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Pubblica un Annuario che fornisce un riassunto sia dell’insegnamento di ogni professore che delle
ricerche proseguite nell’ambito dell’attività cattedratica, del centro o del laboratorio. Contiene
inoltre una breve storia del Collège con l’elenco delle cattedre e i testi delle lezioni inaugurali.
È situato a Parigi nel V arrondissement, all’interno del Quartiere Latino, nelle vicinanze
dell’Università de La Sorbonne, all’intersezione di Rue Saint-Jacques con Rue des Ecoles.
È stato fondato nel 1530 dal re Francesco I di Francia per l'insegnamento delle lettere, delle lingue e
della matematica. Da allora sino ad oggi si sono mantenute due disposizioni essenziali:
- il rinnovo delle cattedre viene fatto in funzione degli ultimi sviluppi della scienza ed è
l’intitolazione della cattedra che definisce la nuova tematica di ricerca;
- la scelta dei professori è libera ed è fatta dai professori stessi riuniti in assemblea, il cui unico
criterio di decisione è quello del valore dei lavori già svolti e non dei titoli accademici.
Per la flessibilità e il dinamismo di questa struttura il Collège de France può adattarsi in permanenza
all’evoluzione delle scienze e restare così un polo d’animazione della comunità scientifica.
Il Collège de France si mantiene fedele a ciò che ha detto uno dei suoi professori, Maurice Merleau-
Ponty : “quello che il Collège de France, dalla sua fondazione, è incaricato di dare ai propri uditori
non sono verità acquisite, ma l’idea di una ricerca libera”.
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1982-1983 Il governo di sé e degli altri
Il Corso, così come tutti gli altri tenuti da Foucault, si svolgeva ogni mercoledì, dall’inizio di
gennaio alla fine di marzo. Il pubblico, assai numeroso, era composto da studenti, insegnanti,
ricercatori e curiosi, molti dei quali stranieri, e occupava due anfiteatri del Collège.
Michel Foucault ebbe spesso modo di dispiacersi di questa distanza fisica che lo separava
dall’uditorio e che ostacolava lo scambio diretto di opinioni. Per questo motivo negli ultimi anni, al
momento della conclusione, si dedicava a rispondere alle domande dei presenti.
Il Corso, analogamente a tutti quelli del Collège, constava di 26 ore di insegnamento (che era
possibile dividere in seminari di 13 ore al massimo, divisione che Foucault adottò sino agli inizi
degli anni Ottanta) e doveva concludersi, come già detto, con una ricerca originale.
2.1. La pubblicazione.
Il Corso è stato pubblicato in francese dall’editore Seuil/Gallimard nel 2004 e in italiano da
Feltrinelli nel novembre 2005 (prima e finora unica edizione in “Campi del sapere”, traduzione dal
francese di Paolo Napoli).
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Le citazioni sono state verificate e i riferimenti ai testi utilizzati sono stati indicati. L’apparato
critico si limita a delucidare i punti oscuri, a esplicitare talune allusioni e a precisare i punti
problematici. Per facilitare la lettura, ogni lezione è stata preceduta da un breve sommario, che ne
indica le principali articolazioni”.
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Argomento del Corso. Il Corso “Sicurezza, popolazione, territorio”, nel riassunto conclusivo dello
stesso Foucault, “ha trattato la genesi di un sapere politico che avrebbe messo al centro delle sue
preoccupazioni la nozione di popolazione e i meccanismi capaci di assicurarne la
regolamentazione”. Si è spostato in tal modo l’accento da uno “stato territoriale” a uno “stato di
popolazione” (con la concomitante comparsa di nuovi obiettivi, nuovi problemi e nuove tecniche)
per la cui comprensione si è adottato come criterio-guida la nozione di “governo”, nozione cui è
collegata anche quella di “governamentalità”.
“Governo degli uomini”. Il “governo”, inteso come “tema del potere pastorale”, ovvero come
“l’attività che si incarica di condurre gli individui lungo tutta la loro vita, sottomettendoli
all’autorità di una guida responsabile di ciò che fanno e che può capitare loro” (p. 265) ed
estrinsecantesi nell’idea di un sovrano-pastore, di un re o di un magistrato-pastore del gregge
umano, sembra essere sorto in Oriente.
- “È in Oriente che il tema del potere pastorale ha trovato la sua più ampia trattazione,
soprattutto nella società ebraica.” (p. 265).
- “Il potere del pastore non si esercita tanto su un territorio fisso, quanto su una
moltitudine che si sposta verso una meta.” (p. 266).
- “Questo tipo di potere è stato introdotto in Occidente dal cristianesimo e ha assunto una
forma istituzionale nel pastorato escclesiastico.” (p. 266).
Nei secoli XV e XVI, però, nasce e si sviluppa una crisi generale del pastorato, “non solo e non
tanto come rifiuto dell’istituzione pastorale” quanto come “ricerca di altre modalità di governare
e di governarsi”, più adeguate alla coeva “nascita di nuove forme di rapporti economici e sociali e
di nuove strutturazioni politiche”.
