1999), l’uso di stereotipi (van
Langenhove e Harr‚, 1999a; 1995), la struttura delle argomentazioni
scientifiche (van Langenhove e Harr‚ 1999b), la costruzione narrativa
dell’identitƒ sociale, nazionale o professionale (Harr‚ e van Langen-
hove 1992; 1999c; Berman 1999; Carbaugh 1999; Taylor e coll. 2003;
Phillips, Fawn e Hayes 2002), la partecipazione alle comunitƒ di prati-
che lavorative (Linehan e McCarthy 2000), il linguaggio della proget-
tazione e valutazione delle tecnologie (van Langenhove e Bertolink
1999), la comunicazione mediata da nuove tecnologie (Riva e Galim-
berti 1997), lo studio delle opinioni pubbliche conflittuali (Harr‚ e
Slocum 2003a,b), la costruzione narrativa del disagio e della malattia
(Sabat 2003; Wetherell 2003; Sabat e Harr‚ 1999; Wortham 2000;
Georgakopoulou 2000), l’espressione delle emozioni e delle motiva-
zioni (Apter 2003; Gerrod Parrott 2003; Walton, Coyle e Lyons 2003;
Benson 2003).
In conclusione, la teoria del posizionamento offre una ampia e
complessa chiave di lettura degli eventi quotidiani cos„ come li vede e
li descrive un attore-osservatore partecipante che nella definizione del-
la situazione (implicitamente o esplicitamente) narra pezzi della sua
identitƒ in quel contesto; ‰ possibile che il lettore di queste pagine ne
ricavi un’idea di vaghezza e scarsamente approfondito impianto meto-
dologico e, in effetti, gli stessi autori ne precisano natura e obiettivi:
La teoria del posizionamento non dovrebbe essere ritenuta una “teoria generale” che
richiede un’applicazione deterministica a specifiche applicazioni. Non ‰ come la teo-
ria gravitazionale. Piuttosto, puˆ essere considerata come un punto di partenza per
riflettere su molti differenti aspetti della vita sociale (Harr‚ e van Langenhove 1999d,
pp. 9-10).

45
La teoria del metodo

Non c’• niente di pi‚ pratico di una buona teoria.

Kurt Lewin (1890-1947)

47
Capitolo 2
I metodi e gli strumenti

Dalle premesse teoriche descritte in precedenza ‰ chiaro che – dal


punto di vista metodologico – la scelta deve indirizzarsi verso metodi
e tecniche di ricerca capaci di cogliere e valorizzare la complessitƒ
dell’oggetto di studio.
La nostra attenzione si dunque ‰ orientata verso la ricerca qualitati-
va e le tecniche di rilevazione delle informazioni di tipo narrativo. De-
scriveremo adesso brevemente questo contesto (che abbiamo chiamato
“teoria del metodo”) e le ragioni della scelta. Ci dedicheremo poi alla
discussione dei “modelli culturali” pi… generali che fanno da sfondo
alla ricerca presentata nei prossimi capitoli. Infine, nel prossimo capi-
tolo, faremo una rassegna delle tecniche specifiche di rilevazione (le
interviste narrative) e di analisi delle informazioni (analisi delle strut-
ture narrative analisi dei contenuti).

1. I metodi qualitativi

Sotto il profilo epistemologico e metodologico, la posizione di chi


scrive ‰ caratterizzata da una preferenza per i metodi qualitativi.
Non ‰ questa la sede per rispolverare la vecchia (forse ormai supe-
rata) dicotomia fra metodi qualitativi e metodi quantitativi, ovvero fra
orientamenti positivi (e post- o neopositivisti: Mannetti 1998; Guba e
Lincoln 1994) e orientamenti (socio)costruzionisti (Gergen 1985;
2004; Kruglanski e Jost 2000). Ci limitiamo qui a sottolineare alcuni
termini salienti del dibattito pi… recente, che – pi… che esacerbare ed
enfatizzare le differenze – cerca di ricomporle in un coerente quadro
dei rispettivi obiettivi e delle implicazioni sulla natura della conoscen-
za. Come sostiene Mazzara (2002, p. 23), Œl’opposizione fra le due
modalitƒ di concepire la scienza, e pi… in generale la conoscenza, ‰
molto meno radicale e netta di quanto potrebbe apparire•: nonostante

49
Capitolo II

le resistenze che ancora da pi… parti si registrano, infatti, i diversi filo-


ni di studio sembrano poter essere collocati lungo il continuum delle
polaritƒ con posizionamenti graduati e intermedi.
Su questo tema Mazzara (2002, pp. 26-27) afferma che

si puˆ osservare una contrapposizione fra concezioni definibili rispettivamente come


minimaliste e massimaliste […]. Per le prime la scelta fra quantitƒ e qualitƒ ‰ solo un
problema di metodo, o addirittura di tecnica, e ciascuno puˆ legittimamente utilizzare
metodi diversi, anche in combinazione tra loro, in funzione degli scopi della ricerca o
della specifica fase in cui ci si trova, ma anche in funzione del tempo e delle risorse
che si hanno a disposizione, senza che questo implichi scelte di base a livello episte-
mologico. Per le seconde, al contrario, il contrasto ‰ in primo luogo un’opposizione
fra paradigmi interpretativi, sicch‚ i due mondi della quantitƒ e della qualitƒ esprimo-
no scelte di campo diverse e per molti aspetti incompatibili circa la natura stessa della
conoscenza.
La prima opzione, sovente descritta in termini di “eclettismo metodologico”, ha rac-
colto numerose critiche, centrate sul carattere eccessivamente pragmatico o in qualche
caso addirittura opportunistico delle scelte effettuate, ma riguardanti soprattutto la
scarsa definizione del modo in cui i risultati conseguiti vanno a inserirsi in un com-
plesso sistema di conoscenza. La seconda opzione, che si qualifica per una pi… rigoro-
sa attenzione per gli aspetti teorici ed epistemologici, ha finito per diventare, specie se
interpretata in maniera molto rigida, una barriera alla comunicazione fra i due approc-
ci e un reale ostacolo alla loro reciproca fecondazione. […] valido e interessante puˆ
considerarsi l’obiettivo di migliorare complessivamente le nostre capacitƒ conoscitive
attraverso un pi… fecondo interscambio fra le due prospettive, ciascuna delle quali pre-
senta indubbiamente vantaggi specifici dei quali sarebbe opportuno approfittare e che
vengono invece sacrificati in una logica di contrapposizione rigida.

In termini molto generali e considerando gli obiettivi di conoscen-


za consentiti da ciascun approccio, possiamo sostenere che il ricerca-
tore che preferisca servirsi di metodi qualitativi avrƒ un maggiore inte-
resse per la comprensione e l’interpretazione del fenomeno, mentre
chi predilige metodi quantitativi probabilmente mira alla spiegazione
in termini (positivisti) di previsione e controllo. I metodi qualitativi
consentono di catturare la ricchezza dei temi emergenti nel parlato del
rispondente piuttosto che ridurre le risposte a categorie quantitative1
(Smith 1995).
Marecek, Fine e Kidder (1997) hanno sostenuto che Œil cuore
dell’orientamento qualitativo ‰ il desiderio di dare un senso
all’esperienza•; per questa ragione Œgli approcci qualitativi sono meno

1
Per ulteriori approfondimenti sul rapporto fra metodi qualitativi e metodi quanti-
tativi suggeriamo al lettore i recenti contributi di Mazzara (2002), Mantovani (2003) e
Corbetta (2003a).

50
I metodi e gli strumenti

prescrittivi e pi… flessibili dei metodi della psicologia ortodossa. Infat-


ti, alcuni sostengono che tali metodi debbano essere chiamati “modo
di lavoro” pi… che “metodi” in senso stretto• (p. 637).
Secondo gli Autori, infatti, la misurazione di manifestazioni indi-
viduali (dei “punti di vista”) mediante scale, questionari e test impone
che queste vengano forzatamente ricondotte entro le categorie teoriche
definite a priori dai ricercatori. Un approccio qualitativo invece valo-
rizza l’attribuzione di senso che – individualmente (nei processi cogni-
tivi dell’attore), ma anche ricostruttivamente (nelle interazioni finaliz-
zate alla rilevazione di dati empirici) – viene data alle peculiari espe-
rienze di vita di ciascuno (Leone 2001; Bercelli 2004; Stame 2004).
A sostegno di questa “utilitƒ” dei metodi qualitativi per lo studio di
oggetti sociali complessi, Cicognani (2002a, p. 17) afferma che Œnella
misura in cui l’oggetto di indagine ‰ costituito dai significati, per ana-
lizzarli occorre un’attivitƒ di interpretazione e di concettualizzazione
che non puˆ essere affidata (o non puˆ essere affidata solamente) agli
strumenti di misurazione convenzionali, ma richiede inevitabilmente
l’intervento del ricercatore e delle sue capacitƒ e risorse interpretati-
ve•: al ricercatore ‰ richiesta un’attenzione allo scambio che si realiz-
za fra gli attori coinvolti e una partecipazione del ricercatore alla co-
struzione dell’unitƒ di analisi. Tuttavia, Œl’indifendibilitƒ della dico-
tomia qualitƒ/quantitƒ sul piano logico non esclude che attraverso di
essa passino abitudini, forme mentali, stili cognitivi profondamente
radicati e – in qualche misura – davvero alternativi• (Ricolfi 1997, p.
38).
Dal nostro punto di vista, riteniamo che per cogliere l’unicitƒ e il
senso soggettivo che l’attore sociale ha inteso dare alla sua azione – in
virt… degli effetti comunicaivi di cui si ‰ parlato nel capitolo preceden-
te – sia opportuno preferire modalitƒ di rilevazione delle informazioni2
che limitino le costrizioni categoriali in favore di una maggiore possi-
bilitƒ di espressione libera, da parte del narratore, e di comprensione
in profonditƒ, da parte del ricercatore (Silverman 2000).
Da queste premesse, diverrƒ via via sempre pi… evidente come
l’interesse per i significati soggettivi (cio‰, la costruzione soggettiva-
mente rilevante) ci abbia portati a scegliere il testo (cio‰, la trascrizio-
ne di questa costruzione in forma narrativa) come unitƒ di analisi
(Leccardi 1997). La soluzione che proponiamo costituisce il caso in-

2
Sull’utilizzo del termine “informazioni” al posto di “dati” si veda pi† avanti il
capitolo 4 e De Gregorio e Mosiello (2004).

51
Capitolo II

termedio, nella terminologia di Ricolfi (1997), fra i dati ad alta orga-


nizzazione e i dati a bassa organizzazione3: si tratta delle ricerche che
operano sui testi sottoponendoli a processi di organizzazione tipici de-
gli approcci qualitativi ed ermeneutici:

Una volta che si concepisce il compito di comprendere il comportamento umano co-


me qualcosa che comporta interpretazione ed empatia, piuttosto che predizione e con-
trollo, le auto-descrizioni (self-reports) delle persone che si stanno studiando diven-
gono molto importanti in ogni progetto di ricerca psicologica (Harr‚ e Gillett 1994,
trad. it. 1996, p. 24).

2. Dalla psicologia narrativa alla psicologia discorsiva

Un orientamento come quello appena descritto si collega a sfondi


culturali generali rispetto ai quali esso assume maggiore coerenza e
prospetta utili implicazioni di tipo tecnico-metodologico.
La psicologia narrativa, intesa come struttura dei processi di pen-
siero e di ricostruzione degli eventi, ‰ uno di questi contesti culturali
(Sarbin 1986a,b; Murray 1995): secondo i suoi princ„pi, infatti, Œgli
esseri umani pensano, percepiscono, immaginano e sognano secondo
una struttura narrativa. Dati due o tre input sensoriali, un essere uma-
no li organizzerƒ all’interno di una storia o, almeno, nella cornice di
una storia• (Mancuso e Sarbin 1983, p. 234); in altri termini
l’individuo dƒ agli eventi un ordine e una trama (= plot) ponendo cos„
le basi per una descrizione narrativa della realtƒ alla luce delle inten-
zioni dell’attore-narratore (Biancheria e Cavicchioli 1998; Melucci
2001):

Le espressioni narrative deriverebbero […] dal bisogno degli individui di comprende-


re e interiorizzare la realtƒ circostante attraverso un lavoro interpretativo che consenta
loro di diventare parte integrante della realtƒ raccontandola. […] Si tratta di narrare e
comunicare la propria visione della realtƒ, di rendere pubblico tramite rappresentazio-
ni simboliche il significato interiorizzato, di far emergere le proprie credenze, inten-
zioni e i propri sentimenti che a loro volta diventano interpretabili (Groppo, Ornaghi,
Grazzani e Carruba 1999, pp. 23-24).

3
Con “organizzazione dei dati”, Ricolfi (1997, p. 24) definisce ‰il processo attra-
verso cui le informazioni vengono trasformate in dati e immerse in strutture pi… o me-
no rigide e pi… o meno complesse•: “dati ad alta strutturazione” sarebbero quelli la
cui analisi si basa sulla matrice, “dati a bassa strutturazione” sono quelli che si basa-
no sulla mera ispezione informale dei testi (interviste in profonditƒ e storie di vita).

52
I metodi e gli strumenti

Il racconto di eventi – come ‰ stato ampiamente argomentato (Bru-


ner, 1991) – rappresenta una forma convenzionale trasmessa cultural-
mente. Tale natura culturale e condivisa fa s„ che il racconto (scritto o
orale che sia) ‰ un prodotto costruito in-relazione con altri e con obiet-
tivi sovra-individuali (Gergen e Gergen 1983; 1988).
Date queste premesse di “narrativitƒ” della vita quotidiana, di na-
tura culturale e costruita dei processi di pensiero, lo studio delle narra-
zioni assume un ruolo di rilievo tale che emergono paradigmi erme-
neutico-interpretativi per i quali i significati diventano l’unitƒ di anali-
si privilegiata. Secondo Bruner (1990) il comportamento (nel nostro
caso “l’azione”: per una distinzione concettuale fra i due concetti ri-
mandiamo a De Leo e coll. 2004a) ‰ comprensibile facendo emergere
dall’individuo la capacitƒ di narrare: in questo modo (e coerentemente
con quanto gli esponenti della “svolta discorsiva” hanno affermato
sulle strutture dei processi cognitivi: cfr., fra i tanti, Harr‚ e Gillett
1994; 1995) l’azione diventa intelligibile secondo il punto di vista del
suo protagonista che le dƒ una “forma narrativa” in accordo con i ca-
noni culturali di riferimento (Bruner e Weisser 1995; Harr‚ e Van
Langenhove 1999c) e le regole dei generi narrativi (Feldman 1991).
La struttura portante di un racconto ‰, quindi, caratterizzata da una
componente individuale (scelta di cosa narrare, attribuzione dei signi-
ficati, processi cognitivi: memoria, emozioni, pianificazione) e da una
culturale (scelta di come narrare, condivisione dei significati, processi
storico-sociali): si tratta di ciˆ che in altra sede (De Leo e coll. 2004a)
abbiamo chiamato “la forma del pensiero” e che ha la sua origine nella
corrente della psicologia narrativa. Individualitƒ e “culturalitƒ” si in-
contrano e il prodotto di questo incontro ‰ la narrazione di un evento
personale (in questo caso, l’azione deviante).
Ma come ‰ possibile conciliare aspetti cognitivi individuali e rife-
rimenti culturali? La letteratura sull’argomento ha fatto ampiamente
riferimento ai pionieristici studi di Bartlett (1932) sul racconto di sto-
rie: descriviamo, a questo riguardo la rivisitazione che ne hanno fatto
Robinson e Hawpe (1986). Centrale ‰ il concetto di “schema cogniti-
vo”: secondo gli Autori, la flessibilitƒ del pensiero narrativo ‰ radica-
ta (“rooted”) in schemi cognitivi che fanno da base per la generazione
di ogni possibile storia. Si tratta di canoni generali sulla base dei quali
identificare le informazioni fondamentali che rendono ogni storia nar-
rabile.
Il passaggio fondamentale su cui ci preme richiamare l’attenzione ‰
quello di un necessario fit fra un evento critico da narrare (l’azione

53
Capitolo II

deviante, ad esempio) e il modello narrativo (“narrative plan”):


l’aderenza dell’uno all’altro diviene patrimonio individuale come sto-
ria di un evento: ŒLe storie sono il modo per interpretare gli eventi co-
struendo un pattern causale che integra ciˆ che ‰ noto di un evento con
ciˆ che ‰ congetturale ma rilevante per l’interpretazione• (Robinson e
Hawpe 1986 p. 112).
L’intenzionalitƒ di tale (ri)costruzione di pattern esperienza-
schema narrativo da parte del soggetto narrante ‰ evidente
dall’organizzazione che egli dƒ ai contenuti. Introduciamo qui il con-
cetto di “salienza del contenuto narrativo”4 a indicare che
l’emittente/narratore, guidato dall’esperienza e dagli schemi narrativi,
valuta cosa inserire come rilevante e cosa no e il destinatario, a sua
volta guidato da schemi narrativi complementari, ricostruisce (decodi-
fica) ciˆ che il narrante ha codificato come saliente.
Come mostra la figura 4, in ogni atto comunicativo esiste uno spa-
zio comune nel quale emittente e ricevente (es., intervistato e intervi-
statore) condividono una parte dei significati di cui ciascuno di essi ‰
portatore nel proprio contesto sociale e cognitivo (i “contesti informa-
tivi”).

Figura 4. Significati soggettivi e significati condivisi nell’inter-atto comunicativo ( fonte: Anolli


e Ciceri 1995, p. 94).

4
Ne riparleremo nel prossimo capitolo.

54
I metodi e gli strumenti

La selezione delle informazioni rilevanti, il confronto fra esperien-


za5 e modelli narrabili, e l’inferenza di dati dall’esperienza sono atti-
vitƒ cognitive che ‰giocano un ruolo chiave come intermediari fra gli
obiettivi della storia in costruzione, il fatto da narrare e l’esperienza
del narratoreŠ (Robinson e Hawpe 1986, p. 116).

A questo punto attraverso il concetto di “intenzionalitƒ”, diventa


evidente il collegamento che il presente lavoro ha con il secondo
sfondo culturale premesso nel titolo: la psicologia discorsiva, ‰lo stu-
dio delle modalitƒ e delle strategie che le persone utilizzano, in quanto
soggetti attivi e pianificatori, attraverso sistemi simbolici in contesti a
volte pubblici a volte privati al fine di attuare progetti e di raggiungere
scopiŠ (Pagliaro 1996, p. 11).
La dimensione narrativa, secondo le definizioni che ne abbiamo
dato in precedenza (in questo paragrafo), costituisce il punto di contat-
to fra la cultura e la natura intenzionale dell’azione:

l’agente torna a essere considerato depositario di intenzionalitƒ, gradi di consapevo-


lezza e controllo, ragioni e significati che organizzano il suo modo di agire, nonch‡ di
responsabilitƒ rispetto agli effetti d’azione, soggettivitƒ e “unicitƒ” definite dai posi-
zionamenti e dai punti di intersezione non replicabili nell’ambito dei discorsi e delle
relazioni costitutivi della sua vita mentale pubblica e privata. Di qui la rilevanza attri-
buita alla capacitƒ delle persone di produrre discorsi intorno alle loro azioni; di costru-
ire resoconti giustificatori o esplicativi in base a svariati criteri morali, etici, situazio-
nali, normativi, culturali, e cos‚ via; di proporre il loro punto di vista rispetto a se stes-
si e al mondo che li circonda; di esplicitare i sistemi di credenze, convinzioni, valori,
credo ideologici di diversa natura; di dispiegare le loro competenze narrative co-
struendo e ricostruendo le storie personali nelle dimensioni temporali canoniche (pas-
sato, presente e futuro); di selezionare, attivare e negoziare concettualizzazioni e si-
gnificazioni rispetto al proprio e altrui modo di agire, attingendo al vasto repertorio di
pratiche discorsive culturalmente accessibili, in rapporto alle opportunitƒ, ai posizio-
namenti e ai vincoli regolativi normativi e convenzionali che esse implicano. Il lin-
guaggio ordinario, socialmente costitutivo della conoscenza di senso comune, emerge
come dimensione appropriata per la comprensione dei mondi personali e la “creazio-
ne” di racconti utili e plausibili in rapporto agli obiettivi, cambiamento compreso (Pa-
gliaro e Dighera 1996, pp. 244-245).

5
Con il termine “esperienza”, Robinson e Hawpe (1986) intendono anche le storie
precedenti cio… le narrazioni divenute fatti a cui ancorare le narrazioni attuali. Esem-
plificano questa tesi con un parallelismo fra costruzione “ingenua” delle narrazioni e
processi decisionali nei contesti legali anglo-americani in cui le sentenze diventano
dei “precedenti” e come tali danno fondamento alle decisioni successive.

55
Capitolo II

Nel corso degli anni Novanta, la psicologia sociale ha incrociato le


correnti maggiormente rappresentative della cosiddetta svolta discor-
siva: in particolare, gli studi che hanno inteso il legame fra azione e
linguaggio secondo la duplice accezione di produzioni discorsive
sull’azione sociale (Harr‚ e Gillett 1995; 1994; De Leo 1995; Melucci
2001) oppure produzioni discorsive come azione sociale (vedi, fra i
tanti, Edwards e Potter 1993; De Grada e Bonaiuto 2002). La seconda
rivoluzione cognitiva – come ‰ stata anche chiamata questa rinata en-
fasi sugli aspetti discorsivi dei processi cognitivi6 – ha diversi aspetti
in comune con le recenti ipotesi socio-costruttiviste dell’azione7: su
questa comune base logica ed epistemologica che si fonda la nostra
ipotesi di studio dell’azione deviante e della sua manifestazione pi…
rilevante sul piano empirico: la narrazione.
De Leo e Gnisci (1996) hanno parlato a questo riguardo di costru-
zione dell’azione e delle sue implicazioni psicologiche, relazionali e
organizzative: il riferimento principale ‰ ai contesti applicativi di area
specificamente giuridico-criminologica nei confronti dei quali ‰ pos-
sibile ipotizzare utilizzi dei concetti appena illustrati: cos„, ad esem-
pio, i significati culturali che strutturano l’attivitƒ e la presentazione
che un individuo fa di S‚ (Baumeister e Newman 1994) ci porta a ri-
flettere su qual ‰ il significato che il soggetto dƒ all’azione deviante.
L’enfasi sulla relazione con il contesto e sulle norme interattive,
d’altra parte, si collega a topics tradizionali della riflessione in crimi-
nologia (culture e sottoculture, teoria delle associazioni differenziali).
La considerazione, infine, che agli eventi e agli oggetti viene attribuito
un significato attraverso i discorsi in cui appaiono e in relazione a ciˆ
che viene espresso si attualizza nella ricostruzione di un crimine in
tribunale (Bruner 2002): si tratta di una serie di collocazioni situazio-
nali-interattive e normativo-simboliche che definiscono i confini del
contesto inteso come

insieme complesso, ma nel contempo finito e definito, di elementi normativi e con-


venzionali, di regole interpretative e prescrittive, procedure formali e informali, cultu-
re locali e organizzative, definizioni di ruoli e posizionamenti, sistemi di aspettative
reciproche, rappresentazioni sociali e repertori d’azione condivisi, quadri di significa-
to in qualche misura negoziabili, in relazione a cui gli attori organizzano, dirigono e
controllano le proprie azioni essendone, entro certi limiti, circolarmente e riflessiva-
mente organizzati, diretti e controllati. Il contesto, a differenza del generico ambiente,

6
Inclusa la pianificazione dei percorsi d’azione e il resoconto di essi.
7
Vedi oltre, nel paragrafo successivo.

56
I metodi e gli strumenti

‰ caratterizzato sul piano simbolico […] e diviene cos„ cornice e sfondo rispetto a cui
l’attore agisce di volta in volta diverse immagini e rappresentazioni del S‚ (Pagliaro e
Dighera 1996, p. 148).

Queste le proposte di sostegno teorico allo studio narrativo


dell’azione deviante: riteniamo infatti che i concetti espressi, e soprat-
tutto le ragioni teoriche ed epistemologiche esposte possano essere
applicati allo studio delle narrazioni sull’azione e, in particolare,
sull’azione deviante. Tale ipotesi ‰ sostenuta da una serie di riflessioni
e studi di provenienza sociologica (Leccardi 1997), secondo i quali
attraverso i testi (che come trascrizioni di interazioni con una loro au-
tonomia di significato) sarebbe possibile ricostruire il senso di
un’azione. Ci sono evidenze infatti che, nel momento in cui il soggetto
narra la sua storia personale, inevitabilmente conferisce un significato
per la sua azione e, mediante questo significato, si posiziona nel si-
stema simbolico e culturale di appartenenza (Groppo e coll. 1999;
Bruner 1991).

3. Le interviste qualitative: biografiche e narrative

Come rendere a ottenere testi per le analisi delle narrazioni sulle


azioni devianti?
Il nostro interesse si ‰ rivolto alle interviste narrative come partico-
lare declinazione delle interviste qualitative. In questo paragrafo pro-
veremo a tracciare il percorso che ha portato alla scelta di questa tec-
nica: a questo fine, proponiamo una discussione sulle interviste8,
strumento elettivo per cogliere il punto di vista degli attori
(l’attribuzione di significati soggettiva e situazionale) e rendere te-
stualizzabile (per le ragioni illustrate nel paragrafo precedente) l’unitƒ
di analisi.
Cosa si intende per “intervista qualitativa”?

una forma di conversazione professionale che segue regole e impiega tecniche speci-
fiche, […] uno scambio di opinioni su una base di sinceritƒ, tra due persone che si
confrontano su un tema di interesse comune producendo conoscenza (Cicognani
2002a, p. 47).

8
Pi† avanti il termine “intervista” verrƒ ulteriormente declinato nelle sue concrete
applicazioni empiriche.

57
Capitolo II

Essa viene utilizzata con l’obiettivo generale di avere un “accesso”


alla prospettiva dei rispondenti a un’indagine (Corbetta, 2003b). Come
strumento di rilevazione delle informazioni risente di concezione par-
tecipativa della ricerca qualitativa: in essa l’intervistato e
l’intervistatore sono in un rapporto di reciprocitƒ, orientato alla co-
costruzione del processo di conoscenza, e in cui i significati Œscaturi-
scono dalla tendenza dialettica […] tra chi parla e chi ascolta• (Pao-
licchi 2002, p. 195)9.
‡, in altri termini, un’interazione in cui un attore (l’intervistatore)
cerca di ottenere informazioni, in maniera non precodificata, da parte
di un altro attore (l’intervistato) che le detiene: le due parti coinvolte
hanno ruoli diversi e definiti (nella situazione specifica si tratta, come
detto, di ruoli asimmetrici). Una situazione di questo tipo presenta di-
verse peculiaritƒ: le dinamiche di potere ad esempio (in senso lato,
dalla competenza alla posizione, dalla relazione alle influenze delle
variabili di genere) Œsono continuamente giocate all’interno di una
cornice che vede di volta in volta la prevalenza, ora di chi detiene le
informazioni, ora di chi puˆ dirigere il corso dell’interazione stessa
con una maggiore o minore direttivitĥ (De Leo e coll. 2004a, p. 67).
Si tratta comunque di definizioni difficilmente generalizzabili tout
court: se infatti la ricerca qualitativa in genere valorizza il contributo
degli intervistati e degli intervistatori alla co-costruzione del processo
di conoscenza (Holstein e Gubrium 1997; Lucius-Hoene e Depper-
mann 2000; Losito 2004), succede spesso che l’inevitabile disposizio-
ne di una specifica tecnica di rilevazione delle informazioni su un con-
tinuum direttivitƒ/apertura costringe tale processo entro cornici tempo-
rali e contenutistiche previste e dominate in primis dal ricercatore.
Si evince dalle osservazioni appena esposte che interazione e com-
plessitƒ sono i criteri guida da tenere presenti giƒ dalle prime fasi di
progettazione di una ricerca o di un intervento che utilizza le interviste
qualitative.
Numerose sono le declinazioni di intervista qualitativa presenti in
letteratura: intervista in profonditƒ (Miller e Glasser 1997), intervista
motivazionale (Castiello D’Antonio 1994; Levati e Saraˆ 2002), inter-
vista ermeneutica (Montesperelli 1998), intervista discorsiva (Carda-
no 2003), intervista semi-strutturata (Cicognani 2002a; Smith 1995),

9
L’atteggiamento costruttivo ‰ coerente con le pi… recenti formulazioni della rivo-
luzione contestuale in psicologia sociale (Bruner 1990, trad. it. 1992): cfr. la “Psico-
logia discorsiva” di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente.

58
I metodi e gli strumenti

intervista focalizzata (Flick 1998) e – nello specifico settore di cui ci


stiamo occupando – intervista investigativa (Fielding 2004; Kuhns
1998). Non ci dilungheremo sulle rispettive definizioni, sulle analogie
e differenze10: ci interessa soprattutto sottolineare come spesso
l’etichetta con cui viene nominata una tecnica, corrisponde a una sua
specifica caratteristica (relativa allo stile di conduzione generale, o al
contenuto specifico, oppure alla maggiore o minore standardizzazione
delle domande).
Rispetto ai nostri obiettivi, approfondiremo invece le strategie di
intervista che pi… si avvicinano alla generale definizione di intervista
qualitativa e che, soprattutto, rappresentano gli orientamenti teorici ed
epistemologici descritti nel paragrafo precedente.

3.1 Le interviste biografiche

Si caratterizzano per la definizione composita e complessa, poich‚


nell’aggettivo “biografico” ‰ inclusa una duplice caratterizzazione sia,
in termini prettamente metodologici, sul ruolo dell’intervistatore (De
Waele e Harr‚ 1979), sia una caratterizzazione temporale: si tratta di
una macrocategoria all’interno della quale ‰ possibile identificare di-
versi tipi di intervista accomunati dall’interesse per l’autobiografia, il
resoconto sull’esperienza individuale. La scelta fra uno fra questi di-
versi aspetti in cui si declina l’autobiografia (come vedremo a breve) ‰
soggettiva e dipende dallo specifico oggetto della ricerca.
A questo proposito, Atkinson (1998, trad. it. 2002, p. 33), ha notato
che

bench‚ alla narrazione autobiografica si possa applicare una metodologia di ricerca


piuttosto uniforme […] l’intervista autobiografica puˆ implicare una certa dose di
soggettivitƒ, e persino di casualitƒ. Lo stesso ricercatore puˆ usare domande diverse
con diversi intervistati. […] l’intervista autobiografica ‰ sostanzialmente un modello,
che si applicherƒ diversamente in situazioni diverse, circostanze diverse o ambienti
diversi.

Per l’Autore, in altri termini, l’intervista ideale sarebbe possibile


solo adattando lo stile, la traccia e l’interazione alle specifiche circo-
stanze.

10
Ne abbiamo giƒ parlato nel capitolo 3 in De Leo e coll. (2004a) a cui rimandia-
mo.

59
Capitolo II

Faremo adesso una breve rassegna delle tecniche incluse sotto il


termine di “intervista biografica”.

3.1.1 Le autobiografie

Una delle prime interpretazioni di come deve essere un’intervista


focalizzata sul percorso evolutivo individuale ‰ stata fornita da De
Waele e Harr‚ (1979): con il termine “autobiografia” hanno inteso un
account retrospettivo e individuale formulato in un dato momento del-
la propria vita: le narrazioni autobiografiche e i temi che ne fanno par-
te forniscono un accesso alla matrice cognitiva dell’attore, al suo si-
stema organizzato di conoscenze sociali a cui attinge per agire e per
rendere conto delle proprie azioni (De Waele e Harr‡ 1979; Bichi
2004).
Come gli stessi Autori notano, si tratta di uno strumento di difficile
applicazione per lo studio dell’azione sociale: in prima istanza, per ra-
gioni epistemologiche, … messa sicuramente in secondo piano
l’importanza dell’interazione fra soggetto/fonte di informazioni e un
intervistatore/ricercatore che stimola e coordina lo svolgimento
dell’incontro, e inoltre

Problemi di oggettivitƒ, validitƒ e affidabilitƒ fanno perdere ai metodi biografici il


confronto con i metodi psicometrici e la loro utilitƒ ‰ stata valutata semmai come
strumento di studi preliminare o esplorativo: di fatto l’autobiografia naive non do-
vrebbe essere considerata come un obiettivo in se stessa ma come uno strumento di
ricostruzione biografica che integra e completa i dati provenienti da altre fonti (De
Waele e Harr‚ 1979, 179).

Oltre a questo, De Waele e Harr‚ (1979) affermano che i metodi


autobiografici sono generalmente ignorati dagli psicologi probabil-
mente, a loro avviso, per una forma di autocritica sulla presunta non-
validitƒ dei propri strumenti o forse per l’elevato dispendio di risorse
che comporterebbe il loro utilizzo nel momento in cui si cercasse di
andare oltre un’analisi di superficie per mettere in relazione le catego-
rie dei significati a livelli di astrazione maggiore (Strauss e Corbin
1990).
Per inciso, diciamo che il problema della “validitƒ” delle indagini
qualitative ‰ stato affrontato, negli anni pi… recenti, secondo diverse
prospettive. Ne parleremo nell’ultima parte di questo lavoro, limitan-
doci qui a indicare l’approccio intersoggettivo (implementato anche
nelle funzioni di utilizzo di ATLAS.ti), quello che confronta i risultati

60
I metodi e gli strumenti

ottenuti da fonti diverse (Denzin 1978 cit. in Mantovani 2003), la pro-


spettiva di Silverman (2000), secondo il quale la bontƒ di una ricerca
di tipo qualitativo si valuta prima di tutto dalla coerenza interna del
percorso logico e metodologico mediante il quale sono state raggiunte
le conclusioni.
Lo strumento principale per la conduzione di un’intervista biogra-
fica secondo questo approccio ‰ il Biographical Inventory: si tratta di
uno strumento composto da domande aperte, questionari e scale di va-
lutazione che vengono utilizzati per integrare i dati provenienti da fon-
ti diverse (incluse le autobiografie propriamente dette e i “diari”). Lo
schema di codifica consta di una lista di topics che possono essere
usati dall’analista per “leggere” sistematicamente il corpus di dati da
differenti punti di vista e desumere da esso le informazioni utili alla
compilazione dell’inventario. Questo ‰, in altre parole, del tutto simile
a una griglia di analisi del contenuto di molteplici fonti di dati con-
temporaneamente.
In questo modo, la tecnica/strategia di intervista consiste in una se-
rie di focalizzazioni successive orientate a fare emergere le dimensioni
pi… esplicative sui significati riferiti al comportamento sociale.
La logica sottostante l’approccio appena descritto ‰ sintetizzata da-
gli Autori e ha diversi aspetti in comune con i nostri obiettivi di cono-
scenza sull’azione:

Al cuore della spiegazione del comportamento sociale c’‰ l’identificazione dei signi-
ficati soggiacenti. Parte dell’approccio orientato alla loro scoperta coinvolge
l’acquisizione di resoconti – le stesse affermazioni dell’attore sulle azioni in oggetto –
su quali significati sociali sono dati alle azioni dall’attore e dagli altri. Tali informa-
zioni devono essere raccolte e analizzate e spesso portano alla scoperta delle regole
che stanno alla base del comportamento stesso. La spiegazione tuttavia non ‰ comple-
ta finch‚ diversi resoconti sono negoziati (De Waele e Harr‚ 1979, pp. 197-198).

La proposta appena descritta ha alcuni aspetti di interesse:


l’integrazione multi-metodologica – con la convergenza di diverse
tecniche (questionari, diari, etc.) – ‰ senza dubbio il suo punto di for-
za. Ma non possono essere trascurati gli elementi di criticitƒ: se infatti
(e come pi… recentemente ‰ stato sottolineato e come abbiamo scritto
nei paragrafi precedenti), la situazione di intervista ‰ essa stessa un e-
pisodio sociale, la mancanza di un’interazione effettiva (“faccia-a-
faccia”) fra intervistato e intervistatore (che caratterizza questa tecni-
ca) elimina una componente fondamentale dell’incontro ermeneutico:
l’azione del “fare un resoconto” – l’account (come abbiamo scritto nel

61
Capitolo II

primo capitolo) – ‰ influenzata in maniera decisiva dal tipo di episodio


sociale in cui ‰ inserita: ogni azione (o meglio, ogni azione discorsi-
va), secondo questo modello prende la forma del contesto in cui viene
attuata11. Secondo il Discoursive Action Model, in particolare, le for-
mulazioni discorsive che vedono impegnati gli attori sociali Œvengono
retoricamente costruite per servire scopi pratici, interpersonali o socia-
li, e perciˆ costituiscono azioni• (De Grada e Bonaiuto 2002, p. 158):

Il carattere di azione sociale delle formulazioni verbali, soprattutto di quelle che ri-
guardano le cognizioni di eventi, trova riscontro nella possibilitƒ che, riguardo a uno
stesso evento, tali formulazioni, pur senza essere oggettivamente scorrette, possano
prevedere un numero pressoch‚ infinito di versioni differenti (ibidem, p. 159).

3.1.2 Le storie e i racconti di vita

Secondo Bichi (2002), all’interno dei metodi biografici possiamo


distinguere i racconti di vita (Bertaux 1998) e le storie di vita (Bichi
2000): la differenza sta nel fatto che i primi centrano l’attenzione (e la
consegna iniziale) su un arco temporale ridotto o su un fatto specifico,
mentre le “storie di vita” partono dalla generica richiesta di “parlare di
s‚”. A questa apparente semplicitƒ a livello di definizioni dobbiamo
tuttavia affiancare le molteplici caratterizzazioni delle concrete prassi
empiriche: la stessa Bichi (2002, p. 28) infatti ci informa che Œdietro
l’etichetta “storia di vita” si cela […] una vasta complessitƒ strumenta-
le; questo tipo ideale trova, infatti, nella pratica, innumerevoli conta-
minazioni•. Esiste comunque un filo conduttore che accomuna tutte le
varianti e sta nella modalitƒ di gestione della situazione e di “sommi-
nistrazione”12 delle domande: si tratta infatti di situazioni non-
strutturate nelle quali l’intervistatore – pur avendo una traccia articola-
ta e complessa che consente di prevedere i possibili percorsi
dell’interazione – guida l’intervistato in un processo di continua sco-
perta del proprio percorso biografico.
Comune a tutte le forme di intervista ‰ la tecnica di conduzione:
ogni intervista biografica (dopo l’indispensabile fase di presentazione
dell’intervistatore e della ricerca) parte da una domanda narrativa ge-

11
Pensiamo, ad esempio, all’adattamento che un’intervista focalizzata subisce nel
momento in cui diventa l’interrogatorio di un testimone in un processo penale.
12
Il termine “somministrazione” … virgolettato in quanto viene qui utilizzato per
estensione, essendo tradizionalmente usato a proposito degli item di un test o di un
questionario.

62
I metodi e gli strumenti

nerativa (Flick 1998), che ha l’obiettivo di stimolare il racconto libero


da parte dell’intervistato lungo una direttrice coerente (la “narrativa
principale”). Come avverte Cicognani (2002a, pp. 61-62)

la domanda generativa deve essere formulata in termini molto ampi. […] ‡ seguita da
domande pi… specifiche in cui i frammenti narrativi che non erano stati trattati in mo-
do esaustivo o non erano chiari vengono ripresi dall’intervistatore con un’altra do-
manda generativa e completati (ad esempio, “Mi ha detto che prima ‰ passato da X a
Y. Non mi ‰ molto chiaro come si ‰ verificata la malattia dopo questo. Potrebbe rac-
contarmi pi… dettagliatamente questa parte della storia?”).

Un altro aspetto comune sta nella partecipazione congiunta di in-


tervistatore e intervistato alla produzione delle informazioni: le due
figure non sono separate ma implicate insieme nella situazione di in-
tervista, che ‰ intesa come

l’insieme degli avvenimenti che consentono lo sviluppo di un’azione sociale comples-


sa, costruita dialogicamente da due o pi† attori e attraverso la quale viene raccolta-
prodotta un’intervista biografica. • una situazione nella quale gli attori agiscono entro
“ruoli” definibili, con finalitƒ e aspettative […] la situazione d’intervista delinea, allo-
ra, un tipo particolare di azione sociale, che va definito e circoscritto, analizzato e in-
terpretato e nel quale trova posto anche la pratica scientifica del ricercatore (Bichi
2002, p. 37).

L’enfasi … sulla natura interazionale dell’intervista biografica, un


evento in cui le due parti mostrano un’intenzione di conoscenza, una
motivazione all’incontro:
il racconto dell’esperienza viene ritenuto una situazione sociale nella quale, come in
tutte le situazioni sociali, ha luogo la costruzione, la riproduzione e la comunicazione
di forme di socialitƒ. Questo processo, vissuto nell’interazione sociale provocata
dall’intervista, consente all’intervistato di spiegarsi e argomentare, di dare – con le
parole – un senso alla propria esperienza, di ri-costruire connessioni e modelli, di va-
lutare e comparare in funzione del proprio divenire sociale (ibidem, p. 39).

Questa attribuzione di intenzionalitƒ (assente nell’autobiografia


proposta da De Waele e Harr‚) rende ogni intervista una situazione
assolutamente singolare e irripetibile, un’azione sociale, appunto, in
cui ogni sequenza comportamentale risponde a (e pretende risposte
da) un’altra in una duplice escalation dialogica: fra attore e intervista-
tore, da un lato, e fra la realtƒ storica della vicenda e la realtƒ ricostrui-
ta nella narrazione, dall’altro (De Leo e coll. 2004b).
Alcune considerazioni sugli sviluppi successivi dell’intervista: la
domanda narrativa generativa, come abbiamo visto, deve essere for-

63
Capitolo II

mulata in maniera ampia e onnicomprensiva con l’obiettivo di stimo-


lare la maggior quantitƒ possibile di “informazione spontanea”; la
traccia successiva (che verrƒ formulata sotto forma di domande vere e
proprie solo nel caso in cui le aree previste non vengano toccate dal
racconto libero dell’intervistato) dovrƒ essere tanto articolata da inclu-
dere in s‡ una completa mappatura del percorso logico-metodologico
che articola il concetto (argomento della ricerca) nelle sue dimensioni
definitorie e costitutive e queste ultime negli indicatori empirici rile-
vabili (Lazarsfeld 1958; Losito 1998; De Gregorio 2006. Vedi anche il
• 1.2 nel prossimo capitolo). Rimandando alle fonti citate per ulteriori
approfondimenti sull’articolazione concetto-dimensioni-indicatori, ci
preme sottolineare un aspetto importante riguarda il rischio che
l’intervistatore possa suggerire contenuti e risposte all’intervistato e
che, di conseguenza, la “libertƒ d’espressione” di quest’ultimo riman-
ga un obiettivo e non venga concretizzata.
Un ultimo aspetto da approfondire riguarda i criteri di strutturazio-
ne che hanno guidato la costruzione della traccia di intervista biografi-
ca (sia essa racconto o storia di vita): essi potranno sempre essere
messi in discussione, coerentemente con gli orientamenti pi… estremi
nella ricerca qualitativa13. In altri termini, la traccia di intervista infatti
avrƒ una sua strutturazione iniziale ma dovrƒ essere “aperta” e com-
prendere le concettualizzazioni che il ricercatore va via via costruendo
lungo il percorso di ricerca. Dovrƒ dunque essere aperta alle revisioni
sulla base delle indicazioni e informazioni che – emergendo dalla si-
tuazione di intervista – porteranno nuovi contributi al processo di co-
struzione di conoscenza, intesa come impresa congiunta di attore e ri-
cercatore (Holstein e Gubrium 1997).

3.1.3 Le interviste narrative

Secondo Cortese (2002), ‰ possibile includere nel termine “intervi-


sta narrativa” tre principali accezioni:

– nella story un singolo intervistato racconta brevemente


un’esperienza su un tema specifico come risposta a specifici inte-
ressi del ricercatore,

13
Per una rassegna su tali orientamenti rimandiamo - fra i tanti - a Silverman
(1993; 1998).

64
I metodi e gli strumenti

– nella life-story14 l’intervistato racconta estensivamente le esperien-


ze durante tutto l’arco di vita; pu• essere riferita anche a un perio-
do circoscritto rispetto al quale si chiede il resoconto di un evento
significativo,
– nella history il ricercatore effettua una sintesi dell’esperienza di un
altro protagonista e la riferisce in terza persona15.

La schematizzazione appena esposta – sebbene utile a fini espositi-


vi – ‰ tuttavia spesso smentita dalla prassi: nella realtƒ empirica infatti
coesistono modelli che possono essere assimilati ora a forme ibride
con caratteristiche che comprendono l’una e l’altra, ora ad altre inter-
viste narrative che costituiscono metodi alternativi: infatti Œanche se la
dizione “intervista narrativa” ‰ ormai diffusa in letteratura, il suo si-
gnificato varia a seconda della prospettiva teorico-metodologica di ri-
ferimento e della sua traduzione in concreti disegni di ricerca• (Pao-
licchi 2002, p. 193).
Il filo conduttore che ci consente di parlare di “interviste narrative”
come di un insieme di tecniche organico e coerente (anche a prescin-
dere dalle specifiche opzioni del ricercatore e dalla contingenze delle
singole situazioni di rilevazione) ‰ l’atteggiamento di apertura e di
flessibilitƒ dell’intervistatore:

non ci riferiamo solo a una generica “capacitƒ di ascolto”, ma ad una vera e propria
competenza (da apprendere con un training specifico e da affinare con l’esercizio) di
guidare l’interazione, facilitando un processo aperto i cui contenuti sono da lui stesso
previsti ma non imposti. Attore e protagonista dell’intervista narrativa rimane dunque
l’intervistato al quale il ricercatore deve proporsi con interesse “sincero” e senza cer-
care di dirigere il corso dei pensieri e delle argomentazioni verso le sue categorie in-
terpretative (De Leo e coll. 2004a, pp. 75-76).

Si ripropongono, in questo caso, le riflessioni esposte in preceden-


za sul rischio dell’interferenza fra ruoli e l’ingerenza delle categorie
cognitive dell’intervistatore su quelle del rispondente: ‰ un rischio
sempre presente tanto che Cicognani (2002a, p. 61) ha sostenuto che
Œin questa prospettiva, il ricercatore si astiene dall’esercitare ogni
forma di influenza ed ‰ l’intervistato che determina, dal suo punto di

14
Chiamata da Cicognani (2002a) anche “life history interview”.
15
• una modalitƒ simile all’autobiografia di cui parlano De Waele e Harr‚ (1979),
cfr. • 3.1.1 in questo capitolo.

65
Capitolo II

vista particolare, ci• che … rilevante e ci• che non lo …. L’intervistato …


il vero esperto della situazione di intervistaŠ .
Nelle interviste narrative l’intervistatore mantiene un atteggiamen-
to non direttivo, orientato a stimolare l’approfondimento, se necessa-
rio, con tecniche di rilancio e di probing al fine di non perdere nessuna
informazione utile e, se possibile, di fare emergere i significati latenti
(Smith 1995):

sia l’intervistatore che l’intervistato sono coinvolti in una ricerca di significato che
trasforma l’intervista in un processo attivo, necessariamente collaborativo. […]
L’intervista pi† efficace, di conseguenza, sarƒ quella in cui l’intervistatore pu• fare un
passo indietro, osservare il processo mentre … in corso, decidere in quale direzione
conviene orientarlo e stabilire in anticipo quali domande porre. Essere un’abile guida,
in grado di prevedere esattamente quello che deve accadere nel prosieguo, … davvero
essenziale per un’intervista ben riuscita. […] La parte pi† difficile dell’intervista sta
nell’adottare uno stile personale, o per meglio dire interpersonale, che induce
l’intervistato a raccontare la sua vicenda umana con un profondo coinvolgimento e-
motivo (Atkinson 1998, trad. it 2002, pp. 66-67).

Anche in questo caso la qualitƒ delle informazioni raccolte si fonda


quindi sulla positivitƒ della relazione (con particolare enfasi sulla col-
laborazione e sul ruolo attivo di entrambi gli attori), sulla flessibilitƒ
del percorso conoscitivo (che forse puˆ mancare nelle fasi iniziali di
conoscenza reciproca), sulla condivisione di obiettivi e aspettative re-
ciproche rispetto ai ruoli specifici, alla situazione, ai contenuti:
Una tradizione ormai lunga di studi critici sulle interviste ha infatti evidenziato le di-
storsioni prodotte dall’intervento di variabili diverse dall’opinione dell’intervistato,
che si vuole oggettivare: da minime variazioni nella forma linguistica della domanda
o nella comunicazione non verbale da parte dell’intervistatore, agli effetti della posi-
zione di una domanda nella sequenza dell’intervista, all’interpretazione
dell’intervistato circa gli scopi e i presupposti del ricercatore. Tutto ciˆ ha diffuso la
convinzione che l’idea di uno stimolo standard sia una chimera, ed ha ridato forza
all’ipotesi che la variabilitƒ del modo in cui gli intervistatori fanno domande sia cen-
trale nella tecnica dell’intervista ma non possa essere risolta con la standardizzazione
(Mischler 1986), e debba quindi essere utilizzata per capire ciˆ che interessa realmen-
te, il significato e non la formulazione verbale della domanda e della risposta (Pao-
licchi 2002, pp. 193-194).

