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Parere n. 46/2010 – Normativa in materia di installazione di impianti fotovoltaici.

Titoli
abilitativi necessari.

Si chiede parere avente ad oggetto alcune precisazioni inerenti i titoli abilitativi necessari
per la realizzazione di impianti fotovoltaici.

Il Comune richiedente formula tre quesiti, che si articolano ulteriormente.

1. Impianti fotovoltaici realizzati sugli edifici

1.1.
Il primo quesito riguarda la qualificazione dell’intervento e la conseguente individuazione del
titolo abilitativo per la sua realizzazione.
Il riferimento legislativo è costituito dall’articolo 11, comma 3, del D.Lgs. 30.5.2008 n. 115: la
norma è contenuta nel titolo II (“Strumenti per l’efficienza energetica”), al Capo III, rubricato
“semplificazione e rimozione degli ostacoli normativi”.
Il comma 3 citato espressamente dispone: “gli interventi di incremento dell’efficienza energetica
che prevedano l’installazione di singoli generatori eolici con altezza complessiva non superiore
a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro, nonché gli impianti solari termici o fotovoltaici
aderenti o integrati nei tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della
falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi, sono considerati
interventi di manutenzione ordinaria e non sono soggetti alla disciplina della denuncia di inizio
attività di cui agli artt. 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia di cui al D.P.R. 6.6.2001 n. 380, e successive modificazioni, qualora la
superficie dell’impianto non sia superiore a quella del tetto stesso. In tale caso, fatti salvi i casi
di cui all’art. 3, comma 3, lett.a) del decreto legislativo 19.8.2005 n. 192, è sufficiente una
comunicazione preventiva al Comune”.

Occorre segnalare che il Governo ha recentemente approvato il decreto legge n. 40/2010,


cosiddetto “decreto incentivi”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26.3.2010: il
provvedimento – all’articolo 5 – sostituendo l’articolo 6 del testo Unico 380/2001, individua

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interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo, tra i quali inserisce “i
pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, a servizio degli
edifici, da realizzare al di fuori delle zone di tipo A di cui al decreto per i Lavori Pubblici 2
aprile 1968 n. 1444”.
Il comma 3 dell’articolo 5 dianzi citato dispone che, prima dell’inizio degli interventi di cui al
comma 1, lettere b), f), h), i) e l), l’interessato, anche per via telematica, comunica
all’amministrazione comunale, allegando le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi
delle normative di settore, la realizzazione dell’impianto (limitatamente agli interventi di
manutenzione straordinaria di cui alla lettera b impone l’indicazione dei dati identificativi
dell’impresa a cui si affida la realizzazione dell’opera).
Il decreto legge, alla data attuale (2.4.2010) deve ancora essere convertito in legge – ma –
ovviamente – opera: è quindi corretto pretendere la comunicazione preventiva all’inizio delle
opere.

Si precisa che la disposizione contenuta all’articolo 11 del D.Lgs. 115/2008 è applicabile anche
agli impianti con potenza superiore a 1 MW senza necessità di attivare la procedura di verifica
ambientale (così dispone l’articolo 5, comma 8 del D.M. 19.2.2007, cosiddetto “conto energia”).

1.2.
Il Comune chiede se vi sia una diversa procedura da seguire nel caso in cui l’edificio su cui si
vuole installare l’impianto fotovoltaico risulti vincolato ai sensi del D.Lgs. 42/2004 (“codice dei
beni culturali e del paesaggio”).
La legislazione nazionale in materia – come noto - non solo favorisce, ma promuove la
realizzazione di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili; essa disegna obiettivi qual’è
l’incremento annuale di produzione elettrica da far derivare dagli impianti predetti (art. 4 d. lgs.
387/2003), strumenti concreti quali le tariffe incentivanti dell’art. 7 dello stesso decreto
legislativo, e addirittura la qualificazione delle opere per la realizzazione degli impianti di che
trattasi nonché di quelle connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e
all’esercizio come opere di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti, chiunque le realizzi.

