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Simon Weil, amare il mondo

Al termine della sua esistenza, nel 1942, nella lettera a padre Joseph-Marie
Perrin S.Weil riconosce che bisogna avere cura di se stessi, della propria
autobiografia spirituale e propone, quale opzione, una fede implicita, che
esclude l’adesione ad una confessione religiosa. Nessuna conversione può
sostituire l’esperienza mistica dell'obbedienza alla volontà che governa l'ordine
del mondo. Scrive “Sono comunque disposta ad obbedire sempre ai suoi ordini,
quali che siano”1 (p.35). Il contatto diretto con l’esperienza trascendente, che
precede la lettura dei mistici, così come la grazia e la misericordia precedono,
nel pensiero della Weil, la fede e il ringraziamento, si risolvono in un appello a
credere al mondo per percepire “la presenza di un amore analogo a quello che si
legge nel sorriso di un volto amato”(p.30). Si tratta di una mistica effusiva e si
espande al di là del cristianesimo e di ogni religione: “è lecito resistere a Dio se lo si
fa per pura amore della verità...ho sentito che Platone è un mistico, che tutta l'Iliade è
inondata di luce cristiana e che Dioniso e Osiride sono in certo modo il Cristo stesso; e il mio
amore ne è risultato raddoppiato” (p.31). La fede implicita è appartenenza di diritto e
1
S. Weil, Attesa di Dio, Mondolibri, Milano, 2009. Tutte le citazioni sono tratte da questa edizione.
non di fatto, nel segno di una cattolicità da realizzare come inclusione di tutti i
popoli e tutte le civiltà (v. p.36) senza anatema verso nessuno (p.37). Il nuovo
pensiero della Weil sarà dunque incarnato, non urlato nelle piazze, perchè
conservi il duplice codice comunicativo della collettività e del colloquio
individuale. Secondo la Weil la perfezione di quello che chiama “l'amore di
Dio” è quella della luce che si diffonde. L'ascesa dell'anima si nutre dell'amore
per tutte le cose, eccetto il legame che la stringe alla casa terrena. E’necessario
per amare ed amarsi veramente, eliminare ogni attaccamento. Questo principio
di economia spirituale è anche una prospettiva di totalizzazione dell'amore:
“l'anima ha solamente una volontà ed essa, se si lascia intralciare e si impiega in qualcosa,
non resta libera, integra e pura come si richiede per la trasformazione divina” (pp. 97-98).
Nella Weil la cattolicità, cioè l'universalità e la cosmicità dell'amore, reclama un
carattere ontologico: “Ogni cosa che esiste è un ugual misura sorretta
nell'esistenza dall'amore creatore di Dio” (p.57). E’ un “Dio” che coincide con
l’amore per le cose di questo mondo e che ha un'unica misura: l'universo intero,
visto nella sua globalità. L'amore dell’anima si esprime da questo luogo
metaforico da cui abbassa il proprio sguardo “su tutti gli esseri e su ogni cosa”
(p.57). E una visione a-confessionale che richiama e supera insieme quella
vetero-testamentaria e quella spinoziana. La domanda cruciale, che giustifica la
non adesione alla Chiesa, pone in questione la cattolicità stessa del
cristianesimo: “Con quale diritto il cristianesimo si dichiara cattolico, se poi
l'universo stesso ne è escluso?” (p.120).

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