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Lo sviluppo della ragion di stato è determinata da una nuova percezione storica, “aperta su un
tempo indefinito in cui gli stati devono lottare gli uni contro gli altri per assicurarsi la
sopravvivenza”. Per competere nel nuovo “spazio (insieme europeo e mondiale) di concorrenza
tra stati” occorrono infatti nuove conoscenze, di sapere e di tecnologia politici.
Nascono così “due grandi insiemi di sapere e di tecnologia politici”: una “tecnologia diplomatico-
militare”, che assicura e sviluppa le forze dello stato verso l’esterno, e la “polizia”, intesa come “il
complesso dei mezzi necessari per far crescere, dall’interno, le forze dello stato”.
Nel punto di convergenza si collocano il commercio e la circolazione monetaria interstatale.
Oggetto privilegiato della nuova ragione di governo diventa quindi la coppia popolazione-ricchezza,
in quanto più commercio e più ricchezza fanno aumentare la popolazione, la manodopera, la
produzione, l’esportazione e la forza degli eserciti. Questo è lo sfondo dell’epoca mercantilistica.
È la popolazione poi che in seguito fa entrare in crisi il sistema, poiché essa non può continuare a
crescere in maniera coercitiva solo per aumentare le risorse. Sono i fisiocrati a porre in maniera
diversa il concetto di popolazione, intesa da loro non più come una semplice somma dei soggetti
autoriproducentisi che abitano un territorio ma come una variabile dipendente da un certo numero di
fattori, molti dei quali non sono naturali bensì modificati artificialmente anche se si può far apparire
come “naturale” la dipendenza da essi. È ciò che si intende con “problema politico della
popolazione”: non più “sudditi di diritto”, non più “insieme di braccia destinate al lavoro”, ma
“insieme di elementi che da un lato si ricollega al regime generale degli essere viventi (…) e
dall’altro può fungere da supporto a interventi concertati”.
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3. Sintesi delle 13 Lezioni
Il titolo del Corso “Sicurezza, popolazione, territorio” descrive perfettamente il problema posto da
Foucault. Si tratta di tre concetti interdipendenti, come sempre in lui “aperti” a qualsiasi ulteriore e
diversa concettualizzazione possa emerge dalla loro analisi, che concorrono a parità di importanza
intellettuale a delineare il problema unitario della “sicurezza dell’insieme in relazione ai suoi
pericoli interni” (p. 281). “Qualcosa come un’omeostasi”, la definisce Foucault (p. 281).
Tecnologia di sicurezza, che egli oppone ai meccanismi attraverso cui il sovrano, fino all’età
classica, si sforzava di garantire la sicurezza del suo territorio.
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LEZIONE N. 1
11 gennaio 1978
(pp. 13-31)
Prospettiva generale del corso: lo studio del biopotere. Cinque proposte sull’analisi dei meccanismi
di potere. Sistema legale, meccanismi disciplinari e dispositivi di sicurezza. Due esempi: a) la
punizione del furto; b) il trattamento della lebbra, della peste e del vaiolo. Caratteri generali dei
dispositivi di sicurezza (I): gli spazi di sicurezza. L’esempio della città. Tre esempi di sistemazione
dello spazio urbano nel XVI e XVII secolo: a) “La Métropolitée” di Alexandre Le Maître (1682); la
città di Richelieu; Nantes.
Foucault delinea innanzitutto lo scopo del Corso, che è quello di iniziare lo studio del “biopotere”,
cioè dell’“insieme dei meccanismi grazie ai quali i tratti biologici che caratterizzano la specie
umana diventano oggetto, a partire dal XVIII secolo, di una politica”. Lo studio del biopotere
diventa quindi analisi dei meccanismi di potere (già avviata, come detto, da alcuni anni).
Subito dopo Foucault avanza cinque proposte (che in realtà sembrano piuttosto dei concetti-cardine)
per l’analisi dei meccanismi di potere:
1) L’analisi dei meccanismi di potere “non rappresenta affatto una teoria generale di ciò che
il potere è. (…) Si tratta soltanto di capire dove il potere transita, in che modo, da quale
soggetto a quale oggetto, da che punto a che punto, secondo quali procedimenti e con
quali effetti”. L’analisi dei meccanismi di potere è l’analisi di “un complesso di procedure”.
2) “Questo insieme (…) di procedure non si autogenera, non è autosussistente, non si fonda
su se stesso. (…) I meccanismi di potere sono intrinseci a tutti questi rapporti; ne sono, in
modo circolare, l’effetto e la causa” (per “rapporti” Foucault intende quelli produttivi,
familiari e sessuali).
3) “L’analisi di queste relazioni di potere può certamente mettere in moto una sorta di
analisi globale di una società.” Tale analisi diventa allora filosofia nel senso di “politica
della verità” in quanto deve mostrare gli “effetti di sapere prodotti nelle nostre società”.
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