La cosa è del resto pienamente coerente con le ragioni relative alla creazione di fonti energetiche
alternative; ma anche – in cospicua misura – con le necessità di difesa dell’ambiente
dall’inquinamento consacrate negli atti formali che lo stato italiano ha espresso e, nei rapporti

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con gli altri Paesi, sottoscritto.
Tutto ciò, peraltro, non significa ignorare il “notevole interesse pubblico” che caratterizza il
paesaggio, tutelato per l’appunto dal Decreto Legislativo 22.1.2004, n. 42.
Nel formulare norme procedimentali semplificanti, il comma 3 dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003
evidenzia invero espressamente la necessità di veder comunque rispettate le “normative vigenti
in materia di tutela (…) del paesaggio (…)”.
Non vi è dubbio sul fatto che la pubblica utilità (indifferibile ed urgente) attribuita ex lege alla
realizzazione di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili debba confrontarsi e
coordinarsi con il “notevole interesse pubblico” del paesaggio tutelato nell’ambito dello stesso
ordinamento giuridico.
La relativa tematica rappresenta una novità, rispetto alle visioni tradizionali, estremamente
interessante.
Su di essa, la giurisprudenza (e, parallelamente, la dottrina) già si è esercitata.

A onor del vero, le prime pronunce di rilievo in materia di impianti alimentati da fonti
rinnovabili di energia risalgono a vari anni fa: la Suprema Corte di Cassazione, Sezione 3^
penale, il 17.11.1995 ha pubblicato la decisione n. 3974/1995 con la quale ha annullato il
sequestro di un cantiere per la costruzione di una centrale elettrica di nuova generazione,
dedicando buona parte della motivazione a rilevare ed evidenziare l’importanza delle fonti
energetiche rinnovabili, della dichiarazione ex lege di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza
(ritenuta particolarmente significativa della prevalente rilevanza dell’impiego delle fonti
predette), e del ““prevalente interesse nazionale al contenimento del consumo di energia ed al
controllo ambientale””.
Ma soprattutto negli ultimi anni la giurisprudenza ha affrontato il tema del confronto fra pubblica
utilità nella realizzazione degli impianti di che trattasi ed interesse pubblico alla tutela del
paesaggio, determinando anche le prime riflessioni della dottrina sul tema (cfr., ad esempio,
Paola Lombardi su Rivista Giuridica dell’Edilizia, 2007, 1650 e segg.).

La sentenza n. 196/2004 della Corte Costituzionale ha rafforzato e stabilizzato un primo paletto


già piantato da precedente giurisprudenza (non costituzionale) e dottrina: la ““primarietà”” della
tutela paesaggistica – ha detto la Corte, giudice delle leggi – ““non legittima un primato assoluto
in una ipotetica scala gerarchica dei valori costituzionali, ma origina la necessità che essi siano
presi in considerazione nei concreti bilanciamenti operati”” fra interessi pubblici diversi.

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In altre parole, la tutela del paesaggio non può essere mai dimenticata nelle valutazioni concrete
da compiere a fini autorizzativi: essa non rappresenta però un parametro prevalente rispetto agli
altri; i diversi interessi pubblici devono essere tutti quanti considerati nella loro importanza, e
bilanciati.