Tutto quanto abbiamo appena esposto ‰ facilmente collegabile ai


temi della psicologia sociale: ciˆ che interessa al ricercatore ‰ infatti la
possibilitƒ di attuare un duplice Œapproccio rivolto a cogliere sia i mo-
di in cui la cultura ‰ riflessa nel soggetto, sia i modi in cui questo se ne
appropria venendo a costituirsi come punto di vista storicamente situa-

66
I metodi e gli strumenti

to e autore di una storia dotata di una sua essenziale singolaritĥ (Pao-


licchi 2002, p. 196): l’intervista narrativa diventa Œscambio comunica-
tivo, fondato su un’essenziale tensione dialettica tra dimensione indi-
viduale e sociale, tra produzione di significati attraverso la capacitƒ
simbolica di ogni singola mente e condivisione, fra la peculiaritƒ della
singola storia e il suo essere interna al contesto della situazione comu-
nicativa attuale e a un pi… ampio contesto culturale• (Paolicchi 2002,
p. 200).
L’utilizzo del parlato (o in generale dei metodi discorsivi) come
“strumento di rilevazione dei significati” ‰ una caratteristica centrale
della psicologia sociale secondo l’approccio etogenico (Harr‚ 1977),
Œbasato sull’assunto che le fonti cognitive dell’azione si possono rin-
tracciare soltanto nello studio integrato di comportamento umano e
discorso che lo accompagna; l’approccio divide le azioni sociali, da
una parte, in sequenze-azioni nel cui svolgimento la realtƒ sociale ‰
creata e mantenuta e, dall’altra, in comportamenti nei quali il livello
precedente diviene oggetto di resoconti16 e racconti• (De Waele e Har-
r‚ 1979, p. 183).
In questo senso, tornano utili i riferimenti fatti nel paragrafo prece-
dente sulla psicologia narrativa (• 2, in questo capitolo) con specifica
attenzione ai processi di pensiero intesi come strutture narrative me-
diante le quali dare un senso alle esperienze quotidiane (Atkinson
1998; Bruner 1991): la prospettiva narrativa ‰ l’osservatorio privile-
giato per tentare di cogliere quelle relazioni fra azione e resoconto
dell’attore.
Adottando tale approccio diventa imprescindibile un’attenzione a-
gli aspetti ermeneutici della lettura del testo-intervista (Montesperelli
1998) con un ritorno, se possibile, a un livello di complessitƒ maggio-
re, delle variabili di relazione, di (ri)costruzione di senso, di dialettica
fra il contesto attuale e il contesto rievocato.

16
In accordo con Baumeister e Newman (1994), considereremo termini “narrazio-
ne”, “resoconto” e “storia” come sinonimi.

67
Capitolo II

68
Background metodologico

„ un grosso errore teorizzare prima di avere dei dati: spesso si al-

terano i fatti per adattarli alla teoria, anzicch… adattare la teoria ai

fatti.

Arthur Conan Doyle (1859-1930)

69
Capitolo 3
Le analisi delle narrazioni

1. Le analisi qualitative dei contenuti narrativi

1.1 L’analisi del contenuto classica

La ricerca sociologica e psicologica ha elaborato diversi metodi di


analisi dei contenuti narrativi. Dal punto di vista storico, merita una
citazione la c.d. “semantica quantitativa” (Losito 1993; Amaturo
1993): si tratta di un insieme di tecniche (Verbal-Adjective Quotient,
l’Analisi delle contingenze, l’Analisi preposizionale, l’Analisi dei
modi dell’argomentazione etc.) che – a partire da informazioni quali-
tative (i testi) – applicano sistemi di classificazione del contenuto al
fine di ottenere dati quantificabili (variabili metriche) da sottoporre ad
analisi statistiche (Gemini e Russo 1998). Queste tecniche sono acco-
munate da procedimenti in base a cui la validitƒ delle indagini ‰ su-
bordinata alla chiara enunciazione delle regole di classificazione adot-
tate per garantire l’obiettivitƒ e la replicabilitƒ di tutte le fasi di ricer-
ca: tutte le analisi del contenuto consistono, di fatto, in una scomposi-
zione dell’unitƒ che si vuole analizzare; tale sistematicitƒ ‰ agevolata
dall’uso di software appositi che (a partire dagli anni Sessanta) hanno
facilitato il trattamento dei dati testuali (Cipriani e Bolasco 1995):

L’analisi del contenuto nasce con intenti precipuamente “quantitativi”, sull’onda lun-
ga del neo-positivismo e nella convinzione che il conteggio della frequenza con cui,
all’interno di un testo, compaiono determinate parole o categorie di significato costi-
tuisca un elemento indisputabile di valutazione.
A ben vedere, un uso cos‚ rudimentale di uno strumento di raccolta dei dati limita ri-
gorosamente il campo d’applicazione, distanziandosi considerevolmente dai propositi
di analisi sistematica del messaggio che tante altre analisi del contenuto si sono pro-
poste.
Tuttavia, […] ci si proponeva, inizialmente, proprio il consolidamento di una proce-
dura di indagine che, forte del rigore metodologico, evitasse di offrire il fianco ad e-
ventuali riserve sulla correttezza dell’interpretazione di un testo (Nobile 1997, p. 26).

71
Capitolo III

Tecnicamente, l’analisi del contenuto consiste in una scomposizio-


ne del testo che viene successivamente ri-categorizzato secondo di-
mensioni teoriche previste dal ricercatore: ‰tale scomposizione deve
per• avvenire in modo sistematico, utilizzando cio‰ criteri espliciti e
standardizzati, da applicare all’intera unitƒ in oggetto; successivamen-
te, gli elementi individuati sono classificati in un sistema di categorie,
e dunque trasformati in variabili categoriali o ordinali che ‰ possibile
sottoporre a trattamenti statistici di vario tipo• (Ghiglione 1995, p.
35).
Gli studi che hanno applicato le analisi del contenuto hanno foca-
lizzato l’attenzione soprattutto sui testi scritti (come aspetti manifesti e
“oggettivabili” della comunicazione): tuttavia, per la complessitƒ delle
espressioni narrative come oggetto di ricerca, i sostenitori della fun-
zione semiotica della comunicazione hanno evidenziato i rischi della
reificazione insita nel conteggio di frequenze di simboli e parole-
chiave:
nella polemica ‰ stata sostanzialmente sottolineata la complessitƒ dei processi comu-
nicativi, che rende improponibili analisi centrate esclusivamente sul contenuto di un
messaggio, ignorando che la sua comprensione non puˆ prescindere n‚ dai processi
interattivi che si stabiliscono fra gli interlocutori […] n‚ tanto meno dalla molteplicitƒ
di significati che ‰ possibile rintracciare all’interno del messaggio stesso, di cui ‰
sempre possibile una lettura a molti diversi livelli (Amaturo, 1993, p. 24).

Seguendo Nobile (1997), si puˆ perˆ sostenere che – essendo gli


obiettivi dell’analisi del contenuto orientati a Œcercare nel materiale
analizzato le risposte a specifiche domande di ricerca […] rispetto alle
ipotesi formulate• (Amaturo 1993, p. 29) e non a rintracciarne i signi-
ficati profondi – essa rientra a pieno titolo negli approcci orientati alla
verifica delle ipotesi e quindi, in senso lato, non puˆ che essere inseri-
ta nel panorama della ricerca quantitativa.
Nonostante questa caratterizzazioni, possiamo affermare che la
scelta del livello di scomposizione, la scelta dell’unitƒ di analisi (paro-
la, tema, frase), la creazione di un sistema di categorie a priori ha
molto in comune con approcci in cui la tensione qualitativa ‰ maggio-
re:
non si puˆ trascurare infatti che una tipica scheda di analisi del contenuto (Losito
1993) ‰ del tutto simile a una traccia di conduzione di un’intervista narrativa (o […] di
una storia di vita), fatta eccezione forse per il minore rigore metodologico imposto a
queste ultime in termini di validitƒ e affidabilitƒ (De Leo e coll. 2004a, p. 99).

72
Le analisi delle narrazioni

Un discorso analogo puˆ essere fatto rispetto alla c.d. “statistica te-
stuale” (Bolasco 1995; 1997; 1999), sia per quanto riguarda le ragioni
della loro eventuale scelta sia per le implicazioni teoriche e metodolo-
giche della loro applicazione:
tali approcci al testo infatti – enfatizzando gli aspetti statistici, talvolta anche molto
complessi – lasciano, a nostro avviso, in secondo piano le componenti di significato,
di interazione fra osservatore e soggetto osservato che invece (coerentemente con
quanto affermato a proposito della ricerca qualitativa tout court) risultano le condizio-
ni crucialmente rilevanti dei processi di costruzione di conoscenza (Silverman, 2000).
In altri termini, anzich‚ “dalle parole ai numeri” (Amaturo e Gambardella 1995), pre-
feriamo passare dalle parole ai significati (De Leo e coll. 2004a, p. 100).

Nonostante questi rilievi critici, non mancano elementi di interesse


e di comunanza fra questi approcci e quello descritto nel prossimo ca-
pitolo: ad esempio, la necessaria accuratezza nella scelta delle unitƒ
d’analisi; come rileva Bolasco (1999, pp. 193-194):

In certi casi, risulta determinante anche l’ampiezza del frammento di testo, visto come
unitƒ di contesto, su cui operare una ricerca per la cattura di un’occorrenza. Ciˆ al fine
di indagare sulle co-occorrenze di due o pi… termini. I frammenti possono infatti esse-
re naturalmente giƒ definiti, come nel caso delle risposte libere in un questionario o
dei titoli di articoli della stampa, o dei paragrafi e/o commi di un testo giuridico. Ma
possono invece non esserlo, come nel caso dei testi letterari e di interviste non diretti-
ve. Allora, l’incertezza delle scelte ‰ elevata, poich‚ non vi sono regole generali per la
segmentazione del corpus.

1.2 L’approccio della “Grounded theory”

Si tratta di un approccio alla ricerca qualitativa di tipo interpretati-


vo (De Gregorio e Mosiello, 2004), pi… che di una tecnica di analisi,
che ‰ stato proposto un ambito sociologico a partire dagli anni Sessan-
ta (Glaser e Strauss 1967) e – con poche rivisitazioni – ‰ arrivato fino
ai giorni nostri (Strauss e Corbin 1990; Charmaz 2006; Cicognani
2002b; Strati 1997; Pandit 1996). La Grounded theory – o, pi† corret-
tamente, la grounded theory methodology (Strauss e Corbin 1994;
1998) – la cui tradizione ‰ ampiamente consolidata in sociologia (Stra-
ti 1997) ma da poco tempo nota in psicologia (Cicognani 2002b;
Henwood e Pidgeon 1992) – privilegia la scoperta di una teoria emer-
gente dai dati piuttosto che la ricerca in essi di costrutti preesistenti
alla rilevazione stessa: viene dunque proposta come la soluzione me-
todologicamente pi… idonea a “mettere ordine” in grandi quantitƒ di

73
Capitolo III

informazioni, identificando temi ricorrenti e relazioni fra essi (Rennie


2000; Rennie e Fergus 2006). Analogamente al paradigma neopositi-
vista di verifica (al quale tuttavia si oppone rispetto all’enfasi che que-
sto dƒ alle “ipotesi”, agli obiettivi di controllo e previsione) la Groun-
ded theory ha sviluppato un proprio apparato epistemologico, ambiti
di applicazione e propri criteri di validitƒ che consentono anche a chi
fa ricerca qualitativa di condurre studi rigorosi e sistematici (Silver-
man 2000; Corbin, 1998).
Secondo Charmaz (1995), infatti, la Grounded theory consente di
apportare nella ricerca qualitativa gli stessi requisiti di sistematicitƒ e
validitƒ che caratterizzano gli studi secondo il paradigma neopositivi-
sta. Secondo le prassi – proposte inizialmente da Glaser e Strauss
(1967) e successivamente ridefinite in maniera pi… organica da Strauss
e Corbin (1990) – il ricercatore dovrebbe accostarsi ai soggetti che co-
stituiscono il campione del suo studio senza alcun modello teorico che
guidi la conduzione dell’intervista, n‚ l’ordine delle domande e, natu-
ralmente, neppure l’interpretazione delle interviste. Dovrebbe, invece,
(anche con l’ausilio di recenti software creati sulla base del modello
proposto), intraprendere un processo iterativo fra dati, interpretazione
e teoria emergente dalla loro interazione. Tale processo, in cui
l’interpretazione inizia fin dalla prima intervista raccolta (v. Fig. 5)1,
ha l’obiettivo di Œcostruire la realtƒ sociale dal punto di vista dei par-
tecipanti, tentando di determinare i significati simbolici […] hanno per
gruppi di persone mentre interagiscono le une con le altre• (Cicognani
2002a, p. 45).
Il materiale narrativo puˆ essere analizzato rispetto a una molteplicitƒ di dimensioni,
come il contenuto, la struttura, lo stile del parlato, le caratteristiche affettive, le moti-
vazioni, gli atteggiamenti e le credenze del narratore, il suo livello cognitivo. Inoltre, i
dati sono influenzati dall’interazione fra l’intervistatore e l’intervistato e da altri fatto-
ri contestuali. Un’altra caratteristica della ricerca narrativa riguarda il ruolo delle ipo-
tesi: negli studi narrativi di solito non ci sono ipotesi a priori. Le direzioni specifiche
dello studio emergono dalla lettura del materiale raccolto. Inoltre, il lavoro eseguito ‰
interpretativo, e un’interpretazione ‰ sempre parziale, personale e dinamica. […] Nel
corso del processo, il lettore della storia entra in un processo interattivo con la narrati-
va e diventa sensibile alla voce e ai significati del narratore. Le ipotesi e le teorie sono
pertanto generate durante la lettura e l’analisi delle narrative, in un processo circolare
(Cicognani 2002a, p. 108).

1
Nella figura i termini “formale” e “sostantiva” fanno riferimento al livello di ge-
neralitƒ/specificitƒ della spiegazione teorica: le prime si limitano al singolo fenomeno
sociale, le seconde li includono classi pi… ampie.

74
Le analisi delle narrazioni

Figura 5. Il processo di ricerca nella Grounded theory (fonte: adattato da Steinke


1999, p. 26).

Come abbiamo scritto anche in altra sede (De Leo e coll. 2004b) e
come evidenziato da autorevoli studiosi (Charmaz 2006; Clark 2005),
tuttavia, la certezza di poter “mettere da parte” le categorie teoriche di
riferimento ci sembra un’operazione ingenua perch‚ non tiene conto
del fatto che inevitabilmente il ricercatore porta nell’intero processo di
ricerca (dalla formulazione delle domande dell’intervista all’analisi
delle informazioni) i propri orientamenti e inclinazioni, gli interessi di
ricerca, la soggettivitƒ, incluso l’angolo visuale della propria forma-
zione teorica e del proprio gruppo di riferimento (comunitƒ scientifi-
ca).

75
Capitolo III

‡ utile, a questo riguardo, la nozione di “concetti sensibilizzanti”


(proposta da Blumer 1969), con cui ci si riferisce proprio ai punti di
partenza (espliciti o impliciti) dell’analisi, le premesse teoriche, rispet-
to alle quali il ricercatore valuta (ribadiamo: esplicitamente o implici-
tamente) e l’aderenza (“fit”) con i dati che emergono dalla situazione
di ricerca (ad esempio, l’incontro con l’intervistato). Si tratta, in altre
parole, di un processo di “doppia significazione” in cui il cuore
dell’analisi qualitativa sta nell’interpretazione che il ricercatore attri-
buisce alle interpretazioni dell’attore, intese come modi di concettua-
lizzare la propria esperienza.
Il processo di ricerca complessivo appare dunque caratterizzato da
una divergenza di fondo rispetto agli approcci neopositivisti: piuttosto
che una sequenza standardizzata di fasi, come quella descritta nella
figura 6 (tipico della ricerca tendenzialmente quantitativa), il metodo
qualitativo viene solitamente descritto come un processo circolare
(Gobo 1998), che non si sviluppa attraverso una sequenza lineare di
fasi sequenziali, ma si muove in avanti e indietro fra dati e evidenze
empiriche, sempre aperto a innovazioni e aggiustamenti.

Figura 6. Il modello lineare del processo di ricerca (fonte: Cicognani 2002a, p. 26)

In questo modo, si ha l’opportunitƒ di modificare in itinere alcuni


aspetti dell’indagine, confermandoli o correggendoli in ogni momen-
to.

Generalmente, il punto di partenza … costituito da una “domanda cognitiva” (Cardano


2003) – piuttosto che da un’ipotesi da verificare – riferita ad un problema specifico
che necessita di trovare una risposta. La raccolta dei dati2, attraverso la scelta di una
tecnica appropriata alla natura della domanda, procede di pari passo con la loro inter-
pretazione. Nel momento in cui il ricercatore inizia a raccogliere il materiale, quanto
pi… possibile ricco e dettagliato, comincia la sua attivitƒ di riflessione orientata a far

2
Per comoditƒ espositive utilizzeremo d’ora in poi il termine “dati” insieme a
quello di “informazioni”, sebbene il primo tenda a richiamare un’impostazione ogget-
tivista che si allontana dall’orientamento di tipo qualitativo. Si rimanda comunque al
capitolo 4 per una maggiore articolazione delle differenze d’uso fra i termini “infor-
mazioni”, “dati” e “osservazioni” (cfr. anche Mannetti e Pierro 1998).

76
Le analisi delle narrazioni

emergere i significati racchiusi nelle informazioni che di volta in volta vengono codi-
ficate. Esemplare in questo senso ‰ il concetto proposto da Strauss e Corbin (1990) di
“matrice condizionale”, un diagramma utile alla descrizione del contesto legato al fe-
nomeno oggetto di studio. Tale matrice permette di collegare contemporaneamente –
attraverso la struttura logica a cerchi concentrici – i diversi livelli pertinenti
all’oggetto di studio (De Gregorio e Mosiello 2004, p. 19).

La matrice condizionale puˆ essere rappresentata come mostra la


figura 7:

individuo

gruppo

organizza-
zione
comunitƒ

nazione

cultura

Figura 7. Rappresentazione grafica della matrice condizionale secondo Strauss e Cor-


bin (1990, p. 163).

Il principale elemento di divergenza dagli approcci quantitativi ‰


quindi dato dalla direzione del percorso di ricerca: nel procedimento
logico – formulato analiticamente da P.F. Lazarsfeld (1958) e rappre-
sentato nella figura 8 – un concetto ad elevato livello di astrazione (ad
esempio, il concetto complesso di “rappresentazione dell’oggetto so-
ciale X”) viene trasformato in una variabile del disegno della ricerca a
un livello di complessitƒ inferiore, viene cio‰ tradotto in concrete ope-
razioni di ricerca (Marradi 1984; Losito 1998).

77
Capitolo III

Figura 8. Il passaggio dai concetti agli indicatori secondo il paradigma lazarsfeldiano


(fonte: Cannavˆ 1999, p. 131).

Il passaggio ‰ possibile attraverso una precisa definizione del con-


cetto di partenza e una sua scomposizione nelle dimensioni che lo co-
stituiscono (nella figura 8: da C1 a D1, D2 e D3). Tale scomposizione
puˆ portare a dimensioni concettualmente semplici – a un basso livel-
lo di astrazione – e quindi facilmente traducibili in indicatori e nelle
relative definizioni operative (es.: le domande di un questionario),
come in D2 e D3; oppure, puˆ essere necessario un ulteriore passaggio
di definizione concettuale e di scomposizione in sottodimensioni, al
fine di specificarne la complessitƒ e rendere possibile l’identificazione
degli indicatori empirici (De Gregorio, 2006).
Il procedimento proposto dalla Grounded theory, inverte i termini
del modello: si parte dai dati (a un livello di astrazione vicino a quello
degli indicatori) per arrivare ai concetti teorici e produrre una spiega-
zione che renda conto delle relazioni tra i dati e dei processi che orga-
nizzano tali relazioni.
Complessivamente, l’approccio si caratterizza per una coerenza in-
terna descritta da una serie di concetti-chiave che hanno, in un certo
senso, l’obiettivo di delineare un percorso ideale per la conduzione di
una ricerca secondo la prospettiva grounded. Della matrice condizio-
nale abbiamo giƒ parlato, gli altri concetti-chiave sono:

78
Le analisi delle narrazioni

 campionamento teorico: la formazione del campione3 della ricerca


step-by-step sulla base delle informazioni che emergono nel corso
dell’analisi delle informazioni e servono per la costruzione della
teoria: ‰ guidato da interessi teorici contingenti e ha l’obiettivo di
collezionare eventi e situazioni che siano indicativi (non necessa-
riamente rappresentativi) delle categorie, delle loro proprietƒ e di-
mensioni, delle relazioni fra queste (Gust, Bunce e Johnson 2006);
 saturazione teorica: rappresenta la situazione in cui non ‰ pi… pos-
sibile evincere informazioni rilevanti rispetto a un concetto teorico
rilevante, le relazioni fra categorie sono stabilizzate e ogni nuovo
elemento non aggiunge nulla di nuovo ai risultati ottenuti.

Un ultimo aspetto d’interesse riguarda le opzioni di codifica (a cui


accenniamo ma che verranno riprese nel prossimo capitolo): esse sono
differenziate in

a) codifica aperta (“open coding”, nella terminologia di Strauss e


Corbin 1990): consiste nel ricondurre i dati a concetti generali che
ne riassumono contenuto e significato e nello sviluppare da questi
categorie e dimensioni del fenomeno oggetto di studio4; ciˆ al fine
di Œdi concettualizzare e non di descrivere, di indicare e non di ri-
assumere, di etichettare i processi caratteristici delle interazioni in
corso, di cogliere e utilizzare le etichette in uso impiegate dai sog-
getti di quelle interazioni• (Strati 1997, p. 154),
b) codifica assiale (“axial coding”): a partire dai codici ottenuti dalla
fase precedente, implica un perfezionamento concettuale. Vengo-
no scelte le dimensioni pi† rilevanti ai fini dell’analisi (con o sen-
za riferimenti teorici diretti) e vengono definite le relazioni fra lo-
ro in termini di causalitƒ, contiguitƒ, opposizione, inclusione, etc.5,
c) codifica selettiva (“selective coding”): ha l’obiettivo di strutturare
un quadro teorico pi† definito attraverso l’identificazione della
dimensione principale (“core category”) e delle sue relazioni con

3
Giova precisare che nella ricerca qualitativa in generale il termine “campiona-
mento” non implica alcuna pretesa di rappresentativitƒ rispetto a una popolazione di
riferimento: si riferisce infatti a un “set di documenti” o a un “gruppo di soggetti”.
4
Nel capitolo 4 ci riferiremo al prodotto di questa operazione in termini di “codi-
ci”.
5
Nel capitolo 4 ci riferiremo al prodotto di questa operazione in termini di “fami-
lies”.

79
Capitolo III

tutte le altre6. Essa infatti verrƒ sistematicamente “incrociata” con


le altre man mano che prosegue la raccolta delle informazioni, e la
loro analisi, fino alla definizione della story line7 (Strauss e Cor-
bin 1990) che sintetizza il processo oggetto di studio.

Tale versione della Grounded theory ‰ stata criticata in quanto –


come sostiene Silverman (2000, trad. it. 2002, p. 211) – mostra una

incapacitƒ di riconoscere il ruolo delle teorie implicite che guidano il lavoro sin dalle
prime fasi. Inoltre, risulta pi… chiara sulla produzione di teorie e meno sul loro con-
trollo. Utilizzata in modo non intelligente, puˆ anche degenerare in una costruzione
abbastanza vuota di teorie o in una cortina di fumo impiegata per legittimare ricerche
puramente empiriche.

Come abbiamo detto in precedenza, sarebbe ingenuo ritenere che il


ricercatore possa accostarsi al proprio oggetto di studio senza alcun
parametro (scientifico, culturale, orientamento personale) che ne indi-
rizzi e, inevitabilmente, ne condizioni la lettura del fenomeno. Ovvia-
mente, per quanto riguarda l’ambito psicologico si tratta di una critica
fondamentale. A riguardo, condividiamo le riflessioni di Cicognani
(2002b, p. 44) a proposito della revisione costruttivista dell’approccio
(Charmaz 2006; Bryant 2003; Mills, Bonner e Francis 2006):

si ritiene che i ricercatori debbano possedere alcune risorse teoriche (di varia prove-
nienza: ad esempio conoscenze teoriche, esperienza) e una prospettiva dalla quale ini-
ziare l’analisi, senza tuttavia applicarla automaticamente a dati, problemi e contesti
nuovi, ma piuttosto, cercando di raggiungere un equilibrio delicato fra l’avere un
grounding nella disciplina e spingerla un po’ oltre.

2. Le analisi qualitative delle strutture narrative

Una ulteriore possibile strategia di analisi ‰ relativa alle strutture


narrative. La letteratura, soprattutto di ispirazione sociolinguistica, ha
proposto alcune soluzioni interessanti sia dal punto di vista teorico che
da quello metodologico. In questa sede, proponiamo una breve sintesi
delle proposte principali con particolare attenzione a due modelli spe-

6
Nel capitolo 4 ci riferiremo al prodotto di questa operazione nei termini delle
“network”.
7
Sul concetto di “story line” si veda il • 3.1 nel capitolo 1.

80
Le analisi delle narrazioni

cifici. Prima perˆ ‰ necessario comprendere cosa … una struttura narra-


tiva.
Le origini di questo tipo di studi si fanno solitamente risalire al la-
voro di V. Propp (1928)8: le sue ricerche sulle “funzioni narrative”
delle fiabe di magia russe hanno segnato una tappa importante degli
studi sulle strutture delle narrative che – sempre facendo esplicito rife-
rimento a lui, nonostante la specificitƒ dei testi di partenza – hanno
proposto modelli di analisi molto diversi.
Propp, in particolare, aveva rilevato nelle fiabe di magia sistemi di
associazione specifici che si presentavano secondo strutture condivise
fra le diverse narrazioni; tale modello – sebbene molto complesso
(l’Autore ha identificato 31 funzioni complessive) – ha una duplice
funzione: da una parte consente al ricercatore di semplificare la lettura
della fiaba a prescindere dalla molteplicitƒ delle forme del contenuto;
dall’altra, suggerisce implicitamente al lettore uno schema (uno script,
nei termini cognitivisti di Schank e Abelson 1977) sulla base del quale
prevedere il percorso e l’esito delle narrazioni stesse. Questo tipo di
operazione (la semplificazione dei contenuti narrativi in strutture ste-
reotipate) consente, per inciso, la differenziazione fra generi narrativi
diversi (Feldman 1991)9: il lettore, o il moderno spettatore di un film,
tenta infatti di anticipare lo svolgimento di una storia di cui ‰ testimo-
ne proprio attraverso l’applicazione di un modello strutturale social-
mente condiviso (Smorti 2003; Bruner 2002). Il come si svolge una
storia (il canovaccio di una piece teatrale, la trama di un romanzo o di
un film) ‰ solitamente condizionato da questa condivisione fra autore
e lettore/spettatore (Eco 1979).
Bruner (2002), riapplicando le tesi di Burke (1945) ai contesti lega-
li, ha proposto il concetto di “pentade scenica” come modello di con-
venzione narrativa. Ogni storia consta di cinque elementi fondamenta-
li (che potremo chiamare “dimensioni narrative”) che la caratterizza-
no: un attore, in una situazione, compie un’azione, per raggiungere un
fine con un mezzo. La narrazione di un evento, secondo questo ap-
proccio ‰ necessaria nel momento in cui si presenta

8
Il filone di studi che pi… direttamente deriva dagli studi del formalismo russo
(rappresentato da Propp) ‰ noto oggi come “narratologia” (Murray 1995; Manning e
Cullum-Swan 1994; 1998).
9
Per un’applicazione del concetto di “genere narrativo” all’analisi delle interazioni
discorsive si vedano, ad esempio, i lavori di Fasulo (1997; 2003).

81
Capitolo III

una difficoltƒ, un impedimento, una contraddizione fra i cinque elementi (il “proble-
ma”) che rende necessario un resoconto del corso d’azione (Bruner 2002): la narra-
zione ha cio… un senso sulla base delle difficoltƒ che rendono narrabile l’esperienza
[…]. Gli aspetti interessanti della vita di ciascuno (ci• che merita di essere narrato)
non sono quelli che fanno parte della quotidianitƒ routinaria, ma gli eventi salienti. La
narrazione appare quindi come costrutto utile ai fini della comprensione di un’azione,
ma necessita di un’adeguata struttura di analisi qualitativa che consenta di cogliere i
nodi attorno a cui la narrazione stessa … organizzata: di cogliere, in altri termini, i si-
gnificati rilevanti per il soggetto, i passaggi secondo cui il narratore imposta la reso-
contabilitƒ della propria esperienza, ovvero il senso con cui tale esperienza … stata
soggettivamente costruita ed elaborata (De Leo e coll. 2004a, pp. 112-113).

Si tratta, in altri termini, della violazione della canonicitƒ (Smorti


2003; Bruner 2002) che – soprattutto nei contesti legali, di cui ci stia-
mo occupando – assurge a criterio fondamentale per la “resocontabili-
tƒ” dell’azione: approfondiremo nel prossimo capitolo le implicazioni
narrative specifiche del contesto, per ora ci preme sottolineare
l’importanza di una prospettiva che collega due ambiti narrativi diver-
si, quello “realista” in cui l’azione non-canonica ‰ avvenuta e quello
“narrativo” in cui la stessa azione viene rievocata. Entrambi questi
ambiti costituiscono dei contesti narrativi rilevanti ai fini di
un’accurata ricostruzione dell’evento: in ciascuno la violazione della
canonicitƒ assume un ruolo fondamentale per la costruzione narrativa
dell’azione: nel passato, il fatto-reato e la violazione hanno la forma
narrativa dell’episodio con inizio e fine definiti. Nel presente, la viola-
zione (delle norme e della canonicitƒ narrativa) assumono il carattere
dell’episodio dotato di senso rispetto al quale si amplia la cornice in-
terpretativa: in altri termini, l’attore contestualizza l’azione deviante in
un sistema di altri eventi (precedenti e successivi) in cui questa viene
connotata secondo codici comunicativi, per esempio, riconducibili alle
categorie teoriche dei meccanismi di disimpegno morale e delle tecni-
che di neutralizzazione della norma:

‡ un resoconto fatto da un narratore nel “qui ed ora” e riguarda un protagonista che


porta il suo stesso nome e che ‰ esistito nel “lƒ ed allora” e la storia finisce nel presen-
te, quando il protagonista si fonde con il narratore. Gli episodi narrativi che compon-
gono la storia della vita hanno una struttura tipicamente laboviana10 rigorosamente
aderente alla sequenza e alla giustificazione per eccezionalitƒ. Ma la storia nel suo
complesso presenta un elemento fortemente retorico, come se volesse giustificare per-
ch‚ era necessario (non in senso causale ma morale, sociale, psicologico) che la vita
prendesse quella determinata direzione. Il S‚ come narratore non si limita a racconta-

10 Del modello di Labov parleremo fra poco nel corso di questo paragrafo.

82
Le analisi delle narrazioni

re, bens„ giustifica. E il S‚ come protagonista ‰ sempre, per cos„ dire, orientato al futu-
ro. Quando sentiamo affermare, per riassumere la storia di un’infanzia: “Ero un gra-
zioso ragazzino ribelle”, di solito questa valutazione a posteriori puˆ essere intesa an-
che come una profezia (Bruner 1990, trad. it. 1992, p. 117).

Dal punto di vista pi… specificamente analitico, la letteratura offre


un panorama composito che proviamo a riassumere nelle prossime
pagine.

2.1 La metodologia “Comparative narratives”

Secondo Abell (1984), l’azione sociale … studiabile attraverso le


forme narrative in cui … descritta. Secondo l’Autore, gli esseri umani
descrivono le loro azioni utilizzando una forma narrativa orientata a
fornire una visione della realtƒ sociale, oltre che del proprio compor-
tamento.
Questa prospettiva pu• essere riassunta nei seguenti termini:

a) per spiegare gli accadimenti del mondo sociale, bisogna descrive-


re le azioni che avvengono;
b) ogni azione pu• essere spiegata da punti di vista multipli: ciascu-
no offre un punto di vista non esclusivo;
c) ciascun attore (da ciascun punto di vista) genera una storia in for-
ma narrativa in cui diverse azioni sono interrelate;
d) quando di cerca di spiegare (o descrivere) due o pi† eventi identici
o correlati si devono necessariamente confrontare due o pi† narra-
zioni.

Questo il quadro teorico. Abell descrive inoltre la metodologia


qualitativa che sottende allo studio delle azioni/narrazioni: questa ne-
cessita prima di tutto di una sintassi mediante la quale descrivere (co-
dificare) gli eventi e consiste in:

1. un set di azioni vere e proprie: a1, a2, a3, a4, etc.;


2. un insieme di attori: α, β, γ, δ, etc.;
3. una dimensione temporale lungo cui collocare le azioni: t1, t2, t3,
etc.;
4. un insieme di relazioni possibili, per cui a1 L a2 (significa che a1
transitivamente compie un’azione verso a2).

83
Capitolo III

Da questo punto in poi, l’analisi delle narrazione assume una forma


matematica che implica la costruzioni di matrici e tabelle di contin-
genza: le analisi consentite hanno alcune ristrettezze quali, ad esem-
pio, l’arbitrarietƒ del punto di partenza (da quale evento iniziare la ri-
costruzione del modello) e il fatto che ogni percorso d’azione possibi-
le deve essere unidirezionale (non sono possibili processi ricorsivi): in
questo modo, ‰ possibile confrontare due narrazioni prodotte dallo
stesso parlante, in due momenti diversi, ma a differenti livelli di astra-
zione, oppure le narrazioni di uno stesso evento prodotte da due attori
diversi (i due punti di vista). La procedura ‰ resa possibile dalla sche-
matizzazione a cui viene sottoposto il materiale verbale e dalla ricon-
duzione a simboli e codici matematici che rendono possibili operazio-
ni (anche molto complesse) di confronto fra dimensioni rese, in questo
modo, logicamente equivalenti.
Nonostante, l’Autore ritenga di poter applicare questo metodo an-
che a complessi processi interattivi (ad esempio, le folle di una mani-
festazione) e pur ritenendo inappropriata una categorizzazione delle
proprie ipotesi sotto l’etichetta positivista, bisogna tuttavia riconoscere
che il modello di Abell soffre di una forse troppo drastica tendenza al-
la schematizzazione e alla formalizzazione matematica: la stessa enfa-
si sulla necessaria unidirezionalitƒ delle azioni studiabili limita senza
dubbio le possibili applicazioni a situazioni e contesti reali11.
Si tratta di analisi qualitative che non rinunciano alla quantifica-
zione e implicano relazioni causali.

2.2 Le strutture profonde delle narrazioni

Nel corso degli anni Ottanta, diverse equipe di ricercatori hanno


cercato di mettere a punto metodologie per rilevare l’eventuale pre-
senza di strutture soggiacenti nelle produzioni linguistiche e narrative
sia per quanto riguarda le singole frasi che rispetto a vere e proprie
storie (Mandler 1987; Mandler e Goodman 1982; Gee e Grosjean
1984). Prendendo spunto dalle analisi letterarie e linguistiche, Gee
(1986); Gee e Kegl (1983) e Gee e Grosjean (1983; 1984) si sono in-
terrogati su due aspetti in particolare:

11
‡ pur vero che un modello analogo a quello di Abell ‰ stato applicato, in ambito
sociologico, alla ricerca di modelli condivisi nelle carriere dei musicisti (Abbott e
Hrycak 1990), ma in questo caso ‰ stata dichiarata la matrice positivista (sul modello
delle scienze naturali) delle procedure di codifica e analisi dei materiali.

84
Le analisi delle narrazioni

1) quali siano le strutture delle narrazioni sia nell’attivitƒ del reso-


conto sia per quanto riguarda la loro collocazione in memoria.
Gee e Kegl (1983) hanno identificato una struttura schematica che
illustra quali sono (e che relazioni intercorrono fra esse) le parti
che compongono una narrazione. La figura 9 mostra la struttura
come a tutti gli eventi: in essa, l’intero Testo appare formato da
due componenti principali, un’Introduzione e la Storia vera e pro-
pria. La Storia si divide in Iniziazione e Conclusione: nella prima
di esse il narratore inserisce episodi specifici caratterizzati da
un’Azione e da una Risoluzione (“Result”) che a sua volta – a se-
conda della complessitƒ dell’evento – pu• essere ulteriormente
sottodimensionata in sequenze azione-risoluzione (tale operazione
pu• essere retoricamente sfruttata per allontanare la Conclusione e
generare nel lettore/spettatore uno stato emotivo di attesa o
suspense). Allo stesso modo, la Conclusione puˆ essere descritta
come una sequenza di Interrogativi e Risposte fino alla completa
chiusura dell’evento narrativo;

Figura 9. Struttura gerarchica della narrazione secondo Gee e Kegl (1983, p. 248).

85
Capitolo III

2) quale elemento del discorso dovesse, in particolare, essere consi-


derato unitƒ di analisi privilegiata (Gee 1986). I concetti di “epi-
sodio” e “sezione” rendono evidente che ci stiamo muovendo in
uno scenario di studi sulle strutture narrative: la “stanza” specifi-
camente ‰ l’unitƒ di testo che – a un livello di astrazione interme-
dio fra la linea di testo e la sezione – racchiude un tema ristretto e
specifico. Essa ‰ pi… informativa della linea di testo (che puˆ non
esaurire tutte le informazioni sull’oggetto di interesse), ma allo
stesso tempo ha un carattere pi… limitato e preciso della sezione
narrativa (in cui possono insistere diversi temi). ‡ l’unitƒ cruciale
anche perch‚ rispetto a un tema ristretto, essa consente di caratte-
rizzarlo in tutte le sue caratteristiche definitorie: il tempo e lo spa-
zio di svolgimento dell’evento, l’interconnessione con altri attori,
la prospettiva individuale e il punto di vista di uno spettatore e-
sterno. L’identificazione di una sequenza, una concatenazione, di
stanze consente al ricercatore di ricreare la storia nel suo insieme e
di dare coerenza all’intero evento.
Secondo gli Autori, oggetto dell’interesse dei ricercatori non deve
essere tanto il problema se la narrazione ha o no una struttura gerar-
chica (come quella descritta nella figura 9), ma piuttosto su quali me-
todologie sono pi… adeguate per studiare strutture narrative complesse.
Non si puˆ infatti trascurare che la maggior parte dei riferimenti citati
in questa sezione hanno utilizzato testi sempre molto brevi
(nell’ordine di 10-12 righe al massimo) e che la “narrativitƒ quotidia-
na” (sia essa riferita a situazioni normative o ad eventi particolari co-
me le azioni devianti) invece si sviluppa spesso lungo criteri spazio-
temporali pi… estesi.
Lehnert (1981) ha condotto degli studi di particolare interesse sugli
aspetti di rievocazione mnestica delle narrazioni: l’ipotesi di partenza
‰ che quando un individuo legge una storia ricostruisce nella sua me-
moria una rappresentazione, un modello schematico interno, mediante
il quale la rievocazione successiva ‰ favorita:

se chiediamo a chi legge una storia di riassumerla successivamente, una gran quantitƒ
di informazione residente in memoria ‰ selettivamente ignorata per produrre una ver-
sione semplificata della narrazione originaria. Questo processo di semplificazione si
basa su una struttura globale della memoria che consente di focalizzare l’attenzione
sugli elementi centrali della storia ignorando i dettagli periferici (Lehnert 1981, p.
294).

86
Le analisi delle narrazioni

In questo quadro, ‰ centrale la nozione di “plot” (la struttura della


storia): secondo l’Autrice, ogni unitƒ strutturale – una frase, un con-
cetto, anche una singola parola – ha una sua colorazione affettiva che
consente al lettore (e al ricercatore) di “marcarla” secondo
quest’accezione. Questa operazione … semplice e consiste
nell’associazione ad ogni passaggio narrativo di un simbolo che di-
stingue gli eventi positivi (+), da quelli negativi (–) e da quelli emo-
zionalmente neutri (M). Utilizzando l’esempio fornito dall’Autrice:

La macchina di John non parte – (evento a caratterizzazione negativa)


John deve partire M (evento a caratterizzazione neutra)
Paul fa partire la macchina di John + (evento a caratterizzazione positiva)

In questo semplice esempio, ‰ possibile stabilire delle relazioni


causali fra gli eventi in cui il terzo risolve gli altri due, ma ogni narra-
zione avrƒ configurazioni pi… complesse e le relazioni fra eventi sa-
ranno di vario tipo anche in base alla sequenza temporale degli eventi
fino alla applicazione di una vera e propria sintassi delle strutture nar-
rative che lega tutte le possibili configurazioni di “–”, “+” e “M”. Tan-
to pi… lunga e tematicamente complessa ‰ la narrazione tanto pi… arti-
colata sarƒ la configurazione degli stati emotivi. Allo stesso modo, il
ricercatore potrƒ facilmente verificare la coerenza intra-narrativa at-
traverso l’identificazione di strutture simmetriche speculari e/o com-
plementari.
In tempi pi… recenti (e parallelamente all’evoluzione delle tecnolo-
gie informatiche), alcuni Autori, soprattutto in ambito sociologico,
hanno proposto metodi di analisi delle narrazioni che forniscono utili
spunti di riflessione per la nostra proposta di analisi delle narrazioni di
azioni devianti. Ci riferiamo, in questo caso alla cosiddetta ricerca su
base logica (Agodi 1997). In questo tipo di studi Œil computer produce
diagrammi relativi a questi eventi e permette all’utente di esplorare e
verificare le relazioni logiche tra gli eventi, incrociando narrative di-
verse; permette inoltre di comparare le diverse strutture narrative•
(Silverman 2000, trad. it. 2002, p. 235).
Si tratta, in ogni caso, al pari di quelli sui modelli matematici, di
studi che enfatizzano gli aspetti quantitativi delle analisi narrative: la
riconduzione di corpora informazioni in forma narrativa a schemi e-
lementari consente l’operazionalizzazione di questi in variabili metri-
che. La maggior parte di questi studi infatti ‰ orientata dalla verifica di
ipotesi specifiche sui modelli in differenti contesti. La valenza qualita-

87
Capitolo III

tiva dell’approccio rimane dunque a livello di unitƒ di analisi (i testi),


‰ parziale nel momento della codifica e scompare nella fase di analisi
vera e propria delle informazioni: un meccanismo di questo tipo ‰ an-
cora pi… evidente nell’approccio descritto nel prossimo paragrafo.

2.3 La “Event Structure Analysis”

La proposta di analisi delle narrazioni di Heise (1988; 1989; 1991)


ha caratteristiche peculiari su cui ‰ utile soffermarsi. L’Autore propo-
ne un modello di analisi delle strutture che ‰ coerente con l’idea che le
storie siano costruzioni narrative caratterizzate da uno svolgimento li-
neare e da sequenze comuni di eventi sovrapponibili. Si tratta di
un’attualizzazione della proposta di Propp (1928), ma, per cos„ dire,
modernizzata con la proposta di modelli automatici di codifica e anali-
si delle informazioni. Heise, dal punto di vista disciplinare della socio-
logia e dell’antropologia cognitiva, ritiene infatti che ogni narrazione
(dall’ autobiografia alla favola) sia la ricostruzione fedele di una real-
tƒ di per s‚ logica e (auto)organizzata: da questa premessa deriva la
conseguenza – sul piano metodologico – che la struttura narrativa re-
ale puˆ essere rintracciabile con opportuni metodi: l’obiettivo delle
sue ricerche ‰ stato dunque quello di mettere a punto un impianto me-
todologico per la ricostruzione qualitativa di tali strutture logiche
(Heise 1989), supponendo che siano esse a guidare l’azione umana
(individuale e collettiva) e la sua ricostruzione in termini narrativi
(Heise e Durig 1997): l’azione umana sarebbe caratterizzata da se-
quenze ordinate, unidirezionali, di eventi secondo la formula “se…,
allora…”. Il conflitto fra situazioni (cio‰ la possibilitƒ che una rico-
struzione incontri un bivio o che il narratore possa essere tradito nella
sua ricostruzione da un’interferenza) ‰ risolta con il criterio della prio-
ritƒ: viene attivato il percorso narrativo che l’attore elegge come pre-
valente in termini di salienza e di coerenza con gli obiettivi. Tutte le
componenti esterne al sistema agente non sono negate: esse invece
contribuiscono alla definizione delle prioritƒ.
Il “principio della commutazione” prevede le strutture degli eventi
possano essere rappresentate graficamente con un inizio e una fine de-
finiti ma senza fare ricorso a meccanismi ciclici.
Si tratta di un modello di azione (anche narrativa) che – alla luce
degli sviluppi pi… cognitivisti della ricerca nelle scienze sociali (inclu-
sa la psicologia) – potremo definire “cibernetica”, sebbene anche le
proposte pi… estreme di modelli computazionali dell’azione umana

88
Le analisi delle narrazioni

abbiano sempre previsto sistemi di retroazione: il modello e la meto-


dologia di Heise sono “costruiti” coerentemente a una data immagine
della realtƒ sociale (di tipo deterministico) che esclude a priori che
una storia possa avere una deviazione dalla norma (essendo prevista
come una sequenza ordinata di eventi).
Operativamente, gli eventi sono codificati in maniera univoca
(vengono assegnate delle etichette verbali, ciascuna delle quali identi-
fica un solo evento) e vengono stabilite le relazioni logiche fra di essi
(la “grammatica delle azioni”: Heise 1991): il computer12 si occupa
poi di strutturare modelli che – trasversalmente alle diverse storie –
tengano conto delle eventuali prioritƒ assegnate dal ricercatore.
Lo stesso Heise ha ammesso la preferenza che il metodo di analisi
proposto venga applicato a fenomeni routinari (Heise 1988), rispetto
ai quali il ricercatore definisce i possibili percorsi di svolgimento e il
computer verifica empiricamente in narrazioni diverse: per questa ra-
gione il modello di analisi proposto da Heise ci senza di indubbio inte-
resse per lo studio di eventi semplici e routinari: la sua applicazione a
contesti (di azione e di narrazione) di maggiore complessitƒ prospetta
tuttavia diversi problemi di ordine epistemologico e metodologico. Se
infatti assumiamo come eccessivamente semplicistica la descrizione
della realtƒ sociale come sequenza ordinata di eventi secondo il mo-
dello “se… allora…”, anche la scelta di un software come ETHNO, de-
gli assunti di relazioni unidirezionali fra codici narrativi, dei criteri di
priorizzazione degli eventi diventano difficilmente accettabili.
Analogamente ai modelli presentati nelle pagine precedenti, quello
proposto da Heise sembra caratterizzato da un’intrinseca tendenza al
riduzionismo dei fenomeni sociali (inclusi i prodotti culturali) che –
sebbene avvalorati da una loro coerenza interna e da raffinati modelli
di analisi – rimandano a scelte epistemologiche diverse da quelle de-
scritte nei capitoli precedenti e preferite nell’ambito di questo studio.
Per questa ragione, l’interesse che essi rivestono non va al di lƒ di
una “consapevolezza storica” su ciˆ che le scienze sociali hanno pro-
posto sul tema delle analisi delle strutture narrative: pi… convincenti,
invece, riteniamo le proposte di Labov, che sono descritte nel prossi-
mo paragrafo.

12
Heise ha creato un software apposito per le analisi di strutture di questo tipo,
ETHNO.

89
Capitolo III

2.4 L’ “Evaluation model”

Secondo William Labov (1982; 1997; Labov e Waletsky 1967),


che da decenni studia le narrazioni secondo una prospettiva sociolin-
guistica, la narrazione ‰ un mezzo per rappresentare e ricapitolare
l’esperienza passata per mezzo di una sequenza ordinata di afferma-
zioni13 Œche corrispondono all’ordine degli eventi originari• (Labov
1997, p. 398). L’Autore ha distinto due proprietƒ fondamentali delle
narrazioni: da una parte, esse hanno delle caratteristiche formali basate
su pattern ricorrenti di asserzioni (cio‰, una struttura invariante delle
narrazioni); dall’altra, Labov ne ha identificato una proprietƒ funzio-
nale in base alla quale ogni narrazione riveste una duplice funzione:

– la prima, detta referenziale, ha l’obiettivo di fornire


all’interlocutore/lettore le informazioni sull’esperienza del narrato-
re,
– l’altra, detta valutativa14, ha la funzione di trasmettere a chi ascol-
ta/legge i significati che l’attore-narratore ha attribuito alla propria
esperienza.