Nella successiva sentenza n. 364 del 2006, la Corte Costituzionale ha ricordato che
l’installazione di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili (nel caso concreto
esaminato dalla Corte, si trattava addirittura di impianti eolici) involge plurimi interessi e
risponde ad esigenze rilevanti al di là dell’uso del territorio; in particolare, ha affermato che la
legislazione ordinaria in materia incide primariamente sull’interesse pubblico alla produzione
energetica, ed ha respinto espressamente la tesi della prevalenza delle materie “tutela
dell’ambiente e del paesaggio” e “governo del territorio”.
Il principio anzidetto – secondo cui l’interesse all’uso delle fonti rinnovabili di energia, anche
con impianti che pongono il problema della compatibilità con il paesaggio tutelato, non è affatto
secondario e si colloca su di un piano non inferiore a quello dell’interesse paesaggistico – era del
resto già stato affermato ampiamente dalla giustizia amministrativa (Consiglio di Stato, sez. 6^,
9.3.2005, n. 971; T.A.R. Campania, Napoli, sez. 1^, 22.6.2001, n. 2883; Consiglio di Stato, sez.
6^, 24.2.2005, n. 680; ordinanza cautelare Cons. Stato, sez. 4^, 7.6.2005, n. 2671; T.A.R. Sicilia,
Palermo, n. 150/2005; T.A.R. Molise, Campobasso, 29.11.2006, n. 984; ecc.).
La decisione T.A.R. Campania, Napoli, sez. 4^, 7.5.2003, n. 5195, aveva d’altro canto ricordato
l’illegittimità di divieti di carattere generale efficaci a livello locale, nella materia.

Particolarmente ampia è poi la trattazione del tema in esame operata dal T.A.R. Sicilia, Palermo,
sez. 2^, nella sentenza 4.5.2007, n. 1252, con la quale ha legittimato la realizzazione di un
impianto eolico di cospicua entità in area paesaggisticamente tutelata delle Madonie.
La decisione anzidetta da un lato ripercorre il cammino logico della giurisprudenza dianzi citata
e ripropone le considerazioni formulate da quella; dall’altro lato, spinge più avanti ancora quel
percorso ricordando che la nozione di paesaggio ““implica l’inclusione dei processi di
autorizzazione fra i fattori che contribuiscono a plasmare la forma del territorio””, e che il
riconoscimento della pubblica utilità compiuto dalla legge nei confronti degli impianti alimentati
da fonti energetiche rinnovabili proviene dal rilievo attribuito al contributo che tali impianti
conferiscono alla difesa dell’ambiente e della salute, obiettivi di fortissimo rilievo anche nel
confronto con la tutela paesaggistica.

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Quest’ultima – ha recentemente sottolineato il T.A.R. Liguria (sez. 1^, 2.1.2008, n. 1) – non è
finalizzata a limitare antropizzazioni pervasive, ma a conservare il paesaggio: l’obiettivo, pur
rilevante, ha dunque un ambito limitato.

Ciò detto in termini generali, in risposta allo specifico quesito posto si deve (è ovvio) segnalare
che, per gli edifici vincolati a fini paesaggistici, occorre l’autorizzazione paesaggistica se vi si
introducono modificazioni che riguardano l’ ““esteriore aspetto”” di tali beni (così si desume
dall’articolo 149, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 42/2004).
Per il rilascio dell’autorizzazione, occorrerà seguire le consuete regole; la valutazione sarà
ovviamente demandata agli organi competenti, rilevando – ai fini del parere in esame –
l’inesistenza di elementi ostativi al rilascio derivanti dalla sola soggezione al vincolo
paesaggistico.

2. Altri impianti fotovoltaici

2.1
Il Comune chiede se, per gli impianti a suolo con potenza inferiore a 20 Kw, sia sufficiente la
denuncia di inizio attività.
Laddove il campo fotovoltaico installato a suolo sia di potenza inferiore a 20 KW e non vi sia
necessità di ottenere ulteriori autorizzazioni, l’articolo 12, comma 5 del D. Lgs. 387/2003,
esclude l’applicazione delle procedure di cui ai commi 3 e 4 del citato decreto e applica la
disciplina della D.I.A. di cui agli artt. 22 e 23 del D.P.R. 380/2001.
Se l’area è soggetta a vincolo paesaggistico o a vincolo idrogeologico di cui alla L.R. 45/89,
l’articolo 12, comma 5 del D.Lgs. 387/2003 non si applica: si ritiene che l’impianto debba essere
autorizzato attraverso il “procedimento unico” disciplinato dall’art. 12, comma 4, del decreto,
acquisendo in tale sede i necessari assensi.

2.2
Per impianti fotovoltaici installati a suolo di potenza superiore a 20 KW, se non vi è necessità di
acquisire ulteriori autorizzazioni, il titolo abilitativo necessario è costituito dal permesso di
costruire (articolo 12, comma 5 del D.Lgs. 387/2003 e articolo 5, comma 7 D.M. 19.2.2007).
La domanda va inoltrata al Comune, essendo il soggetto titolato all’esame della pratica e al

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rilascio del provvedimento.

Si precisa che per gli impianti fotovoltaici non integrati localizzati in aree industriali esistenti,
indipendentemente dalla potenza installata, e per gli impianti industriali la cui energia costituisca
autoproduzione (cioè energia consumata dalle imprese in locali e luoghi diversi dalle abitazioni),
è necessaria la preliminare verifica ambientale.

3. Disponibilità del suolo

Il Comune chiede chiarimenti in ordine al dettato di cui all’articolo 12, comma 4 bis, del D.Lgs.
387/2003.
La norma, come noto, dispone che “il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e
comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto”.
Viene pertanto richiesto di specificare quale sia la verifica che l’ente deve espletare per il rilascio
del titolo a soggetto effettivamente legittimato all’intervento.
Ancorchè la norma citata riconduca la legittimazione a richiedere ed ottenere il titolo abilitativo
per la realizzazione di impianti fotovoltaici alla semplice “disponibilità” del terreno, appare
logico ritenere che occorra fare comunque riferimento all’articolo 11 del D.P.R. 380/2001 e
all’articolo 48 della L.R. 56/1977.

L’articolo 11 del D.P.R. 380/2001 dispone, come noto, che “il permesso di costruire è rilasciato
al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”.
L’articolo 48 della L.R. 56/77 individua come soggetti legittimati alla trasformazioni
urbanistiche ed edilizie “il proprietario, il titolare di diritto reale e colui che – per qualsiasi
altro valido titolo – abbiano l’uso o il godimento di entità immobiliari”.
In forza delle richiamate disposizioni, avente titolo non è soltanto il proprietario del terreno, ma
dunque anche:
- il titolare di un diritto reale;
- il titolare di un diritto personale di godimento che lo abiliti ad eseguire opere di
trasformazione del fondo;
- colui al quale il proprietario del bene ha trasferito la sua posizione legittimante, mediante
un autorizzazione ad eseguire un intervento edilizio.

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La giurisprudenza ha confermato tale principio, rilevando che “ha titolo a richiedere la
concessione edilizia non solo il proprietario dell’area oggetto di intervento, ma anche chi, pur
essendo titolare di altro diritto reale o di un diritto personale di godimento dell’immobile, abbia
per effetto di questo l’obbligo o la facoltà di eseguire lavori per cui chiede la concessione”
(Cons. Stato, sez. V, 15.03.2001, n. 1507). Non solo, ma secondo la richiamata normativa, sono
legittimati a richiedere il titolo abilitativo edilizio i soggetti che hanno la disponibilità dell’area,
anche in virtù di un mero diritto obbligatorio, quale un contratto di locazione recante l’esplicita o
l’implicita autorizzazione ad eseguire interventi di trasformazione edilizia del bene (TAR, Emilia
Romagna, 01.7.2008, n. 338).

Alla luce di quanto sopra enunciato, dunque, è soggetto legittimato a richiedere e ottenere il
titolo abilitativo per la realizzazione di impianti fotovoltaici non soltanto il proprietario del bene,
ma anche il titolare di un rapporto contrattuale – sia esso la locazione, il comodato, etc. – che
indichi la possibilità di trasformazione edilizia del bene in uso.

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