Labov e Waletsky hanno dimostrato che la comprensione della nar-


razione ‰ riconducibile a un una struttura formale, soprattutto per
quanto riguarda la fondamentale definizione delle narrazioni come
possibilitƒ di scelta di repertori linguistici specifici per riferire gli e-
venti passati. La cornice teorica sviluppata da Labov e Waletsky per le
narrazioni orali dell’esperienza personale si ‰ dimostrata utile per lo
studio di un’ampia gamma di situazioni narrative, incluse le memorie
riportate oralmente, le fiabe popolari, i racconti, le interviste in conte-
sti terapeutici e, ancora pi… importante, le semplici interviste della vita
quotidiana. Questi studi hanno dimostrato che le narrazioni sono la
forma privilegiata del discorso e che esse giocano un ruolo centrale in
quasi tutte le conversazioni (Labov 1997)15.

13
Questa definizione ‰ condivisa anche da Cortazzi (1993) e da Baeger e McA-
dams (1999).
14
Da cui prende il nome l’intero modello.
15
Uno studio, in particolare, ‰ riferito allo studio delle proprietƒ formali delle nar-
razioni di azioni violente (Labov 1982).

90
Le analisi delle narrazioni

Labov ha identificato sei elementi che compongono la struttura


formale delle narrazioni: li riportiamo (nei termini originali) nella ta-
bella I.
La narrazione, estendendo il modello di Labov, ‰ definibile non so-
lo come magazzino di informazioni, ma anche come vero e proprio
mezzo per ri-organizzare la struttura percettiva, la memoria (Riessman
1993) e il S‚ autobiografico (Baumeister e Newton 1994; Bluck e Ha-
bermas 2000).
In anni pi… recenti, lo stesso Labov (2003) ha spostato l’attenzione
alle conversazioni ordinarie con il concetto di “riportabilitƒ” una nar-
razione: Œun evento riportabile ‰ non definito in termini assoluti, ma
in relazione alla situazione narrativa. Se un turno in una conversazione
‰ una singola fase in s‚ conclusa, una narrazione ‰ caratterizzata da
una estensione maggiore di questo. […] Un evento riportabile ‰ quello
che giustifica l’automatica assegnazione al narratore del ruolo di par-
lante•16 (p. 5).
Tabella I: Le fasi della struttura narrativa secondo Labov (1982; 1997): adattato da De
Leo e coll. (2004a)

Abstract ‡ uno dei due elementi opzionali della struttura narra-


tiva, che introduce l’argomento riassumendone i punti
principali.

Orientation (o Il narratore fornisce i dettagli sulle variabili conte-


Setting) stuali all’evento narrato: tempo, luogo, partecipanti,
situazione. Di solito, ‰ espressa da espressioni verbali
in forma passata. Esprime l’antefatto dell’evento.

Complication Similmente alla “pentade scenica” (secondo il riadat-


tamento di Bruner), descrive l’elemento problematico
che spinge a costruire intorno a esso la narrazione
stessa: ‰, per questa ragione, il nucleo della narrazio-
ne.

16 Un’analoga definizione della narrazione in termini conversazionalisti (come am-


pio turno di un parlante) … presente in Riessman (1993).

91
Capitolo III

Evaluation Comprende una serie di elementi valutativi che illu-


strano l’orientamento del narratore nei confronti degli
eventi narrati in termini di attribuzioni di significati
agli eventi, colorazione emozionale, riferimento al
punto di vista di attori esterni.
Result Descrive la fase di risoluzione dell’evento. Dal punto
di vista strutturale puˆ seguire sia la sezione valutati-
va sia la descrizione dell’elemento problematico.

Coda (o Termina- Opzionale come l’abstract, chiude la narrazione ri-


tion) portando gli attori alla situazione attuale. Spesso vie-
ne declinata nei termini di “morale della favola”.

Questa prospettiva fa capire anche perch‚ spesso si raccontino e-


venti che in s‚ per s‚ non hanno valenza di riportabilitƒ: si tratta di un
modo per mantenere il turno e incrementare l’attesa dell’ascoltatore
(Labov 2004)17.
Dal punto di vista pi… direttamente metodologico, puˆ sorgere il
dubbio di una indebita sovrapposizione fra narrazioni come prodotti
culturali e condivisi e interviste qualitative secondo un approccio nar-
rativo: utilizzando queste ultime infatti (secondo le differenziazioni
descritte nel capitolo precedente), ci si puˆ chiedere se ‰ possibile stu-
diare le risposte a un’intervista come se fossero delle narrazioni. In al-
tri termini, ‰ possibile studiare scientificamente un prodotto culturale e
idiosincratico allo stesso tempo18?
Gli stessi studi di Labov hanno evidenziato, in particolare, che an-
che le narrazioni orali (e non c’‰ dubbio che le forme di intervista
rientrano in questa categoria) hanno una struttura tipica che puˆ essere
indagata con metodi scientifici.

17 Recentemente Labov (2003) ha introdotto il concetto di “concatenazione narra-


tiva” (“narrative chain”) e le “regole della costruzione narrativa”, sempre seguendo
un approccio conversazionalista.
18 In questo modo possiamo infatti definire le narrazioni poich‚ esse forniscono un

modello che rende intelligibili sia una specifica realtƒ individuale sia i canoni culturali
che contribuiscono a definirla (Brockmeier e Harr‚ 1997).

92
Le analisi delle narrazioni

Riessman, collegando esplicitamente le due forme narrative, so-


stiene che Œl’obiettivo ‰ vedere come i rispondenti alle interviste met-
tono ordine al flusso di esperienza per dare un senso agli eventi e alle
azioni dello loro vite. L’approccio metodologico esamina la storia
dell’informatore e analizza come questo mette insieme le risorse cul-
turali e linguistiche• (1993, p. 2).
Un’ulteriore conferma viene dal successo che il modello di Labov
ha avuto anche in psicologia, come sostiene Mishler (1986b, pp. 240-
241):

quando si teorizza sulla struttura, le forme e le regole dell’azione sociale si richiede


questo tipo di analisi, o uno equivalente, che preservi il complesso ordine delle azioni
e delle reazioni che costituiscono la realtƒ sociale. L’interpretazione di offerte, richie-
ste e le risposte conseguenti dipende dai modelli di analisi che includono le loro reci-
proche concatenazioni. Questa (analisi) non pu• essere come quegli approcci standard
in cui ogni sequenza … isolata dal suo contesto, codificata nel quadro di un sistema di
codifica definito e poi aggregata fra popolazioni diverse di rispondenti e soggetta ad
analisi statistiche. • questo il notevole contributo di metodi di analisi narrativa: la sto-
ria contiene la sequenza di atti socialmente significativi senza la quale non ci sarebbe
la storia stessa; la sua analisi dunque fornisce la base per un’interpretazione diretta di
una complessa unitƒ di interazione sociale, in contrasto con gli approcci standard in
cui tali inferenze sono basate su porzioni minime decontestualizzate.

Per questa ragione, abbiamo scelto di valorizzare il contributo ap-


pena descritto (rispetto a quelli precedenti)19 ricercando
un’applicabilitƒ all’oggetto di studio su cui verte il presente lavoro. Si
tratterƒ – come descriveremo approfonditamente nel prossimo capitolo
– di un’analisi dei testi alla luce delle categorie strutturali descritte da
Labov: l’obiettivo specifico di questa fase ‰ funzionale a una migliore
comprensione delle produzioni narrative in contesti giudiziari, piutto-
sto che a una mera verifica empirica del modello (giƒ ampiamente di-
sponibile in letteratura).
Prima, tuttavia, ‰ necessario trattare ancora un aspetto delle analisi
narrative: la scarsa attenzione che la ricerca ha dedicato
all’integrazione fra aspetti strutturali e aspetti contenutistici: a questo
argomento ‰ dedicato il prossimo paragrafo.

19 Un’ampia rassegna e una discussione critica dei modelli di analisi strutturale con

particolare attenzione all’ordinamento temporale degli eventi e alla coerenza narrativa


… presentata in Mishler (1986b; 1995).

93
Capitolo III

3. Contenuti o strutture: integrazione possibile?

Come ‰ chiaro da quanto abbiamo illustrato in questo capitolo, le


analisi delle strutture narrative e quelle dei contenuti hanno seguito,
per la loro evoluzione storica e metodologica, percorsi diversi che le
hanno fatte considerare sempre soluzioni alternative fra loro.
In occasione dello studio sulle costruzioni narrative del serial killer
M.P. (De Leo e coll., 2004a), abbiamo proposto una soluzione integra-
tiva per tenere conto di entrambi gli aspetti: ci siamo avvalsi del con-
tributo di G. Rosenthal (1993) che, in uno studio sulle ricostruzioni
narrative nelle storie di vita, ha ipotizzato una soluzione di integrazio-
ne per includere i due aspetti e valorizzarne le reciproche interazioni:

Lo scopo dell’analisi delle narrazioni sulle storie di vita … la ricostruzione del signifi-
cato attuale delle esperienze e la ricostruzione dell’ordine temporale della storia evo-
lutiva sia essa scritta o narrata oralmente. L’analisi riguarda in particolare la scoperta
dei meccanismi di selezione che guidano la scelta degli elementi testuali (o delle sto-
rie) in relazione al generale orientamento tematico dell’intervista. L’oggetto di questa
fase analitica – chiamata Thematic Field Analysis – … la ricostruzione della forma e
della struttura della narrazione, cio… del modo in cui la narrazione stessa … temporal-
mente e tematicamente ordinata nell’intervista (Rosenthal 1993, p. 40).

L’organizzazione temporale (la struttura) e quella tematica (i con-


tenuti) consentono al ricercatore di ottenere dal testo un’informazione
pi† completa perch‡ orientata da criteri di pertinenza e di salienza:
l’ordine di elicitazione dei contenuti, la loro sequenzialitƒ nel discor-
so, l’interconnessione con temi affini o, al contrario, antitetici. Si tratta
di criteri che sicuramente spiegano di pi† della semplice frequenza di
occorrenza nei testi delle parole-chiave:

Studiando la sequenza delle storie nelle interviste, le connessioni tematiche e lingui-


stiche fra esse, un ricercatore puˆ vedere quanto gli individui legano fra loro gli even-
ti significativi e le relazioni importanti nelle loro vite. L’analista identifica i segmenti
narrativi, riduce le storie al loro nucleo (“core”), esamina la scelta del lessico, la strut-
tura, le preposizioni, le sequenze di azioni (Riessman 1993, p. 40, corsivo nostro).

Le analisi delle strutture narrative possono aiutare il ricercatore a


ricostruire il sistema dei significati presenti nella narrazione. La The-
matic Field Analysis consente dunque di ricostruire il significato delle
azioni individuali all’interno di un contesto unitario quale ‰ la narra-
zione di un percorso evolutivo complessivo:

94
Le analisi delle narrazioni

le storie […] non possono essere considerate come una serie di esperienze isolate, di-
sposte in ordine cronologico come se fossero strati di rocce sedimentarie; le esperien-
ze individuali sono sempre incluse in contesti coerenti e significativi, in una costru-
zione biografica (Rosenthal 1993, p. 62).

La Thematic Field Analysis consiste in due operazioni congiunte:


(a) una segmentazione delle unitƒ narrative, (b) un’analisi dei temi
emergenti e delle loro connessioni sia dal punto di vista della “realtƒ
storica” sia da quello della loro attualizzazione nella situazione di in-
tervista.
Nell’ultima parte del prossimo capitolo descriveremo un possibile
utilizzo di questo metodo finalizzato all’analisi delle interviste
sull’azione deviante.

95
Declinazioni operative

Studia prima la scientia e poi seguita la pratica nata da essa scien-

tia. Quelli che s’nnamorano di praticha senza scientia sono come li

nocchieri che entran in naviglio senza timone o bussola.

Leonardo da Vinci (1452-1519)

97
La ricerca

Capitolo 4
La ricerca

Alla luce delle premesse teoriche e metodologiche descritte nei ca-


pitoli precedenti, lo studio ‰ stato progettato e impostato nei termini
che verranno descritti nei prossimi paragrafi.

1. Obiettivi

Gli obiettivi sono stati molteplici, spesso rielaborati, perfezionati,


complessificati, alla luce dei criteri di conduzione degli studi di tipo
qualitativo. Rispetto alle specificazioni operative, essi possono essere
formulati come segue.

 Area dei contenuti: … possibile rilevare nelle produzioni narrative


di individui che hanno commesso reati dei pattern comunicativi e
narrativi condivisi e consolidati? Esistono cio‰ dei temi narrativi
sottostanti che danno coerenza e credibilitƒ ai resoconti prodotti
dagli autori di reato? Questo obiettivo generale puˆ essere artico-
lato in declinazioni pi… specifiche e formulato nei termini seguen-
ti:
 quali sono le principali analogie e differenze rispetto ai modelli
teorici disponibili in letteratura?
 esistono differenze qualitativamente apprezzabili nelle costruzioni
narrative riferite a differenti tipi di reato?

 Area delle strutture… possibile definire univocamente una struttura


delle narrazioni prodotte in contesti penali non inquisitivi? In altri
termini, esiste – anche per la narrazione delle azioni devianti – un
modello strutturale delle narrazioni cos„ come gli studi linguistici

99
Capitolo IV

e sociolonguistici hanno rilevato in altri contesti discorsivi e con-


versazionali? Anche questo obiettivo generale puˆ essere sottoar-
ticolato in quesiti di ricerca pi… specifici:
 la struttura narrativa dei resoconti di azioni devianti ‰ conforme ai
modelli narrativi consolidati e acquisiti nella letteratura scientifi-
ca?
 esistono differenze qualitativamente apprezzabili nella struttura
delle narrazioni riferite a diversi tipi di reato e all’esperienza degli
intervistati nel circuito della devianza di tipo penale?

1.1 La costruzione narrativa in termini di contenuti

Una prima classe di obiettivi ‰ relativa i contenuti espressi dai par-


tecipanti allo studio1: in particolare, la costruzione dello studio ‰ fina-
lizzata conoscere i nuclei concettuali elicitati nelle risposte alla traccia
di intervista. Tali nuclei concettuali, o “temi narrativi” (come, in alter-
nativa, li abbiamo chiamati in lavori precedenti: De Leo e coll. 2004a)
sono riferiti alle salienze soggettivamente percepite rispetto
all’oggetto della narrazione. Si tratta, in altri termini, di ciˆ che gli in-
dividui ritengono importante precisare rispetto al tema su cui sono
chiamati a rispondere. Il termine “salienza” ha diverse implicazioni:

 da un lato, infatti, ha a che fare con i riferimenti valoriali e norma-


tivi condivisi in un dato assetto culturale o sub-culturale: ‰ saliente
ciˆ che attiene alla sfera dei valori, delle norme e, in senso pi… a-
stratto, della costruzione intersoggettiva di un ordine nelle cose
(Marsh, Rosser e Harr‚ 1978). Ha dunque una dimensione psicolo-
gico-sociale;
 dall’altro – a livello soggettivo – esso richiama inevitabilmente i
processi di (ri)costruzione mnestica, di attribuzione di senso a epi-
sodi del passato, di attualizzazione di questi nel presente, nella pro-

1
Iniziamo, fin da adesso, a chiamare “partecipanti” (o “rispondenti”) gli individui
che hanno accettato di prendere parte alla ricerca: questa scelta ha motivazioni teori-
che ed epistemologiche precise; l’utilizzo del termine “partecipante” … stato preferito a
quello di “soggetto”, in virt† della connotazione di attivitƒ/attivazione rispetto alla
costruzione delle informazioni della ricerca. Per ragioni analoghe, pi† avanti si parlerƒ
di “gruppo di partecipanti” invece che di “campione della ricerca”, non avendo il re-
quisito della rappresentativitƒ: il reclutamento … avvenuto infatti su base volontaria
(vedi oltre).

100
La ricerca

spettiva scenari futuri2: si tratta dunque di una dimensione che sug-


gerisce ampi riferimenti all’ambito sociale (seppure molti temi nar-
rativi sembrino spesso legati a una “desiderabilitƒ sociale”), ma la
cui dinamica e fenomenologia si colloca a un livello prioritaria-
mente individuale.

Un primo assunto … dunque che i contenuti delle narrazioni indivi-


duali siano salienti.
In secondo luogo, si auspica che ci sia una convergenza intersog-
gettiva su tali temi: nel corso delle analisi infatti dovrebbero essere e-
videnti le ricorrenze di temi narrativi trasversalmente alle diverse nar-
razioni. In tal senso, lo studio si prefigge l’identificazione dei nuclei
concettuali che dovessero risultare qualitativamente prevalenti e inter-
soggettivamente salienti. La descrizione e la definizione concettuale di
tali temi costituirƒ obiettivo di conoscenza e di approfondimento.
A un differente livello di complessitƒ, tali temi narrativi verranno
analizzati – sfruttando le potenzialitƒ del software ATLAS.ti (che ver-
rƒ descritto in seguito) – alla luce delle possibili co-occorrenze: si cer-
cheranno infatti eventuali pattern di associazione fra temi narrativi con
l’obiettivo di ricostruire stili narrativi con contenuti condivisi; partico-
lare enfasi verrƒ data alla presenza nelle costruzioni narrative di temi
riferiti ai modelli teorici del “Disimpegno morale” (Bandura 1997;
Caprara e Malagoli Togliatti 1996; Caprara 2000) e alle “Tecniche di
neutralizzazione della norma” (Sykes e Matza 1957; Fritsche 2002).

1.2 La costruzione narrativa in termini di struttura

Un ulteriore livello di conoscenza attiene alle strutture delle co-


struzioni narrative. Tale ambito (che nel capitolo precedente abbiamo
chiamato “analisi delle strutture narrative”) ‰ qui sviluppato nella ri-
cerca un livello prevalentemente esplorativo: la letteratura
sull’argomento infatti mostra un panorama ampio in cui tuttavia ‰ dif-

2
Nello specifico contesto di applicazione dello studio (la realtƒ penitenziaria) i ri-
ferimenti temporali al presente, al passato e al futuro assumono un significato partico-
lare: si tratta infatti (si vedrƒ pi… avanti) di dimensioni fortemente caratterizzate dal
tema del cambiamento e della responsabilizzazione. Il cambiamento, in particolare, si
collega al passato (una situazione normativamente connotata su un versante negativo:
il reato) e a una previsione/aspettativa futura di comportamenti intenzionalmente o-
rientati a un versante positivo (il rispetto delle regole, la riconciliazione con la vittima,
le prospettive risocializzanti, etc.).

101
Capitolo IV

ficile trovare modelli consolidati; una variabile importante ‰


l’estensione dei testi da sottoporre ad analisi: da una parte, sono stati
forniti risultati interessanti con testi brevi (Labov e Waletsky 1967;
Labov 1982; 1997), dall’altra, l’analisi di lunghe interviste ha favorito
il consolidamento di modelli di analisi di tipo matematico-quantitativo
(Abbott e Hrycak 1990; Abell 1984; 1993).
In questo caso, la natura qualitativa dello studio ci porta a preferire
la prima area con particolare attenzione all’Evaluation Model (a cui
abbiamo fatto riferimento nel capitolo precedente, • 2.4): proveremo
dunque ad applicare questo a testi estesi quali le trascrizioni delle in-
terviste narrative per lo studio dell’azione deviante.
Trasversalmente alle categorie di obiettivi descrittivi, sarƒ oggetto
di interesse e valutazione un’analisi dei pattern di associazione fra te-
mi narrativi, aspetti strutturali e tipi di reati commessi dai rispondenti:
si ipotizza infatti che diversi reati siano connessi a diversi stili e con-
tenuti narrativi. Tale differenza, sia di tipo quantitativo che qualitati-
vo, se effettivamente esistente, ha importanti implicazioni per la co-
municazione e l’intervento.

2. Il contatto con gli intervistati

Ai fini della rilevazione delle informazioni necessarie per imple-


mentare le analisi qualitative descritte in precedenza ‰ stato necessario
percorrere un iter burocratico per ottenere le formali autorizzazioni da
parte degli organismi competenti.
In una prima fase, ‰ stata inviata una richiesta preliminare di auto-
rizzazione all’Ufficio Segreteria Generale e Direzione Generale Dete-
nuti e Trattamento.
In un secondo momento, ottenuta l’autorizzazione da parte della Se-
greteria Generale, sono stati presi contatti con l’Istituto Penale “Regi-
na Coeli” (Roma).
Infine, ‰ stato possibile accedere alle Sezioni dell’Istituto. In parti-
colare, sono state frequentate le seguenti sezioni:
II: riservata principalmente ai detenuti con problemi di tossicodi-
pendenza,
IV e V: riservate principalmente ai detenuti coinvolti in reati co-
muni,
VI: riservata principalmente ai detenuti lavoranti,

102
La ricerca

VIII: riservata principalmente ai detenuti coinvolti in reati a sfondo


sessuale o soggetti a isolamento.
Un iter analogo era stato seguito in precedenza per contattare un
gruppo di detenuti presso l’Istituto Penale “Rebibbia Nuovo Comples-
so” (Roma), dove ‰ stata svolta una fase pilota nell’ambito di una tesi
di laurea curata dalla cattedra di Psicologia Giuridica dell’Universitƒ
degli Studi di Roma “La Sapienza” (prof. Gaetano De Leo): in tale
occasione sono state effettuate in totale 38 interviste (18 delle quali
sono state incluse nella base empirica della presente ricerca)3 ed ‰ sta-
ta perfezionata la traccia di intervista narrativa (descritta nel prossimo
paragrafo). Le interviste svolte a Rebibbia sono state effettuate fra
febbraio e marzo 2003. Il periodo di svolgimento delle interviste a
Regina Coeli ‰ compreso fra ottobre e dicembre 2003.

2.1 Il setting e la conduzione delle interviste

A ciascun detenuto ‰ stata proposta la partecipazione in forma as-


solutamente anonima alla ricerca. I volontari che hanno accettato lo
hanno fatto mostrando un particolare interesse al dialogo e al confron-
to con un ricercatore totalmente esterno al contesto carcerario: per
questa ragione, tutti coloro che hanno partecipato hanno parlato molto
e volentieri mettendo in campo anche episodi di vita personale e a-
spetti emotivi legati alle relazioni sociali (familiari, con le vittime dei
reati, con le istituzioni).
Tutte le interviste si sono svolte negli spazi riservati ai colloqui con
gli operatori (assistenti sociali, psicologi, sacerdote) previo consenso
degli agenti di polizia penitenziaria della specifica sezione: tali am-
bienti consistono in stanze di circa m 2 x 4, arredati da un tavolo, due
sedie e un piccolo armadio, illuminati da luce prevalentemente artifi-
ciale. L’esordio consisteva sempre in una breve descrizione della ri-
cerca e dell’intervistatore; era importante instaurare un clima di fidu-
cia, apertura e dialogo: per questa ragione, prima di iniziare
l’intervista tutti gli intervistati sono stati informati sui diritti che – in
quanto partecipanti alla ricerca – avevano nei confronti delle informa-
zioni scambiate. L’Appendice C mostra il modulo che ciascuno di essi

3
Tale operazione, in ottemperanza ai principi del “campionamento teorico” (cfr.
Strauss e Corbin 1990: vedi anche capitolo precedente), … stata necessaria per ottenere
interviste con rispondenti accuati di omicidio: a “Rebibbia” infatti si riscontra una
maggiore quantitƒ di detenuti per tale reato.

103
Capitolo IV

ha letto e sottoscritto in duplice copia (una per s‚ stesso e uno da tene-


re agli atti dell’amministrazione del carcere). In esso sono contenute
anche tutte le informazioni sulla tutela della privacy.
Tutte le informazioni sono state riportate sui protocolli di intervista
(App. B) e trascritte (lo stesso giorno della conduzione) in formato di-
gitale in file Microsoft Word per l’analisi qualitativa mediante
ATLAS.ti.
Purtroppo, data la particolare natura del contesto di rilevazione (il
carcere) e la delicatezza delle informazioni (dettagli sui reati, sui per-
corsi di carriera deviante, altre informazioni personali) non ‰ stato
possibile audioregistrare nessuna intervista. Per questa ragione,
l’intervistatore ha effettuato le prime interviste con un obiettivo esplo-
rativo di messa a punto dei protocolli, dei metodi di trascrizione velo-
ce, della conduzione complessiva del colloquio anche rispetto alle tec-
niche di rilancio, di riformulazione delle domande e di probing
(Zammuner 1996).
La durata media delle interviste ‰ stata di 1 ora e 15 minuti circa.

3. La costruzione della traccia d’intervista

Rispetto agli obiettivi descritti nel paragrafo precedente e in virt…


degli orientamenti teorici ed epistemologici descritti nei capitoli pre-
cedenti, abbiamo scelto di utilizzare – come strumento di rilevazione
delle osservazioni4 – un’intervista narrativa.
Tale strumento ci consente di lasciare ampio spazio all’intervistato
per l’espressione individuale: come abbiamo scritto altrove (De Leo e
coll. 2004a), l’obiettivo di ricostruire narrativamente l’azione devian-
te pu• essere perseguito mediante una tecnica di ricerca qualitativa
che consente di valorizzare la capacitƒ tipicamente umana di attribuire
significati soggettivamente e interattivamente co-costruiti nella stessa
situazione di intervista.
Il percorso che ci ha consentito di optare per l’intervista narrativa
(fra le tecniche di ricerca qualitativa disponibili) … stato diffusamente

4
Si deve a Mannetti e Pierro (1998), la distinzione fra “osservazioni” e “dati”: gli
Autori hanno efficacemente sostenuto la connotazione maggiormente positivista che il
secondo termine implica. Da parte nostra, tendiamo dunque a privilegiare il termine
“osservazioni” o - come scritto altrove (De Gregorio e Mosiello 2004) - quello di “in-
formazioni”.

104
La ricerca

descritto in un lavoro precedente (De Leo e coll. 2004a e nel capitolo


2): in quella sede abbiamo trattato delle interviste qualitative (in gene-
rale) e di quelle specificamente dedicate allo studio dell’azione devi-
ante. Ne riprendiamo adesso i punti principali iniziando da una defini-
zione generale di “intervista qualitativa”: l’intervista ‰ un’interazione5
tra un intervistato e un intervistatore, con finalitƒ di tipo conoscitivo,
guidata in maniera pi… o meno direttiva dall’intervistatore sulla base di
uno schema di interrogazione (Bichi 2002; Corbetta 2003b); essa con-
sente di

studiare i processi in cui la parola ‰ il vettore principale (azioni passate, saperi sociali,
sistemi di valori e di norme) e anche di studiare “la parola” in s‚ (attraverso l’analisi
delle strutture discorsive, dei fenomeni di persuasione, dell’argomentazione, etc.). ‡
un dispositivo d’indagine che consente di superare molte resistenze dell’intervistato
ed ‰ dunque utile alla conoscenza dei progetti di senso, ‰ un modo d’accesso efficace
alle rappresentazioni e alle opinioni individuali, ‰ uno strumento utile allo studio dei
processi di categorizzazione, permette di leggere la profonditƒ temporale e dunque il
divenire processuale dei fenomeni studiati, consente di ridurre l’opacizzazione provo-
cata dalla standardizzazione (Bichi 2002, p. 10).

Sebbene inevitabilmente condizionata da vincoli temporali e da


dimensioni legate all’intrinseca dinamica fra ruoli (con implicazioni
rispetto al “potere” di gestire e indirizzare la relazione) l’intervista
qualitativa valorizza il contributo degli intervistati e degli intervistato-
ri alla comune costruzione del processo di conoscenza (Holstein e Gu-
brium 1997; Losito 2004)6.
L’intervista narrativa che ha fatto da base per la rilevazione delle
informazioni (la cui traccia ‰ riportata in Appendice B) tiene conto
degli aspetti teorici ed epistemologici che abbiamo appena descritto e
di quelli a cui si ‰ fatto riferimento nel capitolo precedente.
Essa si fonda su due domande aperte, dette “generative” (Bichi
2002) interamente riportare nella finestra 1. La traccia completa ‰ ri-
portata anche in De Leo e coll. 2004a).
La due domande, da cui (come vedremo a breve) originano due
tracce di intervista affini ma distinte, si caratterizzano per un diverso

5
L’accezione di “relazione interattiva” … presente anche in alcune definizioni del
concetto di “narrazione”: essa ‰… una transazione sociale. Ciˆ che si scambia ‰ una
storia: la stessa narrazione assume la forma che assume proprio perch‚ c’‰ una storia
che transita. La narrazione ‰ dunque la pratica sociale in cui due o piˆ persone metto-
no in comune una storia• (Jedlowski 2000, p. 66).
6
Vedi a questo riguarda anche il capitolo precedente (• 3).

105
Capitolo IV

orientamento conoscitivo. La prima (domanda A) ‰ stata inizialmente


sottoposta a tutti rispondenti: essa punta l’attenzione su un singolo e-
vento-reato rispetto a cui la persona sceglie l’azione che reputa pi… si-
gnificativa ai fini della narrazione oppure quella che lo espone meno
dal punto di vista degli errori in cui ‰ possibile incorrere o delle con-
traddizioni.
Finestra 1. La formulazione delle domande generative.

A B
Potrebbe raccontarmi il reato per cui Le nostre vite cambiano continua-
si trova in carcere o un reato che ‰ mente, ma alcuni sono cambiamenti
stato particolarmente importante? cruciali, cambiamenti di direzione,
Un’azione che ha avuto conseguenze potremmo dire. Questi cambiamenti,
penali e di cui le andrebbe di parlar- in genere, sono legati ad episodi ri-
mi? levanti. Ripensando a lei, alla sua
La prego di raccontare dal suo punto storia, puˆ individuare alcuni di que-
di vista. Non intendo un riassunto di sti episodi (2 o 3)? Puˆ raccontarme-
quello che ‰ successo, ma come lo li brevemente spiegando anche le
racconterebbe a qualcuno che non ne ragioni per cui li considera cos„ rile-
sa niente, che ‰ molto interessato al vanti?
racconto e che ha molto tempo a di-
sposizione.7 (Specificare che il rac-
conto puˆ iniziare da un qualunque
momento temporale, dalle conse-
guenze o dagli antecedenti, e da qua-
lunque sua sequenza).

Tale scelta implica anche la dimensione temporale che verrƒ valo-


rizzata: si puˆ, ad esempio, scegliere un’azione recente o una pi… lon-
tana nel tempo, iniziare il racconto a partire dagli antecedenti o dai
suoi effetti.
In ogni caso, e come ‰ nella natura delle domande generative, la ri-
sposta puˆ essere esauriente di tutti i temi importanti dell’intervista e
salienti per la persona: l’intervista, in questo caso, si esaurirebbe qui.
Se la persona si mostra disponibile e collaborativa (interessata e moti-
vata all’approfondimento dei temi emersi), allora l’intervistatore puˆ
assecondare l’intervistato inserendo, al momento opportuno, richieste
di chiarimento secondo quanto previsto dalle domande di approfondi-
mento.

7La formulazione di quest’ultima richiesta … stata tratta, con gli opportuni aggiu-
stamenti, da Bruner e Feldman (1999).

106
La ricerca

La domanda B ‰ stata sottoposta a quei rispondenti che riferivano


di aver avuto una lunga serie di episodi-reato e rispetto ai quali poteva
essere utile ricercare una costruzione narrativa della carriera deviante.
Entrambe le domande favoriscono una elaborazione “aperta” delle
risposte lasciando al soggetto la possibilitƒ di scegliere da dove inizia-
re il racconto e quale contenuto privilegiare come saliente (vedi • 1 in
questo capitolo) orientando – a partire dai contenuti emersi e in ma-
niera progressiva – specifici percorsi di approfondimento.
Per quanto riguarda la traccia A, alla domanda riportata nella fine-
stra 3 potevano seguire ulteriori domande con eventuali specificazioni
su temi non adeguatamente approfonditi. Si trattava ad esempio, di
temi:

– a cui l’intervistato aveva accennato per aver poi cambiato argo-


mento, oppure
– intorno a cui girava il discorso, ma che non erano mai stai appro-
fonditi, o ancora
– che sulla base delle interviste condotte in precedenza andava assu-
mendo contorni definiti e rilevanti (questa ultima opzione ‰ in linea
con i principi dell’approccio Grounded theory).

Tali domande erano fondate sugli indicatori riportati in Appendice


A e riferite – proprio in virt… di questa articolazione interna – a model-
li teorici rilevanti nel contesto della disciplina. Nella strutturazione
della traccia infatti abbiamo fatto particolare riferimento alle dimen-
sioni presenti nella Goal-Directed Action (il “triangolo concettuale” di
von Cranach e Harr‡ (1982) nelle successive elaborazioni con partico-
lare riguardo alle funzioni strumentali ed espressive dell’azione devi-
ante (De Leo e Patrizi 1992; 1999).
La traccia A tiene conto degli aspetti teorici descritti nel capitolo 1.
Nella sezione successiva alla domanda generativa costituita dalle do-
mande 1 e 2 (da questo punto in poi cfr. App. B) – esamina la dimen-
sione oggettiva e oggettivabile dell’azione (il comportamento manife-
sto, secondo il modello di von Cranach e Harr‚ 1982) esplorando i di-
versi elementi costitutivi della situazione:

– contesto (tempo, spazio, partecipanti e loro relazioni);


– situazione immediatamente precedente;

107
Capitolo IV

– comportamenti specifici (facendo riferimento eventualmente anche


a movimenti, posture, etc.);
– interazioni;
– reazioni.
Si chiede di descrivere cosa ‰ successo nel momento in cui
l’azione ha avuto luogo, valorizzando una prospettiva (il pi… possibile)
“esterna” all’attore-narratore.
La sezione successiva (domande da 3 a 13) ricerca informazioni
sugli aspetti cognitivi (le cognizioni coscienti: von Cranach e Harr‚
1982) che hanno accompagnato il corso d’azione:

– le convinzioni consapevoli sulle scelte fattuali (prima, durante, do-


po l’azione);
– gli obiettivi che hanno preceduto l’inizio dell’azione;
– l’intenzionalitƒ soggettiva rispetto allo scopo;
– l’anticipazione delle conseguenze;
– l’importanza percepita del ruolo che altri hanno avuto rispetto al
corso d’azione.

In particolare, vengono indagate le ragioni/motivazioni autoattri-


buite, legate all’azione, a s‡, agli altri partecipanti, alle conseguenze
attese.
Nella quarta sezione dell’intervista (domande da 14 a 24) si esplora
il senso dell’azione secondo il punto di vista, soggettivamente elabora-
to dall’autore, dei diversi attori coinvolti, della cultura di appartenen-
za, delle norme e regole vigenti in quel contesto (i significati sociali);
vengono indagate le funzioni – anticipatorie rispetto all’azione, con-
temporanee e conseguenti – riguardanti:

– il S‚;
– gli altri significativi (famiglia, gruppi di appartenenza e di riferi-
mento);
– la vittima;
– il controllo informale;
– le agenzie del controllo sociale formalizzato.

In particolare, rispetto all’ultimo referente, viene esaminata la fo-


rensic awareness (la consapevolezza di “giocare” con le forze
dell’ordine), quale variabile presente e critica nell’agire deviante, co-

108
La ricerca

me mostrano alcuni casi di cronaca recente (si pensi al caso di Una-


bomber).
In questo contesto, si colloca l’analisi dei vissuti personali e dei signi-
ficati che l’attore riferisce al contesto in cui l’azione deviante ‰ stata
perpetrata (la situazione, gli altri partecipanti, la vittima, i referenti
normativi, il controllo sociale formale e informale). In questa parte
dell’intervista, pi… in particolare, si evidenziano i riferimenti alle fun-
zioni svolte dall’azione: si tratta della distinzione (di cui abbiamo giƒ
parlato nel cap. 1 • 2.1) fra gli effetti strumentali (gli obiettivi diretti e
concreti che l’attore ha, consapevolmente, perseguito) e gli effetti e-
spressivi (quali comunicazioni, secondo una prospettiva pragmatica,
egli ha voluto inviare?). Il resoconto rappresenta, in questo senso, lo
strumento attraverso cui l’attore sociale riporta al livello di consape-
volezza queste tensioni comunicative (gli effetti espressivi attengono,
spesso, in qualche modo, a una soglia pre-attentiva, latente).
Le tre domande di chiusura (da 26 a 28) suggeriscono alla persona
di pensare a possibili scenari alternativi, di evocare le ipotesi effettua-
te di percorsi non attualizzati o di esprimere quanto di soggettivamen-
te rilevante non ‰ stato previsto dalle domande poste.
Per quanto riguarda gli aspetti pi… tecnici della formulazione delle
domande, abbiamo fatto riferimento alle indicazioni proposte da Gei-
selman, Fisher, Firstenberg, Hutton, Sullivan, Avetissian e Prosk
(1984) e da Geiselman, Fisher MacKinnon e Holland (1986) riguardo
alla conduzione di interviste con vittime o con testimoni di reati8. In
tali circostanze infatti la necessitƒ di interrogare sul reato le vittime
che lo avevano subito ha prodotto una particolare attenzione alle tec-
niche di recupero dell’informazione. Basandosi sul Principio della
specificitƒ di codifica9 (Tulving e Thomson 1973), Geiselman e coll.
(1984) hanno proposto un metodo di rievocazione guidata che si avva-
le di quattro memotecniche la cui validitƒ ‰ stata ampiamente dimo-
strata in studi di laboratorio:

1. rivivere mentalmente il contesto ambientale e lo stato d’animo


personale “vissuti” al momento dell’evento criminoso: l’obiettivo … di

8
Per una trattazione ulteriore e un’applicazione al contesto italiano si vedano an-
che Cavedon (1994) Scali, Calabrese e Biscione (2003), Scali e Calabrese (2002) e
Gulotta e Cutica (2000; 2004).
9
Secondo questo principio, Œil ricordo di un evento ‰ migliore quando tutto il con-
testo relativo al momento dell’immagazinamento e della codifica dell’evento ‰ simile
al contesto al momento del recupero• (Gulotta e Cutica 2000, p. 536).

109
Capitolo IV

favorire la memoria episodica attraverso la ricostruzione delle sequen-


ze comportamentali o la rivisitazione della scena del crimine;
2. riferire qualunque cosa, anche le informazioni apparentemen-
te secondarie: l’incoraggiamento dell’espressione libera, incensurata,
contribuisce a rendere i resoconti pi† completi;
3. riferire gli eventi variandone l’ordine di esposizione: partico-
larmente utile quando il testimone ‰ un soggetto in etƒ evolutiva, con-
sente di rilevare particolari diversi rispetto alla semplice rievocazione
cronologica;
4. rievocare gli eventi da un punto di osservazione diverso da
quello in cui il soggetto si trovava al momento dello svolgimento del
fatto: l’adozione della prospettiva di altri testimoni (o della vittima, se
il rispondente … l’autore del reato) consente di variare sia la prospetti-
va visuo-spaziale sia quella psicologica.

La traccia B ha come principali presupposti teorici il concetto di


“carriera morale” (Harr‡ 1979; 1993; Goffman 1961) e il modello car-
riere devianti (Becker 1963).
Secondo Harr‡ (1993, trad. it. 1994, pp. 274-275),

una carriera morale [...] ‰ la storia di un individuo elaborata in riferimento agli altrui
atteggiamenti e opinioni, nonch‚ agli atteggiamenti e alle opinioni che l’individuo
sviluppa verso se stesso, formati sulla base dell’interpretazione degli atteggiamenti e
delle opinioni manifestate dagli altri.

Dal punto di vista psicologico, le credenze che una persona sviluppa rispetto agli av-
venimenti della propria vita e ai valori che producono sono cruciali per quel che ri-
guarda la pianificazione del futuro e la memoria del passato. [...] proprio al livello in
cui le credenze sono significative per la persona che conduce una determinata esisten-
za e per le persone che la circondano, ogni vita ‰ unica e differente da qualsiasi altra
(ibidem, p. 272).

Questo orientamento invita a considerare l’agire deviante, le sue


conseguenze, come un “filtro” che organizza il modo in cui la persona
stessa interpreta e riferisce il percorso di vita.

Secondo l’ipotesi contenuta, in particolare, nella seconda edizione de La spiegazione


del crimine (De Leo e Patrizi, 1999), ‰ importante poter collocare la singola azione
all’interno di un percorso deviante (anche se i concetti potrebbero essere applicati a
qualunque carriera in qualunque settore) e, in senso pi… ampio, all’interno di un intero
percorso biografico, per cogliere il senso con cui la persona interpreta e dota di senso
l’azione rispetto alla propria storia e, continuamente, reinterpreta quest’ultima alla
luce del proprio agire e del proprio narrare di quell’agire. La storia di vita ‰ uno stru-

110
La ricerca

mento di ricerca qualitativa che – dagli studi pionieristici di Howard S. Becker – ‰


stato ampiamente usato proprio per lo studio delle carriere (De Leo e coll. 2004a, pp.
118-119).
‡ al prezioso contributo di Becker (1963) che dobbiamo l’avvio
pi… sistematico dello studio sulle carriere devianti. Tale modello ‰ sta-
to ripreso e ampliato da De Leo (1992), De Leo e Patrizi (1992; 1999)
che hanno delineato uno schema concettuale per analizzare il proces-
so, articolato in tre fasi, che conduce all’assunzione di un’identitƒ de-
viante.
Le fasi e il processo sono descritti qui contestualmente
all’illustrazione della traccia B dell’intervista la cui struttura prevede
infatti tre sezioni. La prima sezione consta della domanda generativa
B riportata in precedenza nella finestra 1: in essa il percorso di carriera
viene operazionalizzato facendo riferimento ai “punti di svolta”10 che
l’hanno caratterizzato. Per quanto riguarda le aree successive, la do-
manda n. 4 ‰ riferita, specificamente, al percorso di devianza. La trac-
cia prevede, poi, una serie di domande di approfondimento degli a-
spetti eventualmente non compresi nelle risposte precedenti del narra-
tore (domande da 5 a 19)11.
La formulazione delle domande ha l’obiettivo di orientare la per-
sona ad esplicitare la percezione di S‚ e della sviluppo evolutivo
(“processualitƒ”) dell’azione deviante. La traccia prevede, pertanto,
approfondimenti sulle tappe della carriera:

– antecedenti storici (comprensivi degli incidenti critici): si tratta


delle condizioni iniziali nel percorso di vita del soggetto con parti-
colare riferimento alla storia familiare, alle relazioni in ambito sco-
lastico e/o lavorativo, alle esperienze maturate all’interno del grup-
po dei pari. Tali condizioni antecedenti, soggettivamente percepite
e vissute, possono essere considerate come indicatori di rischio a-
specifici: questo perch‚, pur essendo presenti nella maggior parte

10
‰Con “punti di svolta”, Bruner intende i momenti chiave di cambiamento e di
rottura degli schemi canonici di riferimento, sono dei veri e propri nodi nelle strutture
narrative e […] costituiscono le ragioni di squilibrio che producono il resoconto. Essi
assumono una particolare rilevanza dal punto di vista del nostro lavoro, poich‡ rap-
presentano il modo con cui l’attore cadenza soggettivamente e socialmente la propria
vita e, all’interno di essa (secondo la prospettiva teorica delle carriere), i passaggi cru-
ciali nel percorso della devianzaŠ (De Leo e coll. 2004a, p. 124).
11
Il procedimento generale (con l’utilizzo interattivo delle domande di approfon-
dimento) … quello giƒ descritto per l’intervista sull’azione, alla quale pertanto si ri-
manda.

111
Capitolo IV

delle carriere devianti, non hanno necessariamente come esito


quello della devianza;
– crisi ed esordio delle azioni devianti: rappresenta la fase pi… ri-
schiosa dell’intero processo (rispetto alla possibilitƒ che si instauri
un percorso di carriera deviante) e consiste in episodi soggettiva-
mente percepiti in maniera negativa. In questa fase, i rischi a-
specifici della prima fase (antecedenti storici) possono acquisire
una direzione specifica verso la devianza;
– prosecuzione: dalle prime esperienze, l’attore sociale scopre i van-
taggi strumentali o simbolici delle sua azioni. Avviene in questa
fase il riconoscimento da parte degli altri del proprio “saper fare
nella devianza”: la persona sperimenta “con successo” situazioni,
le trasgressioni penali, dove il confronto fra le attese altrui, le sfide
proposte e le proprie capacitƒ di gestione appare, seppure pericolo-
so, pi† “semplice” ed immediato questa sperimentazione di succes-
so, che ha importanti implicazioni anche a livello dell’autostima
individuale e della “stima” degli altri, verrƒ in seguito rintracciata e
sostenuta dal tema narrativa dell’autoefficacia;
– stabilizzazione: fa riferimento alla probabilitƒ che il percorso della
devianza si possa consolidare. ‡ una fase che (rispetto alle altre)
puˆ avere lunga durata ed essere foriera di componenti emotive
forti che stabilizzano il percorso: si tratta di aspetti che – unitamen-
te a un riconoscimento di S‚ come deviante e dei contesti di appar-
tenenza (famiglia, altri significativi) – suggeriscono un consolida-
mento del percorso stesso12: diciamo qui che il consolidamento dei
percorsi d’azione attiene, secondo la classica interpretazione dei
teorici del labelling (Becker 1963), alla convergenza fra la defini-
zione di S‚ (dell’attore) e l’attribuzione di uno status da parte degli
osservatori esterni (il controllo, la comunitƒ, etc.).

4. Descrizione dei partecipanti alla ricerca

La rilevazione delle variabili descrittive ‰ stata effettuata alla fine


di ciascuna intervista per due ragioni: da una parte si voleva evitare di
“indisporre” la persona con domande molto dirette e personali,
dall’altra, avendo inizialmente instaurato un clima di cordiale fiducia,

12
Nei prossimi paragrafi, illustrando i risultati, si parlerƒ spesso della costruzione
narrativa dell’azione deviante come “percorso inevitabile”.

112
La ricerca

era utile iniziare le interviste con argomenti di maggiore centralitƒ ri-


spetto agli obiettivi dell’indagine.
L’intero gruppo di partecipanti alla ricerca finale, presentata in
queste pagine, ‰ composto da 33 individui che hanno un’etƒ compresa
da 18 a 65 anni. La tabella II mostra la descrizione rispetto alla varia-
bile anagrafica13: come si vede, la fascia di etƒ pi… rappresentata ‰
quella fra 31 e 35 anni, quella che ha una frequenza pi… bassa (etƒ
compresa fra 50 e 55 anni) conta un solo soggetto.
Tabella II. Distribuzione per fasce d’etƒ dei partecipanti alla ricerca.

frequenza %
et€ compresa fra 18 e 25 anni 4 12,1
et€ compresa fra 26 e 30 anni 3 9,1
et€ compresa fra 31 e 35 anni 8 24,2
et€ compresa fra 35 e 40 anni 5 15,2
et€ compresa fra 40 e 45 anni 6 18,2
et€ compresa fra 45 e 50 anni 2 6,1
et€ compresa fra 50 e 55 anni 1 3,0
et€ compresa fra 55 e 60 anni 2 6,1
et€ oltre 60 anni 2 6,1
totale 33 100,0

Come mostra il grafico 1, la maggior parte di essi sta scontando


una pena per aver commesso un omicidio (30%), in due casi (6%) nel
corso di una rapina. Il 46% ha commesso solo rapine o furti e il 21% ‰
dedito allo spaccio e/o al traffico di stupefacenti.
Grafico 1. Reato per cui si sconta l’attuale detenzione.

3%

21%
rapina / furto
omicidio
46%
6% rapina con omicidio

spaccio (o traffico) di stupefacenti

24% ricettazione

13
Si intende l’etƒ al momento della rilevazione.

113
Capitolo IV

Il 24% sta scontando la prima detenzione, il 34% invece ‰ pluri-


pregiudicato (tabella III).
Tabella III. Sintesi delle detenzioni precedenti.

numero di detenzioni Frequenza percentuale

Nessuna 8 24 %

Una 7 21 %

Due 6 18 %

Tre 1 3%

pi… di tre 12 34 %

Un altro elemento descrittivo del gruppo ‰ la provenienza geogra-


fica (grafico 2). Spicca la provenienza dal Centro-Italia (in particolare
dal Lazio), due soli intervistati vengono da Paesi extracomunitari (uno
dal Nord Africa) e uno dall’Est europeo.
Per quanto riguarda il livello di scolarizzazione (grafico 3: a questo
item hanno risposto 32 intervistati)14, la maggior parte degli intervista-
ti ha frequentato un istituto tecnico (38 %) e molti di loro conseguito
solo la licenza media (31 %).
Grafico 2. Provenienza geografica degli intervistati.

3% 3% 9%
18% Nord Italia
Centro Italia
Sud Italia
Estero, Europa Orientale
Nord Africa
67%

14
Solo uno di essi ha preferito non rispondere, non ricordando esattamente quale
livello di scolarizzazione aveva conseguito.

114
La ricerca

Grafico 3. Livello di scolarizzazione degli intervistati.

6% 3% 9%

31%
38%

13%

(N = 32)

scuola elementare scuola media


scuola media e 2-3 anni di scuola superiore istituto tecnico
liceo universit€ incompiuta

Per quanto riguarda la descrizione di questa caratteristica, abbiamo


ritenuto opportuno inserire nella categorizzazione anche due livelli
non strettamente corrispondenti a “titoli di studio”: questo perch‚ al-
cuni dei rispondenti hanno tenuto a precisare di aver frequentato i
primi anni dell’universitƒ (3 %) e un biennio successivo alla scuola
media (13 %), senza tuttavia terminare i corsi di studio.
Nel periodo precedente l’attuale detenzione, la metƒ degli intervi-
stati erano disoccupati (grafico 4):
Grafico 4. Occupazione precedente all’arresto.

9%
3% nessuna occupazione
ope raio
13%
artigiano

50% impie gato


commerciante
19% libe ro profe ssionista
3% 3% altro

(N = 32)

115
Capitolo IV

Rispetto ai temi della traccia di intervista narrativa, eravamo inoltre


interessati conoscere verso quali “altri significativi” i rispondenti indi-
rizzavano le loro riflessioni, chi ne ‰ il referente simbolico: abbiamo
dunque chiesto – sempre a livello di informazione di sfondo – da
quante e quali persone era composto il nucleo familiare. Non sorpren-
de che alcuni abbiano indicato la famiglia di origine (genitori, fratelli
e sorelle), altri la famiglia acquisita (moglie e figli). Il grafico 5 illu-
stra i dettagli delle percentuali:
Grafico 5. Composizione del nucleo familiare.

16% 13%
3%
6% 10%

29% 23%

(N = 3 1 )

n e s s una fa m ig lia 3 pe r s o n e , c o n m a dre e pa dre


fa m iglia m o n o p a r e nta le m o glie e fig li (3-4 pe rs o n e )

fa m iglia e s te s a o n u m e r o s a fra te lli e /o s o r e lle


a ltra c o m p o s izio ne

Il 29 % dichiara di provenire da una famiglia estesa o numerosa


(genitori, zii, cugini o molti figli), il 23 % fa riferimento esclusiva-
mente alla moglie (e a uno o due figli), solo il 3 % vive ancora con i
entrambi i genitori, mentre il 10 % ha solo un genitore ancora in vita.
Solo due persone hanno preferito non rispondere.
Infine, per un migliore inquadramento del gruppo di rispondenti, ci
sembrava interessante capire quanto tempo avevano trascorso in car-
cere per l’attuale detenzione (grafico 6) e qual ‰ l’entitƒ della pena an-
cora da scontare (grafico 7).
La maggior parte dei volontari che hanno scelto di rispondere
all’intervista ha giƒ scontato pi… di tre anni di detenzione (47 %: grafi-
co 6) e – in linea con le imputazioni – il 57 % di loro deve ancora tra-
scorrere in carcere un periodo superiore a tre anni:

116
La ricerca

Grafico 6. Tempo trascorso in carcere (al momento della rilevazione).

29%
meno di 6 mesi
47% fra 6 mesi e 1 anno e mezzo
fra 1 anno e mezzo e 3 anni
oltre 3 anni
12%
12%

Grafico 7. Tempo da trascorrere in carcere (al momento della rilevazione).15

18%

7% meno di 6 mesi
fra 6 mesi e 1 anno e mezzo
57% fra 1 anno e mezzo e 3 anni
18% oltre 3 anni

5. Le analisi delle informazioni con ATLAS.ti

ATLAS.ti … un software di supporto all’analisi del contenuto di ti-


po interpretativo: esso … stato progettato in Germania nella prima metƒ
degli anni Novanta. Come abbiamo discusso altrove a proposito dei
“Computer Assisted Qualitative Data Analysis Software” (De Grego-

15
Il dato riportato nel grafico 7 si riferisce a 28 soggetti, in quanto 5 erano ancora
in attesa della sentenza definitiva.

117
Capitolo IV

rio e Mosiello 2004; Chiarolanza e De Gregorio 2007), ATLAS.ti16 ‰


un software pensato coerentemente con un approccio Grounded the-
ory: per questa ragione molte delle operazioni implementabili sono
caratterizzate dall’iterativitƒ, dalla ricorsivitƒ, dal progressivo avvici-
namento alla definizione (o meglio, al perfezionamento) di un modello
teorico emergente dai dati.
La progettazione di ATLAS.ti rientra nel pi… generale fermento
tecnico-metodologico a cui la letteratura anglosassone fa spesso rife-
rimento con l’acronimo CAQDAS (Computer Assisted Qualitative
Data Analysis Software): sono programmi che consentono di gestire
l’analisi dei dati qualitativi (Coffey, Holbrook e Atkinson 1996; Fiel-
ding e Lee 1991; 1998; Bringer, Johnston e Brackenridge 2006; Le-
wins e Silver 2007; Bazeley 2007). I CAQDAS facilitano il lavoro del
ricercatore in vario modo:

– automatizzando alcune fasi delle analisi,


– rendendo confrontabile il lavoro interpretativo svolto da analisti
diversi sullo stesso materiale,
– tenendo memoria di tutte le fasi di analisi anche attraverso la crea-
zione di annotazioni (memos), file di testo in cui il ricercatore puˆ
scrivere definizioni, idee, esplicazioni, note etnografiche, prassi da
condividere con altri membri dell’equipe,
– velocizzando la creazione di output grafici, tabelle, reti di relazioni
per la sintesi dei risultati.

La maggior parte dei CAQDAS oggi disponibili consente di tratta-


re, integrare, analizzare le informazioni in maniera estremamente ver-
satile. Le differenze fra i principali software attengono, da una parte,
ai modelli teorici dei rispettivi fondatori (Kelle 1997; 2005) e,
dall’altra, alle potenzialitƒ di ciascuno di essi rispetto alle esigenze a-
nalitiche dei ricercatori (Barry 1998).
Anche in Italia, negli ultimi anni, i CAQDAS stanno avendo larga
diffusione di pari passo a un incremento della ricerca qualitativa nel
suo complesso nelle scienze sociali (Cipriani e Bolasco 1995; Cipriani
1997; Bichi 2002), anche in psicologia: si vedano, fra i tanti, Milesi e
Catellani (2002), Moscardino (2003), Albanesi (2002), Manetti, Mi-
gliorini e Venini (2002).
16
Da adesso in poi ci riferiremo spesso al software come “A5” indicando quindi la
versione 5.0 di ATLAS.ti, quella che abbiamo utilizzato.

118
La ricerca

5.1 La creazione dell’unitƒ ermeneutica

La prima fondamentale fase del lavoro in ATLAS.ti ‰ la creazione


dell’unitƒ ermeneutica (d’ora in poi verrƒ spesso chiamata HU: Her-
meneutic Units): si tratta, nel gergo del software, del “file” principale
che comprende al suo interno diversi elementi fra cui i testi17 da sotto-
porre ad analisi. ‡ bene tuttavia limitare la denominazione di “file” a
questi ultimi (i documenti originari), in quanto l’utilizzo generico del
termine potrebbe far confondere fra i singoli testi e l’intera HU.
‡ bene sottolineare inoltre che i testi (nel nostro caso si tratta delle
trascrizioni delle interviste condotte con i partecipanti alla ricerca),
una volta inseriti nell’unitƒ ermeneutica, assumono la denominazione
di “documenti primari” (PD: Primary Documents, o Primary Docs).
La figura 10 mostra l’HU e le sue principali componenti. In essa,
oltre all’area dedicata ai Primary Documents, (il PD Manager e il PD
Pane, sono rispettivamente la sezione in cui sono “catalogati” tutti i
file e quella in cui viene mostrato il documento attivo su cui sta lavo-
rando, ad esempio, operando una codifica) sono evidenti altre sezioni
(per la descrizione di ciascuno rimandiamo alla figura 10): il Quota-
tions Manager, il Code Manager, il Memo Manager.
Sulla parte destra dello schermata si trova la “Margin area”, in cui
sono visualizzati i codici in corrispondenza delle righe di testo a cui
sono stati assegnati (posizione strutturale).
Nella parte superiore e lungo il bordo sinistro della schermata sono
presenti i pulsanti di scelta rapida (icone) delle principali funzioni di-
sponibili in A5.

5.2 La codifica delle interviste

• la fase successiva alla creazione dell’HU e all’inserimento dei


documenti da analizzare. Corrisponde a quella che Strauss e Corbin
(1990) hanno chiamato “codifica aperta”: come abbiamo scritto nel
cap. 3 • 1.2, essa consiste nella riconduzione dei contenuti dei testi da
analizzare (ma lo stesso discorso … valido con qualunque tipo di mate-
riale: audio, video, etc.) a nuclei concettuali che ne riassumono
l’informazione. In A5, si opera nel modo seguente:
– si seleziona con il mouse una parte di testo,

17
ATLAS.ti consente di analizzare anche file di immagini e video (un esempio del
lavoro con i filmati ‰ disponibile in De Leo, Volpini e De Gregorio 2006).

119
Figura 10. L’unitƒ ermeneutica e le sue componenti principali (fonte: De Gregorio e Mosiello 2004, p. 59).

120
La ricerca

– si clicca su “Codes  Coding  Open Coding” (o su


“Code by list”, oppure “Code in vivo”, a seconda che si
preferisca associare un codice non ancora presente nell’HU, uno
dalla lista definita oppure se si vuole utilizzare lo stesso testo che
diventa codice e codificato contemporaneamente),
– si digita il codice nella finestra di dialogo che appare e questo vie-
ne “acquisito” nel Code Manager e nella Margin area.

Un approfondimento merita, a nostro avviso, la decisione (densa di


implicazioni) su quale parte di testo selezionare: ‰ intuitivo che essa
dovrƒ essere una sezione in qualche modo “significativa”, ma per co-
sa? E soprattutto, rispetto a quali obiettivi?
Una prima soluzione ‰ quella della codifica line-by-line: in questo
caso, avrƒ scelto come unitƒ di codifica la riga di testo, a prescindere
dalla sua salienza contenutistica. ‡ una scelta coerente con l’approccio
conversazionalista: si puˆ infatti codificare linea per linea con una ap-
parente decontestualizzazione dell’unitƒ di analisi per poi “ricompor-
la” nelle fasi di analisi successive.
In alternativa il ricercatore puˆ optare per una codifica “per episo-
di” (van Dijk 1982) o “per topic” (Shuy 1982)1. In questo caso, coe-
rentemente con le prospettive discorse ed etnometodologiche,
l’attenzione sarƒ rivolta all’identificazione nei testi di eventi strutturati
con funzione semantica: in tal senso Œun episodio ‰ prima di tutto
concepibile come parte di un tutto con un inizio e una fine ben definiti
e con una caratterizzazione temporale• (van Dijk 1982, p. 179), questa
demarcazione puˆ essere attuata con dispositivi retorici relativi a crite-
ri sintattici e/o grammaticali o mediante l’uso di verbi o pronomi con
carattere definitorio.
Infine, si puˆ decidere di operare una codifica sui “temi narrativi”
(Braun e Clarke 2006; Ryan e Bernard 2003; Silverman, 2000): ‰
l’opzione (vicina all’approccio Grounded theory) in base alla quale
l’unitƒ prescinde dalle dimensioni dell’estratto di testo (es.: criteri di
riga o di paragrafo) e dalla pregnanza contenutistica propria
dell’episodio. Il tema narrativo infatti viene identificato dal ricercatore
con esclusivo riferimento alla sua intrinseca natura di nucleo concet-
tuale in s‚ per s‚ concluso; in altri termini, ogni narrazione si compo-
ne di insiemi di temi narrativi ciascuno con una propria autonomia
1
Le due formulazione sono accomunate dalla comune aderenza all’approccio di-
scorsivo.

121
Capitolo IV

all’interno della narrazione stessa; ogni tema pu• essere sviluppato per
diversi paragrafi, oppure pu• essere ben rappresentato da una sola pa-
rola (se la sua forza illocutoria2 dovesse essere tanto densa di senso da
costituire essa stessa un evento significativo).
La codifica ‰ dunque la prima fondamentale fase di trattamento dei
dati qualitativi. Apriamo una breve parentesi per riportare nella fine-
stra 2 l’efficace descrizione che ne fa C. Seale (1999).
Finestra 2. La definizione del concetto di codifica secondo Seale (1999).

ŒLe osservazioni e le registrazioni dei dati non possono mai essere pienamen-
te libere dai valori, dagli assunti e dalle prospettive teoriche del ricercatore,
sebbene qualcosa puˆ essere fatto per mostrare ai lettori quali sono questi as-
sunti, in modo da fondare i giudizi di credibilitƒ. L’uso di descrittori a basso
livello di astrazione chiaramente aiuta. Una volta chei dati sono descritti tut-
tavia diventa rilevante fare inferenze sul loro significato […].
La codifica ‰, naturalmente, un tentativo per fissare il significato, costruire
una particolare visione del mondo che non esclude altre possibili visioni del
mondo. […]. Comunque, la codifica che definisce significati troppo presto
nel processo di ricerca puˆ rendere vano il processo creativo, bloccare la ca-
pacitƒ dell’analista di vedere nuove cose. Le prime fasi di codifica sono dun-
que pi… appropriatamente chiamate indicizzazione (“indexing”) e agiscono
come segnaposti per interessanti unitƒ di dati piuttosto che rappresentare la
versione finale dei significati.
[…] A questo punto siamo passati gradualmente dall’indicizzazione alla co-
difica. La chiarezza concettuale, per cui i fenomeni sono esposti a definizioni
pi† rigorose ed esclusive per poter essere facilmente distinti da altri fenome-
ni, diventa importante. A questo punto, … importante chiedersi se altri soggetti
vedano le cose allo stesso modo. In questo senso, un esercizio di attendibilitƒ
fra codificatori pu• essere inteso come prova della potenziale leggibilitƒ di un
report di ricerca, per esaminare il grado in cui questo veicola coerentemente
significati condivisiŠ (Seale 1999, p. 154).
N.d.A.: • importante precisare che indicizzazione e codifica (come le de-
scrive Seale) corrispondono, in ATLAS.ti, alla definizione rispettivamente di
“codes” e “code families”. Analogamente … necessario precisare che il con-
cetto di indicizzazione … presente nell’utilizzo di altri software CAQDAS con
significati non direttamente riconducibili alla codifica.

2
Il concetto di “atto illucutorio” si deve a Austin (1962; cfr. anche Searle 1979) e
identifica l’elemento discorsivo mediante cui le azioni ‰si compiono attraverso il par-
lare medesimo e che corrispondono alle intenzioni comunicative del parlante […]. Il
modo con cui … interpretato un enunciato e lo stesso risultato di un atto linguistico di-
pendono dalla forza contenuta (forza illocutoria) e dai suoi effetti sull’interlocutoreŠ
(Anolli 2002, pp. 10-11).

122
La ricerca

La scelta fra le soluzioni proposte dipende prima di tutto dagli o-


biettivi della ricerca sia da modelli teorici, ma anche da preferenze ne-
gli approcci e dalle idiosincrasie del ricercatore. Nello specifico di
questa ricerca, abbiamo scelto l’ultima delle strategie descritte, la co-
difica per temi narrativi.
Per questa ragione, ci sembra utile approfondire le implicazioni di
tale scelta: un’immediata conseguenza ‰ che i temi narrativi possono
essere fra loro in diversi tipi di relazione: possono essere seguenti l’un
l’altro, oppure possono “innestati” uno dentro l’altro o sovrapposti in
alcuni punti e non in altri; da questo punto di vista, l’analisi per temi
narrativi ‰ pi… complessa, ma allo stesso tempo pi… completa perch‚
consente di cogliere tutta la varietƒ di significati che il narratore ha vo-
luto dare alle sue parole. Nonostante ciˆ non si puˆ dire che essa valo-
rizzi esclusivamente la prospettiva di chi narra: infatti, la scelta di
quando il tema narrativo ‰ concluso dipende dal ricercatore. Questa
situazione (ed ‰ qui la seconda implicazione) rende l’analisi del conte-
nuto di tipo interpretativo (quella di cui ci stiamo occupando) partico-
larmente difficile e onerosa in quanto necessita di tempi maggiori (per
rileggere i testi alla ricerca di tutti i temi narrativi in essi presenti), ma
la rende anche, a nostro avviso, pi… completa in quanto consente di ot-
tenere una vera e propria mappa dei concetti/temi rilevanti per il nar-
ratore3.
Un ulteriore aspetto che ci sembra utile sottolineare a proposito
delle operazioni di codifica riguarda la scelta dei loro nomi: ‰ utile che
il ricercatore assegni ai codici (fin dalle prime fasi) delle etichette ver-
bali chiaramente identificabili anche in assenza del testo cui il codice
‰ riferito: questo perch‚ nelle operazioni successive (che si basano ap-
punto sui codici) non sempre sarƒ possibile risalire agevolmente al te-
sto di partenza (ne verrebbe meno la funzione “riassuntiva” del codice
stesso). In altri casi, il codice puˆ essere nominato con due parti di-
stinte indicanti, ad esempio, un’azione concreta e il suo significato
funzionale. In ogni caso, comunque, la soluzione dipende da scelte e-
splicite del ricercatore che a loro volta sono fondate sugli obiettivi: in
tal senso, A5 fornisce uno strumento utile per operazioni che dipendo-
no prima di tutto dal ricercatore. In altri termini, ‰ possibile adattare
ATLAS.ti (e adattarsi come ricercatori) ad un uso creativo dello stru-

3
Mediante gli strumenti offerti da ATLAS.ti ‰ possibile anche verificare la salien-
za di ogni tema narrativo e le sue relazioni con altri temi (come vedremo approfondi-
tamente in seguito).

123
Capitolo IV

mento: analogamente al concetto di “artefatto” nella psicologia cultu-


rale (Mantovani 1998; Mecacci 2000), il software in questo caso di-
venta una periferica della mente del ricercatore e come tale, a paritƒ di
prestazioni tecniche, pu• essere adattato ad usi pi† creativi di quelli
per cui … stato progettato.
Alla luce degli obiettivi specifici dello studio – l’analisi delle co-
struzioni narrative delle azioni devianti – abbiamo ritenuto opportuno
effettuare delle analisi che tenessero conto sia dei contenuti dei temi
narrativi relativi (il modello teorico del Posizionamento discorsivo, la
GDA, le teorie sul “Disimpegno morale” e sulla “Neutralizzazione
della norma”, i modelli sull’autoefficacia e sull’agentivitƒ, i riferimen-
ti in genere riconducibili alla prospettiva dell’accountability), sia di
tutti gli altri aspetti strutturali della narrazione. Tecnicamente, la codi-
fica si ‰ svolta operando due distinte unitƒ ermeneutiche composte da-
gli stessi 34 documenti primari (le trascrizioni delle interviste): una
per le analisi sui contenuti e l’altra per la codifica secondo le strutture.
Per questa seconda fattispecie ‰ stato scelto come punto di riferimen-
to, fra i modelli descritti nel capitolo 3, l’Evaluation model di Labov
(Labov e Waletsky 1967) in quanto offre un sistema semplice di cate-
gorie, ampiamente validato nella ricerca sulle narrazioni. Inoltre, que-
sta scelta ha dato la possibilitƒ di applicare il modello di Labov a testi
estesi pi… di quelli su cui di solito viene utilizzato. La scelta di creare
due distinte HU ‰ stata dettata anche da ragioni pratiche: da una parte,
ci ‰ sembrato utile tenere distinte le dimensioni di contenuto da quelle
strutturali, confidando nel fatto che – secondo l’approccio di Rosen-
thal (1993) – sarebbe stato possibile, in una fase successiva, integrare
utilmente i due aspetti; dall’altra, sarebbe stato oltremodo oneroso la-
vorare su un’unica HU comprendente tutti i codici.
L’intera fase di codifica ‰ stata divisa in due parti: dapprima sono
stati letti e codificati (secondo le modalitƒ descritte in precedenza) i
primi 15 documenti primari (PD); in seguito, prima di proseguire con
le successive codifiche, ‰ stato utile sistematizzare l’elenco dei codici
rilevati fino a quel punto. Come suggerito da tutti i principali metodo-
logi che si sono occupati di ricerca secondo l’approccio della Groun-
ded theory, il processo di ricerca segue un percorso – intrinsecamente
coerente – di tipo ricorsivo e iterativo (comportando un continuo spo-
stamento dell’attenzione dai dati alle teorie e fra dati) sebbene com-
plessivamente progressivo verso la definizione di un modello teorico
organico. In questo modo, tutti i codici sono stati riletti con attenzione
alla ricerca delle inevitabili ridondanze dovute al lavoro di codifica: ‰

124
La ricerca

possibile infatti che, dovendo analizzare grandi quantitƒ di testi, si


tenda a creare pi… codici di quelli effettivamente necessari rendendone
ridondanti alcuni: in altre parole, ‰ stato necessario cercare nell’HU
tutte quelle situazioni in cui inavvertitamente (soprattutto per l’elevato
numero di codici) certi temi narrativi risultavano (sia pure con formu-
lazioni dei codici leggermente diverse) esser presenti pi… volte: si ‰
trattato di un lavoro di “ripulitura” dell’HU e di omogeinizzazione
della lista dei codici operata soprattutto mediante l’opzione “Codes
 Miscellaneous  Merge Code” (unione di codici di si-
gnificato affine).
Queste operazioni sono state svolte in due modi concomitanti: ma-
nualmente (leggendo e rileggendo le liste di codici) e automaticamen-
te mediante l’opzione di “Coding analyzer”4 di A5.
Alla conclusione di tutta la fase di codifica, analogamente, sono
state effettuate operazioni di “ripulitura” della lista dei codici e di per-
fezionamento dell’output relativo alla codifica di entrambe le unitƒ
ermeneutiche.
Complessivamente sono emersi 580 codici relativi a tutte le aree di
interesse.

5.2 L’aggregazione in “families”

La fase successive ci ha consentito di concretizzare la c.d. “codifi-


ca assiale” (Strauss e Corbin 1990, cfr. anche cap. 3 • 1.2 in questo
lavoro); in essa i codici rilevati in precedenza sono stati aggregati se-
condo due criteri prevalenti:

(a) l’evidente riferimento a dimensioni teoriche consolidate in let-


teratura (es.: i “meccanismi di disimpegno morale” identificati da
Bandura 1997; 1999; o le tecniche di “neutralizzazione della norma”
secondo la formulazione di Sykes e Matza 1957, e la revisione di Fri-
tsche 2002);
(b) una logica attinenza a temi rilevanti nell’ambito dello studio ma
non direttamente riconducibili a un modello teorico consolidato (o,

4
Il tool denominato “Coding analyzer” consente al ricercatore di rilevare tutte le
porzioni di testo (quotations) in cui uno stesso codice ‰ ridondante, essendo queste
adiacenti, sovrapposte, innestate una nell’altra (in tutti questi casi sarebbe pi… utile
unirle e identificarle con un unico codice).

125
Capitolo IV

importante, non ad un unico modello: ‰ il caso delle emozioni che ab-


biamo distinto in “positive”, “negative” e neutre”).

Complessivamente, l’HU ha compreso 78 famiglie di codici. il


Family Manager ‰ mostrato nelle figura 11.
Ma qual ‰ la funzione della famiglie? Esse raccolgono
l’informazione contenuta (a un livello di astrazione inferiore) nei co-
dici: le famiglie sono delle vere e proprie dimensioni teoriche che in-
cludono le informazioni degli indicatori empirici (in questo caso i co-
dici). Come abbiamo descritto nel • 1.2 nel cap. 3, ‰ come se avessi-
mo operato un processo inverso a quello che nella ricerca quantitativa
‰ noto come “paradigma di Lazarsfeld” (Lazarsfeld 1958), che con-
sente di scomporre un concetto teorico (ad elevato livello di astrazio-
ne) in dimensioni (ed eventualmente anche in sotto-dimensioni) e que-
ste a loro volta in indicatori empirici che consentono (in virt… del loro
basso livello di astrazione) di passare alle definizione operative del
concetto di partenza. Questo percorso logico consente
l’operazionalizzazione di un concetto al fine, ad esempio, di costruire
(o, meglio, perfezionare) gli item di un questionario.

Figura 11. Il Family Manager con alcune famiglie e i codici assegnati e da assegnare.

126
La ricerca

Nella ricerca qualitativa, in questo specifico approccio alla ricerca


qualitativa, l’obiettivo ‰ invece quello di “costruire” un modello teori-
co su un fenomeno, un oggetto sociale, a partire dalle evidenze empi-
riche (nel nostro caso, le risposte a un’intervista): in questo senso, si
puˆ dire che abbiamo proceduto secondo un percorso inverso a quello
del paradigma di Lazarsfeld.
Un’altra categoria di families ‰ ricavabile a partire dai documenti
primari.
Oltre alle famiglie di codici, abbiamo ritenuto utile (alla luce di o-
biettivi specifici e per le analisi successive) definire anche alcune
“famiglie di documenti primari” (“PD families”). In A5, … possibile
infatti raggruppare i testi (o video, o immagini) in categorie per effet-
tuare analisi pi† specifiche su sottogruppi di documenti e ottenere ri-
sultati pi† dettagliati.
Nel caso dello studio che stiamo presentando abbiamo ritenuto uti-
le, anche in funzione degli obiettivi specifici, creare 7 famiglie di do-
cumenti primari (v. Fig. 12):

Figura 12. Esempio di famiglie di documenti primari.

127
Capitolo IV

– da una parte, infatti, eravamo interessati a capire se percorsi di de-


vianza differenti (i reati) suggerivano ai loro autori modalitƒ di
rendicontazione e di costruzione narrativa altrettanto differenziata.
Alla luce di questo obiettivo, tutte le interviste sono state divise in
4 families in base al tipo di reato commesso (omicidi, reati legati
agli stupefacenti, rapine e furti);
– dall’altra, abbiamo ritenuto utile distinguere i partecipanti alla ri-
cerca in base all’“esperienza” nel settore della devianza per capire
se in base a questa variabile le strutture e i contenuti narrativi pre-
sentassero differenze. A tal fine, abbiamo fatto riferimento alle ca-
tegorie descritte da R. Matthews (2002) nei suoi studi sui rapinato-
ri: l’Autore distingue 3 categorie: dilettanti (o novizi), i rapinatori
con meno esperienza che pianificano poco le azioni e scelgono, in
genere, obiettivi facilmente accessibili; gli intermedi, si impegnano
in adeguati livelli di pianificazione dei reati e hanno una carriera
criminale abbastanza lunga, di solito partecipano ad azioni di grup-
po e non vivono la devianza come parte della loro identitƒ; i pro-
fessionisti (o esperti) che vivono con forte coinvolgimento l’essere
devianti tanto che la riconoscono come parte della propria identitƒ
sociale e come un vero e proprio mestiere: in tal senso, pianificano
accuratamente le azioni, scelgono obiettivi ambiziosi e motivanti
(astenendosi anche al rischio di essere catturati).

La segmentazione del gruppo di partecipanti alla ricerca risponde


dunque a criteri di maggiore analiticitƒ rispetto agli obiettivi che sia-
mo prefissati. Nelle pagine seguenti questi obiettivi verranno articolati
in specifici interrogativi di ricerca che ‰ possibile rivolgere al softwa-
re.

5.3 La verifica di ipotesi nella ricerca qualitativa

L’ultimo aspetto tecnico che riteniamo utile illustrare, prima di


passare ai risultati delle analisi delle interviste, … il fondamentale
strumento di verifica delle relazioni fra i codici: il Query tool. Si tratta
di una finestra mediante la quale il ricercatore chiede al software di
rilevare l’eventuale presenza di relazioni fra i codici o le Code fami-
lies nell’intera HU o in gruppi di documenti primari (PD families).
L’aspetto generale del Query tool ‰ rappresentato nella figura 13.

128
La ricerca

Il funzionamento di base ‰ descritto nella pagine successive in mo-


do da rendere chiara la logica sottostante al suo utilizzo e l’uso che se
ne ‰ fatto nella ricerca qui presentata.
Ogni codice di interesse5 per il ricercatore in una specifica richiesta
(o le famiglie di codici) viene inserito (mediante un doppio click sul
suo nome) nell’area delle operazioni: l’area dei risultati (in basso a de-
stra) mostrerƒ l’elenco delle porzioni di testo (quotations) associate a
ciascun elemento selezionato in questo modo. Affinch‚ si possa defi-
nire adeguatamente un’operazione di ricerca, i codici e le famiglie de-
vono essere inseriti nell’ordine in cui si ipotizza che siano in relazione
(A  B ‰ diverso da B  A) e sempre prima degli operatori che li
collegano.

Figura 13. L’area di lavoro nel Query tool.

Cosa s’intende esattamente con “operatori” in ATLAS.ti? Sono i


criteri mediante i quali il ricercatore chiede al software di estrarre le
porzioni di testo attraverso i codici ad esse associati: … infatti attraver-
so le porzioni di testo (le quotations) che ‰ possibile rilevare
l’eventuale associazione fra i codici che (come abbiamo descritto nel •
4.2 in questo capitolo) le sintetizzano. Come descritto in De Gregorio

5
‡ possibile (fino alla versione di ATLAS.ti attualmente in commercio) effettuare
ricerche sulle relazioni fra due elementi per volta.

129
Capitolo IV

e Mosiello (2004) e in Chiarolanza e De Gregorio (2007), in A5 sono


disponibili tre gruppi di operatori.

 Operatori booleani (o logici): sono i classici criteri, utilizzati


in tutti i sistemi di ricerca delle informazioni, riconducibili a semplici
relazioni di compresenza o esclusione:
OR: chiede di estrarre le porzioni di testo in cui sono presenti uno solo
o entrambi i codici selezionati;
XOR: chiede di estrarre citazioni in cui ‰ presente esclusivamente uno
dei codici selezionati (e non anche l’altro);
AND: chiede di estrarre le citazioni in cui entrambi i termini sono pre-
senti;
NOT: consente di formulare una richiesta in cui si esclude un codice
da un insieme pi… ampio (es., tutti i codici i una famiglia meno uno).
La figura 14 chiarisce i termini delle differenze all’interno di quest
set di operatori.

 Operatori semantici: consentono di esplorare le relazioni


all’interno di reti concettuali definite precedentemente dal ricercatore6.
Ad esempio, il concetto “emozione” (come mostra la figura 15) puˆ
essere articolato almeno con riferimento alle polaritƒ positivo-
negativo: in questo modo, si stabiliscono delle reti concettuali rispetto
a cui ‰ possibile verificare la coerenza in modelli teorici differenti op-
pure fra soggetti partecipanti allo stesso studio. Gli operatori semantici
sono:

Figura 14. Le relazioni di tipo logico fra i codici (fonte: Muhr 2004, p. 164)7.

6
Questa classe di operatori sono utilizzabili solo con i codici (e non con le fami-
glie di codici).
7
Nella figura 15:

130
La ricerca

SUB: opera la ricerca nelle reti concettuali a partire dai livelli superiori
e verso quelli inferiori,
UP: opera la ricerca di estratti di testo dai livelli di astrazione inferiori
verso il livello superiore,
SIBling: ricerca tutte le quotations connesse al codice selezionato e
ad ogni altro codice ad esso associato.

 Operatori di prossimitƒ: consentono di testare l’eventuale re-


lazione di tipo spaziale (o strutturale) fra le porzioni di testo e i relativi
codici: mediante gli operatori di prossimitƒ … possibile verificare, ad
esempio, l’ipotesi che gli estratti in cui … presente un certo tema (sup-
poniamo il tema A) narrativo siano sempre precedenti a quelli in cui …
presente il tema B. Gli operatori di prossimitƒ comprendono relazioni
di inclusione/esclusione (di un codice in un altro), precedenza (di A su
B o viceversa), sovrapposizione.

Figura 15. Esemplificazione delle gerarchie di concetti su cui sono utilizzabili gli ope-
ratori semantici (fonte: De Gregorio e Mosiello 2004, p. 81).

Rimandando al manuale del software per ulteriori esempi e mag-


giori dettagli sulle logiche sottostanti l’utilizzo degli operatori (Muhr
2004), che gli operatori descritti possono essere utilizzati anche in
query di ricerca anche molto complesse: ATLAS.ti dispone infatti di
una vera e propria “grammatica” (secondo cui, per esempio, vanno in-
seriti sempre prima gli operandi/codici e poi gli operatori) in base alla
quale ‰ possibile impostare query in cui diversi operatori vengono in-

- A e B sono le etichette che rappresentano i codici,


- Q1, Q2, Q3, Q4, Q5 rappresentano le porzioni di testo richiamate a in base alla
combinazione dei codici.

131
Capitolo IV

crociati con l’obiettivo di definire modelli teorici via via sempre pi…
stringenti e complessi.

I risultati di ogni query possono essere salvati come se fossero dei codici aggiuntivi:
ottenuto un risultato che sembra particolarmente significativo e interessante, il ricerca-
tore puˆ (cliccando su “Create Super Code”) creare un codice (il Supercodice,
appunto) che sintetizza l’informazione appena ottenuta; il Supercodice pu• essere uti-
lizzato e trattato come qualunque altro codice e (in qualitƒ di “sintesi di altri codici”)
consente di impostare ulteriori query di ricerca pi… complesse e sofisticate. Essi sono
visibili nel Code Manager e sono contraddistinti per il colore rosso dell’icona: la prin-
cipale caratteristica ‰ la loro dinamicitƒ: il contenuto (di codici inclusi e di quotations)
varia al variare delle elaborazioni e delle relazioni fra gli elementi che sono inclusi in
esso. Un ultimo aspetto che ci interessa sottolineare ‰ il seguente: la ricerca delle rela-
zioni mediante il Query tool ‰ funzionale all’elaborazione teorica; quando si opera
qualunque richiesta, si sta cercando di definire “pezzi” di una teoria sottostante ai dati
e fondata nelle informazioni di partenza: per questa ragione, il risultato di ogni query
‰ un set di quotations. Sono esse infatti che hanno un collegamento diretto con i testi
di partenza ed ‰ attraverso di esse che il ricercatore puˆ (di)mostrare l’esito della sua
elaborazione (De Gregorio e Mosiello 2004, p. 82).

5.3.1 La verifica di relazioni su sottoinsiemi di documenti

Una specifica opzione disponibile a partire dalla finestra principale


del Query tool consente di circoscrivere la ricerca in sottoinsiemi spe-
cifici di documenti primari: attraverso la funzione “Scope” (v. Fig.
13) … possibile limitare la ricerca a singoli documenti primari o a PD-
families.
Come descriveremo a breve, questa opzione ci consente di verifica-
re l’esistenza di eventuali differenze nelle costruzioni narrative opera-
te da soggetti che hanno compiuto reati di gravitƒ e natura diversa. ‡
infatti ipotizzabile che la costruzione narrativa dell’azione “rapina” sia
diversa dalla quella dell’azione “omicidio” e che queste differenze
siano rilevabili a partire dai testi analizzati. Dei risultati relativi a que-
sto obiettivo specifico parleremo nel • 6.3 (in questo capitolo).

6. I risultati

In questo paragrafo verranno illustrati i risultati delle analisi del


contenuto e delle strutture narrative. Al fine di rendere pi… chiari i
percorsi concettuali che emergono dalle narrazioni analizzate, abbia-
mo scelto di illustrare i risultati sulle due diverse aree secondo fasi di-

132
La ricerca

stinte: dapprima verrƒ fornito un quadro descrittivo generale sia per


quanto riguarda i temi narrativi principali e le dimensioni strutturali
presenti nell’intero corpus dei dati; in una seconda fase, si illustrano i
risultati sulle relazioni fra codici e verrƒ definito il modello strutturale
generale sottostante a tutte le narrazioni; infine, a un successivo livello
di specificitƒ verranno descritti i risultati relativi alle famiglie di reati
e le narrazioni verranno confrontate fra loro (dal punto di vista del
contenuto e delle strutture) rispetto al tipo di reato di cui trattano.

6.1 I contenuti narrativi

6.1.1 I temi ricorrenti

Il primo basilare passo nell’analisi delle informazioni ‰ relativo al-


la rilevazione dei temi narrativi che vengono utilizzati per raccontare
l’azione: si tratta di un obiettivo totalmente esplorativo e introduttivo
alle fasi successive. Esso consiste in una iniziale mappatura concettua-
le dei testi mediante l’identificazione dei temi pi… salienti (quelli che
mostrano un maggiore utilizzo) per i partecipanti alla ricerca8.

Figura 16. Code Manager con elenco di codici ordinati secondo la salienza nell’HU.

133
Capitolo IV

Per verificare questa evenienza, abbiamo chiesto al software


l’output di una tabella in cui i codici vengono incrociati con tutti i do-
cumenti primari in modo da verificare la distribuzione dei primi
nell’unitƒ ermeneutica (tabella IV)1.
Tabella IV. La distribuzione del codici pi… salienti in tutte le interviste-PD.

In altre parole, ‰ possibile che qualunque codice fra quelli mostrati


nella figura 16 sia particolarmente rilevante per alcuni degli intervista-
ti e che quindi costoro ne determino l’elevata frequenza rilevata
nell’HU.
In ATLAS.ti, ‰ possibile attuare questa fase attraverso la predispo-
sizione di output che evidenziano la presenza (in termini quantitativi)
di codici riferiti a temi specifici. In particolare, attraverso il Code
Manager si possono ordinare i codici secondo il criterio Grounded1
(che esprime quanto ogni codice … “radicato” nei testi che compongo-
no l’HU) e metterli in ordine di “salienza”, di presenza in tutti i testi.
In ATLAS.ti, … possibile attuare questa fase attraverso la predisposi-
zione di output che evidenziano la presenza (in termini quantitativi) di

8
Del concetto di salienza nell’economia di un’unitƒ ermeneutica abbiamo giƒ trat-
tato nel • 1.1 in questo capitolo.

134
La ricerca

codici riferiti a temi specifici. In particolare, attraverso il Code


Manager si possono ordinare i codici secondo il criterio Grounded1
(che esprime quanto ogni codice … “radicato” nei testi che compongo-
no l’HU) e metterli in ordine di “salienza”, di presenza in tutti i testi.
In essa … evidente, ad esempio, come il codice pi† frequente (“Car-
cere come riflessione e cambiamento”: 50 quotations) sia richiamato
maggiormente dal soggetto che ha prodotto l’intervista n. 17 (in 5 pas-
saggi della sua narrazione ‰ rilevato questo tema narrativo); i codici
“Movente strumentale del reato” (32 quotations complessive) e “Mo-
vente strumentale del percorso di carriera” (24) hanno una distribu-
zione diversa: il primo … particolarmente saliente per gli intervistati
nn. 20 e 29 (che da soli ne parlano in ben 9 estratti delle loro narrazio-
ni), mentre il secondo … distribuito in maniera pi† bilanciata in tutta
l’HU. Analogamente, gli intervistati nn. 1 e 30 sono quelli che mo-
strano un pi† elevato senso di autoefficacia (ne parlano rispettivamen-
te in 5 e 4 estratti di testo). L’intervistato n. 8 … quello che pi† di tutti
gli altri imputa la causa delle azioni che lo hanno portato in carcere
all’immaturitƒ e all’ignoranza: egli descrive tali fattori come le pre-
messe che hanno condizionato la possibilitƒ di scegliere i percorsi
d’azione pi† adeguati. L’intervistato n. 26 … quello che pi† degli altri
descrive comportamenti specifici: si tratta delle narrazioni di eventi
narrati come se fossero visti da un osservatore esterno (ad esempio:
recarsi sul luogo del reato, afferrare l’arma, minacciare la vittima,
prendere la refurtiva, etc.).
Molti intervistati (in 18 porzioni di testo complessive) ammettono
di aver pianificato accuratamente i reati prima di commetterli (rispetto
al tema della pianificazione rimandiamo comunque alle sezioni suc-
cessive in quanto la precisione di questa informazione dipende forte-
mente dal tipo di reato trattato): coloro che non fanno cenno al proces-
so di pianificazione sono tuttavia la maggior parte dei soggetti con
particolare riferimento all’intervistato n. 20 che in tre passaggi della
sua intervista precisa di non aver definito i dettagli delle azioni com-
piute. In 13 situazioni (soprattutto l’intervistato n. 26) viene dichiarato
di non aver mai avuto intenzione di far male alle vittime: per loro (si
tratta esclusivamente di individui che hanno compiuto rapine) era im-
portante recuperare la refurtiva rapidamente e preservando
nell’incolumitƒ fisica delle vittime e dei testimoni dei reati. In 13 e 11
quotations gli intervistati affermano chiaramente di essere preoccupati
per le conseguenze negative che la loro detenzione puˆ avere – rispet-
tivamente – sulla famiglia e sui figli.

135
Capitolo IV

Per quanto riguarda gli effetti espressivo-comunicativi dei reati


(che abbiamo descritto nel cap. 1 • 2.1: De Leo e Patrizi 1992; 1999),
dobbiamo sottolineare che:

– le comunicazioni indirettamente inviate verso il S‚ (le azioni con


valenza comunicativa verso la propria identitƒ) sono quelle che
l’intero gruppo di intervistati elicita con maggiore frequenza
(l’intervistato n. 26, in particolare, ne fa un filo conduttore di tutta
la propria narrazione),
– i messaggi di cambiamento (presenti in 12 porzioni di testo) sono
distribuiti equamente in tutte le interviste,
– gli effetti di relazione (meno presenti dei precedenti: 10 volte) so-
no particolarmente salienti per l’intervistato n. 28 che in quattro
passaggi della sua narrazione vi fa riferimento.

Fin qui la descrizione del quadro concettuale al livello pi… sempli-


ce, quello dei codici: si tratta come abbiamo descritto nel corso del pa-
ragrafo precedente degli elementi dell’unitƒ ermeneutica che hanno
una maggiore aderenza ai testi (le narrazioni) di partenza. Come de-
scritto nel paragrafo 5.2, i codici sono aggregabili – per le fasi succes-
sive – in famiglie (le “Code families”): nelle prossime pagine descri-
veremo le principali. La presentazione delle famiglie di codici pu• av-
venire in due modi differenti: una visualizzazione grafica mediante
rete concettuale (“Network view”), in cui ogni famiglia di codici viene
descritta per mezzo dei suoi collegamenti con i codici che ne fanno
parte e una visualizzazione testuale mediante un semplice elenco dei
codici. Il vantaggio della prima soluzione … di fornire una leggibilitƒ
immediata della composizione di ciascuna rete di codici; essa tuttavia
otterrebbe l’effetto contrario se la numerositƒ dei codici fosse eccessi-
va. La visualizzazione mediante elenco invece … di comprensione me-
no immediata, soprattutto perch‡ nell’output di ATLAS.ti non include
il numero delle quotations per ciascun codice: in questi casi ovviere-
mo presentando i codici pi… rilevanti con un layout diverso (in tutte le
finestre sui Code families essi verranno indicati in grassetto).
La Code family che include il maggior numero di codici ‰ quella
che abbiamo chiamato “Strategie per un’autopresentazione positiva”
(finestra 3): si tratta di una dimensione non direttamente riconducibile
a un modello teorico univoco.

136
La ricerca

Finestra 3. Indicatori della famiglia di codici “Strategie per un’autopresentazione po-


sitiva”.

Code Family: Strategie di autopresentazione (+)


Codes (78): ["mi vengono i brividi se penso a questa cosa"] [accusa ingiusta]
[affidamento al servizio sociale] [arresto per ingenuit€] [arresto per vecchi reati]
[arresto/morte: anticipazione delle conseguenze possibili] [aspettative sulle re-
lazioni con i figli] [assenza da luogo del reato/non partecipazione all'azione devi-
ante] [attivit€ artistiche in carcere] [attivit€ editoriale] [attuale consape-
volezza dell'illegalit€] [auto-imputazione di responsabilit€ e affidabilit€]
[auto-vittimizzazione] [autoattribuzione di onest€] [autoattribuzione di
responsabilit€/interna] [autoefficacia e orgoglio per i traguardi raggiun-
ti] [bisogno di espiazione della colpa] [carcere come miglioramento delle re-
lazioni] [carcere come riflessione, maturazione e cambiamento] [commis-
sione del reato per evitare che lo facessero altri] [comprensione della famiglia]
[consapevolezza dei propri errori] [continua idea di smettere e ricaduta] [enfa-
si sulla propria vittimizzazione/ingiustizia] [estraneit€ (capita sempre agli altri)]
[famiglia normale, benestante] [fattore protettivo: famiglia] [figli, moglie, no devi-
anza] [funzione maturativa e responsabilizzante del carcere] [funzione
positiva del reinserimento] [funzione positiva e protettiva del lavoro]
[funzione positiva e rinforzante degli altri] [funzione responsabilizzante del
teatro] [funzione responsabilizzante e maturativa della religione] [imparare dall'e-
sperienza/dagli errori] [importanza del confronto] [imputazione di non-pericolosit€]
[incastro] [ingresso in carcere da anziano] [intenzione di non coinvolgere la
famiglia] [lavoro e opportunit€ per smettere] [movente strumentale che annulla
gli altri] [movente strumentale del reato] [movente strumentale per il percorso di
carriera] [non intenzionalit€ di commettere il reato] [obiettivo di non fare
male alle vittime] [omicidio accidentale] [omicidio non pianificato] [opportunit€
di una vita dignitosa (perch• s'inizia)] [pentimento/rimorso] [positivit€ dell'in-
fanzia e principi sani] [precedenti per piccoli reati] [preoccupazione per gli
affetti che rimangono fuori] [preoccupazione per il figlio cresciuto senza
padre] [preoccupazione per l'immagine di s•] [preoccupazione per la famiglia]
[preoccupazione per la sorte dei figli] [reato come punto di svolta e ri-
flessione] [responsabilizzazione legata alle relazioni umane] [ricordi e rim-
pianti] [rifiuto della violenza e delle armi] [riflessioni su come si poteva evitare
il reato] [rimpianto per non aver studiato] [riscoperta dei veri valori] [scelta esplici-
ta fra reati] [scelta esplicit€ fra bene e male] [senso di colpa per essere stato lon-
tano dalla compagna malata] [senso di giustizia/voglia di morire] [senso di utilit€ e
gratificazione] [serenit€ per la situazione carceraria] [smettere per non far soffrire i
cari] [Somalia] [spirito ribelle] [tendenza al miglioramento] [tentativo di essere un
buon padre] [tossicodipendenza e identit€] [valori importanti della giovinezza] [vi-
ta felice e serena prima della commissione del reato]
Quotation(s): 322

All’interno di essa i codici sintetizzano contenuti riferiti ai tentativi


di dare (nonostante l’ammissione di colpevolezza) un’immagine posi-
tiva di S‡ (l’enfasi sulla funzione responsabilizzante del carcere e del-
le misure alternative; la preoccupazione per le implicazioni della de-
tenzione sui familiari, la precisazione della scarsa responsabilitƒ nella

137
Capitolo IV

commissione dei reati ascritti; la descrizione delle origini e delle pri-


me fasi di vita come positive e lontane dai circuiti della devianza). La
finestra 5 sintetizza i risultati elencando i 78 codici che definiscono la
famiglia, fra i quali abbiamo messo in grassetto quelli pi… rappresenta-
ti nell’HU. Tutta la famiglia include, come mostra l’ultima riga della
finestra, 322 estratti di testo complessivi.
Dall’altra parte, ci sono stati diversi episodi in cui il narratore si ‰
descritto facendo riferimento a categorie di senso opposto che abbia-
mo chiamato “Strategie di autopresentazione negativa” (in basso nella
figura 17). Ciˆ dimostra che – contrariamente a quanto si potrebbe i-
potizzare seguendo il senso comune – non sempre chi ‰ imputato di
reati ha la tendenza a disimpegnarsi dalle attribuzione esterne e a ten-
tare di fornire sempre e solo un’immagine positiva di S‚. La famiglia
di codici “Percorso: eventi critici” fa riferimento alle fasi
dell’evoluzione della carriera deviante: si tratta di una dimensione e-
splicitamente prevista nel modello di sviluppo della carriera (De Leo e
Patrizi 2002; De Leo e coll. 2004a). Nell’HU che abbiamo analizzato
sono presenti 48 codici (riconducibili a 122 estratti di testi) che sono
riportati nella finestra 6. Come si nota dalla lettura dei codici principa-
li, l’imputazione di criticitƒ ad un evento rispetto alla possibilitƒ di in-
nescare un percorso di devianza ‰ riferita a:

Figura 17. Indicatori della famiglia di codici “Strategie per un’autopresentazione ne-
gativa”.

138
La ricerca

– fattori legati alle prime detenzioni e alle loro implicazioni (in ter-
mini di stile di vita, di relazioni, di norme a cui adeguarsi),
– conflittualitƒ con persone rilevanti nel proprio percorso di vita,
– eventi legati alle relazioni interpersonali (inclusi precari stati di sa-
lute propri o altrui),
– eventi legati allo stato di tossicodipendenza.

Analogamente, per quanto riguarda la famiglia “Percorso: fasi di


contatto con la devianza” (38 codici distribuiti in 157 quotations) si
evidenziano i temi legati alle frequentazioni (fino ai contatti con la
criminalitƒ organizzata) e i tentativi per evitare di commettere reati
nonostante le difficoltƒ economiche della vita quotidiana (finestra 7).

Finestra 6. Indicatori della famiglia di codici “Percorso: eventi critici”.

Code Family: percorso: eventi critici

Codes (48): ["io ho sempre rubato"] [abbandono da parte della moglie]


[abbandono dalla persona amata] [aborto della compagna dopo l'omicidio]
[arresto dei figli] [attivit€ onesta e ricaduta nella devianza] [attivit€ poli-
tica] [cambiamento lavorativo ed economico] [carcerazione (e regole)]
[carcerazione dei figli] [carcerazioni frequenti] [conferma del tradimento]
[conflittualit€ con la madre] [continui scontri con le agenzie di controllo] [crisi
d'identit€] [debolezza, uso della cocaina] [escalation del percorso di de-
vianza] [fare la bella vita] [Hiv della compagna] [il reato come incidente criti-
co] [importanza dell'uso della droga] [incidente del figlio] [inizio carriera dopo
matrimonio] [latitanza e necessit€ di lasciare gli affetti] [lavoro per lo Stato e
reato contro il patrimonio] [lunga storia di istituzionalizzazione] [malatti-
a] [mancata comprensione delle proprie esigenze] [momenti positivi e ricadu-
ta nella droga/devianza] [morte di un congiunto] [necessit€ di trovare soldi]
[omosessualit€] [perdita del lavoro] [pianificazione della rapina e difficolt€:
omicidio] [porto d'armi] [precedenti penali del padre] [problemi di relazione
(ambiente, gruppo)] [scelta di lasciare il lavoro] [separazione dei genitori]
[tentazioni dell'et€ adulta] [tossicodipendenza] [tossicodipendenza del padre]
[tradimento dal complice] [trasferimento in Italia] [uccisione della madre] [u-
scita dal carcere e tentativi di trovare lavoro] [uscita dalla comunit€ e
disorientamento] [vicende negative destabilizzanti]
Quotation(s): 122

Gli incidenti critici (come descritto in precedenza da De Leo e Pa-


trizi, 2002) si collocano in un percorso evolutivo che include una serie
di altri antecedenti storici.
Nell’analisi delle narrazioni che stiamo presentando abbiamo scel-
to di estrapolare da tale contesto quegli antecedenti identificati come

139
Capitolo IV

aventi valenza negativa e riconducibili specificamente all’ambiente


familiare (v. Fig. 18) e alla situazione pi… ampia (v. Fig. 19).
Finestra 7. Indicatori della famiglia di codici “Percorso: fasi di contatto con la devian-
za”.

Code Family: percorso: fasi di contatto con la devianza


_______________________________________________________________
_____

Codes (38): [abbandono/orfanotrofio] [ambiente di violenza] [atti-


vit€ onesta e ricaduta nella devianza] [attribuzione all'ambiente (cultura,
periferia)] [attribuzione droga/psicofarmaci/alcool] [condanne precedenti]
[contesto come antecedente] [criminalit€ organizzata] [debolezza, uso del-
la cocaina] [disoccupazione ed espedienti] [droga come mezzo per la
socialit€] [droga come reazione] [il reato come incidente critico] [importanza
del contesto] [inevitabilit€ del percorso di devianza] [omosessualit€]
[porto d'armi] [precedenti per piccoli reati] [primo reato a 14 anni] [primo re-
ato a 15 anni] [primo reato a 17 anni] [primo reato a 18 anni] [primo reato a
19 anni] [primo reato a 20 anni] [primo reato a 21 anni] [primo reato a 24
anni] [primo reato a 28 anni] [primo reato a 29 anni] [primo reato a 35 anni]
[primo reato a 43 anni] [primo reato a 7-8 anni] [problemi con la mafia] [rab-
bia verso le forme di controllo] [stile di vita violento] [tentazioni dell'et€ adul-
ta] [uscita dal carcere e tossicodipendenza della compagna] [vita burrascosa]
[vita di strada e primi reati]
Quotation(s): 157

Figura 18. Indicatori della famiglia di codici “Antecedenti storici di senso negativo
con coinvolgimento familiare”.

140
La ricerca

La famiglia ‰ chiamata in causa in particolare rispetto agli aspetti


di violenza che hanno pervaso la giovinezza e l’infanzia dei protago-
nisti. Altri fattori che descrivono la dimensione e su cui ‰ necessario
fare un cenno riguardano le relazioni che si strutturavano nei contesti
familiari: le narrazioni fanno riferimento, in questi casi, sia alla fami-
glia di origine (composta da genitori e fratelli) sia alla famiglia acqui-
sita (composta da moglie e figli); un ultimo aspetto riguarda i fattori
meno controllabili della vita in famiglia, in particolare le morti e le
condizioni di indigenza economica.
Il contesto pi… ampio (oltre la famiglia) diventa preponderante nel-
la sua influenza sul percorso di carriera sotto diversi punti di vista. Le
principali agenzie chiamate in causa come influenti nell’evoluzione
della carriera deviante sono: le condizioni lavorative, i contatti con la
criminalitƒ organizzata, il gruppo dei pari, le istituzioni e la partecipa-
zione politica.

Figura 19. Indicatori della famiglia di codici “Antecedenti storici di senso negativo
con coinvolgimento del contesto allargato”.

La famiglia e il contesto allargato sono chiamati in causa anche


nella loro valenza positiva e supportante: le figure 20 e 21 descrivono
i percorsi concettuali implicati in questa valutazione.

141
Capitolo IV

Figura 20. Indicatori della famiglia di codici “Antecedenti storici di senso positivo
con coinvolgimento familiare”.

Evidenziamo comunque come i temi narrativi elicitati per queste


descrizioni sono pochi e concettualmente meno significativi rispetto a
quelli visti nelle due figure prevedenti.
Fin qui per quanto riguarda gli aspetti descrittivi dei percorsi di
carriera e di azioni devianti. Dalle narrazioni tuttavia emergono altre
dimensioni teoriche.

Figura 21. Indicatori della famiglia di codici “Antecedenti storici di senso positivo
con coinvolgimento del contesto allargato”.

Il concetto di responsabilizzazione emerge spesso nelle narrazioni


dei detenuti che hanno scelto di partecipare alla ricerca: si tratta di una
rete di codici (v. Fig. 22) fra essi concettualmente associati i cui colle-
gamenti ruotano intorno alla “Funzione maturativa e responsabilizzan-
te del carcere”.

142
La ricerca

I principali elementi richiamati nelle narrazioni (alcuni di essi han-


no frequenze molto elevate9) fanno riferimento alle attivitƒ socializza-
tive, ma alcune persone sottolineano la valenza che le relazioni inter-
personali assumono rispetto alla propria responsabilizzazione e
all’esito positivo del percorso di reinserimento.

Figura 22. La rete concettuale della responsabilizzazione.

Quello dell’esperienza detentiva come momento di crescita e cam-


biamento … un tema narrativo che vede convergere le riflessioni di
molti intervistati e la cui rete concettuale include ampi riferimenti agli
aspetti morali del reato, le preoccupazioni per i familiari (soprattutto
per i figli) che rimangono fuori dal carcere, la progettualitƒ sulla vita
fuori dal carcere al termine della pensa da scontare.
Per quanto riguarda l’azione vera e propria, il reato che gli intervi-
stati hanno scelto di raccontare durante l’intervista, si pu• dire che le
narrazioni hanno spesso fatto riferimento agli aspetti cognitivi impli-
cati. • necessario evidenziare come la componente cognitiva
dell’azione sia stata narrativamente riferita all’azione vera e propria e
ai suoi sviluppi successivi, ma quasi mai alle fasi precedenti.
Per quanto riguarda i fattori relativi all’azione narrata (v. Fig. 23), i
codici emersi dall’intero corpus di interviste fanno riferimento soprat-
tutto alla pianificazione (scelta del luogo del reato, dell’arma, della
vittima, dei tempi, la stima del bottino e la costituzione di un team con

9
Cio‰ sono collegati a numerose porzioni di testo rappresentate dal primo numero
all’interno della parentesi vicino al nome del codice.

143
Capitolo IV

ruoli definiti10); nella stessa dimensione sono presenti anche aspetti


metacognitivi: l’idea che per fare un’accurata pianificazione sia neces-
saria molta esperienza e specializzazione nel settore di attivitƒ, il con-
tenimento delle emozioni e le soluzioni per fronteggiare l’eventuale
reazione della vittima. Un’importante aspetto cognitivo, fortemente
collegato alla pianificazione, ‰ l’anticipazione delle conseguenze futu-
re dell’azione: si tratta di un fattore al quale abbiamo dato in prece-
denza molta enfasi (cfr. cap. 1 • 2.1 sulla Teoria dell’azione ed effetti
comunicativi) e che richiama direttamente la previsione del “cosa suc-
cede se…” con particolare riferimento agli eventuali imprevisti.
Un altro fattore che merita approfondimento (e sul quale, per que-
sta ragione, torneremo anche pi† avanti) il senso di “autoefficacia e di
orgoglio” che emerge con forza in ben 24 estratti di testo e che mostra
come tutte le azioni sfidanti e complesse, anche quelle socialmente ri-
provevoli e penalmente sanzionabili, ingenerino nell’autore una soddi-
sfazione che viene descritta in tutti con enfasi anche a distanza di mol-
to tempo da quando si sono verificate.
Nella nostra esperienza di conduzione di queste interviste, … stata
particolarmente significativa la constatazione della vividezza della
riattualizzazione nella realtƒ che taluni eventi (anche temporalmente
molto distanti) avevano per gli attori che ne erano stati protagonisti:
queste narrazioni diventavano ancora pi† articolate e dettagliate pro-
prio quando l’attore-narratore si cimentava sulla valutazione del S†-in-
situazione, soprattutto se l’azione era andata a buon fine.
In molti casi, i rispondenti all’intervista hanno chiaramente am-
messo di non attuare alcuna forma di pianificazione. Come abbiamo
riportato nella parte bassa della figura 23 (da destra verso sinistra), in
18 passaggi narrativi gli intervistati fanno riferimento ad una “Pianifi-
cazione preliminare rigorosa” che tuttavia in altri casi … in contraddi-
zione con quanto riferito in altri estratti e da altri intervistati: l’altra
faccia della medaglia … infatti una totale assenza di pianificazione (13
quotations) o una pianificazione tutt’al pi† vaga (5 quotations). In un
solo caso, ‰ stata descritta una pianificazione operata solo per reati pi…
grossi e che coinvolgono pi… di una persona: quello degli “Aspetti co-
gnitivi dell’esecuzione dell’azione” ‰ un tema narrativo che fornisce

10
In particolare, i codici “Pianificazione collaborativa/ruoli” e “Identificazione del
leader e importanza del gruppo” fanno emergere l’idea di un vero e proprio lavoro di
squadra sottostante alle azioni: in questo caso, come … intuitivo, si tratta narrazione di
eventi-rapine.

144
La ricerca

un’adeguata veste empirica (e allo stesso tempo completa dal punto di


vista concettuale) ai modelli teorici di riferimento sugli aspetti cogni-
tivi dell’azione sociale. La teoria di von Cranach e Harr‡ (1982), an-
che nelle recenti formulazioni di von Cranach e Ochsenbein (1994),
nel tentativo di articolare con maggiore specificitƒ le dimensioni teori-
che, ha rischiato di perdere di vista l’azione come unitƒ significativa di
comportamento (la sua intrinseca “molaritƒ”): non erano mai state af-
frontate adeguatamente le variabili cognitive relative alla pianificazio-
ne di un reato, alle scelte operate, all’anticipazione delle conseguenze
e dei possibili imprevisti, alla valutazione dei percorsi e delle vie di
fuga, alla cooperazione con i complici. L’analisi effettuta in questa se-
de risolve molti di questi vuoti teorici.

Figura 23. Indicatori della famiglia di codici “Aspetti cognitivi dell’azione”.

Per quanto riguarda la descrizione degli aspetti cognitivi successivi


allo svolgimento dell’azione, la figura 24 evidenzia gli aspetti di valu-
tazione dei percorsi d’azione attuati:
– emergono da una parte i temi narrativi della vittimizzazione e del
senso di ingiustizia subita, l’attribuzione di responsabilitƒ alle vit-
time, l’attribuzione alla malattia mentale come formula di giustifi-

145
Capitolo IV

cazione e assoluzione e soprattutto la motivazione reattiva e difen-


siva del reato commesso;
– la stessa HU tuttavia include temi narrativi in cui la valutazione del
percorso di devianza si sposta verso una maggiore responsabilizza-
zione e ammissione di colpevolezza: la consapevolezza degli erro-
ri, l’orgoglio per i traguardi raggiunti rispetto al percorso di reinse-
rimento sociale e di uscita dai circuiti della devianza, la funzione
maturativa e responsabilizzante della detenzione, le ipotesi e le
previsioni di scenari futuri.

Figura 24. Indicatori della famiglia di codici “Aspetti cognitivi successivi al reato”.

Per quanto riguarda gli aspetti emotivi che accompagnano e seguo-


no l’azione, la Network view relativa a questi fattori (v. Fig. 25) evi-
denzia diversi elementi di interesse: in primo luogo, si nota come (a
fronte di 38 codici afferenti a questa Code family11) in 7 passaggi nar-
rativi gli intervistati ammettono di non aver provato alcuna emozione
(parte alta della figura 25).
Tutti i riferimenti alla descrizione di stati emotivi sono stati codifi-
cati con riferimento alla loro valenza negativa o positiva:

11
Per motivi grafici e di sintesi nella rete abbiamo scelto di rappresentare solo al-
cuni di essi.

146
La ricerca

Figura 25. Indicatori della famiglia di codici “Aspetti emotivi contemporanei


all’azione e successivi”.

– la parte della destra della figura 25 illustra i primi evidenziando in


particolare come tutte le emozioni di senso negativo siano narrati-
vamente riferite al periodo successivo alla commissione
dell’azione e alla situazione detentiva (il pentimento, i sensi di
colpa, la rassegnazione, i sentimenti di perdita e di sconfitta, etc.),
– la parte sinistra, invece, illustra le emozioni positive che, come si
nota, sono riferite (tranne nel caso della “Solidarietƒ delle persone
care” e un solo rispondente che manifesta “Serenitƒ per la situa-
zione carceraria”) all’attuazione diretta delle azioni: l’orgoglio per
il compimento efficace dell’azione, il senso di autoefficacia, la
soddisfazione fino alla descrizione dei correlati fisiologici
(“l’adrenalina” a cui ben 8 passaggi narrativi fanno riferimento).

Un ulteriore obiettivo di conoscenza era relativo all’articolazione


narrativa dell’ “agency”, una nozione ampiamente e variamente utiliz-
zata in psicologia. Il riferimento principale … sicuramente la formula-
zione di “human agency”, proposta da A. Bandura (1986; 2001). Con
tale concetto si intende la capacitƒ, tipicamente umana, di agire nel
mondo non solo reattivamente ma attraverso la costruzione di attiva-

147
Capitolo IV

zioni, di simbolizzazioni, di anticipazioni12; ma si ‰ inteso anche la co-


struzione narrativa di un attore intenzionalmente orientato a ricono-
scersi come fonte delle proprie azioni (Bruner 1997) fino alle pi… re-
centi formulazioni a forte connotazione empirica negli studi sulle au-
tobiografie di O’Connor (1995) e di McAdams, Hoffman, Mansfield e
Day (1996).
Nello studio che abbiamo condotto i temi narrativi riferibili
all’agency sono stati categorizzati secondo due accezioni (v. Fig. 26):
la capacitƒ d’azione (propriamente detta) e il tema delle scelte che so-
no rese narrativamente nei termini della intenzione di percorrere linee
d’azione alternative (“lavoro vs. reato”, “devianza vs. attivitƒ legali”,
“bene vs. male”), della capacitƒ di riemergere dalle difficoltƒ della
vita quotidiana, della decisione consapevole e intenzionale di perpe-
trare proprio quel reato in quel momento specifico, dell’imputazione
all’ignoranza e/o all’immaturitƒ della causazione di scelte sbagliate.
Nella figura 26 abbiamo riportato alcune delle 16 porzioni di testo che
riassumono le dimensioni appena descritte (rispettivamente codificate
come “agency” o come “scelte”).
Ogni estratto, secondo la notazione di ATLAS.ti, riporta le coordi-
nate del testo in cui si trova, la prima riga dell’estratto (che solitamen-
te identifica la quotation vera e propria) e l’intero segmento codificato
(cio…, considerato come tematicamente significativo in fase di codifica
aperta o by list: cfr. • 5.2 in questo capitolo).
I temi dell’agency e della scelta di percorsi d’azione specifici sono
stati studiati nella letteratura scientifica anche con riferimento al con-
testo detentivo (O’Connor 1995): i risultati relativi a questa dimensio-
ne narrativa tuttavia ampliano il panorama offerto dagli studi prece-
denti in cui l’agentivitƒ era stata operazionalizzata con riferimento e-
sclusivo alla collocazione rispetto al sistema agente (interna o disloca-
ta). La ricerca svolta ne chiarisce le articolazioni narrative specifiche.
Un analogo percorso descrittivo … possibile per quanto riguarda i temi
narrativi relativi all’attribuzione interna di responsabilitƒ: nella figura
27 abbiamo riportato alcune delle quotations che illustrano la rappre-

12
Va detto per precisione e completezza che il concetto di “agency” ha un percor-
so decisamente pi† ampio di quello che ci limitiamo a descrivere in questa sede: a par-
tire dalle formulazione in ambito interazionista simbolico (Harr‡ e Secord 1972) fino
alla giƒ citata Teoria dell’azione (Harr‡ e von Cranach 1982) e alla psicologia discor-
siva (Harr‡ e Gillett 1994).

148
La ricerca

sentazione fornita dai rispondenti all’intervista sul tema


dell’assunzione delle responsabilitƒ per i reati commessi.

Figura 26. Indicazione degli estratti di testo (quotations) per i temi della capacitƒ di
agire.

Tutti gli estratti narrativi sono stati ricondotti a tre codici (a loro
volta compresi nella Code family “Attribuzione interna di responsabi-
litƒ”) che abbiamo indicato come: (a) “immaturitƒ (ignoranza o inge-

149
Capitolo IV

nuitƒ) come cause della devianza”: … un codice che comprende tutti


quei passaggi narrativi in cui gli autori imputavano ai fattori indicati la
causa delle loro azioni; abbiamo scelto di riportare, a titolo esemplifi-
cativo, solo alcuni dei 21 estratti che caratterizzano questo fattore;

Figura 27. Indicazione degli estratti di testo (quotations) per i temi dell’attribuzione
interna di responsabilitƒ.

(b) “ammissione di colpevolezza”: comprende tutte le porzioni di te-


sto in cui gli intervistati (seppure non attribuendosi chiaramente la re-
sponsabilitƒ) si descrivono direttamente o indirettamente come artefici

150
La ricerca

del proprio destino. Essi non chiamano in causa fattori esterni e incon-
trollabili, piuttosto le loro ammissioni sono velatamente caratterizzate
da una sorta di rassegnazione e inevitabilitƒ del percorso che essi stes-
si hanno scelto di intraprendere; (c) “consapevolezza dei propri erro-
ri”: sono i passaggi narrativi maggiormente caratterizzati dal senso di
l’inevitabilitƒ del percorso di devianza instaurato. Come ‰ evidente
dagli esempi riportati nella figura 27, si tratta di estratti tipicamente
riferiti all’uso di sostanze stupefacenti che risultano la principale cau-
sa della commissione dei reati in senso diretto e strumentale (per la
necessitƒ di ottenere rapidamente somme ingenti di denaro) e indiret-
tamente (come fonte di deterioramento delle condizioni psicofisiche e
della capacitƒ di giudizio e valutazione). In questi casi, la responsabili-
tƒ dei reati ‰ dunque indirettamente attribuita a S‚ attraverso la media-
zione delle droghe, l’uso delle quali diventa la principale causa della
commissione dei reati e vera ragione del rammarico manifestato.
Le attribuzioni a cause esterne da s‚, che pure sono ampiamente
presenti nelle interviste che abbiamo analizzato, sono riferibili a fonti
chiaramente identificate. Per le attribuzioni esterne di responsabilitƒ,
la collocazione della causazione fuori da s‚ viene attuata facendo am-
pio ricorso all’ironia sull’entitƒ della pena da scontare e sulle colpe
delle istituzioni nella determinazione della scelta di commettere reati;
La figura 28 illustra l’articolazione interna di questa dimensione
con riferimento ai seguenti indicatori (per ciascun codice della rete
grafica abbiamo riportato a titolo esemplificativo una sola quotation
che fosse semanticamente rappresentativa del codice indicato e, per
suo tramite, della Code family “Attribuzione esterna”): le droghe e/o
gli psicofarmaci, la vittima, le agenzie di controllo sociale, le istitu-
zioni, la subcultura della periferia (borgata), una generica attribuzione
alla sfortuna, una persona chiaramente identificabile (es.: la cogna-
ta/convivente) o (pi… genericamente) gli altri, la famiglia.
Per quanto riguarda gli altri elementi che sono emersi dalle narra-
zioni, abbiamo rilevato una presenza di temi narrativi vicini ai mecca-
nismi di disimpegno morale (Bandura 1997; 1999: figure 29, 30 e 31)
e alle tecniche di neutralizzazione della norma (Sykes e Matza 1957).
Pi… articolato ‰ il quadro che riguarda le Tecniche di neutralizza-
zione della norma per la cui analisi abbiamo fatto riferimento alle pi…
recenti riformulazioni e ampliamenti di Fritsche (2002) e Minor
(1981): nella codifica delle interviste ‰ stata rilevata spesso la presen-
za di temi narrativi riferibili al modello proposto da Sykes e Matza
(1957).

151
La ricerca

Figura 28. Indicazione degli estratti di testo per i temi dell’attribuzione esterna di responsabilitƒ..

152
La ricerca

Figura 29. Esemplificazione del tema narrativo della Minimizzazione del danno se-
condo il modello del Moral disengagement.

Figura 30: Esemplificazione del tema narrativo dell’Etichettamento eufemistico se-


condo il modello del Moral disengagement.

Le codifiche, in questo caso, sono state effettuate in due fasi: una


codifica per temi (l’assegnazione del codice specifico) e successiva-
mente un’aggregazione dei codici in Code families. Tutte le dimensio-
ni riscontrate sono rappresentate mediante Network view a partire dal-
la Code family e per mezzo dei codici che la compongono (si veda a
questo riguardo l’articolazione concetto-dimensioni-indicatori secon-
do il modello di Lazarsfeld: cap. 2).

153
Capitolo IV

Figura 31. Esemplificazione del tema narrativo della Dislocazione della responsabili-
tƒ secondo il modello del Moral disengagement.

Ciascuna rete riporta inoltre le quotations (estratti di testo) da cui


sono ottenuti i codici al fine di rendere chiaro il percorso logico sotto-
stante all’analisi dei materiali empirici.
La rappresentazione delle tecniche di neutralizzazione ‰ ottenuta
dai temi narrativi (riportati nelle figure nelle prossime pagine) con i
quali gli autori dei reati cercano di giustificare l’azione o mitigare il
peso delle attribuzioni negative:

– “Appeal to higher loyalties” (“Richiamo a ideali superiori”): figura


32.
– “Denial of responsability” (“Negazione della responsabilitƒ”): figura
33.
– “Denial of victim” (“Attribuzione di colpa alla vittima”): figura 34.
– “Condanna dei giudici”: figura 35.

154
La ricerca

Figura 32. Articolazione della famiglia di codici “Appeal to higher loyalties”.

Figura 32. Articolazione della famiglia di codici “Appeal to higher loyalties”.

Figura 33. Articolazione della famiglia di codici “Denial of responsability”.

155
Capitolo IV

Figura 34. Articolazione della famiglia di codici “Attribuzione di colpa alla vittima”
(secondo l’ampliamento di Fritsche 2002).

– “Defence of necessity” (“Difesa dello stato di necessitƒ”): figura 36.


– “Metaphor of the ledger” (“Richiamo all’esperienza passata”): figu-
ra 37.
– “Reference to sin of others”, (“Confronto vantaggioso”): figura 38.
– “Defence of necessity” (“Difesa dello stato di necessitƒ”): figura 36.
– “Metaphor of the ledger” (“Richiamo all’esperienza passata”): figu-
ra 37.

In due circostanze, la codifica operata ci ha fatto rilevare una so-


vrapposizione fra i meccanismi banduriani e le tecniche di neutraliz-
zazione, da una parte (si tratta dell’Attribuzione di colpa alla vittima,
“Denial of victim” nei termini di Sykes e Matza, 1957: v. Fig. 36), e il
modello di Fritsche (“Reference to sin of others”, il c.d. “Confronto
vantaggioso” per Bandura: v. Fig. 37).

156
La ricerca

Figura 35. Articolazione della famiglia di codici “Condemnation of the condemners”.

157
La ricerca

Figura 36. Articolazione della famiglia di codici “Defence of necessity” (secondo


l’ampliamento di Minor, 1981).

Fin qui la descrizione in termini di dimensioni (code families) 


indicatori (codici)  estratti di testo (quotations) secondo i modelli
teorici tradizionali di Bandura e Sykes-Matza.
La letteratura sull’argomento tuttavia ha evidenziato l’esistenza di
ulteriori meccanismi di disimpegno morale e neutralizzazione della
norma. In particolare, i contributi di Fritsche (2002) e Schahn (1993)
hanno consentito di gettare nuova luce sui meccanismi implicati nel
resoconto e nella narrazione delle azioni devianti.

158
La ricerca

Figura 37. Articolazione della famiglia di codici “Metaphor of the ledger” (secondo
l’ampliamento di Minor, 1981).

159
Capitolo IV

Figura 38. Articolazione della famiglia di codici “Confronto vantaggioso” (secondo


l’ampliamento di Fritsche, 2002).

Gli Autori hanno parlato specificamente di:

– assenza di intenzione di commettere il reato (“Reference to lack of


intentionality”): v. Fig. 39,
– futura astensione dal comportamento sanzionato (“Promised re-
form”): v. Fig. 40,
– mancata assunzione delle responsabilitƒ per gli eventi successivi
collegati (“Refusal to take responsability for the future”): v. Fig. 41,
– imputazione alla pigrizia (“Reference to laziness”): v. Fig. 42,
– ammissione di colpevolezza (“Acceptance of guilt”): v. Fig. 43.

160
La ricerca

Figura 39. Articolazione della famiglia di codici “Reference to lack of intentionality” (secondo l’ampliamento di Fritsche 2002).

165
Capitolo IV

Figura 40. Articolazione della famiglia di codici “Promised reform” (secondo l’ampliamento di Fritsche, 2002).

162
La ricerca

Figura 41. Articolazione della famiglia di codici “Refusal to take responsability for
the future” (secondo l’ampliamento di Schahn 1993).

Rispetto a quanto descritto nelle pagine precedenti, un approfon-


dimento merita l’articolazione dei temi narrativi relativi al Posiziona-
mento discorsivo (di cui abbiamo parlato nel cap. 1 • 3.1). Si tratta,
come evidenziato in precedenza, di un modello teorico che solo in
tempi recenti ha ricevuto la necessaria attenzione e ha avuto appro-
fondimenti dal punto di vista empirico: per questa ragione, non ‰ an-
cora possibile definire un adeguato iter logico e metodologico di arti-
colazione in dimensioni e indicatori empiricamente rilevabili del con-
cetto di posizionamento.
Nella ricerca condotta e qui presentata abbiamo quindi preferito
(diversamente da quanto fatto rispetto ai temi narrativi descritti nelle
sezioni precedenti) operare una codifica a un livello di astrazione
maggiore (le aree principali che definiscono il posizionamento nei
termini di collocazione nel sistema di coordinate definito dall’ordine
morale, l’ordine sociale, l’ordine spaziale e quello temporale: Davies e
Harr‚ 1990; Harr‚ e van Langenhove 1992): alla lettura dei testi ha
fatto seguito una codifica in termini di specifiche implicazioni discor-
sive rispetto ai quattro livelli di collocazione.

163
Capitolo IV

Figura 42. Articolazione della famiglia di codici “Reference to laziness” (secondo


l’ampliamento di Schahn 1993).

164
Figura 43. Articolazione della famiglia di codici “Acceptance of guilt” (secondo l’ampliamento di Fritsche 2002).
163
Capitolo IV

Nelle sezioni seguenti vengono riportati l’output dei codici catego-


rizzati per ogni Code family. Abbiamo scelto di distinguere fra due
dimensioni alternative ma interrelate:

– il posizionamento di S‚ vs. il posizionamento di altri,


– la connotazione su un versante positivo vs. la connotazione su un
versante negativo.

In particolare, per quanto riguarda il Posizionamento discorsivo di


S‚ nell’ordine morale secondo un’accezione negativa (Finestra 6), so-
no emersi 38 estratti di testo complessivi riferibili ai temi della scelta
di dedicarsi alle attivitƒ criminali, della deresponsabilizzazione e del-
la costruzione discorsiva del disimpegno, del pentimento.
Finestra 6. Indicatori narrativi della costruzione del Posizionamento morale del S‚ con
connotazione negativa.

Code Family: Posizionamento discorsivo del S• nell'ordine morale (versan-


te negativo)

Codes (10): [deresponsabilizzazione] [estraneazione] [minimizzazione]


[poca voglia di lavorare] [rapine = lavoro normale] [ridimensionamento
della propria posizione] [scelta consapevole della devianza] [scelta delle
rapine] [tentativo di suicidio] ["io ho sempre rubato"]
Quotation(s): 38

Sul versante della connotazione positiva della stessa dimensione (il


S‚ nell’ordine morale) gli intervistati si sono espressi in maniera pi…
ampia con 78 quotations complessive riferite a temi narrativi del senso
di autoefficacia derivante dal successo delle imprese (inclusa la defi-
nizione di S‚ come “professionista del crimine”), ma anche del senso
di responsabilitƒ e dell’autocolpevolizzazione, del rispetto per le vit-
time (non uso delle armi da fuoco e nessuna minaccia all’incolumitƒ
fisica) e per famiglia (che potrebbe subire gli effetti negativi delle at-
tribuzioni negative altrui), del disimpegno rispetto alle ragioni della
scelta di commettere i crimini. L’output dei risultati ‰ riportato nella
finestra 7. Il posizionamento degli altri in termini negativi (sempre
secondo le coordinate dell’ordine morale: finestra 8) ‰ manifestato se-
condo una serie di strategie discorsive implicanti una causazione nella
direzione altri-S‚: la colpevolizzazione delle istituzioni (tema narrativo
giƒ trattato nella sezione precedente), delle vittime e dei complici, le

166
La ricerca

reazioni violente dei familiari (quelle delle forze dell’ordine),


l’influenza del contesto sono tutte che lasciano intendere un’influenza
esterna sul comportamento deviante messo in atto dall’attore.

Finestra 7. Indicatori narrativi della costruzione del Posizionamento morale del S‚ con
connotazione positiva.

Code Family: Posizionamento discorsivo del S• nell'ordine morale (versan-


te positivo)

Codes (15): [autoefficacia e soddisfazione] ["professionista" affidabile e


attento] [autocolpevolizzazione/responsabilit€] [brava persona] [criminale
per necessit€] [dialogo] [estraneit€ ai fatti] [famiglia e vita regolare] [fur-
bizia] [gratitudine/riconoscenza] [maturazione e responsabilit€] [non
coinvolgomento della famiglia] [non collusione con la mafia] [non far male
a nessuno] [padre affettuoso e attento]
Quotation(s): 78

Finestra 8. Indicatori narrativi della costruzione del Posizionamento nell’ordine mora-


le degli altri con connotazione negativa.

Code Family: Posizionamento nell'ordine morale ALTRI (versante negati-


vo)

Codes (20): [nessun supporto dalla famiglia] [abbandono dalla compagni-


a] [colpevolezza dei complici] [colpevolizzazione delle istituzioni] [compor-
tamenti deleteri per s•] [deresponsabilizzazione degli assistenti sociali]
[famiglia sfasciata] [fratelli devianti] [fratello traditore] [Governo] [libert€
sessuale] [moglie prudente (abbandono)] [moglie tossicodipendente]
[padre cattivo e violento] [polizia violenta] [poliziotto in malafede] [rea-
zione negativa della famiglia] [reazione violenta della famiglia] [sfiducia]
[vittima disonesta]
Quotation(s): 66

Analogamente, la direzione delle influenze per quanto riguarda la


connotazione positiva del Posizionamento degli altri nell’ordine mora-
le (finestra 9) ‰ collocata dall’esterno (la famiglia, gli estranei suppor-
tanti, la vittima collaborativa) verso il S‚. Purtroppo la bassa frequen-
za di porzioni di testo riferibili a questa dimensione non ci consente di
estrarre altri risultati.
‡ da notare infatti la forte differenza fra il numero totale di quota-
tions riferite all’influenza negativa degli altri verso il S‡ (finestra 8) e
quella riferita alle influenze positive (finestra 9).

167
Capitolo IV

Finestra 9. Indicatori narrativi della costruzione del Posizionamento nell’ordine mora-


le degli altri con connotazione positiva.

Code Family: Posizionamento nell'ordine morale ALTRI (versione positivo)

Codes (8): [sostegno dagli estranei] [cittadini onesti] [famiglia integerri-


ma] [famiglia meravigliosa] [fratelli non devianti] [importanza delle rela-
zioni affettive/interpersonali] [vicinanza della famiglia] [vittima 'buona']
Quotation(s): 18

Questo primo set di risultati riguardanti le caratterizzazioni narrati-


ve del S‚ e degli altri secondo accezioni negative e positive conferma-
no quando giƒ evidenziato dalla letteratura sull’attribuzione causale
(De Grada e Mannetti 1988; Felson e Ribner 1981): l’enfasi (che tutto
sommato possiamo interpretare come equivalente) che i rispondenti
pongono sulla caratterizzazione in termini moralmente positivi del S‚
(78 quotations: finestra 7) e in termini negativi degli altri (66 quota-
tions: finestra 8) merita ulteriori approfondimenti con ricerche struttu-
rate e con una metodologica rigorosa.
Le collocazioni nell’ordine sociale appaiono meno approfondite in
termini narrativi. Come abbiamo descritto nel capitolo 1 (• 3.1), il li-
vello sociale della costruzione narrativa di S‚ e degli altri ‰ relativo
alle caratterizzazioni di tipo sociologico-anagrafico, i ruoli storica-
mente agiti e vissuti. I due codici caratterizzanti questa dimensione
sono illustrati nella figura 44 unitamente agli estratti di testo che li e-
semplificano.
Analogamente, gli indicatori narrativi del S‚ nell’ordine sociale
(sia con connotazione positiva che negativa) mostrano una scarsa sa-
lienza rispetto ai temi della collocazione al livello morale (finestra
12).
Il versante positivo evidenzia i temi della “normalitƒ della vita quo-
tidiana” e delle aspirazioni per un futuro positivo; in altre narrazioni,
spicca una caratterizzazione in senso negativo che coinvolge la defini-
zione dell’ambiente di vita del soggetto (la povertƒ e lo stato di neces-
sitƒ, i tentativi di emergere anche con atteggiamenti aggressivi, talvol-
ta violenti).

168
La ricerca

Figura 44. Indicatori narrativi della costruzione del Posizionamento nell’ordine socia-
le degli altri.

Finestra 10. Indicatori narrativi della costruzione del Posizionamento sociale del S‚.

Code Family: Posizionamento nell'ordine sociale del S‚ (versante positivo)


Codes (3): [famiglia benestante] [famiglia e vita regolare] [tentativo di
essere un buon padre]
Quotation(s): 9

Code Family: Posizionamento nell'ordine sociale del S• (versante negativo)


Codes (7): [infanzia brutta] [lavoro per motorino] [rabbia] ["• mio e me lo
prendo"] [ambiente deviante] [bisogno di potere] [famiglia povera]
Quotation(s): 12

L’ultimo aspetto del Posizionamento discorsivo riguarda la collo-


cazione nel sistema di coordinate spazio-temporali. Si tratta di una
dimensione che evidenzia tutta la varietƒ delle caratterizzazioni possi-
bili: i rispondenti-narratori si sono orientati in maniera diversa fra loro
rappresentando un’ampia gamma delle localizzazioni in senso tempo-
rale e/o spaziale.
In questo senso, i “luoghi” citati in cui vengono ambientate le sto-
rie narrate sono (se consideriamo il livello spaziale della narrazione)
quelli in cui i reati si sono svolti (rappresentati mediante i codici nella
parte sinistra della figura 43). • utile notare che tutte le porzioni di te-
sto rappresentate da questi codici sono 10, a testimonianza della scarsa
salienza attribuita alle caratterizzazioni di tipo spaziale.

169
Capitolo IV

In maniera simile, i temi narrativi afferenti al livello temporale


(parte destra della figura 45) consentono di evincere una localizzazio-
ne delle origini dell’azione narrata ora in tempi remoti
(“nell’infanzia”, “nella giovinezza”, etc.), ora in un momento definito
(“ad Agosto”, “luned„”, “il giorno delle pensioni”).

Figura 45. Indicatori narrativi della collocazione nei contesti spazio-temporali.

‡ totalmente assente una riattualizzazione della narrazione nel qui


e ora in cui essa si svolge, come se gli eventi del passato – seppure vi-
vidamente collocati nel loro contesto storico – fossero localmente va-
lidi senza una necessitƒ di confronto o di rimessa in discussione rispet-
to alla situazione presente.
L’interpretazione complessiva di queste evidenze riconduce al con-
testo specifico in cui le narrazioni sono state ottenute: si ‰ trattato di
resoconti inseriti in colloqui condotti in carcere con individui che era-
no imputati di reati vari (rapine, omicidio, detenzione, spaccio e/o
traffico di sostanze stupefacenti, truffa e ricettazione). In tale situazio-
ne, ‰ possibile che i meccanismi implicati nel render conto (diretta-
mente o indirettamente) delle ragioni dei reati abbiano fatto preferire
agli attori-narratori una collocazione di S‚ in un “contesto di giustifi-
cazione” (da cui l’enfasi sui meccanismi di disimpegno morale e di
neutralizzazione della norma) e di messa in discussione dei criteri di
definizione degli obblighi e dei doveri, nei sistemi culturali e locali
che includono attribuzioni, credenze, valori.

170
La ricerca

6.2 Le strutture narrative: presenza delle dimensioni

Per quanto riguarda la presenza, in tutti i testi analizzati, di estratti


riconducibili al modello strutturale preso in esame (l’Evaluation
model di W. Labov: cfr. cap. 3 • 2.4) possiamo dire che si tratta di una
valutazione del tutto introduttiva poich‚ sulle categorie di cui trattia-
mo (le dimensioni di tipo strutturale, appunto) sarƒ opportuno effettua-
re delle analisi pi… specifiche mediante gli operatori di prossimitƒ.
In via preliminare, possiamo dunque riassumere le informazioni
facendo riferimento alla tabella V.
Come ‰ evidente dai totali di ciascuna dimensione strutturale, la
componente valutativa (Evaluation) ‰ la pi… rappresentata nelle 34
narrazioni (83 estratti di testi): le narrazioni n. 22 e n. 1 sono quelle
nelle quali essa si presenta con maggiore frequenza (rispettivamente
11 e 8 volte).
Tabella V. Riepilogo della presenza delle dimensioni strutturali in tutti i documenti
primari.

L’Abstract (che come riferito nel cap. 3 • 2.4 ‰ una componente


opzionale che ha la funzione di introdurre e riassumere contenuti pre-
senti nell’intera narrazione) si presenta in 32 quotations. L’intervistato
n. 25 ‰ quello che produce un percorso narrativo con un maggior nu-
mero di riassunti introduttivi: ‰ come se egli, nel corso della stessa in-
tervista, sviluppasse una serie di micronarrazioni, ciascuna in s‚ stes-
sa completa e conclusa (comprendente cio‰ tutte le dimensioni preva-
lenti che, in termini strutturali, definiscono una narrazione) con una
forte caratterizzazione in senso valutativo (5 quotations, peraltro co-
muni con l’intervistato n. 2 ma decisamente inferiori a quelle
dell’intervistato n. 22).
La dimensione meno frequente nell’intero corpus dei dati ‰ quella
relativa all’illustrazione degli esiti dei percorsi d’azione e degli eventi
(Result): si tratta di una evidenza che puˆ sorprendere se valutata in

171
Capitolo IV

assoluto. A nostro avviso, questo risultato ‰ da ricondurre alla natura


degli eventi narrati: si tratta di catene di eventi le cui conclusioni sono
spesso negative per il protagonista dell’azione stessa (l’arresto) e, per
certi aspetti, anche autoevidenti; fra gli eventi critici su cui gli intervi-
stati ritenevano utile produrre una narrazione e intorno a cui impernia-
vano gli altri fatti significativi, gli intervistati hanno spesso scelto il
reato che li ha portati all’attuale detenzione: in questo senso, il “risul-
tato” – la conclusione – dell’azione ‰ ovviamente l’arresto e quindi la
situazione detentiva nella quale si trovano al momento dell’intervista.
In diverse interviste (le nn. 5, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 18, 32)
non ‰ stato possibile rilevare alcuna componente strutturale: si tratta di
testi molto destrutturati nei quali i narratori appaiono poco propensi a
sviluppare narrazioni organiche e tematicamente integrate. Esse sono
state tuttavia particolarmente utili per quanto riguarda l’analisi dei
contenuti di cui abbiamo trattato nei paragrafi precedenti. Riprende-
remo pi… avanti questo discorso cercando di capire quali sono le im-
plicazioni dell’assenza di strutture narrative in alcuni testi.

6.2.1 Verifica delle relazioni e del modello

Per quanto riguarda la verifica delle relazioni fra le dimensioni


strutturali delle narrazioni (con riferimento al modello di Labov) ci
siamo avvalsi delle potenzialitƒ della funzione Query tool di
ATLAS.ti.
La prima relazione riguarda la sequenza iniziale del percorso narra-
tivo “Abstract  Setting/Orientation”: secondo il modello di Labov
(cfr. tab. I nel cap. 3), le due dimensioni strutturali comprendono ri-
spettivamente una sezione opzionale che riassume i tratti salienti
dell’evento e la descrizione delle informazioni di contesto
(l’inquadramento all’interno del quale … collocata la scena narrata):
attori, luoghi, situazione. La verifica di tale relazione implica che il
ricercatore debba “testare”, attraverso il Query tool, diverse possibili
relazioni strutturali.
Ad esempio, nella figura 46 abbiamo indicato la variazione dei ri-
sultati sulla relazione di precedenza (“precedes”) fra “Abstract” e
“Setting/Orientation” (cio…: i temi riconducibili alla dimensione “Ab-
stract” precedono quelle relative alla dimensione “Set-
ting/Orientation”?) a seconda della distanza in linee di testo con cui si
presentano nelle narrazioni. In questa fase, tutte le possibili relazioni e
le operazioni con Query tool sono condotte su tutte le interviste.

172
Capitolo IV

Figura 46. Sequenza di verifica delle relazioni fra “Abstract” e “Setting/Orientation” per diverse distanze in linee di testo.

168
Capitolo IV

La prima schermata della figura 46 mostra che ponendo fra i codici


“Abstract” e “Setting/Orientation” una sola riga di testo ATLAS.ti e-
strae 4 quotations evidenziate nella parte entro l’ovale (esse sono e-
lencate anche nella parte in basso a destra nell’area dei risultati): in
altri termini, si pu• dire che solo in 4 estratti narrativi Abstract prece-
de Setting/Orientation.
Se cambiamo l’impostazione di default della distanza fino a 5 righe
i risultati mostrano 5 quotations complessive; se portiamo a 10 le ri-
ghe di testo (parte bassa della figura 46) le porzioni estratte diventano
11 ma ‰ chiaro che, in termini concettuali, si tratta di una forzatura:
non sembra possibile infatti considerare strutturalmente collegate due
sequenze narrative che distano 10 righe di testo. Per questa ragione
logica, abbiamo illustrato questa prima verifica in tutta la sua com-
plessitƒ, ma nelle pagine successive ci limiteremo a rappresentare in
maniera pi… sintetica solo le evidenze che sono logicamente plausibili.
E infatti, proprio per gli stessi codici (“Abstract” e “Set-
ting/Orientation”) sono possibili altre relazioni strutturali: una verifica
completa comporta la necessitƒ di mettere alla prova ogni eventuale
relazione fra i codici indicati utilizzando tutti gli operatori di prossimi-
tƒ disponili in ATLAS.ti (che abbiamo descritto nella figura 13 nelle
pagine precedenti).
Nel caso specifico, come mostra la tabella VI, … necessario con-
frontare il risultato di diverse operazioni di ricerca. Per maggiore
semplificitƒ, l’output dei risultati riporta tutti i risultati in numero di
quotations in un’unica tabella.
L’esito di questa prima verifica delle relazioni fra i temi narrativi
riconducibili all’“Abstract” e quelli relativi al “Setting/Orientation”
mostra che la relazione prevalente … quella in cui essi sono sovrapposti
(“overlapping”): pi† esattamente, in 15 quotations (sulle 32 teoriche
possibili)1 la dimensione della descrizione del contesto inizia durante
la narrazione della sintesi dell’intero evento come ‰ esemplificato
nell’estratto n. 1 in cui viene narrato un omicidio.

1
Il concetto di “quotation teoriche”, fa riferimento all’eventualitƒ che tutte le cita-
zioni del termine meno rappresentato (32 citazioni per il codice “Abstract”) possano
essere tutte teoricamente in relazione a quelle del termine pi… rappresentato (Setting =
48). Nel caso specifico, il codice “Abstract” ha, nell’intera HU, 32 quotations delle
quali 15 sono comuni con “Setting”.

174
La ricerca

Tabella VI. Sintesi delle possibili relazioni fra i codici “Abstract” e “Set-
ting/Orientation” nell’intera HU.

Risultato_1 Risultato_2 Risultato_3


Dimensione Operato- Dimensione
quota- quota- quota-
strutturale_1 re strutturale_2
tions/righe tions/righe tions/righe
4 quota- 5 quota- 11 quota-
ABSTRACT
precedes SETTING (48) tions tions tions
(32)2
/1 riga /5 righe /10 righe
ABSTRACT
follows SETTING (48) 1 quotation3
(32)

ABSTRACT
overlaps SETTING (48) 1 quotation
(32)

ABSTRACT overlap-
SETTING (48) 15 quotations
(32) ped by

ABSTRACT
within SETTING (48) 4 quotations
(32)

ABSTRACT
encloses SETTING (48) 1 quotations
(32)

Estratto n. 1
Domanda: Potrebbe raccontarmi il reato che ha commesso?
Risposta: Š successo che una settimana prima che succedesse ho
pensato di farlo
e pensando alla fine della settimana ero molto deciso,
poi mi sono posto il problema di come farlo.
Ho pensato alla pistola ma poi ho avuto difficoltƒ nel repe-
rirla, ho pensato al coltello, ma poi ho scartato anche que-
sto, alla fine un cavo d'acciaio.
Ho aspettato che mia madre tornasse dal lavoro e le ho
messo il cavo intorno al collo e l'ho praticamente uccisa
guardandola negli occh; e questa cosa ha fatto molto scal-
pore al processo, poi ho portato il corpo in un'altra stanza
e ho aspettato che mio padre tornasse, mi sono seduto su
una sedia all'ingresso, s‡ all'ingresso e ho aspettato, quan-
do … entrato ho fatto la stessa cosa anche a lui. Poi ho spo-
stato il corpo nella stessa stanza di prima e sono uscito e

2
Il numero fra parentesi indica il numero complessivo di quotations relative a
quello specifico codice.
3
Nel caso specifico (e nelle tabelle successive) tutte le relazioni strutturali oltre
“precedes” non sono logicamente passibili di differenze in dipendenza dalla distanza
in linee di testo fra i codici.

175
Capitolo IV

sono andato a farmi una pera. Sono tornato la mattina per


occultare i corpi e ho abbassato i sedili della macchina e
l'ho messi l‡, si vedevano ma non mi vide nessuno.

In maniera analoga ‰ stata testata la relazione strutturale fra la di-


mensione narrativa “Setting/Orientation” e quella in cui viene descrit-
to l’evento precipitante che ha condotto al compimento del reato
(“Complication”). La sintesi dei risultati, nei due sensi logicamente
possibili (“Setting”  “Complication” oppure “Complication” 
“Setting”), … riportata nelle tabelle VII e VIII4:
Tabella VII. Sintesi delle possibili relazioni “Setting/Orientation”  “Complication”
nell’intera HU.

Dimensione Dimensione strut- Risultato_1 Risultato_2


Operatore
strutturale_1 turale_2 quotations/righe quotations/righe
COMPLICATION 6 quotations 11 quotations
SETTING (48) precedes
(46) /1 riga /5 righe
COMPLICATION 3 quotations 6 quotations
SETTING (48) follows
(46) /1 riga /5 righe

COMPLICATION
SETTING (48) overlaps 1 quotation
(46)
overlapped COMPLICATION
SETTING (48) 6 quotations
by (46)

COMPLICATION
SETTING (48) within 4 quotations
(46)
COMPLICATION
SETTING (48) encloses 8 quotations
(46)

Complessivamente i risultati sono di difficile interpretazione:


l’elemento pi… certo ‰ che in nessun caso (zero quotations estratte) i
codici riferibili all’evento critico (“Complication”) precedono quelli
della descrizione del contesto (“Setting/Orientation”); in tutti i casi,
l’intensitƒ della relazione … molto bassa: 11 … il numero di quotations
pi… alto che si ritrova “Complications” follow “Setting” con distanza
di 5 righe che ‰ speculare a “Setting” precedes “Complication” con
distanza di 5 righe. In questi casi, tuttavia, la proporzione fra il nume-

4
D’ora in poi, tralasceremo di riportare i passaggi tecnici esemplificati dalle
schermate di ATLAS.ti, ritenendo che sia ormai chiara al lettore la logica sottostante
alle procedure eseguite.

176
La ricerca

ro di quotations estratte (11) e le quotations teoriche (46) non consen-


te di interpretare il risultato come particolarmente interessante: ‰ come
se dicessimo che in soli 11 passaggi di tutte le narrazioni gli intervista-
ti descrivono il contesto specifico in cui il reato ha avuto luogo prima
di aver spiegato il perch‚ l’hanno effettivamente messo in atto. ‡ pos-
sibile dunque che le categorie narrative riferite alle due dimensioni
siano sostanzialmente indipendenti e diffuse per tutta l’estensione del-
le interviste senza che sia possibile definire univocamente una rela-
zione specifica.
Tabella VIII. Sintesi delle possibili relazioni “Complication”  “Setting/Orientation”
nell’intera HU.

Dimensione strut- Dimensione Risultato_1 Risultato_2


Operatore
turale_1 strutturale_2 quotations/righe quotations/righe

COMPLICATION 0 quotations 6 quotations


precedes SETTING (48)
(46) /1 riga /5 righe

COMPLICATION 6 quotations 11 quotations


follows SETTING (48)
(46) /1 riga /5 righe

COMPLICATION
overlaps SETTING (48) 6 quotations
(46)

COMPLICATION overlapped
SETTING (48) 1 quotation
(46) by

COMPLICATION
within SETTING (48) 4 quotations
(46)

COMPLICATION
encloses SETTING (48) 8 quotations
(46)

Nel momento in cui entra nel gioco delle relazioni fra dimensioni
narrative quella da cui il modello di Labov prende il nome,
l’Evaluation, i tentativi di scoprire la struttura intrinseca delle narra-
zioni sulle azioni devianti diventano pi… complessi, ma – allo stesso
tempo – i risultati pi… evidenti.
Seguendo l’approccio esplorativo che abbiamo proposto nelle ul-
time pagine, infatti, ‰ utile proseguire attraverso confronti fra le di-
mensioni a due a due. In questo modo, si puˆ dedurre,
dall’interpretazione degli esiti di ogni sequenza di confronti, una strut-
tura comune in tutta l’HU.

177
Capitolo IV

La tabella IX mostra i diversi pattern di co-occorrenze. La dimen-


sione “Evaluation” risulta essere fortemente interrelata sia alla descri-
zione degli eventi critici (“Complication”) – senza tuttavia una netta
prevalenza in termini di precedenza o sequenza – sia, in termini quali-
tativamente e quantitativamente ancora pi† importanti, con la defini-
zione del contesto in cui l’azione ha avuto luogo (“Set-
ting/Orientation”).
Tabella XI. Sintesi delle possibili relazioni fra “Evaluation” e le altre dimensioni
strutturali nell’intera HU.

Dimensione strut- Dimensione strut- Risultato_1 Risultato_2


Operatore
turale_1 turale_2 quotations/righe quotations/righe

COMPLICATION EVALUATION 8 quotations 14 quotations


precedes
(46) (83) / 1 riga / 5 righe

COMPLICATION EVALUATION 9 quotations 17 quotations


follows
(46) (83) / 1 riga / 5 righe

COMPLICATION EVALUATION
within 4 quotations
(46) (83)

COMPLICATION EVALUATION
encloses 4 quotations
(46) (83)

COMPLICATION overlapped EVALUATION


8 quotations
(46) by (83)

COMPLICATION EVALUATION
overlaps 5 quotations
(46) (83)

EVALUATION COMPLICATION 9 quotations 14 quotations


precedes
(83) (46) / 1 riga / 5 righe

178
La ricerca

EVALUATION COMPLICATION 8 quotations 17 quotations


follows
(83) (46) / 1 riga / 5 righe

EVALUATION COMPLICATION
within 5 quotations
(83) (46)

EVALUATION COMPLICATION
encloses 4 quotations
(83) (46)

EVALUATION overlapped COMPLICATION


5 quotations
(83) by (46)

EVALUATION COMPLICATION
overlaps 8 quotations
(83) (46)

EVALUATION 1 quotation 6 quotations


precedes ABSTRACT (32)
(83) / 1 riga / 5 righe

EVALUATION 3 quotations 9 quotations


follows ABSTRACT (32)
(83) / 1 riga / 5 righe

EVALUATION
within ABSTRACT (32) 1 quotation
(83)

EVALUATION
encloses ABSTRACT (32) 1 quotation
(83)

EVALUATION overlapped
ABSTRACT (32) 0 quotations
(83) by

179
Capitolo IV

EVALUATION
overlaps ABSTRACT (32) 2 quotations
(83)

EVALUATION 11 quotations 20 quotations


SETTING (48) precedes
(83) /1 riga /5 righe

EVALUATION 12 quotations 16 quotations


SETTING (48) follows
(83) /1 riga /5 righe

EVALUATION
SETTING (48) overlaps 4 quotations
(83)

overlapped EVALUATION
SETTING (48) 13 quotations
by (83)

EVALUATION
SETTING (48) within 1 quotation
(83)

EVALUATION
SETTING (48) encloses 5 quotations
(83)

EVALUATION 12 quotations 16 quotations


precedes SETTING (48)
(83) /1 riga /5 righe

EVALUATION 11 quotations 21 quotations


follows SETTING (48)
(83) /1 riga /5 righe

EVALUATION
overlaps SETTING (48) 13 quotations
(83)

180
La ricerca

EVALUATION overlapped
SETTING (48) 4 quotations
(83) by

EVALUATION
within SETTING (48) 6 quotation
(83)

EVALUATION
encloses SETTING (48) 1 quotation
(83)

In entrambi i casi (“Complication” overlapped by “Evaluation”,


“Setting” overlapped by “Evaluation” e – naturalmente – nelle rela-
zioni a loro speculari), ‰ evidente una forte co-occorrenza in termini di
sovrapposizione: riteniamo questa evidenza particolarmente degna di
nota e densa di implicazioni: il fatto che le dimensioni di valutazione
vera e propria degli eventi siano cos„ concatenati con gli altri temi
strutturali e strutturanti delle narrazioni costituisce una implicita con-
ferma dell’Evaluation model anche in contesti di costruzione narrativa
non consueti per l’applicazione di tale modello quale quello del quale
ci stiamo occupando.
A sostegno della bontƒ del modello, c’‰ l’evidenza che i risultati
delle co-occorrenze fra “Evaluation” e “Abstract” non sono partico-
larmente significativi: molto bassa la quantitƒ di estratti di testo che
collegano le due dimensioni e, conseguentemente, altrettanto trascura-
bile la qualitƒ di tali associazioni. A considerare questa parte dei risul-
tati, la relazione ‰ destinata a essere trascurabile: tuttavia, come ab-
biamo avuto modo di verificare variando la distanza in righe di testo
fra “Evaluation” e “Abstract”, … intuibile che all’interno delle stesse
narrazioni (almeno di quelle pi… estese) una nuova sequenza narrati-
va inizi alla conclusione della precedente. Si tratta probabilmente di
quelle sequenze narrative che abbiamo identificato come momenti di
passaggio fra la fine di una narrativa principale e l’esordio di un’altra
all’interno della stessa narrazione: all’interno di sequenze discorsive
molto estese (come quelle che abbiamo analizzato), infatti, ‰ stato
possibile rilevare una “circolaritƒ strutturale” per cui al termine della
narrazione di un serie di eventi di per s‚ conclusi (chiaramente circo-
scrivibili nei confini di apertura e chiusura) la narrazione prosegue con
una nuova sequenza a partire dalla dimensione strutturalmente deputa-

181
Capitolo IV

ta all’esordio di una nuova serie di eventi (l’Abstract). Una chiara e-


semplificazione di questo meccanismo di “circolaritƒ strutturale” ‰
presente nell’estratto n. 2:

Estratto n. 2:
Risposta: Nel frattempo ho fatto quello che ho potuto del mio... di-
ciamo... secondo lavoro..., per cui dalle 18 alle 22 (se va
bene) faccio quello che devo fare: comprare e vendere ero-
ina e cocaina.
In realtƒ torno a casa verso le tre del mattino: ho solo cor-
so... non ho tempo per me, lo scooter segna 70, 80, 100 km
al giorno, con la macchina ne faccio altri 500 a settimana.
Poi ci sono i problemi, clienti da trovare, merci da assag-
giare... questo significa che torni alle 7 di notte:
non ho mangiato, non ho avuto tempo per me, non ho avuto
tempo per la persona a cui voglio bene, che mi ha prepara-
to la cena, che sperava che tornassi alle 22... che ha piˆ bi-
sogno di me di quanto io ne ho di lei... dalle tre alle otto … il
tempo per me e per lei... per‹ sotto il mattone c'… qualche
soldo in piˆ. Tutto questo con l'idea di realizzare un so-
gno... Allora la situazione … la seguente... la famiglia nes-
sun appoggio... a lei non piace... come non … piaciuta a
nessuna ragazza. Lo stipendio migliore offertomi sono 1000
euro al mese, appena sufficienti per camparci...
per cui razionalmente non ho fatto altro che continuare sul-
la strada che mi … stata indicata chiaramente dai tanti col-
loqui fatti, o dalle tante possibilitƒ offertemi...
il sogno … prendere lei … andare a Srinagar, nel Kashmir
(fra Cina, Afghanistan e India): tre-quattro secoli fa gli In-
glesi passavano dal Kashmir per andare in India...
gli abitanti del luogo permisero loro di passare ma non di
costruire nulla sulla terra: gli Inglesi, furbissimi, costrui-
rono le case sull'acqua, le boohouse;
portare l‡ lei, la bambina (o maschietto) che deve nascere...
e stare l‡ tranquillo... con l'affitto dell'appartamento di
Roma... stare l‡ in quel posto lontano.
E' un posto cos‡ buono dove il reato piˆ grave che succede
… il furto con destrezza.
Domanda: ...sogno?
Risposta: obiettivo. poi piano piano...

Nell’esempio riportato … assente il codice “Result” che, nel model-


lo di Labov, identifica il tema narrativo relativo alla risoluzione

182
La ricerca

dell’evento problematico. Si tratta di un’evidenza abbastanza condivi-


sa nell’intero corpus dei testi che abbiamo analizzato: nonostante il
codice “Result” si presenti complessivamente 21 volte, si tratta di se-
quenze narrative che non hanno particolari forme di relazione con gli
altri codici. La tabella X mostra le specifiche co-occorrenze strutturali
fra “Result” e “Evaluation”: dal punto di vista logico, la narrazione
della risoluzione dell’evento dovrebbe seguire una sua messa in di-
scussione e valutazione ma nella realtƒ dei testi che abbiamo analizza-
to non … affatto cos‚.
La ragione di questo risultato che pu• apparire insolito (cio…, che le
sequenze di eventi narrati non abbiano una sezione specificamente de-
dicata alla conclusione, alla narrazione della risoluzione dell’evento) …
spiegabile, a nostro avviso, valorizzando il contesto di elicitazione
delle narrazioni: tutte le interviste sono state condotte in carcere: que-
sta definizione di contesto … probabilmente sufficiente a “illustrare”
l’esito (chiaramente negativo) dell’evento narrato.
Tabella X. Sintesi delle possibili relazioni fra “Result” e “Evaluation” nell’intera HU.

Dimensione Dimensione Risultato_1 Risultato_2


Operatore
strutturale_1 strutturale_2 quot./righe /righe di testo

EVALUATION 4 quotations 9 quotations


RESULT (21) precedes
(83) /1 riga /5 righe

EVALUATION 4 quotations 8 quotations


RESULT (21) follows
(83) /1 riga /5 righe

EVALUATION
RESULT (21) overlaps 3 quotations
(83)

overlapped EVALUATION
RESULT (21) 0 quotations
by (83)

EVALUATION
RESULT (21) within 0 quotations
(83)

EVALUATION
RESULT (21) encloses 1 quotations
(83)

” come se – raccontando storie di reati – la costruzione narrativa


fosse articolata in tutte le sue parti tranne che nella sezione conclusiva,
quella che in qualunque storia servirebbe al narratore per chiarire al
lettore/ascoltatore i reali termini della risoluzione degli eventi. In altre
parole, il contesto favorirebbe un’implicita e condivisa attribuzione di

183
Capitolo IV

significati alla storia narrata (il reato) come un evento che ha avuto un
esito negativo: l’arresto. L’ammissione del fallimento dell’azione, da
una parte, e l’ovvietƒ della situazione (l’intervista si svolge in carce-
re), dall’altra, rende superfluo introdurre il tema narrativo della risolu-
zione dell’evento: esso ‰ giƒ evidente e di facile interpretazione.
L’ultimo elemento strutturale di cui dobbiamo parlare ‰ la “Coda”,
la dimensione opzionale che chiude una sezione narrativa.
Anche la “Coda”, come il “Result”, ha un’incidenza tutto sommato
bassa: 40 quotations delle quali pochissime sono co-occorrenti con al-
tri codici di dimensioni strutturali. Nella tabella XI abbiamo riportato i
risultati che il Query tool ha fornito sulla co-occorrenza generica5 (il
tasto della funzione ‰ l’ultimo in basso a sinistra nella figura 13) fra
“Coda” e tutti gli altri codici strutturali:

Tabella XI. Sintesi delle co-occorrenze fra “Coda” e gli altri operatori di prossimitƒ.

Dimensione Dimensione strut- Risultato_1 Risultato_2


Operatore
strutturale_1 turale_2 quot./righe /righe di testo

EVALUATION
CODA (40) cooccur 11 quotations
(83)

CODA (40) cooccur SETTING (48) 3 quotations

COMPLICATION
CODA (40) cooccur 1 quotation
(46)

CODA (40) cooccur ABSTRACT (32) 1 quotation

CODA (40) cooccur RESULT (21) 1 quotation

Nell’estratto n. 2, citato in precedenza, la parte “per cui razional-


mente non ho fatto altro che…” … una “Coda” nel senso che chiude –
un po’ come una morale della favola – una sequenza narrativa riassu-
mendone implicitamente o esplicitamente le caratteristiche principali
(nell’esempio si tratta di una sequenza conclusiva a forte connotazione

5
La funzione di co-occorrenza generica nel Query tool di ATLAS..ti include con-
temporaneamente quattro operatori di prossimitƒ (“within”, “encloses”, “overlaps”,
“overlapped by”): il suo utilizzo quindi rappresenta la ricerca di un’eventuale associa-
zione strutturale fra codici senza la pretesa di identificarne esattamente la natura.

184
La ricerca

ironica). Immediatamente dopo inizia un’ulteriore argomentazione o-


rientata a illustrare un aspetto che era stato accennato in precedenza (il
tema narrativo del “sogno”, dell’ideale di vita successiva all’uscita dal
carcere): comincia direttamente da una dimensione di descrizione di
un contesto storico, ma questo viene subito contestualizzato nel pre-
sente (il posto ideale dove sarebbe bello essere ora) e nel futuro (il po-
sto ideale dove sarƒ bello andare dopo la carcerazione). La funzione
narrativa della “Coda” …, in questo caso, quella di dare il via a una
nuova sequenza narrativa.
Il modello desumibile dai risultati appena illustrati … rappresentato
nella figura 476:

Figure 47. Modello strutturale dell’HU.

6.3 Relazioni specifiche per categorie (reati ed esperienza)

In questo paragrafo, a partire dai risultati introduttivi delineati in


precedenza, proveremo a trarre delle conclusioni per quanto riguarda
l’associazione in pattern strutturali e di contenuto condivisi fra due
differenti categorie in cui abbiamo raggruppato i rispondenti alle in-
terviste.
Nell’operare una prima categorizzazione ci siamo basati sul tipo di re-
ato commesso. Tutte le interviste-PD sono state inserite in PD-
families (cfr. • 5.2). Come mostra la figura 12 (nelle pagine preceden-

6
Le relazioni fra i nodi della Network view sono impostate per mezzo del Relation
editor di ATLAS.ti: la relazione “associated but not closely” … definita dall’utente; la
relazione “is part of” … fornita di default dal programma e qui utilizzata per rappresen-
tare l’evidenza di sovrapposizione del codice fonte verso il codice destinazione.

185
Capitolo IV

ti) il risultato di questa operazione ‰ il seguente: omicidi, rapine e fur-


ti, reati legati alla droga; truffa e ricettazione.
Il secondo gruppo di documenti primari ‰ dato dagli anni di espe-
rienza. Per operare questa categorizzazione ci siamo basati sulla di-
stinzione fatta da Roger Matthews (2002) e della quale abbiamo parla-
to nel • 5.2 (in questo capitolo): l’Autore distingue 3 categorie7: dilet-
tanti (o novizi), gli intermedi, i professionisti (o esperti).
Tecnicamente, questa distinzione ‰ stata operazionalizzata facendo
riferimento alle risposte fornite dagli intervisti alle domande nn. 38-39
poste alla fine dell’intervista narrativa (App. B): pi… esattamente, gli
intervistati sono stati collocati nelle famiglie di documenti primari in
base ai criteri:

– “nessuna detenzione precedente” o “una detenzione preceden-


te”: dilettante
– “due” o “tre detenzioni precedenti”: intermedio
– “pi† di tre detenzioni precedenti”: esperto.

Leggendo le trascrizioni delle interviste ‰ tuttavia evidente che al-


cuni rispondenti, pur essendo alla prima detenzione, hanno un ampio
trascorso di devianza: in questi casi, con riferimento alla domanda n. 7
della traccia di intervista sulla carriera deviante (“Ricorda il primo
reato?”), abbiamo rilevato l’effettiva esperienza di permanenza nel
circuito della criminalitƒ. In generale, come mostra la finestra 11, nel-
la categoria “esperti” fanno parte soprattutto i rapinatori (9 esperti su
13), gli “intermedi” sono suddivisi fra tutte le categorie di reato, i 6
“novizi” su 8 sono colpevoli di omicidio.
Da questo risultato descrittivo, si potrebbe dedurre che i due prin-
cipali criteri di differenziazione degli intervistati (“esperienza sul
campo” e “reato commesso”) siano tendenzialmente sovrapponibili: in
veritƒ non ‰ cos„ in quanto il reato per cui viene scontata l’attuale de-
tenzione non ‰ in tutti i casi l’unico reato commesso8: per questa ra-
gione, l’esperienza di devianza ‰ talvolta pi… vasta e, soprattutto, pi…

7
• necessario precisare che l’Autore si riferisce, in particolare, all’esperienza dei
rapinatori a mano armata: egli arriva a definire la categorizzazione dalle risposte che i
partecipanti ai suoi progetti di ricerca danno a una serie di interviste qualitative.
8
A questo riguardo ‰ particolarmente informativa la domanda n. 40 (Appendice
B).

186
La ricerca

varia di quanto appare seguendo il criterio nominale dell’imputazione


attuale.
Finestra 11. Suddivisione delle interviste narrative per anni di esperienza dell’autore
del reato.

Primary Doc Families


____________________________________________________________

Primary Doc Family: Esperti


Created: 18/10/04 20.43.51 (Super)
Primary Docs (13): [P 1: 3Reb - rapine_furti.txt] [P 4: 10Reb -
ricettazione.txt] [P10: 21Reb - rapina.txt] [P13: 25Reb - rapina.txt] [P15:
27Reb - rapina.txt] [P18: 32Reb - rapina_tentato_omic.txt] [P19: 2.1furto-
MB-azione.carriere.txt] [P25: 2.7detenzione e spaccio-RP-carriere.txt]
[P26: 4.1rapine-GD-azione.txt] [P27: 4.2rapine-RB-carriere.txt] [P28:
4.3spaccio.stupef.-ME-carriere.txt] [P30: 5.1rapina-VS-azione.carriere.txt]
[P31: 5.2rapina-ED-carriere.txt]
Quotation(s): 641
____________________________________________________________

Primary Doc Family: Intermedi


Created: 18/10/04 20.43.12 (Super)
Primary Docs (13): [P 2: 5Reb - rapina_omicidio.txt] [P 7: 16Reb -
omicidio.txt] [P 9: 20Reb - omicidio.txt] [P12: 24Reb - traffico_droga.txt]
[P16: 30Reb - detenzione_stupefacenti.txt] [P20: 2.2furto-SR-
azione.carriere.txt] [P21: 2.3rapina-MS-azione.carriere.txt] [P22:
2.4rapina-LT-azione.carriere.txt] [P23: 2.5spaccio.stupef.-TD-carriere.txt]
[P24: 2.6spaccio.stupef.-RP-carriere.txt] [P29: 4.4traffico.stupef.-DM-
azione.carriere.txt] [P33: 6.2rapina-CM-carriera.azione.txt] [P34:
6.3rapina-MI-carriera.azione.txt]
Quotation(s): 682
____________________________________________________________

Primary Doc Family: Novizi


Created: 18/10/04 20.43.22 (Super)
Primary Docs (8):[P 3: 7Reb - rapina.txt] [P 5: 13Reb - omicidio.txt] [P 6:
14Reb - omicidio.txt] [P 8: 19Reb - omicidio.txt] [P11: 23Reb - omi-
cidio.txt] [P14: 26Reb - omicidio.txt] [P17: 31Reb - parricidio.txt] [P32:
6.1furto-AC-azione.txt]
Quotation(s): 324

Rispetto agli obiettivi della ricerca, la verifica dell’esistenza di e-


ventuali costruzioni narrative specifiche differenziate per tipi di reati
commessi, abbiamo proceduto nel modo descritto di seguito:

187
Capitolo IV

– sono stati impostati separatamente i filtri per ciascuna PD-family al-


la volta (per il fattore esperienza: “esperti” / “intermedi” / “novizi”;
per il fattore reato: “rapine e furti” / “omicidio” / “reati legati alla
droga” / “truffa e ricettazione”)9;
– sono stati richiesti ad ATLAS.ti le tabelle di output sulle frequenze
di incrocio fra codici e documenti primari mediante la funzione “Co-
de  Output  Code-Primary Documents-Table 
Standard report”10.
La tabella XII mostra il risultato dell’operazione rispetto ai reati
legati alla droga (detenzione, traffico e spaccio).

Tabella XII. Output delle frequenze dei fattori strutturali e di contenuto per la famiglia
“Reati legati alla droga”.

--------------------
Codes-Primary-Documents-Table
Code-Filter: All
PD-Filter: Primary Doc Family reati legati alla droga
---------------------------------------------------------
PRIMARY DOCS CODES
12 16 23 24 25 28 Tot.
---------------------------------------------------------
ABSTRACT 0 0 1 3 4 1 9
SETTING/ORIENTATION 0 0 3 3 4 2 12
COMPLICATION 0 0 2 5 3 0 10
EVALUATION 0 0 6 3 5 4 18
CODA 0 0 2 2 1 1 6
Colpevolizzaz.istituzioni 2 0 0 0 1 3 6
Pos.morale11:derespons. 0 0 1 2 2 0 5
Preoccupaz. per famiglia 2 1 0 3 0 0 6

Essa illustra, in riga, i fattori che risultano quantitativamente pi…


salienti per lo specifico gruppo di interviste e, in colonna, tutte le in-
terviste che ne fanno parte (le nn. 12, 16, 23, 24, 25, 28)12. In ciascuna

9
Il percorso in A5 … “Documents  Filter  All  Families”
10
Non si farƒ riferimento ai risultati relativi alla PD-family “truffa e ricettazione”,
includendo questa un solo documento primario (una sola intervista).
11
Con l’abbreviazione si intende, da adesso in poi, “Posizionamento nell’ordine
morale”.
12
Nella redazione del layout grafico della tabella ci siamo attenuti fedelmente
all’output fornito da A5 con due eccezioni: (a) sono state eliminate alcune righe de-
scrittive dell’HU all’inizio della tabella, (b) sono stati mantenuti nella tabella solo i
codici con un numero di quotations estratte pari o superiore a 5. Nella tabella XII so-
no presenti quindi 8 codici.

188
La ricerca

cella ‰ presente il numero di quotations estratte per ciascun incrocio


“tema x intervista”.
Da una prima valutazione preliminare, ‰ evidente come gli intervi-
stati nn. 12 e 16 siano quelli che rappresentano meno la categoria in
quanto portatori di pochi temi narrativi (fra quelli considerati salienti
per tutta la family); il codice pi… rappresentato ‰ quello relativo alla
componente valutativa del modello strutturale (“Evaluation”) con 18
quotations.
Complessivamente, le narrazioni degli imputati per detenzione,
spaccio o traffico di stupefacenti comprendono quasi tutti i temi narra-
tivi relativi al modello strutturale (tranne “Result”)13. Per quanto ri-
guarda i contenuti specifici, i temi narrativi salienti in queste narrazio-
ni sono quelli – concettualmente e logicamente speculari – relativi alla
deresponsabilizzazione dell’attore rispetto all’azione e della colpevo-
lizzazione delle istituzioni. Coerentemente con i responsabili di altri
reati (come vedremo), manifestano una preoccupazione per le sorti
della famiglia che rimane fuori dal carcere durante la loro detenzione.
Le narrazioni degli intervistati accusati di omicidio mostrano delle
differenze rispetto al gruppo precedente (tabella XIII): in primo luogo,
sono presenti 20 codici (sempre con un numero di quotations pari o
superiore a 5); per quanto riguarda le dimensioni strutturali, tuttavia,
le narrazioni ne comprendono solo tre (“Abstract”, “Complication”,
“Evaluation”) e – a fronte di un numero maggiore di interviste – con
un’incidenza decisamente pi† bassa rispetto a quanto illustrato nella
tabella XII.
L’assenza della dimensione “Setting/Orientation” (ricordiamo che
si tratta di una minore salienza rispetto agli altri temi, non di
un’assenza vera e propria) ha probabilmente il significato di una poca
attenzione alla descrizione degli aspetti di contesto in cui l’azione si …
svolta: per gli intervistati che rappresentano questo reato … importante
specificare quale evento precipitante ha condotto all’omicidio ed e-
sprimenere una loro valutazione (come vedremo puntando l’attenzione
sugli altri codici presenti nella tabella XIII).

13
Probabilmente per le ragioni descritte in precedenza sull’evidenza dell’esito
dell’azione.

189
Capitolo IV

Tabella XIII. Output delle frequenze dei fattori strutturali e di contenuto per la fami-
glia “Omicidi”.

--------------------
Codes-Primary-Documents-Table
--------------------
Code-Filter: All
PD-Filter: Primary Doc Family omicidi
---------------------------------------------------------------
PRIMARY DOCS CODES
2 5 6 7 8 9 11 13 14 17 Tot.
---------------------------------------------------------------
ABSTRACT 3 0 0 1 0 0 0 0 0 1 5
COMPLICATION 3 0 0 1 0 0 0 0 0 1 5
EVALUATION 5 0 0 0 0 0 0 0 0 0 5
Aggressivit€ reattiva 0 0 0 1 0 0 3 1 2 0 7
ambivalenza/dissonanza 1 3 2 0 1 0 3 2 0 0 12
attribuzione all'ambiente 2 1 1 0 3 2 0 0 1 0 10
carcere come riflessione 2 2 0 1 4 2 3 3 3 5 25
descrizione comportamenti 2 1 0 1 0 0 1 0 1 1 7
perdita degli affetti 1 0 0 0 1 1 2 1 1 0 7
funz. maturativa carcere 0 1 0 0 3 2 0 0 0 0 6
reato come incid. critico 0 2 2 0 2 0 1 0 0 0 7
immaturit€ causa reato 1 1 0 0 6 2 1 0 0 0 11
inevitabilit€ percorso 0 0 2 1 1 1 0 1 1 0 7
movente strument. carriera 1 1 0 0 1 2 0 0 0 0 5
omicidio non pianificato 0 0 1 2 1 0 3 0 1 0 8
preoccupazione famiglia 0 0 3 0 0 2 0 0 0 0 5
reazione non violenta f.o. 0 1 1 1 0 0 0 0 1 1 5
reazione posit.persone care 0 0 1 0 1 0 1 0 1 1 5
ricordi 1 0 1 0 0 1 1 1 0 0 5
14
vita felice e serena 1 0 1 1 0 0 0 2 2 0 7
----------------------------------------------------------------

Pi… specificamente, il tema narrativo che prevale ‰ quello della


funzione maturativa e responsabilizzante della detenzione (“carcere
come riflessione”): si tratta di un codice che include – per il gruppo di
intervistati colpevoli di omicidio – 25 estratti narrativi (a fronte dei 50
complessivi per tutta l’HU).
Altre informazioni significative arrivano dai codici “ambivalen-
za/dissonanza” (12 porzioni di testo riferite) e “immaturitƒ causa rea-
to” (11) e “attribuzione all’ambiente” (10). Si tratta di tre temi narrati-
vi molto presenti anche nel resto dell’HU, ma che in questo contesto
assumono un significato peculiare: tutti e tre sono inquadrabili nella
componente valutativa della narrazione ed esprimono, da una parte,
una difficoltƒ a valutare oggettivamente la situazione che ha portato al
reato e, dall’altra, una tendenza attributiva diretta all’esterno (nei ter-

14
Si intende prima della commissione del reato.

190
La ricerca

mini generici dell’ambiente) ma anche parzialmente verso l’interno (il


tema dell’immaturitƒ che ha preceduto e causato il reato).
In 8 casi, si fa riferimento alla mancanza di pianificazione
dell’azione-omicidio. Come sarƒ descritto a proposito delle rapine, il
tema della pianificazione ‰ una delle principali differenze fra la co-
struzione narrativa degli omicidi e quella delle rapine.
Un altro tema che ci sembra utile sottolineare ‰ quello della “perdi-
ta degli affetti” (7 quotations): gli intervistati che parlano di omicidi
enfatizzano il fatto di aver perso i contatti dalle persone care. Anche in
questo caso di tratta di una differenza sostanziale rispetto alla costru-
zione narrativa delle rapine. Come mostra la tabella 12, infatti, la “re-
azione positiva dei cari” (8 quotations) ‰ uno dei temi narrativi preva-
lenti.
Non ‰ possibile, a partire dalle informazioni a disposizione, rileva-
re una salienza narrativa dei temi relativi agli effetti comunicativi
dell’azione deviante: l’ipotesi che le azioni violente, gli omicidi pi…
efferati, abbiamo un movente prevalentemente di tipo espressivo-
comunicativo (secondo il modello che abbiamo descritto nel cap. 1 •
2.1 e in De Leo e coll. 2004; De Leo e Patrizi 1999; De Leo e Patrizi
2002) non puˆ essere valutata in questo contesto specifico.
Si tratta probabilmente di una implicazione teorico-empirica che va
approfondita in ricerche successive e che tuttavia ha mostrato una sua
validitƒ soprattutto in riferimento agli omicidi violenti con carattere di
serialitƒ (come se, in altre parole, la funzione espressiva delle azioni
dei serial killer fosse data anche dal filo conduttore sottostante alle ca-
tene di reati: cfr. a riguardo, De Leo e coll. 2004a; Canter e Alison
1999; Picozzi e Zappalƒ 2002).
Per quanto riguarda le dimensioni strutturali, le narrazioni rilascia-
te dagli intervistati-rapinatori sono complete di tutte le dimensioni
fondanti il modello di Labov, incluso il fattore “Result” (che mancava
nelle due PD-families precedenti).

191
Capitolo IV

Tabella XIV. Output delle frequenze dei fattori strutturali e di contenuto per la famiglia “Rapine e furti”.
--------------------
Codes-Primary-Documents-Table
PD-Filter: Primary Doc Family rapine e furti
-------------------------------------------------
PRIMARY DOCS CODES
1 2 3 10 13 15 18 21 22 26 27 30 31 32 33 34 Tot.
---------------------------------------------------------------------------
ABSTRACT 1 3 0 0 0 0 0 2 2 1 2 1 2 0 1 1 16
COMPLICATION 3 3 1 0 0 0 0 3 7 1 4 2 2 0 2 4 32
EVALUATION 8 5 1 0 0 0 0 2 11 4 6 4 3 0 4 4 52
RESULT 1 1 1 0 0 0 0 1 3 0 1 2 1 0 1 3 15
SETTING/ORIENTATION 4 2 0 0 0 0 0 2 5 4 1 2 1 0 2 2 25
CODA 1 2 0 0 0 0 0 3 6 2 4 3 2 0 2 1 26
adrenalina/sensazioni 0 0 0 2 0 0 0 0 1 1 0 0 1 0 0 0 5
aggressivit€ reattiva 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 2 5
ammissione colpevol. 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 1 1 1 0 5
anticipaz. Imprevisti 0 0 0 0 0 0 0 0 1 3 1 1 0 0 0 1 7
attribuz.ad ambiente 2 2 4 1 0 0 0 3 0 0 0 1 0 0 0 2 15
attrib. alla droga 0 0 0 2 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 1 1 6
attrib.alla famiglia 0 0 1 1 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 1 1 5
autoeffic./orgoglio 5 1 0 0 0 0 0 2 3 0 0 4 1 0 0 0 16
carcere = riflessione 1 2 1 4 3 3 4 1 3 1 0 0 0 0 1 0 24
colpevol. Istituzioni 0 0 1 0 0 1 0 0 0 1 4 0 2 0 0 0 9
deresponsabilizzaz. 0 0 1 0 0 0 0 2 2 1 2 0 0 0 0 0 8
174
La ricerca

descrizione comport. 0 2 0 1 0 0 0 0 0 4 0 3 0 0 1 1 12
eff.relazione/azione 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 2 0 1 0 5
eff.relazione/carr. 2 1 1 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 6
eff.S•:soddisfazione 1 1 1 0 0 0 0 0 0 4 2 2 3 0 0 0 14
effetti cambiamento 0 1 1 0 0 0 1 0 0 1 2 0 1 1 0 0 8
immaturit€ come causa 1 1 1 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 1 6
inevitabile devianza 2 0 2 0 1 1 0 2 0 0 2 1 0 0 1 2 14
mancanza di una guida 0 0 0 2 0 1 0 1 0 0 1 2 1 0 0 0 8
mov.strument.carriere 0 1 0 1 0 0 2 0 3 0 3 2 3 0 1 0 16
mov.strumentale reato 3 0 1 2 0 2 1 2 1 0 1 0 1 0 2 1 17
no pianificazione 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 5
non far male a vittim 0 0 0 0 0 0 0 0 1 3 2 2 0 0 0 2 10
non pi‚ reati 0 0 0 0 0 0 0 0 3 1 0 0 0 1 1 1 7
pianificaz. Rigorosa 2 1 0 2 1 0 1 2 2 1 0 2 0 0 0 1 15
Pos.: maturazione 1 2 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 5
Pos.: necessit€ 1 0 0 0 0 0 0 1 3 0 2 0 0 0 0 1 8
Pos.:"professionista” 0 0 0 0 0 0 0 1 3 1 0 0 0 0 0 0 5
Pos.:autocolpevoliz. 0 0 0 0 0 0 0 0 2 2 2 0 0 0 1 1 8
preoccupaz.x famiglia 0 0 0 0 0 2 0 0 3 1 1 0 0 0 0 0 7
reato pensato da altr 1 0 1 0 0 2 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 5
reazione posit.cari 1 0 0 1 0 2 0 1 2 0 1 0 0 0 0 0 8
ricaduta in devianza 1 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 5
rifiuta violenza 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1 2 0 0 0 0 5
tossicodipend. causa 0 0 0 1 0 0 0 1 3 0 2 0 0 0 0 0 7
vita felice e serena 0 1 0 0 2 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 1 6

193
Capitolo IV

Per la spiegazione di questo fenomeno ‰ necessario far riferimento


alla natura del reato: i rapinatori che abbiamo intervistato, a differenza
degli autori di omicidi, raccontano, nella maggior parte dei casi, diver-
si episodi che hanno avuto esito “positivo” (es., la conquista di un bot-
tino, la fuga dal luogo del reato). Per questa ragione, si puˆ ritenere
che nella narrazione di una rapina l’autore del reato (narratore) tenga a
enfatizzare l’esito dell’azione da lui commessa (quindi, a inserire nella
narrazione elementi strutturalmente riconducibili a “Result”). Questa
possibile interpretazione … coerente con un altro risultato presente nel-
la tabella XIV: il codice “autoefficacia/orgoglio” (significativo della
valutazione “positiva” che l’attore fa dell’azione e dei suoi effetti per
s‡1) copre (solo per il gruppo dei rapinatori) 16 porzioni di testo. Si
tratta di una dimensione narrativa che implica una caratterizzazione
dell’azione come giusta (rispetto a un contesto di ingiustizie subite) e
una tendenza motivata alla soddisfazione del S‚.
Fra gli altri risultati che vale la pena di sottolineare, va evidenziato
il fatto che in 24 passaggi narrativi l’esperienza detentiva viene vissuta
come fonte di riflessione e di maturazione2: la permanenza in carcere
‰, per il soggetto, occasione per ripensare al cambiamento atteso dalle
istituzioni e dalla societƒ, un anello del percorso di reinserimento (Di
Cara, Gervasoni e Steiner 1990). Questa evidenza ‰ ancora pi… rile-
vante se valutata in comparazione ai codici che esprimono una assun-
zione diretta di responsabilitƒ: “ammissione di colpevolezza” (5 quo-
tations) e il relativo posizionamento discorsivo (“Pos.: autocolpevo-
lizzazione: 8 quotations).
Anche i rapinatori mantengono una tendenziale attribuzione ester-
na per la causazione della azione deviante, ma l’intero percorso narra-
tivo configura pi… che uno stile narrativo consolidato che
un’attribuzione causale vera e propria: in altri termini, la strategia di-
scorsiva di imputare all’ambiente (talvolta generico, altre volte identi-
ficato chiaramente nelle istituzioni: “colpevolizzazione delle istituzio-
ni” = 9 quotations) puˆ essere intesa come una soluzione orientata
prima di tutto a preservare una positiva immagine del S‚, soprattutto
in considerazione del fatto che il movente principale del reato e
dell’intero percorso di carriera viene indicato nelle ragioni strumentali

1
Il codice “effetti diretti verso il S‡: soddisfazione” comprende 14 porzioni di te-
sto.
2
Anche in termini del posizionamento discorsivo il codice relativo “Pos.: matura-
zione” ha un peso relativo di 5 quotations solo questa gruppo di intervistati.

194
La ricerca

(rispettivamente in 17 e 16 passaggi narrativi distribuiti in maniera


omogenea in tutta la PD-families); a ulteriore conferma di questo
pattern di associazioni ‰ utile sottolineare che il codice “deresponsabi-
lizzazione” comprende 8 quotations e quello “reato pensato da altri”
(implicante un coinvolgimento successivo) ne conta 5.
Lo stato di tossicodipendenza, inoltre, … considerato una delle cau-
se della commissione dei reati (“tossicodipendenza causa”: 7 quota-
tions): molti intervistati precisano di essere costretti a commettere le
reati per ragioni economiche (“Pos.: necessitƒ”: 8 quotations) e sotto-
lineano l’inevitabilitƒ dei rimanere coinvolti nei circuiti della devianza
(“inevitabilitƒ devianza”: 14 quotations; “ricaduta in devianza”: 5
quotations). A supportare ulteriormente l’interpretazione della rapina
come scelta funzionale a motivazioni economiche c’‰ la seguente evi-
denza: alcuni codici hanno un diretto riferimento all’assenza di ragioni
e all’aspirazione a terminare il percorso di carriera deviante (“non fare
male alle vittime”: 10 quotations; “rifiuto della violenza”: 5 quota-
tions; “no pi† reati”: 7 quotations).
Infine, la pianificazione dell’azione (il principale fra gli aspetti co-
gnitivi codificati nelle interviste) risulta presente nelle narrazioni delle
rapine in misura decisamente maggiore che in tutti gli altri reati. Si
tratta di azioni che necessitano di un’accurata e rigorosa previsione dei
tempi e dei luoghi, delle vie di fuga e dei possibili ostacoli. Solo 5 e-
stratti narrativi fanno riferimento alla totale assenza di pianificazione
(codice “no pianificazione”) ma a un’analisi pi… approfondita si vede
che tutte sono presenti nelle narrazioni di solo 4 intervistati.
Fin qui la descrizione di quanto emerso dall’analisi della salienza
rispetto ai tipi di reati specifici.
Ci sembra utile a questo punto spendere qualche parola sui risultati
rilevati rispetto alle dimensioni strutturali e comparativamente fra reati
diversi. Ciˆ che le tabelle XII, XIII e XIV mettono chiaramente in e-
videnza ‰ che le dimensioni che caratterizzano una narrazione struttu-
ralmente completa sono tutte presenti nei racconti delle rapine e dei
furti (tabella XIV) e lo sono progressivamente meno per i reati legati
alla droga (tabella XII) e per gli omicidi (tabella XIII).
Questa evidenza puˆ far supporre che gli eventi che, in qualche
modo, hanno una maggiore valenza di storia (in termini di interesse
per chi ascolta, di narrabilitƒ complessiva) sono quelli che rappresen-
tano una prototipicitƒ e una salienza nel senso comune (si pensi ai
modi consolidati, ai canovacci, con cui vengono descritte le rapine
nella filmografia d’azione): ‰ come se nella narrazione di questo tipo

195
Capitolo IV

di eventi l’attore-narratore fosse facilitato dal condividere con chi a-


scolta un “modello tipico” di come si svolge un evento-rapina, di quali
ne sono le fasi principali e le tappe salienti.
Nella narrazione degli omicidi, invece, le dimensioni strutturali
prevalenti sono “Abstract”, “Complication” e “Evaluation”: manca in
questi casi una completezza narrativa (che sarebbe rappresentata dalle
altre tre dimensioni). La possibile interpretazione ci sembra la seguen-
te: gli omicidi sono azioni accomunate da minore prototipicitƒ (ad e-
sempio, rispetto ai moventi oppure alle fasi costitutive) e da una pre-
senza quantitativamente inferiore anche per le dimensioni comuni
(come … evidente leggendo le colonne dei totali): l’attore-narratore
pu• condividere con chi ascolta che ci sia stato un evento precipitante
(una causa scatenante) per la commissione del reato, ma … difficile che
tutti gli omicidi siano legati da un filo conduttore comune, da una tra-
ma che li rende narrabili come storie (cosa che invece … possibile con
le rapine).
Analogamente, si possono proporre indicazioni preliminari per
quanto riguarda la costruzione narrativa dell’azione rispetto
all’esperienza nel settore della devianza. La tabella XV mostra le as-
sociazioni per la famiglia di documenti primari “Novizi” e i codici con
un numero di quotations superiori a 5.
La prima cosa che notiamo ‰ la completa assenza delle dimensioni
relative al modello strutturale. Si tratta di una informazione sorpren-
dente e interessante: sorprende perch‚ (come vedremo anche a propo-
sito delle prossime categorie) alcune delle dimensioni strutturali sono
sempre presenti; ma ‰ un’informazione che desta l’interesse del ricer-
catore in psicologia sociale interessato ai processi di comunicazione,
allo sviluppo dell’identitƒ e di identificazione in un gruppo: l’interesse
‰ specificamente legato a ciˆ che l’assenza di dimensioni strutturali
nelle narrazioni puˆ rappresentare in una prospettiva di studio sulla
socializzazione al divenire devianti e sull’apprendimento progressivo
delle tecniche di costruzione discorsiva del reato. In altre parole, stia-
mo proponendo un punto di vista secondo il quale anche le modalitƒ
utilizzate per rendere conto – in un contesto colloquiale (non investi-
gativo) – dell’azione commessa possono essere apprese nel percorso
evolutivo dell’individuo, nel corso dello sviluppo di una “carriera de-
viante”.

196
La ricerca

Tabella XV. Output delle frequenze dei fattori strutturali e di contenuto per la fami-
glia “Novizi”.

--------------------
Codes-Primary-Documents-Table
--------------------
Code-Filter: All
PD-Filter: Primary Doc Family Novizi
----------------------------------------------------------------
PRIMARY DOCS CODES
3 5 6 8 11 14 17 32 Tot
----------------------------------------------------------------
Aggressivit€ reattiva 0 0 0 0 3 2 0 0 5
ambivalenza/dissonanza 0 3 2 1 3 0 0 1 10
attribuzione all'ambiente 4 1 1 3 0 1 0 0 10
carcere come riflessione 1 2 0 4 3 3 5 0 18
reato come incidente critico 0 2 2 2 1 0 0 0 7
immaturit€/ignoranza prec. 1 1 0 6 1 0 0 0 9
inevitabilit€ del percorso 2 0 2 1 0 1 0 0 6
omicidio non pianificato 0 0 1 1 3 1 0 0 6
reazione positiva famiglia 0 0 1 1 1 1 1 0 5
----------------------------------------------------------------

‡ bene sottolineare che ‰ difficile immaginare tale risultato come


conseguente alla quantitƒ di interviste: i documenti primari da cui si
evince tale risultato sono otto (cfr. tabella XV) e, in precedenza, ab-
biamo visto come una iniziale descrizione della costruzione narrativa
dei reati legati alla droga sia stata possibile facendo riferimento a sole
sei interviste (cfr. tabella XII).
Per quanto riguarda gli altri temi narrativi, si nota che tutti i codici
(9 in totale) sono inclusi anche nella tabella XIII (quella della costru-
zione narrativa relativa agli omicidi): questa evidenza non deve sor-
prendere dal momento che (come abbiamo detto in apertura di questo
paragrafo) nel gruppo di partecipanti a questa ricerca la categoria dei
novizi ‰ prevalentemente costituita da individui colpevoli di omicidio.
Nelle tredici interviste narrative rilasciate da individui con espe-
rienza di permanenza nel circuito della devianza compresa fra due e
tre detenzioni precedenti le configurazioni narrative sono sostanzial-
mente sovrapponibili a quelle ottenute per i reati che prevalentemente
compongono le PD-families: “rapine e furti” e “traffico e spaccio di
stupefacenti”. A conferma di questa sovrapposizione, si puˆ eviden-
ziare che il tema narrativo pi… rappresentato ‰ quello del “movente
strumentale del reato” (17 quotations estratte).
Anche in questi casi prevale una tendenza all’attribuzione esterna
(10 quotations), con particolare riferimento alla “colpevolizzazione
delle istituzioni” (12 quotations).e alla “deresponsabilizzazione” (8).

197
Capitolo IV

Coerentemente con la narrazione idealtipica dei rapinatori sono sa-


lienti i temi di “autoefficacia/orgoglio” per il successo delle azioni
commesse, la descrizione dettagliata dello svolgimento (sequenze e
fasi) del reato (cfr. Teoria dell’azione, • 2.1 nel cap. 1) e degli aspetti
cognitivi (“pianificazione accurata”: 9 quotations).
In analogia con lo stile narrativo degli spacciatori ‰ evidenziato lo
stile attribuzionale esterno.
Per quanto riguarda la presenza delle dimensioni strutturali, pos-
siamo dire che la tabella XIV mostra una configurazione sostanzial-
mente sovrapponile a quella descritta come esemplificativa di tutta
l’unitƒ ermeneutica (ad esempio, ‰ analoga l’enfasi data alla dimen-
sione valutativa e la minore salienza rilevabile per la dimensione “Re-
sult”).
In ultimo, riportiamo i risultati relativi alla costruzione narrativa
dell’azione deviante per gli “esperti”. Come abbiamo descritto parlan-
do della costituzione delle PD-families, gli intervistati esperti, in que-
sta ricerca, sono in prevalenza rapinatori con pi… di tre esperienze de-
tentive (complessivamente si tratta di 13 interviste). Tutte le dimen-
sioni strutturali previste dal modello di Labov sono presenti nelle loro
narrazioni e, rimanendo costante la proporzione nΠdi quotations tota-
li/nŒ di quotations specifiche per questa PD-family, ‰ ragionevole
supporre che anche il modello di concatenazione strutturale sottostante
sia sostanzialmente confermato3 (v. Fig. 47 nelle pagine precedenti).
Per quanto riguarda gli altri risultati relativi a questa famiglia, ‰ e-
vidente che la maggior parte dei codici rilevati sono analogamente
rappresentati anche nella categoria “rapine e furti” (tabella XIV). In
particolare, la costruzione dei contenuti narrativi dell’azione deviante
secondo gli esperti verte sui seguenti temi principali:

3
La frequenza totale di ciascuna dimensione strutturale per questa famiglia di do-
cumenti primari ‰ circa il 47-52% della frequenza complessiva in tutta l’unitƒ erme-
neutica, a eccezione di “Complication”. La spiegazione di questa differenza … la se-
guente: come mostra la tabella XIV (code family “rapine e furti”), l’elevata incidenza
della dimensione “Complication” (32 quotations complessive) ‰ dovuta anche al fatto
che nell’intervista n. 22 essa ‰ presente ben 7 volte, ma la stessa intervista - nelle fasi
successive - ‰ stata inserita nella categoria degli intervistati con esperienza intermedia,
tabella XVI (non negli “esperti” che infatti mostrano un peso relativo minore per que-
sta imensione).

198
Capitolo IV

Tabella XIV. Output delle frequenze dei fattori strutturali e di contenuto per la famiglia “Intermedi”.

PRIMARY DOCS CODES


2 7 9 12 16 20 21 22 23 24 29 33 34 Tot.
------------------------------------------------------------------------------------
ABSTRACT 3 1 0 0 0 1 2 2 1 3 1 1 1 16
COMPLICATION 3 1 0 0 0 0 3 7 2 5 1 2 4 28
EVALUATION 5 0 0 0 0 2 2 11 6 3 2 4 4 39
RESULT 1 1 0 0 0 0 1 3 1 0 1 1 3 12
SETTING/ORIENTATION 2 1 0 0 0 3 2 5 3 3 1 2 2 24
CODA 2 1 0 0 0 0 3 6 2 2 1 2 1 20
aggressivit€ reattiva 0 1 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1 2 5
arresto 0 0 0 0 0 0 1 1 1 1 0 0 2 6
colpevolizzazione istituzioni 0 0 0 0 0 5 1 1 4 1 0 0 0 12
attribuzione all’ambiente 2 0 2 0 0 0 3 0 1 0 0 0 2 10
autoefficacia/orgoglio 1 1 1 0 0 0 2 3 0 0 2 0 0 10
carcere come riflessione 2 1 2 1 1 0 1 3 0 0 0 1 0 12
descrizione comportamenti 2 1 0 1 0 2 0 0 0 0 0 1 1 8
distacco dalla famiglia 1 0 1 1 1 0 0 0 0 0 0 1 0 5
immaturit€ come causa 1 0 2 0 0 2 0 1 0 0 1 0 1 8
inevitabilit€ del percorso 0 1 1 0 0 1 2 0 1 0 1 1 2 10
ironia sulle aggravanti 0 0 0 0 0 3 0 0 0 0 0 1 1 5
movente strumentale reato 0 0 0 2 0 5 2 1 0 0 4 2 1 17
movente strumentale carriera 1 0 2 0 0 1 0 3 0 0 0 1 0 8
pianificazione accurata 1 0 2 0 0 1 2 2 0 0 0 0 1 9
pianificazione: nessuna 1 1 0 0 0 3 0 0 0 0 0 1 0 6
Pos.:autocolpevolizzazione 0 0 0 0 0 0 0 2 1 1 0 1 1 6
Pos.: necessit€ 0 0 0 0 0 5 1 3 0 0 1 0 1 11
Pos.:deresponsabilizzazione 0 1 0 0 0 0 2 2 1 2 0 0 0 8
precedenti per piccoli reati 1 0 1 1 0 1 2 0 0 0 1 0 0 7
preoccupazione per famiglia 0 0 2 1 0 0 0 3 0 0 0 0 0 6
reazione positiva dei cari 0 0 0 1 1 0 1 2 0 0 0 0 0 5
ricaduta nella devianza 1 0 2 0 0 0 0 0 2 1 0 0 1 7
vita felice e serena 1 1 0 2 2 0 1 0 0 0 0 0 1 8

194
Capitolo IV

(a) il movente delle azioni ‰ per lo pi… strumentale (12 quotations


per il reato e 14 per la costruzione narrativa dell’intero percorso di
carriera); le motivazioni implicite (che in precedenza abbiamo chia-
mato effetti espressivo-comunicativi) sono presenti nei termini di una
tensione al cambiamento (“effetti cambiamento”: 7 quotations1) e co-
me forma di ridefinizione o conferma della propria identitƒ (“effetti
S‚”: 5 quotations).
(b) il percorso di permanenza nel circuito della devianza ‰ presso-
ch‚ inevitabile (12 quotations), soprattutto in giovane etƒ (quando la
“mancanza di una guida” indirizza verso una modalitƒ alternativa di
perseguimento degli obiettivi e prevale uno “spirito di ribellione” nei
confronti delle forme di controllo sociale anche a causa di uno stile
educativo rigido e autocratico);
(c) coerentemente con il profilo narrativo dei rapinatori, gli “esper-
ti” manifestano apertamente un senso di autoefficacia e di orgoglio per
il successo delle proprie azioni (13 quotations) pur attribuendone la
causa prevalentemente all’esterno (ambiente: 8 quotations) e, in parti-
colare, alle istituzioni (12);
(d) alcuni intervistati tengono in considerazione gli eventuali im-
previsti (“anticipazione degli imprevisti”: 5 quotations);
In generale, per quanto riguarda le strutture narrative, ‰ necessario
evidenziare che nelle narrazioni dei “novizi” non ‰ possibile rilevare
alcuna traccia di struttura narrativa condivisa fra gli intervistati. In
termini di processi di comunicazione e di sviluppo dell’identitƒ
l’interesse ‰ specificamente legato a ciˆ che l’assenza di dimensioni
strutturali nelle narrazioni puˆ rappresentare. Sono possibili a nostro
avviso almeno due interpretazioni:
(a) la prima chiama in causa la possibile funzione retorica
dell’assenza di una struttura narrativa. Come ha evidenziato E. Gof-
fman (1961) nei suoi studi sugli internati nelle istituzioni totali, talune
costruzioni narrative specifiche assolvono alla funzione retorica di su-
scitare la pietƒ dell’interlocutore: Œla posizione di debolezza […] crea
un’atmosfera di fallimento personale in cui viene costantemente ripro-
posta la propria caduta in disgrazia.

1
L’effetto di cambiamento nel percorso di carriera … esemplificabile nei termini
descritti nell’estratto n. 2 nelle pagine precedenti.

200
Capitolo IV

Tabella XV. Output delle frequenze dei fattori strutturali e di contenuto per la famiglia “Esperti”.
PRIMARY DOCS CODES
1 4 10 13 15 18 19 25 26 27 28 30 31 Tot.
-----------------------------------------------------------------------------
ABSTRACT 1 2 0 0 0 0 1 4 1 2 1 1 2 15
SETTING/ORIENTATION 4 3 0 0 0 0 2 4 4 1 2 2 1 23
COMPLICATION 3 0 0 0 0 0 1 3 1 4 0 2 2 16
EVALUATION 8 2 0 0 0 0 7 5 4 6 4 4 3 43
RESULT 1 0 0 0 0 0 1 2 0 1 0 2 1 8
CODA 1 0 0 0 0 0 5 1 2 4 1 3 2 19
anticipazione imprevisto 0 0 0 0 0 0 0 0 3 1 0 1 0 5
attribuzione all’ambiente 2 2 1 0 0 0 0 0 0 0 2 1 0 8
autoefficacia/orgoglio 5 1 0 0 0 0 1 0 0 0 1 4 1 13
carcere come riflessione 1 1 4 3 3 4 3 0 1 0 0 0 0 20
colpevolizzaz. istituzioni 0 0 0 0 1 0 0 1 1 4 3 0 2 12
condanna dei giudici 0 0 0 0 0 0 1 0 0 3 0 1 0 5
consapevolezza errori 0 0 2 0 0 0 1 1 0 0 0 1 0 5
descrizione comportamenti 0 1 1 0 0 0 0 0 4 0 0 3 0 9
disciplina dura 2 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 5
effetti cambiam. Carriera 0 0 0 0 0 1 0 0 1 2 2 0 1 7
effetti S•: identit€ 1 0 0 0 0 0 0 1 2 0 0 1 0 5
inevitabilit€ del percorso 2 1 0 1 1 0 2 1 0 2 1 1 0 12
mancanza di una guida 0 1 2 0 1 0 0 1 0 1 0 2 1 9
movente strumentale reato 3 2 2 0 2 1 0 0 0 1 0 0 1 12
movente strument. carriera 0 0 1 0 0 2 0 2 0 3 1 2 3 14
pianificazione accurata 2 0 2 1 0 1 0 0 1 0 0 2 0 9
Pos.:autocolpevolizzazione 0 3 0 0 0 0 0 1 2 2 0 0 0 8
Pos.:deresponsabilizzazione 0 0 0 0 0 0 2 2 1 2 0 0 0 7
Pos.: non fare male vittime 2 0 0 0 0 0 0 0 3 2 0 2 0 9
Pos.:spirito di ribellione 1 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 1 1 5
reazione positiva dei cari 1 0 1 0 2 0 0 0 0 1 1 0 0 6
rifiuto della violenza 0 1 0 0 0 0 0 0 1 1 0 2 0 5
scelte 0 0 1 0 0 0 2 1 1 0 0 0 0 5

200
Capitolo IV

Come reazione l’internato tende a costruirsi una storia, un precedente,


una triste biografia – una sorta di lamentazione e di apologia – da rac-
contare continuamente ai compagni per giustificare in qualche modo
lo stato di degradazione in cui si trova• (Goffman 1961, trad. it. 1968,
pp. 93-94); la costruzione narrativa del disagio psicologico ha dun-
que, secondo l’Autore, una strutturazione tipica e riconoscibile che
consiste in un appiattimento tematico, o (che poi sarebbe l’altra faccia
della medaglia) nell’assenza di una narrazione strutturalmente com-
plessa. Questa possibile interpretazione, tuttavia, se da una parte con-
sente di spiegare le narrazioni prodotte dai “novizi”, dall’altra non ri-
sulta coerente con la lettura dei pattern comunicativi degli “intermedi”
e soprattutto dei “professionisti”;
(b) la seconda spiegazione, che consente di includere tutti i testi, fa
riferimento a una socializzazione al divenire devianti e
all’apprendimento progressivo delle tecniche di costruzione discorsiva
del reato. Infatti, le narrazioni degli “intermedi” e soprattutto quelle
dei “professionisti” includono tutte le dimensioni e ricalcano il model-
lo strutturale generale sotteso a tutte le narrazioni. Questa evidenza
supporta la conclusione che le modalitƒ utilizzate per rendere conto –
in un contesto colloquiale (non investigativo) – dell’azione commessa
possono essere apprese nel percorso evolutivo dell’individuo, nel cor-
so dello sviluppo di una “carriera deviante”.
Diversi elementi danno fondamento all’interpretazione fornita ri-
guardo alla “socializzazione narrativa” e all’apprendimento progressi-
vo delle soluzioni per rendere conto, giustificare o, semplicemente,
raccontare in maniera coerente e plausibile una serie di eventi sog-
gettivamente salienti e normativamente riconducibili a un percorso di
devianza. Per quanto riguarda le strategie retorico-argomentative nella
costruzione narrativa, ‰ interessante notare come le codifiche effettua-
te sulle interviste di “esperti” abbiano condotto a una maggiore quanti-
tƒ di temi narrativi salienti (rispetto agli “intermedi” e, soprattutto, ai
“novizi”) e a una articolazione pi… complessa in termini di attribuzioni
di responsabilitƒ e di tecniche di neutralizzazione delle norme. Questa
evidenza – insieme alla non secondaria rilevanza attribuibile alla
completezza e coerenza complessiva delle dimensioni strutturali –
conferma l’interpretazione fornita riguardo alla “socializzazione narra-
tiva”. Naturalmente non pretendiamo di avere illustrato risultati con-
clusivi: come tutte le tecniche innovative di ricerca anche l’analisi
proposta necessita di perfezionamenti nell’impostazione metodologica
e riapplicazioni a quantitƒ maggiori di testi. Tuttavia, a partire dai dati

202
La ricerca

illustrati in questa sede, ‰ possibile sostenere che l’ipotesi di sistemi


narrativi concatenati e sequenze di temi contenutisticamente rilevanti
abbia un fondamento nelle narrazioni prodotte dai partecipanti a que-
sto studio.
Per quanto riguarda le strutture narrative, allo stesso modo, ‰ pos-
sibile rilevare interessanti risultati densi di implicazioni teoriche e pra-
tiche: viene confermata, anche per quanto riguarda le narrazioni pro-
dotte in un contesto di istituzione totale (con tutti i limiti che la comu-
nicazione intesa come processo sociale puˆ avere all’interno di un
carcere1) la bontƒ delle considerazioni e delle teorie proposte
nell’ambito delle recenti correnti di cui abbiamo parlato nel capitolo 2
(• 2): ‰ stata rilevata la possibilitƒ di operazionalizzare, anche rispetto
alle narrazioni di reati e con le tecniche descritte, i modelli psicologi-
co-narrativi su cui la letteratura internazionale ha puntato l’attenzione
a partire dagli anni Ottanta (Mancuso e Sarbin 1983; Robinson e Ha-
wpe 1986; Sarbin 1986b): secondo tali modelli gli esseri umani elabo-
rano cognitivamente le loro azioni seguendo una struttura culturale
condivisa (un modello narrativo consolidato).
I modelli sulla costruzione delle storie (Bruner 1991; 2002; Smorti
2007; 1997), della trama intrinseca in qualunque produzione narrativa
trova in questa ricerca una ulteriore solida conferma empirica con par-
ticolare riferimento alle intenzioni comunicative (retoriche, discorsi-
ve) del narratore (Biancheria e Cavicchioli 1998; Melucci 2001).
La descrizione narrativa della realtƒ puˆ essere dunque considerata
un prodotto della cultura locale nei contesti della devianza (nei termini
della socializzazione narrativa descritta in precedenza) e della influen-
za dei modelli narrativi consolidati a un pi… elevato livello di astrazio-
ne. Come ha infatti scritto Bruner (2002, p. 74) Œgli atti narrativi diret-
ti a creare il S‚ sono tipicamente guidati da modelli culturali taciti e
impliciti di ciˆ che esso dovrebbe e potrebbe essere e naturalmente di
ciˆ che non deve essere•. In tal senso, tutte le evidenza descritte nelle
pagine precedenti supportano la tesi di una cultura della narrazione
condivisa.

6.4 Studiare i contenuti attraverso le strutture o viceversa?

Fino a questo punto la descrizione e l’interpretazione dei principali


risultati emersi dall’analisi di contenuti e delle strutture narrative.

1
Si vedano a questo riguardo Serra (1997; 2002).

203
Capitolo IV

Come si ricorderƒ, tuttavia, nel capitolo 3 • 3 abbiamo fatto riferimen-


to alla proposta di Rosenthal (1993) per un’analisi integrata dei conte-
nuti e delle strutture narrative. La Thematic Field Analysis (come ‰
stata chiamata questa proposta teorico-metodologica) ha l’obiettivo di
arricchire l’analisi dei contenuti e delle strutture narrative valorizzan-
do le interazioni reciproche. Un’analisi complessiva delle strutture
(l’organizzazione gerarchica e temporale delle narrazioni) e dei conte-
nuti (organizzazione tematica) consente al ricercatore di estrarre dai
testi un’informazione pi… ricca e articolata.
Si tratterebbe, in altre parole, di analizzare i contenuti interni alle
strutture narrative (ad ogni singola dimensione strutturale) di modo
che i primi siano interconnessi fra loro attraverso la configurazione
logica empiricamente verificabile (come abbiamo dimostrato nel pa-
ragrafo precedente) delle seconde. I criteri orientativi di base per
l’esplorazione di tali connessioni sono ovviamente la salienza e la per-
tinenza delle reti semantico-strutturali ipotizzate: ad esempio, ricerca-
re le dimensioni emotive successive al compimento del reato (conte-
nuto) nelle sezioni in cui l’attore parla degli eventi critici ‰ illogico dal
punto di vista delle ipotesi da sottoporre a verifica ma lo ‰ ancora di
pi… se pensiamo al come quotidianamente - ordinariamente - si svilup-
pa l’azione umana (e cio‰ che le emozioni successive seguono l’azione
deviante e gli incidenti critici solo logicamente precedenti).
Il ricercatore ‰ chiamato quindi, in questo caso, a fare una lettura
delle informazioni disponibili a un duplice livello: (a) quello della e-
splorazione dei risultati giƒ ottenuti nelle due diverse sezioni (conte-
nuti/strutture) alla ricerca delle ricorrenze e delle ridondanze trasver-
salmente all’intera base empirica; (b) quello della formulazione di ipo-
tesi ulteriori (logiche e plausibili) sulle connessioni fra i temi narrativi.
Per questo secondo livello (ma la possibilitƒ di implementarlo in ma-
niera efficace dipende dall’esito e dalla bontƒ delle operazioni concet-
tuali a quello precedente), il ricercatore si sta muovendo nell’ottica
della Thematic Field Analysis.
Nella ricerca presentata in queste pagine, l’applicazione della tec-
nica proposta da Rosenthal (1993) ha presentato elementi di interesse,
ma anche di problemi tecnici che abbiamo tentato di risolvere secondo
le soluzioni che verranno descritte nelle prossime pagine. I punti di
partenza sono i risultati ottenuti separatamente rispetto all’analisi dei
contenuti narrativi e delle strutture. Essi sono stati elaborati - secondo
le modalitƒ descritte in questo capitolo - operando su due differenti
unitƒ ermeneutiche in ATLAS.ti: in ciascuna di esse le interviste nar-

204
La ricerca

rative sono state codificate separatamente con riferimento agli obietti-


vi di conoscenza rispetto ai contenuti, nella prima, e sulle strutture (il
modello di Labov), nella seconda.
Alla fine delle due differenti operazioni di codifica (naturalmente
dopo aver messo a punto l’elenco definito dei codici, delle famiglie di
codici e di documenti primari), le HU sono state unite attraverso la
funzione “Merge HU” di ATLAS.ti2. Il report dell’operazione di uni-
ficazione ‰ riportato in Appendice D.
Cosa significa esattamente unificare due unitƒ ermeneutiche per ri-
cercare le connessioni fra temi/contenuti narrativi attraverso le dimen-
sioni strutturali? Si osservi la figura 48: in essa sono esemplificate due
differenti operazioni di codifica su uno stesso corpus di testi; il ricer-
catore assegna separatamente i codici relativi ai contenuti (codici A e
B) e quelli relativi alle strutture (dimensioni strutturali A1 e B1).

Figura 48. Esemplificazione della funzione di unificazione di due unitƒ ermeneutiche.

2
La funzione di unione delle unitƒ ermeneutica ‰ stata implementata in ATLAS.ti
con l’obiettivo di facilitare il confronto e la collaborazione fra codificatori diversi che
lavorano sulla stessa base empirica o su due sub-unitƒ di uno stesso corpus di infor-
mazioni. Essa consiste tecnicamente nell’aggiungere un’intera unitƒ ermeneutica
all’altra “sommando” ciˆ che esse hanno di diverso (es.: alcuni codici) e unificando
ciˆ che ‰ comune (es.: i documenti primari). L’unione di due unitƒ ermeneutiche ‰
un’operazione particolarmente delicata perch‚ la scelta della strategia di unificazione
deve essere ben ponderata per non rischiare di perdere interamente una delle due uni-
tƒ. Per ulteriori dettagli sulla funzione di unificazione dell’unitƒ ermeneutiche rinvia-
mo a Muhr (2004), a De Gregorio e Mosiello (2004) e Chiarolanza e De Gregorio
(2007).

205
Capitolo IV

Quando si unificheranno le due unitƒ ermeneutiche i codici e le


dimensioni non verranno unificati ma risulteranno appaiati in modo
che se il ricercatore ha rilevato una relazione di precedenza fra le di-
mensioni a livello strutturale (nell’esempio la dimensione A precede
la dimensione B) questa relazione sarƒ applicabile anche ai codici ad
esse associati (nell’esempio i codici A e B sono associati alla dimen-
sione strutturale A e saranno in relazione di precedenza strutturale con
i codici C, D, etc.).
Nella ricerca qui presentata, tutti i codici della “HU dei contenuti”
sono stati appaiati a quelli della “HU delle strutture” al fine di verifi-
care le associazione dei primi attraverso le seconde. Tale operazione ‰
logicamente possibile perch‚ - come abbiamo descritto nel • 6.2.1 - le
dimensioni strutturali presenti in tutte le interviste narrative sono con-
catenate in maniera da definire un modello che ‰ “condiviso” in tutta
l’HU (v. Fig. 47 nelle pagine precedenti).
I codici presi in esame sono quelli rappresentativi dell’intero set di
interviste. Per ciascuno di essi sono state testate diverse combinazioni
con le dimensioni strutturali (v. Fig. 49) secondo criteri di plausibilitƒ
e di logica delle connessioni3. Per la verifica di tali relazioni ‰ stato
utilizzato il Query tool, in particolare con due degli operatori di pros-
simitƒ (“encloses” e “overlapped by”) secondo le modalitƒ giƒ descrit-
te nel paragrafo precedente:
Il risultato dell’insieme di prove sulle co-occorrenze fra le dimen-
sioni strutturali (indicate sulla sinistra della figua 49) e i contenuti (al-
cuni dei quali sono indicati, anche raggruppati per aree, sulla destra)
confermano che la costruzione narrativa dei contenuti ha
un’articolazione interna a tutta l’HU che rispecchia quella delle di-
mensioni strutturali.
Pi† specificamente, … possibile delineare un percorso in cui pro-
gressivamente si passa dalla definizione del contesto spazio-temporale
dell’evento criminoso (unico codice di contenuto con co-occorrenze
significative per la dimensione strutturale “Setting/Orientation”), con
particolare riferimento alla dimensione del “posizionamento discorsi-
vo nell’ordine spaziale e temporale” (Harr‡ e van Langenhove 1999)
alla descrizione degli “antecedenti storici” (sia con coinvolgimento
familiare che relativi al contesto pi† ampio) e degli “eventi critici” che

3
• stata esclusa la dimensione “Result” poich‡ - come argomentato in precedenza
- non aveva una salienza significativa n‡ connessioni con le altre dimensioni struttura-
li.

206
La ricerca

hanno condizionato la probabilitƒ di mettere in atto condotte devianti


(co-occorrenti a “Complication”).

Figura 49. Esemplificazione dei sistemi di co-occorrenze messi alla prova per la The-
matic Field Analysis.

La valutazione di tali eventi ha l’implicazione - sempre narrativa-


mente circostanziata - di indurre l’attore a una scelta intenzionale (te-
mi e contenuti relativi ai contenuti dell’ “agency”, all’autoefficacia e
della “attribuzione interna di responsabilitƒ”) di produrre proprio quel
comportamento. In particolare, merita un approfondimento la rete di
relazioni che … possibile rilevare fra la dimensione valutativa (“Eva-
luation”) e le articolazioni degli effetti espressivi dell’azione deviante
(De Leo e Patrizi 1992; 1999): il Query tool ha infatti estratto 19 quo-
tations (su 26 comuni teoriche) specifiche per gli effetti rivolti verso il
S‚ e 9 (su 20 comuni teoriche) per quanto riguarda gli effetti comuni-
cativi orientati al cambiamento e alle relazioni. Nessun risultato parti-
colarmente significativo si ‰ avuto per quanto riguarda gli effetti rife-
riti al controllo sociale (formale e/o informale).
La consapevolezza di tale scelta viene perˆ meno quando l’attore
passa alla valutazione del percorso d’azione nei termini delle implica-
zioni morali: in tal senso, nelle narrazioni si associano i temi della

207
Capitolo IV

“neutralizzazione della norma” e del “disimpegno morale”, della “at-


tribuzione esterna” (a una fonte identificata e a una fonte generica),
della “dissonanza/ambivalenza” e della deresponsabilizzazione. La
dimensione “Evaluation” mostra robuste co-occorrenze con il “posi-
zionamento degli altri nell’ordine morale sul versante negativo”.
Le sezioni conclusive delle narrazioni (“Coda”) includono quasi
esclusivamente i contenuti relativi alla “funzione responsabilizzante
della detenzione”, agli obiettivi di uscita dal circuito della devianza
(“non commettere pi† reati”) e degli “aspetti emotivi concomitanti o
successivi alla commissione del reato”.
Quello appena descritto … il percorso logico che consente di studia-
re le connessioni fra i temi narrativi attraverso le dimensioni struttura-
li. Non possiamo tuttavia trascurare che la stessa identificazione di
ciascuna dimensione strutturale … fondata su una preliminare ed essen-
ziale analisi del contenuto, sebbene questa venga effettuata a un livel-
lo assolutamente iniziale, esplorativo: per identificare cosa … “Ab-
stract” o cosa … “Complication”, infatti, … necessario leggere e inter-
pretare (in senso stretto, possiamo dire che si deve “analizzare”) il
contenuto delle formulazioni verbali. In questo senso, l’analisi del
contenuto precede quella strutturale la quale (in una fase successiva)
supporta un perfezionamento della prima. Nelle pagine precedenti …
stato descritto un percorso di analisi di tipo interpretativo di questo ti-
po: come … evidente, risulta difficile sostenere il primato di una tecni-
ca sull’altra. N‡ … possibile ritenere strutture e contenuti come aree di
ricerca empiricamente e analiticamente distanti o inconciliabili. Piut-
tosto, attraverso l’applicazione della Thematic Field Analysis, ‰ stato
possibile mostrare che un’accurata analisi qualitativa di contenuti e
strutture non puˆ prescindere dall’integrazione continua fra i due, da
un continuo scambio o - per dirla con i termini di Strauss e Corbin
(1990) - da un processo di ricerca e di analisi progressivo, iterativo,
ricorsivo.
Come esemplificazione dell’intero percorso di analisi (contenuti e
strutture) la figura 50 riporta una sezione di un’intervista (la storia di
un giovane rapinatore) con tutti i codici associati cos„ come visualiz-
zata su ATLAS.ti: in essa ‰ possibile cogliere il senso delle analisi
compiute e - in associazione con i codici - il percorso metodologico e
concettuale seguito4.

4
Purtroppo, per motivi grafici, alcuni codici nella parte destra della Margin area
non sono visibili.

208
La ricerca

Figura 50. Testo e codifica di una narrazione.

7. I criteri di validit‚ e attendibilit‚ nella ricerca qualitativa

ŒIl modo pi… semplice con cui la ricerca qualitativa puˆ essere de-
finita ‰ in termini di differenza: ‰ la ricerca che non fa uso di numeri•:
cos„ si esprime Clive Seale (1999, p. 119) in un testo intitolato The
Quality of Qualitative Research nel quale traccia una completa ed ef-
ficace descrizione su come si debbano intendere i criteri di “validitƒ” e
“affidabilitƒ” in tale contesto. Se la citazione appena riportata ‰ infatti
il modo pi… semplice, tuttavia ‰ anche il pi… riduttivo in quanto - come
l’Autore dimostra ampiamente - esistono strategie di ricerca che pre-
vedono un uso misto di quantificazione e interpretazione. La stessa
ricerca che abbiamo presentato nelle pagine precedenti fa ampiamente
uso della quantificazione, ma le tabelle che abbiamo riportato nel cor-
so dell’ultimo capitolo illustrano le co-occorrenze fra codici/temi nar-
rativi nei testi di riferimento: si tratta, in altri termini, dell’esito (sono
tabelle di output) del processo di codifica operato dal ricercatore, una
sintesi graficamente compatta e concisa di un lavoro tutto interpretati-
vo compiuto dal ricercatore. E questi output, a loro volta, sono stati
discussi, contestualizzati e rielaborati in una successiva fase interpre-

209
Capitolo IV

tativa che ha costituito in definitiva il resoconto vero e proprio dei ri-


sultati. La quantificazione, da questo punto di vista, ‰ un necessario
passaggio tecnico fra due momenti esclusivamente demandati ai pro-
cessi cognitivi del ricercatore e della sua equipe, dipendenti
dall’interazione costruttiva fra testo da analizzare e contesto in cui
l’analisi si svolge. La “frequenza” dei codici dipende da quanto e co-
me il codificatore ha interpretato i testi di base e questa interpretazione
a sua volta viene utilizzata per costruire ulteriori percorsi interpretati-
vi.
Il dato numerico non ‰ centrale, non ‰ il punto di arrivo in un per-
corso di ricerca di tipo qualitativo, ma ‰ spesso una conditio sine qua
non per una adeguata rendicontazione ed esposizione dei risultati e
delle fasi della ricerca (si vedano, ad esempio, le scelte che sono state
effettuate dopo la codifica e in sede di discussione delle tabelle “codi-
ci x documenti primari”).
Dunque l’uso dei numeri, se da un lato puˆ essere utile per impo-
stare disegni di analisi pi… complessi e statisticamente evoluti,
dall’altra puˆ anche servire al ricercatore qualitativo per perfezionare
la presentazione e la gestione delle informazioni fondanti la propria
ricerca.
D’altra parte, la componente interpretativa del ricercatore ‰ presen-
te anche nelle tecniche di analisi cosiddette “forti” come spiegano
Fielding e Fielding (1986, p. 12)5:
alla fine tutte le tecniche di raccolta dei dati sono analizzate “qualitativamente”, in
quanto l’atto di analisi … un’interpretazione e perci• necessariamente un’azione selet-
tiva. Sia che i dati raccolti siano quantificabili o qualitativi, si deve affrontare la que-
stione di quale garanzia abbiamo della correttezza delle loro inferenze.

Pi… specificamente, la letteratura sulla ricerca qualitativa indica


chiaramente come si dovrebbe intendere la qualitƒ degli studi (Parker
2004; Cho e Trent 2006). Ne ripercorriamo brevemente le fasi.
Sebbene la ricerca qualitativa sia sempre stata definita in antitesi
(opposizione, talvolta vero e proprio contrasto) con quella quantitati-
va, ‰ stato sostenuto (Seale 1999; Kruglanski e Jost 2000) che i due
approcci stiano reciprocamente in termini di continuitƒ (storica, logica
e metodologica). Kruglanski e Jost (2000), nel corso di un’ampia e
circostanziata rassegna storico-critica sui rapporti fra costruzionismo

5
La traduzione della citazione, inclusi i corsivi, … tratta dall’edizione italiana del
volume di Silverman (2000), Doing Qualitative Research.

210
La ricerca

sociale e psicologia sociale sperimentale, hanno sostenuto che Œviene


da chiedersi […] se la divisione abbia mai avuto ragione d’esistere•
(p. 53)6.
E pi… avanti, dopo aver descritto le connessioni su alcune questioni
epistemologiche, gli Autori scrivono che
Gli sperimentalisti sanno che si possono avanzare molteplici ipotesi (o costrutti) alter-
native per spiegare la maggior parte dei risultati empirici, che tali risultati sono essi
stessi “carichi di teoria” e che la nostra selezione della spiegazione pi… convincente
procede per tentativi ed ‰ soggetta a potenziali revisioni. Anche se la maggior parte
degli sperimentalisti (e probabilmente molti della controparte costruzionista) crede
che ci sia un mondo l„ fuori, la possibilitƒ di rappresentarlo fedelmente ‰ ritenuto un
ideale regolatore piuttosto che un obiettivo conseguibile (Popper 1959). Si potrebbe
quindi affermare che i costruzionisti sociali enfatizzano la generazione di “variazioni”
ideative, mentre gli sperimentalisti si concentrano sui criteri di “selezione”, ma en-
trambi gli schieramenti incorporano i punti di vista dell’altro (ibidem, p. 58).

Da questo punto di vista le implicazioni in termini di qualitƒ vanno


riviste, contestualizzate; va abbandonata l’idea che solo la ricerca
quantitativa soddisfi i criteri di validitƒ “scientifica” (Seale 1999; Sil-
verman 1993).
Lo stesso David Silverman, noto studioso dell’epistemologia della
ricerca qualitativa, in una pubblicazione del 1993, cade nella tentazio-
ne di definire i criteri di validitƒ e affidabilitƒ di questa per differenza
dagli approcci psicometrici: ‰ una tentazione che - sebbene didattica-
mente utile e chiarificatrice - tuttavia continua a veicolare
un’immagine della ricerca qualitativa come concettualmente, metodo-
logicamente e tecnicamente dipendente da quella quantitativa. Ci sono
invece fondate ragioni per ritenere che essa abbia una sua specificitƒ
epistemologica rispetto alla quale ‰ utile interrogarsi anche con riferi-
mento alla qualitƒ.
Silverman (2000) riprende le definizioni di Hammersley (1992, p.
57) che descrivono i concetti di validitƒ e attendibilitƒ riferiti alla ri-
cerca qualitativa: ŒCon validitƒ intendo veritƒ: interpretata come il
grado di accuratezza con cui un resoconto rappresenta i fenomeni so-
ciali cui si riferisce• e ŒL’attendibilitƒ si riferisce al grado di coerenza

6
In termini analoghi, con specifico riferimento al metodo dei focus group, si ‰ e-
spressa Zammuner (2003, p. 29): ŒI metodi qualitativi e quelli quantitativi vengono
spesso contrapposti l’un l’altro, ma tale contrapposizione ‰ di fatto priva di significa-
to•.

211
Capitolo IV

con cui i casi sono assegnati alla stessa categoria da osservatori diversi
o dallo stesso osservatore in occasioni diverse•7.
Come specifica efficacemente l’Autore, talvolta i dubbi sulla vali-
ditƒ della ricerca qualitativa sono dovuti a un problema esclusivamen-
te legato all’accounting degli studi: succede infatti che, a causa di cat-
tive abitudini o per i limiti si spazio spesso imposti ai resoconti di ri-
cerca, vengano trascurati aspetti fondamentali che rischiano di inficia-
re la valutazione della qualitƒ delle ricerche. Il primo fattore che puˆ
causare una valutazione negativa ‰ l’aneddottismo, cio‰ il fatto che il
ricercatore scelga di riferire come esemplificazioni a sostegno delle
sue tesi solo alcuni casi, quelli che ne danno una pi… evidente (pi…
chiara) dimostrazione.
Constatati questi problemi, pi… teorici ed epistemologici che tecni-
ci, l’Autore propone una rassegna su alcune prassi che consentono di
ottenere risultati pi… validi. Ne proponiamo una breve sintesi:

 il principio della confutazione: si rifƒ “realismo critico” di Popper


(1959) e puˆ essere descritto come il metodo della ricerca attiva di
casi che possono non confermare l’ipotesi: Œciˆ che caratterizza il
metodo empirico ‰ il suo modo di esporre alla falsificazione, in
ogni maniera possibile, il sistema che deve essere verificato•
(Kirk e Miller 1986, p. 42);
 la tecnica della comparazione continua: consiste nella formulazio-
ne e nel tentativo di verifica di piccole ipotesi provvisorie in un
percorso induttivo che arriva fino a quelle pi… generali; la tecnica,
Œpoich‚ implica un avanti e indietro continuo fra le diverse parti
dei dati, richiede qualcosa di pi… grande. A un certo punto tutte le
parti dei dati dovranno essere esaminate e analizzate. Questo ‰ un
aspetto di ciˆ che s’intende per trattamento globale dei dati• (Sil-
verman 2000, trad. it. 2002, p. 255);
 il trattamento globale dei dati: a differenza della ricerca quantita-
tiva (in cui i risultati sono ottenuti su campioni selezionati da una
popolazione generale), in quella qualitativa Œlavorando con una
base di dati pi… piccola ed esposta ad un continuo riesame, non
dovreste essere soddisfatti finch‚ la generalizzazione non si appli-
ca a ogni singola parte dei dati che avete raccolto. Il risultato ‰
una generalizzazione altrettanto valida di una correlazione statisti-
ca• (ibidem);

7
Entrambe le definizioni sono citate in Silverman (2000, trad. it. 2002, p. 249).

212
La ricerca

 l’analisi dei casi devianti8: Œla tecnica parte con una piccola quan-
titƒ di dati. Si produce uno schema analitico provvisorio. Poi si
confronta lo schema con altri dati e se necessario si apportano
modifiche allo schema. Lo schema analitico provvisorio va con-
frontato costantemente con i casi “negativi” o “discrepanti” finch‚
il ricercatore non ha ottenuto un piccolo insieme di regole ricor-
renti che incorporano tutti i dati sotto esame• (Mehan 1979, p.
21)9. L’implementazione di tale tecnica richiede tuttavia una soli-
da base teorica rispetto alla quale valutare “cosa … deviante e cosa
non lo … e per quali ragioni”;
 l’uso di quantificazioni10: si tratta dell’argomento con cui abbiamo
aperto questo paragrafo. Come abbiamo indicato, la quantificazio-
ne di per s‚ stessa non ‰ “pro” n‚ “contro” la ricerca qualitativa:
dipende dall’uso che se ne fa. ŒNon c’‰ ragione per cui i ricercato-
ri qualitativi non debbano utilizzare, quando ‰ appropriato, misure
quantitative. Semplici tecniche di conteggio, teoricamente e ide-
almente basate sulle categorie impiegate dagli attori, possono of-
frire un mezzo per esaminare l’intero corpo di dati […] Il lettore
ha la possibilitƒ di avere il senso che emerge dall’insieme dei da-
ti• (Silverman 2000, trad. it. 2002, p. 261).

Meno approfondita - e a nostro avviso meno efficace, nonostante


l’enfasi posta sulla necessitƒ di occuparsi dell’argomento - risulta in-
vece la trattazione che Silverman conduce a sostegno di una “attendi-
bilitƒ della ricerca qualitativa” (cfr, anche Moret, Reuzel, Van der Vilt
e Grin 2007). Bisogna precisare innanzi tutto che l’Autore si rifƒ in
particolare alla ricerca etnografica (delimitando quindi ulteriormente
le possibili estensioni ad altri contesti) e alle osservazioni proposte da
Glassner e Loughlin (1987 p. 27)11.
Nei disegni di ricerca pi† positivistici, l’attendibilitƒ del codificatore viene valutata in
relazione all’accordo fra codificatori, nella ricerca qualitativa non ci si occupa di stan-

8
Clive Seale (1999) si riferisce a questa strategia nei termini (che ci sembrano par-
ticolarmente chiarificatori) di “accounting for contraddiction”.
9
La traduzione della citazione … tratta dall’edizione italiana del volume di Silver-
man (2000), Doing Qualitative Research.
10
Silverman parla pi† specificamente di “percentuali appropriate” facendo diret-
tamente riferimento a esemplificazioni tratte dalle sue ricerche: ci sembra che il ter-
mine “quantificazione” sia, in questo caso, pi† adeguato.
11
La traduzione della citazione, inclusi i corsivi, … tratta dall’edizione italiana del
volume di Silverman (2000), Doing Qualitative Research.

213
Capitolo IV

dardizzare l’interpretazione dei dati. Piuttosto […] l’obiettivo … stato quello di assicu-
rarsi un buon accesso alle parole dei soggetti, senza basarsi sulla memoria degli in-
tervistatori o degli analisti dei dati.

L’affidabilitƒ pu• essere definita come

il grado di coerenza con cui i casi sono assegnati alla stessa categoria da differenti
osservatori o dallo stesso osservatore in momenti diversi (Hammersley 1992, p. 67 cit.
in Silverman 1993).

Per tenere conto dell’attendibilitƒ il ricercatore o ricercatrice deve documentare la


propria procedura e mostrare che le categorie sono state usate in modo coerente (Sil-
verman 2000, trad. it. 2002, p. 265).

Per chiarire il concetto, Silverman (1993) fa riferimento


all’esemplificazione proposta da Kirk e Miller (1986, p. 19),

un termometro che mostra la stessa temperatura di 82 gradi ogni volta che ‰ immerso
nell’acqua bollente dƒ una misura affidabile. Un secondo termometro puˆ dare una
serie di misure che variano intorno ai 100 gradi. Il secondo termometro sarebbe inaf-
fidabile ma relativamente valido, mentre il primo non sarebbe valido ma perfettamen-
te affidabile.

Il resto della trattazione tuttavia non fa altro che riproporre le di-


squisizioni sui differenti (presunti) status epistemologici fra ricerca
qualitativa e ricerca quantitativa.
Per•kyl• (1997) affronta i temi della validitƒ e dell’affidabilitƒ con
particolare riferimento all’analisi della conversazione, ma indicando
chiaramente che si tratta di osservazioni rilevanti per tutti i settori del-
la ricerca qualitativa. Egli riprende la concezione di affidabilitƒ propo-
sta da Kirk e Miller (1986, p. 20) che la definiscono come Œil grado in
cui il risultato ‰ indipendente dalle circostanze accidentali della ricer-
ca• (come dire che in una ricerca successiva, date le stesse condizioni
iniziali, il ricercatore dovrebbe ottenere grosso modo le stesse eviden-
ze). La validitƒ Œha a che fare con l’interpretazione delle osservazioni:
se il ricercatore sta chiamando con il giusto nome ciˆ che rileva• (Pe-
r•kyl• 1997, p. 207). Senza dilungarci troppo nelle questioni descritte
dall’Autore (si tratta di osservazioni molto specifiche delle analisi del-
la conversazione da lui effettuate) possiamo sottolineare come alcune
delle strategie proposte per incrementare la validitƒ e l’affidabilitƒ sia-
no simili a quanto proposto da Silverman (2000). In particolare, la
“generalizzabilitƒ dei risultati” sembra assimilabile a quello che in

214
La ricerca

precedenza … stato descritto come “trattamento globale dei dati”;


“l’analisi dei casi devianti”, intesa come verifica delle eccezioni che
confermano le regole, … comune a tutte le tecniche di ricerca qualitati-
va, inclusa l’analisi della conversazione e la ricerca etnografica; la
“validazione per mezzo del turno successivo”, intesa come ricerca del-
la conferma della bontƒ delle categorie analitiche rilevate fino a un da-
to momento, richiama la tecnica della comparazione continua.
Mantovani (2003) ha condotto una rassegna dei criteri di validitƒ
della ricerca qualitativa nel quadro del “realismo critico”:
La questione dei metodi da usare nella ricerca qualitativa e ancora di pi… la questione
dei criteri di validitƒ da adottare per valutare l’utilizzo dei metodi in una data ricerca
dipendono dalla posizione che il ricercatore prende su questioni di carattere molto ge-
nerale che riguardano la conoscenza umana […] la conoscenza scientifica […] la co-
noscenza nelle scienze sociali […]. La risposta a queste questioni rinvia ad un campo
di studio, l’epistemologia, che si occupa del modo in cui conosciamo e del valore di
veritƒ delle nostre conoscenze. Il ricercatore che intende usare i metodi qualitativi non
potrƒ affrontare in modo consapevole e coerente le questioni metodologiche che in-
contrerƒ sulla su strada se non avrƒ riflettuto sulle questioni epistemologiche connesse
alle sue scelte di ricerca (p. 27).

Sintetizzando il panorama delle riflessioni proposte nella letteratu-


ra internazionale, Mantovani (2003) sostiene che i criteri di qualitƒ su
cui c’‰ un consenso sono:

– la “contingenza”, per cui una ricerca ha qualitƒ se viene valutata


come applicabile e coerente rispetto al contesto specifico in cui si
svolge;
– la “situativitƒ”, per la qualitƒ dello studio va valutata sempre rispet-
to all’ambito in cui si svolge;
– la “riflessivitƒ”, che implica la consapevolezza da parte del ricerca-
tore di essere non-neutrale sia dal punto di vista teorico che da
quello metodologico (che le sue conclusioni sono sempre in qual-
che modo condizionate dai suoi schemi impliciti e modelli di rife-
rimento: Sandelowski 2004; Russell e Kelly 2002);
– la “validazione da parte dei membri”, che consiste nella valutazio-
ne del resoconto della ricerca da parte dei partecipanti;

215
Capitolo IV

– la triangolazione (inizialmente proposta da Denzin 1978)12, che


consiste nella ricerca di convergenza sulle conclusioni incrociando
diverse fonti di informazione.

Quest’ultima tecnica, in particolare, ‰ la pi… ampiamente citata ma


anche quella che si presta al maggior numero di critiche in quanto fa
riferimento ad un assunto realista e oggettivista della ricerca: si sup-
pone cio‰ - in analogia con i metodi quantitativi - che la realtƒ esterna
sia slegata dalle lenti deformanti del ricercatore e inoltre che sia og-
gettivamente conoscibile. Peraltro Silverman (2000) e Seale (1999)
hanno una posizione critica nei confronti di questa tecnica perch‰ non
risolve completamente il problema della validitƒ dal momento che giƒ
il tentativo di ottenere una “rappresentazione reale” della realtƒ ‰ in
contraddizione con molti assunti della ricerca qualitativa:
Naturalmente questo non significa che non si debbano usare insiemi di dati diversi o
impiegare tecniche varie. Il problema sorge nel momento in cui utilizzate questa mol-
teplicitƒ come un mezzo per sistemare le questioni relative alla validitƒ (Silverman
2000, trad. it. 2002, p. 251).

La triangolazione, anche se si propone il lodevole scopo di aiutare il ricercatore a con-


trollare a controllare i suoi orientamenti personali, non puˆ valere in realtƒ da garanzia
della validitƒ di una ricerca (Seale 1999, p. 56 cit. in Mantovani 2003, p. 32).

Seale (1999) riprende il lavoro di Lincoln e Guba (1985) nel quale


gli Autori associano a ciascun criterio di qualitƒ nella ricerca positivi-
sta-quantitativa (“conventional inquiry”) un criterio omologo per
quanto riguarda la ricerca costruttivista-qualitativa (“naturalistic in-
quiry”)13:

12
Norman K. Denzin (1978) distingue specificamente quattro possibili declinazio-
ni della triangolazione: data triangulation, con cui si incrociano i dati di diversa pro-
venienza su uno stesso fenomeno; investigator triangulation, mediante la quale la co-
noscenza del fenomeno ‰ data dall’integrazione fra i punti di vista di diversi ricercato-
ri (facciamo notare per inciso che questa opzione sarebbe implementabile in
ATLAS.ti attraverso le funzioni di multi-autoring); theory triangulation, rispetto alla
quale il ricercatore tenta di verificare ipotesi relative a diversi modelli teorici: metho-
dological triangulation, con cui il ricercatore … chiamato all’utilizzo di differenti op-
zioni metodologiche per lo studio di uno stesso fenomeno.
13
Pi… specificamente, Clive Seale (1999) si riferisce a tali indicazioni valutative
nei termini di “criteri interpretativi” (“interpretativist criteriology”). In tale rassegna,
l’Autore include un elenco completo dei criteri (su cui c’… un consenso convergente)
in base ai quali valutare gli studi di questo tipo: ne riportiamo una traduzione in ap-
pendice E.

216
La ricerca

– la credibilitƒ (“credibility”), analogo alla validitƒ interna, … data da


una prolungata esposizione al campo di rilevazione delle informa-
zioni e da tentativi di triangolazione con altre fonti di dati. ‰Ma la
migliore tecnica per stabilire la credibilitƒ … la “verifica dei parte-
cipanti”14, che consiste nel mostrare i materiali come interviste, tra-
scrizioni e report di ricerca alle persone con cui al ricerca ‰ stata
condotta, cosicch‚ essi possano indicare l’accordo o il disaccordo
con la rappresentazione fornita dal ricercatore• (Seale 1999, p. 45);
– la trasferibilitƒ (“trasferability”) … ottenibile fornendo ‰una detta-
gliata e ricca descrizione del contesto studiato in modo da dare al
lettore sufficienti informazioni per valutare l’applicabilitƒ dei risul-
tati in altri contestiŠ (ibidem). Si tratta, com’‰ intuibile, di un crite-
rio paragonabile alla validitƒ esterna, ma utilizzabile laddove non ‰
possibile avere un campionamento probabilistico e una randomiz-
zazione dei soggetti;
– l’affidabilitƒ (“dependability”), che sostituisce l’attendibilitƒ, per il
cui raggiungimento il ricercatore documenta chi valuta su tutte le
fasi del suo lavoro (la metodologia, gli strumenti e tutte le scelte
effettuate nel corso della ricerca inclusi i risultati) al fine di con-
sentire un giudizio sulla coerenza e la correttezza dell’intero per-
corso (Marshall e Rossman 2006);
– l’autenticitƒ (“authenticity”), ‰si dimostra se i ricercatori possono
dimostrare di aver rappresentato insiemi di diverse realtƒ (“fair-
ness”). La ricerca dovrebbe anche aiutare i membri a sviluppare
una “pi† sofisticata” comprensione dei fenomeni studiati (“ontolo-
gical authenticity”), ad apprezzare il punto di vista degli altri come
se fosse il proprio (“educative authenticity”), a sollecitare alcune
forme di azione (“catalytic authenticity”) e ad attrezzare i membri
per l’azione (“tactical authenticity”)Š15 (Seale 1999, p. 46);
– la confermabilitƒ (“confirmability”) ha a che fare con le implica-
zioni dell’attendibilitƒ (nei termini della ricerca qualitativa). Si par-
la in questo senso di “affidabilitƒ interna” e di “affidabilitƒ ester-
na”: la prima … paragonabile a quello che nei termini classici viene
chiamato “accordo inter-codificatori” e riguarda ‰il grado in cui al-
tri ricercatori che applicano costrutti simili possano far corrispon-

14
Nella versione originale di Seale si parla di “member check”.
15
• evidente come i criteri dell’autenticitƒ facciano riferimento a una qualitƒ rile-
vabile e utilizzabile molto “pratica”, cio… relativa a contesti reali, confermando la vo-
cazione applicativa e l’autonomia di molta ricerca qualitativa.

217
Capitolo IV

dere questi ai dati allo stesso modo in cui ‰ stato fatto dal ricercato-
re originario• (Seale 1999, p. 140); l’affidabilitƒ esterna invece ha
a che fare con la generalizzazione (per questa ragione ‰ in parte so-
vrapponibile alla trasferibilitƒ)16 e viene descritta in termini di re-
plicabilitƒ dell’intero studio: Œaltri ricercatori impegnati nello stes-
so o in contesti simili potrebbero generare gli stessi risultati? […]
richiede una completa specificazione degli assunti sottostanti e del-
le procedure, informazioni che molti ricercatori, in pratica, non
forniscono• (Seale 1999, p. 141). Talvolta ci si riferisce a questa
tecnica in termini di “riflessivitƒ”, cio‰ di ragionamento e consape-
volezza del proprio ruolo e posizione (epistemologica e pratica)
all’interno della ricerca, nel campo, nel rapporto con gli intervista-
ti, nella costruzione congiunta delle informazioni17.

In un ambito pi… specificamente criminologico e coerentemente


con l’oggetto del presente lavoro, ‰ interessante la posizione di Lonnie
Athens, criminologo interazionista e ricercatore qualitativo: come rife-
riscono Ceretti e Natali (2004), che hanno compiuto un’approfondita
analisi del lavoro di Athens, egli identifica tre criteri di valutazione:

1. il valore teorico della ricerca: con riferimento alla distinzione fra


teorie sostantive (quelle che limitano la spiegazione al singolo feno-
meno sociale) e teorie formali (quelle le cui argomentazioni includono
classi di fenomeni sociali) operata da Glaser e Strauss (1967), Athens
propone di assegnare maggiore valore scientifico alle seconde. Secon-
do questa prospettiva, le teorie formali (pi… generali e inclusive) han-
no una maggiore qualitƒ in quanto sono applicabili a un pi… vasto re-
pertorio di eventi, mentre le teorie sostantive limitano il contributo ad
aspetti circoscritti della realtƒ;
2. la base empirica dei concetti scientifici: ‰ il principio per il quale
le asserzioni scientifiche Œdevono dimostrarsi coerenti con le osserva-
zioni e i casi empirici da cui sono ricavati. ‡ chiaro che affinch‚ que-
sta analisi critica possa darsi, ‰ necessario che lo studioso fornisca se-

16
Pur simili nelle definizioni, confermabilitƒ esterna e trasferibilitƒ si differenzia-
no per un’enfasi sulla valutazione del singolo percorso di ricerca (la prima) e per una
maggiore attenzione alla generalizzabilitƒ a contesti differenti (la seconda).
17
Si vedano a questo riguardo i riferimenti alla c.d. “intervista attiva” (Holstein e
Gubrium 1997) nel capitolo 2.

218
La ricerca

paratamente sia i riscontri empirici di partenza che i concetti da questi


ultimi sviluppati• (Ceretti e Natali 2004, p. 36);
3. la credibilitƒ scientifica dello studio: in base a questo criterio il
ricercatore deve fornire un resoconto che renda chiari tutti i passaggi
compiuti (l’accesso al campo di studio, il contatto con gli intervista-
ti/osservati, le modalitƒ di trattamento delle informazioni, etc.) e de-
scriva adeguatamente l’impostazione metodologica e gli strumenti uti-
lizzati.

In generale, possiamo dire che le riflessioni sui criteri di qualitƒ


della ricerca qualitativa sono ampie e ben documentate. Manca tutta-
via un accordo di fondo e questo spiegherebbe le varie sovrapposizio-
ni concettuali (talvolta non esplicitate) per cui una stessa tecnica usata
in settori differenti viene chiamata in maniera diversa oppure, al con-
trario, una stessa etichetta ha significati differenti a seconda del conte-
sto in cui viene utilizzata.
Si nota come il panorama dei criteri e delle tecniche proposte sia
ancora variegato e, ad un primo sguardo, appare forse frammentario:
la principale ragione ‰ da imputare alla varietƒ di nomenclature per
indicare cose abbastanza simili (il lettore avrƒ certamente notato una
ridondanza nell’esposizione delle proposte dei diversi Autori). Una
possibile spiegazione di questo fenomeno potrebbe stare nel fatto che
le diverse proposte afferiscono ad aree disciplinari distanti e che solo
in tempi recenti hanno trovato una convergenza metodologica: abbia-
mo fatto riferimento infatti a studi di tipo etnografico (Hammersley,
1992), alla sociologia (Seale 1999; Silverman 1993; 2000), alla psico-
logia sociale (Mantovani 2003), a contributi di epistemologi (Lincoln
e Guba 1985) e all’analisi della conversazione (Per•kyl• 1997). Que-
ste diversitƒ disciplinari sono, a nostro avviso, la principale chiave di
lettura di questa (apparente) frammentarietƒ dei criteri di qualitƒ della
ricerca qualitativa. Ma sono anche gli indizi che un corpus ampio e
solido di conoscenze e riflessioni si sta elaborando su quest tema. In
questa direzione uno spazio rilevante sarƒ certamente ricoperto dai
c.d. approcci e metodi misti verso cui la ricerca qualitativa, nel suo
complesso si sta muovendo (De Gregorio e Arcidiacono, in prepara-
zione; Bryman 2007).
Per quanto riguarda la qualitƒ scientifica della ricerca presentata in
queste pagine, ad un primo fondamentale livello di lettura delle infor-
mazioni ‰ chiaro che lo studio non ha avuto alcuna pretesa di ricostru-
zione oggettiva e fedele della realtƒ (Mantovani 2003): non era nelle

219
Capitolo IV

intenzioni l’accertamento della veridicitƒ delle affermazioni prodotte


dagli intervistati in sede di colloquio, n‡ sarebbe stato eticamente pos-
sibile farlo, avendo presentato la ricerca come totalmente indipendente
ed estranea al processo penale e al percorso detentivo specifico di cia-
scun intervistato. Piuttosto, come dichiarato fin dal titolo del contribu-
to, l’interesse era rivolto alle “costruzioni narrative”, cio… ai modi
soggettivi di rendere conto dell’azione commessa. Ci siamo dunque
collocati su un livello di “narrativismo” in cui la realtƒ emergente dal-
la narrazione … costruita momento per momento dall’intervista
nell’interazione con l’intervistatore (Miller e Glassner 1997; Holstein
e Gubrium 1997).
Da queste premesse e dalla natura precipuamente qualitativa dello
studio conseguono specifiche implicazioni in termini di qualitƒ della
ricerca. Con riferimento a quanto descritto nel corso di questo para-
grafo, … possibile sostenere che la ricerca sia dotata di una sua qualitƒ
con riferimento alle linee guida principali che abbiamo provato a tene-
re in considerazione come possibili criteri di valutazione del presente
lavoro (Seale, Gobo, Gubrium e Silverman 2004).
a) L’intero percorso di reperimento e analisi delle informazioni …
stato condotto con riferimento al criterio della comparazione continua:
la lettura e la codifica di ogni intervista ha comportato il riesame criti-
co su tutto il corpus dei codici sviluppato fino a qual momento. L’iter
della ricerca, in altre parole, si … svolto secondo i criteri di ricorsivitƒ,
iterativitƒ e progressione descritti in precedenza e indicati come fon-
danti la metodologia della ricerca qualitativa (Cicognani 2002a; Ricol-
fi 1997; Mantovani e Spagnolli 2003; Mazzara 2002; Strauss e Corbin
1990; 1994; 1998).
b) Tutte le procedure della ricerca sono state documentate al fine di
fornire al lettore approfonditi elementi di valutazione sulla correttezza
e coerenza dell’intero percorso teorico-metodologico sviluppato. In
questo senso, la “trasferibilitƒ” di cui parlano Lincoln e Guba (1985) e
Seale (1999) diventa obiettivo perseguibile e la ricerca nel suo com-
plesso assume un’importanza non limitata alla “sostanzialitƒ teorica”
(Glaser e Strauss 1967; Athens 1984; Ceretti e Natali 2004).
c) Il terzo elemento che informa sulla qualitƒ della ricerca … la ri-
flessivitƒ a cui direttamente o indirettamente fanno riferimento molti
dei Autori citati in questo paragrafo (Mantovani 2003; Fielding e Fiel-
ding 1986; Seale 1999; Silverman 2000): ne sono esempi le sezioni in
cui abbiamo descritto le reazioni degli intervistati alla proposta di par-
tecipazione alla ricerca (si trattava, come si ricorderƒ, di risposte posi-

220
La ricerca

tive proprio perch‚ dirette a un ricercatore estraneo a sistema giudizia-


rio) oppure l’ampia descrizione che ‰ stata fatta delle prime fasi di
trattamento delle informazioni (codifica, definizione delle code fami-
lies, perfezionamento della code list, etc.).
D’altra parte, bisogna tuttavia evidenziare l’impossibilitƒ tecnica di
utilizzare alcune delle altre soluzioni previste dai metodologi qualita-
tivisti: la triangolazione - specificamente nelle accezioni di data, inve-
stigator e methodolology triangulation - non era utilizzabile in questo
studio per le evidenti ragioni legate al contesto di rilevazione: non era
possibile “installare” in carcere un’equipe di ricerca con l’obiettivo di
rilevare e incrociare set di informazioni provenienti da ricercatori o da
fonti di dati differenti, n‚ chiedere all’amministrazione penitenziaria
di tornare successivamente per effettuare altre interviste con le stesse
persone o con la proposta di sistemi di osservazione. Allo stesso mo-
do, era difficile immaginare a una “validazione da parte dei risponden-
ti”.

8. Conclusioni e implicazioni

Lo studio presentato in questo capitolo conclusivo ‰ riferito a un


gruppo di rispondenti che vivono una situazione reale, la detenzione.
Da questo punto di vista, si tratta di una ricerca che si colloca a pieno
titolo nel panorama delle strategie di ricerca “sul campo”. La letteratu-
ra sulla devianza e sul resoconto delle azioni devianti comprende an-
che ricerche che hanno operato simulazioni di interazioni in laborato-
rio: Gonzales, Haugen e Manning (1994), ad esempio, hanno perse-
guito l’obiettivo di ricostruire - utilizzando metodi sperimentali - le
sequenze narrative e discorsive che si instaurano fra vittime e autori di
reato. Canter, Grieve, Nicol e Benneworth (2003), analogamente,
hanno condotto una serie di studi di laboratorio per verificare l’effetto
degli ancoraggi narrativi sulle sequenze narrative. Tali impostazioni,
sia pure utili sotto il profilo del rigore metodologico non rendono ade-
guatamente conto della complessitƒ delle situazioni narrative in conte-
sti reali.
Come abbiamo descritto in precedenza (• 3 in questo capitolo), la
ricchezza delle elaborazioni narrative rilasciate dai 34 intervistati che
abbiamo incontrato ‰ stata determinata in primo luogo dal fatto che
essi si trovassero di fronte un intervistatore-ricercatore completamente

221
Capitolo IV

estraneo al sistema della giustizia penale e che in tale contesto specifi-


co hanno ritenuto opportuno raccontare le proprie storie.
Si tratta - come abbiamo anticipato nel capitolo 1 • 3.1 - di una
chiara attualizzazione della differenza fra veritƒ narrativa e veritƒ sto-
rica delle narrazioni (Brockmeier 1999): l’esigenza, necessariamente
determinata dal contesto in cui la narrazione si ‰ sviluppata, di fornire
una versione dei fatti plausibile e coerente e la necessitƒ (tipicamente
umana) di proporre un’immagine positiva di S‚ hanno favorito
l’espressione di contenuti che non si sarebbero presentati allo stesso
modo in un differente contesto (Bercelli 2004; Brockmeier 1999). Se
(come univocamente hanno affermato molti intervistati) la richiesta di
raccontare fosse arrivata da una persona strutturalmente appartenente
al mondo della giustizia penale i resoconti avrebbero avuto una diffe-
rente costruzione narrativa, sarebbero stati meno ricchi di dettagli. Sa-
rebbero stati, in altri termini, resoconti diversi relativi - narrativamen-
te parlando - ad altri fatti18.
A situazioni di questo tipo fanno riferimento Holstein e Gubrium
(1997) quando parlano di “intervistare attivo”:

Anche il narratore ‰ profondamente immerso nelle sue memorie, il suo modo di pre-
sentare la storia della sua vita non ‰ mai indipendente dalla situazione di intervista ed
‰ sempre indirizzato verso il suo ascoltatore. Il ruolo dell’intervistatore come co-
autore della storia emergente ha ricevuto un interesse solo marginale nella ricerca sul-
le interviste […]. Ciˆ ‰ in contrasto con il ruolo del lettore nelle produzioni letterarie
(Eco 1979) o con la considerazione del ruolo dell’ascoltatore nella pianificazione e
nella gestione di una conversazione […]. Un’attenta analisi della situazione
dell’intervista a fini di ricerca, comunque, rivela che quella dell’ascoltatore ‰ una con-
figurazione complessa che puˆ assumere molte diverse posizioni nel corso
dell’intervista (Lucius-Hoene e Deppermann 2000, p. 213).

Nelle situazioni descritte, l’intervistatore-ascoltatore interviene ad


almeno due livelli:

– quello dell’interazione nel momento in cui la narrazione ha luogo,


– quello dell’analisi successiva.

In entrambi i casi, l’interazione si sostanzia in un flusso continuo di


procedimenti interpretativi reciproci: l’intervistato costruisce in tem-
po reale una rappresentazione della realtƒ (situata nel contesto in cui la

18
Si tratta di una specifica articolazione del concetto di “posizionamento” a cui
Tschuggnall (1999), riprendendo Bakhtin (1981), ha dato il nome di “intertestualitƒ”.

222
La ricerca

narrazione viene prodotta), ma per farlo compiutamente si basa


sull’anticipazione dell’interpretazione che il ricercatore farƒ in sede di
analisi delle informazioni; quest’ultimo, da parte sua, ricostruisce il
senso di quanto ascolta alla luce di quanto sa da informazioni pregres-
se e, soprattutto, alla luce degli obiettivi della ricerca che sta condu-
cendo (Baumeister e Newman 1994). L’interpretazione delle interviste
narrative ‰ un momento delicato e caratterizzato dal fatto che ‰
Œl’esito di un processo fondato sulla comunicazione, che origina una
sequenza di interpretazioni parziali e provvisorie• (Rampazi 2001, p.
136). Nel corso di questo processo, come ha efficacemente sostenuto
Bruner (2002, p. 75), Œi nostri racconti creatori del S‚ ben presto ri-
flettono il modo in cui gli altri si aspettano che noi dovremmo essere.
Senza troppo accorgercene, elaboriamo un modo decoroso di parlare a
noi stessi•.
La costruzione narrativa dei contenuti sembra articolarsi nei termi-
ni di un percorso in cui progressivamente si passa dalla definizione del
contesto spazio-temporale dell’evento criminoso (con particolare rife-
rimento alla dimensione del Posizionamento discorsivo nell’ordine
spaziale e temporale: Harr‚ e van Langenhove 1999) alla descrizione
degli eventi critici che hanno condizionato la probabilitƒ di mettere in
atto condotte devianti. La valutazione di tali eventi ha l’implicazione -
sempre narrativamente circostanziata - di indurre l’attore a una scelta
intenzionale (temi e contenuti relativi alle dimensioni dell’agency,
all’autoefficacia e dell’attribuzione interna) di produrre proprio quel
comportamento. La consapevolezza di tale scelta viene perˆ meno
quando l’attore passa alla valutazione del percorso d’azione nei termi-
ni delle implicazioni morali: in tal senso, nelle narrazioni si associano
i temi della neutralizzazione della norma e del disimpegno,
dell’attribuzione esterna e della deresponsabilizzazione.
Per quanto riguarda la struttura delle narrazioni, la ricerca ha preso
spunto dall’Evaluation Model (Labov e Waletsky 1967). In prospetti-
va di un’applicazione del modello all’analisi delle narrazioni la ricerca
ha portato a una sua conferma solo parziale: il modello strutturale e-
merso dalle 34 interviste infatti include una struttura narrativa formata
da una concatenazione fra 4 delle 6 dimensioni originarie. ‡ rilevabile
una struttura in cui le dimensioni previste non si collocano nella se-
quenza prevista dalle formulazioni del modello in altri settori (Ab-
stract  Setting  Complication  Evaluation  Result  Coda) e
che mostra forti differenze in dipendenza dal tipo di reato narrato e
dell’esperienza del narratore nel circuito della devianza.

223
Capitolo IV

I risultati hanno il pregio di essere ottenuti su un gruppo di rispon-


denti “reale” in un contesto naturale, seppure reclutati su base volonta-
ria. La complessitƒ dell’intero impianto metodologico mette in parti-
colare risalto l’onerositƒ del processo di codifica delle interviste narra-
tive svolto in tornate successive di rilettura dei testi. L’approfondito
lavoro di integrazione fra aspetti teorici ed empirici (condotto confor-
memente ai criteri di validitƒ della ricerca qualitativa indicati in lette-
ratura) ha prodotto importanti risultati che completano le evidenze
della ricerca precedente con particolare riferimento alla costruzione
narrativa della responsabilitƒ propria e altrui, della capacitƒ d’azione,
degli aspetti cognitivi ed emotivi che risultano diversamente correlati
alle diverse fasi di valutazione dell’evento e delle sue conseguenze.
Un approfondimento merita la possibilitƒ di generalizzazione dei
risultati della ricerca. Come abbiamo descritto in precedenza, il crite-
rio della trasferibilitƒ, proposto da Lincoln e Guba (1985) e ripreso da
Seale (1999), sostiene la liceitƒ dell’ampliamento delle evidenze rile-
vate in uno studio ad altri che condividano talune caratteristiche di
fondo19: Œil grado di somiglianza fra il contesto di partenza (“sen-
ding”) e quello di estensione (“receiving”). In questo modo, non … ne-
cessario specificare la validitƒ esterna; si pu• fornire solo la consisten-
te descrizione necessaria per far s‚ che coloro che sono interessati a
trasferire i risultati possano valutarne la possibilitƒŠ (Lincoln e Guba
1985, p. 316 cit. in Seale 1999, pp. 107-108). Quello della possibile
estensione dei risultati ad altri contesti … un argomento da non trascu-
rare:
In conclusione, riteniamo dunque che la ricerca presentata nelle
pagine precedenti ponga all’attenzione della comunitƒ scientifica al-
cune utili indicazioni riferibili alle seguenti aree:

– peculiaritƒ del contributo metodologico, con riferimento alla pro-


posta di un percorso di reperimento/costruzione e di analisi delle
informazioni coerente ad un duplice livello: (a) coerenza interna,
della ricerca nelle sue diverse fasi; (b) coerenza esterna, rispetto al-
le indicazioni della letteratura metodologica nazionale e interna-
zionale sulla ricerca qualitativa;

19
Altrove si scrive che Œil fondamento della generalizzazione teorica sta nella lo-
gica piuttosto che nella probabilitĥ (Mitchell 1983, p. 200 cit. in Seale 1999, p. 109)
e che Œla validitƒ dell’estrapolazione non dipende dalla tipicalitƒ del caso, ma dalla
consistenza (“strenght”) del ragionamento teoricoŠ (Seale 1999, p. 109).

224
La ricerca

– specificitƒ della proposta, con riferimento in particolare all’oggetto


e al contesto di riferimento;
– innovazione, nella misura in cui la ricerca si propone come contri-
buto articolato e coerente su tecniche e soluzioni di analisi, di re-
porting delle informazioni e su applicazioni informatiche non anco-
ra sperimentate (talvolta sperimentate in maniera solo esplorativa)
nel panorama della ricerca nazionale;
– propositivitƒ, di strategie di reperimento, trattamento e analisi delle
informazioni con particolare riferimento alla ricerca qualitativa nei
settori psicologico-sociale e criminologico.

Dal punto di vista delle implicazioni pratiche e operative, le indi-


cazioni emerse dal presente lavoro possono collocarsi su tre piani di-
stinti ma interagenti: quello teorico, quello metodologico e quello
dell’intervento.
Dal punto di vista teorico, la ricerca ha fatto emergere un possibile
completamento dei modelli esistenti sul resoconto dell’azione devian-
te. In questo senso, ‰ possibile argomentare che “collocarsi discorsi-
vamente”, “posizionarsi” nella costruzione narrativa della propria a-
zione significa certamente ridescrivere i fatti ma significa anche rein-
terpretarli alla luce della situazione attuale: gli ampi riferimenti fatti
dagli intervistati alle dimensioni della giustificazione (della neutraliz-
zazione e del disimpegno), alle scelte, alla capacitƒ d’agire e alla rias-
sunzione di responsabilitƒ ci consentono di complessificare il quadro
teorico di spiegazione dell’azione deviante rispetto alle singole foca-
lizzazioni dei modelli precedenti fino ad ora disponibili in letteratura.
Diventa pi… evidente che il resoconto dell’azione non puˆ che collo-
carsi in un’argomentazione complessa e complessiva che include an-
che una descrizione di S‡ alle prese con quell’azione e comprende un
dialogo costante con gli aspetti normativi rappresentati, nel qui e ora
del resoconto, anche dalla presenza del ricercatore:
se la presenza di norme di condotta impone di pensare al soggetto come a un essere in
relazione la cui presenza sociale passa per e attraverso relazioni, assumere la relazio-
ne come unitƒ di analisi comporta innanzitutto prendere atto che le norme di condotta
“derivano” dalla formalizzazione di regolaritƒ riscontrabili nelle relazioni sociali (Co-
co, Micheluzzi e Pisapia 2003, p. 36).

In tale contesto, parlare dell’azione e delle sue implicazioni - attri-


buirle un significato (non solo quindi nei termini di cosa ‰ accaduto,
ma soprattutto del perch† ‰ accaduto) - ‰ un parlarne all’interno di un

225
Capitolo IV

contesto sociale e normativo definito in cui anche l’assunzione (o la


non assunzione) di responsabilitƒ riveste un obiettivo specifico, quello
della descrizione di S‚ alle prese con l’azione/l’altro/la norma.
Dal punto di vista metodologico, come abbiamo accennato in pre-
cedenza, riteniamo che il percorso esemplificato nelle pagine prece-
denti possa fornire un contributo in termini di innovazione delle ope-
razioni di trattamento e analisi delle informazioni testuali: non che
mancassero in precedenza nel panorama della ricerca empirica delle
buone prassi, ma la ricerca psicologico-sociale e criminologica ‰ pro-
babilmente rimasta, negli ultimi tempi, ancorata a modelli di ricerca e
di analisi dei dati che non sempre si adattano all’evoluzione dei mo-
delli di spiegazione dei fenomeni e dei processi studiati. Se, come
hanno scritto Kruglanski e Jost (2000), la psicologia sociale sperimen-
tale e l’approccio costruzionista condividono parte degli obiettivi e
delle spiegazioni epistemologiche non c’‰ ragione perch‚ la ricerca
empirica continui a preferire la prima e a trascurare il secondo: in que-
sto senso, riteniamo che lo studio svolto possa adeguatamente esem-
plificare un possibile percorso di ricerca secondo il modello costru-
zionista.
Infine, dal punto di vista operativo e applicativo, la ricerca svolta
mostra i suoi vantaggi soprattutto in connessione agli aspetti teorici: il
resoconto dell’attore che ha commesso un’azione socialmente e pe-
nalmente rilevante ‰ un punto di accesso privilegiato per comprender-
ne le ragioni. Rispetto a tali ragioni infatti andranno previsti opportuni
interventi rieducativi e di riabilitazione che devono necessariamente
partire dalla “riappropriazione della propria azione” da parte del sog-
getto che l’ha compiuta. All’interno del resoconto dell’azione, ci sono
elementi per focalizzare l’attenzione su tre livelli:

– quello della conoscenza (ricollegandosi quindi coerentemente ai


modelli teorici alla base dell’intervento) con particolare riferimento
alla fase evolutiva in cui l’azione e il resoconto si collocano (le e-
videnze sulla “socializzazione narrativa” prospettano non poche
implicazioni sia dal punto di vista strettamente teorico sia indiret-
tamente in termini di trattamento idealmente differenziato fra “no-
vizi” ed “esperti”),
– quello dell’operativitƒ e degli interventi di trattamento e preven-
zione:

226
La ricerca

appare chiaro come, in questo processo, assumano importanza fondamentale le agen-


zie istituzionali ed il sostegno informale che, attraverso risposte che offrano immagini
alternative a quelle strutturate rigidamente lungo il percorso deviante, possono indurre
prospettive di cambiamento e di rottura dell’identitƒ disadattiva in cui la persona si
riconosce. Il tessuto sociale pi… ampio puˆ e deve assumere una responsabilitƒ rispetto
alla possibilitƒ per una carriera deviante di essere ridirezionata, attraverso risposte
sanzionatorie che includano l’attenzione alle risorse latenti della persona
nell’obiettivo di sostenere percorsi riabilitativi che offrano effettive opportunitƒ di
cambiamento sul piano intrapsichico-individuale e socio-relazionale (Patrizi 2004, p.
31);

– quello della (ri)assunzione di responsabilitƒ e di ricollocazione nel


sistema di regole da parte dell’attore:
penso che trovare spazi di riflessivitƒ puˆ essere un punto di partenza per il discorso
riabilitativo. Per chi ‰ interessato a lavorare con il prigioniero per aiutarlo a definire
un S‚ non deviante, espressioni come “Non so chi me lo ha fatto fare” […] meritano
un maggiore approfondimento. [… La] ricerca mostra che la promozione di interventi
discorsivi ‰ un passo verso la revisione dei prigionieri di s‚ stessi come agenti
(O’Connor 1995, p. 452).

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254
Appendici

255
256
Bibliografia

Appendice A

Scheda degli indicatori rilevabili nelle narrazioni e riferiti ai mo-


delli teorici

Comportamento manifesto - effetti riferiti al controllo so-


- descrizione dei comportamenti ciale (precedenti e successivi)
(anche degli altri partecipanti)
- prospettiva di un osservatore - effetti di relazione (precedenti
esterno e successivi)
- effetti S‚ (precedenti e succes-
Aspetti cognitivi sivi)
- organizzazione/pianificazione - effetti di cambiamento (prece-
- emozioni (prima, durante, do- denti e successivi)
po l’azione-reato)
- obiettivi/aspettative espliciti Antecedenti storici
- azione come soluzione (anche - valenza (positiva/negativa)
rispetto agli altri partecipanti) di nella storia di vita
un problema - valenza (positiva/negativa) ri-
monitoraggio spetto all’incontro con la devi-
- strategie di problem solving anza
- anticipazione dei risultati e/o - salienza percepita (anche ri-
degli effetti immediati spetto alla devianza)
- reazione propria e altrui
all’arresto Incidenti critici
- valenza (positiva/negativa)
Funzioni e significati nella storia di vita
- significati soggettivi preceden- - valenza (positiva/negativa) ri-
ti all’azione spetto all’incontro con la devi-
- significati soggettivi seguenti anza
all’azione - salienza percepita (anche ri-
- significati attribuiti da altri spetto alla devianza)
(vittima, testimoni, famiglia, so-
cietƒ)
- periodo di incontro effettivo
Tappe della carriera con la devianza
- periodo precedente all’incontro - primo reato (vissuti, sensazio-
con la devianza ni, ecc.)

257
Appendici

- periodo successivo e conse- Scenari alternativi


guenze - eventuali aspetti rilevanti non
- prosecuzione trattati (autostima, autoefficacia,
- risoluzione e uscita dal circuito tecniche di neutralizzazione del-
della devianza la norma, etc.)

Posizione rispetto
all’intervista/resoconto

258
Appendici

Appendice B

Traccia di intervista per l’analisi dell’azione deviante

Premessa
- Introduzione all’intervista: illustrazione degli obiettivi dell’indagine, delle fi-
nalitƒ e dell’uso di quanto emergerƒ dall’interazione.
- Rassicurazioni sull'anonimato riguardo a quanto la persona dirƒ.
- Eventuali richieste o premesse dell’intervistato.

Domanda di apertura
(domanda che pu‹ esaurire l’intervista o servire da base per le sezioni successive)
Potrebbe raccontarmi il reato per cui si trova qui (nel caso, frequente, in cui
l’intervista si svolga in carcere o comunque in fase esecutiva della pena) o un reato
che ‰ stato particolarmente importante? Un’azione che ha avuto conseguenze penali e
di cui le andrebbe di parlarmi?
La prego di raccontare dal suo punto di vista. Non intendo un riassunto di quello che ‰
successo, ma come lo racconterebbe a qualcuno che non ne sa niente, che ‰ molto in-
teressato al racconto e che ha molto tempo a disposizione.1 (Specificare che il raccon-
to puˆ iniziare da un qualunque momento temporale, dalle conseguenze o dagli ante-
cedenti, e da qualunque sua sequenza).
_____________________________________________________________________

(solo per gli indicatori non trattati dalla risposta alla domanda precedente: domande
specifiche da 1 a 27)

Prima sezione: comportamento manifesto


1. Come racconterebbe questo stesso fatto un osservatore esterno? Cosa avrebbe
visto un passante, uno spettatore di quell’azione?
Le sto chiedendo di raccontare in dettaglio solo ciˆ che avrebbe potuto vedere
un’altra persona.

2. Puˆ descrivermi tutto quello che hanno fatto le diverse persone che erano presen-
ti in quella situazione?

Seconda sezione: cognizioni coscienti


3. Ricorda quello che ha pensato, provato, prima di fare quell’azione? Si ‰ “orga-
nizzato”, l’ha preparata?

4. Qual era il suo scopo? Cosa si aspettava di ottenere?

5. Ricorda come ‰ nata l’idea di quell’azione?

6. (solo se vengono fatti richiami ad altre persone) Chi ci ha pensato in particolare?

1
La formulazione di quest’ultima richiesta … stata tratta, con gli opportuni aggiu-
stamenti, da Bruner e Feldman (1999).

259
Appendici

7. E lei che cosa ne pensava?

8. Ricorda i suoi pensieri nel corso dell’azione? (a seconda del tipo di reato e del
suo svolgimento, formulare la domanda utilizzando i momenti salienti
dell’azione indicati dall’intervistato)

9. Ricorda se, e in quale momento, ha pensato a quello che sarebbe accaduto subito
dopo?

10. Ricorda cosa pensava quando ‰ stato preso?

11. Cosa ha provato in quel momento?

12. Come hanno reagito le persone a lei pi… vicine?

13. ‡ cambiato qualcosa dopo?

Terza sezione: funzioni e significati


14. Le sarebbe possibile ricostruire quello che significava per lei quell’azione, prima
di compierla?

15. Mentre eseguiva l’azione, e poi, subito dopo che l’ha fatta, quell’azione ha cam-
biato in parte significato?

16. Secondo lei, che significato ha avuto per gli altri? Come hanno considerato il
fatto, ad esempio, la vittima, le persone che lo hanno appreso attraverso i giorna-
li?

17. Prima di compiere l’azione, ha pensato a come si sarebbero comportate le forze


dell’ordine?

18. Come si sono comportate poi?

19. Prima di agire, che significato pensava avrebbero dato alla sua azione il gruppo
di amici e la sua famiglia?

20. Una volta saputo cosa era successo, cosa le hanno fatto capire i suoi migliori a-
mici, e i suoi familiari? Cosa ne pensavano?

21. Secondo lei, che significato ha avuto effettivamente per la sua famiglia, per i suoi
migliori amici?
22. C’‰ qualcuno per il quale quello che lei ha fatto ha significato qualcosa in parti-
colare?

23. (se si ‰ giƒ svolto il processo) C’‰ qualche differenza, che ritiene rilevante, fra il
modo in cui quello che lei ha fatto ‰ stato considerato durante il processo e il
modo in cui lo considera lei?

260
Appendici

24. In genere, non ‰ semplice descrivere ciˆ che un’azione rappresenta per noi, il suo
significato pi… intimo, quello che pensiamo e proviamo mentre agiamo, o dopo,
ripensandoci. Cosa puˆ dirmi in proposito?

Quarta sezione: scenari alternativi e considerazioni conclusive


25. Le cose avrebbero potuto andare diversamente...se...
(si chiede alla persona di completare la frase)

26. C’‰ qualcosa di importante che non abbiamo trattato? Qualcosa a cui tiene parti-
colarmente? Qualcosa che possa consentirmi di capire meglio il suo punto di vi-
sta?

27. Cosa pensa di questa intervista e del modo in cui abbiamo affrontato argomenti
cos„ importanti?

Traccia di intervista sulla carriera deviante

Prima sezione: percorso di vita


1. Le nostre vite cambiano continuamente, ma alcuni sono cambiamenti cruciali,
cambiamenti di direzione, potremmo dire. Questi cambiamenti, in genere, sono
legati ad episodi rilevanti. Ripensando a lei, alla sua storia, puˆ individuare alcu-
ni di questi episodi (2 o 3)? Puˆ raccontarmeli brevemente spiegando anche le
ragioni per cui li considera cos„ rilevanti?

Seconda sezione: carriera deviante


2. Passiamo alla situazione attuale. Per quale reato ‰ in carcere (o ‰ stato condanna-
to)?

3. Cos„ come abbiamo fatto rispetto alla storia della sua vita, anche riguardo alla
sua storia di rapporto con la giustizia ‰ possibile pensare che ci siano stati periodi
diversi, da quando ha iniziato fino ad oggi. Puˆ parlarmene cercando, se ricorda,
di dirmi come ‰ avvenuto il passaggio da un periodo all'altro e se ci sono stati e-
pisodi importanti che possono aver segnato questi passaggi? (= da quando ha
commesso il primo reato ad oggi avrƒ attraversato delle fasi importanti, potreb-
be descrivermele raccontandomi gli episodi che hanno segnato il passaggio da
una fase all’altra?)

le domande seguenti (5-22) andranno formulate solo nel caso in cui il soggetto non
abbia giƒ risposto - indirettamente – attraverso le domande precedenti

Terza sezione: tappe della carriera


4. Provi a ripensare a se stesso prima di cominciare, cosa ricorda di s‚?

5. E del periodo in cui hai iniziato, ricorda episodi importanti (positivi o negativi)?

6. Che descrizione farebbe di s‚, riferendosi a quel periodo? Che tipo di persona
era?

7. Ricorda il primo reato? (anni, tipo di reato, da solo o in gruppo)

261
Appendici

8. Perch‚ pensa che l'ha fatto?

9. Pensando anche ad altre persone, perch‚ e come pensa che si inizi a commettere
reati?

10. Per lei, ‰ cambiato qualcosa dopo? (nella sua vita, in famiglia, nel gruppo di ami-
ci)

11. Quali sono state le conseguenze pi… negative sulla sua vita?

12. Perch‚ pensa di aver continuato?

13. Ha mai pensato di smettere?

14. (se s„) In quale occasione? Cosa pensa che le ha poi impedito di farlo?

15. Quali motivi, secondo lei, possono far s„ che una persona decida di smettere?

16. E per quali motivi, invece, una persona decide di continuare?

17. Per quanto le riguarda, cosa pensa che potrebbe farla decidere di smettere?

18. Cosa le viene in mente pensando a s‚ quando sarƒ uscito dal carcere (quando a-
vrƒ finito di scontare la pena)?

Quarta sezione: scenari alternativi e considerazioni conclusive


19. Le cose avrebbero potuto andare diversamente...se...

20. C’‰ qualcosa di importante che non abbiamo trattato? Qualcosa a cui tiene parti-
colarmente? Qualcosa che possa consentirmi di capire meglio il suo punto di vi-
sta?

21. Cosa pensa di questa intervista e del modo in cui abbiamo affrontato argomenti
cos„ importanti?

262
Appendici

Solo alla fine dell’intervista


Dati di sfondo
(per inquadramento descrittivo dell’intero campione: verranno trattati in maniera ag-
gregata senza alcun riferimento all’identitƒ del soggetto)
28. Etƒ 29. Regione di provenienza 30. Titolo di studio
29. Come consideri il quartiere dove sei cresciuto?
 Un quartiere di periferia
 Un quartiere di centro
 Una zona a rischio
 Un piccolo paese
30. Ha la famiglia?
 Si
 No
31. Se s„, chi siete in famiglia?
32. Era occupato o disoccupato quando ti hanno arrestato?
 Occupato
 Disoccupato
33. Se era occupato, che lavoro svolgevi?
 Operaio
 Artigiano
 Impiegato
 Insegnate
 Commerciante
 Libero professionista
 Altro
34. Da quanto tempo si trova in carcere?
 Meno di 6 mesi
 Tra 6 mesi e 1 anno e mezzo
 Tra 1 anno e mezzo e 3 anni
 Oltre 3 anni
35. Quanto tempo deve ancora trascorrere in carcere?
 Meno di 6 mesi
 Tra 6 mesi e 1 anno e mezzo
 Tra 1 anno e mezzo e 3 anni
 Oltre 3 ann
36. Ha avuto detenzioni precedenti?
 Si
 No
37. Se s„, quante?
 1
 2
 3
 Pi… di 3
38. Se s„, per quali reati hai avuto detenzioni precedenti?
Note sul setting

Ulteriori osservazioni

263
264
Appendici

Appendice C* Copia per l’intervistato

Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione

Giugno 2003

Titolo della ricerca: Costruzione narrativa dell’azione deviante

Obiettivo
Stiamo conducendo una ricerca sull’azione deviante. A tal fine chiediamo la
sua disponibilitƒ a partecipare a un colloquio / intervista della durata di circa
1 ora – 1 ora e —.
Si tratterƒ di una sorta di chiacchierata con un ricercatore in cui le verrƒ chie-
sto di discutere argomenti che riguardano il reato per cui ‰ attualmente dete-
nuto.

Rispetto della privacy


Le seguenti procedure saranno seguite al fine di garantire la confidenzialitƒ
delle Sue informazioni:
Le informazioni che Lei ci fornirƒ saranno contrassegnate da un numero
d’ordine per salvaguardare l’anonimato.
Tutte le informazioni che Lei ci fornirƒ saranno utilizzate per soli scopi di
ricerca.
La Sua identitƒ non sarƒ rivelata in alcuna pubblicazione.
Diritti del partecipante alla ricerca

La Sua partecipazione a questo studio ‰ volontaria.


Lei riceverƒ una copia di questa lettera di consenso da conservare.
Per quanti fossero interessati, il responsabile della ricerca si impegna a far per-
venire copia dei risultati della ricerca, mediante le pubblicazioni che verranno
effettuate sull’argomento.
Per qualsiasi difficoltƒ o problema a proposito di questo studio, puˆ contattare
[omissis]

Autorizzo al trattamento dei dati e alla pubblicazione anonima del materiale


trascritto come sopra specificato ai sensi della L. 675/96 e successive modifi-
cazioni.
Data _________________ Firma
______________________

*
Per la form relativa a questo documento si ringrazia la dott.sa Claudia Chiarolan-
za.

265
Appendici

Appendice D

HU MERGE REPORT CREATED 30/11/04 22.30.40 BY GUEST


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267
Appendici

+ omicidi
+ rapine e furti
+ reati legati alla droga
+ truffa e ricettazione

Adding 14 Network Views:


segue elenco delle network views

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Segue elenco dei documenti primari e delle interse-
zioni fra le quotations

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Object Type HU after merge


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268
Appendici

Appendice E

Criteri per la valutazione dei resoconti di ricerca qualitativa**

1. Le metodologie sono appropriate per la natura delle domande di


ricerca?
 La ricerca tenta di comprendere processi o strutture, oppure dƒ in-
dicazioni sulle esperienze soggettive o sui significati?
 Sono presenti categorie o gruppi di individui che non possono es-
sere preselezionati, o i cui possibili risultati non possono essere
specificati in anticipo?
 Un approccio quantitativo avrebbe consentito di raggiungere gli
obiettivi in maniera migliore?

2. La connessione con un precedente corpo di conoscenze o teorie …


chiaro?
 Ci sono adeguati riferimenti alla letteratura?
 Il lavoro ‰ coerente con, o si contrappone criticamente, un model-
lo teorico precedente?

Metodologie

1. Viene dato conto dei criteri usati per la selezione dei soggetti del-
lo studio, per la raccolta e l’analisi delle informazioni?
2. La selezione dei partecipanti … teoricamente giustificata?

 Le unitƒ di ricerca possono essere persone, eventi, istituzioni, se-


lezioni di comportamenti naturali, conversazioni, materiali scritti,
etc. In ogni caso, sebbene il campionamento casuale puˆ non esse-
re appropriato, tuttavia ‰ chiaro a quale popolazione si riferisce lo
studio?
 ‡ dato risalto al fatto che le unitƒ scelte possono essere peculiari
per qualche ragione?

5. La sensibilitƒ delle metodologie … coerente con le domande di ri-


cerca?
 La metodologia accetta le implicazioni di un approccio che rispet-
ta le percezioni dei partecipanti?

**
Il testo … la traduzione dell’Appendice A riportata in Seale (1999, pp. 189-192).

269
Appendici

 In che misura ci sono definizioni o aspetti centrali dati per scontati


piuttosto che essere criticamente esaminati o lasciati aperti?
 Sono considerati i limiti relativi all’uso delle interviste?

6. La relazione fra il ricercatore e i soggetti … stata considerata e ci


sono prove che la ricerca … stata presentata e spiegata ai partecipan-
ti?
 Se ha partecipato pi… di un ricercatore, ‰ stata considerata la con-
frontabilitƒ?
 Ci sono evidenze sulle percezioni dei partecipanti?
 Ci sono evidenze sui processi di gruppo coinvolti?

7. La raccolta e la registrazione dei dati sono sistematici?


 Le registrazioni sono accurate?
 Sono disponibili prove su esami indipendenti?
 Se appropriati, sono stati utilizzati testi o trascrizioni delle conver-
sazioni?

Analisi

8. Ci sono riferimenti a procedure accettate per l’analisi?


 ‡ chiaro come ‰ stata condotta l’analisi?
 ‡ stata considerata la sua affidabilitƒ anche rispetto a ripetizioni
indipendenti?

9. Quanto l’analisi … sistematica?


 Quali tappe sono state seguite per controllare la selettivitƒ nell’uso
dei dati?
 Nelle ricerche con individui ‰ chiaro che non c’‰ stata una sele-
zione di alcuni casi o una esclusione dei meno interessanti? Nelle
ricerche su gruppi, sono state tenute in considerazione tutte le ca-
tegorie di opinioni?

10. C’… un’adeguata discussione di quanto i temi, i concetti e le cate-


gorie sono fatte derivare dai dati?
 A volte ‰ inevitabile usare categorie descrittive esterne o prede-
terminate, ma sono state esaminate rispetto al loro reale significa-
to o sulle possibili ambiguitƒ?

270
Appendici

11. C’… un’adeguata discussione delle prove a favore e contro le ar-


gomentazioni del ricercatore?
 Sono forniti dati negativi? C’… una ricerca attiva di casi che po-
trebbero smentire le conclusioni?

12. Š stata testata la validitƒ dei risultati?


 Per esempio, sono state usate tecniche come il riscontro dei ri-
spondenti, la triangolazione, oppure procedure come quelle previ-
ste dalla grounded theory?

13. Ci sono fasi per vedere se l’analisi pu‹ essere comprensibile per i
partecipanti, se ci‹ … possibile e rilevante?
 I significati dei loro resoconti sono stati esplorati con i risponden-
ti? Le apparenti anomalie e contraddizioni sono state discusse con
loro?

Presentazione

14. La ricerca … chiaramente contestualizzata?


 Sono state fornite tutte le informazioni sul contesto e sulla ricer-
ca?
 Tutte le variabili sono state studiate come integrate nel loro conte-
sto sociale piuttosto che astratte e decontestualizzate?

15. I dati sono presentati sistematicamente?


 Sono usate citazioni, note di campo, etc. in modo da consentire al
lettore di valutare la gamma delle evidenze usate?

16. C’… una chiara distinzione fra i dati e la loro interpretazione?


 Le conclusioni seguono i dati? (Bisogna notare che le fasi della
ricerca - raccolta dei dati, analisi, discussione - non sono di solito
separate e gli articoli non seguono necessariamente gli schemi
quantitativi di metodologie, risultati, discussione.)

17. Š dedicato abbastanza spazio per chiarire al lettore le relazioni


fra risultati e conclusioni?
 Sebbene la presentazione dei dati discorsivi richiede sempre pi…
spazio di quella dei dati numerici, l’articolo ‰ sufficientemente
conciso?

271
Appendici

18. La posizione dell’autore … chiaramente definite?


 ‡ descritta la prospettiva del ricercatore?
 ‡ stato esaminato il suo ruolo, i possibili biases e l’influenza sulla
ricerca?

19. I risultati sono credibili e appropriati?


 Rispondono alle domande della ricerca?
 Sono plausibili e coerenti?
 Sono teoricamente e praticamente rilevanti, oppure sono insignifi-
canti?

Aspetti etici

20. Sono stati considerati adeguatamente gli aspetti etici?


 Le questioni della confidenzialitƒ (spesso particolarmente difficili
nella ricerca qualitativa) sono state affrontate in maniera adegua-
ta?
 Sono state considerate le conseguenze della ricerca (incluso lo
stabilirsi di relazioni con i partecipanti, analizzare le aspettative,
cambiare il comportamento, etc.).

270
272
AREE SCIENTIFICO–DISCIPLINARI

Area 01 – Scienze matematiche e informatiche

Area 02 – Scienze fisiche

Area 03 – Scienze chimiche

Area 04 – Scienze della terra

Area 05 – Scienze biologiche

Area 06 – Scienze mediche

Area 07 – Scienze agrarie e veterinarie

Area 08 – Ingegneria civile e Architettura

Area 09 – Ingegneria industriale e dell’informazione

Area 10 – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche

Area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche

Area 12 – Scienze giuridiche

Area 13 – Scienze economiche e statistiche

Area 14 – Scienze politiche e sociali

Le pubblicazioni di Aracne editrice sono su

www.aracneeditrice.it
Finito di stampare nel mese di settembre del 2007
dalla tipografia « Braille Gamma S.r.l. » di Santa Rufina di Cittaducale (Ri)
per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma

CARTE: Copertina: Digit Linen 270 g/m2; Interno: Usomano bianco Selena 80 g/m2. ALLESTIMENTO: Legatura a filo di refe / brossura

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